Geometria I 2009-apr

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1 Geometria I 2009-apr Spazi affini Cfr: Nacinovich, Cap V, 1 [3]. Sappiamo come è definita l azione di un gruppo G su un insieme e l azione di un gruppo topologico su uno spazio topologico. Ricordiamo anche che cosa è uno spazio vettoriale su un campo K (per esempio, K = R, K = C). (15.1) Definizione. Uno spazio vettoriale V è un gruppo abeliano (additivo) su cui il campo degli scalari K agisce ; l azione di un campo K su un gruppo abeliano è data in termini di una legge di composizione ( prodotto per uno scalare ) (k, v) K V kv V con le proprietà seguenti. (i) Per ogni k K la funzione indotta v V kv V è un omomorfismo del gruppo additivo V (cioè è additiva, manda lo zero nello zero,... ) (ii) Per ogni k 1,k 2 K, v V : (a) (k 1 + k 2 )v = k 1 v + k 2 v, (b) (k 1 k 2 )v = k 1 (k 2 v) (iii) 1v = v. (15.2) Esempio. Sia R n il prodotto diretto di n copie di R. Ha per elementi le n-uple di numeri reali, ed è un gruppo additivo rispetto alla somma componente-per-componente. Il prodotto di uno scalare per una n-upla è il modello di prodotto di scalare per vettore più in generale. Infatti, in molti contesti non si distingue il concetto di vettore (riga o colonna) dal concetto di n-upla. L idea di spazio affine è l applicazione della omogeneità degli spazi vettoriali (vedi definizione (14.7)) rispetto al gruppo delle traslazioni: a meno di traslazioni, gli intorni dei punti R n sono gli stessi. 12 Si può dire che uno 12 La parola affine fu usata per la prima volta da Eulero, ma la geometria affine fu riconosciuta come disciplina soltanto dopo il l avvio del programma di Erlangen di Felix Klein ( ) cioè il famoso discorso tenuto nel 1872 da Klein nell Università di Erlangen, in cui Klein propone una unificazione delle geometrie note al tempo (euclidea piana e dello spazio, non-euclidea, proiettiva, affine,... ) con una interpretazione in termini di gruppi di simmetria o meglio gruppi di trasformazioni: gli spazi tradizionali sono spazi omogenei rispetto ad una opportuna scelta del gruppo di trasformazioni (le similitudini e le rototraslazioni per la geometria euclidea, le trasformazioni lineari per la geometria affine,... ) e le proprietà che si studiano sono quelle invarianti rispetto all azione di tale gruppo (angoli, lunghezze,... ). Questo approccio ha avuto una significativa influenza sul modo in cui la geometria è stata insegnata e divulgata nei successivi ( 50) anni. D.L. Ferrario 2009-apr

2 Geometria I 2009-apr spazio affine è uno spazio che localmente è come uno spazio vettoriale, e dati due punti c è ben definita una unica trasformazione (traslazione) che manda un punto nell altro (trasporto parallelo). Vedremo poi come da questa idea si deducono i concetti di parallelismo e incidenza. (15.3) Definizione. Uno spazio affine X su un campo K è un insieme X (insieme di punti) su cui agisce in modo fedele e transitivo uno spazio vettoriale X su K (considerato solo come gruppo additivo insieme delle traslazioni). Gli elementi di X si chiamano punti, gli elementi di X si dicono vettori affini o traslazioni, e il campo K viene detto campo dei coefficienti. (15.4) Sia X uno spazio affine e X lo spazio vettoriale (su campo K) associato. Allora esiste (unica) una funzione X X X, indicata da (A, B) AB (indicato anche come AB = B A), con le seguenti proprità: (i) A X, v X, unico B X : AB = v. (ii) A, B, C X, AB + BC = AC. Dimostrazione. L azione di X su X è per definizione transitiva: dunque per ogni scelta di A e B in X esiste v X tale che v + A = B. Ora, se v, w X sono due vettori di X tali che v +A = B e w +A = B, allora si ha v + A = w + A, cioè il vettore v w fissa il punto A ((v w)+a = A). Ma se v w fissa il punto A allora, dal momento che (essendo l azione transitiva) ogni punto di X si può scrivere come z + A per qualche z X, per ogni B X si ha (v w)+b =(v w)+(z + A) =(v w + z)+a =(z +(v w)) + A = z +(v w + A) = z + A = B e dunque v w fissa ogni punto di X. Ma l azione è fedele, e quindi deve essere v = w (cioè per ogni A, B in X esiste unico v X per cui B = v +A. Si può dunque indicare con AB = v. Ora mostriamo che A, B, C X, AB + BC = AC. Infatti, per definizione risulta AB + A = B BC + B = C D.L. Ferrario 2009-apr

3 Geometria I 2009-apr e quindi C = BC + B =( BC + AB)+A che per definizione (e commutatività) si legge come AC = AB + BC. (15.5) Supponiamo di avere un insieme non vuoto X e uno spazio vettoriale X, insieme con una funzione X X X, indicata da (A, B) AB che soddisfa i due assiomi: (i) A X, v X, unico B X : AB = v. (ii) A, B, C X, AB + BC = AC (assioma di Chasles. 13 ) Allora X è spazio affine rispetto all azione (v,a) X X A + v, dove si definisce A + v l unico punto B X tale che AB = v (primo assioma). Dimostrazione. Vedi esercizio (10.1). (15.6) Esempio. X = X = R n. Allora lo spazio affine si indica con A n (R). Analogamente, per K = C, lo spazio affine n-dimensionale si indica con A n (C). (15.7) Definizione. Una retta nello spazio affine X è un sottoinsieme di X che si può scrivere come r = {x 0 + tv : t K} per un certo x 0 X e v X {0}. 14 Si dice che la retta passa per un punto se il punto appartiene alla retta. Lo spazio vettoriale v X di dimensione uno generato da v è la giacitura della retta. (15.8) Definizione. Tre punti A, B, C di uno spazio affine X sono allineati se stanno su una stessa retta. 13 Michel Chasles, matematico francese ( ). 14 In altre parole, una retta è l orbita del punto x 0 X mediante l azione di un sottogruppo 1-dimensionale ( = K) dello spazio di traslazioni X D.L. Ferrario 2009-apr

4 Geometria I 2009-apr (15.9) Tre punti distinti A, B, C di uno spazio affine X sono allineati se e soltanto se i vettori AB e AC sono linearmente dipendenti (equivalentemente, se BC e BA sono linearmente dipendenti, oppure se CA e CB sono linearmente dipendenti). Dimostrazione. Esercizio (10.2). (15.10) Due rette r = {A + tv : t K} e s = {B + tw : t K} coincidono se e solo se i vettori v e w sono linearmente dipendenti (cioè se le giaciture coincidono) e A s B r. Dimostrazione. Supponiamo che r = s. Allora è ovvio che A s B r. Ora, dato che A s, esiste t A K tale che A = B + t A w; analogamente, esiste t B K tale che B = A + t B v. Segue che B A = t A w = t B v, cioè t A w + t B v =0. Se t A 0oppure t B 0, allora abbiamo dimostrato che v e w sono linearmente dipendenti. Altrimenti, t A = 0 = t B cioè A = B. Ma allora, dato che A + v r = s, esiste t K tale che A + v = A + t w, e quindi v t w =0(ancora, v e w sono linearmente dipendenti). Viceversa, supponiamo che A s e B R e che v e w siano linearmente dipendenti. Segue che A = B + t A w per un certo t A K e che esiste t K, t 0, tale che v = t w; quindi r = {A + tv : t K} = {B + t A w + tv : t K} = {B + t A w + tt w : t K} = {B +(t A + tt )w : t K} = {B + tw : t K} = s (15.11) Teorema. Consideriamo il piano affine. Se A A 2 (K) è un punto e r una retta che non passa per A, allora esiste unica la retta per A che non interseca r (la parallela a r passante per A). Tale retta ha la stessa giacitura di r. Due rette sono quindi parallele se hanno la stessa giacitura. Dimostrazione. Per definizione esistono un punto x 0 e un vettore v 0per cui r = {x 0 + tv : t K}, D.L. Ferrario 2009-apr

5 Geometria I 2009-apr e non esiste t K per cui x 0 + tv = A (dato che r non passa per A). La retta r = {A + tv : t K} passa certamente per A. Supponiamo che r r. Allora esistono t 1,t 2 K tali che A + t 1 v = x 0 + t 2 v r r, e quindi A = x 0 +(t 2 t 1 )v = A r che è assurdo. Abbiamo mostrato che esiste una retta che non interseca r. Supponiamo di avere due rette s e s tali che s r = e s r = e passanti per A. Allora si possono scrivere con le equazioni s = {A + tw} e s = {A + tw }. Per la proposizione (15.10) le due rette coincidono se e solo se w e w sono linearmente dipendenti. Analogamente a quanto visto sopra, s r = se e solo se non esistono t 1 e t 2 K tali che A + t 1 w = x 0 + t 2 v, cioè se e solo se l equazione vettoriale (nelle incognite t 1 e t 2 ) t 1 w t 2 v = x 0 A non ha soluzioni, il che avviene se e solo se il vettore x 0 A non appartiene al sottospazio di K 2 generato da w e v. Ora, se v e w sono linearmente indipendenti allora tale sottospazio coincide con K 2, per cui la soluzione c è. Affinché la soluzione non esista è necessario che v e w siano dipendenti. Abbiamo quindi mostrato che w è necessariamente multiplo di v. Dato che lo stesso vale per w, risulta che w e w sono linearmente dipendenti e quindi s = s. (15.12) Nota. Osserviamo che valgono le seguenti proprietà: Se X è un piano affine, allora (i) Per ogni due punti distinti passa una unica retta. (ii) Per ogni retta r e punto A r, esiste una unica retta per A che non interseca r (detta parallela). (iii) Esistono almeno 4 punti che non contengono terne di punti allineate. (15.13) Esempio. Sia GF (p k ) il campo finito di ordine p k (prossimo anno, algebra?). Primo p. Allora, A 2 (GF (p k )) è un piano affine sul campo GF (p k ). Per p =2, k =1, GF (2) = F 2, A 2 (GF (2)) quanti punti ha? Quante rette? Che legame ha con un tetraedro? Per p =3, k =1, con GF (3) = F 3 (si veda l esercizio (10.21))? D.L. Ferrario 2009-apr

6 Geometria I 2009-apr (15.14) Nota. Segue che esiste una relazione di equivalenza tra rette (relazione di parallelismo: r s r = s r s = ). In particolare, un piano affine ha una struttura di incidenza, nel senso che si ha un insieme P di punti, un insieme R di rette, e una relazione di appartenenza : P R {0, 1}. È possibile definire il rapporto (ratio) AC : AB di tre punti allineati in uno spazio affine A, B, C come quell unico ρ tale che AC = ρ AB. (15.15) Teorema (Talete ( )). Siano l i, i = 1, 2, 3 tre rette parallele distinte di un piano affine X, er 1, r 2 altre due rette non parallele a l i, con intersezioni P i,j = r i l j. Allora P 1,1 P 1,3 : P 1,1 P 1,2 = P 2,1 P 2,3 : P 2,1 P 2,2 = ρ. Viceversa, se B è un punto di r 1 tale che allora B = P 1,3 r 2. P 1,1 B : P 1,1 P 1,2 = ρ, Dimostrazione. Esercizio (10.14) a pagina 121. D.L. Ferrario 2009-apr

7 Geometria I 2009-apr Sottospazi affini Cfr: Nacinovich, Cap I, 2 [3]. (16.1) Definizione. Sia X uno spazio affine e X lo spazio vettoriale su campo K associato. Se P X è un punto fissato di X e W X è un sottospazio vettoriale, allora il sottospazio S = {x X : x P W } di tutti i punti x per cui x P W si dice sottospazio affine passante per P e parallelo a W. Il sottospazio W si dice giacitura di S. La dimensione di S è per definizione la dimensione di W. (16.2) Nota. I sottospazi affini sono le orbite mediante l azione del sottospazio W, che agisce mediante traslazioni sullo spazio affine. Osserviamo anche che, seguendo la definizione (16.1), le rette sono proprio i sottospazi affini di dimensione 1. Inoltre non è difficile vedere che i punti sono i sottospazi affini di dimensione 0. I sottospazi di dimensione dim(x) 1 (codimensione 1 in X) si dicono iperpiani. I sottospazi di dimensione 2 si dicono piani. Se n =3, piani e iperpiani coincidono. (16.3) Proposizione. Se S X è un sottospazio affine con giacitura W X, allora è uno spazio affine con spazio vettoriale associato S = W X Dimostrazione. Il gruppo additivo X agisce in modo fedele e transitivo su X per definizione, e dunque W X agisce in modo fedele e transitivo sulla sua orbita, che per definizione è S! (16.4) Proposizione. Siano P 1,P 2 X due punti di uno spazio affine X, W 1,W 2 X due sottospazi vettoriali e S 1 = P 1 + W 1, S 2 = P 2 + W 2 i due sottospazi affini passanti per P i con giacitura W i (i =1, 2). Allora S 1 = S 2 se e solo se W 1 = W 2, P 2 S 1 e P 1 S 2. Cioè, un sottospazio affine è identificato da uno qualsiasi dei suoi punti e dalla giacitura. Dimostrazione. Supponiamo che S 1 = S 2. Allora è ovvio che P 1 S 2 e P 2 S 1. Vogliamo dimostrare che W 1 = W 2. Osserviamo che per definizione W 1 = S 1 P 1 e W 2 = S 2 P 2. Dato che P 1 S 1 = S 2, per definizione il vettore P 1 P 2 appartiene a W 2. Inoltre P 2 = P 1 +(P 2 P 1 ) da cui si trae che S 2 = P 2 + W 2 = P 1 +(P 2 P 1 )+W 2 = P 1 + W 2 D.L. Ferrario 2009-apr

8 Geometria I 2009-apr dato che w + W 2 = W 2 (come insiemi!) per ogni w W 2 (vedi esercizio (10.7)), ed in particolare per P 2 P 1. Ora, questo implica che S 1 = S 2 se e solo se P 1 + W 1 = P 1 + W 2 ma questo accade se e solo se W 1 = W 2. Viceversa, se P 1 S 2 e P 2 S 1 e W 1 = W 2, allora come sopra si può scrivere S 1 = P 1 + W 1 e S 2 = P 2 + W 2, e quindi S 1 = S 2. (16.5) Per due punti distinti di uno spazio affine passa una unica retta. Per tre punti non allineati di uno spazio affine passa un unico piano. Osserviamo che la proposizione (16.4) generalizza la proposizione (15.10): basta considerare i sottospazi 1-dimensionali generati da v e w. (16.6) Definizione. Consideriamo un insieme di d +1punti P 0, P 1,... P d in uno spazio affine X. Il più piccolo sottospazio affine S X che contiene tutti i punti P 0,..., P d si dice sottospazio affine generato dai d +1 punti P 0,..., P d. (16.7) Nota. Dobbiamo dimostrare che la definizione (16.6) è ben posta, dal momento che potrebbe non esistere un sottospazio con la proprietà cercata. Vediamo come. (16.8) Proposizione. Il sottospazio affine di X generato da d +1 punti P 0,..., P d X è il sottospazio passante per P 0 e con giacitura P 0 P 1, P 0 P 2,... P 0 P d X, e non dipende dall ordine con cui i punti P 0,..., P d sono stati scelti. Dimostrazione. Sia S il sottospazio affine di X passante per P 0 e con giacitura W = P 0 P 1, P 0 P 2,... P 0 P d X. Si ha ovviamente P 0 S e, inoltre, per ogni ip i S dato che per ogni i = 1,... d si ha P i = P 0 +(P i P 0 ) P 0 + W = S (per definizione P i P 0 W ). Quindi S contiene tutti i punti P 0,..., P d. Supponiamo che S sia un altro sottospazio affine contenente i punti P 0,..., P d. In particolare, P 0 S, per cui esiste W X tale che S = P 0 + W. Dal momento che per ogni i =1,..., dp i S, e quindi P i P 0 W, W = P 0 P 1, P 0 P 2,... P 0 P d W. D.L. Ferrario 2009-apr

9 Geometria I 2009-apr Cioè S è contenuto in ogni sottospazio affine contenente i d +1punti. Sia ora S il sottospazio affine costruito a partire da una permutazione dei d +1 punti esattamente come S. Allora l argomento di sopra si applica sia a S che a S, per cui S S e S S, cioè S = S. (16.9) Nota. Consideriamo d +1 punti x 0, x 1,..., x d nello spazio affine X. A priori non ha senso scrivere la somma λ i x i =? i=0 per dei coefficienti λ i K, dal momento che non abbiamo definito prodotto di uno scalare λ i per un punto x i (potremmo farlo solo moltiplicando vettori con scalari, non punti con scalari). Però, si può prendere un punto qualsiasi z X e definire tale somma solo nel caso d i=0 λ i =1: ( ) λ i x i = λ i ( zx i )+ λ i z i=0 = i=0 i=0 λ i ( zx i )+z Possiamo in questo modo definire il baricentro di d +1punti, interpretando λ i come masse (più propriamente, densità di massa). (16.10) Definizione. In uno spazio affine di dimensione n, si dice che d +1 punti sono indipendenti se la dimensione del sottospazio affine generato è d, altrimenti si dicono dipendenti. È chiaro che se sono indipendenti, allora d n. Due punti sono dipendenti se e solo se coincidono. Tre punti sono dipendenti se e solo se appartengono ad una stessa retta (e si dicono allineati. Analogamente, quattro punti sono indipendenti se non sono contenuti in un piano, per cui quattro punti sono dipendenti se e solo se appartengono ad uno stesso piano. (16.11) d +1 punti x 0,x 1,..., x d sono dipendenti se e soltanto se esistono λ 1,..., λ n non tutti nulli tali che d i=0 λ ix 0 x i =0. Dimostrazione. Segue dalla definizione. i=0 (16.12) Nota. Due punti distinti nel piano sono sempre allineati. È vero che tre punti nello spazio sono allineati (dipendenti) se e soltanto se il determinante della matrice 3 3 delle loro coordinate è nullo? Quale direzione della doppia implicazione è vera e quale no? D.L. Ferrario 2009-apr

10 Geometria I 2009-apr (16.13) Definizione. Sia X uno spazio affine su campo K di dimensione n 1. Un riferimento affine in X è (equivalentemente): (i) Una scelta di n +1 punti di X indipendenti (dal punto di vista affine). (ii) Una scelta di un punto x 0 di X e di n vettori indipendenti di X (cioè, di una base per X, visto che dim( X ) = dim(x) =n). (16.14) (Equazioni parametriche) Sia S X un sottospazio affine. Allora se si sceglie un riferimento affine x 0,x 1,..., x d S si può scrivere S mediante le equazioni parametriche come S = {x 0 + i=1 t i x0 x 1 : t i R}, o anche come x = x 0 + i=1 t i x0 x 1 (16.15) Nota. Ritroviamo qui le equazioni parametriche di rette (x = x 0 + tv) e piani (x = x 0 + sv + tw). *** (16.16) Nota. Supponiamo che una retta di un piano affine X abbia un numero finito di punti, n (deve essere n 2 perché... ) Il piano si dice di ordine n. Dimostriamo che tutte le rette hanno n punti, che per ogni punto passano n +1rette, e che in totale ci sono n 2 punti e n 2 + n rette. Dimostrazione. Sia r la retta con n punti e sua P un punto non su r (che esiste per il (iii) della nota (15.12) a pagina 111). Sia x il numero di rette per P e n il numero di punti di r. Delle x rette, una sola è parallela a r (per (ii)); le x 1 rette hanno intersezione con r e passano per P. Let intersezioni delle rette con r sono necessariamente distinte, per cui x 1 n. D altro canto per ogni punto R di r esiste una unica retta passante per R e per P (e queste rette sono tutte distinte): quindi x 1 n, cioè per ogni punto non sulla retta r passano n +1rette distinte. Ora, siano P e Q due punti distinti. Per (iii), esiste sicuramente una retta l che non contenga né P né Q (altrimenti, tutte le rette contengono almeno P oppure Q: tutte le rette intersecano la retta per P e Q: non ci possono essere punti al di fuori di questa retta (per l assioma delle parallele): tutti i punti sono allineati). Il numero di rette per P e Q è uno in più del D.L. Ferrario 2009-apr

11 Geometria I 2009-apr numero di punti di l, e dunque il numero di rette per P è uguale al numero di rette per Q. Ora, se l è una retta e la retta r ha n punti, allora scegliamo un punto P non su l e non su r (ancora, P deve esistere per (iii), altrimenti tutti i punti sono in l r, e quattro punti distinti necessariamente contengono tre punti allineati... ). Segue che r e l hanno lo stesso numero di punti, e per l arbitrarietà di l la tesi. Ora, se x è il numero totale di punti e y il numero totale di rette, abbiamo: ny =(n + 1)x (16.17) (contando i punti al variare delle rette, alla fine ogni punto è stato contato esattamente n +1volte). Ma possiamo contare anche le rette con le coppie di punti distinti: per ognuna delle x(x 1)/2 coppie di punti distinti c è una retta, ed ogni retta è contata n(n 1)/2 volte in questo modo. Dunque x(x 1) = yn(n 1). (16.18) Risolviamo le due equazioni (16.17) e (16.18) otteniamo subito x = n 2 e y = n 2 + n. (16.19) Esempio. Quadrato magico latino di ordine n: matrice n n con i numeri {1, 2,..., n} in cui ogni riga e ogni colonna contiene ogni numero esattamente una volta. = le somme delle righe e delle colonne sono uguali a n(n + 1)/2, oppure, se si somma k Z ad ogni coefficiente della matrice, n(n + 1)/2+nk. La tabella di moltiplicazione di un gruppo G di ordine n è di fatto un quadrato magico:... Un piano affine di ordine n genera n 1 quadrati magici n n: fissiamo un punto O del piano e due rette x e y distinte per O. Ci sono n +1 2=n 1 altre rette per O distinte, n rette parallele a x e n rette parallele a y. Sia z una delle n 1 rette per O diversa da x e y. Allora i fasci di rette parallele saranno x 1,..., x n, y 1,..., y n e z 1,..., z n. Fissato z, appunto, sia A la matrice n n con coefficienti a i,j determinati da a i,j = k x i y j z k. Quindi al variare di z nell insieme delle n 1 rette per O otteniamo n 1 quadrati magici (esercizio (10.22)). Quanti sono i quadrati magici di ordine n? C è anche la nozione di quadrati magici ortogonali che risolve alcuni interessanti problemi combinatorici e scientifici (esperimenti): Due quadrati D.L. Ferrario 2009-apr

12 Geometria I 2009-apr magici a i,j e b i,j sono ortogonali se le coppie ordinate (a i,j,b i,j ) sono tutte distinte al variare di i, j. Problema dei 36 ufficiali (L. Euler, 1782): c è una delegazione di 36 ufficiali, ognuno dei quali appartiene ad uno dei 6 reggimenti (a, b, c, d, e, f). I 6 gradi sono (α, β, γ, δ, ɛ, ϕ), cioè colonnello, tenente-colonnello, maggiore, capitano, tenente, sottotenente. Possono formare un quadrato 6 6 in modo tale che ogni grado e reggimento è rappresentato in ogni riga e in ogni colonna (equivalentemente, in ogni riga e in ogni colonna non compaiono mai due reggimenti uguali o due gradi uguali)? (Quadrato greco-latino, perché gli elementi possono essere rappresentati da aα, aβ,... fɛ, fϕ). Lo stesso problema può essere posto per quadrati di ordine n 2, ed Eulero congetturò che non possono esserci soluzioni se n 2 mod 4. La congettura fu dimostrata da Tarry (1901) per n =6, 15 e confutata da Parker nel 1959, con un celebre controesempio per n = 10 (indicato nella figura 16 a pagina 119); 16 nel 1960 fu dimostrato invece che negli altri casi è sempre falsa, per ogni n>6, n 2 mod (16.20) Nota. Le proprietà della Nota (15.12) possono essere prese come assiomi per una struttura di geometria affine (finita). Più precisamente, una struttura di incidenza è una coppia (X, L), dove X è un insieme finito (di punti), e L un insieme finito di rette, con la relazione di incidenza x l, : X L {0, 1}. Se valgono anche gli assiomi (i) Per ogni due punti distinti di X passa una unica retta. (ii) Per ogni retta r e punto A r, esiste una unica retta per A che non interseca r (detta parallela). (iii) Esistono almeno 4 punti che non contengono terne di punti allineate. allora X è un piano affine. In realtà si può prendere l assioma (iii) Esistono tre punti non collineari. 15 G. Tarry, Le problème des 36 officiers, C. R. Assoc. Fran. Av. Sci. Vol. 1(1900), p , Vol. 2(1901), p E. T. Parker, Construction of some sets of mutually orthogonal Latin squares, Proc. Amer. Math. Soc., Vol. 10(1959), p Si veda anche R. C. Bose and S.S. Shrikhande, On the construction of sets of mutually orthogonal Latin squares and the falsity of a conjecture of Euler, Trans. Amer. Math. Soc., 95 (1960) R. C. Bose and S. S. Shrikhande, On the falsity of Euler s Conjecture about the non-existence of two orthogonal latin squares of order 4t+2, Proc. Nat. Acad. Sci. U. S. A. Vol. 45(1959), p R.C. Bose, S.S. Shrikhande, and E.T. Parker, Further results on the construction of mutually orthogonal Latin squares and the falsity of Euler s conjecture, Canad. J. Math., 12 (1960) D.L. Ferrario 2009-apr

13 Geometria I 2009-apr Figura 1: Raffigurazione del controesempio alla congettura di Eulero per n = 10. È alla base della struttura del romanzo La Vie mode d emploi (1978) di Georges Perec ( ), e di alcuni quadri/decorazioni. invece che l ultimo. Occorre poi dimostrare che i due insiemi di assiomi sono equivalenti... (16.21) Nota. Consideriamo una struttura di incidenza (X, L) come sopra. Se X ha h elementi x 1, x 2,... x h e L ha k elementi l 1, l 2,..., l k, allora ogni relazione di incidenza X L {0, 1} può essere descritta come una matrice A di tipo h k in cui i coefficienti a ij sono 0 o 1: per i =1... h, ej =1... k si pone { 1 se x i l j ; a ij = 0 se x i l j. Nell esercizio (10.24) vedremo come è possibile verificare gli assiomi di piano affine finito su una matrice di incidenza. È possibile teoricamente scrivere un algoritmo a forza-bruta che enumera tutte le possibili 2 hk matrici di incidenza di geometrie affini finite di ordine n, scarta quelle che non soddisfano gli assiomi, e genera quindi una lista di tutte le geometrie finite di ordine n. Un approccio del genere è anche praticabile? Stimando molto per eccesso che un computer non può (e non potrà nei prossimi anni) eseguire più di operazioni al secondo. D.L. Ferrario 2009-apr

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