Appunti di. Algebra Superiore. Rosario Strano

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "Appunti di. Algebra Superiore. Rosario Strano"

Transcript

1 Appunti di Algebra Superiore Rosario Strano A cura di Giuseppe Bilotta. Dattiloscritti con AMS-L A TEX.

2

3 Indice Parte I. Teoria di Galois 5 Capitolo I. Estensioni di campi 7 1. Richiami 7 2. Estensioni di campi Estensioni finitamente generate; numeri algebrici e trascendenti Alcune applicazioni Polinomi con radici multiple Costruzione con riga e compasso 19 Capitolo II. Teoria di Galois Campi finiti Estensioni separabili Automorfismi; campi fissi; estensioni di Galois Due applicazioni della Teoria di Galois Il Teorema Fondamentale dell Algebra Ciclotomia 45 Capitolo III. Risolubilità delle equazioni polinomiali Gruppi risolubili Risolubilità di S n Estensioni cicliche Estensioni radicali Formule risolutive per le equazioni di grado 2, 3, Secondo grado Terzo grado Quarto grado 70 3

4

5 Parte I Teoria di Galois

6

7 CAPITOLO I Estensioni di campi 1. Richiami Richiamiamo alcune definizioni elementari Definizione 1.1 Un anello commutativo D dotato di unità si dice dominio di integrità se è privo di divisori dello zero, ossia se vale la legge di annullamento del prodotto a b = 0 a = 0 b = 0 Definizione 1.2 Un anello commutativo K dotato di unità e tale che ogni elemento non nullo possiede l inverso si dice campo. Esempio 1.1 Esempi di campi sono: l insieme Q dei numeri razionali, l insieme R dei numeri reali, l insieme C dei numeri complessi, l insieme Z p delle classi di resto modulo p con p numero primo. Osservazione 1.1 Ogni campo K è un dominio di integrità. Dimostrazione. Siano a, b K tali che a b = 0; proviamo che se a 0 allora b = 0; essendo a 0, esiste a 1 K; da a b = 0 segue allora, moltiplicando ambo i membri per a 1, b = 0. Osservazione 1.2 Ogni dominio D si può immergere in un campo K, detto campo delle frazioni; il campo K è costituito dagli elementi del tipo a, con a K e b K \ {0}, b (def) ed è il più piccolo campo contenente D. Esempio 1.2 Il dominio Z degli interi relativi si può immergere nel campo Q dei numeri razionali. Osservazione 1.3 Se K è un campo, allora l insieme K[x] dei polinomi a coefficienti in K è un dominio di integrità. Il suo campo delle frazioni si suole denotare con K(x) ed i suoi elementi si chiamano funzioni razionali. Osservazione 1.4 Sia K un campo; l insieme dei suoi elementi: (def)..., 1, 0, 1, 1 + 1, ,... forma una sottoanello di K. Inoltre, due casi possono presentarsi: risulta k 1 0 k Z; in tal caso il campo K si dirà a caratteristica 0, e si porrà ch K = 0. esiste k Z tale che k 1 = 0; in tal caso esisterà in particolare m N tale che m 1 = 0 (basta scegliere, nel caso in cui k < 0, n = k). Essendo N ben ordinato, l insieme {m N m 1 = 0}, che è non vuoto, ammetterà minimo; si prova che esso è un numero primo p; il campo K si dirà in tal caso a caratteristica finita, ed il numero naturale p si dirà caratteristica di K, e si porrà ch K = p. (def) (def) 7

8 8 I. ESTENSIONI DI CAMPI (def) Osservazione 1.5 Sia K un campo. Se ch K = 0, risulta Z K (isomorficamente), e quindi anche (essendo K un campo e Q il campo delle frazioni di Z) Q K (isomorficamente). Se invece ch K = p, risulta Z p K (isomorficamente). I campi Q e Z p (con p primo) sono detti campi primi poiché ogni altro campo contiene un sottocampo isomorfo all uno o all altro. Osservazione 1.6 Siano F, F due campi e sia ϕ: F F un omomorfismo di anelli; allora ϕ è iniettivo, oppure banale, Dimostrazione. Infatti, gli unici ideali di un campo sono quelli banali; poiché il nucleo di un omomorfismo di anelli è un ideale, si ha: se Ker ϕ = {0 F }, allora ϕ è iniettivo; se Ker ϕ = F, allora ϕ è banale. 2. Estensioni di campi Introduciamo ora il concetto di estensione di un campo, che, benché semplice, si rivelerà estremamente potente. Definizione 2.1 Siano F, K due campi; se risulta F K diremo che K è una estensione di F. Esempio 2.1 Esempi già noti di estensioni sono Q R, R C. (def) (def) Osservazione 2.1 Sia F K un estensione; K può allora essere considerato uno spazio vettoriale su F, dove la somma tra vettori (elementi di K) è la somma del campo K, ed il prodotto tra scalari e vettori è il prodotto del campo K, in quanto ogni elemento di F è in particolare un elemento di K. Se la dimensione di K su F è finita, allora l estensione F K si dirà finita; in tal caso la dimensione n di K su F si dirà grado dell estensione e si indicherà con il simbolo [K : F]. Per la definizione di dimensione di uno spazio vettoriale, ciò ovviamente si verifica se e solo se è possibile determinare in K una base B costituita da n elementi. Esempio 2.2 L estensione R C è finita di grado 2; infatti, una base di C come spazio vettoriale su R è {1, i}. L estensione Q R non è invece finita; infatti, se per assurdo esistesse n N tale che [R : Q] = n, si avrebbe pure l esistenza di un isomorfismo lineare tra R e Q n ; ciò è assurdo in quando R ha la cardinalità del continuo, mentre Q ha cardinalità numerabile, e quindi anche Q n ha cardinalità numerabile. Teorema 2.1 (transitività del grado) Siano F, K, L tre campi tali che F K L; L è un estensione finita di F se e solo se K è finita su F ed L è finita su K. In tal caso risulta (1) [L : F] = [L : K] [K : F] Dimostrazione. Supponiamo che L sia finita su F. K è allora un sottospazio vettoriale di L su F, e la sua dimensione sarà non maggiore di [L : F]; F K sarà quindi un estensione finita. D altra parte, se B è una base di L su F, B è in particolare un

9 2. ESTENSIONI DI CAMPI 9 insieme di generatori di L su F e quindi anche di L su K; quindi anche K L sarà finita. Proviamo ora il viceversa, supponendo che F K, K L siano estensioni finite. Sia n = [L : K] e sia m = [K : F]; per definizione di grado di un estensione esisteranno α 1, α 2,..., α n L base di L su K e β 1, β 2,..., β m base di K su F. Proviamo che B = {α i β j } 1 i n è una base di L su F. 1 j m Cominciamo con il provare che B è un insieme di generatori di L su F; fissiamo allora α L; poiché α 1, α 2,..., α n formano una base di L su K, α si potrà scrivere nella forma n α = a i α i i=1 con a i K i = 1, 2,..., n; fissato poi i = 1, 2,..., n, essendo a i K, ed essendo β 1, β 2,..., β m una base di K su F, esisteranno b ij F (con j = 1, 2,..., m) tali che m a i = b ij β j ; j=1 in definitiva n m α = b ij β j α i = i=1 j=1 n i=1 j=1 m b ij α i β j e quindi α si può scrivere come combinazione lineare a coefficienti in F degli elementi di B; per l arbitrarietà della scelta di α L, si ha allora che B è un insieme di generatori di L su F. Proviamo ora che gli elementi di B sono linearmente indipendenti, ossia che da n m b ij α i β j = 0 i=1 j=1 segue b ij = 0 i = 1, 2,..., n, j = 1, 2,..., m; infatti, da segue n m b ij α i β j = 0 i=1 j=1 n m b ij β j α i = 0 i=1 j=1 e quindi, poiché α 1, α 2,..., α n sono linearmente indipendenti m b ij β j = 0 i = 1, 2,..., n; j=1 ma anche β 1, β 2,..., β m sono linearmente indipendenti, e quindi b ij = 0 j = 1, 2,..., m, i = 1, 2,..., n che è quanto volevamo provare.

10 10 I. ESTENSIONI DI CAMPI Abbiamo così dimostrato che B è una base di L su F; ne segue allora che F L è un estensione finita, di grado nm; si ha quindi [L : F] = nm = [L : K] [K : F] e quindi anche la (1) è verificata, e ciò prova completamente il teorema Estensioni finitamente generate; numeri algebrici e trascendenti. Definizione 2.2 Sia F K un estensione di campi, e siano α 1, α 2,..., α n K; denotiamo con F(α 1, α 2,..., α n ) il sottocampo generato da α 1, α 2,..., α n su F, ossia la più piccola estensione di F contenente α 1, α 2,..., α n. Osservazione 2.2 Sia F K un estensione di campi e siano α 1, α 2,..., α n K; si ha F F(α 1, α 2,..., α n ) K, e gli elementi di F(α 1, α 2,..., α n ) sono tutti e soli gli elementi di K del tipo R(α 1, α 2,..., α n ), con R F(x 1, x 2,..., x n ). Definizione 2.3 Sia F K un estensione di campi; diremo che l estensione è finitamente generata (f.g.) se esistono α 1, α 2,..., α n K tali che K = F(α 1, α 2,..., α n ). Un estensione generata da un unico elemento si dice semplice. Osservazione 2.3 Ogni estensione finita è anche f.g. Dimostrazione. Sia F K un estensione finita di grado n e sia B = {α 1, α 2,..., α n } una base di K su F; ogni elemento di K si può allora scrivere come combinazione lineare di α 1, α 2,..., α n, a coefficienti in F; quindi K F(α 1, α 2,..., α n ); d altra parte F(α 1, α 2,..., α n ) K e quindi K = F(α 1, α 2,..., α n ), ossia K è f.g. Osservazione 2.4 Non è vero il viceversa, ossia un estensione può essere f.g. (addirittura semplice) senza essere finita. Porteremo adesso due interessanti esempi per dimostrare che ciò è talvolta vero, talvolta no, e daremo quindi una regola generale per stabilire se una estensione f.g. è anche finita. Esempio 2.3 Consideriamo l estensione Q R; fissiamo poi α = 3 2 / Q e studiamo l estensione ( ) 3 Q Q 2 ; gli elementi di Q ( 3 2 ) sono del tipo a 0 + a a b 0 + b b con a 0, a 1, a 2, b 0, b 1, b 2, Q e b b b 2 2 > 0. Proviamo ora che ogni elemento di Q ( 3 2 ) si può in realtà scrivere nella forma a 0 + a a ; basta provare che ogni elemento del tipo a 0 + a a ammette inverso nella stessa forma, ossia che l equazione ( a 0 + a a )( x 0 + x x ) = 1 ammette soluzioni in Q; ma la precedente equazione è equivalente a a 0 x 0 + 2(a 2 x 1 + a 1 x 2 ) + (a 1 x 0 + a 0 x 1 + 2a 2 x 2 ) (a 2 x 0 + a 1 x 1 + a 0 x 2 ) = 1

11 2. ESTENSIONI DI CAMPI 11 che equivale al sistema a 0 x 0 + 2(a 2 x 1 + a 1 x 2 ) = 1 a 1 x 0 + a 0 x 1 + 2a 2 x 2 = 0 a 2 x 0 + a 1 x 1 + a 0 x 2 = 0 ; poiché il precedente sistema ammette soluzioni (purché a 0, a 1, a 2 non siano contemporaneamente nulli), ogni elemento di Q ( 3 2 ) si può scrivere nella forma a 0 + a a ; ne segue allora, poiché 1, 3 2, Q ( 3 2 ) e sono linearmente indipendenti, che { 1, 3 2, 3 2 2} è una base di Q ( 3 2 ) su Q, e pertanto l estensione Q Q ( 3 2 ) è finita (il suo grado è anzi 3). Esempio 2.4 Consideriamo ora α = π e studiamo l estensione Q Q(π); questa estensione è semplice, ma non è finita; infatti, gli elementi 1, π, π 2, π 3,..., π n,... sono linearmente indipendenti (su Q) ed infiniti, e pertanto Q(π) non può avere una base formata da un numero finito di elementi. Definizione 2.4 Sia F K un estensione di campi e sia α K. Diremo che α è algebrico su F se è radice di un polinomio non nullo a coefficienti in F, cioè se esiste f F[x], f 0, tale che f(α) = 0. Diremo che α è trascendente su F se non è algebrico. In particolare, un numero reale si dice algebrico (risp. trascendente) quando è algebrico (risp. trascendente) su Q. Esempio 2.5 Il numero reale 3 2 è algebrico, in quanto radice del polinomi x 3 2; il numero reale π è invece trascendente, in quanto non è radice di alcun polinomio a coefficienti razionali (dimostrato da Lindemann nel 1882) Osservazione 2.5 È interessante notare che, benché i numeri trascendenti siano di più dei numeri algebrici (infatti la cardinalità dell insieme dei numeri algebrici è pari alla cardinalità di Q, e quindi i numeri trascendenti devono avere per cardinalità il continuo), è difficile trovare un numero trascendente; il primo di essi fu trovato nel 1855, ed assume la forma: 0, = + n=0 10 ( ( n i=0 i!)+n ) (fra l i-esimo 1 ed il successivo vi sono i! zeri); in seguito, come già detto, si dimostrò la trascendenza di π e di e (il numero di Nepero); resta comunque il fatto che i numeri trascendenti conosciuti sono straordinariamente pochi. Esempio 2.6 Consideriamo l estensione Q C; l unità immaginaria i C è algebrica su Q, in quanto radice del polinomio x

12 12 I. ESTENSIONI DI CAMPI Definizione 2.5 Un estensione F K si dice algebrica quando ogni elemento di K è algebrico su F. Esempio 2.7 L estensione Q R non è algebrica (π R non è algebrico su Q); l estensione R C è algebrica. Osservazione 2.6 Sia F K un estensione di campi, e sia α K algebrico su F; l insieme I = {f F[x] f(α) = 0} è un ideale di F[x]; poiché F[x] è un dominio ad ideali principali (PID), l ideale I è generato da un polinomio g, che ha grado minimo rispetto ai gradi dei polinomi di I; inoltre, esso è unico, a meno di costanti moltiplicative; si conviene di scegliere g monico (ossia in modo che il coefficiente del termine di grado massimo sia 1). Definizione 2.6 Sia F K un estensione di campi, e sia α K algebrico su F; il generatore dell ideale {f F[x] f(α) = 0}, scelto in base alla convenzione dell Oss. 2.6, si dice polinomio minimo di α. Osservazione 2.7 Sia F K un estensione di campi, e sia α K algebrico su F; sia poi g il polinomio minimo di α; allora g è irriducibile su F; se f è un polinomio monico irriducibile in F, avente α come radice (in K), allora f = g; (g) è un ideale massimale di F[x]. Dimostrazione. Proviamo innanzi tutto che il polinomio minimo g di α è irriducibile. Supponiamo per assurdo che g(x) = g 1 (x)g 2 (x), con g 1, g 2 F[x] non costanti; si avrà allora 0 = g(α) = g 1 (α)g 2 (α) e quindi, poiché in K vale la legge di annullamento del prodotto, risulterà g 1 (α) = 0 oppure g 2 (α) = 0; supponiamo per fissare le idee che g 1 (α) = 0; si ha allora g 1 I = {f F[x] f(α) = 0}, ed inoltre il grado di g 1 è strettamente minore del grado di g, in contrasto con il fatto che I è generato da g (e pertanto g ha grado minimo). Viceversa, supponiamo che f sia monico, irriducibile in F, e che α sia una sua radice (in K); posto I = {h F[x] h(α) = 0} = (g) (con g polinomio minimo di α), si ha che f I, e quindi f è multiplo di g; essendo f irriducibile, f differisce da g per una costante moltiplicativa a F; ma f, g sono entrambi monici, e quindi a = 1, ossia f = g, e quindi f è il polinomio minimo di α. Proviamo infine che (g) è massimale; sia J un ideale proprio di F[x] contente (g); poiché F[x] è PID, J sarà generato da un certo polinomio f (che possiamo scegliere monico); da (g) (f) segue che g = λf; ma g è irriducibile ed f, g sono entrambi monici; quindi λ = 1, f = g, e (g) = J; (g) è allora massimale. Teorema 2.2 Sia F K un estensione di campi, e sia α K. Condizione necessaria e sufficiente affinché α sia algebrico su F è che F(α) sia un estensione finita di F; in tal caso, detto g il polinomio minimo di α ed n il suo grado, si ha [F(α) : F] = n ed una base di F(α) su F è data dagli elementi 1, α, α 2,..., α n 1.

13 2. ESTENSIONI DI CAMPI 13 Sufficienza. Se l estensione F F(α) è finita, detto n il suo grado, si ha che gli n + 1 elementi di F(α) 1, α, α 2,..., α n devono essere linearmente dipendenti (in quanto in numero maggiore della dimensione dello spazio); esistono quindi tali che a 0, a 1,..., a n F a 0 + a 1 α + + a n α n = 0 e quindi α è radice del polinomio a 0 + a 1 x + + a n x n, ed è pertanto algebrico. Necessità. Supponiamo che α sia algebrico su F e sia g il suo polinomio minimo, di grado n. Consideriamo l omomorfismo di anelli ϕ: F[x] K definito da ϕ(f) = f(α) f F[x]; osserviamo che Ker ϕ = {f F f(α) = 0} = (g); allora, per il teorema dell omomorfismo, esiste un omomorfismo iniettivo ψ : F[x] (g) K tale che Im ψ = Im ϕ. Studiamo innanzi tutto F[x] (g) ; esso è un campo (in quanto l ideale (g) è massimale). Inoltre, l omomorfismo canonico π : F[x] F[x] (g) definito da π(f) = f è iniettivo su F F[x]; poiché inoltre π è suriettivo, F è isomorfo alla propria immagine secondo π. Denoteremo quindi per semplicità con a stesso l immagine di a F secondo π. Detta poi x l immagine secondo π del monomio x, si ha, per ogni f = a 0 + a 1 x + + a m x m, π(f) = a 0 + a 1 x + + a m x m = f(x). Proviamo ora che ogni elemento di F[x] (g) si può scrivere in maniera unica nella forma (2) a 0 + a 1 x + + a n 1 x n 1 dove n (ricordiamo) è il grado del polinomio minimo g di α. Sia quindi f(x) F[x] (g) ; proviamo che f(x) si può scrivere nella forma (2). Per la suriettività di π, risulta f(x) = π ( f(x) ) ; è possibile applicare l algoritmo euclideo, dividendo f per g, ottenendo l esistenza di due polinomi q, r F[x] tali che f(x) = q(x)g(x) + r(x)

14 14 I. ESTENSIONI DI CAMPI ed il grado di r è minore del grado n di g. Applicando π alla precedente eguaglianza si ottiene allora f(x) = q(x)g(x) + r(x) = r(x) in quanto g (g) = Ker π; poiché r(x) è nella forma (2), anche f(x) sarà nella stessa forma. Proviamo ora l unicità dell espressione, supponendo per assurdo che f(x) si possa scrivere in due forme diverse, entrambe del tipo (2); siano dette forme r(x), r (x); risulta allora r(x) = r (x) e quindi r(x), r (x) hanno la stessa immagine secondo π, ossia r(x) r (x) (g); poiché r, r hanno grado minore del grado di g, anche la loro differenza avrà grado minore del grado di g; ma l unico polinomio di grado minore del grado di g presente nell ideale (g) è il polinomio nullo, e quindi r(x) = r (x), ossia l unicità della forma (2) 1. In definitiva risulta provato che F[x] (g) è un estensione finita di F di grado n ed in cui una base è 1, x, x 2,..., x n 1. ( ) Essendo ψ un omomorfismo iniettivo, anche ψ F[x] (g) è un estensione finita di F di grado n ed in cui una base è 1, ψ(x), ψ ( x 2),..., ψ ( x n 1) ; ( ) ma ψ F[x] (g) = ϕ(f[x]) = F(α), ed inoltre ψ(x) = ϕ(x) = α, e quindi F(α) è un estensione finita di F di grado n, ed una base è 1, α, α 2,..., α n 1 ; la tesi è allora provata. La dimostrazione del Teor. implica banalmente il seguente Corollario 2.1 Sia F K un estensione di campi, e sia α K algebrico su F; risulta allora F(α) = F[x] (g), dove g è il polinomio minimo di α. Corollario 2.2 Sia F K un estensione di campi, e siano α, β K algebrici su F; se α, β hanno lo stesso polinomio minimo, allora F(α) = F(β). Dimostrazione. Sia g il polinomio minimo di α e β; per il precedente Cor. si ha F(α) = F[x] (g) = F(β) e quindi la tesi. Corollario 2.3 Sia F K un estensione; l insieme A degli elementi di K algebrici su F è un sottocampo di K. Dimostrazione. Siano α, β A, occorre provare che α + β A, α β A, α 1 A se α 0. Essendo β algebrico su F, β è anche algebrico su F(α); allora, nella catena di campi F F(α) F(α, β) K 1 Osserviamo che in questa parte della dimostrazione non è stato sfruttato il fatto che g sia il polinomio minimo di α, ma semplicemente il fatto che g è il generatore di (g).

15 2. ESTENSIONI DI CAMPI 15 le estensioni F F(α) e F(α) F(α, β) hanno grado finito; per il Teor. di transitività del grado (Teor. 2.1), anche F F(α, β) ha grado finito. Siccome risulta γ = α + β F(α, β) e quindi F F(γ) F(α, β), dal fatto che l estensione F F(α, β) abbia grado finito segue che anche F F(γ) ha grado finito, e quindi γ è algebrico su F. Lo stesso ragionamento si applica al prodotto di α e β ed all esistenza dell inverso degli elementi non nulli. Definizione 2.7 Sia F K un estensione; l insieme A degli elementi di K algebrici su F prende il nome di chiusura algebrica di F in K. Corollario 2.4 Condizione necessaria e sufficiente affinché una estensione F K sia finita è che sia algebrica e finitamente generata. Necessità. Abbiamo già provato che se F K è finita, allora F K è finitamente generata; proviamo che è algebrica. Sia α K; risulta F F(α) K; poiché F K è finita, anche F F(α) è finita, e quindi α è algebrico su F; per l arbitrarietà della scelta di α K, si ha allora che ogni elemento di K è algebrico su F, e quindi F K è algebrica. Sufficienza. Essendo per ipotesi F K finitamente generata, è possibile determinare α 1, α 2,..., α n K tali che K = F(α 1, α 2,..., α n ). Consideriamo ora la catena F F(α 1 ) F(α 1, α 2 ) F(α 1, α 2,..., α n ); poiché ogni elemento di K è algebrico su F, in particolare α 1 è algebrico su F ed α i+1 è algebrico su F(α 1, α 2,..., α i ); per il Teor. 2.2 si ha quindi che ogni estensione della catena è finita; per il Teor. di transitività del grado (Teor. 2.1) anche F F(α 1, α 2,..., α n ) è finita, ossia F K è finita, che è la tesi. Corollario 2.5 Siano F, K, L tre campi tali che F K L; L è un estensione algebrica su F se e solo se K è algebrica su F ed L è algebrica su K. Dimostrazione. Se L è algebrico su F, allora L è in particolare algebrico su K; inoltre, K è algebrico su F in quanto ogni suo elemento è anche elemento di L, ed è quindi algebrico su F. Viceversa, supponiamo che L sia algebrico su K e che K sia algebrico su F; proviamo che L è algebrico su F, provando che, scelto ad arbitrio α L, α è algebrico su F. Sia dunque α L; essendo L algebrico su K, esiste g K[x] tale che g(x) = 0; g(x) sarà nella forma g(x) = α 0 + α 1 x + + α n x n con α 0, α 1,..., α n K. Consideriamo la catena di campi F F(α 0, α 1,..., α n ) F(α 0, α 1,..., α n, α); essendo α algebrico su F, e quindi su F(α 0, α 1,..., α n ), l estensione F(α 0, α 1,..., α n ) F(α 0, α 1,..., α n, α)

16 16 I. ESTENSIONI DI CAMPI è finita (in quanto algebrica e finitamente generata); d altra parte F F(α 0, α 1,..., α n ) è finita, in quanto finitamente generata ed algebrica 2 ; per transitività del grado, F F(α 0, α 1,..., α n, α) dev essere è finita. Consideriamo ora la catena F F(α) F(α 0, α 1,..., α n, α); essendo F F(α 0, α 1,..., α n, α) finita, anche F F(α) sarà finita, e quindi in particolare algebrica; α è allora algebrico su F, che è quanto volevamo provare. Corollario 2.6 Sia F un campo, e sia f F[x] irriducibile di grado n; esiste un estensione K di F finita, di grado n ed in cui f ha almeno una radice. Dimostrazione. Con ragionamento analogo a quello utilizzato nella dimostrazione del Teor. 2.2 (con f al posto di g; ricordiamo che l unica cosa che si sfruttasse di g era il fatto che fosse il generatore di (g)), sfruttando l ipotesi di irriducibilità di f, si deduce che F[x] (f) è un estensione finita di F, una cui base è 1, x, x 2,..., x n 1, dove x è la classe di equivalenza del monomio x. Inoltre, sempre dalla stessa dimostrazione, segue che f(x) = 0, e quindi si ha la tesi con K = F[x] (f). Corollario 2.7 Sia F un campo, e sia f F[x] di grado n; esiste un estensione K di F finita, di grado non maggiore di n ed in cui f ha almeno una radice. Dimostrazione. Se f è irriducibile, basta applicare il precedente Cor.; se f è riducibile, detto p un suo fattore di grado m < n, applicando il precedente Cor. a p si ottiene l esistenza di un estensione K di F, finita, di grado m < n ed in cui p ha una radice; f ha allora una radice in K (la stessa di p) e K è pertanto il campo della tesi. Corollario 2.8 Sia F un campo, e sia f F[x] di grado n; esiste un estensione K di F finita, di grado non maggiore di n! ed in cui f si decompone in fattori lineari. Dimostrazione. Applicando il precedente Cor. si ottiene l esistenza di un estensione K 1 finita, di grado non maggiore di n, in cui f ha una radice; sia α 1 questa radice; per il Teor. di Ruffini, f è divisibile per x α 1 (in K 1 ), e quindi esiste f 1 K 1 [x] di grado n 1 tale che f(x) = f 1 (x) (x α 1 ); applicando ora il precedente Cor. al campo K 1 ed al polinomio f 1, si ottiene l esistenza di un campo K 2, estensione finita di K 1 di grado non maggiore di n 1, tale che f 1 ammette in K 2 una radice α 2. Si ha quindi in particolare che K 2 è un estensione finita di F, di grado al più n (n 1), ed in essa f si decompone nella forma f(x) = f 2 (x) (x α 1 ) (x α 2 ). Così procedendo si arriva (dopo al più n passaggi) ad un campo K, estensione finita di F di grado al più n (n 1) 2 1 in cui f si decompone nella forma f(x) = (x α 1 ) (x α 2 ) (x α n ); il campo K è quindi quello della tesi. 2 poiché αi K è algebrico su F i = 0, 1, 2,..., n.

17 2. ESTENSIONI DI CAMPI 17 Definizione 2.8 Una estensione K di un campo F si dice campo di spezzamento (c.s.) di un polinomi f F[x] se gode delle due seguenti proprietà: (1) f si decompone in fattori lineari in K[x]; (2) K è generato dalle radici di f. Corollario 2.9 Sia F un campo, e sia f F[x] di grado n; il campo di spezzamento di f esiste ed ha grado (su F) non maggiore di n!. Dimostrazione. Per il Cor. 2.8, esiste un estensione finita L di F, di grado non maggiore di n!, in cui f si decompone in fattori lineari; dette α 1, α 2,..., α n le sue radici, il campo K = F(α 1, α 2,..., α n ) risulta essere il c.s. di f; inoltre, essendo F K L, risulta [K : F] [L : F] n!. Teorema 2.3 Sia F K un estensione di campi, e sia f F[x] tale che K sia il c.s. di f; sia poi F un campo isomorfo ad F mediante un isomorfismo ϕ: F F ; sia f = ϕ(f); detto K il c.s. di f su F, risulta K isomorfo a K mediante un isomorfismo σ : K K tale che σ F = ϕ. Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per induzione sul grado [K : F]. Il teorema è vero per [K : F] = 1 in quanto in tal caso K = F, ossia f si decompone in F in fattori lineari, e quindi f si decompone in F in fattori lineari, ossia K = F, e σ = ϕ = id. Proviamo ora il teorema supponendo che [K : F] = n > 1 e che il teorema sia vero per tutte le estensioni di grado minore di n. Essendo n > 1, f possiede un fattore q irriducibile in F, di grado r > 1, fattore che può essere scelto monico; d altra parte f si decompone in K, e quindi il suo fattore q avrà una radice α in K. Detto q l immagine di q secondo f, si ha che q è un fattore monico di f, irriducibile in F ; q ha però una radice α in K. Si ha inoltre che q, q sono i polinomi minimi 3 di α, α rispettivamente. Consideriamo ora i due campi F(α), F (α ); si ha: F(α) = F[x] (q), F (α ) = F [x] (q), F[x] (q) = F [x] (q), e quindi F(α) = F (α ); detto τ : F(α) F (α ) l isomorfismo, si ha τ F = ϕ. Poiché si ha poi [F(α) : F] = r = [K : F(α)] = n r < n [F (α ) : F ] = r = [K : F (α )] = n r < n, possiamo applicare l ipotesi induttiva (con F(α), F (α ) al posto di F, F e τ al posto di ϕ), ottenendo l esistenza di un isomorfismo σ : K K tale che σ F(α) = τ; risulta quindi σ F = τ F = ϕ, e pertanto l isomorfismo σ è l isomorfismo della tesi. Corollario 2.10 Il campo di spezzamento di un polinomi f a coefficienti in un campo F è unico a meno di isomorfismi. Esempio 2.8 Consideriamo, sul campo Q, il polinomio f(x) = x 3 2; determiniamo il suo campo di spezzamento. 3 essendo irriducibili e monici.

18 18 I. ESTENSIONI DI CAMPI Il polinomio fissato ammette sicuramente radici in C (essendo a coefficienti reali), ed esse sono 3 2, ω 3 2, ω 2 3 2, dove ω è una radice cubica primitiva dell unità. Ne segue allora che il campo K = Q ( 3 2, ω ) contiene tutte le radici di f, ossia f si spezza ivi in fattori lineari; K è anzi generato dalle radici di f, e quindi K = Q ( 3 2, ω ) è il c.s. di x 3 2 su Q. Osserviamo che si ha [ Q ( 3 2 ) : Q ] = 3, in quanto il polinomio minimo di 3 2 è x 3 + 2, che ha grado 3, e [ Q ( 3 2, ω ) : Q ( 3 2 )] = 2, in quanto il polinomio minimo di ω è x 2 + x + 1, che ha grado 2; risulta quindi [ Q ( 3 2, ω ) : Q ] = 6 = 3!. Esempio 2.9 Consideriamo, sul campo Q, il polinomio f(x) = x 3 + 1; determiniamo il suo campo di spezzamento. Poiché il polinomio fissato ammette sicuramente radici in C (essendo a coefficienti reali), determiniamo innanzi tutto le sue radici in C; si ha x = (x + 1) ( x 2 x + 1 ) ; le radici di x 2 x + 1 sono 1 ± i 3 2 = 1 2 ± i 3 2 ; e pertanto le radici di f in C sono 1, i 2, i ; il c.s. di f è allora 2 ( Q 1, i 2, 1 ) 3 ( 2 i = Q i ) 3. 2 Poiché il polinomio minimo di i 3 è x 2 +3, il grado dell estensione Q Q ( i 3 ) risulta essere 2 < 3!. 3. Alcune applicazioni 3.1. Polinomi con radici multiple. Richiamiamo innanzi tutto le seguenti definizioni: Definizione 3.1 Sia F un campo, e sia f F[x]; diremo che una radice α di f in F ha molteplicità r se f è divisibile per (x α) r, ma non per (x α) r+1. Definizione 3.2 Sia F un campo, e sia f = a 0 + a 1 x + + a n x n F[x]; si dice polinomio derivato di f, e lo si indica con f, il polinomio f (x) = a 1 + 2a 2 x + + na n x n 1 Ricordiamo inoltre il seguente risultato: Osservazione 3.1 Sia F un campo, e sia f F[x]; f ha radici multiple se e solo se f ed f hanno un fattore comune di grado positivo, ossia se e solo se non sono primi fra loro. Teorema 3.1 Sia F un campo, e sia f F[x] irriducibile di grado positivo. Il polinomio f ha radici multiple nel suo campo di spezzamento se e solo se F ha caratteristica positiva p ed f è nella forma f(x) = g(x p ).

19 3. ALCUNE APPLICAZIONI 19 Dimostrazione. Sia n il grado del polinomio f, che sarà allora nella forma f(x) = a 0 + a 1 x + + a n x n Dimostriamo innanzi tutto che F deve avere caratteristica positiva. Supponiamo per assurdo che F abbia caratteristica nulla e che f abbia radici multiple; allora, f ha un fattore di grado positivo a comune con il proprio polinomio derivato f (x) = a 1 + 2a 2 x + + na n x n 1 ; essendo d altra parte f irriducibile, l unico suo fattore è f stesso; ma f ha grado n 1, essendo n a n 0, e quindi non può avere fattori a comune con f, assurdo. Perché f abbia radici multiple, il campo F deve quindi avere caratteristica positiva p; inoltre, f ha in tal caso un fattore comune con f se e solo se f = 0, ossia se i a i = 0 i = 1, 2,..., n, e ciò si verifica se e solo se 4 in f sono presenti solo potenze di x con esponente multiplo di p, ossia se e solo se f è nella forma g(x p ); la proprietà è così completamente dimostrata Costruzione con riga e compasso. Le costruzioni con riga e compasso sono problemi di natura geometrica, in cui si impone che la soluzione sia raggiungibile esclusivamente mediante l uso di una riga (immaginata perfetta ed infinitamente lunga, ma non graduata) e di un compasso (immaginato perfetto e tale da poter tracciare cerchi di raggio arbitrario). Alcuni classici problemi di riga e compasso sono duplicazione del cubo: costruzione di un cubo avente volume doppio di un cubo di lato assegnato; rettificazione della circonferenza: costruzione di un segmento di lunghezza pari ad una circonferenza di raggio assegnato; quadratura del cerchio: costruzione di un quadrato avente area pari all area di un cerchio di raggio assegnato; trisezione dell angolo: costruzione di un angolo di ampiezza pari ad un terzo dell ampiezza di un angolo assegnato; ciclotomia: suddivisione di una circonferenza in n parti uguali, con n numero naturale assegnato. Affronteremo ora i precedenti problemi da un punto di vista algebrico, dimostrando che i primi tre non ammettono soluzioni, e vedendo in quali casi il quarto non è risolubile. Per affrontare la ciclotomia, dovremo prima sviluppare la Teoria di Galois. Definizione 3.3 Un numero reale a si dice costruibile se, mediante riga e compasso, e possibile costruire un segmento di lunghezza a. Osservazione 3.2 L insieme K dei numeri costruibili è un sottocampo di R contenente Q. 4 essendo p primo.

20 20 I. ESTENSIONI DI CAMPI Dimostrazione. Cominciamo con il provare che K è un campo. Supponiamo quindi che α, β K, e proviamo che α ± β, α β, α K. Si ha β banalmente α ± β K; proviamo quindi che α β, α K; poiché un numero è β costruibile se e solo se lo è l opposto, basta studiare il caso in cui α, β > 0. Proviamo che il quoziente α è costruibile, descrivendo il processo di costruzione: β si traccino, sul lato di un angolo di vertice O, i segmenti OB di lunghezza β e BA di lunghezza α (costruibili per ipotesi); sia poi P un punto sul secondo lato dell angolo, tale che OP abbia lunghezza 1; si tracci quindi la retta BP, e la sua parallela AH, come in figura 1. 1 P x H O β B α A Figura 1. Costruzione del quoziente di due numeri costruibili Per le proprietà dei triangoli simili, la lunghezza x soddisfa la proporzione 1: x = β : α e quindi x = α β. Con costruzione analoga (figura 2) si ottiene una lunghezza x soddisfacente 1 P β B O α A x H Figura 2. Costruzione del prodotto di due numeri costruibili e quindi 1: β = α: x x = α β. Risulta così provato che K è un sottocampo di R; poiché ha caratteristica nulla, risulta Q K.

21 3. ALCUNE APPLICAZIONI 21 Teorema 3.2 Condizione necessaria e sufficiente affinché un numero reale α sia costruibile è che esista una catena Q = K 0 K 1 K 2 K t di sottocampi di R soddisfacente α K t [K i : K i 1 ] = 2 i = 1, 2,..., t Sufficienza. Sia α un numero reale per cui esista una catena di sottocampi di R soddisfacente l ipotesi; proviamo che α è costruibile, procedendo per induzione sul numero t di campi della catena. Se t = 0, la catena è costituita dal solo Q, cioè α è razionale; poiché tutti i numeri razionali sono costruibili, α è costruibile. Supponiamo ora t > 0, e proviamo il teorema supponendolo vero per t 1. Se α K t 1, la tesi è vera per ipotesi induttiva; supponiamo quindi che α K t \ K t 1. Consideriamo la catena K t 1 K t 1 (α) K t ; poiché [K t : K t 1 ] = 2 e [K t 1 (α) : K t 1 ] > 1, per la proprietà di transitività dei gradi deve essere [K t : K t 1 (α)] = 1 (e quindi K t 1 (α) = K t ) e [K t 1 (α) : K t 1 ] = 2, e quindi α è algebrico su K t 1, ed il suo polinomio minimo ha grado 2. Sia x 2 + ax + b il polinomio minimo di α su K t 1 ; si ha allora α = a ± a 2 4b ; 2 poiché a, b sono costruibili (in quanto elementi di K t 1 ), per provare che α è costruibile basta provare che la radice quadrata di un numero costruibile è costruibile. Sia quindi un numero costruibile; proviamo che è costruibile. Costruiamo un semicerchio avente per diametro un segmento di lunghezza 1+ e sia P un punto del diametro che lo divide in due segmenti di lunghezza 1, rispettivamente; tracciamo poi la perpendicolare al diametro passante per il punto P, e sia H la sua intersezione con la semicirconferenza (figura 3); il segmento P H H 1 P Figura 3. Costruzione della radice quadrata di un numero costruibile ha lunghezza in quando medio proporzionale tra 1 e (Teorema di Euclide), e quindi è costruibile; poiché allora le radici quadrate dei numeri costruibili sono costruibili, si ha che α è costruibile, e ciò prova la tesi. Necessità. Sia α un numero costruibile; dal punto di vista analitico, il fatto che α sia costruibile si traduce nella possibilità di costruire t punti, nel piano, tali che in un opportuno sistema di riferimento α sia l ascissa (o l ordinata) del punto P = P t.

22 22 I. ESTENSIONI DI CAMPI Dimostriamo dunque il teorema per induzione sul numero t di punti, provando che per le ascisse e le ordinate dei punti costruiti è possibile determinare catene di campi del tipo (3) Q K 1 K 2 K m tali che le coordinate di P 0, P 1,..., P t stiano in K m e [K i : K i 1 ] = 2 i = 1, 2,..., m. Se t = 0 oppure t = 1, la tesi è vera, con la catena ridotta al solo campo Q (i punti infatti saranno P 0 = O = (0, 0) ed eventualmente P 1 sull asse delle ascisse, a distanza α da P 0 ). Supponiamo ora che t > 1 e che per le coordinate dei punti P i con i < t sia possibile determinare delle catene del tipo (3); sia quindi Q K 1 K 2 K m 1 un catena di campi tale che le coordinate di P 0, P 1,..., P t 1 stanno in K m 1 e [K i : K i 1 ] = 2 i = 1, 2,..., m 1. Per provare la tesi basta provare che: o le coordinate di P t stanno in K m 1, oppure esiste K m K m 1 tale che le coordinate di P t stanno in K m e [K m : K m 1 ] = 2. Osserviamo innanzi tutto che il punto P t si può ottenere dai precedenti in uno dei tre seguenti modi: (1) come intersezione di due rette passanti per punti già costruiti; (2) come intersezione di una retta con una circonferenza di centro un punto costruito e passante per un altro punto costruito; (3) come intersezione di due circonferenze. Proviamo, in ognuno dei precedenti casi, la tesi. (1) Supponiamo che le due rette abbiano equazioni: ax + by + c = 0 ; a x + b y + c = 0 poiché i coefficienti a, b, c, a, b, c si ottengono dalle coordinate dei punti per cui passano le rette, ed i punti fissati hanno coordinate nel campo K m 1, anche a, b, c, a, b, c apparterranno a K m 1 ; la soluzione del precedente sistema sta allora in K m 1, e quindi le coordinate di P t stanno in K m 1. (2) La retta e la circonferenza del caso avranno equazioni del tipo: ax + by + c = 0 ; x 2 + y 2 + dx + ey + f = 0 ancora una volta, i coefficienti stanno in K m 1, ed inoltre risulterà a 0 oppure b 0; supponiamo, per fissare le idee, che sia b 0; risolvendo nella prima equazione rispetto ad y, e sostituendo nella seconda, si otterrà un sistema del tipo: y = px + q, x 2 + mx + t = 0

23 3. ALCUNE APPLICAZIONI 23 con p, q, m, t opportuni elementi di K m 1. Posto allora = m 2 4t, l ascissa di P t sarà x = m ± 2 e quindi si avrà x, y K m = K m 1 ( ); osserviamo che w = è algebrico su K m, in quanto soddisfa l equazione x 2 = 0; se il polinomio x 2 è il polinomio minimo di w, allora K m è un estensione di K m 1, di grado 2; altrimenti, si avrà K m = K m 1 ; in entrambi i casi si ha la tesi. (3) Supponiamo che le due circonferenze abbiano equazioni: x 2 + y 2 + ax + by + c = 0 ; x 2 + y 2 + dx + ey + f = 0 sottraendo membro a membro, si ottiene il sistema (a d)x + (b e)y + (c f) = 0 x 2 + y 2 + dx + ey + f = 0 e ci si ritrova quindi nel caso precedente (dal punto di vista geometrico, si cerca l intersezione dell asse radicale con una delle due circonferenze). Il teorema è allora completamente dimostrato. Corollario 3.1 Se a è un numero reale costruibile, allora a è algebrico su Q ed inoltre il suo polinomio minimo ha per grado una potenza di 2. Dimostrazione. Infatti, per ipotesi esiste una catena Q K 1 K 2 K m in cui ogni campo ha grado 2 sul precedente; in particolare, ne segue che [K m : Q] = 2 m. Allora, nella catena Q Q(a) K m, l estensione Q Q(a) sarà finita (e quindi a sarà algebrico su Q) ed inoltre avrà per grado un divisore di 2 m, ossia una potenza 2 t con t m; ma il grado di Q Q(a) è pari al grado del polinomio minimo di a su Q, e quindi il suddetto polinomio avrà grado 2 t, e si ha quindi la tesi. Osservazione 3.3 Il precedente corollario è utile a fini distruttivi, ossia per provare che un determinato numero non è costruibile. Così, ad esempio: la circonferenza non è rettificabile: infatti, assegnato il raggio r della circonferenza, dovrebbe essere possibile costruire il numero reale 2πr; in particolare, dovrebbe essere costruibile π, e ciò non è vero in quanto π non è algebrico. il cerchio non è quadrabile: infatti, assegnato il raggio r del cerchio, dovrebbe essere possibile costruire un quadrato avente area πr 2, ossia lato πr; in particolare, dovrebbe essere costruibile π, e ciò non è vero in quanto π non è algebrico, e quindi non è algebrico π.

24 24 I. ESTENSIONI DI CAMPI il cubo non è duplicabile: infatti, assegnato un cubo di spigolo l, un cubo di volume doppio ha spigolo l 3 2; poiché il polinomio minimo di 3 2 è x 3 2, di grado 3, e 3 non è una potenza di 2, 3 2 non è costruibile. Inoltre, il precedente corollario è utile per vedere in quali casi certi problemi non ammettono soluzione. Ad esempio, affrontiamo il problema della trisezione dell angolo. Sia assegnato un angolo di ampiezza 3ϕ; per costruire un angolo di ampiezza ϕ, basta poter costruire, ad esempio, il suo coseno; per una nota formula: cos (3ϕ) = 4 cos 3 ϕ 3 cos ϕ; deve quindi essere possibile risolvere l equazione 4x 3 3x cos (3ϕ) = 0, che è di terzo grado, ed inoltre la sua soluzione deve essere costruibile; quindi, il problema non è risolubile quando il polinomio (4) 4x 3 3x cos (3ϕ), è irriducibile su Q; infatti, in tal caso, una eventuale soluzione avrebbe come polinomio minimo (4), che ha grado 3, che non è una potenza di 2. Così, ad esempio, non è risolubile il caso 3ϕ = π, poiché il polinomio (4) 3 diventerebbe in tal caso 4x 3 3x 1 2, che non ha radici in Q (si vede direttamente: le eventuali radici razionali dovrebbero essere scelte tra ±1, ± 1 2, ±1 4, ±1 8, ma nessuna delle precedenti è radice dell equazione).

25 CAPITOLO II Teoria di Galois 1. Campi finiti Richiamiamo innanzi tutto alcune proprietà dei gruppi abeliani. Proposizione 1.1 Sia G un gruppo abeliano e siano a, b due suoi elementi di ordine rispettivamente m, n; se m, n sono primi tra loro, allora ab ha ordine mn. Dimostrazione. Osserviamo innanzi tutto che (ab) mn = (a m ) n (b n ) m = 1 1 = 1 e quindi l ordine di ab è un divisore di mn; supponiamo per assurdo che l ordine di ab sia k < mn; si ha allora (ab) k = 1 e quindi (ab) km = 1, cioè (a m ) k b km = 1, ed infine b km = 1; quindi km dev essere un multiplo di n; essendo m primo con n, dev essere k un multiplo di n. Ripetendo lo stesso procedimento e scambiando il ruolo di m, n si ottiene che k è multiplo di m; in definitiva k è multiplo di mn, assurdo poiché in contrasto con l ipotesi k < mn. È così provato che l ordine di ab è mn, ossia la tesi. Proposizione 1.2 Sia G un gruppo abeliano e siano a, b due suoi elementi di ordine rispettivamente m, n; esiste allora c G avente per ordine mcm (m, n). Dimostrazione. Siano p 1, p 2,..., p t i fattori comuni e non comuni di m ed n, che potranno allora essere scritti nella forma m = p 1 r 1 p 2 r 2... p t r t, n = p 1 s 1 p 2 s 2... p t s t con gli esponenti r i, s i eventualmente nulli; il minimo comune multiplo di m ed n sarà allora m = mcm (m, n) = p 1 max (r 1,s 1) p 2 max (r 2,s 2)... p t max (r t,s t) ; consideriamo gli elementi di G a 1 = a p2r2 p 3 r 3...p t r t, b 1 = b p2s2 p 3 s 3...p t s t, a 2 = a p1r1 p 3 r 3...p t r t, b 2 = b p1s1 p 3 s 3...p t s t,.. a t = a p1r1 p 2 r 2...p t 1 r t 1, b t = b p1s1 p 2 s 2...p t 1 s t 1 ; si vede immediatamente che, per ogni i = 1, 2,..., t, a i ha ordine p i r i e b i ha ordine p i s i ; scegliamo quindi, per ogni i = 1, 2,..., t, c i = a i oppure c i = b i, a seconda che r i > s i oppure r i s i ; osserviamo che l ordine di c i è p max (ri,si) ; poniamo c = t c i ; i=1 25

26 26 II. TEORIA DI GALOIS l ordine di c risulta essere il prodotto degli ordini degli elementi c i (Prop. 1.1), ossia o(c) = m ; l elemento c è quindi proprio quello della tesi. Proposizione 1.3 Sia G un gruppo abeliano finito e sia a un suo elemento di ordine massimo m. Ogni elemento b di G ha per ordine un divisore di m. Dimostrazione. Sia b G, n il suo ordine; proviamo che n divide m; per la Prop. 1.2, esiste in G un elemento c avente per ordine mcm (m, n); ma m è l ordine massimo, e quindi o(c) m; ciò è possibile solo se o(c) = m; quindi mcm (m, n) = m, che implica che n divide m, e si ha quindi la tesi. Richiamiamo ora alcune proprietà dei campi finiti. Proposizione 1.4 Se K è un campo finito, allora K possiede p m elementi, dove p è un numero primo ed m N. Dimostrazione. Se K è finito, la sua caratteristica sarà un numero primo p (infatti, se per assurdo fosse ch K = 0, sarebbe Q K (isomorficamente), e quindi K non sarebbe finito); risulterà allora Z p K (isomorficamente), e K sarà uno spazio vettoriale su Z p, di dimensione finita 1 m; detta u 1, u 2,..., u m una base di K su Z p, si ha che per ogni elemento u di K è possibile determinare in maniera univoca α 1, α 2,..., α m Z p tali che u = α 1 u 1 + α 2 u α m u m ; inoltre, la corrispondenza u (α 1, α 2,..., α m ) è biunivoca; si ha allora: K = Z m p = Zp m = p m e quindi per transitività si ottiene che il numero di elementi di K è p m, ossia la tesi. Proposizione 1.5 Sia K un campo finito; se K ha p m elementi, allora K è il campo di spezzamento del polinomio x pm x su Z p. Dimostrazione. Consideriamo il gruppo moltiplicativo di K, (K, ) (dove, ricordiamo, K = K \ {0}); per ipotesi, esso ha p m 1 elementi e quindi, per ogni u K si ha u pm 1 = 1; allor u pm 1 1 = 0 u K, ed in definitiva, moltiplicando ambo i membri per u, u pm u = 0 u K, che vale banalmente anche per u = 0. Si ottiene cioè che tutti gli elementi di K sono radici dell equazione x pm x = 0; poiché il polinomio x pm x ha al più p m radici, e K ha esattamente p m elementi, x pm x si decompone in K in fattori lineari, ed inoltre le sue radici sono tutte e sole gli elementi di K, cioè K è il c.s. di x pm x. Proposizione 1.6 Per ogni numero primo p e per ogni m N esiste un campo finito con p m elementi, e due tali campi sono isomorfi. Dimostrazione. L isomorfismo di due tali campi è banale conseguenza del fatto che entrambi sono c.s. del polinomio x pm x su Z p. Proviamo dunque l esistenza di un campo finito con p m elementi. Consideriamo il campo Z p ed il polinomio f(x) = x pm x; sia K il campo di spezzamento del suddetto polinomio su Z p. 1 poiché K è finito.

27 1. CAMPI FINITI 27 Osserviamo che f (x) = p m x pm 1 1 = 1 0 x K, e quindi f, essendo costante e non nullo, non ha radici e quindi in particolare non ha radici in comune con f; allora f ha radici tutte semplici, ed ha allora esattamente p m radici distinte, nel suo campo di spezzamento. Consideriamo l insieme L delle radici di f, e proviamo che L è un campo finito: L sarà allora il campo della tesi. Siano u, v L. Proviamo che uv L e u + v L. Si ha (uv) pm = u pm v pm = uv e quindi uv L. Si ha poi p 1 ( ) (5) (u + v) p p = u p + u i v p i + v p = u p + v p i i=1 ( ) p poiché è multiplo di p, e nullo nel campo K, che ha caratteristica p; applicando i due volte la (5) si ha allora che (6) (u + v) p2 = ((u + v) p ) p = (u p + v p ) p = (u p ) p + (v p ) p = u p2 + v p2 ; ripetendo il procedimento: (u + v) p3 = così procedendo: ( (u + v) p2) p (6) = (u + v) ph = u ph + v ph h N; in particolare, dopo m passaggi: (u + v) pm = u pm + v pm = u + v, ( u p2 + v p2) p (5) = (u p2) p ( + v p2) p = u p 3 + v p3 ; da cui segue che u + v L. Risulta così provato che L è un campo; poiché L è finito, ed ha esattamente p m elementi (le radici di f), L è il campo della tesi 2. Proposizione 1.7 Il gruppo moltiplicativo di un campo finito è ciclico. Dimostrazione. Sia K un campo finito e sia (K, ) il suo gruppo moltiplicativo; esso è abeliano, in quanto K è un campo; sia t il suo ordine. Occorre provare che esiste u K tale che x K n N tale che x = u n. Poiché K è finito, è possibile determinare un elemento u K di ordine massimo m; per provare la tesi basta provare che m = t. Per la Prop. 1.3, sappiamo che ogni elemento di K ha per ordine un divisore di m, e quindi in particolare che v m = 1 v K, ossia tutti gli elementi di K sono radici dell equazione x m 1 = 0, che ha m radici; quindi t = K m. D altra parte, l ordine di un gruppo è non minore dell ordine di ogni suo elemento, e quindi in particolare t = K m; si ha in definitiva m t m e quindi t = m, che è quanto volevamo provare. 2 In effetti, si vede immediatamente che L = K.

28 28 II. TEORIA DI GALOIS 2. Estensioni separabili Definizione 2.1 Sia F K un estensione di campi; un elemento α K, algebrico su F, si dice separabile se è radice di un polinomio a coefficienti in F ed avente radici tutte semplici nel suo campo di spezzamento. Osservazione 2.1 Sia F K e sia α K, algebrico su F; α è separabile se e solo se il suo polinomio minimo ha radici tutte semplici nel suo campo di spezzamento. Dimostrazione. Infatti, ogni altro polinomio avente α come radice è multiplo del polinomio minimo di α. Definizione 2.2 Una estensione di campi F K si dice separabile se è algebrica e ogni elemento di K è separabile su F. Osservazione 2.2 Se ch F = 0, ogni estensione algebrica di F è separabile. Dimostrazione. Sia F K un estensione algebrica e sia α K; il polinomio minimo g di α è irriducibile su F, ed ha pertanto radici tutte semplici 3 ; quindi α è separabile. L arbitrarietà di α K assicura che K è separabile su F. Osservazione 2.3 Se F è un campo finito, allora ogni sua estensione algebrica è separabile. Dimostrazione. Sia K un estensione algebrica di F, e sia α F. Consideriamo l estensione F F(α); essendo α algebrico, l estensione è finita; essendo F finito, anche F(α) sarà allora finito, e pertanto avrà per ordine una potenza m della caratteristica p di F; ne segue allora che ogni elemento di F(α) è radice dell equazione x pm x, che ha p m radici distinte (tutti gli elementi di F(α)); α è allora radice del polinomio x pm x, che ha tutte radici semplici, ossia α è separabile. Per l arbitrarietà di α K si ha in definitiva che K è separabile su F. Esempio 2.1 Portiamo ora un esempio di estensione non separabile; in virtù delle due precedenti osservazioni, il campo F dev essere infinito e con caratteristica finita p. Consideriamo il campo Z p (T ) delle funzioni razionali, a coefficienti in Z p, nella indeterminata T ; sia poi U = T p Z p (T ). Poniamo F = Z p (U), K = Z p (T ). Proviamo che l estensione F K è algebrica, ma non separabile. Osserviamo che T K è algebrico su F, in quanto radice di X p U = 0, ed inoltre K = F(T ); l estensione F K è allora un estensione algebrica. Proviamo ora che X p U = 0 è il polinomio minimo di T su F; occorre provare che X p U è irriducibile su F = Z p (U); per il Teor. di Gauss, basta provare che X p U è irriducibile su Z p [U]; poiché Z p [U] è un dominio fattoriale, possiamo applicare il criterio di Eisenstein. Occorre trovare un elemento primo in Z p [U] che divida tutti i coefficienti, tranne quello di grado massimo, ed il cui quadrato non divida il termine noto; osserviamo che un tale elemento primo è U Z p [U], e quindi X p U è irriducibile, e pertanto X p U è il polinomio minimo di T su F. Essendo K = F(T ), si ha allora [K : F] = p. Osserviamo che in K il polinomio X p U si spezza completamente in fattori lineari, in quanto X p U = X p T p = (X T ) p (in quanto la caratteristica del campo è p) e quindi in particolare X p U ha, in 3 altrimenti, g dovrebbe avere un fattore a comune con g ; ma g ha grado strettamente minore del grado di g, e quindi g dovrebbe essere un fattore proprio di g, contro l irriducibilità di g.

29 2. ESTENSIONI SEPARABILI 29 K, una sola radice, T, multipla; T non è quindi separabile, e pertanto F K non è separabile, pur essendo algebrica. Teorema 2.1 (dell elemento primitivo) Ogni estensione di campi F K finitamente generata e separabile è semplice. Dimostrazione. Occorre provare che esiste α K tale che K = F(α). Supponiamo in un primo tempo che F sia finito; allora K è anche finito, e quindi il suo gruppo moltiplicativo K è ciclico; detto α un generatore di K, si ha banalmente K = F(α) (addirittura, ogni elemento di K è una potenza di α). Supponiamo ora che F sia infinito. Per ipotesi esistono α 1, α 2,..., α t K tali che K = F(α 1, α 2,..., α t ). Lavoriamo per induzione su t. Se t = 1, la tesi è banalmente vera per α = α 1. Proviamo ora la tesi con t = 2. Supponiamo quindi di avere un estensione separabile F K, finita, generata da a, b K; siano f, g i polinomi minimi rispettivamente di a, b, di grado rispettivamente n, m. Sia M il campo di spezzamento del polinomio f g; esso contiene in particolare le radici a, b, e quindi contiene K; si ha allora F K M. Siano a = a 1, a 2,..., a n le radici di f, e b = b 1, b 2,..., b m le radici di g. Poniamo, per ogni i = 1, 2,..., n e per ogni j = 2, 3,..., m, λ ij = a a i b j b M; essendo F infinito, esiste λ F, λ λ ij i = 1, 2,..., n, j = 2, 3,..., m; risulta allora a + λb a i + λb j i = 2, 3,..., n, j = 2, 3,..., m. Poniamo c = a + λb; avendosi a, b K e λ F K, si ha c K. Per provare che K è semplice su F basta provare che K = F(c). Poiché risulta F F(c), per provare la tesi basta in definitiva provare che a, b F(c). Consideriamo i due seguenti polinomi a coefficienti in F(c): h 1 (x) = f(c λx) h 2 (x) = g(x); osserviamo che b è radice di entrambi, in quando h 2 (b) = g(b) = 0 e h 1 (b) = f(c λb) = f(a) = 0; inoltre, non ci sono altre radici comuni, poiché le radici di h 2 sono b 1, b 2,..., b m ; per la scelta di λ, si ha c λb j a i i = 1, 2,..., n, j = 2, 3,..., m e quindi b j non è radice di h 1, se j > 1. Essendo b l unica radice comune, si ha MCD (h 1, h 2 ) = x b; ma i coefficienti del massimo comun divisore stanno nel campo dei coefficienti dei due polinomi, e quindi b F(c); si ha poi a = c λb F(c), e quindi a, b F(c) da cui segue, come già detto, K = F(c); ogni estensione separabile generata da due elementi è allora semplice, e ciò prova il teorema nel caso t = 2.

Applicazioni lineari

Applicazioni lineari Applicazioni lineari Esempi di applicazioni lineari Definizione. Se V e W sono spazi vettoriali, una applicazione lineare è una funzione f: V W tale che, per ogni v, w V e per ogni a, b R si abbia f(av

Dettagli

15 febbraio 2010 - Soluzione esame di geometria - 12 crediti Ingegneria gestionale - a.a. 2009-2010 COGNOME... NOME... N. MATRICOLA...

15 febbraio 2010 - Soluzione esame di geometria - 12 crediti Ingegneria gestionale - a.a. 2009-2010 COGNOME... NOME... N. MATRICOLA... 15 febbraio 010 - Soluzione esame di geometria - 1 crediti Ingegneria gestionale - a.a. 009-010 COGNOME.......................... NOME.......................... N. MATRICOLA............. La prova dura

Dettagli

L anello dei polinomi

L anello dei polinomi L anello dei polinomi Sia R un anello commutativo con identità. È possibile costruire un anello commutativo unitario, che si denota con R[x], che contiene R (come sottoanello) e un elemento x non appartenente

Dettagli

Dimensione di uno Spazio vettoriale

Dimensione di uno Spazio vettoriale Capitolo 4 Dimensione di uno Spazio vettoriale 4.1 Introduzione Dedichiamo questo capitolo ad un concetto fondamentale in algebra lineare: la dimensione di uno spazio vettoriale. Daremo una definizione

Dettagli

STRUTTURE ALGEBRICHE

STRUTTURE ALGEBRICHE STRUTTURE ALGEBRICHE Operazioni in un insieme Sia A un insieme non vuoto; una funzione f : A A A si dice operazione binaria (o semplicemente operazione), oppure legge di composizione interna. Per definizione

Dettagli

Esercizi su lineare indipendenza e generatori

Esercizi su lineare indipendenza e generatori Esercizi su lineare indipendenza e generatori Per tutto il seguito, se non specificato esplicitamente K indicherà un campo e V uno spazio vettoriale su K Cose da ricordare Definizione Dei vettori v,,v

Dettagli

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI Capitolo I LE FUNZIONI A DUE VARIABILI In questo primo capitolo introduciamo alcune definizioni di base delle funzioni reali a due variabili reali. Nel seguito R denoterà l insieme dei numeri reali mentre

Dettagli

Parte 6. Applicazioni lineari

Parte 6. Applicazioni lineari Parte 6 Applicazioni lineari A Savo Appunti del Corso di Geometria 203-4 Indice delle sezioni Applicazioni fra insiemi, 2 Applicazioni lineari tra spazi vettoriali, 2 3 Applicazioni lineari da R n a R

Dettagli

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA.

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA. CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA. FOGLIO DI ESERCIZI 4 GEOMETRIA E ALGEBRA LINEARE 2010/11 Esercizio 4.1 (2.2). Determinare l equazione parametrica e Cartesiana della retta dello spazio (a) Passante per i

Dettagli

ESERCIZI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA

ESERCIZI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA ESERCIZI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Francesco Bottacin Padova, 24 febbraio 2012 Capitolo 1 Algebra Lineare 1.1 Spazi e sottospazi vettoriali Esercizio 1.1. Sia U il sottospazio di R 4 generato dai

Dettagli

2.1 Definizione di applicazione lineare. Siano V e W due spazi vettoriali su R. Un applicazione

2.1 Definizione di applicazione lineare. Siano V e W due spazi vettoriali su R. Un applicazione Capitolo 2 MATRICI Fra tutte le applicazioni su uno spazio vettoriale interessa esaminare quelle che mantengono la struttura di spazio vettoriale e che, per questo, vengono dette lineari La loro importanza

Dettagli

EQUAZIONI DIFFERENZIALI. 1. Trovare tutte le soluzioni delle equazioni differenziali: (a) x = x 2 log t (d) x = e t x log x (e) y = y2 5y+6

EQUAZIONI DIFFERENZIALI. 1. Trovare tutte le soluzioni delle equazioni differenziali: (a) x = x 2 log t (d) x = e t x log x (e) y = y2 5y+6 EQUAZIONI DIFFERENZIALI.. Trovare tutte le soluzioni delle equazioni differenziali: (a) x = x log t (d) x = e t x log x (e) y = y 5y+6 (f) y = ty +t t +y (g) y = y (h) xy = y (i) y y y = 0 (j) x = x (k)

Dettagli

DOMINI A FATTORIZZAZIONE UNICA

DOMINI A FATTORIZZAZIONE UNICA DOMINI A FATTORIZZAZIONE UNICA CORSO DI ALGEBRA, A.A. 2012-2013 Nel seguito D indicherà sempre un dominio d integrità cioè un anello commutativo con unità privo di divisori dello zero. Indicheremo con

Dettagli

Matematica generale CTF

Matematica generale CTF Successioni numeriche 19 agosto 2015 Definizione di successione Monotonìa e limitatezza Forme indeterminate Successioni infinitesime Comportamento asintotico Criterio del rapporto per le successioni Definizione

Dettagli

EQUAZIONI DIFFERENZIALI Esercizi svolti. y = xy. y(2) = 1.

EQUAZIONI DIFFERENZIALI Esercizi svolti. y = xy. y(2) = 1. EQUAZIONI DIFFERENZIALI Esercizi svolti 1. Determinare la soluzione dell equazione differenziale (x 2 + 1)y + y 2 =. y + x tan y = 2. Risolvere il problema di Cauchy y() = 1 2 π. 3. Risolvere il problema

Dettagli

APPUNTI DI MATEMATICA LE FRAZIONI ALGEBRICHE ALESSANDRO BOCCONI

APPUNTI DI MATEMATICA LE FRAZIONI ALGEBRICHE ALESSANDRO BOCCONI APPUNTI DI MATEMATICA LE FRAZIONI ALGEBRICHE ALESSANDRO BOCCONI Indice 1 Le frazioni algebriche 1.1 Il minimo comune multiplo e il Massimo Comun Divisore fra polinomi........ 1. Le frazioni algebriche....................................

Dettagli

11) convenzioni sulla rappresentazione grafica delle soluzioni

11) convenzioni sulla rappresentazione grafica delle soluzioni 2 PARAGRAFI TRATTATI 1)La funzione esponenziale 2) grafici della funzione esponenziale 3) proprietá delle potenze 4) i logaritmi 5) grafici della funzione logaritmica 6) principali proprietá dei logaritmi

Dettagli

1 Serie di Taylor di una funzione

1 Serie di Taylor di una funzione Analisi Matematica 2 CORSO DI STUDI IN SMID CORSO DI ANALISI MATEMATICA 2 CAPITOLO 7 SERIE E POLINOMI DI TAYLOR Serie di Taylor di una funzione. Definizione di serie di Taylor Sia f(x) una funzione definita

Dettagli

Algebra Lineare e Geometria

Algebra Lineare e Geometria Algebra Lineare e Geometria Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica A.A. 2013-2014 Prova d esame del 16/06/2014. 1) a) Determinare la matrice associata all applicazione lineare T : R 3 R 4 definita da

Dettagli

Parte 2. Determinante e matrice inversa

Parte 2. Determinante e matrice inversa Parte. Determinante e matrice inversa A. Savo Appunti del Corso di Geometria 013-14 Indice delle sezioni 1 Determinante di una matrice, 1 Teorema di Cramer (caso particolare), 3 3 Determinante di una matrice

Dettagli

Teoria in sintesi 10. Attività di sportello 1, 24 - Attività di sportello 2, 24 - Verifica conclusiva, 25. Teoria in sintesi 26

Teoria in sintesi 10. Attività di sportello 1, 24 - Attività di sportello 2, 24 - Verifica conclusiva, 25. Teoria in sintesi 26 Indice L attività di recupero 6 Funzioni Teoria in sintesi 0 Obiettivo Ricerca del dominio e del codominio di funzioni note Obiettivo Ricerca del dominio di funzioni algebriche; scrittura del dominio Obiettivo

Dettagli

APPLICAZIONI LINEARI

APPLICAZIONI LINEARI APPLICAZIONI LINEARI 1. Esercizi Esercizio 1. Date le seguenti applicazioni lineari (1) f : R 2 R 3 definita da f(x, y) = (x 2y, x + y, x + y); (2) g : R 3 R 2 definita da g(x, y, z) = (x + y, x y); (3)

Dettagli

Parte 3. Rango e teorema di Rouché-Capelli

Parte 3. Rango e teorema di Rouché-Capelli Parte 3. Rango e teorema di Rouché-Capelli A. Savo Appunti del Corso di Geometria 203-4 Indice delle sezioni Rango di una matrice, 2 Teorema degli orlati, 3 3 Calcolo con l algoritmo di Gauss, 6 4 Matrici

Dettagli

IGiochidiArchimede-SoluzioniBiennio 22 novembre 2006

IGiochidiArchimede-SoluzioniBiennio 22 novembre 2006 PROGETTO OLIMPII I MTEMTI U.M.I. UNIONE MTEMTI ITLIN SUOL NORMLE SUPERIORE IGiochidirchimede-Soluzioniiennio novembre 006 Griglia delle risposte corrette Problema Risposta corretta E 4 5 6 7 8 9 E 0 Problema

Dettagli

Iniziamo con un esercizio sul massimo comun divisore: Esercizio 1. Sia d = G.C.D.(a, b), allora:

Iniziamo con un esercizio sul massimo comun divisore: Esercizio 1. Sia d = G.C.D.(a, b), allora: Iniziamo con un esercizio sul massimo comun divisore: Esercizio 1. Sia d = G.C.D.(a, b), allora: G.C.D.( a d, b d ) = 1 Sono state introdotte a lezione due definizioni importanti che ricordiamo: Definizione

Dettagli

Nel seguito, senza ulteriormente specificarlo, A indicherà un anello commutativo con identità.

Nel seguito, senza ulteriormente specificarlo, A indicherà un anello commutativo con identità. 1 ANELLI Definizione 1.1. Sia A un insieme su cui sono definite due operazioni +,. (A, +, ) si dice Anello se (A, +) è un gruppo abeliano è associativa valgono le leggi distributive, cioè se a, b, c A

Dettagli

4 Dispense di Matematica per il biennio dell Istituto I.S.I.S. Gaetano Filangieri di Frattamaggiore EQUAZIONI FRATTE E SISTEMI DI EQUAZIONI

4 Dispense di Matematica per il biennio dell Istituto I.S.I.S. Gaetano Filangieri di Frattamaggiore EQUAZIONI FRATTE E SISTEMI DI EQUAZIONI 119 4 Dispense di Matematica per il biennio dell Istituto I.S.I.S. Gaetano Filangieri di Frattamaggiore EQUAZIONI FRATTE E SISTEMI DI EQUAZIONI Indice degli Argomenti: TEMA N. 1 : INSIEMI NUMERICI E CALCOLO

Dettagli

1 Applicazioni Lineari tra Spazi Vettoriali

1 Applicazioni Lineari tra Spazi Vettoriali 1 Applicazioni Lineari tra Spazi Vettoriali Definizione 1 (Applicazioni lineari) Si chiama applicazione lineare una applicazione tra uno spazio vettoriale ed uno spazio vettoriale sul campo tale che "!$%!

Dettagli

Anello commutativo. Un anello è commutativo se il prodotto è commutativo.

Anello commutativo. Un anello è commutativo se il prodotto è commutativo. Anello. Un anello (A, +, ) è un insieme A con due operazioni + e, dette somma e prodotto, tali che (A, +) è un gruppo abeliano, (A, ) è un monoide, e valgono le proprietà di distributività (a destra e

Dettagli

LEZIONE 23. Esempio 23.1.3. Si consideri la matrice (si veda l Esempio 22.2.5) A = 1 2 2 3 3 0

LEZIONE 23. Esempio 23.1.3. Si consideri la matrice (si veda l Esempio 22.2.5) A = 1 2 2 3 3 0 LEZIONE 23 231 Diagonalizzazione di matrici Abbiamo visto nella precedente lezione che, in generale, non è immediato che, data una matrice A k n,n con k = R, C, esista sempre una base costituita da suoi

Dettagli

1. PRIME PROPRIETÀ 2

1. PRIME PROPRIETÀ 2 RELAZIONI 1. Prime proprietà Il significato comune del concetto di relazione è facilmente intuibile: due elementi sono in relazione se c è un legame tra loro descritto da una certa proprietà; ad esempio,

Dettagli

Proposta di soluzione della prova di matematica Liceo scientifico di Ordinamento - 2014

Proposta di soluzione della prova di matematica Liceo scientifico di Ordinamento - 2014 Proposta di soluzione della prova di matematica Liceo scientifico di Ordinamento - 14 Problema 1 Punto a) Osserviamo che g (x) = f(x) e pertanto g () = f() = in quanto Γ è tangente all asse delle ascisse,

Dettagli

CONTINUITÀ E DERIVABILITÀ Esercizi proposti. 1. Determinare lim M(sinx) (M(t) denota la mantissa di t)

CONTINUITÀ E DERIVABILITÀ Esercizi proposti. 1. Determinare lim M(sinx) (M(t) denota la mantissa di t) CONTINUITÀ E DERIVABILITÀ Esercizi proposti 1. Determinare lim M(sin) (M(t) denota la mantissa di t) kπ/ al variare di k in Z. Ove tale limite non esista, discutere l esistenza dei limiti laterali. Identificare

Dettagli

Laboratorio teorico-pratico per la preparazione alle gare di matematica

Laboratorio teorico-pratico per la preparazione alle gare di matematica Laboratorio teorico-pratico per la preparazione alle gare di matematica Ercole Suppa Liceo Scientifico A. Einstein, Teramo e-mail: ercolesuppa@gmail.com Teramo, 3 dicembre 2014 USR Abruzzo - PLS 2014-2015,

Dettagli

Equazioni alle differenze finite (cenni).

Equazioni alle differenze finite (cenni). AL 011. Equazioni alle differenze finite (cenni). Sia a n } n IN una successione di numeri reali. (Qui usiamo la convenzione IN = 0, 1,,...}). Diremo che è una successione ricorsiva o definita per ricorrenza

Dettagli

Proof. Dimostrazione per assurdo. Consideriamo l insieme complementare di P nell insieme

Proof. Dimostrazione per assurdo. Consideriamo l insieme complementare di P nell insieme G Pareschi Principio di induzione Il Principio di Induzione (che dovreste anche avere incontrato nel Corso di Analisi I) consente di dimostrare Proposizioni il cui enunciato è in funzione di un numero

Dettagli

MATEMATICA 2001. p = 4/6 = 2/3; q = 1-2/3 = 1/3. La risposta corretta è quindi la E).

MATEMATICA 2001. p = 4/6 = 2/3; q = 1-2/3 = 1/3. La risposta corretta è quindi la E). MATEMATICA 2001 66. Quale fra le seguenti affermazioni è sbagliata? A) Tutte le funzioni ammettono la funzione inversa B) Una funzione dispari è simmetrica rispetto all origine C) Una funzione pari è simmetrica

Dettagli

Anelli a fattorizzazione unica. Domini ad ideali principali. Anelli Euclidei

Anelli a fattorizzazione unica. Domini ad ideali principali. Anelli Euclidei Capitolo 5: Anelli speciali: Introduzione: Gli anelli speciali sono anelli dotati di ulteriori proprietà molto forti che ne rendono agevole lo studio. Anelli euclidei Domini ad ideali principali Anelli

Dettagli

u 1 u k che rappresenta formalmente la somma degli infiniti numeri (14.1), ordinati al crescere del loro indice. I numeri u k

u 1 u k che rappresenta formalmente la somma degli infiniti numeri (14.1), ordinati al crescere del loro indice. I numeri u k Capitolo 4 Serie numeriche 4. Serie convergenti, divergenti, indeterminate Data una successione di numeri reali si chiama serie ad essa relativa il simbolo u +... + u +... u, u 2,..., u,..., (4.) oppure

Dettagli

Lezioni di Algebra Lineare III. Applicazioni lineari e matrici Struttura algebrica delle soluzioni dei sistemi lineari

Lezioni di Algebra Lineare III. Applicazioni lineari e matrici Struttura algebrica delle soluzioni dei sistemi lineari Versione ottobre novembre 2008 Lezioni di Algebra Lineare III. Applicazioni lineari e matrici Struttura algebrica delle soluzioni dei sistemi lineari Contenuto 1. Applicazioni lineari 2. L insieme delle

Dettagli

CAPITOLO 16 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI

CAPITOLO 16 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI CAPITOLO 16 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Abbiamo studiato successioni e serie numeriche, ora vogliamo studiare successioni e serie di funzioni. Dato un insieme A R, chiamiamo successione di funzioni

Dettagli

x 1 + x 2 3x 4 = 0 x1 + x 2 + x 3 = 0 x 1 + x 2 3x 4 = 0.

x 1 + x 2 3x 4 = 0 x1 + x 2 + x 3 = 0 x 1 + x 2 3x 4 = 0. Problema. Sia W il sottospazio dello spazio vettoriale R 4 dato da tutte le soluzioni dell equazione x + x 2 + x = 0. (a. Sia U R 4 il sottospazio dato da tutte le soluzioni dell equazione Si determini

Dettagli

RETTE, PIANI, SFERE, CIRCONFERENZE

RETTE, PIANI, SFERE, CIRCONFERENZE RETTE, PIANI, SFERE, CIRCONFERENZE 1. Esercizi Esercizio 1. Dati i punti A(1, 0, 1) e B(, 1, 1) trovare (1) la loro distanza; () il punto medio del segmento AB; (3) la retta AB sia in forma parametrica,

Dettagli

Prova parziale di Geometria e Topologia I - 5 mag 2008 (U1-03, 13:30 16:30) 1/8. Cognome:... Nome:... Matricola:...

Prova parziale di Geometria e Topologia I - 5 mag 2008 (U1-03, 13:30 16:30) 1/8. Cognome:... Nome:... Matricola:... Prova parziale di Geometria e Topologia I - 5 mag 2008 (U1-03, 13:30 16:30) 1/8 Cognome:................ Nome:................ Matricola:................ (Dare una dimostrazione esauriente di tutte le

Dettagli

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA BANCARIA FINANZIARIA ED ASSICURATIVA (Classe 7) Corso di Matematica per l Economia (Prof. F. Eugeni) TEST DI INGRESSO Teramo, ottobre 00 SEZIONE

Dettagli

APPLICAZIONI LINEARI

APPLICAZIONI LINEARI APPLICAZIONI LINEARI Esercizi Esercizio 1. Sia f: R 3 R 2 (x, y, z) (x + 2y + z, y + z). (1) Verificare che f è lineare. (2) Determinare una base di ker(f) e stabilire se f è iniettiva. (3) Calcolare w

Dettagli

Prof. Silvio Reato Valcavasia Ricerche. Il piano cartesiano

Prof. Silvio Reato Valcavasia Ricerche. Il piano cartesiano Il piano cartesiano Per la rappresentazione di grafici su di un piano si utilizza un sistema di riferimento cartesiano. Su questo piano si rappresentano due rette orientate (con delle frecce all estremità

Dettagli

Esercizi svolti sui numeri complessi

Esercizi svolti sui numeri complessi Francesco Daddi - ottobre 009 Esercizio 1 Risolvere l equazione z 1 + i = 1. Soluzione. Moltiplichiamo entrambi i membri per 1 + i in definitiva la soluzione è z 1 + i 1 + i = 1 1 + i z = 1 1 i. : z =

Dettagli

Le equazioni. Diapositive riassemblate e rielaborate da prof. Antonio Manca da materiali offerti dalla rete.

Le equazioni. Diapositive riassemblate e rielaborate da prof. Antonio Manca da materiali offerti dalla rete. Le equazioni Diapositive riassemblate e rielaborate da prof. Antonio Manca da materiali offerti dalla rete. Definizione e caratteristiche Chiamiamo equazione l uguaglianza tra due espressioni algebriche,

Dettagli

ELEMENTI DI GEOMETRIA ANALITICA: LA RETTA.

ELEMENTI DI GEOMETRIA ANALITICA: LA RETTA. ELEMENTI DI GEOMETRIA ANALITICA: LA RETTA. Prerequisiti I radicali Risoluzione di sistemi di equazioni di primo e secondo grado. Classificazione e dominio delle funzioni algebriche Obiettivi minimi Saper

Dettagli

LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE

LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE La sequenza costituisce un esempio di SUCCESSIONE. Ecco un altro esempio di successione: Una successione è dunque una sequenza infinita di numeri reali (ma potrebbe

Dettagli

Esempi di funzione. Scheda Tre

Esempi di funzione. Scheda Tre Scheda Tre Funzioni Consideriamo una legge f che associa ad un elemento di un insieme X al più un elemento di un insieme Y; diciamo che f è una funzione, X è l insieme di partenza e X l insieme di arrivo.

Dettagli

2 FUNZIONI REALI DI VARIABILE REALE

2 FUNZIONI REALI DI VARIABILE REALE 2 FUNZIONI REALI DI VARIABILE REALE 2.1 CONCETTO DI FUNZIONE Definizione 2.1 Siano A e B due insiemi. Una funzione (o applicazione) f con dominio A a valori in B è una legge che associa ad ogni elemento

Dettagli

Rette e curve, piani e superfici

Rette e curve, piani e superfici Rette e curve piani e superfici ) dicembre 2 Scopo di questo articolo è solo quello di proporre uno schema riepilogativo che metta in luce le caratteristiche essenziali delle equazioni di rette e curve

Dettagli

Corrispondenze e funzioni

Corrispondenze e funzioni Corrispondenze e funzioni L attività fondamentale della mente umana consiste nello stabilire corrispondenze e relazioni tra oggetti; è anche per questo motivo che il concetto di corrispondenza è uno dei

Dettagli

Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica

Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica Esame di Geometria (Prof. F. Tovena) Argomenti: Proprietà di nucleo e immagine di una applicazione lineare. dim V = dim

Dettagli

Forze come grandezze vettoriali

Forze come grandezze vettoriali Forze come grandezze vettoriali L. Paolucci 23 novembre 2010 Sommario Esercizi e problemi risolti. Per la classe prima. Anno Scolastico 2010/11 Parte 1 / versione 2 Si ricordi che la risultante di due

Dettagli

SOMMARIO. 13.1 I radicali pag. 3. 13.2 I radicali aritmetici pag. 5. 13.3 Moltiplicazione e divisione fra radicali aritmetici pag.

SOMMARIO. 13.1 I radicali pag. 3. 13.2 I radicali aritmetici pag. 5. 13.3 Moltiplicazione e divisione fra radicali aritmetici pag. SOMMARIO CAPITOLO : I RADICALI. I radicali pag.. I radicali aritmetici pag.. Moltiplicazione e divisione fra radicali aritmetici pag.. Potenza di un radicale aritmetico pag.. Trasporto di un fattore esterno

Dettagli

Capitolo I STRUTTURE ALGEBRICHE ELEMENTARI

Capitolo I STRUTTURE ALGEBRICHE ELEMENTARI Capitolo I STRUTTURE ALGEBRICHE ELEMENTARI In matematica, per semplificare la stesura di un testo, si fa ricorso ad un linguaggio specifico. In questo capitolo vengono fornite in maniera sintetica le nozioni

Dettagli

Coordinate Cartesiane nel Piano

Coordinate Cartesiane nel Piano Coordinate Cartesiane nel Piano O = (0,0) origine degli assi ascissa, y ordinata sistemi monometrici: stessa unità di misura sui due assi, y sistemi dimetrici: unità di misura diverse sui due assi (spesso

Dettagli

L espressione torna invece sempre vera (quindi la soluzione originale) se cambiamo contemporaneamente il verso: 1 < 0.

L espressione torna invece sempre vera (quindi la soluzione originale) se cambiamo contemporaneamente il verso: 1 < 0. EQUAZIONI E DISEQUAZIONI Le uguaglianze fra espressioni numeriche si chiamano equazioni. Cercare le soluzioni dell equazione vuol dire cercare quelle combinazioni delle lettere che vi compaiono che la

Dettagli

GEOMETRIA DELLE MASSE

GEOMETRIA DELLE MASSE 1 DISPENSA N 2 GEOMETRIA DELLE MASSE Si prende in considerazione un sistema piano, ossia giacente nel pian x-y. Un insieme di masse posizionato nel piano X-Y, rappresentato da punti individuati dalle loro

Dettagli

Prodotto libero di gruppi

Prodotto libero di gruppi Prodotto libero di gruppi 24 aprile 2014 Siano (A 1, +) e (A 2, +) gruppi abeliani. Sul prodotto cartesiano A 1 A 2 definiamo l operazione (x 1, y 1 ) + (x 2, y 2 ) := (x 1 + x 2, y 1 + y 2 ). Provvisto

Dettagli

4. Operazioni elementari per righe e colonne

4. Operazioni elementari per righe e colonne 4. Operazioni elementari per righe e colonne Sia K un campo, e sia A una matrice m n a elementi in K. Una operazione elementare per righe sulla matrice A è una operazione di uno dei seguenti tre tipi:

Dettagli

ELEMENTI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Corso di Laurea Ingegneria Edile-Architettura

ELEMENTI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Corso di Laurea Ingegneria Edile-Architettura Cognome Nome Matricola ELEMENTI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Corso di Laurea Ingegneria Edile-Architettura (Primo appello/ii prova parziale 15/6/15 - Chiarellotto-Urbinati) Per la II prova: solo esercizi

Dettagli

3 GRAFICI DI FUNZIONI

3 GRAFICI DI FUNZIONI 3 GRAFICI DI FUNZIONI Particolari sottoinsiemi di R che noi studieremo sono i grafici di funzioni. Il grafico di una funzione f (se non è specificato il dominio di definizione) è dato da {(x, y) : x dom

Dettagli

LEZIONE 16. Proposizione 16.1.2. Siano V e W spazi vettoriali su k = R, C. Se f: V W

LEZIONE 16. Proposizione 16.1.2. Siano V e W spazi vettoriali su k = R, C. Se f: V W LEZIONE 16 16.1. Applicazioni lineari iniettive e suriettive. Ricordo le seguenti due definizioni valide per applicazioni di qualsiasi tipo ϕ: X Y fra due insiemi. L applicazione ϕ si dice iniettiva se

Dettagli

ESAME DI STATO DI LICEO SCIENTIFICO CORSO DI ORDINAMENTO 2004

ESAME DI STATO DI LICEO SCIENTIFICO CORSO DI ORDINAMENTO 2004 ESAME DI STATO DI LICEO SCIENTIFICO CORSO DI ORDINAMENTO 004 Il candidato risolva uno dei due problemi e 5 dei 10 quesiti in cui si articola il questionario. PROBLEMA 1 Sia f la funzione definita da: f

Dettagli

3 Applicazioni lineari e matrici

3 Applicazioni lineari e matrici 3 Applicazioni lineari e matrici 3.1 Applicazioni lineari Definizione 3.1 Siano V e W dei K spazi vettoriali. Una funzione f : V W è detta applicazione lineare se: i u, v V, si ha f(u + v = f(u + f(v;

Dettagli

FUNZIONI ELEMENTARI - ESERCIZI SVOLTI

FUNZIONI ELEMENTARI - ESERCIZI SVOLTI FUNZIONI ELEMENTARI - ESERCIZI SVOLTI 1) Determinare il dominio delle seguenti funzioni di variabile reale: (a) f(x) = x 4 (c) f(x) = 4 x x + (b) f(x) = log( x + x) (d) f(x) = 1 4 x 5 x + 6 ) Data la funzione

Dettagli

la funzione è definita la funzione non è definita Si osservi, infatti, che la radice di un numero negativo non esiste nel campo dei numeri reali.

la funzione è definita la funzione non è definita Si osservi, infatti, che la radice di un numero negativo non esiste nel campo dei numeri reali. 1 y 4 CAMPO DI ESISTENZA. Poiché data è una irrazionale con indice di radice pari, il cui radicando è un polinomio, essa risulta definita solo per i valori della per i quali il radicando è positivo, ovvero

Dettagli

Massimi e minimi vincolati di funzioni in due variabili

Massimi e minimi vincolati di funzioni in due variabili Massimi e minimi vincolati di funzioni in due variabili I risultati principali della teoria dell ottimizzazione, il Teorema di Fermat in due variabili e il Test dell hessiana, si applicano esclusivamente

Dettagli

I Numeri Complessi. Si verifica facilmente che, per l operazione di somma in definita dalla (1), valgono le seguenti

I Numeri Complessi. Si verifica facilmente che, per l operazione di somma in definita dalla (1), valgono le seguenti Y T T I Numeri Complessi Operazioni di somma e prodotto su Consideriamo, insieme delle coppie ordinate di numeri reali, per cui si ha!"# $&% '( e )("+* Introduciamo in tale insieme una operazione di somma,/0"#123045"#

Dettagli

Anno 3. Funzioni: dominio, codominio e campo di esistenza

Anno 3. Funzioni: dominio, codominio e campo di esistenza Anno 3 Funzioni: dominio, codominio e campo di esistenza 1 Introduzione In questa lezione parleremo delle funzioni. Ne daremo una definizione e impareremo a studiarne il dominio in relazione alle diverse

Dettagli

10. Insiemi non misurabili secondo Lebesgue.

10. Insiemi non misurabili secondo Lebesgue. 10. Insiemi non misurabili secondo Lebesgue. Lo scopo principale di questo capitolo è quello di far vedere che esistono sottoinsiemi di R h che non sono misurabili secondo Lebesgue. La costruzione di insiemi

Dettagli

I tre concetti si possono descrivere in modo unitario dicendo che f e iniettiva, suriettiva, biiettiva se e solo se per ogni b B l equazione

I tre concetti si possono descrivere in modo unitario dicendo che f e iniettiva, suriettiva, biiettiva se e solo se per ogni b B l equazione Lezioni del 29 settembre e 1 ottobre. 1. Funzioni iniettive, suriettive, biiettive. Sia f : A B una funzione da un insieme A ad un insieme B. Sia a A e sia b = f (a) B l elemento che f associa ad a, allora

Dettagli

ESAME DI STATO DI LICEO SCIENTIFICO CORSO SPERIMENTALE P.N.I. 2004

ESAME DI STATO DI LICEO SCIENTIFICO CORSO SPERIMENTALE P.N.I. 2004 ESAME DI STAT DI LICE SCIENTIFIC CRS SPERIMENTALE P.N.I. 004 Il candidato risolva uno dei due problemi e 5 dei 0 quesiti in cui si articola il questionario. PRBLEMA Sia la curva d equazione: ke ove k e

Dettagli

a) Il campo di esistenza di f(x) è dato da 2x 0, ovvero x 0. Il grafico di f(x) è quello di una iperbole -1 1

a) Il campo di esistenza di f(x) è dato da 2x 0, ovvero x 0. Il grafico di f(x) è quello di una iperbole -1 1 LE FUNZIONI EALI DI VAIABILE EALE Soluzioni di quesiti e problemi estratti dal Corso Base Blu di Matematica volume 5 Q[] Sono date le due funzioni: ) = e g() = - se - se = - Determina il campo di esistenza

Dettagli

CONTINUITÀ E DERIVABILITÀ Esercizi risolti

CONTINUITÀ E DERIVABILITÀ Esercizi risolti CONTINUITÀ E DERIVABILITÀ Esercizi risolti. Determinare kπ/ [cos] al variare di k in Z. Ove tale ite non esista, discutere l esistenza dei iti laterali. Identificare i punti di discontinuità della funzione

Dettagli

Lezione 9: Cambio di base

Lezione 9: Cambio di base Lezione 9: Cambio di base In questa lezione vogliamo affrontare uno degli argomenti piu ostici per lo studente e cioè il cambio di base all interno di uno spazio vettoriale, inoltre cercheremo di capire

Dettagli

IL CONCETTO DI FUNZIONE

IL CONCETTO DI FUNZIONE IL CONCETTO DI FUNZIONE Il concetto di funzione è forse il concetto più importante per la matematica: infatti la matematica e' cercare le cause, le implicazioni, le conseguenze e l'utilità di una funzione

Dettagli

PROPRIETA' ASSOCIATIVA La somma di tre o più addendi non cambia se al posto di alcuni di essi si sostituisce la loro somma.

PROPRIETA' ASSOCIATIVA La somma di tre o più addendi non cambia se al posto di alcuni di essi si sostituisce la loro somma. Addizione: PROPRIETA' COMMUTATIVA Cambiando l'ordine degli addendi la somma non cambia. 1) a + b = b + a PROPRIETA' ASSOCIATIVA La somma di tre o più addendi non cambia se al posto di alcuni di essi si

Dettagli

x 2 + y2 4 = 1 x = cos(t), y = 2 sin(t), t [0, 2π] Al crescere di t l ellisse viene percorsa in senso antiorario.

x 2 + y2 4 = 1 x = cos(t), y = 2 sin(t), t [0, 2π] Al crescere di t l ellisse viene percorsa in senso antiorario. Le soluzioni del foglio 2. Esercizio Calcolare il lavoro compiuto dal campo vettoriale F = (y + 3x, 2y x) per far compiere ad una particella un giro dell ellisse 4x 2 + y 2 = 4 in senso orario... Soluzione.

Dettagli

razionali Figura 1. Rappresentazione degli insiemi numerici Numeri reali algebrici trascendenti frazionari decimali finiti

razionali Figura 1. Rappresentazione degli insiemi numerici Numeri reali algebrici trascendenti frazionari decimali finiti 4. Insiemi numerici 4.1 Insiemi numerici Insieme dei numeri naturali = {0,1,,3,,} Insieme dei numeri interi relativi = {..., 3,, 1,0, + 1, +, + 3, } Insieme dei numeri razionali n 1 1 1 1 = : n, m \{0}

Dettagli

5. La teoria astratta della misura.

5. La teoria astratta della misura. 5. La teoria astratta della misura. 5.1. σ-algebre. 5.1.1. σ-algebre e loro proprietà. Sia Ω un insieme non vuoto. Indichiamo con P(Ω la famiglia di tutti i sottoinsiemi di Ω. Inoltre, per ogni insieme

Dettagli

ESERCIZI APPLICAZIONI LINEARI

ESERCIZI APPLICAZIONI LINEARI ESERCIZI APPLICAZIONI LINEARI PAOLO FACCIN 1. Esercizi sulle applicazioni lineari 1.1. Definizioni sulle applicazioni lineari. Siano V, e W spazi vettoriali, con rispettive basi B V := (v 1 v n) e B W

Dettagli

Anno 5 4 Funzioni reali. elementari

Anno 5 4 Funzioni reali. elementari Anno 5 4 Funzioni reali elementari 1 Introduzione In questa lezione studieremo alcune funzioni molto comuni, dette per questo funzioni elementari. Al termine di questa lezione sarai in grado di definire

Dettagli

NUMERI COMPLESSI. Esercizi svolti., e) i 34, f) i 7. 10 i

NUMERI COMPLESSI. Esercizi svolti., e) i 34, f) i 7. 10 i NUMERI COMPLESSI Esercizi svolti 1. Calcolare le seguenti potenze di i: a) i, b) i, c) i 4, d) 1 i, e) i 4, f) i 7. Semplificare le seguenti espressioni: a) ( i) i(1 ( 1 i), b) ( + i)( i) 5 + 1 ) 10 i,

Dettagli

RICHIAMI SULLE MATRICI. Una matrice di m righe e n colonne è rappresentata come

RICHIAMI SULLE MATRICI. Una matrice di m righe e n colonne è rappresentata come RICHIAMI SULLE MATRICI Una matrice di m righe e n colonne è rappresentata come A = a 11 a 12... a 1n a 21 a 22... a 2n............ a m1 a m2... a mn dove m ed n sono le dimensioni di A. La matrice A può

Dettagli

La Programmazione Lineare

La Programmazione Lineare 4 La Programmazione Lineare 4.1 INTERPRETAZIONE GEOMETRICA DI UN PROBLEMA DI PROGRAMMAZIONE LINEARE Esercizio 4.1.1 Fornire una rappresentazione geometrica e risolvere graficamente i seguenti problemi

Dettagli

Prodotto elemento per elemento, NON righe per colonne Unione: M R S

Prodotto elemento per elemento, NON righe per colonne Unione: M R S Relazioni binarie Una relazione binaria può essere rappresentata con un grafo o con una matrice di incidenza. Date due relazioni R, S A 1 A 2, la matrice di incidenza a seguito di varie operazioni si può

Dettagli

LEZIONE 14. a 1,1 v 1 + a 1,2 v 2 + a 1,3 v 3 + + a 1,n 1 v n 1 + a 1,n v n = w 1

LEZIONE 14. a 1,1 v 1 + a 1,2 v 2 + a 1,3 v 3 + + a 1,n 1 v n 1 + a 1,n v n = w 1 LEZIONE 14 141 Dimensione di uno spazio vettoriale Abbiamo visto come l esistenza di una base in uno spazio vettoriale V su k = R, C, permetta di sostituire a V, che può essere complicato da trattare,

Dettagli

Appunti sul corso di Complementi di Matematica - prof. B.Bacchelli. 03 - Equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti.

Appunti sul corso di Complementi di Matematica - prof. B.Bacchelli. 03 - Equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti. Appunti sul corso di Complementi di Matematica - prof. B.Bacchelli 03 - Equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti. Def. Si dice equazione differenziale lineare del secondo ordine

Dettagli

Ottimizazione vincolata

Ottimizazione vincolata Ottimizazione vincolata Ricordiamo alcuni risultati provati nella scheda sulla Teoria di Dini per una funzione F : R N+M R M di classe C 1 con (x 0, y 0 ) F 1 (a), a = (a 1,, a M ), punto in cui vale l

Dettagli

Lezione del 28-11-2006. Teoria dei vettori ordinari

Lezione del 28-11-2006. Teoria dei vettori ordinari Lezione del 8--006 Teoria dei vettori ordinari. Esercizio Sia B = {i, j, k} una base ortonormale fissata. ) Determinare le coordinate dei vettori v V 3 complanari a v =,, 0) e v =, 0, ), aventi lunghezza

Dettagli

Parte Seconda. Geometria

Parte Seconda. Geometria Parte Seconda Geometria Geometria piana 99 CAPITOLO I GEOMETRIA PIANA Geometria: scienza che studia le proprietà delle figure geometriche piane e solide, cioè la forma, l estensione e la posizione dei

Dettagli

MATEMATICA. { 2 x =12 y 3 y +8 x =0, si pone il problema di trovare, se esistono, un numero x ed un numero y che risolvano entrambe le equazioni.

MATEMATICA. { 2 x =12 y 3 y +8 x =0, si pone il problema di trovare, se esistono, un numero x ed un numero y che risolvano entrambe le equazioni. MATEMATICA. Sistemi lineari in due equazioni due incognite. Date due equazioni lineari nelle due incognite x, y come ad esempio { 2 x =12 y 3 y +8 x =0, si pone il problema di trovare, se esistono, un

Dettagli

Analisi Matematica di circuiti elettrici

Analisi Matematica di circuiti elettrici Analisi Matematica di circuiti elettrici Eserciziario A cura del Prof. Marco Chirizzi 2011/2012 Cap.5 Numeri complessi 5.1 Definizione di numero complesso Si definisce numero complesso un numero scritto

Dettagli

Soluzioni del giornalino n. 16

Soluzioni del giornalino n. 16 Soluzioni del giornalino n. 16 Gruppo Tutor Soluzione del Problema 1 Soluzioni corrette ci sono pervenute da : Gianmarco Chinello, Andrea Conti, Simone Costa, Marco Di Liberto, Simone Di Marino, Valerio

Dettagli

Esercizi svolti. 1. Si consideri la funzione f(x) = 4 x 2. a) Verificare che la funzione F(x) = x 2 4 x2 + 2 arcsin x è una primitiva di

Esercizi svolti. 1. Si consideri la funzione f(x) = 4 x 2. a) Verificare che la funzione F(x) = x 2 4 x2 + 2 arcsin x è una primitiva di Esercizi svolti. Si consideri la funzione f() 4. a) Verificare che la funzione F() 4 + arcsin è una primitiva di f() sull intervallo (, ). b) Verificare che la funzione G() 4 + arcsin π è la primitiva

Dettagli