I nuovi anticoagulanti orali, ovvero gli anticoagulanti orali diretti: dalla farmacologia alla gestione pratica delle malattie tromboemboliche

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1 AGGIORNAMENTO MEDICO, 37, 5-6, 2013 I nuovi anticoagulanti orali, ovvero gli anticoagulanti orali diretti: dalla farmacologia alla gestione pratica delle malattie tromboemboliche Editoriale Luca Masotti 1, Roberto Cappelli 2, Domenico Prisco 3 1U.O. Medicina Interna, Ospedale di Cecina (LI) 2Centro Trombosi, Università degli Studi di Siena 3Patologia Medica, A.O.U. Careggi, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università degli Studi di Firenze OBIETTIVI DIDATTICI DEL MODULO 7 Al termine della lettura degli articoli di questo Modulo, il Medico deve essere in grado di: - conoscere i meccanismi d azione, i principi di gestione e i limiti dei vecchi anticoagulanti; - descrivere le proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche degli anticoagulanti orali diretti (DOAC); - focalizzare l attenzione sui principali risultati degli studi clinici con i DOAC nella profilassi e nel trattamento del tromboembolismo venoso, nella prevenzione cardioembolica del paziente con fibrillazione atriale non valvolare e nelle sindromi coronariche acute; - identificare la possibile collocazione dei DOAC all interno delle linee guida e della pratica clinica, nonché i possibili vantaggi; - conoscere le principali problematiche gestionali dei DOAC che il medico di medicina generale potrebbe trovarsi ad affrontare in situazioni reali. La patologia tromboembolica venosa, che comprende trombosi venosa profonda (TVP) ed embolia polmonare (EP), e quella arteriosa, principalmente esemplificata dal cardioembolismo secondario alla fibrillazione atriale (FA), rappresentano entità nosologiche sempre più prevalenti, per l aumentare della popolazione anziana nella quale queste patologie sono più frequenti, con una morbilità e una mortalità estremamente rilevanti nella pratica clinica ospedaliera e territoriale e con costi sanitari e sociali assai onerosi. Si pensi, infatti, alle conseguenze spesso devastanti degli ictus cerebrali cardioembolici nei pazienti con FA, eventi che si accompagnano a una incrementata mortalità sia ospedaliera che nei dodici mesi successivi alla dimissione ospedaliera, a una maggior gravità clinica, e a disabilità residua con rilevanti costi sanitari per la riabilitazione e la gestione domiciliare e costi sociali conseguenti alla perdita di autonomia e autosufficienza rispetto agli altri sottotipi di ictus cerebrale. Oppure, quale altro esempio, si consideri che l EP è ancora oggi la causa di morte evitabile più frequente in ambito ospedaliero e ciò sempre di più nel paziente di ambito internistico, nel quale, diversamente dal paziente ortopedico e più in generale chirurgico, l introduzione della profilassi farmacologica è una consuetudine diffusasi solo nell ultima decade. La profilassi e il trattamento farmacologico delle malattie tromboemboliche venose e arteriose rappresentano, pertanto, ancora oggi, una delle principali sfide del sistema sanitario, anche alla luce del previsto incremento esponenziale di queste patologie nei prossimi anni. Seppur efficaci e relativamente sicuri, i farmaci antitrombotici che fino ad oggi abbiamo avuto a disposizione e che avremo ancora presumibilmente per molto tempo, rappresentati essenzialmente da eparina non frazionata, eparine a basso peso molecolare, fondaparinux e antagonisti della vitamina K, presentano limiti dovuti alla loro farmacocinetica o farmacodinamica o alla limitata maneggevolezza, che contribuiscono a un loro scarso utilizzo da parte dei medici o a una scarsa compliance da parte dei pazienti. Da ciò è derivata la ricerca di nuove mole , Editrice Kurtis

2 I NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI Tabella 1 Sintesi degli studi di fase III sugli anticoagulanti orali diretti già pubblicati o in fase di pubblicazione. Dabigatran Rivaroxaban Apixaban Edoxaban Pazienti randomizzati (N) TEV - Profilassi in ortopedia RE-MOBILIZE RECORD I-IV ADVANCE I-III STARS E circa RE-NOVATE I-II STARS J5 RE-MODEL - Trattamento RE-COVER I-II EINSTEIN DVT AMPLIFY HOKUSAI* RE-MEDY EINSTEIN PE AMPLIFY EXTENSION RE-SONATE EINSTEIN EXTENSION - Profilassi paziente medico MAGELLAN ADOPT FANV RE-LY ROCKET-AF ARISTOTLE ENGAGE-AF* circa AVERROES SCA ATLAS ACS 2-TIMI 51 APPRAISE II (fase III) circa Totale circa TEV: tromboembolismo venoso; FANV: fibrillazione atriale non valvolare; SCA: sindrome coronarica acuta; *in fase di pubblicazione. cole ad azione anticoagulante che potessero andare oltre questi limiti senza perdere efficacia e sicurezza rispetto ai farmaci già presenti sul mercato. Dopo anni di attesa siamo in dirittura d arrivo per la commercializzazione dei cosiddetti nuovi anticoagulanti orali (NAO), recentemente definiti anticoagulanti orali diretti (direct oral anticoagulants, DOAC), farmaci appunto ad azione diretta su specifici fattori della coagulazione, quali dabigatran, che agisce sulla trombina, o rivaroxaban, apixaban ed edoxaban, che agiscono sul fattore X attivato. I risultati di molti trial clinici di fase III, sintetizzati nella Tabella 1, in cui i DOAC sono stati comparati a enoxaparina o warfarin, sono stati pubblicati o lo saranno in un futuro prossimo coinvolgendo più di un centinaio di migliaia di pazienti e hanno dimostrato la non inferiorità dei nuovi farmaci sugli anticoagulanti già disponibili da tempo ed ai quali si andranno ad affiancare come ulteriore possibilità terapeutica, che trova nella somministrazione orale a dose fissa con effetto prevedibile, nell azione anticoagulante immediata senza necessità di una fase di induzione, nella non necessità di un monitoraggio routinario di laboratorio e nella scarsa interazione con il cibo e con altri farmaci le sue principali caratteristiche. Questo numero di Aggiornamento Medico pertanto, dopo aver illustrato i limiti dei vecchi anticoagulanti e descritto le proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche dei DOAC, si pone l obiettivo di focalizzare l attenzione sui principali risultati degli studi clinici di fase III nei settori dove i nuovi farmaci sono stati testati e di descriverne la possibile collocazione all interno delle linee guida e della pratica clinica e i possibili vantaggi da essi apportati. Infine, questo numero si pone l obiettivo di introdurre alla gestione dei DOAC nella pratica clinica con un articolo dedicato al ruolo del laboratorio e uno dedicato alle problematiche gestionali dei DOAC che il clinico potrebbe trovarsi ad affrontare in situazioni quali ad esempio eventi trombotici o emorragici in corso di terapia con questi farmaci e la fase peri-operatoria, condizioni che non sono state completamente affrontate negli studi clinici ma che il clinico potrebbe trovarsi a dover gestire in assenza di solide evidenze di letteratura. L utilizzo dei DOAC nella vita reale ci potrà confermare o meno i risultati confortanti emersi dai trial clinici di fase III e soprattutto ci chiarirà se è iniziata una nuova era in campo cardiovascolare. A tutti, buona lettura! 74

3 AGGIORNAMENTO MEDICO, 37, 5-6, 2013 I limiti degli attuali farmaci antitrombotici: perché sono necessarie nuove molecole anticoagulanti? Daniela Poli Centro Trombosi, Dipartimento del Cuore e dei Vasi, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze INTRODUZIONE I farmaci anticoagulanti rappresentano una della principali categorie di farmaci in campo cardiovascolare per la prevenzione e il trattamento delle malattie tromboemboliche. Fino a oggi i farmaci anticoagulanti disponibili comprendono i farmaci con somministrazione orale, gli antagonisti della vitamina K (AVK) e i farmaci parenterali: l eparina non frazionata, le eparine a basso peso molecolare (EBPM) e il fondaparinux. Si tratta di farmaci in uso da molti anni e che hanno rivoluzionato il trattamento delle patologie tromboemboliche, riducendone drasticamente mortalità e morbilità, che tuttavia presentano molte limitazioni nell uso clinico. Lo scopo di questo articolo è quello di evidenziare il meccanismo d azione, il metabolismo, le modalità di gestione e i limiti dei farmaci anticoagulanti fino a oggi in uso, con particolare attenzione ai limiti di questa categoria di farmaci. Non verranno, invece, trattati farmaci anticoagulanti che non sono in uso nel nostro Paese. ANTAGONISTI DELLA VITAMINA K: MECCANISMO D AZIONE E PRINCIPI DI GESTIONE Le molecole ad azione AVK utilizzate nella clinica sono i farmaci dicumarolici: il warfarin, l acenocumarolo e il fenprocumone, quest ultimo non disponibile in Italia. La principale differenza pratica tra questi farmaci, tutti derivati dalla 4-idrossicumarina, risiede nell emivita plasmatica, che è più breve per l acenocumarolo (12 ore), intermedia per il warfarin (32-46 ore) e lunga per il fenprocumone (60 ore circa). I farmaci AVK agiscono sulla cascata coagulativa inibendo, a livello epatico, la gamma-carbossilazione dei fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti: i fattori II, VII, IX e X. La carbossilazione è un passaggio metabolico necessario all attività biologica di tali fattori, che sono pertanto inattivi dopo l esposizione ai dicumarolici (Figura 1). La loro azione anticoagulante è indiretta, dipendente dalla sintesi di nuovi fattori di coagulazione non attivi, in quanto prodotti in presenza del farmaco inibente la carbossilazione (1). Questo spiega la lenta induzione dell anticoagulazione che si ottiene con tali farmaci. I farmaci AVK vengono somministrati per via orale, presentano un rapido assorbimento nel primo tratto dell intestino e vengono metabolizzati dal fegato. È nota un ampia variabilità interindividuale della dose di farmaco necessaria a ottenere l effetto anticoagulante, con dosaggi terapeutici che possono variare anche di 20 volte tra i diversi soggetti. L antidoto è la vitamina K1, che consente la correzione dei livelli di International Normalized Ratio (INR) in circa 12 ore. È somministrabile per os per la correzione dell iperdosaggio asintomatico (INR >6,0) alla dose di 2-4 mg una tantum (1). La somministrazione endovenosa è consigliata nel paziente con emorragia in atto, mentre la somministrazione intramuscolo deve essere evitata. In caso di emorragia maggiore in atto, i farmaci AVK possono essere neutralizzati (reverse) in breve tempo mediante l uso di concentrati di complesso protrombinico o plasma fresco congelato. L uso di fattore VII ricombinante attivato (uso off-label e gravato da alto rischio di eventi tromboembolici) deve essere riservato a situazioni che non rispondano ai precedenti trattamenti. Induzione dell anticoagulazione Quando è richiesta un azione anticoagulante immediata per la presenza di un processo trombotico in atto, è necessario il contemporaneo uso di anticoagulanti ad azione immediata come le eparine o il fondaparinux. I due trattamenti devono essere effettuati contemporaneamente fino a quando l azione anticoagulante del warfarin sarà efficace (1, 2). Questo processo, noto come embricazione, richiede mediamente un tempo di 5 giorni, pari all emivita della protrombina, e richiede la somministrazione di eparina a dosi anticoagulanti fino a quando si sarà ottenuto INR >2 per 2 giorni consecutivi. L embricazione è necessaria nel paziente con tromboembolismo venoso in atto, sia per la presenza del processo trombotico in fase acuta, sia perché i farmaci AVK inibiscono anche l attività di proteina C e proteina S, due importanti anticoagulanti naturali, anch esse vitamina K-dipendenti. Proteina C e proteina S, avendo un emivita più breve rispetto ai fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti, vengono inibite per prime nella fase iniziale della terapia con farmaci AVK con un temporaneo squilibrio in senso pro-trombotico. Il trattamen , Editrice Kurtis

4 I LIMITI DEGLI ATTUALI ANTICOAGULANTI to anticoagulante con farmaci AVK può essere iniziato senza embricazione con eparina in caso di prevenzione dell ictus nel paziente con fibrillazione atriale. Nella fase di induzione dell anticoagulazione si consiglia di iniziare il trattamento evitando dosi di carico (1 cp 5 mg/die per il warfarin, mezza cp 2 mg/die per l acenocumarolo, più potente a parità di dose), in modo da ridurre il rischio emorragico da sovradosaggio (3). Essendo i dicumarolici farmaci anticoagulanti indiretti, infatti, l azione anticoagulante è sempre ritardata di almeno 3-5 giorni e pertanto l induzione non è mai una procedura di urgenza. Per tali ragioni è preferibile una induzione più lenta, piuttosto che esporre il paziente a un sovradosaggio potenzialmente pericoloso. Si consiglia quindi di effettuare un primo INR dopo 3-4 assunzioni e adattare successivamente la dose del farmaco. A questo proposito sono disponibili algoritmi per la previsione della dose di grande utilità pratica (Tabella 1) (4). La gestione della terapia con AVK dovrebbe avvenire attraverso un processo continuo e sistematico che comprenda il controllo dell INR, l educazione del paziente e dei familiari, la prescrizione di un programma di terapia scritto e la sorveglianza clinica degli eventi avversi. Il modello di gestione che ha dato migliori risultati in termini di sicurezza/efficacia è rappresentato dai Centri di Sorveglianza delle Terapie Antitrombotiche, dove si è ottenuta la migliore qualità clinica (5). La Tabella 2 riassume i requisiti necessari per la corretta gestione dei pazienti che assumono farmaci AVK. Misurazione dell effetto anticoagulante L effetto anticoagulante viene misurato mediante il tempo di protrombina espresso come INR. Si tratta di un test standardizzato per i pazienti in trattamento anticoagulante con farmaci AVK che è specifico per il reattivo utilizzato, mediante l introduzione di una variabile legata al reattivo stesso (Indice di Sensibilità Internazionale, ISI). È stato Figura 1 Target dei farmaci antagonisti della vitamina K (AVK). X II Fibrinogeno Fattore tissutale/viia Va Xa VIIIa IXa Trombina FIIa Fibrina inoltre necessario definire l entità dell anticoagulazione terapeutica per le singole indicazioni. Per la maggior parte delle indicazioni terapeutiche il range di INR deve essere compreso tra 2,0 e 3,0. Un anticoagulazione più spinta (range INR 2,5-3,5) deve essere riservata a soggetti con rischio tromboembolico più elevato, come i portatori di protesi meccanica mitralica (1-3). Gestione pratica: interventi chirurgici e procedure invasive La lunga emivita dei farmaci AVK spiega anche la lenta eliminazione di tali farmaci INR al 5 giorno IX Warfarin (mg/sett.) 1,5 35 2,5 20 3,0 16 3,5 13 3,9 10 4,3 7,5 INR: International Normalized Ratio. Tabella 1 Esempio di schema per il calcolo del dosaggio della terapia anticoagulante orale con antagonisti della vitamina K. dopo la sospensione, per cui l effetto anticoagulante persiste da 3 a 5 giorni, e rende conto delle difficoltà di gestione in caso di interventi chirurgici o manovre invasive VII a rischio emorragico. Queste dovranno essere programmate in modo che il paziente abbia recuperato un adeguata funzione coagulativa. In questa fase la terapia antitrombotica dovrà essere assicurata con l uso di eparina, la cui emivita più breve consente di ridurre il periodo in cui il paziente è privo di protezione (1, 3). L efficacia e la sicurezza della terapia anticoagulante orale sono criticamente dipendenti dalla qualità della terapia. I farmaci AVK hanno infatti una stretta finestra terapeutica, con un incremento del rischio trombotico per valori di INR inferiori al range terapeutico e un aumento del rischio emorragico (fino a 6 volte se l INR è >4,5) se l INR è sopra il range terapeutico. Va comunque sottolineato che dal 50 al 90% dei pazienti con emorragia intracranica spontanea in terapia con farmaci AVK ha un INR in range terapeutico al momento dell evento (1-3). Rischio emorragico Il rischio emorragico complessivo della terapia con farmaci AVK è stimato intorno a 2 per 100 anni di trattamento, è maggiore nei pazienti anziani e se sono presenti fattori di rischio aggiuntivi, primo tra tutti il contemporaneo trattamento con antiaggreganti piastrinici. In Tabella 3 sono riportati i principali fattori di rischio per emorragia in corso di terapia con farmaci AVK. Sono stati proposti score clinici per la quantificazione del rischio emorragico del paziente in trattamento anticoagulante, tuttavia nessuno di questi a oggi si è dimostrato di utilità clinica nella decisione sul rischio-beneficio del trattamento, anche se sono di utilità per identificare i soggetti a maggiore rischio e che richiedono una sorveglianza clinica più attenta. La qualità della terapia, definita come tempo in range terapeutico, si è dimostrata un parametro molto 76

5 Daniela Poli Sempre Visita di prescrizione con accurata anamnesi e valutazione dello stato clinico Giusta indicazione e dose con esecuzione degli esami di laboratorio comprensivi di emocromo, glicemia, funzionalità renale ed epatica, parametri coagulativi Informazione/educazione Controlli di laboratorio routinari con monitoraggio dell INR Aggiustamenti posologici degli AVK Guida per condizioni a rischio/complicanze INR: International Normalized Ratio. importante nella valutazione del paziente in trattamento con farmaci AVK. Tale parametro, calcolabile facilmente se il paziente viene seguito mediante una registrazione elettronica dei valori di INR nel tempo, è importante nella valutazione del rischio emorragico e trombotico del paziente ed è necessario a definire l indicazione stessa al trattamento in particolare in soggetti a rischio tromboembolico moderato (3, 6, 7). Variabilità dose-risposta È nota l ampia variabilità inter-individuale dose-risposta dei farmaci AVK. Questa è geneticamente determinata in modo multifattoriale. Sono noti polimorfismi genetici in grado di condizionare l attività di enzimi coinvolti nel metabolismo dei farmaci AVK, in particolare il citocromo P450 a livello epatico (CYP2C9) e l enzima vitamina K epossido reduttasi (VKORC1). Questi polimorfismi rendono ragione di circa il 30-50% della variabilità rilevata, mentre continua la ricerca per identificare ulteriori mutazioni. Allo stato attuale, tuttavia, questi dati non presentano utilità clinica nella gestione dei pazienti in trattamento anticoagulante (1). La variabilità della risposta ai farmaci AVK è inoltre dipendente anche da numerose condizioni acquisite quali le interazioni con farmaci, cibi e prodotti di erboristeria. Si deve sottolineare, tuttavia, come non ci siano indicazioni a porre limitazioni alla normale dieta del paziente in trattamento. In particolare non deve essere vietato l uso di verdure o altri cibi a più alto Tabella 2 Attività essenziali per i pazienti in trattamento con antagonisti della vitamina K (AVK). Occasionalmente Controllo aderenza Controllo clinico periodico contenuto di vitamina K. La dieta deve essere libera e l uso di verdure deve essere incoraggiato, soprattutto nel paziente a elevato rischio cardiovascolare. Devono invece essere evitati i prodotti di erboristeria. L uso di farmaci potenzialmente interferenti deve associarsi a un controllo più stretto dei valori di INR e non si devono evitare trattamenti utili per il paziente in relazione alla terapia anticoagulante in atto, ma effettuare un più attento monitoraggio clinico e laboratoristico (1, 3). Controindicazioni e condizioni a rischio emorragico aumentato L uso di farmaci AVK è controindicato in maniera assoluta solo in caso di gravidanza (tra la 6 a e la 12 a settimana e in prossimità del parto, mentre nelle altre può essere somministrato) e di un emorragia maggiore recente. Ci sono invece molte condizioni che si associano a un aumentato rischio emorragico (Tabella 3), che tuttavia devono entrare nella valutazione del rapporto rischiobeneficio del trattamento e che non ne controindicano di per sé l uso (1, 3). FARMACI ANTICOAGULANTI PARENTERALI: MECCANISMO D AZIONE E LIMITI Eparine L eparina non frazionata, somministrabile per via endovenosa, solitamente come eparina sodica, è utilizzata per il trattamento in acuto delle patologie tromboemboliche. La sua azione anticoagulante si esplica mediante un co-fattore, l antitrombina (AT). Il complesso eparina-at inattiva la trombina attivata (fattore IIa) e il fattore Xa, oltre che in minor misura i fattori IXa, XIa, XIIa. L attività anticoagulante dell eparina non frazionata è misurabile dall allungamento del tempo di tromboplastina parziale attivata (aptt), che deve essere monitorato al fine di ottenere un adeguata anticoagulazione che richiede un aptt ratio 1,5-2,0 (8). Gli adattamenti della posologia necessari possono essere effettuati con l ausilio di nomogrammi specifici. Nonostante l efficacia clinica dimostrata nel management delle malattie tromboemboliche, l eparina non frazionata ha molti limiti: la variabilità della risposta anticoagulante con mancata linearità dose-effetto, l emivita dose-dipendente, l osteoporosi, le frequenti reazioni allergiche e la possibile insorgenza di trombocitopenia. L eparina non frazionata è anche somministrabile per via sottocutanea come eparina calcica, per la profilassi e il tratta- Tabella 3 Fattori di rischio per emorragie correlate agli antagonisti della vitamina K. Età 65 anni Concomitante uso di più farmaci antitrombotici Insufficienza renale (creatinina 1,5 mg/dl) Insufficienza epatica Ipertensione arteriosa Piastrinopenia < Rischio di cadute o deficit cognitivo grave Primi 3 mesi di trattamento Scarso controllo dell INR (TTR <60%) Valori di INR >4,5 Angiopatia amiloide Precedenti ictus Neoplasie Diabete mellito Etilismo Microbleeds (microemorragie visibili in risonanza magnetica nelle sequenze gradient echo, correlate a piccoli stravasi di sangue in corrispondenza delle aree di lipoialinosi) INR: International Normalized Ratio; TTR: tempo in range terapeutico. 77

6 I LIMITI DEGLI ATTUALI ANTICOAGULANTI Limiti e conseguenze degli attuali farmaci antitrombotici. Tabella 4 Farmaco Limiti Conseguenze Antagonisti della vitamina K Eparina non frazionata Eparine a basso peso molecolare Fondaparinux Lunga emivita Inibizione degli anticoagulanti naturali proteina C e proteina S Variabilità genetica e interazione con farmaci e cibo Effetto anticoagulante non prevedibile Azione anticoagulante in un range terapeutico Stretta finestra terapeutica Altri Somministrazione sottocute Interazione con i parametri coagulativi Scarsa correlazione dose-risposta farmacologica Relativa breve emivita Altri Somministrazione sottocute Relativa breve emivita Eliminazione renale Volume di distribuzione non prevedibile per peso corporeo molto basso o molto elevato Altri Somministrazione sottocute Eliminazione renale Volume di distribuzione non prevedibile per peso corporeo molto basso o molto elevato Fase di induzione dell attività anticoagulante con necessità di embricazione con terapia parenterale e lenta eliminazione con la sola sospensione Potenziale stato pro-trombotico nella fase di induzione se non viene effettuata sovrapposizione con anticoagulazione parenterale Possibile aumento o riduzione dell INR con possibilità di sotto- o sovradosaggio Necessità di monitoraggio laboratoristico dell INR e quindi di periodici prelievi venosi con conseguente disagio del paziente Rischio di necrosi cutanee, sindrome del dito blu, osteoporosi Necrosi cutanee, sindrome del dito blu Possibili problemi nel trattamento domiciliare e disagio del paziente Necessità di monitoraggio dell aptt e quindi di periodici prelievi venosi con conseguente disagio del paziente Rischio di sotto- o sovradosaggio 2-3 somministrazioni giornaliere quando utilizzati bassi dosaggi o in trattamento Rischio di trombocitopenia da eparina, osteoporosi Possibili problemi nel trattamento domiciliare e disagio del paziente 2 somministrazioni in trattamento Accumulo e possibili sanguinamenti da sovradosaggio/aggiustamento posologico nei pazienti con insufficienza renale grave (ClCr <30 ml/min) Imprevedibilità dell effetto in pazienti con magrezza ed obesità patologiche Rischio di trombocitopenia da eparina, osteoporosi Possibili problemi nel trattamento domiciliare e disagio del paziente Accumulo e possibili sanguinamenti da sovradosaggio/aggiustamento posologico nei pazienti con insufficienza renale moderata (ClCr ml/min)/controindicazione nei pazienti con insufficienza renale grave (ClCr <30 ml/min) Imprevedibilità dell effetto in pazienti con magrezza e obesità patologiche INR: International Normalized Ratio; aptt: tempo di tromboplastina parziale attivata; CICr: clearance della creatinina. mento delle malattie tromboemboliche, tuttavia il suo uso è stato in gran parte abbandonato dopo l avvento delle EBPM. Le EBPM rappresentano una classe di molecole ad azione anticoagulante somministrabili per via sottocutanea, derivate dalla depolimerizzazione chimica o enzimatica dell eparina non frazionata. Hanno un peso molecolare variabile (range dalton), ma in media di circa un terzo quello dell eparina non frazionata. Contengono in media 15 unità saccaridi, nel cui contesto è presente l unità pentasaccaridica necessaria al legame con l AT e all attività anticoagulante, che si esplica ancora mediante inattivazione della trombina (fattore IIa) e del fattore Xa, ma con un rapporto spostato verso l inattivazione del fattore Xa (rapporto Xa:IIa 4:1 contro 1:1 dell eparina non fazionata). Le EBPM vengono somministrate a dosi fisse. Una volta somministrate l assorbimento è rapido, con una relazione lineare dose-assorbimento, la biodisponibilità è di circa 90%, hanno un picco di attività rapido e dose-correlato, un attività anticoagulante più prevedibile dell eparina non frazionata, un emivita breve e dose-dipendente, durata d azione protratta; la clearance è quasi esclusivamente renale, per cui possono accumularsi nel paziente con insufficienza renale grave (8). Non allungano in maniera costante l aptt e non richiedono il monitoraggio di laboratorio. Questo, effettuato mediante dosaggio dell attività anti-xa, deve essere riservato a pazienti in trattamento con dosi anticoagulanti con insufficienza renale severa, gravidanza e pesi corporei estremi. Anche per le EBPM si possono verificare osteoporosi e reazioni di ipersensibilità. Le EPBM non hanno un antidoto specifico. L insorgenza di trombocitopenia immuno-mediata è più rara, ma non trascurabile, in particolare nel paziente sottoposto a chirurgia ortopedica. Le EBPM possono essere usate in dosaggio profilattico, variabile per le diverse molecole tra e U/die. Il dosaggio anti- 78

7 Daniela Poli Tabella 5 Caratteristiche dell anticoagulante ideale. Efficace e sicuro almeno quanto le molecole disponibili Somministrazione orale Buona tollerabilità Dose fissa e preferibilmente in monosomministrazione Ampia finestra terapeutica Effetto farmacodinamico prevedibile Non necessità di monitoraggio di laboratorio Eventuale facile monitorizzazione Non interazioni con cibo o farmaci Rapido inizio d azione Rapida eliminazione Antidoto efficace e disponibile Basso costo coagulante deve essere adattato al peso corporeo ed è solitamente di 100 U/kg ogni 12 ore. Fondaparinux Il fondaparinux rappresenta una molecola di sintesi, che è costituita dalla sola unità pentasaccaridica necessaria al legame con l AT e all inattivazione del fattore Xa. Presenta un elevata biodisponibilità, un rapido inizio dell attività anticoagulante, che è prevedibile e dose-dipendente, ha una farmacocinetica lineare e ha un emivita più lunga delle EBPM di circa 17 ore e ciò consente la monosomministrazione giornaliera. La clearance è completamente renale e pertanto si accumula in caso di grave insufficienza renale. Fondaparinux non necessita di monitoraggio routinario di laboratorio, non si associa a osteoporosi e la trombocitopenia è stata segnalata in rari casi. Viene usato in dosi profilattiche di 2,5 mg/die (è disponibile anche la formulazione 1,5 mg nel paziente con insufficienza renale). La dose terapeutica è di 7,5 mg/die (5 mg/die nel paziente con insufficienza renale) (6). La Tabella 4 riassume i principali limiti dei farmaci anticoagulanti fino a oggi a disposizione. CONCLUSIONI Nonostante gli attuali farmaci anticoagulanti orali e parenterali abbiano segnato la storia delle malattie tromboemboliche venose e arteriose, le molte limitazioni a essi associate necessitavano lo sviluppo di nuove molecole che potessero avvicinarsi all anticoagulante ideale, le cui caratteristiche vengono riassunte in Tabella 5. I limiti dei farmaci anticoagulanti attualmente in uso sono principalmente rappresentati dalla necessità della somministrazione parenterale e del monitoraggio di laboratorio con aggiustamento della posologia, in particolare per l uso dei farmaci AVK. A ciò deve essere aggiunta la difficoltà a mantenere un adeguata qualità dell anticoagulazione. Questo si riflette in uno scarso uso di tali farmaci, soprattutto nei pazienti anziani ad alto rischio, che restano così privi di una profilassi antitrombotica adeguata. Ciò ha indotto lo sviluppo di nuovi farmaci anticoagulanti, somministrabili per via orale, che superassero o riducessero al minimo queste limitazioni (9, 10). I nuovi farmaci anticoagulanti orali, inibitori diretti della trombina o del fattore Xa, si sono dimostrati almeno altrettanto efficaci del warfarin nella prevenzione dell ictus e della recidiva di tromboembolismo venoso negli studi clinici di fase III, anche se solo la pratica clinica ci dirà se effettivamente erano ciò che stavamo cercando. Bibliografia 1. Ageno W, Gallus AS, Wittkowsky A, et al. Oral anticoagulant therapy: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012; 141 (Suppl 2): e44s-e88s. 2. Baglin TP, Keeling DM, Watson HG for the British Committee for Standards in Hematology. Guidelines on oral anticoagulation (warfarin): third edition update. Br J Hematol 2006; 132: Federazione Centri per la Diagnosi della Trombosi e Sorveglianza delle Terapie Antitrombotiche (FCSA). Guida alla terapia con anticoagulanti orali. Raccomandazioni. XI Edizione Pengo V, Biasiolo A, Pegoraro C. A simple scheme to initiate oral anticoagulant treatment in outpatients with nonrheumatic atrial fibrillation. Am J Cardiol 2001; 88: Chiquette E, Amato MG, Bussey HI. Comparison of an anticoagulation clinic with usual medical care: anticoagulation control, patient outcomes, and health care costs. Arch Intern Med 1998; 158; Lip G, Andreotti F, Fauchier L, et al. Bleeding risk assessment and management in atrial fibrillation patients: a position document from European Heart Rhytm Association, endorsed by European Society of Cardiology Working Group on Thrombosis. Europace 2011; 13: Palareti G, Leali N, Coccheri S. Bleeding complications of oral anticoagulant treatment: an inceptioncohort, prospective collaborative study (ISCOAT). Italian Study on Complications of Oral Anticoagulant Therapy. Lancet 1996; 348: Garcia DA, Baglin T, Weitz JI, et al. Parenteral anticoagulants: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis. Evidence-Based Clinical Practice Guidelines, 9th ed: American College of Chest Physicians. Chest 2012; 141 (Suppl 2): e24s-e43s. 9. Ogilvie IM, Newton N, Welner SA, et al. Underuse of oral anticoagulants in atrial fibrillation: a systematic review. Am J Med 2010; 123: Filippi A, Sessa E, Trifirò G, et al. Oral anticoagulant therapy in Italy: prescribing prevalence and clinical reasons. Pharmacol Res 2004; 50:

8 AGGIORNAMENTO MEDICO, 37, 5-6, 2013 Farmacologia dei nuovi anticoagulanti orali Sandra Gori, Annamaria Bellizzi U.O. Medicina Interna, Ospedale di Cecina, ASL 6 Livorno INTRODUZIONE I limiti dei farmaci anticoagulanti orali e parenterali utilizzati fino a oggi nella profilassi e nel trattamento del tromboembolismo arterioso e venoso, descritti nel precedente articolo di questo fascicolo da Daniela Poli, hanno spinto l industria farmaceutica alla ricerca di nuove molecole che potessero andare oltre tali limitazioni permettendo al clinico di avere a disposizione farmaci più maneggevoli, altrettanto efficaci e sicuri dei precedenti e favorendo, se possibile, la compliance dei pazienti riducendone il discomfort (1). Negli ultimi quindici anni, pertanto, sono state prodotte molecole ad azione anticoagulante diretta su specifici e singoli target della cascata coagulativa (Figura 1), somministrabili per via orale, che dopo aver superato gli studi di fase I e II, sono stati testati in studi clinici randomizzati controllati di fase III finalizzati a valutarne l efficacia e la sicurezza (2). I nuovi anticoagulanti orali sono stati definiti anticoagulanti orali diretti (DOAC) per distinguerli dagli anticoagulanti orali ad azione indiretta rappresentati dai farmaci antagonisti della vitamina K (AVK) che, come visto, agiscono inibendo la gamma-carbossilazione dei fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti (2). Quelli che hanno raggiunto la commercializzazione si dividono fondamentalmente in due gruppi: gli inibitori diretti della trombina (fattore IIa) e gli inibitori diretti del fattore X attivato (FXa). Il suffisso tran identifica gli inibitori diretti della trombina, il suffisso xaban identifica gli inibitori diretti del FXa. In generale i DOAC non necessitano di una fase di induzione per determinare il loro effetto anticoagulante e quindi non necessitano di una fase di sovrapposizione (embricazione) con farmaci anticoagulanti parenterali, fase che è necessaria per gli AVK, e pertanto raggiungono rapidamente il picco di concentrazione plasmatica. Hanno una farmacodinamica lineare con rapporto dose/risposta ed effetto anticoagulante prevedibile e quindi non richiedono aggiustamento della dose e possono essere somministrati a dosaggio fisso giornaliero. Per lo stesso motivo non necessitano di monitoraggio laboratoristico routinario, al contrario degli AVK che sono monitorati mediante il dosaggio dell International Normalized Ratio (INR). Una volta sospesi, la loro eliminazione è altrettanto rapida, pur subendo variazioni legate alla funzionalità renale, che rappresenta, per tutti i DOAC, una fondamentale via di eliminazione, seppur percentualmente diversa per i FVIIIa FVa FX Fattore tissutale/fviia Rivaroxaban Apixaban Edoxaban Figura 1 diversi DOAC. I DOAC non interagiscono con il cibo e hanno scarsa interazione con altri farmaci al contrario dei farmaci AVK (2). La Tabella 1 sintetizza le differenze farmacocinetiche e farmacodinamiche dei DOAC rispetto ai farmaci AVK. Nei successivi paragrafi vengono descritti in dettaglio il meccanismo d azione e le proprietà farmacologiche dei singoli DOAC, con riferimento alle molecole già disponibili per l uso nella pratica clinica o di prossima introduzione, quali dabigatran, rivaroxaban, apixaban e edoxaban. Occorre tuttavia sottolineare che sono in fase di studio altri DOAC con azione anti IIa, VIIa, VIIIa, IXa e Xa Target degli anticoagulanti orali diretti sulla cascata coagulativa. FXa FII Fibrinogeno FIX FIXa Dabigatran FIIa Fattore tissutale/fviia Fibrina , Editrice Kurtis

9 Sandra Gori, et al. Sintesi delle principali differenze tra antagonisti della vitamina K (AVK) e anticoagulanti orali diretti (DOAC). che non verranno analizzati in questo articolo perché ancora non arrivati a studi clinici di fase III (2). MECCANISMO D AZIONE DEI DOAC Dabigatran è un inibitore diretto selettivo reversibile della trombina (fattore IIa), fattore essenziale del processo emostatico agendo sia sulla cascata coagulativa, perché converte il fibrinogeno in fibrina portando alla formazione e alla stabilizzazione del trombo, sia sull attivazione e aggregazione piastrinica, rappresentandone il più potente agonista fisiologico (3-5). Rivaroxaban, apixaban e edoxaban sono inibitori diretti selettivi e reversibili del FXa. Legandosi al sito attivo del FXa senza l azione dell antitrombina, gli anti-xa lo inibiscono selettivamente e reversibilmente in maniera competitiva, sia quando è libero in soluzione, sia quando è legato alla pro-trombina all interno del trombo (fattore II) (6-12). FARMACOCINETICA E FARMACODINAMICA DEI DOAC Dabigatran deriva dal legame tra una struttura benzamidinica e un composto N-α-naf- Tabella 1 Caratteristiche AVK DOAC Meccanismo d azione Indiretto/multi-target Diretto/single-target Inizio d azione Lento Rapido Fase di induzione/sovrapposizione Necessaria Non necessaria con anticoagulanti parenterali Risposta dose/effetto Non prevedibile Prevedibile Farmacodinamica Non lineare Lineare Dose Variabile Fissa Finestra terapeutica Stretta Ampia Interazioni con cibo Sì No Interazioni con farmaci Molte Poche Monitoraggio di laboratorio Necessario Non necessario Emivita Lunga Breve Eliminazione Lunga Breve Antidoto Sì No tilsulfonilglicil-4-amidino-fenil-alanin-piperidi- nico e ciò conferisce l attività antitrombotica. Dabigatran è somministrato come profarmaco (dabigatran etexilato), poiché, avendo un alta polarità, la sua assunzione orale non sarebbe possibile; dopo la somministrazione orale il pro-farmaco, facilmente assorbito a livello gastrointestinale, viene metabolizzato da esterasi ubiquitarie non specifiche che portano alla formazione appunto della molecola attiva (dabigatran) (2-5). Dopo la somministrazione orale, la biodisponibilità è del 6,5%, con conseguente necessità di dosi relativamente elevate per garantire un adeguata concentrazione plasmatica. Il legame con le proteine plasmatiche di dabigatran è basso (intorno al 35%), e ciò ne permette, in condizioni di necessità, la dializzabilità (2-5). Dabigatran ha una rapida insorgenza d azione e un effetto anticoagulante prevedibile. Il picco di concentrazione plasmatica viene raggiunto, infatti, in 1-3 ore; dopo 4-6 ore la concentrazione si riduce circa del 30%. L emivita è di 8 ore dopo la prima somministrazione e di 16 ore dopo dosi ripetute. L emivita è comunque influenzata dalla clearance della creatinina (ClCr); in pazienti con insufficienza renale l emivita di dabigatran si allunga, potendo raggiungere anche più di 24 ore in pazienti con insufficienza renale severa (2-5). La metabolizzazione, che inizia nel tratto gastrointestinale e si conclude nel fegato, avviene con meccanismo indipendente dal citocromo P450 ma, a livello gastrointestinale, come substrato dalla glicoproteina P (P-gp), una pompa di efflusso presente prevalentemente nell intestino e che limita l assorbimento dei farmaci. Il metabolismo di dabigatran viene pertanto influenzato dagli inibitori della P-gp come amiodarone, dronedarone, verapamil, chinidina, che possono aumentare la concentrazione plasmatica, o al contrario dalla contemporanea terapia con potenti induttori della P-gp (rifampicina, erba di S. Giovanni, carbamazepina, fenitoina), che possono ridurre le concentrazioni plasmatiche di dabigatran. La contemporanea assunzione di inibitori della pompa protonica utilizzati per la gastro-protezione riduce la concentrazione plasmatica del 20-25% e ciò è considerato significativo. La contemporanea assunzione di cibo sembra rallentare il picco plasmatico di dabigatran di circa due ore (2-5). L eliminazione di dabigatran avviene per l 85% a livello renale. Pertanto, in pazienti con insufficienza renale moderato-severa, come già evidenziato, il farmaco potrebbe accumularsi. Ne consegue che l uso è controindicato in caso di insufficienza renale severa (ClCr <30 ml/min), mentre può essere necessario l aggiustamento della dose per valori di ClCr tra 30 e 50 ml/min (insufficienza renale moderata) in soggetti a rischio emorragico elevato. Dabigatran non ha dimostrato effetti epatotossici significativi fino agli studi di fase III. Tra gli effetti collaterali, si segnala una percentuale non trascurabile di pazienti che sviluppano dispepsia, che potrebbe limitarne l utilizzo. Viene somministrato in doppia somministrazione giornaliera (2-5). Rivaroxaban è un derivato oxazolidinonico (2, 6-9). Non ha pro-farmaco in quanto è ben assorbito dal tratto gastrointestinale con una biodisponibilità molto elevata (80%). Raggiunge il picco plasmatico in circa 2 ore. La sua emivita oscilla in media tra 6-8 ore nel giovane adulto e 12 ore nell anziano. Viene metabolizzato nel fegato con un meccanismo indipendente dal citocromo P450, ma influenzato dal citocromo 3A4. L eliminazione avviene per i due terzi a livello renale (in realtà un terzo di rivaroxaban è escreto a livello renale dopo inattivazione a livello epatico e quindi l eliminazione renale 81

10 FARMACOLOGIA DEI DOAC Tabella 2 Sintesi delle proprietà farmacologiche degli anticoagulanti orali diretti. Dabigatran Rivaroxaban Apixaban Edoxaban Struttura molecolare Derivato piperidinico+struttura benzamidinica Derivato oxazolidinonico Derivato piperidonfenilico+pirazolo Derivato etanediamidico+ cloropiridina Pro-farmaco Sì (dabigatran etexilato) No No No Peso molecolare 628 KD pro-farmaco (etexilato) 471 KD farmaco 436 KD 460 KD 548 KD Emivita plasmatica 7-9 h dopo prima dose h dopo multiple dosi 9 h in giovani-adulti 12 h in anziani >75 anni 12 h 8-10 h Tempo impiegato per raggiungere la concentrazione massima (Cmax) 0,5-2 h 2-4 h 3 h 1-2 h Biodisponibilità Via di eliminazione 6,5% Renale 80% >80% Renale 66% (di cui il 33% immodificato) Bilio-fecale 35% >50% Renale 25% Fecale 75% >45% Renale 35% Bilio-fecale 65% Legame con proteine plasmatiche 35% 90% 85% 55% Volume di distribuzione l 0,6-1,5 l/kg 0,3 l/kg Non riportato Metabolismo citocromo P450 No Sì (CYP3A4) Sì (CYP3A4) Sì Interazione con cibo No No No No Trasportatore di membrana Glicoproteina-P Glicoproteina-P Glicoproteina-P/BCRP Glicoproteina-P Interazione con farmaci Inibitori e induttori glicoproteina-p Inibitori o induttori CYP3A4 e glicoproteina-p Inibitori o induttori CYP3A4 e glicoproteina-p Inibitori o induttori CYP3A4 e glicoproteina-p Frequenza di somministrazione Due volte al giorno Una volta al giorno (Due volte al giorno nella fase acuta del TEV) Due volte al giorno Una volta al giorno Sicurezza in gravidanza No No No No Dializzabilità Sì No No No Antidoto specifico No No No No Parametri coagulativi utilizzabili per valutare attività anticoagulante Tempo di trombina Tempo di ecarina aptt PT Anti-Xa Anti-Xa Anti-Xa TEV: tromboembolismo venoso; aptt: tempo di tromboplastina parziale attivata; PT: tempo di protrombina. vera è in effetti un terzo) e per un terzo a livello bilio-fecale. Quest ultima eliminazione sembra essere mediata dalla P-gp. Rivaroxaban può pertanto accumularsi in pazienti con insufficienza renale severa (ClCr <20 ml/min) e insufficienza epatica grave. Rivaroxaban non ha interferenze con il cibo, ma può interferire con farmaci che agiscono sul citocromo P3A4 e la P-gp. Viene somministrato in dose unica giornaliera. Non vengono descritti effetti epatotossici con rivaroxaban (2, 6-8). Apixaban deriva dal legame peptidico di un pirazolo con un piperidone fenilico (9, 10). Non ha pro-farmaco e, come rivaroxaban, si lega al sito attivo del FXa e lo inibisce sia quando è libero in soluzione, sia quando è legato alla protrombina. Assorbito dal tratto gastrointestinale, ha una discreta biodisponibilità (50%), raggiunge il picco plasmatico in 2 ore e la sua emivita dopo dosi ripetute è di circa 9-14 ore. Viene metabolizzato dal fegato con un meccanismo indipendente dal citocromo P450, attraverso il citocromo P3A4. L eliminazione è prevalente a livello bilio-fecale (75%), mentre l eliminazione renale è del 25%. Anche apixaban interferisce 82

11 Sandra Gori, et al. con farmaci che agiscono sulla P-gp e sul citocromo 3A4. Apixaban è somministrato in doppia somministrazione giornaliera, non risente dell interazione con il cibo. Non vengono descritti effetti epatotossici con apixaban (9, 10). Edoxaban (DU-176Bb) è un inibitore diretto del FXa di piccole dimensioni (11, 12). Deriva dal legame di una struttura etanediamidica sulfonata con la cloropiridina ed è stato progettato a partire da DX-9065a, che è stato uno dei primi inibitori parenterali del FXa (11). Edoxaban non ha pro-farmaco. Viene rapidamente assorbito dopo una singola dose orale raggiungendo il picco di concentrazione plasmatica in 1-2 ore. L'emivita plasmatica è 6-11 ore dopo la somministrazione di dosi singole e 9-10 ore dopo dosi multiple. Edoxaban viene metabolizzato attraverso la via bilio-fecale per il 65%, in piccola parte (<4%) attraverso un sistema dipendente dal citocromo 3A4. Circa un terzo di edoxaban viene eliminato tramite escrezione renale; il farmaco si accumula nei soggetti con insufficienza renale severa. Rispetto a rivaroxaban e apixaban, edoxaban ha una minore capacità di legame proteico (40-59%) (12, 13). Come gli altri anti-xa, edoxaban è substrato per la P-gp e pertanto è anch esso influenzato dagli inibitori o dagli induttori di P-gp oltre che, come già visto, dai farmaci che interferiscono con il citocromo 3A4. L assorbimento di edoxaban non risente dell interazione con il cibo. Non vengono descritti effetti epatotossici con edoxaban (12, 13). Né dabigatran né gli anti-xa sono stati valutati in gravidanza, pertanto non ci sono dati sulla sicurezza dei nuovi anticoagulanti orali in questa condizione (2, 6-13). Le caratteristiche farmacocinetiche dei DOAC sono riassunte in Tabella 2. DOAC E PARAMETRI COAGULATIVI I DOAC hanno una farmacodinamica lineare con un effetto dose/risposta prevedibile. La concentrazione plasmatica e l effetto antitrombotico dei DOAC sono proporzionali alla dose assunta. Alla dosi profilattiche o terapeutiche, i DOAC modificano modestamente i comuni test coagulativi. L effetto sui parametri coagulativi è peraltro più evidente al picco di concentrazione plasmatica e allo steady-state che si raggiunge dopo pochi giorni. I DOAC, pertanto, sono stati testati negli studi clinici di fase III senza un monitoraggio laboratoristico routinario, che quindi non viene consigliato nella pratica clinica (2). I dati disponibili relativi all effetto dei DOAC sui parametri coagulativi derivano prevalentemente dagli studi clinici di fase II, cioè gli studi pre-clinici di dose-finding (14). A dosi profilattiche, come quelle utilizzate nella prevenzione del tromboembolismo venoso in ortopedia maggiore, e terapeutiche, come quelle utilizzate nel paziente con fibrillazione atriale non valvolare, dabigatran non interagisce in maniera sostanziale sul tempo di protrombina. Il tempo di tromboplastina parziale attivata (aptt) risulta prolungato da dabigatran in un rapporto curvi-lineare. A concentrazioni plasmatiche di dabigatran più basse l aptt viene prolungato in maniera lineare, mentre a concentrazioni più elevate, raggiunte in casi di sovradosaggio, l incremento dell aptt perde questa linearità tendendo al plateau. Dabigatran, invece, prolunga il tempo di trombina e il tempo di ecarina in maniera lineare e proporzionale alla sua concentrazione plasmatica, ma questi parametri di laboratorio non sono ancora ubiquitariamente diffusi (14-17). Gli anti-xa determinano un prolungamento del tempo di protrombina e, in minor misura, dell aptt in maniera concentrazionedipendente, seppur esista una variabilità legata al reagente usato sia per i diversi DOAC tra loro sia per lo stesso DOAC. A dosi profilattiche e terapeutiche l effetto su questi parametri è scarso. Gli anti-xa determinano, invece, un prolungamento lineare dell attività anti-xa (14-17). CONCLUSIONI Il meccanismo d azione single target, la relativa breve emivita, l azione anticoagulante immediata e prevedibile, la rapida eliminazione, la formulazione orale, la scarsa interazione con farmaci e cibo, la non necessità di monitoraggio laboratoristico routinario, il dosaggio fisso rendono ragione dei possibili miglioramenti attesi con i DOAC nella gestione delle patologie tromboemboliche venose e arteriose. Occorre tuttavia sottolineare che, a fronte del buon profilo farmacologico, i DOAC rimangono, per definizione, molecole ad azione anticoagulante e che, per tale motivo, necessitano di un attento monitoraggio clinico e di alcuni indici laboratoristici fondamentali quali la funzionalità renale ed epatica che, se alterate, potrebbero favorire l accumulo di questi farmaci con rischi di sovradossaggio ed emorragie. Miglioramento, quindi, non deve essere sinonimo di banalizzazione terapeutica. Bibliografia 1. Ruff CT, Brauwald E. Will warfarin ever be replaced?. 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12 AGGIORNAMENTO MEDICO, 37, 5-6, 2013 Gli anticoagulanti orali diretti nella profilassi del tromboembolismo venoso Grazia Panigada 1, Rino Migliacci 2, Roberto Cappelli 3 1U.O. Medicina Interna, Ospedale di Pescia, ASL 3 Pistoia, Presidente Eletto FADOI Toscana 2U.O. Medicina Interna, Ospedale di Cortona, ASL 8 Arezzo, Referente Trombosi-Emostasi FADOI Toscana 3Centro Trombosi, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Università degli Studi di Siena, Responsabile Centro TAO Azienda Ospedaliera Universitaria Senese STATO DELL ARTE FINO AGLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI (DOAC) NELLA PROFILASSI DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO Il tromboembolismo venoso (TEV), identificato nella trombosi venosa profonda (TVP) e nell embolia polmonare (EP), rappresenta una delle principali cause di mortalità e morbilità nella pratica clinica ospedaliera, sia in ambito chirurgico sia in quello medico. In assenza di profilassi, il rischio di TEV arriva al 40-60% in chirurgia ortopedica maggiore (protesi elettiva d anca e di ginocchio, frattura di femore), al 15-40% in chirurgia generale e al 10-20% in ambito medico-internistico (1-3). La prevenzione del TEV rappresenta, pertanto, uno dei principali obiettivi in ambito ospedaliero. Essa può essere effettuata con mezzi farmacologici, rappresentati da eparina non frazionata (ENF), eparine a basso peso molecolare (EBPM) e fondaparinux somministrati per via parenterale sottocutanea, antagonisti della vitamina K (AVK) e antiaggreganti piastrinici somministrati per via orale, oppure da mezzi fisici (profilassi meccanica) passivi, rappresentati da calze elasto-compressive (GCS), o attivi, rappresentati da compressione pneumatica intermittente (IPC) e pompa venosa plantare (PVP) (1-3). La profilassi farmacologica rappresenta la strategia di prevenzione più efficace ed è quella più utilizzata nella pratica ospedaliera. In ambito di chirurgia ortopedica maggiore, nonostante tutte le strategie farmacologiche sopra descritte siano indicate con lo stesso grado di raccomandazione dalle più recenti linee guida dell American College of Chest Physicians (ACCP, IX Edizione, 2012), EBPM e fondaparinux sono i presidi farmacologici più utilizzati in Europa (1). In questo contesto l utilizzo delle EBPM ha ridotto l incidenza del TEV dal 3 all 1,2% nelle prime due settimane e dal 4,5 all 1,8% nelle cinque settimane successive all intervento (1, 4). Il fondaparinux ha dimostrato di essere efficace e sicuro rispetto al placebo in chirurgia elettiva d anca e di ginocchio e vantaggi su enoxaparina nella frattura di femore in uno studio numericamente di piccole dimensioni (4, 5). La profilassi farmacologica in chirurgia protesica elettiva d anca e di ginocchio dovrebbe essere iniziata in fase peri-operatoria (1, 4). In Europa la strategia più utilizzata con EBPM è quella che prevede il suo inizio 12 ore prima dell intervento con un dosaggio profilattico esemplificato da enoxaparina 40 mg/die, mentre negli USA l inizio della profilassi avviene nel post-intervento (4-12 ore) con un dosaggio maggiore esemplificato da enoxaparina 30 mg x 2 volte/die. Per quanto riguarda fondaparinux, la profilassi con questa molecola dovrebbe essere sempre iniziata nel post-intervento, dopo almeno 6 ore. Nel paziente con frattura di femore la profilassi può essere iniziata nel post-intervento se questo viene effettuato in regime d urgenza, altrimenti dovrebbe essere iniziata il prima possibile durante l ospedalizzazione e proseguita nel postintervento, precisando che fondaparinux dovrebbe essere evitato prima dell intervento o comunque sospeso 24 ore prima dell intervento stesso (1, 4). AVK e antiaggreganti piastrinici sono scelte di profilassi generalmente non utilizzate nei Paesi europei, mentre ancora oggi vengono utilizzati negli USA come una possibilità di profilassi. La profilassi in chirurgia ortopedica maggiore viene estesa alle prime cinque settimane dall intervento, fermo restando che, nella protesi elettiva di ginocchio, le evidenze scientifiche sono comunque limitate alle prime due settimane (1, 4) (Tabella 1). In chirurgia generale la stima del rischio mediante score aiuta a definire il paziente a rischio molto basso, basso, moderato e alto di TEV (2). Le EBPM rappresentano la strategia di profilassi che ha dimostrato il miglior rapporto rischio/beneficio e vengono raccomandate come strategia profilattica di prima scelta nel paziente con moderato e alto rischio trombotico e basso rischio di sanguinamento (2). Fondaparinux, nonostante i buoni risultati degli studi PEGASUS e APOLLO, sembra essere associato a un maggior rischio di sanguinamenti e, pertanto, nelle più recenti linee guida viene raccomandato come strategia alternativa nei soggetti che non possono essere sottoposti a EBPM (6). La profilassi farmacologica in chirurgia generale dovrebbe essere iniziata in fase peri-operatoria e proseguita per tutta l ospedalizzazione. Dovrebbe essere prolungata a quattro set , Editrice Kurtis

13 Grazia Panigada, et al. timane solo nel paziente ad alto rischio sottoposto a chirurgia oncologica addominale o pelvica (2). In ambito medico-internistico sono stati realizzati tre grandi trial di profilassi farmacologica con tre molecole diverse, enoxaparina nello studio MEDENOX, dalteparina nello studio PREVENT, fondaparinux nello studio ARTEMIS (3). I tre trial di fase III hanno dimostrato l efficacia e la sicurezza della profilassi farmacologica sul placebo, evidenziando una riduzione del rischio relativo (RRR) di TEV in un range che va dal 44% nello studio PREVENT al 63% nello studio MEDENOX (3). La profilassi farmacologica nel paziente medicointernistico è raccomandata nel paziente a moderato/alto rischio valutato mediante pratici score, da iniziare il prima possibile durante il ricovero ospedaliero, tenendo tuttavia in considerazione i fattori di rischio emorragici che potrebbero controindicarla (3). La profilassi nel paziente medicointernistico dovrebbe essere estesa al periodo di ospedalizzazione e non prolungata, a eccezione di casi particolari valutati singolarmente, oltre il periodo di due settimane (3). Lo studio EXCLAIM, studio di fase III di confronto tra enoxaparina 40 mg/die e placebo, ha infatti evidenziato che prolungare la profilassi oltre le due settimane fino a un mese, se da un lato riduce significativamente l incidenza di TEV, dall altro espone il paziente medico-internistico a un rischio di sanguinamenti significativamente superiore (7). La profilassi con mezzi fisici rappresenta una strategia di prevenzione alternativa o di potenziamento alla profilassi farmacologica. In ambito ortopedico maggiore, la profilassi meccanica è indicata in associazione a quella farmacologica nel paziente ad alto/altissimo rischio o come strategia unica di profilassi nel paziente con controindicazione assoluta alla profilassi farmacologica (1, 4). In ambito di chirurgia generale, la profilassi meccanica è indicata da sola nel paziente a basso-moderato rischio o nel paziente ad alto/altissimo rischio quando è assolutamente controindicata la profilassi farmacologica, oppure in associazione alla profilassi farmacologica nel paziente ad alto/altissimo rischio che non ha controindicazioni alla profilassi farmacologica (2). In ambito internistico, l utilizzo della profilassi meccanica è controverso. Nel paziente con ictus ischemico o emorragico lo studio CLOTS I ha dimostrato che le GCS non sono significativamente superiori al placebo, potendo peraltro provocare complicazioni a livello locale cutaneo, mentre nello studio LIFE- NOX nel paziente con patologia internistica non cerebrovascolare, le GCS proteggerebbero almeno quanto enoxaparina, ma le molte limitazioni metodologiche e di selezione dei pazienti di questo studio lo rendono ampiamente criticabile (3, 8, 9). Non esistono evidenze in ambito medicointernistico per la profilassi meccanica con IPC e PVP (9). Le raccomandazioni ACCP IX Edizione indicano di utilizzare la profilassi meccanica nel paziente con patologia internistica non cerebrovascolare quando è presente assoluta controindicazione alla profilassi farmacologica o in associazione a essa nel paziente ad altissimo rischio (3). In casi selezionati, quale il paziente ad altissimo rischio di TEV, che hanno una controindicazione assoluta alla profilassi farmacologica, principalmente rappresentata da una emorragia maggiore in atto, può essere presa in considerazione l applicazione di un filtro cavale rimuovibile come strategia profilattica (10). In tutte le condizioni cliniche descritte, seppur priva di evidenze scientifiche concrete, la mobilizzazione precoce dovrebbe rappresentare pratica routinaria, da favorire e associare alle strategie profilattiche descritte (1-3). GLI STUDI CLINICI SUI DOAC NELLA PROFILASSI DEL TEV I DOAC sono stati studiati in trial clinici di fase III nella prevenzione del TEV in ambito di chirurgia elettiva protesica d anca e di ginocchio e nella profilassi a lungo termine nel paziente internistico. Tabella 1 Profilassi farmacologica in chirurgia ortopedica maggiore: tipo, inizio e durata. Tipologia di intervento Farmaco Inizio profilassi Durata profilassi Protesi elettiva d anca ENF, EBPM 12 h prima intervento o 12 h dopo intervento 5 settimane (35 giorni) tutti Fondaparinux 6-24 h dopo intervento DOAC Dabigatran 1-4 h dopo intervento Rivaroxaban 6-10 h dopo intervento Apixaban h dopo intervento Protesi elettiva di ginocchio ENF, EBPM 12 h prima intervento o 12 h dopo intervento Almeno giorni, evidenze per Fondaparinux 6-24 h dopo intervento 5 settimane (35 giorni) + pratica consolidata DOAC Dabigatran 1-4 h dopo intervento Dabigatran 10 giorni Rivaroxaban 6-10 h dopo intervento Rivaroxaban 14 giorni Apixaban h dopo intervento Apixaban 14 giorni Frattura di femore ENF, EBPM Subito se non controindicazioni 5 settimane (35 giorni) tutti Fondaparinux 6 h dopo intervento ENF: eparina non frazionata; EBPM: eparina a basso peso molecolare; DOAC: anticoagulante orale diretto. 85

14 I DOAC NELLA PROFILASSI DEL TEV Profilassi del TEV in chirurgia ortopedica maggiore L ambito della profilassi ortopedica è stato il primo a essere testato con i DOAC. A oggi sono disponibili i risultati di 13 studi clinici randomizzati controllati di fase III che complessivamente hanno arruolato circa pazienti, la metà dei quali randomizzata ai DOAC (11-22). In tutti gli studi di confronto il farmaco comparato è stato enoxaparina, somministrata secondo il dosaggio europeo (40 mg/die) o americano (30 mg x 2 volte/die). Tutte le molecole, dabigatran, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban (quest ultimo testato solo nella popolazione giapponese), sono state valutate sia nella protesi elettiva di ginocchio sia nella protesi elettiva d anca. La Tabella 2 riassume il disegno degli studi clinici di fase III con i DOAC in questo contesto. Degli studi clinici che hanno valutato dabigatran, rivaroxaban e apixaban sono state effettuate meta-analisi complessive (23), mentre per edoxaban ancora non sono disponibili le pubblicazioni relative agli studi di profilassi in ortopedia, sebbene i risultati siano stati comunicati (22). Una di queste meta-analisi dimostra che i DOAC complessivamente non sono inferiori a enoxaparina sia in termini di efficacia, valutata mediante endpoint combinato mortalità ed episodi di TEV dimostrati mediante venografia, sia in termini di sicurezza, rappresentata dalla combinazione di sanguinamenti maggiori e non maggiori ma clinicamente rilevanti (23). All interno degli studi relativi alle singole molecole, gli studi RECORD I-IV dimostrano complessivamente un efficacia superiore di rivaroxaban su enoxaparina con una sicurezza non inferiore (24), per dabigatran i risultati complessivi dimostrano una non inferiorità in termini di efficacia e sicurezza (25), mentre per apixaban gli studi di fase III dimostrerebbero un incidenza di sanguinamenti sovrapponibile rispetto a enoxaparina con un efficacia superiore (26). Profilassi del TEV nel paziente medico-internistico Rivaroxaban e apixaban sono stati valutati in studi clinici di fase III nella profilassi del TEV nel paziente medico-internistico. Lo studio MAGELLAN è uno studio multicentrico randomizzato-controllato in doppio cieco, in cui rivaroxaban al dosaggio di 10 mg/die in monosomministrazione è stato confrontato con enoxparina al dosaggio di 40 mg/die (27). Il braccio trattato con rivaroxaban in monosomministrazione per i primi 10 giorni di trattamento è stato confrontato con enoxaparina, quindi la somministrazione di rivaroxaban è stata proseguita dal 10 fino al 35 giorno mentre enoxaparina è stata interrotta ed è stato somministrato placebo fino al 35 giorno. In questo studio rivaroxaban è risultato non inferiore a enoxaparina in termini di efficacia nella prevenzione degli eventi TEV sintomatici e asintomatici prossimali al decimo giorno [RR 0,97; intervallo di confidenza al 95% (95% CI) 0,71-1,31; p=0,003] e superiore al braccio enoxaparina-placebo al giorno 35 (RR 0,77; 95% CI 0,62-0,96; p=0,02), mentre è risultato inferiore a enoxaparina sia al giorno 10 sia al giorno 35 in termini di sicurezza, esponendo il paziente a un rischio assoluto maggiore di sanguinamenti maggiori e non maggiori ma clinicamente rilevanti rispettivamente dell 1,6% a 10 giorni e 2,4% a 5 settimane (27). È comunque da rimarcare che il braccio trattato con rivaroxaban risulta avere, al 35 giorno, un peggior beneficio netto (combinazione di TVP prossimali sintomatiche e non sintomatiche, EP sintomatiche, decessi per eventi TEV, emorragie maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti) rispetto al gruppo trattato con enoxaparinaplacebo (9,4% eventi combinati vs 7,8%, rispettivamente, nel braccio rivaroxaban ed enoxaparina-placebo). Lo studio ADOPT è anch esso uno studio multicentrico randomizzato-controllato in doppio cieco in cui apixaban al dosaggio di 2,5 mg x 2 volte/die è stato confrontato con enoxaparina al dosaggio di 40 mg/die nel paziente medico-internistico (28). Apixaban è stato somministrato per 30 giorni, mentre enoxaparina per 6-14 giorni. I risultati di questo studio dimostrano che, nonostante apixaban sia non inferiore a enoxaparina in termini di efficacia rappresentata dall endpoint composito a trenta giorni mortalità dovuta ad eventi tromboembolici, EP, TVP sintomatica e TVP asintomatica prossimale diagnosticate mediante ultrasonografia a compressione (RR 0,87; 95% CI 0,62-1,23, p=0,44), esso incrementa, rispetto a enoxaparina, il rischio di sanguinamenti maggiori di due volte e mezzo (RR 2,58; 95% CI 1,02-7,24; p=0,04) (28). I DOAC NELLE LINEE GUIDA SULLA PROFILASSI DEL TEV I buoni risultati emersi negli studi clinici di fase III sui DOAC nella profilassi farmacologica in chirurgia protesica elettiva d anca e di ginocchio sono stati recepiti dalle linee guida internazionali e nazionali che hanno attribuito a dabigatran, rivaroxaban e apixaban l indicazione all utilizzo con una raccomandazione forte, pari a quella di EBPM, fondaparinux, AVK e antiaggreganti piastrinici (1, 4). Occorre peraltro precisare che nelle più recenti linee guida ACCP IX Edizione distribuite a febbraio 2012, le EBPM vengono ancora considerate lo standard of care in questo contesto stante la mancanza di studi clinici di fase IV concernenti l efficacia e la sicurezza dei DOAC nel mondo reale (1, 4). Data l assenza di studi clinici di fase III, peraltro ad oggi non previsti, i DOAC non sono raccomandati nella profilassi del TEV in altri ambiti chirurgici. Al contrario dell ambito ortopedico protesico, alla luce dei risultati degli studi MAGELLAN con rivaroxaban e ADOPT con apixaban, i DOAC non sono raccomandati per la profilassi farmacologica del TEV in ambito medico-internistico sia durante l ospedalizzazione sia nella fase successiva di estensione (3). I DOAC NEGLI STUDI CLINICI DI FASE IV OVVERO NELLA VITA REALE I buoni risultati complessivi dei DOAC negli studi di fase III hanno prodotto l indicazione, ricevuta dalle Autorità competenti, alla commercializzazione e all utilizzo pratico in ambito di chirurgia ortopedica protesica elettiva per dabigatran, rivaroxaban ed apixaban. A oggi sono in fase di pubblicazione e già comunicati a congressi internazionali i risultati di studi clinici di fase IV che rispecchiano l utilizzo dei nuovi farmaci nella vita reale al di fuori degli studi registrativi. Lo studio ORTHO-TEP è uno studio retrospettivo che ha valutato l incidenza di TEV in fasi storiche diverse in cui sono state utilizzate molecole diverse nella profilassi farmacologica in chirurgia ortopedica protesica elettiva (29, 30). In questa analisi di 86

15 Grazia Panigada, et al. Trial DOAC, Farmaco comparato, Inizio DOAC Inizio enoxaparina Protesi Principali di fase III dosaggio e durata dosaggio e durata in relazione in relazione risultati all intervento all intervento RE-MODEL Dabigatran 150 o 220 mg Enoxaparina 40 mg 1-4 h dopo 12 h prima Ginocchio efficacia 6-10 giorni 6-10 giorni sicurezza RE-MOBILIZE Dabigatran 150 o 220 mg Enoxaparina 30 mg x 2/die 6-12 h dopo h dopo Ginocchio efficacia giorni giorni sicurezza RE-NOVATE I Dabigatran 150 o 220 mg Enoxaparina 40 mg 1-4 h dopo 12 h prima Anca efficacia giorni giorni sicurezza RE-NOVATE II Dabigatran 220 mg Enoxaparina 40 mg 1-4 h dopo 12 h prima Anca efficacia giorni giorni sicurezza RECORD I Rivaroxaban 10 mg Enoxaparina 40 mg 6 h dopo 12 h prima Anca efficacia 35 giorni 35 giorni sicurezza RECORD II Rivaroxaban 10 mg Enoxaparina 40 mg 6 h dopo 12 h prima Anca efficacia 14 giorni giorni sicurezza RECORD III Rivaroxaban 10 mg Enoxaparina 40 mg 6 h dopo 12 h prima Ginocchio efficacia giorni giorni sicurezza RECORD IV Rivaroxaban 10 mg Enoxaparina 30 mg x 2/die 6 h dopo h dopo Ginocchio efficacia giorni giorni sicurezza ADVANCE I Apixaban 2,5 mg x 2/die Enoxaparina 30 mg x 2/die h dopo h dopo Ginocchio efficacia giorni giorni sicurezza ADVANCE II Apixaban 2,5 mg x 2/die Enoxaparina 40 mg h dopo 12 h prima Ginocchio efficacia giorni giorni sicurezza ADVANCE III Apixaban 2,5 mg x 2/die Enoxaparina 40 mg h dopo 12 h prima Anca efficacia 35 giorni 35 giorni sicurezza STARS E3 Edoxaban 30 mg Enoxaparina 20 mg x 2/die 6-24 h dopo h dopo Ginocchio giorni giorni STARS J5 Edoxaban 30 mg Enoxaparina 20 mg x 2/die 6-24 h dopo h dopo Anca giorni giorni Profilassi nel paziente internistico Tabella 2 Gli anticoagulanti orali ad azione diretta (DOAC) nella profilassi del tromboembolismo venoso (TEV) in ortopedia maggiore: sintesi dei trial clinici di fase III. Trial DOAC, Farmaco comparato, Principali risultati di fase III dosaggio e durata dosaggio e durata MAGELLAN Rivaroxaban 10 mg Enoxaparina 40 mg efficacia a 10 giorni, efficacia a 35 giorni 35 giorni 10 giorni sicurezza a 10 giorni, sicurezza a 35 giorni beneficio clinico netto ADOPT Apixaban 2,5 mg x 2/die Enoxaparina 40 mg efficacia a 30 giorni 30 giorni 6-14 giorni sicurezza a 30 giorni beneficio clinico netto : superiorità del DOAC rispetto al farmaco comparato; : inferiorità del DOAC rispetto al farmaco comparato; : non inferiorità del DOAC rispetto al farmaco comparato. comparazione indiretta rivaroxaban risulta significativamente superiore a enoxaparina e fondaparinux nella prevenzione del TEV sintomatico e non inferiore a queste molecole nell incidenza di emorragie maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti (29, 30). Lo studio XAMOS è invece uno studio osservazionale prospettico di confronto tra rivaroxaban e lo standard of care in profilassi farmacologica ortopedica protesica elettiva d anca e di ginocchio rappresentato per 81,7% da enoxaparina, 7,9% da fondaparinux, 5,5% da dabigatran e 4,9% da altre molecole (31). Lo studio XAMOS, che complessivamente ha valutato circa pazienti, randomizzati la metà a rivaroxaban e la metà a standard of care, dimostra che rivaroxaban è superiore allo standard of care nella riduzione dell incidenza di TEV sintomatico e non inferiore nell incidenza di sanguinamenti maggiori, 87

16 I DOAC NELLA PROFILASSI DEL TEV mentre risulta inferiore allo standard of care nei sanguinamenti totali (32). Un recente studio clinico osservazionale ha dimostrato che su circa pazienti trattati con dabigatran in profilassi ortopedica maggiore elettiva, l incidenza degli eventi di TEV e dei sanguinamenti è paragonabile a quella riportata dal farmaco negli studi clinici di fase III, confermandone quindi indirettamente l efficacia e la sicurezza riportate degli studi registrativi (33). Ad oggi non sono disponibili dati su apixaban e edoxaban nella profilassi del TEV in chirurgia ortopedica protesica elettiva nella vita reale. CONCLUSIONI I DOAC rappresentano un efficace e sicura alternativa a EBPM e fondaparinux nella chirurgia protesica elettiva d anca e di ginocchio, mentre hanno fallito nella dimostrazione di non inferiorità rispetto a enoxaparina nella profilassi del TEV in ambito internistico. La somministrazione orale, che sicuramente riduce il discomfort secondario all iniezione sottocutanea dei farmaci parenterali, rappresenta il vantaggio principale nella profilassi successiva all ospedalizzazione del paziente ortopedico protesico, che deve prolungare la prevenzione alle cinque settimane successive. L effetto anticoagulante prevedibile e l assenza di potenziali complicazioni relative alla trombocitopenia da eparina sono altri vantaggi da non trascurare. Bibliografia 1. Falck-Ytter Y, Francis CW, Johanson NA, et al. Prevention of VTE in orthopedic surgery patients: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence- Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012; 141 (Suppl 2): e278s-325s. 2. Gould MK, Garcia DA, Wren SM, et al. American College of Chest Physicians. 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17 AGGIORNAMENTO MEDICO, 37, 5-6, 2013 Gli anticoagulanti orali diretti nel trattamento del tromboembolismo venoso Giancarlo Landini 1, Andrea Fontanella 2 1Direttore Dipartimento di Medicina Interna, Azienda ASL 10 Firenze, Past-President FADOI Toscana 2Direttore Dipartimento di Medicina, Ospedale del Buon Consiglio, Napoli, Presidente FADOI Campania, Direttore del Dipartimento per la Formazione Clinica e l Aggiornamento Fondazione FADOI STATO DELL ARTE DEL TRATTAMENTO DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO FINO AGLI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI (DOAC) Il tromboembolismo venoso (TEV), che comprende la trombosi venosa profonda (TVP) e l embolia polmonare (EP), rappresenta un entità nosologica di estrema rilevanza nella pratica clinica. L incidenza nella popolazione generale è stimata in circa 7-12 casi/1.000 abitanti/anno, un terzo dei casi rappresentato da EP isolata, cioè non associata a TVP, e due terzi rappresentati da TVP associata o meno a EP (1-4). La mortalità a 30 giorni per episodi di TEV è nell ordine di circa il 6% nei pazienti con TVP e di circa il 12% nei pazienti con EP; in questi ultimi la mortalità a 3 mesi arriva al 17% (1, 5). L incidenza di recidive rappresenta la problematica principale a lungo termine: il tasso di recidiva dopo un primo episodio nei pazienti con TEV passa dal 7% circa dopo 6 mesi al 40% circa dopo 10 anni (6). Il trattamento anticoagulante del TEV è gravato da potenziali complicanze emorragiche sia in fase acuta sia nel lungo termine, la cui incidenza, nella pratica clinica, non è irrilevante (7-10). Il trattamento anticoagulante del TEV consiste di tre fasi: - una prima fase acuta di somministrazione di terapia anticoagulante per via parenterale effettuata al momento della diagnosi e che consiste in trombolisi (nell EP emodinamicamente instabile) o eparina non frazionata endovena o sottocute o eparine a basso peso molecolare o fondaparinux somministrati per via sottocutanea; - una fase intermedia, detta anche a lungo termine, in cui alla terapia parenterale viene embricata, a partire dalla fase acuta e se possibile già dalla prima giornata, la terapia orale con farmaci antagonisti della vitamina K (AVK). Ciò è dovuto alla necessità di una fase di induzione degli AVK per raggiungere il range terapeutico dell International Normalized Ratio (INR), nella stragrande maggioranza dei casi indicato in livelli compresi tra 2,0 e 3,0 (target 2,5). Questa fase, che inizia come detto contemporaneamente alla fase acuta, dura almeno 3 mesi; - infine, una fase di estensione del trattamento, in cui i farmaci AVK vengono prolungati oltre i 3-6 mesi, fino a 12 mesi o eventualmente a tempo indefinito, e ciò in base ai fattori di rischio che hanno determinato l evento TEV (11, 12). STUDI CLINICI DI FASE III SUI DOAC NEL TRATTAMENTO DEL TEV I DOAC sono stati testati in studi clinici di fase III in cui sono stati confrontati nella fase acuta con lo standard of care rappresentato da terapia parenterale-warfarin (studi EINSTEIN-PE ed EINSTEIN-DVT per rivaroxaban, studio AMPLIFY per apixaban) (13-15) oppure nella fase a lungo termine con il warfarin (studi RE-COVER I, RE-COVER II e RE-MEDY per dabigatran, studio HOKUSAI per edoxaban) (16-18) o, infine, contro placebo nella fase di estensione del trattamento (studi EINSTEN- Extension per rivaroxaban, AMPLIFY-Extension per apixaban, studi RE-SONATE per dabigatran) (14, 19, 20). I DOAC nella fase acuta del TEV Nello studio EINSTEN-PE circa pazienti con EP in fase acuta, associata o meno a TVP, sono stati randomizzati a trattamento con rivaroxaban 15 mg x 2 volte/die per 3 settimane, quindi 20 mg/die in monosomministrazione oppure a trattamento standard of care rappresentato da enoxaparina per almeno 5 giorni seguita da warfarin al dosaggio tale da mantenere l INR tra 2,0 e 3,0 (13). I due trattamenti sono stati confrontati a 3, 6 e 12 mesi in termini di episodi ricorrenti di TEV sintomatici ed emorragie maggiori o non maggiori ma clinicamente rilevanti con l obiettivo di dimostrare la non inferiorità di rivaroxaban versus enoxaparinawarfarin. Lo studio ha dimostrato la non inferiorità di rivaroxaban sullo standard of care in termini di efficacia e sicurezza, evidenziando peraltro la superiorità di rivaroxaban in termini di riduzione delle emorragie maggiori [1,1 vs 2,2%, hazard ratio (HR) 0,49; intervallo di confidenza al 95% (95% CI) 0,31-0,79; p=0,003] (13) , Editrice Kurtis

18 I DOAC NEL TRATTAMENTO DEL TEV Anche nello studio EINSTEIN-DVT, in cui sono stati arruolati circa pazienti, randomizzati in maniera analoga allo studio EINSTEIN-PE, rivaroxaban ha dimostrato di essere non inferiore al trattamento standard sia in termini di efficacia che di sicurezza (14). I risultati dello studio AMPLIFY in cui pazienti, trattati con apixaban al dosaggio di 10 mg x 2 volte/die per una settimana e quindi al dosaggio di 5 mg x 2 volte/die, sono stati confrontati con pazienti trattati con la terapia parenterale seguita da warfarin (INR 2,0-3,0) dimostrano che non esistono differenze in termini di efficacia tra i due regimi terapeutici ma apixaban risulta significativamente superiore in termini di sicurezza alla terapia standard, riducendo significativamente le emorragie maggiori (riduzione del rischio relativo del 69%), le emorragie non maggiori ma clinicamente rilevanti (riduzione del 52%) e le emorragie totali (riduzione del 56%) (15). I DOAC nella fase a lungo termine del trattamento del TEV Lo studio RE-COVER I, in cui dabigatran al dosaggio di 150 mg x 2 volte/die iniziato dopo un trattamento standard di terapia anticoagulante parenterale di almeno 5 giorni è stato confrontato con warfarin somministrato al dosaggio tale da mantenere l INR tra 2,0 e 3,0, ha dimostrato la non inferiorità di dabigatran in termini di efficacia e sicurezza sulle emorragie maggiori, mentre ha dimostrato la superiorità del farmaco sul warfarin in termini di riduzione dei sanguinamenti maggiori combinati a quelli non maggiori clinicamente rilevanti (16). Lo studio gemello RE-COVER II ha confermato i dati del precedente, ma i risultati sono stati a oggi solo comunicati, e non pubblicati (17). Lo studio HOKUSAI è un trial multicentrico randomizzato controllato in doppio cieco in cui edoxaban 60 mg/die iniziato dopo una prima fase di trattamento parenterale viene confrontato con warfarin (INR 2,0-3,0) in pazienti con episodi di TEV. Lo studio è in corso e i risultati non sono a oggi disponibili (18). I DOAC nella fase di estensione del trattamento del TEV Nello studio EINSTEIN-Extension circa 600 pazienti sono stati trattati con rivaroxaban 20 mg/die in monosomministrazione per un periodo addizionale di oltre 6-12 mesi dopo che avevano completato il trattamento di 6-12 mesi con rivaroxaban per il trattamento della fase acuta e a lungo termine e sono stati confrontati con altrettanti pazienti sottoposti a placebo dopo aver completato la fase di 6-12 mesi di trattamento anticoagulante. Lo studio ha dimostrato che l estensione del trattamento con rivaroxaban riduce significativamente gli episodi ricorrenti di TEV (1,3 vs 7,1%, HR 0,18; 95% CI 0,09-0,39; p<0,001), ma espone a un rischio significativamente superiore di eventi emorragici maggiori combinati con sanguinamenti non maggiori ma clinicamente rilevanti (6,0 vs 1,2%; HR 5,19; 95% CI 2,3-11,7; p<0,001), seppur i sanguinamenti maggiori considerati da soli non siano significativamente superiori (0,7 vs 0%, p=0,11) (14). Lo studio AMPLIFY-Extension ha randomizzato circa pazienti che avevano già completato un periodo di trattamento anticoagulante di 6-12 mesi per episodi di TEV all estensione del trattamento con apixaban al dosaggio di 2,5 o 5 mg x 2 volte/die vs placebo. Lo studio ha dimostrato che entrambi i dosaggi di apixaban, sia quello profilattico (2,5 mg x 2 volte/die) sia quello anticoagulante (5 mg x 2 volte/die), riducono significativamente gli episodi ricorrenti di TEV e la mortalità TEV-correlata rispetto al placebo, senza incrementare in maniera significativa i sanguinamenti maggiori sia combinati con quelli non maggiori ma clinicamente rilevanti sia a essi non combinati. Entrambi i dosaggi di apixaban apportano un significativo beneficio clinico netto, riducendo in maniera significativa, rispetto al placebo, l incidenza degli eventi combinati TEV, mortalità TEV-correlata, mortalità per cause cardiovascolari, infarto acuto del miocardio, ictus e sanguinamenti maggiori, con una riduzione del rischio relativo del 77 e 76% con i dosaggi di 2,5 e 5 mg x 2 volte/die, rispettivamente (19). Dabigatran al dosaggio di 150 mg x 2 volte/die è stato confrontato, in due studi clinici randomizzati controllati in doppio cieco, con warfarin al dosaggio tale da mantenere l INR tra 2,0 e 3,0 (RE-MEDY) o placebo (RE-SONATE) in pazienti che avevano già completato una prima fase di 3 mesi di trattamento anticoagulante per episodi di TEV (20). Quando confrontato con warfarin, dabigatran risulta non inferiore in termini di efficacia (ricorrenza di eventi TEV sintomatici) e sicurezza (endpoint combinato sanguinamenti maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti), peraltro risultando superiore a warfarin nella riduzione delle emorragie maggiori. D altro canto, quando confrontato contro placebo, dabigatran riduce significativamente le ricorrenze sintomatiche di TEV, ma al prezzo di un incremento significativo del rischio di sanguinamenti maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti (20). La Tabella 1 rappresenta la sintesi degli studi di fase III fino ad oggi pubblicati nell ambito del trattamento del TEV. I DOAC NELLE LINEE GUIDA SUL TRATTAMENTO DEL TEV Le più recenti linee guida sul trattamento del TEV prodotte dall American College of Chest Physicians (ACCP, IX Edizione 2012) suggeriscono l utilizzo di rivaroxaban nella fase acuta del trattamento del TEV come possibile alternativa alla terapia anticoagulante parenterale, e rivaroxaban o dabigatran come possibile scelta nella fase cronica, ai quali tuttavia dovrebbero essere preferiti i farmaci AVK (grado di raccomandazione 2B) (21). Al momento della diffusione delle linee guida non erano ancora disponibili i dati su apixaban, che quindi potrebbe comunque, visto i risultati positivi degli studi di fase III, essere incluso in un prossimo futuro. Vale la pena sottolineare che le Autorità competenti sia in Europa sia in Italia hanno approvato, per rivaroxaban, l indicazione nel trattamento di TVP ed EP e nella profilassi secondaria delle recidive; tale farmaco, quindi, sarà prossimamente disponibile per l utilizzo clinico. Grazie alle loro caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche, in particolare la breve emivita dei farmaci, l effetto anticoagulante pressoché immediato e prevedibile, la non necessità di monitoraggio di laboratorio, i DOAC si pongono come nuova e vera alternativa all attuale standard of care per il trattamento del TEV, potendo permettere un approccio con un unico farmaco (single drug approach) a partire dalla fase acuta ed esteso alla fase intermedia e a lungo termine, oppure la possibilità di sosti- 90

19 Gianfranco Landini, et al. Tabella 1 Sintesi degli studi clinici di fase III sugli anticoagulanti orali diretti (DOAC) nel trattamento del tromboembolismo venoso (TEV). Studio DOAC Farmaco comparato Efficacia Sicurezza Episodi ricorrenti Emorragie maggiori Emorragie di TEV sintomatici + non maggiori ma maggiori clinicamente rilevanti Fase acuta EINSTEIN-DVT Rivaroxaban Enoxaparina-warfarin EINSTEIN-PE Rivaroxaban Enoxaparina-warfarin AMPLIFY Apixaban Enoxaparina-warfarin Fase a lungo termine RE-COVER I Dabigatran Warfarin RE-COVER II Dabigatran Warfarin HOKUSAY Edoxaban Warfarin In corso In corso Fase di estensione EINSTEIN-Extension Rivaroxaban Placebo AMPLIFY-Extension Apixaban Placebo sia a dosaggio sia a dosaggio profilattico che profilattico che anticoagulante anticoagulante RE-MEDY Dabigatran Warfarin RE-SONATE Dabigatran Placebo : superiorità del DOAC rispetto al farmaco comparato; : non inferiorità del DOAC rispetto al farmaco comparato; : inferiorità del DOAC rispetto al farmaco comparato. tuire rapidamente (switching), senza necessità di una fase di embricazione, i farmaci parenterali con i DOAC appena terminata la fase acuta (generalmente 5 giorni) (11, 22). I vantaggi che ne derivano sono molteplici e Figura 1 facilmente intuibili. Tra questi vale la pena sottolineare la possibilità di degenze ospedaliere ridotte con notevole risparmio economico oppure la possibilità di gestire a domicilio i pazienti dopo una breve gestione di Possibile approccio con gli anticoagulanti orali diretti (DOAC) nel trattamento del tromboembolismo venoso. Fase acuta Fase a lungo termine Fase di estensione del trattamento 5-7 giorni 5 giorni-3 mesi 3 mesi-tempo indefinito Terapia parenterale AVK Terapia parenterale DOAC DOAC AVK: antagonisti della vitamina K. ore nel Dipartimento di Emergenza, salvo situazioni che richiedano un monitoraggio clinico-ospedaliero più prolungato. È quindi verosimile la prossima introduzione dei DOAC nelle linee guida sul trattamento del TEV, specie nella fase acuta e intermedia. La Figura 1 schematizza il concetto dell approccio con singolo farmaco o dello switching. I DOAC NEGLI STUDI CLINICI DI FASE IV OVVERO NELLA VITA REALE Non esistono a oggi pubblicazioni di studi clinici post-marketing sui DOAC nel trattamento del TEV sia in fase acuta sia a lungo termine. CONCLUSIONI I DOAC rappresentano un evidente passo in avanti nella gestione del TEV in fase acuta poiché permettono di evitare la fase di induzione necessaria con i farmaci AVK e quindi l embricazione con farmaci anticoagulanti parenterali ed eventualmente di ini- 91

20 I DOAC NEL TRATTAMENTO DEL TEV ziare fin da subito, con una singola molecola, o comunque dopo una breve fase di terapia anticoagulante parenterale, il trattamento del TEV. La non necessità di un monitoraggio di laboratorio routinario, la scarsa interazione con cibo e farmaci, potrebbero anche apportare vantaggi nella compliance dei pazienti. Il prossimo eventuale utilizzo nella pratica clinica dovrà confermare questi vantaggi. Bibliografia 1. White RH. The epidemiology of venous thromboembolism. Circulation 2003; 107: I Goldhaber SZ. Venous thromboembolism: epidemiology and magnitude of the problem. Best Pract Res Clin Haematol 2012; 25: Spencer FA, Emery C, Lessard D, et al. The Worchester Venous Thromboembolism Study. A population-based study of the clinical epidemiology of venous thromboembolism. J Gen Intern Med 2006; 21: Silverstein MD, Heit JA, Mohr DN, et al. Trends in the incidence of deep vein thrombosis and pulmonary embolism: a 25-year population-based study. Arch Intern Med 1998; 158: Goldhaber S, Visani L, De Rosa M. Acute pulmonary embolism: clinical outcomes in the International Cooperative Pulmonary Embolism Registry (ICOPER). Lancet 1999; 353: Prandoni P, Noventa F, Ghirarduzzi A, et al. The risk of recurrent venous thromboembolism after discontinuing anticoagulation in patients with acute deep vein thrombosis or pulmonary embolism. A prospective cohort study in 1,626 patients. Haematologica 2007; 92: Wan S, Quinlan DJ, Agnelli G, et al. Thrombolysis compared with heparin for the initial treatment of pulmonary embolism. A meta-analysis of the randomised controlled trials. Circulation 2004; 110: Quinlan DJ, McQuillan A, Eikelboom JW. Low-molecular-weight heparin compared with intravenous unfractioned heparin for treatment of pulmonary embolism. Ann Intern Med 2004; 140: Shulman S, Beyth RJ, Kearon C, et al. Hemorragic complication of anticoagulant and thrombolytic treatment: American College of Chest Physicians evidencebased clinical practice guidelines. 8th edition. Chest 2008; 133: Palareti G, Leali N, Coccheri S, et al. Bleeding complications of oral anticoagulant treatment: an inceptioncohort, prospective collaborative study (ISCOAT). Italian Study on Complications of Oral Anticoagulant Therapy. Lancet 1996; 348: Goldhaber SZ, Bounameaux H. Pulmonary embolism and deep vein thrombosis. Lancet 2012; 379: Agnelli G, Becattini C. Acute pulmonary embolism. N Engl J Med 2010; 363: The EINSTEIN Investigators. Oral rivaroxaban for symptomatic venous thromboembolism. N Engl J Med 2010; 263: The EINSTEIN Investigators. Oral rivaroxaban for the treatment of symptomatic pulmonary embolism. N Engl J Med 2012; 366: Agnelli G, Buller HR, Cohen A et al; the AMPLIFY Investigators. Oral apixaban for the treatment of acute venous thromboembolism. N Engl J Med 2013 (Epub ahead of print). 16. Schulman S, Kearon C, Kakkar AK et al; RE-COVER Study Group. Dabigatran versus warfarin in the treatment of acute venous thromboembolism. N Engl J Med 2009; 361: Schulman S. Treatment of venous thromboembolism with dabigatran. Curr Opin Pulm Med 2012; 18: term=edoxaban+hokusai&rank=1 19. Agnelli G, Buller HR, Cohen A, et al; AMPLIFY-EXT Investigators. Apixaban for extended treatment of venous thromboembolism. N Engl J Med 2013; 368: Schulman S, Kearon C, Kakkar AK, et al; RE-MEDY Trial Investigators; RE-SONATE Trial Investigators. Extended use of dabigatran, warfarin, or placebo in venous thromboembolism. N Engl J Med 2013; 368: Kearon C, Akl EA, Comerota AJ, et al. Antithrombotic therapy for VTE disease: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012; 141 (Suppl 2): e419s-94s. 22. Becattini C, Vedovati MC, Agnelli G. Old and new oral anticoagulants for venous thromboembolism and atrial fibrillation: a review of the literature. Thromb Res 2012; 129:

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