PROFITTI NEGATIVI, UN MALE DIFFUSO
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1 16 CONSISTENZA E REDDITIVITÀ. PROFITTI NEGATIVI, UN MALE DIFFUSO Da un confronto sulla redditività di due campioni di aziende da latte alimentare in Italia e in Germania, risulta che in entrambi i casi il profitto è negativo. Un dato che spesso resta nascosto in quanto alcuni fattori della produzione - come terra, capitali e lavoro - sono conferiti dalla famiglia imprenditrice e non vengono quindi calcolati fra i costi. Alberto Menghi Centro Ricerche Produzioni Animali - CRPA Spa La filiera del latte alimentare italiano interessa secondo le stime Ismea circa il 20% del latte disponibile nel nostro Paese, includendo cioè anche le importazioni. La metà di questa quantità riguarderebbe il latte fresco e l altra metà quello a lunga conservazione. Si tratta quindi di una porzione relativamente piccola rispetto alla maggior parte del latte che è destinata alla trasformazione (si veda a fianco).
2 17 FRESCO UGUALE ITALIANO La difficile lettura dei flussi di latte sul mercato nazionale non permette di capire con esattezza quanto latte importato finisca sulle nostre tavole. L unico elemento certo è che il latte fresco è quasi esclusivamente di provenienza nazionale. Alivello nazionale è molto difficile capire con esattezza i flussi del latte e in particolare riuscire a capire un elemento che sta molto a cuore ai consumatori italiani e cioè quanto del latte italiano per il consumo alimentare finisce sulle nostre tavole e quanto di questo è invece latte importato. I dati disponibili riferiti al 2007 su cui si può ragionare sono essenzialmente di tre tipi: la produzione nazionale, l import e i consumi domestici. La produzione nazionale di latte alimentare è stata di t su un totale di t di latte bovino italiano consegnato alle latterie a cui si sommano le importazioni di t di latte alimentare già confezionato che finisce direttamente sugli scaffali della distribuzione italiana (tabella in basso). Questi dati permettono la stima del consumo pro-capite di circa 56 litri all anno, decisamente in calo rispetto al dato del 1998 pari a 67 litri (-16%), probabilmente dovuto al forte incremento del consumo di yogurt che è passato dai 6,3 kg pro-capite del 1998 agli 8,4 del 2007 (+33%): questi due prodotti, infatti, per il tipo di consumo che gli italiani ne fanno, prevalentemente a colazione, possono essere considerati sostitutivi. Si tratta però di un dato parziale perché esiste un altra bella fetta di latte sfuso che entra annualmente in Italia dai maggiori produttori Europei (Germania, Francia, Austria, ecc.), pari a t, di cui circa il 30% è latte parzialmente scremato. Purtroppo non sappiamo quanto di questo latte venga destinato alla trasformazione e quanto venga destinato a latte alimentare, in particolare latte a lunga conservazione UHT. Per avere un quadro più completo si possono aggiungere le informazioni riguardanti gli acquisti delle famiglie italiane. Le rilevazioni a campione Ismea-Nielsen indicano un consumo di latte di t di cui circa il 60% UHT e la restante parte latte fresco (figura sottostante). Nonostante questa disponibilità di informazioni è praticamente impossibile capire quanto del latte importato esattamente venga venduto come latte alimentare liquido e quanto di questo finisca per essere trasformato. Gli unici elementi noti sono: il latte fresco è essenzialmente di provenienza nazionale e il latte importato confezionato è di sicura provenienza estera. Resta una bella fetta del latte a lunga conservazione che potrebbe essere di origine italiana ma con molta probabilità si tratta del latte importato sfuso poi confezionato dalle industrie nazionali. Purtroppo anche con queste ulteriori informazioni il quadro non è completo perché mancano i consumi extra-domestici, che riguardano ad esempio il catering di cui non si hanno dati dettagliati. PRODUZIONE E IMPORT DI LATTE ALIMENTARE NEL 2007 ACQUISTI DI LATTE DELLE FAMIGLIE ITALIANE Tipo di latte.000 t Totale produzione italiana (consegne latte bovino) di cui latte alimentare Totale import di latte alimentare Confezionato intero 130 Confezionato parzialmente scremato 287 Sfuso intero Sfuso parzialmente scremato 434 Fonte: elaborazioni Crpa su dati Ismea e Clal. 59% Latte UHT ( t) 16% Latte fresco alta qualità ( t) 25% Latte fresco standard ( t)
3 18 CONSISTENZA E REDDITIVITÀ Due contesti notevolmente diversi Il soffermarsi sull origine del prodotto non dipende solo dall importanza che il consumatore attribuisce a questo elemento, ma deriva anche dal fatto che in tutti i confronti economici internazionali emerge chiaramente come produrre latte in Italia sia mediamente più costoso che nei Paesi europei da cui importiamo latte. Visto che le differenze non sono minime, si riporta in tabella 2 un esempio di confronto tra un gruppo di aziende medio grandi (154 vacche) operanti in aree vocate della pianura padana e un gruppo di aziende tedesche anch esse di una certa dimensione (260 vacche). Solo osservando le caratteristiche tecniche ed economiche di questi gruppi di aziende, si possono trovare delle differenze importanti. In primo luogo il prezzo della terra, visto che la produzione di latte non può prescindere dalla disponibilità di terra: si vede come tra i due campioni vi sia una differenza per l affitto di un ettaro superiore ai 500 euro. Questo elemento è fortemente limitante per le aziende zootecniche italiane, che tendono quindi ad avere un carico di bestiame per ettaro maggiore rispetto alle altre e devono comunque far fronte alle limitazioni imposte dalla Direttiva Nitrati. Un altro elemento di differenza molto importate è il prezzo medio dei concentrati. Non avendo molta terra disponibile, le aziende italiane devono acquistare prodotti sul mercato che trovano a prezzi decisamente superiori rispetto a quelli dei colleghi tedeschi. L analisi costi ricavi Senza andare ad analizzare le ragioni di queste differenze, è facile capire come esista un divario competitivo di base tra le due realtà. Per capire meglio le differenze si riportano in tabella 3 i risultati dell analisi dei ricavi e dei costi di produzione nei due campioni di aziende. Per quanto riguarda i ricavi si possono sottolineare due cose: la prima è il maggior prezzo del latte pagato in Italia, a cui si assommano dei contributi più elevati dovuti al diverso meccanismo di pagamento degli stessi (nel caso tedesco il sistema accoppiato non ha permesso di inserire questo ricavo nel bilancio del settore latte). Per queste ragioni i ricavi totali delle aziende italiane del campione sono stati nel 2007 decisamente più eleva- Tab. 2 CARATTERISTICHE DEI CAMPIONI DI AZIENDE ANALIZZATI Indicatori Italia (1) Germania Dati aziendali Vacche (n.) Produzione totale di latte (kg/anno) Produzione per vacca (kg/anno) Contenuto in grasso (%) 3,69 4,10 Contenuto in proteine (%) 3,37 3,42 Superficie foraggera (ha) Vacche per ettaro (n.) 2,1 1,02 Prezzi Vacche di scarto ( /kg) 0,80 0,83 Vitelli maschi ( /capo) Affitto terreni ( /ha) Prezzo concentrati ( /t) Produttività Lavoro (kg di latte/h) (1) Aziende produttrici di Grana Padano o latte alimentare. Fonte: elaborazioni CRPA su dati EDF.
4 19 Tab. 3 CONFRONTO SULLA REDDITIVITÀ DEI DUE CAMPIONI Voci di ricavo e costo Italia (1) Germania Ricavi ( /100 kg di latte) Latte 38,10 28,92 Carne 2,70 4,14 Contributi 4,39 0,69 Altri ricavi 1,06 0,73 Totale ricavi 46,25 34,49 Costi ( /100 kg di latte) Acquisto animali 0,00 0,74 Alimenti (acquisto mangimi e foraggi, fertilizzanti, sementi, antiparassitari) 13,74 7,84 Macchine (manutenzione, ammortamento, contoterzisti) 3,88 5,74 Carburanti, lubrificanti, elettricità, acqua 2,83 1,99 Fabbricati (manutenzione, ammortamento) 3,03 2,13 Veterinario, medicine, inseminazione 1,75 1,45 Altri costi 5,66 3,25 Totale costi diretti (esclusi salari) 30,89 23,14 Costo del capitale fondiario 4,50 2,11 Costo del lavoro 7,96 7,81 Costo del capitale agrario 4,17 3,10 Totale costo dei fattori di produzione 16,63 13,02 Costo totale lordo 47,53 36,16 Utile lordo carne più contributi e altri ricavi 8,14 5,56 Costo netto di produzione 39,38 30,60 Indicatori di reddito Profitto: ricavi totali costi totali ( /100 kg ) -1,28-1,67 Reddito familiare ( /100 kg ) 9,42 8,11 Remunerazione del lavoro ( /h) 9,17 12,15 (1) Aziende produttrici di Grana Padano o latte alimentare. Fonte: elaborazioni CRPA su dati EDF. Fonte: Crpa, Edf-Star. L affitto della terra e il prezzo dei concentrati sono fattori penalizzanti per le imprese italiane rispetto a quelle tedesche. Per contro il prezzo del latte e i contributi avvantaggiano di più i nostri allevamenti.
5 20 CONSISTENZA E REDDITIVITÀ Il prezzo del latte in Italia oscilla, in funzione della categoria, da 0,55 a 1,52 euro al litro, risultando mediamente inferiore ad alcune marche di acqua minerale. Tab. 4 PREZZI AL CONSUMO IN ITALIA E IN GERMANIA (aprile 2009) Categoria euro/litro Italia Latte UHT parzialmente scremato confezionato estero 0,55 Latte UHT parzialmente scremato marchio del distributore 0,81 Latte UHT intero marchio del distributore 0,94 Latte UHT parzialmente scremato marchio commerciale 1,15 Latte fresco intero marchio del distributore 1,15 Latte fresco intero marchio commerciale 1,40 Latte fresco alta qualità marchio commerciale 1,52 Latte crudo al distributore 1,00 Germania Latte fresco intero 0,58 Latte UHT parzialmente scremato 0,48 Fonte: elaborazioni Crpa. ti ossia pari a 46,25 euro per 100 kg di latte contro 34,49. Per quanto riguarda i costi diretti le differenze più marcate si concentrano sul costo di acquisto degli alimenti zootecnici (5,9 euro in più per ogni 100 kg di latte prodotto in Italia), a cui si sommano per le aziende italiane i maggiori costi dei fattori di produzione, in particolare il costo della terra che grava per il doppio rispetto a quelli delle aziende tedesche. Alla fine il costo totale per produrre un litro di latte italiano è stato nel 2007 di circa 47,50 centesimi mentre per quello tedesco di circa 36,16 centesimi. Nonostante queste differenze, un elemento che accomuna le due realtà è che in entrambi i casi la differenza tra i ricavi totali e i costi totali è negativa. Questo significa che, parlando in termini di profitti, queste aziende sono mediamente in perdita di circa 1,25 cent a litro per l Italia e 1,67 cent/litro per quelle tedesche. Questo dimostra che la produzione di latte tende ad essere un attività scarsamente redditizia e spiega il perché in pochi anni in Italia, a partire dal 2000, hanno chiuso circa 23 mila aziende da latte, ma si tratta di un fenomeno generalizzato in tutti i paesi europei. Vedendo questi dati, molti si chiedono come mai queste aziende non chiudano. La realtà è appunto che molte di esse chiudono, infatti negli ultimi 8 anni ha cessato l attività quasi un azienda da latte al giorno. Quelle che non chiudono, però, cercano di ingrandirsi per ridurre i costi e aumentare la produttività e in questo modo la produzione totale di latte nel nostro Paese (e in Europa) resta pressoché costante (negli ultimi due anni peraltro si osserva anche una riduzione della produzione totale). La capacità di restare sul mercato da parte di molte di queste aziende è data dal fatto che alcuni dei fattori di produzione (terra, capitali e lavoro) sono conferiti dalla famiglia imprenditrice e quindi la remunerazione di questi fattori pur essendo un costo calcolato per la produzione, in realtà rappresenta il reddito famigliare che consente a queste aziende di andare comunque avanti, ma per periodi limitati. La differenziazione del prodotto e dei prezzi al consumo Per quanto riguarda la fase successiva, il latte, una volta raccolto, viene lavorato dall industria, ma non sappiamo quanto possa incidere sotto il profilo dei costi questa fase, perché purtroppo a livello nazionale non ci sono studi sull analisi del costo di trasformazione del latte alimentare. Come del resto non sappiamo quanto incida la distribuzione sul costo finale del prodotto che arriva al consumatore tramite i diversi canali distributivi (ipermercati, supermercati, superette, dettaglio tradzionale, altri canali). Quello che si può osservare è che a livello industriale viene fatto un enorme sforzo per differenziare un prodotto come il latte che a prima vista potrebbe sembrare scarsamente differenziabile. Basta osservare gli scaffali dei supermercati di dimensioni medio-grandi per
6 21 trovare nel settore latte alimentare circa 15 referenze solo per il latte fresco e circa 35 referenze per quello a lunga conservazione. Si tratta quindi di una giungla di prodotti che hanno prezzi molto diversi tra loro, dovuti alla tipologia di prodotto, alla marca, alla provenienza, ecc. Andando quindi ad analizzare i prezzi al consumo (tab. 4), per un litro di latte ad aprile 2009 il consumatore poteva pagare da 0,55 centesimi per un litro di latte a lunga conservazione estero fino a 1,52 /l (con variazioni da punto vendita a punto vendita) per un latte alta qualità nazionale di una nota marca commerciale. Per fare un parallelo, nella stessa tipologia di punto vendita troviamo ben 22 referenze di acque minerali naturali, il cui prezzo oscilla tra un minimo di 19 centesimi a un massimo di 1,80 /l, con alcune delle referenze presenti con un prezzo mediamente superiore a quello di un litro di latte. Per fare un ulteriore raffronto un litro di latte fresco intero nello stesso periodo in Germania veniva pagato al consumo 58 centesimi/litro mentre quello UHT 48 cent/l. All allevatore solo un terzo del valore I valori assoluti non riescono a dire molto anche perché vi sono state delle forti oscillazioni di prezzo negli ultimi mesi. Quello che può dare un idea immediata è calcolare il peso del prezzo alla stalla rispetto al prezzo al consumo. Se prendiamo i prezzi alla stalla dei primi mesi 2009, che in Italia si sono attestati su una media di 36 centesimi (Iva inclusa), l incidenza su un litro di latte fresco intero a marchio del distributore è del 31% circa. Vuol dire cioè che di quello che il consumatore paga per un litro di latte, all allevatore arriva circa il 31%. Nel caso tedesco, dove il prezzo alla stalla nel primi mesi si è attestato sui 28 centesimi, l incidenza sul prezzo di un litro di latte fresco è stata del 48%. Quindi circa la metà del valore finale del prodotto finisce all allevatore. Questi rapporti sono emersi anche in indagini simili svolte in passato dal Crpa o da istituti internazionali come l Ifcn, in cui nella maggior parte dei Paesi a livello mondiale l allevatore viene retribuito con una quota che va dal 40% al 60% del valore finale del prodotto al consumo. Purtroppo mancando dei dati specifici sui costi della fase industriale e su quelli della distribuzione, è difficile ripartire la quota del restante 69% fra l industria e la distribuzione, per capire se esistano eventuali distorsioni relative all attribuzione del valore all interno della filiera del latte alimentare. Questa semplice analisi ci permette di capire perché da diversi anni si parla di crisi del settore latte. la scarsa remunerazione del prodotto alla stalla sta mettendo in seria crisi i produttori italiani senza che i consumatori ne traggano benefici significativi come invece accade nel caso tedesco. Le ragioni di questa situazione critica sono numerose e non è questa la sede per analizzarle. Si può però parlare delle possibili conseguenze nel caso in cui il trend di riduzione della produzione venisse confermato. Il rischio sarebbe che nei prossimi anni l Italia si troverebbe ad importare quantità di latte sempre crescenti aumentando la dipendenza per un prodotto strategico come il latte i cui derivati sono un vanto assoluto per il nostro Paese. Alcune delle analisi economiche contenute nell'articolo sono il risultato del progetto La competitività nazionale e internazionale delle filiere agro-alimentari dell'emilia-romagna finanziato dalla L.R. 28/98. MILK MONEY I dati relativi alla redditività delle aziende da latte sono stati calcolati con il programma Milk Money. Si tratta di un servizio on-line del Crpa di facile utilizzo che permette il calcolo del costo di produzione e della redditività in aziende specializzate. La redditività viene espressa come profitto, reddito familiare e remunerazione delle ore di lavoro. Milk Money consente poi il confronto con altre aziende per individuare le strategie più idonee a migliorare le proprie performance economiche. Per informazioni:
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