CAPITOLO 3 TRASFORMARE FORMULE E DEDURRE DA TEORIE.

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1 pag. 1 Capitolo 3 CAPITOLO 3 TRASFORMARE FORMULE E DEDURRE DA TEORIE. 1. Sistemi di trasformazione. La nozione di relazione binaria che abbiamo già esaminato nel capitolo precedente è anche alla base della teoria dei sistemi di trasformazione (detti anche sistemi di riduzione o sistemi di riscrittura). I sistemi di trasformazione permettono di rappresentare le più svariate situazioni. Infatti spesso risolvere un problema consiste nel fare una serie di "azioni" che facciano passare da uno stato iniziale ad uno stato che si possa considerare soluzione del problema. Naturalmente non tutte le azioni sono da considerare possibili, allora nell'insieme S degli stati è definita una relazione binaria S S tale che x y se e solo se è possibile passare dallo stato x allo stato y. Esempio. Consideriamo un qualunque solitario di carte, chiamiamo stato una qualunque possibile distribuzione di carte sul tavolo ed indichiamo con S l'insieme degli stati. Le regole del solitario si possono rappresentare da una relazione binaria in S in modo che s s' significa che esiste una mossa (corretta in base al regolamento del gioco) che permette di passare dallo stato s allo stato s'. Risolvere il solitario significa trovare una successione s 1,s 2,...s n di stati tali che i) s 1 sia lo stato iniziale (in generale scelto in modo casuale cioè dopo aver mescolato le carte) ii) s i s i+1 cioè è lecito passare da s i a s i+1 per ogni i = 1,...,n-1 iii) s n sia uno stato considerato vincente. A volte capita di avere più regole diverse che consentono il passaggio da uno stato ad un altro e conviene specificare quale regola si è applicata (cioè spiegare come si è giunti alla soluzione. Esempio. Dato un qualunque problema di geometria possiamo chiamare stato l'insieme dei dati del problema che si conoscono. Ad esempio dato un triangolo rettangolo possiamo conoscere i due cateti oppure un cateto ed un angolo. Una regola che consente di passare da uno stato ad un altro (cioè calcolare nuovi dati) è in generale ottenuta tramite una formula o un teorema (il teorema di Pitagora, la formula per il calcolo di un area, il teorema di Euclide,...). Se assegniamo un indice ad ogni formula o teorema, allora ciascuna di queste regole è una relazione i nell'insieme degli stati S. Possiamo dare allora la seguente definizione: Definizione 1.1. Chiamiamo sistema di riduzione o sistema di trasformazioni su un insieme S una famiglia di ( i ) i I di relazioni binarie su S. Gli elementi di S vengono chiamati stati mentre gli indici i I vengono chiamati regole. Se la coppia x e y di elementi di S è nella relazione i allora diremo che y è un ridotto diretto di x tramite la regola i e scriveremo x i y. Esempio. Consideriamo il problema di risolvere le equazioni di primo grado in una incognita. Chiamiamo con S l'insieme di tutte le possibile equazioni di primo grado, ad esempio 3x+5 = x-3x, x = x-3(x+1),... Il problema che si pone è di partire da una data equazione ed arrivare una equazione equivalente del tipo x = k con k opportuno numero. Ciò deve essere fatto "rispettando le regole", cioè tramite una serie di operazioni che si considerano corrette. Le operazioni che usualmente si utilizzano sono le seguenti:

2 pag. 2 Capitolo 3 1. passare una quantità che si somma da un lato all'altro di una equazione facendola diventare una quantità che si sottrae 2. passare una quantità che si sottrae da un lato all'altro di una equazione facendola diventare una quantità che si somma 3. passare una quantità che si moltiplica da un lato all'altro facendola diventare una quantità che divide 4. passare una quantità che si divide da un lato all'altro facendola diventare una quantità che moltiplica 5. applicare tute le leggi dell'aritmetica (proprietà distributiva, proprietà commutativa,...) 6. effettuare tutti i calcoli che si possono fare. Ad esempio, partendo da 3x+5=x-3x e saltando qualche passaggio, otteniamo 3x+5=x-3x (punto di partenza) 3x+5+3x = x (per la regola 2) 6x+5 = x (per la regola 6) 6x = x-5 (per la regola 1) 6x-x = -5 (per la regola 2) 5x = -5 (per la regola 6) x = -5/5 (per la regola 3) x = -1 (soluzione del problema). Definizione 1.2. Dato un sistema di riduzione (S, ( i ) i I ), indichiamo con la relazione che si ottiene come unione delle relazioni i. Se x ed y sono nella relazione allora diremo semplicemente che y è il ridotto diretto di x. In altri termini diciamo che risulta x y se esiste i I tale che x i y. Ci riferiamo a quando non interessa sapere quale regola è stata utilizzata per passare dallo stato x allo stato y. Definizione 1.3. Dato un sistema di riduzione (S, ( i ) i I ), chiamiamo successione di riduzioni una successione a 1,...,a n di elementi di S tale che ogni a i è il ridotto diretto di a i-1. Per indicare una tale successione scriveremo anche a 1 a 2... a n-1 a n. Diciamo che y è un ridotto di x e scriviamo x ôy se esiste una successione di riduzioni a 1,...,a n tale che a 1 = x e a n = y. Definizione 1.4. Diciamo che un elemento a in S è in forma normale, se non ammette ridotti propri, cioè se non esiste b S tale che b a e a b. Possiamo interpretare x y dicendo che y è una versione semplificata di x. Allora le forme normali sono stati che non possono essere ulteriormente semplificati. Ad esempio, nel caso delle equazioni di primo grado le forme normali sono le equazioni del tipo x = c. Uno dei problemi fondamentali dei sistemi di trasformazione è la riduzione a forma normale, cioè dato uno stato x, trovare uno stato x' che sia equivalente ad x e che sia in forma normale. Proposizione 1.5. Supponiamo che non esistano catene infinite. Allora ogni elemento x S può essere ridotto a forma normale. Dim. Sia x S, allora se x è in forma normale il teorema è provato. Se x non è in forma normale allora esiste x 1 tale che x x 1. Se x 1 è in forma normale il teorema è provato altrimenti esiste x 2 tale che x 1 x 2. Procedendo in questo modo, poiché non esistono catene infinite si perverrà ad una catena finita x x 1... x n tale che x n è in forma normale.

3 pag. 3 Capitolo 3 2. Riduzioni a forma normale nel calcolo proposizionale. Possiamo applicare i concetti ora esposti per la riduzione a forma normale delle formule del calcolo proposizionale. Ricordiamo che: - un letterale è una variabile proposizionale oppure la negazione di una variabile proposizionale - un formula è in forma normale disgiuntiva se è disgiunzione di congiunzioni di letterali Proposizione 2.1. Ogni formula del calcolo proposizionale può essere trasformata in una formula equivalente in cui la negazione compare solo davanti alle variabili proposizionali. Dim. Basta "spingere all'interno" la negazione utilizzando le leggi di De Morgan e la legge di doppia negazione. Più precisamente, consideriamo come insieme S di stati l'insieme di tutte le formule. Consideriamo poi le tre seguenti regole 1, 2, 3 : 1. ogni sottoformula del tipo (α β) può essere sostituita con ( α) ( β) 2. ogni sottoformula del tipo (α β) può essere sostituita con ( α) ( β) 3. ogni sottoformula del tipo ( (α)) può essere sostituita con α. Si ottiene la forma normale quando non è possibile applicare nessuna di queste regole. Questo avviene quando compare solo davanti alle variabili proposizionali. Ad esempio la formula (p 1 (p 2 p 3 )) può essere trasformata al modo seguente (p 1 (p 2 p 3 )) 1 p 1 (p 2 p 3 ) 2 p 1 ( p 2 p 3 ) 3 p 1 ( p 2 p 3 ) Proposizione 2.2. Ogni formula può essere trasformata in una formula normale disgiuntiva. Dim. In altre parole vogliamo trasformare una formula α in una formula β in modo che - in β la negazione operi solo sulle variabili proposizionali - β sia disgiunzione di formule ciascuna delle quali non contiene la disgiunzione. La prima cosa che possiamo fare è: 1. Tramite la procedura della proposizione 2.1 facciamo in modo che la negazione compaia solo avanti alle variabili proposizionali. Successivamente ci serviamo delle equivalenze (α β) γ (α γ) (β γ) e γ α α γ cioè della proprietà distributiva di rispetto a e della proprietà commutativa. Più precisamente applichiamo il seguente sistema di regole: 4. ogni sottoformula del tipo γ (α β) può essere sostituita con una formula del tipo (γ α) (γ β) 5. ogni sottoformula del tipo γ α può essere sostituita con una formula del tipo α γ Si noti che una formula avente n volte il connettivo a cui si applicata l'istruzione 4 si spezza nella disgiunzione di due formule in cui il connettivo compare n-1 volte. E' chiaro allora che dopo un numero finito di passi la nostra formula sarà ridotta alla forma γ 1... γ n con γ 1,...,γ n formule non contenenti e quindi sarà ridotta in forma normale disgiuntiva. Esempio 1. La formula (p 1 ((p 2 p 1 ) p 3 )) può essere trasformata in una formula in cui la negazione si applica solo a variabili proposizionali al modo seguente: (p 1 ((p 2 p 1 ) p 3 )) 1 p 1 ((p 2 p 1 ) p 3 )) 2 p 1 ( (p 2 p 1 ) p 3 ) 1 p 1 (( p 2 p 1 ) p 3 ). Inoltre possiamo operare sulla formula risultante p 1 (( p 2 p 1 ) p 3 ) tramite la regola 4 al modo seguente p 1 (( p 2 p 1 ) p 3 ) 5 ( p 1 p 2 p 1 ) ( p 1 p 3 ) Pertanto forma normale disgiuntiva di (p 1 ((p 2 p 1 ) p 3 )) è ( p 1 p 2 p 1 ) ( p 1 p 3 ). Un sistema di riscrittura migliore potrebbe utilizzare anche la regola

4 pag. 4 Capitolo 3 6. ogni sottoformula de tipo α α può essere sostituita con α In tale caso potremmo proseguire nella trasformazione ponendo ( p 1 p 2 p 1 ) ( p 1 p 3 ) 5 ( p 2 p 1 p 1 ) ( p 1 p 3 ) 6 ( p 2 p 1 ) ( p 1 p 3 ). Esempio 2. Consideriamo la formula (p 1 ((p 2 p 1 ) p 3 )) e trasformiamola in una formula in cui la negazione si applica solo a variabili proposizionali al modo seguente (questa volta non specifichiamo la regola adottata): (p 1 ((p 2 p 1 ) p 3 )) p 1 ((p 2 p 1 ) p 3 )) p 1 ( (p 2 p 1 ) p 3 ) p 1 (( p 2 p 1 ) p 3 ) p 1 (( p 2 p 3 ) ( p 1 p 3 )). Pertanto la forma normale disgiuntiva di (p 1 ((p 2 p 1 ) p 3 )) è p 1 ( p 2 p 3 ) ( p 1 p 3 ). 3. Riduzione a forma canonica nel calcolo dei predicati. Applichiamo ora la nozione di sistema di trasformazione alla riduzione in forma canonica di formule del calcolo dei predicati. A tale scopo introduciamo un po' di nomenclatura. Chiamiamo - fatto ogni formula atomica chiusa - letterale ogni formula che sia atomica (letterale positivo) o negata di una formula atomica (letterale negativo) - clausola ogni disgiunzione di letterali - corpo ogni congiunzione di letterali - matrice ogni formula priva di quantificatori - formula universale ogni formula del tipo x 1... x n (α) con α matrice (possono anche mancare tutti i quantificatori). - forma normale prenessa una formula del tipo Q 1 x 1...Q n x n (α), con Q i quantificatore universale o esistenziale ed α matrice. Esempi: - le formule 1+1 = 2 e 3>5, "Mario corre" sono fatti - le formule 1+1=2, (1+1 = 2), x+1 = x, (x+1 = x) sono letterali - le formule 3>5, (x 5) ( (x=5)) sono clausole - le formule 3>5, (x=5) ( (x 5)) sono corpi - le formule ((x 5) (x=5)) (y =5), ((y 5) (x=5)) sono matrici - le formule x(r(x,y)), y ((y 5) (x=5)), x=3 sono universali - la formula y( x(r(x,y))) non è universale. - le formule x>0, x(x>0 x+1>0), x y(y>0 y 2 =x) sono in forma normale prenessa, - le formule x(x>0) x(x<0), x(x>0 y(y=x)) non sono in forma normale prenessa. Proposizione 3.1. Ogni formula del calcolo dei predicati può essere trasformata in una formula equivalente in cui la negazione compare solo davanti alle formule atomiche. Dim. Basta procedere come nel caso del calcolo proposizionale "spingendo all'interno" la negazione tramite le leggi di De Morgan e la legge di doppia negazione. Abbiamo inoltre bisogno anche delle leggi xα x α e xα x α. Più precisamente, applichiamo la seguente procedura: 1. ogni sottoformula del tipo (α β) può essere sostituita con ( α) ( β) 2. ogni sottoformula del tipo (α β) può essere sostituita con ( α) ( β) 3. ogni sottoformula del tipo ( (α)) può essere sostituita con α. 4. ogni sottoformula del tipo xα può essere sostituita con x α 5. ogni sottoformula del tipo xα può essere sostituita con x α

5 pag. 5 Capitolo 3 Proposizione 3.2. E' possibile trasformare ogni formula α in una formula equivalente in forma normale prenessa. Dim. Applichiamo prima il sistema di trasformazione della proposizione 2.1 spingendo all'interno la negazione. Poi operiamo sulla formula ottenuta in questo modo spingendo fuori i quantificatori tramite le seguenti regole di trasformazione: 1. data la formula ( x(α)) β la sostituiamo con y(α(y/x))) β con y variabile che non compare libera in β e poi con y(α(y/x) β) 2. data la formula ( x(α)) β la sostituiamo con ( y(α(x/y))) β con y variabile che non compare libera in β e poi con y(α(x/y) β) 3. data la formula ( x(α)) β la sostituiamo con ( y(α(x/y))) β con y variabile che non compare libera in β e poi con y(α(x/y) β) 4. data la formula ( x(α)) β la sostituiamo con ( y(α(x/y))) β con y variabile che non compare libera in β e poi con y(α(x/y) β). Esempio. Consideriamo la formula ( x 1 x 2 (x 2 x 2 =x 1 ) che non è in forma normale prenessa. Allora è possibile "spingere dentro" la negazione al modo seguente ( x 1 x 2 (x 2 x 2 =x 1 ) x 1 x 2 (x 2 x 2 =x 1 ) x 1 x 2 ( (x 2 x 2 =x 1 )). Esempio. Consideriamo la formula (vera nel campo ordinato dei numeri reali) ( y(y>0)) ( y x(x+y=x)). Non essendo x libera in y x(x+y=x), tale formula è equivalente a y((y>0) y x(x+y=x)). In tale modo abbiamo "spinto a sinistra" un primo quantificatore. Passiamo ora ad operare sulla formula (y 0) y x(x+y=x). Non possiamo "spingere a sinistra" il quantificatore y perché avremmo come risultato la formula y((y>0) x(x+y=x)) che è una formula chiusa falsa la quale non è equivalente a (y>0) y x(x+y=x). Dobbiamo allora evitare tale difficoltà con un cambio di variabile sostituendo alla formula (y>0) y x(x+y=x) la formula equivalente (y>0) z x(x+z=x) (un tale passaggio è giustificato dal fatto che la formula x(x+y=x) è simile alla formula x(x+z=x)). Tale formula è equivalente alla formula z((y>0) x(x+z=x)) e quindi alla formula z x((y>0) (x+z=x)). In conclusione la nostra forma iniziale ( y(y>0)) ( y x(x+y=x)) è stata ridotta alla forma normale y z x((y>0) (x+z=x)). Esempio. L'espressione lim a n = a si traduce nella formula p m n(n m a n -a 1/p) che è scritta in forma normale prenessa. Se si nega tale formula, si ottiene la formula ( p m n(n m a n -a 1/p)) che esprime il fatto che la successione (a n ) non converge ad a. Tale formula si semplifica se si riduce a forma normale prenessa. Infatti ( p m n(n m a n -a 1/p)) p ( m n(n m a n - a 1/p)) p( m n(n m a n -a 1/p)) p( m n (n m ( a n -a 1/p)) p( m n(n m ( a n -a >1/p)). Ad esempio, se si vuole dimostrare che la successione 1/n non converge ad 1, dobbiamo dimostrare che p( m n(n m (1-1/n>1/p)) e per fare questo basta prendere p = 1. Esercizio. Ridurre a forma normale prenessa le formule ( x y(x+y = y+x)) ( (y y<7)) ; ( y x(y+x=0)) ( y x(x+y=x)). 4. Eliminazione dei quantificatori esistenziali. Abbiamo visto che ogni formula può essere ridotta a forma normale prenessa. In questo paragrafo vogliamo mostrare che, in un certo senso:

6 pag. 6 Capitolo 3 ogni formula risulta equivalente ad una formula universale purché si arricchisca opportunamente il linguaggio con nomi di costanti e nomi di operazioni. Facciamo alcuni esempi. Consideriamo il linguaggio L o della teoria degli insiemi ordinati e consideriamo la formula α = x 1 ( x 2 (x 1 x 2 )) esprimente l'esistenza di un elemento minimo. Arricchiamo L o aggiungendo una costante, ad esempio "0", e sia L 1 il linguaggio ottenuto in tale modo. In tale linguaggio è possibile considerare la formula α' = x 2 (0 x 2 ) ed è evidente che in un certo senso i modelli di α coincidono con i modelli di α'. Più precisamente, rimanendo nell'ambito degli insiemi ordinati, se I è una interpretazione di L o che verifica α allora esiste un elemento d S tale che d è il minimo dell'insieme ordinato S. Allora si ottiene uno interpretazione I' di L 1 che verifica α' ponendo I'( ) = I( ) e I'(0) = d. Viceversa se I' è una interpretazione di L 1 che verifica α', allora, posto I( ) = I'( ) si ottiene una interpretazione che verifica α. Un altro esempio può essere ricavato dalla teoria dei gruppi. Supponiamo di riferirci ad un linguaggio "minimale" L o per tale teoria il quale contenga solo il nome di una operazione binaria. Allora i primo due assiomi della teoria dei gruppi dovranno essere scritti nella forma G 1 x 1 (x 2 x 3 ) = (x 1 x 2 ) x 3 (proprietà associativa) G 2 z x 1 ((z x 1 =x 1 ) (x 1 z=x 1 )) (esistenza dell elemento neutro). x y((x y=z) (y x=z)). Il primo assioma è la solita proprietà associativa, il secondo assioma comprende sia l'affermazione di esistenza dell'elemento neutro z. Si ottiene una semplificazione di questo assioma introducendo un nuovo simbolo di costante, ad esempio 1, per denotare l'elemento neutro. Infatti nel linguaggio ampliato con questo simbolo G 2 diventa: G 2 x 1 ((1 x 1 =x 1 ) (x 1 1=x 1 )) Per quanto poi riguarda l affermazione di esistenza dell inverso dovrebbe essere scritta nella forma: G 3 x y((x y=1) (y x=1)). Una ulteriore semplificazione si ottiene introducendo un nuovo simbolo di operazione unaria, ad esempio "inv". Infatti essa può essere riscritta come: G 3 x((x inv(x)=1) (inv(x) x=1)). In definitiva come assiomi della teoria dei gruppi è conveniente considerare le tre formule universali G 1, G 2, G 3. L'idea che è alla base di un tale modo di procedere è che: è possibile semplificare la complessità delle formule arricchendo il linguaggio di opportuni nomi di costanti e di funzioni. Enunciamo ora quanto detto sopra nella forma più generale. Nel seguito se α è una formula, x i una variabile e t un termine, allora con α[x i /t] denotiamo la formula che si ottiene sostituendo in α al posto delle occorrenze libere di x i il termine t. Ad esempio se α è la formula x 3 (x 2 +x 3 =0) e t il termine log(x 4 ) allora α[x 2 /t] è la formula x 3 (log(x 4 )+x 3 =0). Se invece il termine t si riduce alla costante 3, allora α[x 2 /t] coincide con la formula x 3 (3+x 3 =0). Proposizione 4.1. Sia L un linguaggio del primo ordine, allora per ogni formula α in L esiste una formula universale x 1... x n (α) in un linguaggio L' che si ottiene da L aggiungendo nuove costanti e nuovi simboli di funzioni in modo che α ed x 1... x n (α) siano equivalenti e α sia una clausola.

7 pag. 7 Capitolo 3 Dim. Poiché ogni formula si può ridurre in forma normale prenessa, possiamo supporre direttamente che α sia in tale forma, cioè che α sia del tipo Q 1 y 1 Q 2 y 2...Q n y n (α'). Supponiamo anche che non vi siano quantificatori "inutili", cioè che ogni variabile quantificata compaia effettivamente libera in α'. Se tutti i quantificatori sono universali il teorema è vero. Se Q 1 = allora sia c una nuova costante e consideriamo la formula Q 2 y 2...Q n y n (α'(y 1 /c)). E' immediato come da un modello di Q 1 y 1 Q 2 y 2...Q n y n (α') sia possibile ottenere un modello di Q 2 y 2...Q n y n (α'(y 1 /c)) e viceversa. Se Q 1 è universale, sia Q i+1 il primo quantificatore esistenziale che compare nella sequenza Q 1 y 1 Q 2 y 2...Q n y n. Allora la nostra formula potrà essere scritta nella forma y 1 y 2... y i y i+1 (β(y i+1 )). Introduciamo ora nel nostro linguaggio un nuovo simbolo h di funzione ad i posti e consideriamo la formula y 1 y 2... y i (β(y i+1 /h(y 1,,y i )). Anche in questo caso ogni modello di y 1 y 2... y i y i+1 (β(y i+1 )) determina un modello della formula y 1 y 2... y i (β(y i+1 /h(y 1,,y i )). In definitiva abbiamo visto come sia possibile eliminare un quantificatore esistenziale. Iterando tale procedimento fino ad eliminare tutti i quantificatori esistenziali si ottiene la formula universale cercata. Proposizione 4.2. Sia L un linguaggio del primo ordine, allora per ogni formula α in L esiste una formula universale x 1... x n (α) in un linguaggio L' che si ottiene da L aggiungendo nuove costanti e nuovi simboli di funzioni in modo che α è soddisfacibile se solo se α' è soddisfacibile. 5. I sistemi deduttivi. Sia T una teoria, cioè un qualunque insieme di formule, ed α una formula, allora ricordiamo che si dice che α è una conseguenza logica di T, in breve T α, quando ogni modello di T verifica α. Il problema che affronteremo in questo capitolo è il seguente: è possibile definire un "procedimento meccanico" mediante il quale produrre tutte e sole le conseguenze logiche di T? La risposta, come vedremo, è positiva. Per individuare tale procedimento meccanico esaminiamo quali sono le regole che usualmente si usano per "produrre teoremi". La regola più usata è il "modus ponens", cioè la regola per cui se, a partire dall'insieme di assiomi T, - ho dimostrato la formula α β - ed ho dimostrato α - allora posso affermare anche β. Un'altra regola, che viene detta di "generalizzazione", dice che - se ho dimostrato che vale α(x), - allora posso affermare anche x(α). Tale regola si giustifica col fatto che se, a partire dagli assiomi T, ho dimostrato α(x) allora, essendo x una variabile, non ho mai utilizzato nessuna particolare proprietà dell'oggetto denotato da x. In altri termini, durante la dimostrazione il simbolo x ha sempre denotato un generico elemento del dominio. Pertanto, di fatto, ho dimostrato x(α). In definitiva, ecco le due principali regole α, α β (Modus Ponens) ; α (Generalizzazione). β x(α) Infine ci sono delle formule di cui ci si può servire durante la dimostrazione perché sono vere sempre, qualunque siano le cose di cui si parla. In altre parole si possono utilizzare delle formule logicamente vere del tipo α α o α β α o α(t) xα. Indichiamo con un

8 pag. 8 Capitolo 3 opportuno insieme Al di tali formule. Ad esempio possiamo supporre che Al contenga: 1) gli "esempi di tautologie" del calcolo proposizionale, cioè le formule che si ottengono da una tautologia sostituendo alle variabili proposizionali formule del calcolo dei predicati. 2) le formule del tipo ( x(α β)) (α xβ), con x non occorrente libera in α, 3) le formula del tipo ( xα(x)) α(t) con t "sostituibile" ad x in α. 4) le formule del tipo x(α) x( ( (α)). Naturalmente bisogna specificare che cosa si deve intendere per t sostituibile : a tale scopo premettiamo un esempio. Sia α la formula y(y 2 +1 x) e supponiamo che il termine t sia y Allora α(t) sarebbe la formula y(y 2 +1 y 2 +1) e pertanto una accettazione della 3) senza restrizioni darebbe la formula x y(y 2 +1 x) y(y 2 +1 y 2 +1). Tale formula non è logicamente vera in quanto, ad esempio, nel campo dei numeri reali è falsa. Ciò è accaduto poiché la variabile y occorrente in t all'atto della sostituzione si è venuta a trovare nel campo di azione di un quantificatore. Pertanto diremo che t è sostituibile ad x in α se, sostituendo t ad x, nessuna variabile libera di t viene ad essere quantificata. Ciò accade ad esempio se t è un termine chiuso. Definizione 5.1. Chiameremo dimostrazione di α sotto ipotesi X una successione di formule α 1,...,α n con α n = α è tale che ogni α i verifichi almeno una delle seguenti condizioni: - α i è un assioma logico - α i è una ipotesi, cioè α i X - α i è stata ottenuta da due formule precedenti (cioè con indice minore di i) per modus ponens - α i è stata ottenuta da una formula precedente per generalizzazione. In tale caso diciamo che α è stata dedotta da X e scriviamo X α. Esempio. Sia X = {α β, α β} allora X α. Infatti una dimostrazione di β sotto ipotesi X è costituita dalla successione 1. (α β) β (perché un esempio di tautologia) 2. α β (per ipotesi) 3. β (per modus ponens da 1. e 2.). Risulta anche X β. Infatti una dimostrazione di β è costituita dalla successione 1. (α β) α (perché un esempio di tautologia) 2. α β (per ipotesi) 3. α (per modus ponens da 1. e 2) 4. α β (per ipotesi) 5. β (per modus ponens da 3. e 4.) Esempio. Sia X={y>0 (x>0 x+y>0), 5>0, 7>0} allora una dimostrazione della formula 5+7>0 sotto ipotesi X è costituita dalla successione y>0 (x>0 x+y>0) (per ipotesi) y(y>0 (x>0 x+y>0)) (per la regola di generalizzazione) 7>0 (x>0 x+7>0) (per lo schema di assioma logico ( xα(x)) α(t))) x(7>0 (x>0 x+7>0) (per la regola di generalizzazione) 7>0 (5>0 5+7>0) (per lo schema di assioma logico ( xα(x)) α(t))) 7>0 (per ipotesi) 5>0 5+7>0 (per modus ponens) 5>0 (per ipotesi) 5+7>0 (per modus ponens). Concludiamo questo paragrafo enunciando uno dei teoremi fondamentali della logica del

9 pag. 9 Capitolo 3 primo ordine. Tale teorema mostra che l'apparato inferenziale proposto (con cui si definisce ) corrisponde perfettamente alla nozione di verità (con cui si definisce ). Teorema 5.2. Per ogni teoria T ed ogni formula chiusa α risulta: a) T α T α. (correttezza) b) T α T α. (completezza). La correttezza dice che l apparato inferenziale proposto produce formule in modo corretto, cioè se una asserzione si deduce da una teoria allora tale asserzione vale in ogni modello della teoria. La completezza mostra che l apparato inferenziale è sufficientemente potente, cioè se una formula α è vera in tutti i modelli di T allora α può essere dedotta da T. 6. Dimostrare tramite un calcolatore: la programmazione logica. Applicazioni più interessanti si ottengono nella programmazione logica che è uno degli strumenti fondamentali dell'intelligenza artificiale. La programmazione logica è un campo di ricerca molto sviluppato e complesso. In questo paragrafo forniamo solo alcune delle idee che sono alla base di questo ramo dell informatica. Definizione 6.1. Chiamiamo clausola definita di programma o una formula atomica o una formula del tipo α 1... α n β. con α 1,...,α n, β formule atomiche. Chiamiamo programma una teoria costituita solo da clausole definite di programma. Si noti che la differenza tra clausole e clausole definite di programma è che nelle clausole definite, scritte sotto forma di implicazione, compaiono solo formule positive. Esempi. La formula (x y) (y z) (x z) è una matrice ed è anche una clausola definita di programma. La formula (x y) (y x) che esprime il fatto che l'ordinamento è totale ed è equivalente a (x y) y x è una matrice che non è una clausola. Chiamiamo regole le clausole definite di programma che non sono fatti. Pertanto un programma definito è costituito da regole e da fatti. Il nome "programma" deriva dal fatto che nel linguaggio di programmazione Prolog i programmi degli usuali linguaggi procedurali sono sostituiti da teorie con solo clausole definite di programma. Nota. Nel seguito studieremo solo programmi definiti e clausole definite. Pertanto spesso per questione di brevità ometteremo di scrivere il termine "definito". Esempio. Il seguente sistema di assiomi per l'equivalenza x = x ; (x=y) (y=x) ; (x=z) (z=y) (x=y) definisce una teoria che è un programma definito. Esempio. Nel linguaggio dell'ordinamento le formule -(x<x) ; (x<y) (y<z) (x<z) definiscono la teoria dell' ordinamento stretto che non è un programma in quanto la formula (x<x) non è una clausola definita di programma. La teoria dell'ordinamento (non stretto) è espressa dalle seguenti formule x x ; (x y) (y x) (x=y) ; (x y) (y z) (x z) a cui vanno aggiunti gli assiomi per l'identità ed è pertanto un programma definito.

10 pag. 10 Capitolo 3 Indichiamo con Fatt(P) l'insieme dei fatti che appartengono a P o che si ottengono dalle regole atomiche di P per particolarizzazione sostituendo al posto delle variabili libere termini chiusi. Indichiamo invece con Reg(P) l'insieme delle clausole chiuse che si ottengono dalle regole non atomiche di P sostituendo anche in questo caso le variabili con termini chiusi. Definizione 6.3. Dato un programma P, poniamo per ogni insieme X di fatti, T(X) = X Fatt(P) {α α 1... α n α Reg(P), α 1 X,...,α n X}. (7.1) L'operatore T permette di costruire gli H-modelli di P. Proposizione 6.4. Sia P un programma e consideriamo l'operatore T definito da (7.1) è un operatore algebrico. Allora l insieme dei fatti che sono conseguenze logiche di P: M P = {α α è un fatto tale che P α}. si può ottenere dall uguaglianza M P =» n N T n ( ) dove: T 1 ( )= Fatt(P) ; T 2 ( ) = Fatt(P) {β (β 1... β n β) Reg(P), β 1 Fatt(P),...,β n Fatt(P)} ; T 3 ( ) = T 2 ( ) {β (β 1... β n β) Reg(P), β 1 T 2 ( ),...,β n T 2 ( )} ;... T n+1 ( ) = T n ( ) {β (β 1... β n β) Reg(P), β 1 T n ( ),...,β n T n ( )}. L'insieme M p è noto sotto il nome di modello minimo di Herbrand di P. Se nel linguaggio esistono solo un numero finito di costanti e non esistono nomi di funzioni, essendo l'insieme B L di fatti finito, tale catena di sottoinsiemi non può crescere indefinitamente. Esisterà quindi un elemento massimo che coincide con il modello minimo M P. Esempio. Sia P = {r(a,b), r(c,d), r(x,y) s(x,y), r(y,x) s(x,y)}, allora U(L) = {a,b,c,d}. Inoltre, T( ) = Fatt(P) = {r(a,b), r(c,d)} ; T 2 ( ) = {r(a,b), r(c,d)} {s(a,b), s(c,d), s(b,a), s(d,c)} ; T 3 ( ) = T 2 ( ). Pertanto M P = T 2 ( ) o, se si vuole, l'h-modello minimo di P interpreta r come la relazione I(r)={(a,b),(c,d)} ed s come la relazione I(s) = {(a,b),(c,d),(b,a),(d,c)}. Problema. Aggiungere al programma precedente la formula r(x,x) (oppure la formula s(x,x)) e calcolare il modello minimo. Esempio. Supponiamo di avere un linguaggio L con costanti a,b,c,d ed una relazione binaria "eq". Inoltre sia P la teoria dell'equivalenza, cioè la teoria i cui assiomi sono: eq(x,x) ; eq(x,y) eq(y,x) ; eq(x,z) eq(z,y) eq(x,y). Tale teoria è un programma e risulta T( )={eq(a,a), eq(b,b), eq(c,c), eq(d,d)} ; T 2 ( )=T( ), pertanto l'h-modello minimo M P coincide con T( ) ed interpreta "eq" come identità: I(eq)={(a,a), (b,b), (c,c), (d,d)}. Naturalmente esistono anche altri H-modelli di P, è sufficiente interpretare eq con una qualunque relazione di equivalenza in {a, b, c, d}. Il più "grosso" ovviamente è quello in cui e viene interpretata come la relazione U(L) U(L) che sussiste tra due qualunque elementi.

11 pag. 11 Capitolo 3 Problema. Aggiungere al programma dell'esempio precedente gli assiomi eq(a,c) e eq(d,c) e trovare il relativo H-modello minimo. Esempio. Si consideri il programma amico(tiziana,italo) amico(fabio, cristina) lavora(tiziana,cristina) collega(maria, christian). invita(x,y) :- amico(x,y). amico (Y, X) :- amico(x, Y). amico(x,y) :- collega(x,y) :- collega(x,y) :- lavora(y,x). Calcolare il minimo modello di Herbrand di tale programma, cioè gli elementi della successione T( ), T 2 ( ),... Risposta T( ) = { amico(tiziana,italo), amico(fabio, cristina), lavora(tiziana,cristina), collega(maria, christian)}. T 2 ( ) = T( ) {invita(tiziana,italo), amico(italo, tiziana), invita(fabio, cristina), amico(cristina, fabio), collega(tiziana,cristina), amico(maria, christian)} T 3 ( ) = T 2 ( ) {invita(italo, tiziana), invita(cristina, fabio), amico(tiziana, cristina), invita(maria, christian), amico(christian, maria)} T 4 ( ) = T 3 ( ) {invita(tiziana, cristina), amico(cristina, tiziana), invita(christian, maria) } T 5 ( )=T 4 ( ) {invita(cristina, tiziana) } T 6 ( )=T 5 ( ) pertanto T 5 ( ) è il minimo punto fisso di T ed è quindi il modello minimo di Herbrand.

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