Un Introduzione alla Teoria della Misura

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "Un Introduzione alla Teoria della Misura"

Transcript

1 Un Introduzione alla Teoria della Misura Premessa v Ho scritto queste note durante la preparazione delle lezioni aggiuntive di Teoria della Misura per gli studenti della Laurea Magistrale alla SISSA di Trieste, perché mi sono accorto che a furia di raccogliere risultati da fonti diverse finivo spesso per non dimostrare qualche risultato intermedio necessario nel seguito. Alla fine, naturalmente, non c è stato tempo per affrontare tutti gli argomenti a lezione (pur rinunciando in partenza a ridimostrare in classe tutte le proprietà di misure esterne e funzioni integrali che ripetono passo passo gli argomenti usati usualmente in Analisi 2 per la misura di Lebesgue), però ho trovato utile avere tutti i risultati che richiamavo raccolti in un unico testo. quindi ecco le note a disposizione per chiunque sia interessato. Purtroppo alcuni argomenti importanti non compaiono, nonostante la loro importanza, perché non c è stato proprio tempo di affrontarli nel mio breve corso (ad esempio le misure prodotto ed il teorema di Fubini, o la teoria delle funzioni assolutamente continue). Spero di avere occasione di aggiungere almeno questi argomenti in futuro, in modo da coprire gli aspetti basilari della teoria. In ogni caso, anche con qualche aggiunta, queste note possono al massimo ambire a mostrare la sommità di quell iceberg che è la teoria della misura: non viene sviluppata la teoria degli spazi L p (perché trattati in un altro corso); non vengono esposte le proprietà aggiuntive delle misure di probabilità (soprattutto se definite su spazi polacchi); non vi trovano spazio né le misure di Hausdorff né la teoria geometrica della misura; c è solo un vago accenno alle misure a valori vettoriali (limitato al caso di misure a valori in R d e quindi senza definire l integrale di Bochner); non vengono approfonditi gli altri tipi di integrazione che si possono introdurre su R (come ad esempio l integrale di Lebesgue Stieltjes); non trovano spazio i teoremi di disintegrazione delle misure su classi di equivalenza; non viene neppure menzionata la teoria del trasporto ottimo (che pure si formula essenzialmente in termini di misure); ecc. Lo spazio per ulteriori approfondimenti da parte degli studenti interessati è dunque ampio, ma spero che qualcuno possa trovare in queste note un punto di partenza per future esplorazioni. Concludo questa breve introduzione ringraziando le innumerevoli fonti da cui ho tratto argomenti ed idee per queste note: innanzi tutto gli incredibilmente 1

2 completi libri di Fremlin [5, 6], da cui ho copiato la struttura delle Sezioni e buona parte dei risultati (anche se non sempre le dimostrazioni, visto che spesso il corso non necessitava la completa generalità con cui gli argomenti sono ivi trattati); poi gli ormai classici libri di Cohn [2], Rudin [8] e Folland [4] da ciascuno dei quali ho tratto specifiche parti e risultati; e infine i libri di Ambrosio, Fusco e Pallara [1], vans e Gariepy [3] e Stroock [10] da cui ho tratto alcune idee e tecniche che mi hanno permesso di semplificare specifiche dimostrazioni. Inoltre, in tutte le Sezioni aleggiano le dimostrazioni che ho imparato durante i corsi tenuti all Università Cattolica di Brescia dal prof. Marco Degiovanni (alle cui dispense mi sono rifatto per alcuni argomenti qui presentati, come ad esempio la dimostrazione del Teorema di Lusin nel caso reale) e la Sezione sui Teoremi di Rappresentazione di Riesz sarebbe stata decisamente meno completa senza alcuni brillanti suggerimenti del prof. Gianni Dal Maso (tra cui, ad esempio, l argomento usato nella dimostrazione del Teorema 13.20). Probabilmente ho anche aggiunto alcuni errori rispetto al materiale originale (spero pochi). In questo caso naturalmente la colpa è tutta mia, quindi vi prego di segnalarmi qualunque omissione od errore possiate trovare. Infine, vi prego di notare che questo materiale è coperto da licenza copyleft. Quindi potete usarne delle parti, se volete, ma dovete menzionarne l origine e seguire le altre (poche) condizioni dettate dalla licenza (maggiori dettagli qui sotto). F. S. P. 05/12/2010 c 2010 Fabio Simone Priuli Distribuzione Creative Commons Tu sei libero di riprodurre, stampare, inoltrare via mail, fotocopiare, distribuire questa opera alle seguenti condizioni: Attribuzione: devi attribuire la paternità dell opera nei modi indicati dall autore o da chi ti ha dato l opera in licenza, Non commerciale: non puoi usare quest opera per fini commerciali, Condividi allo stesso modo: Se alteri o trasformi quest opera, o se la usi per crearne un altra, puoi distribuire l opera risultante solo con una licenza identica o equivalente a questa. (Licenza Creative Commons - Attribution Non-Commercial Share Alike 3.0 Testo completo: 2

3 Indice Notazioni e preliminari Algebre di insiemi Misure e spazi di misura Misure esterne Misura di Lebesgue Insieme di Vitali Insieme di Cantor e funzione di Cantor Vitali Funzioni misurabili Integrazione Spazi L p Funzionali additivi Teorema di Radon Nikodym Misure di Radon Teoremi di rappresentazione di Riesz Bibliografia Soluzioni agli esercizi

4 4

5 Notazioni e preliminari Per cominciare, in questa sezione raccogliamo alcune nozioni di base e notazioni che verranno usate continuamente nel seguito. Dato un insieme X, denotiamo con P(X) l insieme costituito dai sottoinsiemi di X, i.e. P(X) = 2 X = {Y ; Y X}. Dati A, B P(X), definiamo unione, intersezione, differenza and differenza simmetrica di A e B come segue A B = {x X ; x A o x B}, A B = {x X ; x A e x B}, A \ B = {x X ; x A e x / B}, A B = (A \ B) (B \ A) = (A B) \ (A B). Data un famiglia di insiemi in P(X) {Y α ; α A}, per un qualche insieme di indici A, diremo che la famiglia è disgiunta se per ogni coppia di indici α, β in A si ha α β = Y α Y β =. Nel caso particolare di A = N, parleremo di successione disgiunta. Data una successione di insiemi (Y n ) in P(X), diremo che la successione è crescente se per ogni n N si ha Y n Y n+1, e che è decrescente se Y n+1 Y n. Dati uno spazio vettoriale X su F (F = R o F = C) e un insieme A X, definiamo per ogni x X A + x. = {a + x ; a A} X ; per ogni B X A + B =. {a + b ; a A, b B} = A + b X ; b B per ogni λ F λa. = {λa ; a A} X ; per ogni funzione lineare R: X X RA. = {Ra ; a A} X. Quando parleremo di uno spazio topologico X intenderemo sempre un insieme X su cui è assegnata una topologia τ che rende (X, τ) 5

6 Hausdorff (ossia per ogni x y esistono U intorno di x e V intorno di y tali che U V = ; second countable (ossia τ ha una base numerabile); localmente compatto (ossia ogni x X ha un intorno compatto). Ad esempio si può pensare ad uno spazio metrico separabile e localmente compatto. Data una successione (x n ) in uno spazio metrico o topologico X, useremo spesso la notazione lim n x n, per indicare lim x n. n Si noti che non c è davvero pericolo di confusione in questo caso, visto che + è l unico punto di accumulazione di N e quindi il limite per n è l unico limite interessante per una successione. Dato uno spazio topologico X, indichiamo con: (i) Supp(f) il supporto di una funzione f : X R d, ossia la chiusura in X dell insieme {x X ; f(x) 0} ; (ii) C o (X; R d ) lo spazio di Banach delle funzioni continue che si annullano a infinito, ossia tali che per ogni ε > 0 l insieme è compatto. {x X ; f(x) > ε}, (iii) C c (X; R d ) lo spazio normato delle funzioni continue a supporto compatto in X; (iv) C c (X; R d ) lo spazio normato delle funzioni di classe C compatto in X, nel caso in cui X sia uno spazio di Banach 1. a supporto La norma considerata sugli spazi appena introdotti è naturalmente la norma f. = sup f(x). x X Ricordiamo anche che C o (X; R d ) è la chiusura di C c (X; R d ) rispetto alla norma : infatti presa f C o (X; R d ) e posto K n = {x X ; f(x) > n 1 }, esiste g n C c (X; R) tale che 0 g n 1 e g n 1 su K n, 2 e quindi f n = g n f è una successione in C c (X; R d ) che converge uniformemente a f. Infine, indicheremo con R l insieme R {+, } e ogni volta che dovremo considerare operazioni su R, utilizzeremo le seguenti proprietà: 1 L ipotesi aggiuntiva su X serve naturalmente per definire il differenziale di f. 2 La funzione g n richiesta esiste per il Lemma di Urysohn (cfr. [2, 4, 8], ad esempio). 6

7 per ogni a R per ogni a ]0, + ] a + = + + a = +, a = + a =. a (+ ) = (+ ) a = +, a ( ) = ( ) a =. per ogni a [, 0[ a (+ ) = (+ ) a =, a ( ) = ( ) a = +. Assumiamo anche che 0 (± ) = (± ) 0 = 0. (1) Si noti che l unica novità rispetto alle usuali operazioni in R è data da (1). Restano non definite le operazioni (+ ) + ( ), ( ) + (+ ). 7

8 1 Algebre di insiemi Definizione 1.1. Siano X insieme e F P(X). Diciamo che F è un algebra in P(X) (o un algebra di sottoinsiemi di X) se valgono i seguenti fatti: (a) F; (b) A F implica X \ A F; (c) A, B F implica A B F. Se dal contesto è chiaro a quale insieme X ci si riferisce, diremo semplicemente che F è un algebra. Definizione 1.2. Siano X insieme e F P(X). Diciamo che F è una σ algebra in P(X) (o una σ algebra di sottoinsiemi di X) se valgono i seguenti fatti: (a) F; (b) A F implica X \ A F; (c) se (A i ) i N è una successione in F, allora si ha A i F. i N Se dal contesto è chiaro a quale insieme X ci si riferisce, diremo semplicemente che F è una σ algebra. Proposizione 1.3. Siano X insieme e F P(X). (i) se F è un algebra, allora per ogni, F F si ha F F, \ F F, e per ogni N N e 1,..., N F si ha 1... N F, 1... N F. (ii) se F è una σ algebra, allora per ogni, F F si ha F F. In particolare, F è un algebra e valgono le proprietà del punto (i). Inoltre, se (A i ) i N è una successione in F allora A i F. i N 8

9 Dimostrazione. (i) Le prime proprietà seguono immediatamente dalla definizione di algebra e da F = X \ ( (X \ ) (X \ F ) ), \ F = (X \ F ). Per induzione, poi, si provano anche le proprietà su unioni ed intersezioni finite. (ii) La prima proprietà segue dalla definizione, scegliendo la successione G o = e G i = F per i 1. Infine, da ( ) A i = X \ (X \ A i ). i N si conclude che F è chiusa anche per intersezioni numerabili. sempio 1.4. Sia X un insieme. i N {, X} è sempre una σ algebra di sottoinsiemi di X; dato A X, {, A, X \ A, X} è una σ algebra di sottoinsiemi di X; P(X) è una σ algebra di sottoinsiemi di X. Proposizione 1.5. Siano X un insieme e {F α ; α A} una famiglia non vuota di σ algebre in P(X). Allora anche F α = {Y P(X) ; Y F α α A}, α A è una σ algebra in P(X). Dimostrazione. Se prendiamo un insieme o una successione ( h ) in F α, allora ed ( h ) appartengono ad F α per ogni indice α A. Poiché ciascun F α è una σ algebra, ne segue che anche X \ e h N h appartengono ad F α per ogni indice α A, e questo permette di concludere. La Proposizione appena dimostrata ci offre uno strumento per ottenere una σ algebra a partire da una famiglia qualsiasi di sottoinsiemi. Definizione 1.6. Siano X un insieme e G P(X) una famiglia di sottoinsiemi di X. Detto S = {F P(X) ; G F, F è una σ algebra}, chiamiamo σ algebra generata da G la σ algebra. = Σ Σ G Σ S Osservazione 1.7. La σ algebra Σ G è ben definita perché P(X) S e, quindi, S. 9

10 sempio 1.8. Siano X un insieme e A X. Allora: la σ algebra generata da {X} e quella generata da { } coincidono e sono {, X}; la σ algebra generata da {A} è {, A, X \ A, X}; se G è una σ algebra, allora Σ G = G. Definizione 1.9. Sia X uno spazio topologico. Chiamiamo σ algebra di Borel la σ algebra generata dagli aperti di X e la indichiamo con B(X). sercizio 1. Ricordando che l intervallo ]a, b[ è aperto in R per ogni a, b R, mostrare che ogni intervallo di R (limitato o illimitato, aperto o chiuso o aperto solo da un lato) è un insieme boreliano di R, i.e. appartiene a B(R). sercizio 2. Siano X, Y insiemi e f : X Y una funzione. Provare che se F P(X) è una σ algebra in P(X), allora { F Y ; f 1 (F ) F }, è una σ algebra in P(Y ); se G P(Y ) è una σ algebra in P(Y ), allora { f 1 () ; G }, è una σ algebra in P(X). sercizio 3. Siano X insieme, F P(X) una σ algebra di sottoinsiemi di X e A X. Mostrare che F A. = { A ; F }, è una σ algebra in P(A), detta traccia di F su A. sercizio 4. Siano X insieme, F P(X) una σ algebra di sottoinsiemi di X e A X. Mostrare che { ( A) (F \ A) ;, F F }, è una σ algebra in P(X) e che coincide con la σ algebra generata da F {A}. 10

11 2 Misure e spazi di misura Definizione 2.1. Siano X un insieme e Σ P(X) una σ algebra di sottoinsiemi di X. Chiamiamo misura (positiva) su X ogni funzione µ: Σ [0, + ] tale che (a) µ( ) = 0, (b) se (A i ) i N è una successione disgiunta in Σ, allora ( ) µ A i = µ(a i ). (2) i N i=0 Osservazione 2.2. Nel seguito ci riferiremo alla proprietà 2.1(b) come alla σ additività di µ. Definizione 2.3. Chiamiamo spazio di misura ogni terna (X, Σ, µ) in cui X è un insieme, Σ è una σ algebra in P(X) e µ è una misura su X. Gli elementi della σ algebra Σ sono detti insiemi µ misurabili. sempio 2.4. Sia X un insieme. Consideriamo µ: {, X} [0, + ] definita da µ( ) = 0 e µ(x) = +. Allora (X, {, X}, µ) è uno spazio di misura. sempio 2.5. Siano X un insieme e sia h: X [0, + ] una qualunque funzione. Per ogni insieme P(X), definiamo 0 se = µ h () =. h(x) x { } sup h(x) ; I è finito, I x I Allora (X, P(X), µ h ) è uno spazio di misura. se è finito altrimenti sempio 2.6. Prendendo X insieme qualunque e h(x) 1 nell sempio 2.5, otteniamo come µ h la counting measure su X, ossia la misura che conta i punti dei sottoinsiemi di X. sempio 2.7. Prendendo X insieme qualunque, fissando x o X e considerando h(x) =. { 1 se x = xo 0 altrimenti nell sempio 2.5, otteniamo la delta di Dirac centrata in x o, ossia una misura su X che indichiamo con δ xo e che soddisfa { 1 se xo δ xo () = 0 altrimenti 11

12 sempio 2.8. Prendendo X = N e h(n) = 2 n 1 nell sempio 2.5 si ottiene una misura µ h su N tale che µ h (N) = 1. sercizio 5. Mostrare che le funzioni introdotte negli sempi 2.4, 2.5, 2.6, 2.7 e 2.8 sono misure. Proposizione 2.9. Sia (X, Σ, µ) uno spazio di misura. Allora valgono le seguenti proprietà: (i) se, F Σ e F =, allora µ( F ) = µ() + µ(f ); (ii) se, F Σ e F, allora µ() µ(f ); (iii) se, F Σ, allora µ( F ) µ() + µ(f ); (iv) se ( i ) i N è una successione in Σ, allora ( ) µ i µ( i ) ; (v) se ( i ) i N è una successione crescente in Σ, allora ( ) µ i = lim µ( i ) = sup µ( i ) ; i i N i N i N (vi) se ( i ) i N è una successione decrescente in Σ ed esiste k N tale che µ( k ) < +, allora ( ) µ i = lim µ( i ) = inf µ( i i) i N i N Dimostrazione. (i) Basta prendere la successione G o =, G 1 = F e G i = per i 2 e applicare la σ additività. (ii) Segue da µ(f ) = µ() + µ(f \ ) µ(), per la positività di µ. (iii) Segue applicando (ii) in i=0 µ( F ) = µ() + µ(f \ ) µ() + µ(f ). (iv) Otteniamo da ( i ) un altra successione (F i ) ponendo F o = o, F i = i \ j<i j i 1. Questa successione (F i ) è disgiunta e tale che i F i = i i e i F i per ogni i N. Applicando la σ additività e (ii) ne segue ( ) ( ) µ i = µ F i = µ(f i ) µ( i ). i i i=0 i=0 12

13 (v) Otteniamo da ( i ) un altra successione (F i ) ponendo F o = o, F i = i \ j 1 i 1. Questa successione (F i ) è disgiunta e tale che i F i = i i e µ( i ) = i µ(f j) per ogni i N. Applicando la σ additività ne segue ( ) ( ) µ i = µ F i = µ(f i ) = lim i i i i=0 i µ(f j ) = lim µ( i ). i (vi) Osserviamo innanzi tutto che, essendo ( i ) decrescente, per (ii), si ha µ( k+i ) < per ogni i N. Ora, otteniamo da ( i ) un altra successione (F i ) ponendo F i = k \ k+i i N. Questa successione (F i ) è crescente e tale che, per ogni i N, si abbia F i k e µ(f i ) + µ( k+i ) = µ( k ). Inoltre k \ i N F i = i N i. Quindi, applicando (v), si ha ( ) µ F i = lim µ(f i ) = µ( k ) lim µ( k+i ) = µ( k ) lim µ( i ), i i i i e da questa segue ( ) ( µ( k ) = µ F i + µ k \ ) F i i i ( ) ( ) ( ) = µ F i + µ i = µ( k ) lim µ( i ) + µ i. i i i Cancellando infine la quantità finita µ( k ), si ottiene l uguaglianza richiesta. Osservazione Nella proprietà (vi) della Proposizione 2.9, l ipotesi µ( k ) < + per qualche k N non può essere rimossa. Infatti, si considerino X = N, Σ = P(N) e µ la counting measure su N. Allora la successione di insiemi i = {n N ; n i}, è una successione crescente in Σ tale che ( ) µ i = µ( ) = 0 + = lim µ( i ), i i N e questo perché µ( i ) = + per ogni i N. i 13

14 Definizione Sia X un insieme e Σ, Σ due σ algebre in P(X) tali che Σ Σ. (a) Sia µ: Σ [0, + ] una misura su X e sia µ = µ Σ la restrizione di µ a Σ. Allora µ è una misura su X che verrà chiamata restrizione di µ alla sottoalgebra Σ e (X, Σ, µ ) è uno spazio di misura. (b) Siano µ: Σ [0, + ] e ν : Σ [0, + ] due misure su X. Diremo che µ è un estensione di ν a Σ se µ() = ν() per ogni Σ. Definizione Sia (X, Σ, µ) uno spazio di misura. Diremo che (a) µ è una misura di probabilità, se µ(x) = 1; (b) µ è una misura totalmente finita, se µ(x) < + ; (c) µ è una misura σ finita, se esiste una successione ( i ) in Σ tale che µ( i ) < + per ogni i N e tale che X i N i. Osservazione Naturalmente, le nozioni introdotte nella Definizione 2.12 sono legate come segue: (a) = (b) = (c) Osservazione Si noti che la successione nella definizione di misura σ finita, può essere assunta anche crescente o disgiunta, visto che si può sempre rimpiazzare la successione data con i = j, i = i \ j. j i j<i sempio La misura banale introdotta nell sempio 2.4 non è σ finita. La counting measure introdotta nell sempio 2.6 è totalmente finita se X ha cardinalità finita, è σ finita se X è numerabile, non è σ finita se X è più che numerabile. Infine, la delta di Dirac introdotta nell sempio 2.7 e la misura introdotta nell sempio 2.8 sono misure di probabilità. Definizione Sia (X, Σ, µ) uno spazio di misura con X spazio topologico. Diremo che µ è una misura boreliana se B(X) Σ, ossia se ogni insieme boreliano di X è µ misurabile. Definizione Siano (X, Σ, µ) uno spazio di misura e A Σ. Definiamo una nuova misura su X ponendo per ogni Σ, (µ A)() =. µ( A). Si noti che il dominio di µ A è lo stesso di µ. 14

15 sercizio 6. Siano (X, Σ, µ) uno spazio di misura, Y un insieme ed f : X Y una funzione. Mostrare che, indicando F = { F Y ; f 1 (F ) Σ }, e con ν : F [0, + ] la funzione definita da ν(f ) = µ ( f 1 (F ) ), (Y, F, ν) è uno spazio di misura. In tal caso, ν è detta misura immagine e talvolta indicata con µf 1. sercizio 7. Siano (Y, Σ, ν) uno spazio di misura, X un insieme ed f : X Y una funzione suriettiva. Mostrare che, indicando F = { f 1 () ; Σ }, e con µ: F [0, + ] la funzione definita da µ(f ) = ν (f(f )), (X, F, µ) è uno spazio di misura. sercizio 8. Siano (X, Σ, µ) uno spazio di misura ed, F Σ. Mostrare che µ( F ) + µ( F ) = µ() + µ(f ), µ( F ) + µ() = µ(f ) + 2µ( \ F ). Dedurne che, se µ() < +, allora si ha anche µ( F ) = µ() + µ(f ) µ( F ), µ( F ) = µ(f ) + 2µ( \ F ) µ(). sercizio 9. Siano (X, Σ, µ) uno spazio di misura ed ( h ) successione in Σ. Mostrare che µ h lim inf µ( h ). h k N h k Teorema Siano X un insieme, Σ una σ algebra in P(X) e µ, ν due misure su X definite su Σ. Consideriamo una famiglia G Σ che sia chiusa per intersezioni finite e supponiamo che: (a) µ(g) = ν(g) per ogni G G; (b) esiste una successione (G i ) in G tale che X = i N G i e µ(g i ) = ν(g i ) < + per ogni i N. Allora µ = ν su tutta la σ algebra generata da G. Osservazione La conclusione del Teorema 2.18 è falsa se non si richiede l ipotesi (b). Si considerino, infatti, X = N, Σ = P(N), µ la counting measure introdotta nell sempio 2.6 e ν : Σ [0, + ] definita da ν( ) = 0 e ν() = per ogni P(N) \ { }. La famiglia G = {Y N ; N \ Y è finito}, è chiusa per intersezioni finite e per ogni G G si ha µ(g) = ν(g) = +, ma µ non coincide con ν sulla σ algebra Σ G generata da G perché dato G G anche N \ G appartiene a Σ G ma ν(n \ G) = + > (N \ G) = µ(n \ G). 15

16 Dimostrazione. (a) Consideriamo dapprima il caso µ, ν misure totalmente finite. Definiamo F = { Σ ; µ() = ν()}, e M la più piccola famiglia in P(X) tale che 1. G M; 2. se ( h ) è una successione crescente in M, allora h N h M; 3. se, F, F M, allora F M; 4. se M, allora X \ M. La strategia di dimostrazione procede ora in tre passi: prima mostriamo che M F, poi che M è una σ algebra, ed infine che da questo segue la tesi. Step 1. Mostriamo che M F, ossia che F soddisfa le quattro proprietà elencate sopra. Sappiamo per ipotesi che G F. Inoltre, se ( h ) è una successione crescente in F, si ha che ( ) ( ) µ h = lim µ( h ) = lim ν( h ) = ν h, h h h N h N e quindi h N h F. Assumendo ora, F, F F si ha µ( F ) + µ( F ) = µ() + µ(f ) = ν() + ν(f ) = ν( F ) + ν( F ), e, cancellando µ( F ) = ν( F ) <, si ha µ( F ) = ν( F ), ossia F F. Infine, osserviamo che X = i N G i F, per le proprietà 1. e 2., e quindi µ(x) = ν(x). Dunque µ(x \ ) + µ() = µ(x) = ν(x) = ν(x \ ) + ν(), da cui, cancellando µ() = ν() <, segue X \ F. Step 2. Mostriamo che M è una σ algebra. Per mostrare questo, ci basta mostrare che M è chiuso rispetto alle unioni finite, in modo da poter trasformare una successione qualunque in una successione crescente e poi applicare la proprietà 2. Tuttavia, poiché per ogni, F ( ) F = X \ (X \ ) (X \ F ), è anche sufficiente mostrare la chiusura di M rispetto all intersezione per poi concludere. Poniamo quindi, per ogni M Ξ = {H M ; H M}, e mostriamo che vale M = Ξ per ogni M. Innanzi tutto, mostriamo che Ξ soddisfa le proprietà 2, 3 e 4. Data una successione crescente (H i ) in Ξ, si ha H i M e H i M, da cui segue ( ) H i M, H i = i N(H i ) M. i N i N 16

17 Siano ora H, H Ξ (ossia H, H M) e H H Ξ (ossia (H H ) = (H ) (H ) M). Ma allora, poichè M soddisfa 3, si ha (H ) (H ) = (H H ) M, ossia anche Ξ soddisfa 3. Infine, dato H Ξ, si ha che H M e pure il suo complementare vi appartiene. Allora, X \ (H ) e la loro unione che è tutto X appartengono a M. Ne segue, per 3, che anche l intersezione appartiene a M, ossia ( ) X \ (H ) = (X \ H) M ossia X \ H Ξ. Resta da vedere che G Ξ per ogni M. Mostriamolo dapprima per G: fissato G, dato che G è chiuso per intersezioni finite, G G per ogni G G, ossia G Ξ per G. A questo punto, fissato G, Ξ M soddisfa tutte e quattro le proprietà di M e dunque, per minimalità, Ξ = M. Potendo riscrivere questa uguaglianza come G G H M G H M, ne segue che preso G G, G Ξ H per ogni H M. Ossia G Ξ H per H M e dunque Ξ H M soddisfa tutte e quattro le proprietà di M. Per minimalità segue che Ξ H = M per ogni H M, ossia che M è chiuso rispetto all intersezione e quindi una σ algebra. Step 3. A questo punto la conclusione è immediata visto che, indicando con Σ G la σ algebra generata da G, la minimalità di Σ G implica che G Σ G M F. (b) Consideriamo ora il caso generale in cui µ, ν possono essere infinite. Indicando con (G i ) la successione in G che rende le misure σ finite (per l ipotesi (b)), ricordiamo che possiamo scegliere (G i ) come successione crescente. Allora, le misure µ i = µ G i e ν i = ν G i sono totalmente finite e coincidono sull insieme G i = {H G i ; H G} che è chiuso rispetto alle intersezioni finite. Osservando che, per ogni F nella σ algebra generata da G, F G i appartiene alla σ algebra generata da G i, si ha ( ) µ(f ) = µ F G i = lim µ(f G i ) i ossia la tesi. i N ( ) = lim ν(f G i ) = ν F G i = ν(f ), i Definizione Siano (X, Σ, µ) uno spazio di misura e A X. (a) A si dice µ negligible se esiste Σ tale che A e µ() = 0. (b) A si dice µ conegligible se X \ A è µ negligible, ossia se esiste Σ tale che A e µ(x \ ) = 0. i N 17

18 Proposizione Sia (X, Σ, µ) uno spazio di misura. seguenti proprietà: Allora valgono le (i) è µ negligible; (ii) se A è µ negligible e B A, allora B è µ negligible; (iii) se (A i ) i N è una successione in P(X) di insiemi µ negligible allora i N A i è µ negligible. Dimostrazione. (i) e (ii) sono ovvie. Per provare (iii), osserviamo che per ogni i N esiste i tale che A i i e µ( i ) = 0. Allora ( ) i, µ i µ( i ) = 0, i N A i i N e dunque anche i N A i è µ negligible. Definizione Siano (X, Σ, µ) uno spazio di misura e P (x) una proprietà applicabile agli elementi x X. Diremo che P (x) è vera per µ q.o. x X ( vera per µ quasi ogni x X ) o P (x) è vera µ q.o. ( vera µ quasi ovunque ) se l insieme {x X ; P (x)}, i N è µ conegligible o, equivalentemente, se l insieme è µ negligible. {x X ; P (x) è falsa}, i=0 sempio Siano (X, Σ, µ) uno spazio di misura e f : X R una funzione. Dire che f 0 µ q.o. significa che l insieme è µ negligible {x X ; f(x) < 0}, Osservazione Nella Definizione 2.20, non si richiede che un insieme µ negligible o µ conegligible sia µ misurabile (ossia che appartenga a Σ). Questo può talvolta aiutare a verificare che una proprietà è µ q.o. vera, visto che non serve controllare se è misurabile l insieme in cui è falsa. Tuttavia in altre situazioni è uno svantaggio, per cui è interessante sapere per quali misure gli insiemi negligible sono misurabili. Definizione Uno spazio di misura (X, Σ, µ) si dice completo se ogni insieme µ negligible appartiene a Σ, i.e. se A, Σ, µ() = 0 = A Σ. 18

19 sempio Le misure definite su tutto P(X) sono complete. In particolare, sono complete la counting measure (introdotta nell sempio 2.6), la delta di Dirac (introdotta nell sempio 2.7) e la misura introdotta nell sempio 2.8. Anche la misura introdotta nell sempio 2.4 è completa, visto che il solo insieme negligible è l insieme vuoto. Per un esempio di misura non completa, si pensi ad X = {1, 2, 3}, Σ = {, {1}, {2, 3}, X} e come misura µ la restrizione a Σ della delta di Dirac centrata in 1, ossia { 1 se = {1}, X µ() = 0 se =, {2, 3} Allora gli insiemi {2} e {3} sono µ negligible ma non µ misurabili. Vedremo in seguito qualche esempio più interessante. Teorema Sia (X, Σ, µ) uno spazio di misura. Indicando Σ. = { X ; 1, 2 Σ tali che 1 2 e µ( 2 \ 1 ) = 0}, e con µ: Σ [0, + ] la funzione definita da µ() = inf {µ(g) ; G, G Σ}, si ha che (X, Σ, µ) è uno spazio di misura completo e che µ estende µ a Σ. Inoltre: (i) (X, Σ, µ) = (X, Σ, µ) se e solo se (X, Σ, µ) è completo; (ii) µ è l unica misura definita su Σ che coincide con µ su Σ; (iii) A X appartiene a Σ se e solo se A = N con Σ e N µ negligible. Per una dimostrazione del Teorema 2.27, si veda l sercizio 10. Definizione Sia (X, Σ, µ) uno spazio di misura. Lo spazio di misura (X, Σ, µ) costruito nel Teorema 2.27 viene chiamato completamento dello spazio originale. sercizio 10. Sia (X, Σ, µ) uno spazio di misura. 1. Mostrare che Σ. = { X ; 1, 2 Σ tali che 1 2 e µ( 2 \ 1 ) = 0}, è una σ algebra in P(X) e che Σ Σ. 2. Definita la funzione µ: Σ [0, + ] come µ() = inf {µ(g) ; G, G Σ}, mostrare che µ() = µ() se Σ e che Σ se 1, 2 sono come nella definizione di Σ allora µ( 1 ) = µ() = µ( 2 ). 19

20 3. Mostare che (X, Σ, µ) è uno spazio di misura, che è completo e che µ estende µ a Σ. 4. Mostrare che (X, Σ, µ) = (X, Σ, µ) se e solo se (X, Σ, µ) è completo. 5. Mostrare che se ν è un altra misura definita su Σ che coincide con µ su Σ, allora ν = µ, ossia µ è l unica estensione di µ a Σ. 6. Mostrare che A X appartiene a Σ se e solo se A = N con Σ e N µ negligible. sercizio 11. Siano (X, Σ, µ) uno spazio di misura e f, g : X R due funzioni. Mostrare che le relazioni f g µ q.o., f g µ q.o., sono relazioni riflessive e transitive, che la relazione f = g µ q.o., è una relazione di equivalenza e che f = g µ q.o. se e solo se f g µ q.o. e f g µ q.o.,. sercizio 12. Siano X un insieme, Σ 1, Σ 2 σ algebre in P(X), µ 1 : Σ 1 [0, + ], µ 2 : Σ 2 [0, + ] misure su X e c 0. Mostrare che (i) µ 1 + µ 2 : Σ 1 Σ 2 [0, + ] definita da (µ 1 + µ 2 )() = µ 1 () + µ 2 () è una misura su X; (ii) cµ 1 : Σ 1 [0, + ] definita da (cµ 1 )() = cµ 1 () è una misura su X. sercizio 13. Sia X un insieme. Mostrare che (i) la famiglia di insiemi Σ. = { X ; è numerabile o X \ è numerabile}, è una σ algebra in P(X) (detta σ algebra countable cocountable); (ii) la funzione µ: Σ {0, 1} definita da { 0 se è numerabile µ() = 1 se X \ è numerabile è una misura su X che rende completo lo spazio (X, Σ, µ). sercizio 14. Sia (X, Σ, µ) uno spazio di misura. Per ogni Σ poniamo ˆµ() = sup {µ(f ) ; F, F Σ, µ(f ) < + }. (i) Mostrare che ˆµ è una misura su X e che µ ˆµ. (ii) Mostrare che se µ è σ finita, allora µ = ˆµ. 20

21 (iii) Trovare un esempio di misura µ non σ finita, tale che µ ˆµ. sercizio 15. Siano X un insieme, Σ una σ algebra in P(X) e (µ n ) una successione di misure su X definite su Σ. Definiamo per ogni Σ Mostrare che µ è una misura su X. µ() = sup µ n (). n N sercizio 16. Siano X un insieme, Σ una σ algebra in P(X) e (µ n ) una successione di misure su X definite su Σ tale che per ogni n N si abbia µ n µ n+1. Definiamo per ogni Σ Mostrare che µ è una misura su X. µ() = lim n µ n (). 21

22 3 Misure esterne Definizione 3.1. Sia X un insieme. funzione ϕ: P(X) [0, + ] tale che: (a) ϕ( ) = 0; Chiamiamo misura esterna su X ogni (b) se A B X, allora ϕ(a) ϕ(b); (c) se (A i ) successione in P(X), allora ( ) ϕ A i ϕ(a i ). (3) i N i=0 Osservazione 3.2. Nel seguito ci riferiremo alla proprietà 3.1(b) come alla monotonia di µ e alla proprietà 3.1(c) come alla σ subadditività di µ. Osservazione 3.3. Combinando 3.1(a) e 3.1(c), si ha che per ogni famiglia finita {A i X ; 0 i k}, k N, si ha ( k ) k ϕ A i ϕ(a i ), i=0 i=0 ossia µ è anche finitamente subadditiva. Definizione 3.4. Sia X un insieme e ϕ: P(X) [0, + ] una misura esterna su X. Un insieme X si dice ϕ misurabile se A X ϕ(a) = ϕ(a ) + ϕ(a \ ). (4) Osservazione 3.5. In realtà, per provare che un insieme X è ϕ misurabile basta verificare che A X ϕ(a) ϕ(a ) + ϕ(a \ ), (5) visto che l altra disuguaglianza segue da 3.1(c) e quindi è sempre verificata. Inoltre è sufficiente verificare (5) solo per gli insiemi A per i quali ϕ(a) < +, visto che la disuguaglianza è subito verificata per gli altri insiemi. Osservazione 3.6. Dalla Definizione 3.4 segue subito che ogni insieme X tale che ϕ() = 0 è ϕ misurabile. Infatti, per monotonia, per ogni A X si ha 0 ϕ(a ) ϕ() = 0, e quindi ϕ(a) ϕ(a \ ) = ϕ(a ) + ϕ(a \ ). Passiamo ad investigare il rapporto tra misure e misure esterne, mostrando due Teoremi che mostrano come si possa ottenere una misura su X partendo da una misura esterna (Teorema 3.7) e come si possa ottenere una misura esterna su X partendo da una misura (Teorema 3.9). 22

23 Teorema 3.7 (Metodo di Carathéodory). Siano X un insieme e ϕ una misura esterna su X. Allora. Σ ϕ = { X ; è ϕ misurabile}, ) è una σ algebra in P(X) e (X, Σ ϕ, ϕ Σϕ è uno spazio di misura completo. In particolare, ϕ Σϕ è una misura su X. Dimostrazione. (a) è ϕ-negligible e quindi ϕ misurabile. Per ogni ϕ misurabile e per ogni A X si ha ϕ(a ) + ϕ(a \ ) = ϕ(a \ (X \ )) + ϕ(a (X \ )), quindi anche X \ è ϕ misurabile. Sia ora (A h ) una successione di insiemi ϕ misurabili. (b) Per concludere che Σ ϕ è una σ algebra, resta da mostrare che è chiusa rispetto ad unioni numerabili. Cominciamo dalla chiusura rispetto ad unioni finite. Se, F sono ϕ misurabili e A X, si ha Siccome e si ha ϕ(a) = ϕ(a ) + ϕ(a \ ) = ϕ(a ) + ϕ((a \ ) F ) + ϕ((a \ ) \ F ). (A ) ((A \ ) F ) = A ( F ), ((A \ ) \ F ) = A \ ( F ), ϕ(a) = ϕ(a ( F )) + ϕ(a \ ( F )), ossia F è ϕ misurabile e Σ ϕ è chiuso rispetto all unione. Per induzione, segue che Σ ϕ è anche chiuso rispetto alle unioni finite. (c) Sia ora ( i ) una successione disgiunta di insiemi ϕ misurabili e poniamo Ẽ i = i j. Allora, per ogni A X, si ha ϕ(a Ẽi) = ϕ((a Ẽi) i ) + ϕ((a Ẽi) \ i ) = ϕ(a i ) + ϕ(a Ẽi 1) Questo, ragionando per induzione su i 1, ci permette di provare che per ogni i 1 i ϕ(a Ẽi) = ϕ(a j ). ssendo ciascun Ẽi ϕ misurabile, per ogni i 1 ed ogni A X si ha i ϕ(a) = ϕ(a Ẽi) + ϕ(a \ Ẽi) ϕ(a j ) + ϕ A \ j j N 23

24 Passando al limite per i + e sfruttando la σ subadditività, si ottiene ϕ(a) ϕ(a j ) + ϕ A \ j j N ϕ j N(A j ) + ϕ A \ j j N = ϕ A j + ϕ A \ j j N j N ossia j N j è ϕ misurabile, per successioni disgiunte. (d) Infine, sia ( i ) una successione qualunque di insiemi ϕ misurabili. Allora la successione (F i ) ottenuta ponendo F o = o, F i = i \ j<i j i 1. è disgiunta e tale che i F i = i i. Allora i i Σ ϕ, e Σ ϕ è una σ algebra. (e) Per mostrare che ϕ Σϕ è una misura, bisogna mostrare la σ additività. Sia dunque ( i ) una successione disgiunta di insiemi ϕ misurabili. Ragionando come in (c), per ogni A X si ha ϕ(a) ϕ(a j ) + ϕ A \ j j N In particolare, scegliendo A = j N j, si ottiene ϕ j ϕ j j j N j N = ϕ( j ) ϕ j, j N dove abbiamo usato la σ subadditività per la disuguaglianza finale. (f) Rimane da dimostrare che ϕ Σϕ rende lo spazio completo. Sia A con Σ ϕ e ϕ() = 0, allora per monotonia 0 ϕ(a) ϕ() = 0. Ma abbiamo già visto che ϕ(a) = 0 implica A Σ ϕ, e dunque lo spazio di misura è completo. Osserviamo anche che A è ϕ Σϕ negligible se e solo se ϕ(a) = 0. Dal Teorema 3.7 possiamo subito ottenere le seguenti proprietà degli insiemi ϕ misurabili. Corollario 3.8. Siano X un insieme e ϕ una misura esterna su X. Allora 24

25 (i), X sono ϕ misurabili; (ii) se A X è ϕ misurabile, allora X \ A è ϕ misurabile; (iii) se A 1, A 2 sono ϕ misurabili, allora A 2 \ A 1 è ϕ misurabile; (iv) data una successione (A i ) di insiemi ϕ misurabili, sia i N A i che i N A i sono ϕ misurabili; (v) data una successione disgiunta (A i ) di insiemi ϕ misurabili, si ha ( ) ϕ A i = ϕ(a i ) ; i N (vi) data una successione crescente (A i ) di insiemi ϕ misurabili, si ha ( ) ϕ A i = lim ϕ(a i ) = sup ϕ(a i ) ; i i N i N (vii) data una successione decrescente (A i ) di insiemi ϕ misurabili tale che esiste k N con ϕ(a k ) < +, si ha ( ) ϕ A i = lim ϕ(a i ) = inf ϕ(a i i). i N i N Dimostrazione. (i), (ii) e la parte di (iv) relativa all unione sono esattamente la dimostrazione che gli insiemi ϕ misurabili formano una σ algebra. (iii) e la restante parte di (iv), seguono dalle proprietà di σ algebra (cfr. Proposizione 1.3). (v) è esattamente la σ additività di ϕ come misura definita sulla σ algebra degli insiemi ϕ misurabili. Infine, (vi) e (vii) seguono dalle proprietà di misura (cfr. Proposizione 2.9). i=0 Teorema 3.9. Sia (X, Σ, µ) uno spazio di misura. µ : P(X) [0, + ] ponendo per ogni A X Definiamo una funzione µ (A). = inf {µ() ; A, Σ}. Allora µ è una misura esterna su X e inoltre valgono le seguenti proprietà: (i) per ogni A X esiste Σ tale che A e µ (A) = µ(), ossia l inf nella definizione di µ è un minimo; (ii) se Σ, allora µ () = µ() ossia µ Σ = µ; (iii) per ogni A X e Σ si ha µ (A) = µ (A ) + µ (A \ ) ossia gli elementi di Σ sono tutti µ misurabili; (iv) A X è µ negligible se e solo se µ (A) = 0. 25

26 Dimostrazione. (a) Mostriamo che µ è una misura esterna. Ovviamente µ ( ) = µ( ) = 0. Se A B X, allora { Σ ; B } { Σ ; A } e quindi µ (A) µ (B). Resta da mostrare la σ subadditività. Sia (A h ) una successione in P(X). La disuguaglianza cercata è ovviamente vera se µ (A h ) = +. Supponiamo quindi µ (A h ) < + e, per ogni ε > 0 e h N, sia h Σ tale che A h h e µ( h ) < µ (A h ) + ε 2 h+1. Allora, h N A h h N h Σ e dunque ( ) ( ) µ A h µ h µ( h ) h N h N ( < µ (A h ) + ε ) 2 h+1 = µ (A h ) + ε. Per l arbitrarietà di ε > 0 ne segue µ ( h N e dunque µ è una misura esterna. A h ) µ (A h ), (b) Sia A X. Per ogni N N e h N sia N Σ, tale che A N e Ponendo = N N N Σ, si ha che Quindi µ( N ) < µ (A) + 2 N. A, µ() µ( N ), N N. µ (A) µ() inf µ( ( N) < inf µ (A) + 2 N ) = µ (A), N N N N e questo prova (i). (c) Fissato G Σ, per la subadditività di µ, per ogni A X si ha µ (A) µ (A G) + µ (A \ G). Altrimenti sia Σ tale che A e µ() = µ (A) (tale insieme esiste per (i)). Si ha A G G e A \ G \ G, e quindi µ (A G) + µ (A \ G) µ( G) + µ( \ G) = µ() = µ (A), ossia G è µ misurabile e (iii) è provata. (d) La proprietà (ii) segue immediatamente dalla definizione di µ. Resta da mostrare la proprietà (iv). Sia dunque A un insieme µ negligible e sia Σ tale che A e µ() = 0. Allora, si ha 0 µ (A) µ() = 0, 26

27 ossia µ (A) = 0. Viceversa, se µ (A) = 0 basta applicare (i) per ottenere un insieme Σ tale che A e µ() = µ (A) = 0, e dunque A è µ negligible. Alla luce dei Teoremi 3.7 e 3.9, viene naturale chiedersi cosa succede se si applicano a turno le due costruzioni partendo da una misura o da una misura esterna: si ottengono sempre nuove misure o dopo un po si ritrovano le misure di partenza? Osservazione Siano µ una misura su X, µ la misura esterna ottenuta da µ con il Teorema 3.9 e ν la misura ottenuta da µ con il metodo di Carathéodory. Qual è il legame tra µ e ν? Sappiamo che ν è una misura completa, quindi in generale non coinciderà con µ se questa non è completa. Inoltre si può provare che, detta µ la misura completamento di µ, ν è un estensione di µ (ossia le due coincidono sul dominio di µ, cfr. [6] 213Xa). In generale, però, serve qualche ipotesi in più sulla misura di partenza per assicurare che µ = ν: ad esempio se la misura µ è σ finita, allora ν è esattamente il completamento di µ. 3 Osservazione Siano ϕ una misura esterna su X, µ la misura ottenuta da ϕ con il metodo di Carathéodory e µ la misura esterna ottenuta da µ con il Teorema 3.9. Qual è il legame tra ϕ e µ? L sempio 3.12 mostra che in generale le due misure esterne saranno diverse, anche se in alcuni casi significativi esse coincidono (cfr. Proposizione 4.8). È tuttavia sempre possibile dire che gli insiemi ϕ misurabili e quelli µ misurabili sono gli stessi: infatti applicando il metodo di Carathéodory a µ si ottiene una misura µ che coincide con µ (cfr. [6] 213Xa) e che, quindi, ha in particolare lo stesso dominio di µ. sempio Siano X un insieme con almeno tre elementi e ϕ: P(X) [0, 1] una misura esterna su X definita da 0 se A = ϕ(a) = 1 se A = X 1/2 altrimenti Allora X è ϕ misurabile se e solo se {, X}. 4 Applicando il metodo di Carathéodory a ϕ si ottiene la misura µ: {, X} [0, 1] definita da { 0 se = µ() = 1 se = X e questa si estende con il Teorema 3.9 alla misura esterna { µ 0 se = () = 1 altrimenti Introduciamo ora alcune ulteriori definizioni che ci torneranno utili nel seguito. 3 In realtà basta qualcosa di meno, ossia che µ sia strettamente localizzabile (cfr. [6] 211 e 213Xa). 4 Se X avesse solo due elementi, che chiamiamo x 1, x 2, si avrebbero anche {x 1 }, {x 2 } ϕ misurabili. 27

28 Proposizione Siano (X, Σ, µ) uno spazio di misura e Y X. Indichiamo con µ la misura esterna che si ottiene applicando a µ il Teorema 3.9, con Σ Y = { Y ; Σ} la traccia di Σ su Y (che risulta essere una σ algebra in P(Y ), cfr. sercizio 3) e µ Y = µ ΣY. Allora (Y, Σ Y, µ Y ) è uno spazio di misura e µ Y è detta subspace measure su Y. Dimostrazione. Sapendo già che Σ Y è una σ algebra, dobbiamo solo mostrare che µ Y è una misura. ssendo µ Y ( ) = µ ( ) = 0, basta mostrare la σ additività. Sia dunque ( i Y ) una successione disgiunta in Σ Y, con ( i ) successione (non necessariamente disgiunta) in Σ. Se fosse Y µ misurabile, la tesi sarebbe immediata, perchè ( i Y ) sarebbe una successione disgiunta di insiemi µ misurabili e potremmo applicare il Corollario 3.8(v) per concludere. Il caso generale non è altrettanto semplice e richiede di ripetere parte della dimostrazione del Teorema 3.7. Osserviamo innanzi tutto che per ogni A Y e per ogni F Σ si ha µ (A) = µ (A Y ) = µ ((A Y ) F ) + µ ((A Y ) \ F ) = µ (A (F Y )) + µ (A \ (F Y )). (6) Notate che questa uguaglianza non ci dice nulla sulla reale µ misurabilità degli insiemi F Y, visto che vale solo per A Y. Tuttavia, posto per ogni k N k k H k = ( j Y ) = Y Y, applicando (6) con F = k, si deduce che per ogni A Y µ (A H k ) = µ ((A H k ) ( k Y )) + µ ((A H k ) \ ( k Y )) j = µ (A ( k Y )) + µ (A H k 1 ). Questo, 5 ragionando per induzione su k 1, ci permette di provare che per ogni k 1 k µ (A H k ) = µ (A ( j Y )). ssendo k j Σ, possiamo applicare (6) usando F = k j per trovare µ (A) = µ (A H k ) + µ (A \ H k ) k µ (A ( j Y )) + µ A \ j N( j Y ), 5 Si noti che nell ultimo passaggio è stato essenziale che la successione fosse disgiunta! 28

29 per A Y e quindi, passando al limite per k, µ (A) µ (A ( j Y )) + µ A \ j N( j Y ). Scegliendo ora A = j N ( j Y ) e sfruttando la σ subadditività, si ottiene µ j N( j Y ) = µ j N( j Y ) ( h Y ) µ ( h Y ) µ j N( j Y ), e quindi la σ additività richiesta. Osservazione Facciamo un po d ordine tra i tipi di restrizioni che abbiamo introdotto in queste prime sezioni. Dato (X, Σ, µ) spazio di misura, abbiamo introdotto: la restrizione di µ ad una sottoalgebra Σ di Σ (Definizione 2.11), che indichiamo con µ Σ ; la restrizione di µ ad un insieme Σ (Definizione 2.17), che indichiamo con µ ; la subspace measure indotta da µ su un sottoinsieme Y X (Proposizione 3.13), che indichiamo con µ Y. Tuttavia ciascuna di queste misure è ben diversa dalle altre, come si può facilmente notare guardando il loro dominio. La misura µ è definita sull intera σ algebra di partenza Σ; la restrizione alla sottoalgebra µ Σ è definita su una σ algebra più piccola che però è ancora una σ algebra in P(X); infine µ Y è definita su Σ Y che è una σ algebra in P(Y ). Anche nel caso in cui Y Σ, la subspace measure rimane qualcosa di diverso dalla restrizione ad una sottoalgebra: infatti in questo caso Σ Y Σ, ma non si tratta di una sottoalgebra visto che ad es. X / Σ Y. Definizione Siano (X, Σ, µ) uno spazio di misura e A X. Diciamo che A è µ thick (o che µ è concentrata su A) se per ogni Σ tale che X \ A si ha µ() = 0 o, equivalentemente, se per ogni Σ si ha µ() = µ ( A), dove µ è la misura esterna che si ottiene applicando a µ il Teorema 3.9. Osservazione Nella Definizione 3.15 non si richiede che A sia un insieme misurabile (ossia che A Σ). sercizio 17. Mostrare che le due definizioni date di insieme µ thick sono davvero equivalenti. 29

30 sercizio 18. Mostrare se µ è una misura totalmente finita, allora A è µ thick se e solo se µ (A) = µ(x). Concludiamo la Sezione con un criterio per capire se i boreliani in uno spazio metrico siano misurabili. Teorema Siano (X, d) uno spazio metrico e ϕp(x) [0, + ] una misura esterna su X. Assumiamo che per ogni, F X tali che inf{d(x, y) ; x, y F } > 0, si abbia ϕ( F ) = ϕ() + ϕ(f ). Allora ogni insieme di B(X) è ϕ misurabile e, quindi, la misura µ ottenuta da ϕ applicando il metodo di Carathéodory è una misura boreliana. sercizio 19. Siano X un insieme, ϕ, ψ misure esterne su X e c 0. Mostrare che (i) ϕ + ψ : P(X) [0, + ] definita da (ϕ + ψ)() = ϕ() + ψ() è una misura esterna su X; (ii) cϕ: P(X) [0, + ] definita da (cϕ)() = cϕ() è una misura esterna su X. sercizio 20. Siano X un insieme e (ϕ n ) una successione di misure esterne su X. Definiamo per ogni A P(X) ϕ(a) = sup ϕ n (A). n N Mostrare che ϕ è una misura esterna su X. sercizio 21. Siano X un insieme e (ϕ n ) una successione di misure esterne su X tale che per ogni n N si abbia ϕ n ϕ n+1. Definiamo per ogni A P(X) ϕ(a) = lim n ϕ n (A). Mostrare che ϕ è una misura esterna su X. sercizio 22. Siano X un insieme, ϕ una misura esterna su X e Y X. Mostrare che (i) ϕ Y = ϕ P(Y ) è una misura esterna su Y ; (ii) se è ϕ misurabile, allora Y è ϕ Y misurabile. sercizio 23. Siano X un insieme, ϕ una misura esterna su X, Y un insieme ed f : X Y una funzione. Mostrare che la funzione ψ : P(Y ) [0, + ] definita da ψ(a) = ϕ ( f 1 (A) ) è una misura esterna su Y. 30

31 sercizio 24. Siano Y un insieme, ϕ una misura esterna su Y, X un insieme ed f : X Y una funzione. Mostrare che la funzione ψ : P(X) [0, + ] definita da ψ(a) = ϕ (f(a)) è una misura esterna su X. sercizio 25. Siano X un insieme e ϕ una misura esterna su X. Supponiamo che X sia ϕ misurabile (il che equivale ad assumere che sia µ misurabile, se µ è la misura su X ottenuta da ϕ con il metodo di Carathéodory). Mostrare che per ogni A X (anche non ϕ misurabile!) si ha ϕ( A) + ϕ( A) = ϕ(a) + ϕ(). sercizio 26. Siano a, b R con a b. Mostrare che ϕ = max{δ a, δ b } è una misura esterna e che {a}, {b} non sono ϕ misurabili. 31

32 4 Misura di Lebesgue Definizione 4.1. Chiamiamo multi intervallo (half-open) ogni insieme di R d della forma { d } [a, b[ =. [a i, b i [ ; a = (a 1,..., a d ) R d, b = (b 1,..., b d ) R d, Poniamo anche i=1 J d. = { R d ; è un multi intervallo }, e definiamo il d volume di un multi intervallo [a, b[ come la mappa l d : J d [0, + ] definita da { d l d ([a, b[) = i=1 (b i a i ) se b i a i i 0 altrimenti Teorema 4.2. Sia θ d : P(R d ) [0, + ] la mappa definita da θ d (A) =. inf l d (I j ) ; (I j ) successione in J d, A j N I j. Allora θ d è una misura esterna su R d e per ogni I J d si ha θ d (I) = l d (I). Per una dimostrazione di questo Teorema si veda ad esempio [5] (115D). Definizione 4.3. La misura esterna θ d nel Teorema 4.2 è detta misura esterna di Lebesgue. Indicheremo con M d la σ algebra degli insiemi θ d misurabili e con L d la misura definita su M d che si ottiene applicando a θ d il metodo di Carathéodory. La misura L d è detta misura di Lebesgue. Infine, chiameremo insiemi Lebesgue misurabili (o misurabili secondo Lebesgue) gli elementi di M d (ossia gli insiemi L d misurabili o, equivalentemente, θ d misurabili). Proposizione 4.4. Valgono i seguenti fatti: per ogni i d e ξ R il semispazio { y R d ; y i < ξ } è L d misurabile; ogni multi intervallo I J d è L d misurabile; ogni aperto di R d è L d misurabile; ogni boreliano di R d è L d misurabile, e quindi L d è una misura boreliana. Per una dimostrazione di questa Proposizione si veda ad esempio [5] (115F, 115G). 32

33 sercizio 27. Mostrare che per ogni a, b R d si ha L d ([a, b[) = L d ([a, b]) = L d (]a, b]) = L d (]a, b[) = l d ([a, b[). In particolare, per ogni x R d si ha L d ({x}) = 0 e quindi L d (Y ) = 0 per ogni insieme numerabile Y R d. sercizio 28. Mostrare che, per ogni A, R d e per ogni x R d e λ R\{0}, [A ( + x)] x = (A x), [A \ ( + x)] x = (A x) \, ( ) ( ) 1 1 [A (λ)] = λ λ A 1 1, [A \ (λ)] = λ λ A \. Proposizione 4.5. Siano A R d, un insieme L d misurabile. Allora: (i) θ d (A + x) = θ d (A) per ogni x R d e θ d (λa) = λ d θ d (A) per ogni λ R \ {0}; (ii) +x è L d misurabile per ogni x R d e λ è L d misurabile per λ R\{0} e si ha L d ( + x) = L d (), L d (λ) = λ d L d (). In particolare, θ d e L d sono invarianti per traslazioni. Dimostrazione. (i) Osserviamo che, dato un multi intervallo [a, b[ e x R d, si ha [a, b[+x = [a + x, b + x[, l d ([a + x, b + x[) = l d ([a, b[). Inoltre, presa una successione di multi intervalli (I j ), si ha A j N I j A + x j N(I j + x). Quindi, per calcolare θ d (A + x) si prende l inf sulle stesse somme che sono usate per calcolare θ d (A) e viceversa, da cui si conclude che θ d (A + x) = θ d (A). In modo simile, dato un multi intervallo [a, b[ e λ R \ {0}, λ[a, b[= [λa, λb[, l d (λ[a, b[) = λ d l d ([a, b[). Inoltre, presa una successione di multi intervalli (I j ), si ha A j N I j λa j N(λI j ). Quindi, per calcolare θ d (λa) si prende l inf sulle stesse somme che sono usate per calcolare θ d (A) e viceversa, da cui si conclude che θ d (λa) = λ d θ d (A). 33

34 (ii) Sia ora un insieme L d misurabile, x R d, λ R \ {0}. qualunque A R d e sfruttando l sercizio 28 e (i) si ha Preso un θ d (A ( + x)) + θ d (A \ ( + x)) = θ d (((A x) ) + x) + θ d (((A x) \ ) + x) = θ d ((A x) ) + θ d ((A x) \ ) = θ d (A x) = θ d (A), che assicura la L d misurabilità di + x. Quindi L d ( + x) = θ d ( + x) = θ d () = L d (). In modo simile, preso un qualunque A R d si ha (( ) )) ( (( ) )) 1 1 θ d (A λ) + θ d (A \ λ) = θ d (λ λ A + θ d λ λ A \ (( ) ) (( ) ) 1 1λ = λ d θ d λ A + λ d θ d A \ = λ d θ d ( 1 λ A ) = λ d λ d θ d(a) = θ d (A), che assicura la L d misurabilità di λ. Quindi L d (λ) = θ d (λ) = λ d θ d () = λ d L d (). Proposizione 4.6. Valgono i seguenti fatti: (i) per ogni A R d si ha θ d (A) = inf { L d (G) ; A G, G aperto } = min { L d (H) ; A H, H boreliano } ; (ii) per ogni R d che sia L d misurabile si ha L d () = sup { L d (K) ; K, K chiuso e limitato } ; (iii) per ogni R d che sia L d misurabile esistono H 1, H 2 insiemi boreliani tali che H 1 H 2 e L d (H 2 \ H 1 ) = L d (H 2 \ ) = L d ( \ H 1 ) = 0. Per una dimostrazione di questa Proposizione si veda ad esempio [5] (134F). Osservazione 4.7. Si noti che dalla proprietà (iii) della Proposizione 4.6, segue che il completamento B(R d ) della σ algebra dei boreliani (nel senso del Teorema 2.27) coincide con la σ algebra M d dei Lebesgue misurabili. Infatti, da (iii) segue che M d B(R d ). Inoltre, preso un qualunque insieme Ξ in B(R d ) e detti H 1, H 2 gli insiemi in B(R d ) tali che H 1 Ξ H 2 e L d (H 2 \ H 1 ) = 0, si ha Ξ = H 1 (Ξ \ H 1 ). A questo punto H 1 M d e, per la completezza di (R d, M d, L d ), da Ξ \ H 1 H 2 \ H 1 segue Ξ \ H 1 M d. Dunque Ξ M d e abbiamo concluso. 34

35 Proposizione 4.8. Siano L d e θ d rispettivamente la misura di Lebesgue e la misura esterna di Lebesgue su R d. Indichiamo con L la misura esterna che si ottiene applicando il Teorema 3.9 a L d. Allora L = θ d. Dimostrazione. Sia A R d e sia un insieme L d misurabile tale che A. Allora, per monotonia di θ d si ha θ d (A) θ d () = L d (), e, passando all inf sugli insiemi L d misurabili che contengono A, si conclude θ d (A) L (A). Per mostrare la disuguaglianza opposta, fissiamo ε > 0 e prendiamo una successione di multi intervalli (I j ) in J d tale che A j N I j e l d (I j ) < θ d (A) + ε. ssendo ciascun multi intervallo L d misurabile, si ha l d (I j ) = L d (I j ) e dunque L (A) L d I j L d (I j ) = l d (I j ) < θ d (A) + ε. j N Per arbitrarietà di ε si conclude che L (A) θ d (A), da cui l uguaglianza. sercizio 29. Siano A [ 1, 1] insieme L 1 misurabile e f A : [ 1, 1] [0, 2] la funzione definita da f A (x) = L 1 (A [ 1, x]). Mostrare che f A è Lipschitziana, crescente e che, se esiste ε > 0 tale che ( ε, ε) A, allora f è derivabile in 0 con f A (0) = 1. sercizio 30. Mostrare che se µ è una qualunque misura boreliana su R d tale che (a) µ([0, 1[) > 0; (b) µ è invariante per traslazioni; allora µ(b) = cl d (B) per ogni B B(R d ), con c = µ([0, 1[). Inoltre se µ è completa, allora µ = cl d su tutto M d. sercizio 31. Sia R SO(d), ossia sia R Mat d d (R) una matrice tale che R 1 = R T. Per ogni R d L d misurabile, sfruttando l sercizio precedente e assumendo che R sia L d misurabile, mostrare che si ha L d (R) = L d (). In particolare, L d è invariante per rotazioni. 35

(2) se A A, allora A c A; (3) se {A n } A, allora +

(2) se A A, allora A c A; (3) se {A n } A, allora + 1. Spazi di misura In questo paragrafo accenneremo alla nozione di spazio di misura. Definizione 1. Sia X un insieme non vuoto. Una famiglia A di sottoinsiemi di X è una σ-algebra se : (1) A; (2) se A

Dettagli

Analisi Reale. Anno Accademico Roberto Monti. Versione del 13 Ottobre 2014

Analisi Reale. Anno Accademico Roberto Monti. Versione del 13 Ottobre 2014 Analisi Reale Anno Accademico 2014-2015 Roberto Monti Versione del 13 Ottobre 2014 1 Contents Chapter 1. Introduzione alla teoria della misura 5 1. Misure esterne e misure su σ-algebre. Criterio di Carathéodory

Dettagli

8. Completamento di uno spazio di misura.

8. Completamento di uno spazio di misura. 8. Completamento di uno spazio di misura. 8.1. Spazi di misura. Spazi di misura completi. Definizione 8.1.1. (Spazio misurabile). Si chiama spazio misurabile ogni coppia ordinata (Ω, A), dove Ω è un insieme

Dettagli

Un Introduzione alla Teoria della Misura

Un Introduzione alla Teoria della Misura Un Introduzione alla Teoria della Misura Premessa v1.2-20110914 Ho scritto queste note durante la preparazione delle lezioni aggiuntive di Teoria della Misura per gli studenti della Laurea Magistrale alla

Dettagli

Indice. 1 Nozioni di base 2. 2 I tre principi di Littlewood 5. 3 Il ``quarto'' principio di Littlewood 7

Indice. 1 Nozioni di base 2. 2 I tre principi di Littlewood 5. 3 Il ``quarto'' principio di Littlewood 7 Indice 1 Nozioni di base 2 2 I tre principi di Littlewood 5 3 Il ``quarto'' principio di Littlewood 7 4 I principi di Littlewood in spazi di misura generici 10 1 Capitolo 1 Nozioni di base Denizione 1.

Dettagli

11. Misure con segno.

11. Misure con segno. 11. Misure con segno. 11.1. Misure con segno. Sia Ω un insieme non vuoto e sia A una σ-algebra in Ω. Definizione 11.1.1. (Misura con segno). Si chiama misura con segno su A ogni funzione ϕ : A R verificante

Dettagli

Misure e loro proprietà (appunti per il corso di Complementi di Analisi Matematica per Fisici, a.a )

Misure e loro proprietà (appunti per il corso di Complementi di Analisi Matematica per Fisici, a.a ) Misure e loro proprietà (appunti per il corso di Complementi di Analisi Matematica per Fisici, a.a. 2006-07 Sia Ω un insieme non vuoto e sia A una σ-algebra in Ω. Definizione 1. (Misura. Si chiama misura

Dettagli

Dimostrazione. Indichiamo con α e β (finiti o infiniti) gli estremi dell intervallo I. Poniamo

Dimostrazione. Indichiamo con α e β (finiti o infiniti) gli estremi dell intervallo I. Poniamo C.6 Funzioni continue Pag. 114 Dimostrazione del Corollario 4.25 Corollario 4.25 Sia f continua in un intervallo I. Supponiamo che f ammetta, per x tendente a ciascuno degli estremi dell intervallo, iti

Dettagli

Topologia, continuità, limiti in R n

Topologia, continuità, limiti in R n Topologia, continuità, limiti in R n Ultimo aggiornamento: 18 febbraio 2017 1. Preliminari Prima di iniziare lo studio delle funzioni di più variabili, in generale funzioni di k variabili e a valori in

Dettagli

20. Prodotto di spazi di misura. I teoremi di Tonelli e di Fubini.

20. Prodotto di spazi di misura. I teoremi di Tonelli e di Fubini. 20. Prodotto di spazi di misura. I teoremi di Tonelli e di Fubini. 20.1. Prodotto di σ-algebre. Definizione 20.1.1. (σ-algebra prodotto. Dati n spazi misurabili (Ω 1, A 1,..., (Ω n, A n, si chiama σ-algebra

Dettagli

SPAZI COMPATTI. Proposizione 2 Sia (X, d) uno spazio metrico. Se esso è sequenzialmente compatto allora è completo.

SPAZI COMPATTI. Proposizione 2 Sia (X, d) uno spazio metrico. Se esso è sequenzialmente compatto allora è completo. SPAZI COMPATTI D ora in poi tutti gli spazi topologici sono di Hausdorff. Definizione 1 Uno spazio topologico (X, τ) si dice sequenzialmente compatto, o compatto per successioni, se ogni successione di

Dettagli

Il teorema di Ascoli-Arzelà

Il teorema di Ascoli-Arzelà Il teorema di Ascoli-Arzelà Alcuni risultati sugli spazi metrici Spazi metrici (e topologici) compatti Richiamiamo le definizioni di compattezza negli spazi metrici. Sia (X, d) una spazio metrico e sia

Dettagli

Massimo limite e minimo limite di una funzione

Massimo limite e minimo limite di una funzione Massimo limite e minimo limite di una funzione Sia f : A R una funzione, e sia p DA). Per ogni r > 0, l insieme ) E f p r) = { fx) x A I r p) \ {p} } è non vuoto; inoltre E f p r ) E f p r ) se 0 < r r.

Dettagli

Esercizio 2.2 Dimostrare che le seguenti famiglie di parti di R generano la stessa σ-algebra

Esercizio 2.2 Dimostrare che le seguenti famiglie di parti di R generano la stessa σ-algebra ANALISI III (Corso di Laurea in Matematica, Facoltà di Scienze mm.ff.nn., Università degli Studi di Padova, a.a. 1994/95), FASCICOLO 2: esercizi e complementi di teoria della misura e dell integrazione

Dettagli

Alcuni complementi sulla misura di Lebesgue in R N

Alcuni complementi sulla misura di Lebesgue in R N Alcuni complementi sulla misura di Lebesgue in R N Notazioni m Misura di Lebesgue in R N m e Misura esterna di Lebesgue in R N ; m e (E) = inf m(v ) V aperti V E m i Misura interna di Lebesgue in R N ;

Dettagli

COMPATTEZZA. i) X è compatto, cioè ogni ricoprimento aperto ammette un sottoricoprimento finito.

COMPATTEZZA. i) X è compatto, cioè ogni ricoprimento aperto ammette un sottoricoprimento finito. 1 COMPATTEZZA Sia X un sottoinsieme di R. Una famiglia A di sottoinsiemi aperti di R si dice ricoprimento aperto di X se X A, cioè se X è contenuto nell unione degli elementi di A. Una sottofamiglia di

Dettagli

Generalizzazioni del Teorema di Weierstrass

Generalizzazioni del Teorema di Weierstrass Capitolo 2 Generalizzazioni del Teorema di Weierstrass Il principale riferimento bibliografico per questa lezione è il testo di Checcucci, Tognoli, Vesentini [1]. Introduzione Supponiamo che X = R n. È

Dettagli

Alcuni complementi di teoria dell integrazione.

Alcuni complementi di teoria dell integrazione. Alcuni complementi di teoria dell integrazione. In ciò che segue si suppone di avere uno spazio di misura (,, µ) 1 Sia f una funzione misurabile su un insieme di misura positiva tale che f 0. Se fdµ =

Dettagli

Si noti che questa definizione dice esattamente che

Si noti che questa definizione dice esattamente che DISUGUAGLIANZA INTEGRALE DI JENSEN IN DIMENSIONE FINITA LIBOR VESELY integrazione. Prima disuguaglianza integrale di Jensen.. Motivazione. Siano un insieme convesso in uno spazio vettoriale, f : (, + ]

Dettagli

3. Successioni di insiemi.

3. Successioni di insiemi. 3. Successioni di insiemi. Per evitare incongruenze supponiamo, in questo capitolo, che tutti gli insiemi considerati siano sottoinsiemi di un dato insieme S (l insieme ambiente ). Quando occorrerà considerare

Dettagli

Istituzioni di Analisi Superiore

Istituzioni di Analisi Superiore Istituzioni di Analisi Superiore 20 aprile 2001 2 Indice 1 Teoria della misura 7 1.1 Famiglie di insiemi.......................... 7 1.2 Misura degli insiemi piani...................... 13 1.3 Misura di

Dettagli

ULTRAFILTRI E METODI NONSTANDARD IN TEORIA COMBINATORIA DEI NUMERI

ULTRAFILTRI E METODI NONSTANDARD IN TEORIA COMBINATORIA DEI NUMERI ULTRAFILTRI E METODI NONSTANDARD IN TEORIA COMBINATORIA DEI NUMERI MAURO DI NASSO 1. Filtri e ultrafiltri Iniziamo introducendo le fondamentali nozioni di filtro e ultrafiltro. Definizione 1.1. Un filtro

Dettagli

19. L integrale di Lebesgue: un breve riassunto, I

19. L integrale di Lebesgue: un breve riassunto, I 156 19. L integrale di Lebesgue: un breve riassunto, I Il problema di caratterizzare la classe delle funzioni integrabili secondo Riemann e di capire per quali funzioni vale il teorema fondamentale del

Dettagli

12. Funzioni numeriche misurabili.

12. Funzioni numeriche misurabili. 12. Funzioni numeriche misurabili. 12.1. Funzioni numeriche misurabili. D ora in avanti, nel corso di questi appunti, adotteremo la seguente terminologia: per far riferimento ad una funzione f : Ω R, per

Dettagli

3 La curva di Peano. insieme di misura nulla in R m. Definiamo, ora,

3 La curva di Peano. insieme di misura nulla in R m. Definiamo, ora, Versione del 5/0/04 3 La curva di Peano Proposizione (a) Sia f : A R n R m con n < m. Se f è una funzione lipschitziana, allora f(a) è un insieme di misura nulla in R m. (b) Esiste una funzione ϕ C ( [0,

Dettagli

NOTE SULLE FUNZIONI CONVESSE DI UNA VARIABILE REALE

NOTE SULLE FUNZIONI CONVESSE DI UNA VARIABILE REALE NOTE SULLE FUNZIONI CONVESSE DI UNA VARIABILE REALE ROBERTO GIAMBÒ 1. DEFINIZIONI E PRIME PROPRIETÀ In queste note saranno presentate alcune proprietà principali delle funzioni convesse di una variabile

Dettagli

Studio qualitativo. Emanuele Paolini 2 luglio 2002

Studio qualitativo. Emanuele Paolini 2 luglio 2002 Studio qualitativo Emanuele Paolini 2 luglio 2002 Non sempre è possibile determinare esplicitamente le soluzione di una equazione differenziale. Ci proponiamo quindi di trovare dei metodi per determinare

Dettagli

5.3 Alcune classi di funzioni integrabili

5.3 Alcune classi di funzioni integrabili 3. Si verifichi che per ogni f, g : [a, b] R si ha f g = g + (f g) 0, f g = f + g f g; dedurne che se f, g R(a, b) allora f g, f g R(a, b). [Traccia: si osservi che basta verificare che f 0 R(a, b), e

Dettagli

Si dimostri che la (*) possiede un unica soluzione (u n ) limitata.

Si dimostri che la (*) possiede un unica soluzione (u n ) limitata. Scuola Normale Superiore, ammissione al IV anno del corso ordinario Prova scritta di Analisi Matematica per Fisica, Informatica, Matematica 26 Agosto 2 Esercizio. Siano (a n ) e (b n ) successioni di numeri

Dettagli

ELEMENTI DI TEORIA DELLA MISURA E DELL INTEGRAZIONE SECONDO LEBESGUE, versione italiana. PARTE 1: TEORIA DELLA MISURA

ELEMENTI DI TEORIA DELLA MISURA E DELL INTEGRAZIONE SECONDO LEBESGUE, versione italiana. PARTE 1: TEORIA DELLA MISURA ELEMENTI DI TEORIA DELLA MISURA E DELL INTEGRAZIONE SECONDO LEBESGUE, versione italiana. PARTE 1: TEORIA DELLA MISURA A. Brini October 12, 2009 Contents 1 Misura esterna e misura in R n 1 1.1 Ricoprimenti

Dettagli

SPAZI TOPOLOGICI COMPATTI Note informali dalle lezioni

SPAZI TOPOLOGICI COMPATTI Note informali dalle lezioni SPAZI TOPOLOGICI COMPATTI Note informali dalle lezioni Sia X un insieme. Un ricoprimento di X è una famiglia U = {U j } j J di sottoinsiemi di X tali che X = j J U j. Un ricoprimento U = {U j } j J si

Dettagli

APPUNTI DI TEORIA DEGLI INSIEMI. L assioma della scelta e il lemma di Zorn Sia {A i } i I

APPUNTI DI TEORIA DEGLI INSIEMI. L assioma della scelta e il lemma di Zorn Sia {A i } i I APPUNTI DI TEORIA DEGLI INSIEMI MAURIZIO CORNALBA L assioma della scelta e il lemma di Zorn Sia {A i } i I un insieme di insiemi. Il prodotto i I A i è l insieme di tutte le applicazioni α : I i I A i

Dettagli

SPAZI TOPOLOGICI. La nozione di spazio topologico è più generale di quella di spazio metrizzabile.

SPAZI TOPOLOGICI. La nozione di spazio topologico è più generale di quella di spazio metrizzabile. SPAZI TOPOLOGICI La nozione di spazio topologico è più generale di quella di spazio metrizzabile. Definizione 1 Uno spazio topologico (X, τ) è una coppia costituita da un insieme X e da una famiglia τ

Dettagli

4 Sottoinsiemi chiusi di uno spazio metrico

4 Sottoinsiemi chiusi di uno spazio metrico Geometria I 2009-mar-18 15 4 Sottoinsiemi chiusi di uno spazio metrico (4.1) Definizione. Sia A X un sottoinsieme di uno spazio metrico X. Un punto x X si dice di accumulazione (anche: punto limite) per

Dettagli

6. Boreliani di uno spazio topologico.

6. Boreliani di uno spazio topologico. 6. Boreliani di uno spazio topologico. 6.1. La σ-algebra degli insiemi di Borel di uno spazio topologico. Definizione 6.1.1. (σ-algebra di Borel di uno spazio topologico). Sia S uno spazio topologico.

Dettagli

Corso di Laurea in Matematica Geometria 2. Esercizi di preparazione allo scritto a.a Topologia

Corso di Laurea in Matematica Geometria 2. Esercizi di preparazione allo scritto a.a Topologia Corso di Laurea in Matematica Geometria 2 Esercizi di preparazione allo scritto a.a. 2015-16 Esercizio 1. Dimostrare che Topologia 1. d(x, y) = max 1 i n x i y i definisce una distanza su R n. 2. d(x,

Dettagli

SOLUZIONI DELLA PRIMA PROVA IN ITINERE DEL CORSO GE220

SOLUZIONI DELLA PRIMA PROVA IN ITINERE DEL CORSO GE220 SOLUZIONI DELLA PRIMA PROVA IN ITINERE DEL CORSO GE220 ESERCIZIO 1 (6 punti) Sia X uno spazio topologico. Dimostrare che: (i) (3 punti) X è uno spazio T 1 se e solo se per ogni x X l intersezione di tutti

Dettagli

Elementi di Teoria degli Insiemi

Elementi di Teoria degli Insiemi Elementi di Teoria degli Insiemi 2016/17 Esercizi di Giacomo Bertolucci (matr. 519430) Lezioni 7-10 Lezione 7 Esercizio 1. Dimostrare che, se A R con A ℵ 0, allora R A è denso in R. Se così non fosse,

Dettagli

Esercizi per il corso di Analisi 6.

Esercizi per il corso di Analisi 6. Esercizi per il corso di Analisi 6. 1. Si verifichi che uno spazio normato (X, ) è uno spazio vettoriale topologico con la topologia indotta dalla norma. Si verifichi poi che la norma è una funzione continua

Dettagli

Note di Teoria della Probabilità.

Note di Teoria della Probabilità. Note di Teoria della Probabilità. In queste brevi note, si richiameranno alcuni risultati di Teoria della Probabilità, riguardanti le conseguenze elementari delle definizioni di probabilità e σ-algebra.

Dettagli

non solo otteniamo il valore cercato per la validità della (1.4), ma anche che tale valore non dipende da

non solo otteniamo il valore cercato per la validità della (1.4), ma anche che tale valore non dipende da NOTE INTEGRATIVE PER IL CORSO DI ANALISI MATEMATICA 2 ANNO ACCADEMICO 2012/13 NOTE SULLA CONTINUITÀ UNIFORME D.BARTOLUCCI, D.GUIDO Sia f(x) = x 3, x [ 1, 1]. Si ha 1. La continuità uniforme x 3 y 3 = x

Dettagli

Esercizi del Corso di Istituzioni di Analisi Superiore, I modulo

Esercizi del Corso di Istituzioni di Analisi Superiore, I modulo sercizi del Corso di Istituzioni di Analisi Superiore, I modulo 1. sercizi su massimo e minimo limite 1. lim inf a n lim sup a n 2. Se a n b n per ogni n N, allora lim inf a n lim inf b n. Vale anche lim

Dettagli

Limiti e continuità. Hynek Kovarik. Analisi A. Università di Brescia. Hynek Kovarik (Università di Brescia) Limiti e continuità Analisi A 1 / 68

Limiti e continuità. Hynek Kovarik. Analisi A. Università di Brescia. Hynek Kovarik (Università di Brescia) Limiti e continuità Analisi A 1 / 68 Limiti e continuità Hynek Kovarik Università di Brescia Analisi A Hynek Kovarik (Università di Brescia) Limiti e continuità Analisi A 1 / 68 Cenni di topologia La nozione di intorno Sia x 0 R e r > 0.

Dettagli

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO. Appunti del Corso di Dottorato Introduzione alla Teoria della Misura. Luca Esposito

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO. Appunti del Corso di Dottorato Introduzione alla Teoria della Misura. Luca Esposito UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO Appunti del Corso di Dottorato Introduzione alla Teoria della Misura Luca Esposito Indice 1. Misure esterne 4. σ algebre, e misure positive 6 3. Misure negli spazi metrici.

Dettagli

Analisi a più variabili: Integrale di Lebesgue

Analisi a più variabili: Integrale di Lebesgue Analisi a più variabili: Integrale di Lebesgue 1 Ripasso delle definizioni di Algebre, σ-algebre, misure additive, misure σ-additive, Proprietà della misura astratta, misura esterna. Definizione (Insieme

Dettagli

4 Sottoinsiemi chiusi di uno spazio metrico

4 Sottoinsiemi chiusi di uno spazio metrico Geometria e Topologia I 16 marzo 2005 12 4 Sottoinsiemi chiusi di uno spazio metrico (4.1) Definizione. Sia A X un sottoinsieme di uno spazio metrico X. Un punto x X si dice di accumulazione (anche: punto

Dettagli

ALGEBRE DI BOOLE. (d) x, y X x y oppure y x.

ALGEBRE DI BOOLE. (d) x, y X x y oppure y x. ALGEBRE DI BOOLE Un insieme parzialmente ordinato è una coppia ordinata (X, ) dove X è un insieme non vuoto e " " è una relazione binaria definita su X tale che (a) x X x x (riflessività) (b) x, y, X se

Dettagli

Complementi di Analisi Matematica Ia. Carlo Bardaro

Complementi di Analisi Matematica Ia. Carlo Bardaro Complementi di Analisi Matematica Ia Carlo Bardaro Capitolo 1 Elementi di topologia della retta reale 1.1 Intorni, punti di accumulazione e insiemi chiusi Sia x 0 IR un fissato punto di IR. Chiameremo

Dettagli

ANALISI MATEMATICA 4. Prova scritta del 24 gennaio 2013

ANALISI MATEMATICA 4. Prova scritta del 24 gennaio 2013 Prova scritta del 24 gennaio 2013 Esercizio 1. Sia Ω R 3 un insieme misurabile secondo Lebesgue e di misura finita. Sia {f n } n N una successione di funzioni f n : Ω R misurabili e tali che 1) f n (x)

Dettagli

Teoria di Lebesgue. P n E = n=1

Teoria di Lebesgue. P n E = n=1 Teoria di Lebesgue 1. La misura di Peano-Jordan La misura di Peano Jordan di un insieme é quasi sempre proposta per sottoinsiemi limitati E R 2 : si tratta di quanto suggerito dalla carta quadrettata,

Dettagli

Teoria della misura. Tiziano Vargiolu Dipartimento di Matematica Pura ed Applicata via Belzoni, Padova

Teoria della misura. Tiziano Vargiolu Dipartimento di Matematica Pura ed Applicata via Belzoni, Padova Teoria della misura Tiziano Vargiolu Dipartimento di Matematica Pura ed Applicata via Belzoni, 7-35131 Padova email: vargiolu@galileo.math.unipd.it 8 ottobre 23 Indice Introduzione iii 1 Teoria della misura

Dettagli

Corso di Laurea in Matematica Geometria 2. Foglio di esercizi n. 2 a.a Soluzioni

Corso di Laurea in Matematica Geometria 2. Foglio di esercizi n. 2 a.a Soluzioni Corso di Laurea in Matematica Geometria 2 Foglio di esercizi n. 2 a.a. 2015-16 Soluzioni Gli esercizi sono presi dal libro di Manetti. Per svolgere questi esercizi, studiare con cura i paragrafi 3.5, 3.6,

Dettagli

Ψ(U i ). Dalla proposizione 0.3 segue che per ogni i R h esiste c i ( δ, δ) n k tale che ϕ 2 Ψ(U i ) c i, quindi ϕ 2 (L h ) = i R h

Ψ(U i ). Dalla proposizione 0.3 segue che per ogni i R h esiste c i ( δ, δ) n k tale che ϕ 2 Ψ(U i ) c i, quindi ϕ 2 (L h ) = i R h Foliazioni Definition 0.1 Siano date una varieta M, C, una distribuzione involutiva di dimensione k ed una immersione iniettiva Ψ : N M con N varieta connessa di dimensione k. Diremo che N e una sottovarieta

Dettagli

Se con e indichiamo l elemento neutro di in G, e deve appartenere ad H.

Se con e indichiamo l elemento neutro di in G, e deve appartenere ad H. Abbiamo visto a lezione che una sottoalgebra B di un algebra A è identificabile con l immagine di un omomorfismo iniettivo a valori in A. Una sottoalgebra B di A è in particolare un sottoinsieme non vuoto

Dettagli

14. Confronto tra l integrale di Lebesgue e l integrale di Riemann.

14. Confronto tra l integrale di Lebesgue e l integrale di Riemann. 4. Confronto tra l integrale di Lebesgue e l integrale di Riemann. Lo scopo di questo capitolo è quello di mettere a confronto i vari tipi di integrale (di Riemann, generalizzato e improprio) di funzioni

Dettagli

Terza lezione - 15/03/2018

Terza lezione - 15/03/2018 Università degli Studi di Trento CORSO DI ANALISI MATEMATICA II DIPARTIMENTO DI FISICA ANNO ACCADEMICO 2017/2018 ALBERTO MAIONE Terza lezione - 15/03/2018 1. Richiami teorici 1.1. Spazi Topologici. Definizione

Dettagli

p(ϕ) = a 0 Id + a 1 ϕ + + a n ϕ n,

p(ϕ) = a 0 Id + a 1 ϕ + + a n ϕ n, 1. Autospazi e autospazi generalizzati Sia ϕ: V V un endomorfismo. Allora l assegnazione x ϕ induce un morfismo di anelli ρ: K[x] End K (V ). Più esplicitamente, al polinomio p dato da viene associato

Dettagli

La misura di Lebesgue

La misura di Lebesgue La misura di Lebesgue Gianluca Gorni Università di Udine 12 gennaio 2013 Costruiremo la misura di Lebesgue in R N usando in modo essenziale le coordinate canoniche. Lo studio di come cambia la misura al

Dettagli

ELEMENTI DI LOGICA MATEMATICA LEZIONE VII

ELEMENTI DI LOGICA MATEMATICA LEZIONE VII ELEMENTI DI LOGICA MATEMATICA LEZIONE VII MAURO DI NASSO In questa lezione introdurremo i numeri naturali, che sono forse gli oggetti matematici più importanti della matematica. Poiché stiamo lavorando

Dettagli

IL TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS

IL TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS IL TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS In questa nota dimostriamo il teorema di Bolzano-Weierstrass che garantisce l esistenza, per una opportuna classe di sottoinsiemi di R, di punti di accumulazione. Per

Dettagli

NOTE DI ALGEBRA LINEARE v = a 1 v a n v n, w = b 1 v b n v n

NOTE DI ALGEBRA LINEARE v = a 1 v a n v n, w = b 1 v b n v n NOTE DI ALGEBRA LINEARE 2- MM 9 NOVEMBRE 2 Combinazioni lineari e generatori Sia K un campo e V uno spazio vettoriale su K Siano v,, v n vettori in V Definizione Un vettore v V si dice combinazione lineare

Dettagli

Università degli Studi di Roma Tre Corso di Laurea in Matematica a.a. 2014/2015 GE220 Topologia Esonero 30 marzo 2015.

Università degli Studi di Roma Tre Corso di Laurea in Matematica a.a. 2014/2015 GE220 Topologia Esonero 30 marzo 2015. Università degli Studi di Roma Tre Corso di Laurea in Matematica a.a. 2014/2015 GE220 Topologia Esonero 30 marzo 2015 Nome e Cognome: Esercizio 1 6 punti Esercizio 2 4 punti Esercizio 3 6 punti Esercizio

Dettagli

1 PRELIMINARI 1.1 NOTAZIONI. denota l insieme vuoto. a A si legge a appartiene a A oppure a è elemento di A.

1 PRELIMINARI 1.1 NOTAZIONI. denota l insieme vuoto. a A si legge a appartiene a A oppure a è elemento di A. 1 PRELIMINARI 1.1 NOTAZIONI denota l insieme vuoto. a A si legge a appartiene a A oppure a è elemento di A. B A si legge B è un sottoinsieme di A e significa che ogni elemento di B è anche elemento di

Dettagli

Dispense sulla distanza di Hausdorff

Dispense sulla distanza di Hausdorff Dispense sulla distanza di Hausdorff Fabio Ferri Giada Franz Federico Glaudo 23 aprile 2014 Sommario In questo documento studieremo le proprietà della distanza di Hausdorff, la naturale distanza indotta

Dettagli

CP410: Esonero 1, 31 ottobre 2013

CP410: Esonero 1, 31 ottobre 2013 Dipartimento di Matematica, Roma Tre Pietro Caputo 2013-14, I semestre 31 ottobre, 2013 CP410: Esonero 1, 31 ottobre 2013 Cognome Nome Matricola Firma 1. Fare un esempio di successione di variabili aleatorie

Dettagli

Pag. 151 Dimostrazioni dei criteri per lo studio della convergenza di serie numeriche

Pag. 151 Dimostrazioni dei criteri per lo studio della convergenza di serie numeriche C.7 Serie Pag. 151 Dimostrazioni dei criteri per lo studio della convergenza di serie numeriche Teorema 5.29 (Criterio del confronto) Siano e due serie numeriche a termini positivi e si abbia 0, per ogni

Dettagli

Corso di Laurea in Matematica Geometria 2. Foglio di esercizi n. 1 a.a Soluzioni

Corso di Laurea in Matematica Geometria 2. Foglio di esercizi n. 1 a.a Soluzioni Corso di Laurea in Matematica Geometria 2 Foglio di esercizi n. 1 a.a. 2015-16 Soluzioni Gli esercizi sono presi dal libro di Manetti. Per svolgere questi esercizi, studiare con cura i paragrafi 3.1, 3.2,

Dettagli

Esercitazione di Analisi Matematica I Esercizi e soluzioni 19/04/2013 TOPOLOGIA

Esercitazione di Analisi Matematica I Esercizi e soluzioni 19/04/2013 TOPOLOGIA Esercitazione di Analisi Matematica I Esercizi e soluzioni 9/04/203 TOPOLOGIA Mostrare che uno spazio infinito con la metrica discreta non può essere compatto Soluzione: Per la metrica discreta d : X X

Dettagli

4. La misura di Lebesgue.

4. La misura di Lebesgue. 4. La misura di Lebesgue. Nel Capitolo 2, dedicato all esposizione della teoria della misura secondo Peano- Jordan, abbiamo anche evidenziato (Esempio 2.3.1 e Osservazione 2.3.1) alcuni limiti della teoria

Dettagli

Il teorema di Vitali-Lebesgue

Il teorema di Vitali-Lebesgue Il teorema di Vitali-Lebesgue Gianluca Gorni Università di Udine gennaio 0 Nel 90 Giuseppe Vitali e Henri Lebesgue, indipendentemente uno dall altro, trovarono che si possono caratterizzare in modo elegante

Dettagli

17. Il teorema di Radon-Nikodym.

17. Il teorema di Radon-Nikodym. 17. Il teorema di Radon-Nikodym. Nel Capitolo 13 (n. 13.10) abbiamo introdotto il concetto di misura con segno dotata di densità rispetto ad una data misura µ. In questo capitolo ci occupiamo della ricerca

Dettagli

f(x) := lim f n (x) Se introduciamo la norma uniforme di una funzione f (sull insieme A) mediante := sup f(x)

f(x) := lim f n (x) Se introduciamo la norma uniforme di una funzione f (sull insieme A) mediante := sup f(x) Capitolo 2 Successioni e serie di funzioni 2. Convergenza puntuale e orme Supponiamo che sia un sottoinsieme di R N e supponiamo che per ogni intero n sia data una funzione f n : R M. Diremo in questo

Dettagli

Analisi II, a.a Soluzioni 1. j j + 1 ; ( 1)j

Analisi II, a.a Soluzioni 1. j j + 1 ; ( 1)j Analisi II, a.a. 7-8 Soluzioni Calcolare le seguenti distanze e norme: (i d (x, y dove x = {x j } e y = {y j } sono le successioni di l definite da x j = ( j, y j = j/(j + ; (ii d (f, g dove f, g sono

Dettagli

ANALISI MATEMATICA A SECONDO MODULO SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI DELLA SETTIMANA 15. x 2 i

ANALISI MATEMATICA A SECONDO MODULO SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI DELLA SETTIMANA 15. x 2 i ANALISI MATEMATICA A SECONDO MODULO SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI DELLA SETTIMANA 15 (1) (Es 9 pag 117) Se per ogni x R n ( x := x 2 i ) 1/2 verificate che per ogni x, y R n vale la seguente legge del parallelogramma:

Dettagli

Massimo e minimo limite di successioni

Massimo e minimo limite di successioni Massimo e minimo limite di successioni 1 Premesse Definizione 1.1. Definiamo R esteso l insieme R = R { } {+ }. In R si estende l ordinamento tra numeri reali ponendo < a < +, a R. In base a tale definizione,

Dettagli

Elementi di teoria della misura (incompleto)

Elementi di teoria della misura (incompleto) lementi di teoria della misura (incompleto) Marco Sandri Viale Rimembranza 2 37015 Sant Ambrogio di Valpolicella (Verona) - Italy info@msandri.it http://www.msandri.it/ 26 Maggio 1993 2 Capitolo 1 lementi

Dettagli

Notazione: nel seguito, dato un insieme A, P(A) indicherà l insieme delle parti di A.

Notazione: nel seguito, dato un insieme A, P(A) indicherà l insieme delle parti di A. Notazione: nel seguito, dato un insieme A, P(A) indicherà l insieme delle parti di A. 1. Spazio di probabilità prodotto di una famiglia finita di spazi di probabilità Iniziamo la nostra discussione con

Dettagli

La definizione di Ultrafiltro e la regolarità per partizioni

La definizione di Ultrafiltro e la regolarità per partizioni La definizione di Ultrafiltro e la regolarità per partizioni Lorenzo Lami Definizione 1 (Filtro). Dato un insieme X, si dice filtro su X una collezione F di sottoinsiemi di X tali che: X F; / F; A F, B

Dettagli

ANALISI MATEMATICA 4. Prova scritta del 24 gennaio 2013

ANALISI MATEMATICA 4. Prova scritta del 24 gennaio 2013 Prova scritta del 24 gennaio 2013 Esercizio 1. Sia Ω R 3 un insieme misurabile secondo Lebesgue e di misura finita. Sia {f n } n N una successione di funzioni f n : Ω R misurabili e tali che 1) f n (x)

Dettagli

Spazi vettoriali topologici, spazi localmente convessi ed il teorema di Hahn-Banach: informazioni base (L.V.)

Spazi vettoriali topologici, spazi localmente convessi ed il teorema di Hahn-Banach: informazioni base (L.V.) Spazi vettoriali topologici, spazi localmente convessi ed il teorema di Hahn-Banach: informazioni base (L.V.) Questo breve testo senza dimostrazioni fornisce soltanto una prima informazione ( infarinatura

Dettagli

Il Teorema di Kakutani

Il Teorema di Kakutani Il Teorema di Kakutani Abbiamo visto, precedentemente, il seguente risultato: 1 Sia X uno spazio di Banach. Se X è separabile, la palla è debolmente compatta. B X = {x X x 1} Il Teorema di Kakutani è un

Dettagli

CORSO DI ANALISI MATEMATICA 2 SOLUZIONI ESERCIZI PROPOSTI 18/03/2013

CORSO DI ANALISI MATEMATICA 2 SOLUZIONI ESERCIZI PROPOSTI 18/03/2013 CORSO DI ANALISI MATEMATICA SOLUZIONI ESERCIZI PROPOSTI 8/03/03 D.BARTOLUCCI, D.GUIDO. La continuità uniforme I ESERCIZIO: Dimostrare che la funzione f(x) = x 3, x A = (, ] non è uniformemente continua

Dettagli

20. L integrale di Lebesgue: un breve riassunto, II

20. L integrale di Lebesgue: un breve riassunto, II 64 20. L integrale di Lebesgue: un breve riassunto, II 20.a Il teorema di Fubini e le formule di riduzione Per integrare funzioni di due variabili, l idea intuitiva è integrare prima in una variabile e

Dettagli

Corso di Laurea in Matematica Geometria 2. Foglio di esercizi n. 4 a.a Soluzioni

Corso di Laurea in Matematica Geometria 2. Foglio di esercizi n. 4 a.a Soluzioni Corso di Laurea in Matematica Geometria 2 Foglio di esercizi n. 4 a.a. 2015-16 Soluzioni Gli esercizi sono presi dal libro di Manetti. Per svolgere questi esercizi, studiare con cura i paragrafi 5.2, 5.3

Dettagli

Problemi di topologia metrica.

Problemi di topologia metrica. Problemi di topologia metrica. 1.) Sia X un insieme, munito di una distanza d : X X R +. Siano x 1 ;x ;x 3 ;x 4 quattro punti qualsiasi di X. Verificare che: d (x 1 ; x 4 ) d (x 1 ; x ) + d (x ; x 3 )

Dettagli

Compendio di teoria della misura (con un occhio alla probabilità) D.Bertacchi, M.U.Dini

Compendio di teoria della misura (con un occhio alla probabilità) D.Bertacchi, M.U.Dini Compendio di teoria della misura (con un occhio alla probabilità) D.Bertacchi, M.U.Dini 11 settembre 2006 2 Indice 0 Prefazione 5 0.1 Notazione.................................... 5 1 Spazi di misura 7

Dettagli

Integrale di Lebesgue

Integrale di Lebesgue Integrale di Lebesgue Retta reale ampliata R = R {, + } ottenuta aggiungendo all insieme R dei numeri reali (retta reale) i simboli e +. ordinamento completo su R ottenuto, per prolungamento dell usuale

Dettagli

Cenni di Topologia Generale

Cenni di Topologia Generale Alfonso Villani Cenni di Topologia Generale per il corso di Complementi di Analisi Matematica per gli studenti di Fisica (a.a. 2006-07) Università degli studi di Catania Dipartimento di Matematica e Informatica

Dettagli

Sviluppi e derivate delle funzioni elementari

Sviluppi e derivate delle funzioni elementari Sviluppi e derivate delle funzioni elementari In queste pagine dimostriamo gli sviluppi del prim ordine e le formule di derivazioni delle principali funzioni elementari. Utilizzeremo le uguaglianze lim

Dettagli

3.3 - Il principio del buon ordine. Sia A un insieme, e sia una relazione di ordine in A. Si dice che è un buon

3.3 - Il principio del buon ordine. Sia A un insieme, e sia una relazione di ordine in A. Si dice che è un buon Marco Barlotti appunti di Teoria degli insiemi supplemento numero 1 Pag. 1 3.3 - Il principio del buon ordine. Sia A un insieme, e sia una relazione di ordine in A. Si dice che è un buon ordine per A,

Dettagli

CLASSE LIMITE DI UNA SUCCESSIONE DI NUMERI REALI C. MADERNA, G. MOLTENI, M. VIGNATI

CLASSE LIMITE DI UNA SUCCESSIONE DI NUMERI REALI C. MADERNA, G. MOLTENI, M. VIGNATI CLASSE LIMITE DI UNA SUCCESSIONE DI NUMERI REALI C. MADERNA, G. MOLTENI, M. VIGNATI Consideriamo l insieme R = R {, + } ottenuto aggiungendo all insieme dei numeri reali i simboli e +. Introduciamo in

Dettagli

DAI NUMERI NATURALI AI NUMERI RAZIONALI

DAI NUMERI NATURALI AI NUMERI RAZIONALI DAI NUMERI NATURALI AI NUMERI RAZIONALI 1. L insieme dei numeri naturali Nel sistema assiomatico ZF, l Assioma dell infinito stabilisce che: Esiste un insieme A, i cui elementi sono insiemi e tale che

Dettagli

Esistenza ed unicità per equazioni differenziali

Esistenza ed unicità per equazioni differenziali Esistenza ed unicità per equazioni differenziali Per concludere queste lezioni sulle equazioni differenziali vogliamo dimostrare il teorema esistenza ed unicità per il problema di Cauchy. Faremo la dimostrazione

Dettagli

Il teorema di Lusin (versione )

Il teorema di Lusin (versione ) G.Gorni 7/8 Il teorema di Lusin versione 8-6-). Distanza da un insieme Deinizione. Dato uno spazio metrico X, d), un sottinsieme non vuoto A X e un punto x X deiniamo distanza ra x e A il numero distx,

Dettagli

0.1 Spazi Euclidei in generale

0.1 Spazi Euclidei in generale 0.1. SPAZI EUCLIDEI IN GENERALE 1 0.1 Spazi Euclidei in generale Sia V uno spazio vettoriale definito su R. Diremo, estendendo una definizione data in precedenza, che V è uno spazio vettoriale euclideo

Dettagli

Teoria delle Probabilità e Applicazioni programma 2004/05

Teoria delle Probabilità e Applicazioni programma 2004/05 Teoria delle Probabilità e Applicazioni programma 2004/05 Capitolo 1: esempio guida Lezioni: 8/3, 9/3 (5h) 1. Come modellizzare l esperimento infiniti lanci di una moneta equilibrata oppure l esperimento

Dettagli

Appunti del Corso Analisi 1

Appunti del Corso Analisi 1 Appunti del Corso Analisi 1 Anno Accademico 2011-2012 Roberto Monti Versione del 5 Ottobre 2011 1 Contents Chapter 1. Cardinalità 5 1. Insiemi e funzioni. Introduzione informale 5 2. Cardinalità 7 3.

Dettagli

Esercizi vari. Federico Scavia. April 17, Densità

Esercizi vari. Federico Scavia. April 17, Densità Esercizi vari Federico Scavia April 7, 205 0. Densità Se A Z, indichiamo con BD(A) la densità di Banach di A, con d(a) la densità superiore di A e con d(a) quella inferiore. Per brevità, indichiamo [n]

Dettagli

Cenni di Topologia Generale

Cenni di Topologia Generale Alfonso Villani Cenni di Topologia Generale per il corso di Complementi di Analisi Matematica per gli studenti di Fisica (a.a. 2006-07) Università degli studi di Catania Dipartimento di Matematica e Informatica

Dettagli

1.5 Assioma di completezza

1.5 Assioma di completezza 1.5 Assioma di completezza Le proprietà 1-8 sin qui viste non sono prerogativa esclusiva di R, dato che sono ugualmente vere nell insieme dei numeri razionali Q. Ciò che davvero caratterizza R è la proprietà

Dettagli