CAPITOLO TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE

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1 CAPITOLO TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE

2 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE 4.1. TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE Nel Capitolo 1 si è discusso delle varie fasi che intervengono nel processo di progettazione, ora, invece, si analizzano i metodi di scomposizione che possono essere impiegati in tali fasi, al fine di fornire indicazioni utili sulle conseguenze che le soluzioni adottate nel progetto possono avere sul comportamento della struttura. In tal modo risulta più semplice intraprendere le azioni opportune per portare la fidatezza di una struttura ai livelli desiderati o, comunque, ridurre la probabilità che si verifichino eventi indesiderati quali rotture critiche, come detto nel Capitolo 3. In fase di progettazione, in generale, le tecniche di analisi dell affidabilità delle strutture possono suddividersi in: metodi deduttivi (top-down); metodi induttivi (bottom-up). Con tali tecniche, viene analizzata la struttura allo scopo di individuare le interdipendenze sia tra le rotture di elementi diversi, sia tra le rotture dei singoli elementi e quelle dell intera struttura. I metodi deduttivi studiano la propagazione di una rottura dai livelli gerarchicamente più alti ai livelli più bassi, valutando quali sono le cause alla base di ogni modalità di rottura prevedibile per la struttura. Questi metodi consentono di modificare la struttura per ridurre la probabilità di accadimento del tipo di rottura considerata, focalizzando l attenzione sull evento fondamentale che ha generato quella determinata rottura. Sono dei metodi molto utili nelle prime fasi della progettazione, in cui è importante adattare il progetto ai livelli affidabilistici fissati. I metodi induttivi procedono dai livelli gerarchicamente più bassi verso quelli più alti, individuando quali conseguenze possa avere il guasto di un singolo elemento sull intera struttura. Questi metodi iniziano con l analisi delle modalità di rottura nei singoli elementi, per studiarne la propagazione ai livelli superiori. Essi consentono un esame rigoroso degli effetti di queste rotture sul comportamento di una struttura, pertanto vengono applicati nelle fasi finali della progettazione (De Risi, 1998). Tra le tecniche induttive le più utilizzate sono: FMEA (Failure Modes and Effects Analysis = Analisi dei modi e degli effetti dei guasti); FMECA (Failure Modes, Effects and Criticity Analysis = Analisi dei modi, degli effetti e delle criticità dei guasti); 151

3 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE tra le tecniche deduttive: FTA (Fault Tree Analysis = Analisi dell albero dei guasti). Queste tecniche non si escludono a vicenda ma si integrano, venendo utilizzate in fasi diverse della progettazione. Oltre alle tecniche di analisi prima citate, ci sono anche altre tecniche che permettono di conseguire risultati quantitativi, assicurando o calcolando dei prefissati parametri affidabilistici, quali il tasso di rottura, la vita utile o il MTBF (Mean Time Between Failure). Qualunque sia la tecnica seguita, è necessario stabilire preliminarmente le prestazioni richieste alla struttura, le sue condizioni operative, tutte le modalità d impiego e la criticità di ciascun tipo di rottura. Per questi scopi ci si può servire di metodi di rappresentazione grafica, con schemi a blocchi, diagrammi di flusso, ecc Failure Modes and Effects Analysis (FMEA) Questo approccio è stato introdotto per la prima volta negli anni Sessanta nel campo dell Ingegneria Spaziale, negli U.S.A. La NASA ha sintetizzato e normato questa procedura nel Military Standard, dal quale sono poi nate le varie norme interne alle singole aziende. La FMEA è lo strumento predittivo più utilizzato, che analizza con approccio bottom-up l affidabilità di prodotti e di processi. Si individuano tre fasi della FMEA (Citti, 2003): 1) qualitativa; 2) quantitativa; 3) correttiva. La prima fase analizza tutti i possibili modi di guasto o rottura, con relativi effetti e cause, che possono avvenire in un prodotto, inteso come elemento. Nell ambito dell Ingegneria Civile, ad esempio, considerando come prodotto una struttura intelaiata, ciò implica il dover considerare la rottura di un solaio, di un pilastro, di una trave, di un nodo, o di elementi di fondazione; mentre, nell ambito dell Ingegneria Meccanica, considerando come prodotto un automobile, ciò implica il dover prendere in considerazione la rottura di un ammortizzatore, la rottura di componenti dell impianto di alimentazione, ecc 152

4 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Gli effetti rappresentano, quindi, ciò che l utilizzatore della struttura percepisce al momento del verificarsi di tale modalità di rottura. Le cause di queste modalità di rottura, invece, sono i fenomeni elementari che si devono verificare per produrre le rotture stesse. L analisi ha inizio con la scomposizione della struttura in elementi; per ogni elemento vengono elencate le potenziali modalità di rottura e l effetto che ciascuna di queste provoca. La valutazione dell effetto tiene conto dei possibili rischi ai quali l utilizzatore può essere sottoposto quando la modalità di rottura avviene. Passo successivo alla valutazione dell effetto, è quello relativo alla individuazione della causa che ha prodotto tale effetto. Quando si elencano le modalità di rottura, è necessario tenere conto sia delle modalità di rottura dovute ad eventi accidentali, che possono essere generate da problemi legati alla progettazione ed alla realizzazione della struttura, sia quelle dovute ad errato impiego, a condizioni ambientali, ai sovraccarichi, ecc.. Al termine della prima fase, per ogni elemento si elencano una serie di terne di causa-modoeffetto di rottura. La seconda fase, quella quantitativa, ha come obiettivo quello di quantificare la pericolosità di tali terne. A tal proposito, vengono utilizzati degli indici di valutazione; l indice più utilizzato è il Risk Priority Number (RPN). Esso viene valutato come il prodotto di tre caratteristiche della terna: Occurrence (O), Detection (D), Severity (S), come mostrato nella relazione seguente: RPN = O x D x S In merito al significato delle tre caratteristiche citate, si ha che: Occurrence: stima la probabilità che la causa relativa alla modalità di rottura si verifichi. Si associano dei valori a seconda della probabilità dell evento. A titolo di esempio si riportano in Tabella 4.1 i valori di Occurrence utilizzati nelle norme di Chrysler e GM (SAE J 1739), (Citti, 2003). Detection: misura la probabilità che i metodi di controllo previsti siano in grado di rilevare il potenziale modo di rottura dell elemento. E un indice della rilevabilità del modo di rottura. A titolo di esempio si riportano in Tabella 4.2 i valori di detection utilizzati nelle norme di Chrysler e GM (SAE J 1739), (Citti, 2003). 153

5 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Severity: misura la gravità e la pericolosità di un effetto di una data rottura. A titolo di esempio si riportano in Tabella 4.2 i valori di detection utilizzati nelle norme di Chrysler e GM (SAE J 1739), (Citti, 2003). Nell ultima fase, quella correttiva, vengono individuate le possibili azioni correttive mirate a ridurre la pericolosità e la criticità della modalità di rottura. Avendo scomposto l indice RPN nelle tre precedenti caratteristiche, al fine di variare la pericolosità della singola modalità di rottura si dovrà intervenire su uno di questi tre valori. In particolare, se l elevato valore del RPN è dovuto ad un elevato valore della severity, si dovrà intervenire cercando di ridurre la pericolosità dell effetto della modalità di rottura, ad esempio introducendo dei sistemi di sicurezza passiva. Se risultasse elevato il valore della detection, si dovrà intervenire sulla pianificazione e sui metodi di controllo del prodotto. Infine, per quanto riguarda un elevato valore dell occurrence, la soluzione più idonea potrebbe essere quella di utilizzare degli elementi più affidabili, o di cambiare la soluzione progettuale limitando il numero di elementi (Citti, 2003). Probabilità di guasto Possibili tassi di guasto Occurrence Molto alta: guasto quasi inevitabile 1 su su 3 9 Alta: guasto ripetuto 1 su su su 80 6 Moderata: guasti occasionali 1 su su Bassa: relativamente pochi guasti 1 su su Remota: guasto improbabile 1 su Tabella 4.1: Valori di Occurrence secondo Chrysler e GM. 154

6 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Rilevabilità Assoluta incertezza Remota Bassa Moderatamente alta Elevata Molto elevata Quasi certa Probabilità di rilievo del guasto da parte del sistema di controllo Il sistema di controllo non rileverà e/o non può rilevare un(a) potenziale meccanismo/causa e il conseguente modo di guasto. Possibilità remota che il sistema di controllo rilevi un(a) potenziale meccanismo/causa e il conseguente modo di guasto. Possibilità bassa che il sistema di controllo rilevi un(a) potenziale meccanismo/causa e il conseguente modo di guasto. Possibilità moderatamente alta che il sistema di controllo rilevi un(a) potenziale meccanismo/causa e il conseguente modo di guasto. Possibilità elevata che il sistema di controllo rilevi un(a) potenziale meccanismo/causa e il conseguente modo di guasto. Possibilità molto elevata che il sistema di controllo rilevi un(a) potenziale meccanismo/causa e il conseguente modo di guasto. Il sistema di controllo rileverà quasi certamente un(a) potenziale meccanismo/causa e il conseguente modo di guasto. Detection Tabella 4.2: Valori di Detection secondo Chrysler e GM. Gravità Descrizione Severity Rischio senza allarme Rischio con allarme Severity molto elevata quando un modo di guasto potenziale intacca la sicurezza delle operazioni del veicolo e/o induce, senza allarme, una non conformità rispetto alla regolamentazione governativa. Severity molto elevata quando un modo di guasto potenziale intacca la sicurezza delle operazioni del veicolo e/o induce, con allarme, una non conformità rispetto alla regolamentazione governativa Molto alto Alto Moderato Limitato Veicolo/componente inutilizzabile, con perdita di funzioni primarie. Veicolo/componente utilizzabile, ma con ridotto livello di performance. Cliente insoddisfatto. Veicolo/componente utilizzabile, ma componente(i) di comfort/convenienza inutilizzabile(i). Il cliente avverte disagi. Linea e finitura/scricchiolio o cigolio del componente non conformi. Difetto notato dalla maggioranza del cliente medio Nessuno Nessun effetto. 1 Tabella 4.3: Valori di Severity secondo Chrysler e GM. 155

7 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Failure Modes, Effects and Criticity Analysis (FMECA) Questo approccio nasce negli anni Ottanta come evoluzione della FMEA. A differenza del precedente, la FMECA è un metodo che oltre ad avere una parte qualitativa, invariata rispetto al metodo precedente, presenta anche una parte quantitativa, che si concretizza nella valutazione della probabilità del verificarsi di un dato evento. Si parte, in generale, dal suddividere i possibili effetti delle varie modalità di rottura in 4 classi di gravità: Classe I: catastrofica; rende inutilizzabile il prodotto, con elevato rischio per l utilizzatore. Classe II: critica; rende inattivo il prodotto, o ne limita fortemente le prestazioni. Classe III: marginale; provoca degradazione delle prestazioni del prodotto. Classe IV: minore; provoca insoddisfazione all utilizzatore, ma non si rileva degrado significativo. Successivamente si passa al calcolo dell Indice di Criticità (I c ), di tutti i modi di rottura individuati nella struttura: I c = α β λ t Dove: t: tempo di funzionamento richiesto all elemento; α: probabilità di verificarsi di un dato modo di rottura tra quelli presenti; β: probabilità che il modo di rottura in esame provochi realmente un effetto con la gravità assegnata. λ: tasso di rottura dell elemento al quale il modo di rottura è riferito. Si valuta, infine, l Indice di Criticità complessivo dei modi di rottura appartenenti ad ogni classe di gravità. Si sommano, quindi, gli indici di criticità di tutti i modi di rottura della classe; per ogni classe si confronta il valore ricavato con quello limite o di soglia. In questo modo si individuano i modi di rottura sui quali intervenire. 156

8 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE La FMECA presuppone la conoscenza approfondita della struttura, per cui è una tecnica che viene utilizzata in una fase avanzata di progettazione. Nel caso di strutture complesse l analisi diventa lunga e difficile, in quanto è necessario raccogliere una gran quantità di informazioni dettagliate sulla struttura e sugli elementi. Un ulteriore limitazione di questa tecnica consiste nel non tener conto degli errori umani e degli effetti dell ambiente Fault Tree Analysis (FTA) Diversamente dalle tecniche precedenti, la FTA analizza tutte le possibili cause che possono provocare un dato effetto. In pratica, l analisi consiste in una indagine su quali siano le modalità di rottura che portano ad avere per effetto finale l evento considerato, denominato Top Event. Per ogni evento, pertanto, è necessario effettuare una nuova analisi. Questo metodo è oneroso in termini di tempi di esecuzione, motivo per cui, generalmente, si applica a rotture che possono compromettere la sicurezza dell utilizzatore del prodotto. L analisi dell albero dei guasti è una tecnica utilizzata per l analisi di un progetto dal punto di vista dell affidabilità e della sicurezza, fin dalle prime fasi di sviluppo del progetto. Questa tecnica permette di valutare la probabilità di accadimento di eventi critici, in modo da poter correggere il progetto, al fine di ridurre i rischi ad essa connessi. Il primo passo di questo approccio è la stesura dell albero logico delle rotture, ossia uno schema delle possibili cause del Top Event, in cui i singoli eventi (rotture di elementi) sono legati tra loro ed al Top Event tramite delle porte logiche. Successivamente, da questa schematizzazione è possibile risalire alla probabilità di accadimento dell evento finale, associando una probabilità ad ogni singolo evento base o primario. Questa analisi è in grado di evidenziare, per ogni Top Event, le diverse catene di eventi primari in grado di provocarlo, valutando quali tra queste ha maggior probabilità di verificarsi. In questo modo è possibile intervenire al fine di migliorare l affidabilità della struttura. 157

9 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE 4.2. TECNICHE DI MODELLAZIONE Vengono ora presentate le tecniche di modellazione, distinguendo tra: analisi non lineari, che sono tecniche di modellazione che permettono di modellare il comportamento delle strutture ai vari livelli, dal locale (materiale) al globale (intera struttura); analisi probabilistiche, che consentono di modellare la aleatorietà dei parametri che intervengono nella definizione del generico problema strutturale, come già visto nei Paragrafi 1.2 e 2.5. In questo modo è possibile gestire l influenza che possono avere le incertezze, che intervengono nel processo di modellazione, sulla soluzione del problema stesso. In particolare, tra le tecniche di analisi non lineare verranno analizzate quelle che consentono di risolvere problemi caratterizzati da non linearità geometrica, dato che, nel presente lavoro, viene considerata una applicazione che tratta di un ponte sospeso; mentre tra le tecniche di analisi probabilistiche verrà analizzato il metodo Monte Carlo Analisi non lineare La maggior parte delle strutture nell ambito dell Ingegneria Civile ha, relativamente ai carichi di esercizio, un comportamento elastico lineare. Esistono, tuttavia, alcune strutture che si discostano da tale comportamento; ne sono un esempio notevole i sistemi sospesi (ponti). Altre strutture sono, ad esempio, gli archi, gli edifici alti e le strutture soggette a fenomeni localizzati di fessurazione o plasticizzazione, che prima del raggiungimento della capacità ultima di resistenza, presentano un comportamento non lineare. Bisogna, pertanto, tener conto degli effetti indotti dalle non linearità che consentono di migliorare alcuni degli aspetti legati alla simulazione numerica del comportamento reale. Infatti, una semplice analisi elastica lineare non è in grado di cogliere tali aspetti, poiché si fonda sulle seguenti ipotesi semplificative (Bathe, 1982; e.g. Malerba, 1998): il materiale di cui è costituita la struttura è elastico lineare: gli stati di tensione e di deformazione sono indipendenti dalla storia di carico, ed il legame tra tensioni e deformazioni è lineare; 158

10 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE gli spostamenti sono piccoli: si può assimilare la cinematica reale del sistema ad un atto di moto che, partendo dalla configurazione iniziale indeformata, considera le quantità cinematiche come quantità infinitesime del primo ordine, e quindi si mantiene valida l approssimazione di confondere un angolo piccolo con il suo seno o la sua tangente. Le equazioni di equilibrio si possono scrivere nella configurazione indeformata, trascurando quindi il fatto che per la struttura l equilibrio si instaura in una configurazione deformata, e considerando lo sforzo normale, il momento flettente e la torsione come disaccoppiate tra di loro; invarianza delle condizioni al contorno: i vincoli presenti nella struttura sono considerati bilateri e si possono sostituire le reazioni dei vincoli con delle incognite indipendenti dallo stato deformativo del sistema. Tali ipotesi, oltre a semplificare notevolmente i calcoli conferiscono alla soluzione del problema elastico tre proprietà di fondamentale importanza: 1) la soluzione del problema strutturale esiste ed è unica: ad un valore di carico fissato P * corrisponde un unica soluzione q * ; 2) è valido il principio di sovrapposizione degli effetti: se ad un carico P A corrisponde uno spostamento q A, e ad un carico P B corrisponde uno spostamento q B, alla somma dei carichi P A +P B =P C corrisponde la somma degli spostamenti q C =q A +q B (Figura 4.1); 3) si ha il disaccoppiamento tra le caratteristiche di sollecitazione (azione assiale, momenti flettenti e momento torcente) nella scrittura della matrice di rigidezza di elemento. Figura 4.1: Principio di sovrapposizione degli effetti (e.g. Bontempi, 1996). 159

11 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Sebbene la teoria elastica lineare sia una formulazione efficiente del problema strutturale, le stesse ipotesi su cui essa si basa la rendono del tutto inadatta a cogliere il reale comportamento di una struttura, all insorgere di una qualunque fonte di non linearità. La caratteristica fondamentale dell analisi non lineare risiede nell impossibilità di garantire, da parte della teoria stessa, l esistenza di una soluzione e quand anche essa vi sia, la sua unicità. Risulta inoltre non più applicabile il principio di sovrapposizione degli effetti, basato sull indipendenza della risposta del sistema dalla storia di carico; inoltre in generale il sistema non è più conservativo e quindi non può più essere definita una energia potenziale totale (Bathe, 1982; e.g. Bontempi et al., 1996). Vi sono casi in cui gli effetti non lineari sono particolarmente rilevanti e quindi è consigliabile, e talvolta necessario, far ricorso all analisi non lineare, ad esempio (Crisfield, 1991; e.g. Malerba, 1998): valutazione della capacità portante di strutture esistenti danneggiate; autotensioni dovute a variazioni termiche e a distorsioni impresse; analisi di strutture snelle; analisi sismica; casi in cui si hanno forti ridistribuzioni di momento in fase fessurata; strutture molto deformabili in esercizio. In generale si possono individuare tre fonti di non linearità (Bathe, 1992; Malerba, 1998 ): 1) non linearità geometrica: il materiale continua ad avere comportamento elastico lineare, ma sono inclusi gli effetti di deformazioni e spostamenti finiti nella formulazione delle equazioni di equilibrio, che saranno formulate nella configurazione deformata della struttura; 2) non linearità di materiale: è dovuta al fatto che il materiale, di cui è composta la struttura, risponde in modo differente al crescere dei carichi, ovvero lo stesso materiale cambia caratteristiche alla progressiva deformazione che esso subisce. In particolare la legge del legame costitutivo di materiale può essere olonoma, ossia identica in fase di carico e di scarico, o anolonoma, ossia avente andamenti diversi nei vari cicli di carico e di scarico e quindi dipendente dall effettiva storia deformativa; 3) non linearità di vincolo: le condizioni di vincolo (condizioni al contorno) variano durante la storia del carico (ad esempio vincoli monolateri). 160

12 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Queste, inoltre, possono combinarsi tra loro aumentando la complessità del problema. In tali casi, non vale più il principio di sovrapposizione degli effetti (Figura 4.2), ed in generale il sistema per il quale si può definire un energia potenziale totale non è più conservativo. Figura 4.2: Campo non lineare: mancata validità del principio di sovrapposizione degli effetti. In ciascuna delle precedenti classi è possibile individuare alcune fonti di non linearità; in particolare sulla geometria si avrà (Bontempi et al., 1995): effetto P-, che produce momenti aggiuntivi uguali al prodotto tra i carichi gravitazionali e lo spostamento laterale della struttura; effetto P-δ, dove si considera l influenza dello sforzo assiale sulla rigidezza flessionale del singolo elemento; imperfezioni, legate alla presenza di elementi con curvatura iniziale, oppure ai fuoripiombo dovuti alle fasi costruttive. Sul comportamento del materiale è possibile considerare: fenomeni di plasticizzazione; fenomeni di fessurazione; effetti della viscosità; interazioni inelastiche tra sforzo assiale, taglio, momenti flettenti e momento torcente. 161

13 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Anche se all interno di una analisi strutturale è possibile includere tutte le fonti di non linearità, raramente questo viene fatto, poiché si complicherebbe eccessivamente la risoluzione del problema. D altra parte uno dei grandi svantaggi dell analisi non lineare consiste proprio negli elevati tempi di calcolo, legati anche all impossibilità di sfruttare la sovrapposizione degli effetti nella valutazione delle condizioni di carico, e nella notevole mole di dati prodotti, che richiede da parte del Progettista una notevole esperienza per la loro esatta interpretazione critica. Si ricorda infatti che, a differenza della usuale analisi lineare, non è detto che la soluzione del problema esista e, anche se esistesse, non è detto che sia unica e meccanicamente significativa. In funzione del tipo di struttura in esame, si deve scegliere quale tipo di analisi eseguire e si devono individuare quali tipi di non linearità sono determinanti al fine di simulare al meglio il comportamento della struttura. I livelli ed i tipi di analisi disponibili al progettista possono suddividersi in: analisi del primo ordine, elastica o inelastica; analisi del secondo ordine, elastica o inelastica. In Figura 4.3 sono rappresentati i più comuni livelli di analisi, schematizzati con le curve di risposta di un telaio caricato staticamente. Il grado con cui ciascun livello di analisi descrive il comportamento della struttura differisce da analisi ad analisi, ma ognuna di esse fornisce al progettista informazioni utili nelle varie fasi della progettazione. Una possibile schematizzazione distingue (Fig. 4.3): analisi elastica del primo ordine, si esclude ogni tipo di non linearità, tuttavia si coglie in generale abbastanza bene il comportamento della struttura sotto carichi di esercizio; analisi elastica del secondo ordine, si tiene conto delle deformazioni e degli spostamenti finiti nella scrittura delle equazioni di equilibrio; tale analisi può fornire ottime informazioni sull influenza instabilizzante dell effetto P-, ma non tiene conto delle non linearità di materiale; analisi inelastica del primo ordine, le equazioni di equilibrio sono scritte rispetto alla configurazione indeformata della struttura, mentre il legame costitutivo descrive un comportamento realistico, ad esempio elasto-plastico, del materiale; 162

14 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE analisi inelastica del secondo ordine, le equazioni di equilibrio sono scritte rispetto alla configurazione deformata della struttura, ed è possibile considerare anche la non linearità di materiale. Figura 4.3: Livelli di analisi (McGuire, 2000). I moderni codici di calcolo agli elementi finiti adottano una formulazione del problema elastico lineare espressa in termini di rigidezza, che sinteticamente può essere espressa dalla nota relazione: [ K e ]{ } = { P} in cui [ K e ] rappresenta la matrice di rigidezza globale elastica lineare. L introduzione di non linearità, sia geometriche sia di materiale, modifica i singoli coefficienti della matrice di rigidezza, i quali in generale saranno dipendenti dal carico applicato, rendendo il precedente sistema di equazioni non lineare. Un tale sistema può essere sempre 163

15 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE ridotto, con opportuni metodi, ad un sistema di equazioni lineari espresse in forma incrementale, del tipo: [ K t ]{ d } = { dp} in cui [ K t ] rappresenta la matrice di rigidezza tangente, che tipicamente ha una componente elastica lineare e una o più componenti funzioni del carico applicato e/o degli spostamenti esistenti all inizio dell incremento. Sicuramente, i vari livelli di analisi, visti in precedenza, differiscono per il tipo di non linearità incluso in [ K t ]. Riscrivendo le equazioni di equilibrio per ciascuno di essi si ha: analisi elastica del secondo ordine: [ K e + K g ]{ d } = { dp} ; analisi inelastica del primo ordine: [ K e + K m ]{ d } = { dp} ; analisi inelastica del secondo ordine: [ K + K + K ]{ d } { dp} e g m = in cui [ K g ] è la matrice di rigidezza geometrica, che rappresenta la variazione di rigidezza dovuta a deformazioni e spostamenti finiti, e [ K m ] è la matrice di riduzione plastica, che rappresenta la variazione di rigidezza dovuta ad un comportamento inelastico del sistema. Per la risoluzione delle precedenti equazioni, ed in generale dei sistemi di equazioni non lineari, è possibile distinguere tra i seguenti metodi: metodi incrementali a passo singolo: metodo di Eulero-Cauchy; metodi di Runge-Kutta; metodi incrementali iterativi: metodo a controllo del carico (Newton-Raphson classico) (Fig. 4.4); metodo a controllo di spostamento (Fig. 4.4); metodo a controllo di lavoro (Fig. 4.4); metodo della lunghezza d arco costante (Fig. 4.4); tecniche iterative modificate (Newton-Raphson modificato). 164

16 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Figura 4.4: Metodi iterativi a confronto. Al fine di controllare il processo iterativo, è necessario introdurre dei criteri di convergenza, i quali consentono di limitare il numero di iterazioni necessarie al soddisfacimento del requisito di equilibrio, con un prefissato livello di approssimazione. Il generico criterio di convergenza si può ritenere soddisfatto quando: ε ξ in cui ε è una opportuna norma, funzione di grandezze come gli spostamenti o i residui delle forze nodali, ed ξ è un indice dell accuratezza della soluzione che si vuole ottenere. 165

17 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Poiché l applicazione trattata in questo lavoro è un ponte sospeso, che rappresenta una tipologia di struttura caratterizzata da un comportamento spiccatamente non lineare in geometria, verrà fornito ora qualche cenno sulla teoria relativa alla risoluzione di strutture caratterizzate dalla sola non linearità di geometria. Nello studio di problemi aventi non linearità geometrica è indispensabile definire secondo quale approccio si voglia seguire il moto della struttura, durante la storia di carico. A questo scopo è possibile distinguere (Crisfield, 1991; Zienkiewicz, 1991): 1) approccio Euleriano: la conoscenza del campo di spostamenti per successivi valori di istanti di tempo t consente di formare una serie di immagini di stati consecutivi di moto, da cui non è però possibile trarre un immediata visione del moto di ogni singola particella della struttura; 2) approccio Lagrangiano: si studia il moto prendendo in esame le vicende delle singole particelle, assumendo come incognite principali le coordinate dei punti raggiunti dalle particelle stesse nei successivi istanti di tempo. A seconda della configurazione in cui si definiscono le coordinate, si suole distinguere tra formulazione Lagrangiana Totale (T.L.) e Lagrangiana Aggiornata (U.L.), in cui le variabili statiche e cinematiche sono riferite rispettivamente alla configurazione iniziale indeformata ed all ultima deformata calcolata. In generale, all approccio T.L. può corrispondere la definizione di una matrice di rigidezza secante, poiché gli spostamenti e le deformazioni sono totali, ossia misurati rispetto alla configurazione iniziale; all approccio U.L. può corrispondere la definizione di una matrice di rigidezza incrementale, essendo il campo di spostamenti valutato rispetto all ultima configurazione deformata calcolata, distante da quella incognita per piccole quantità. La determinazione della matrice di rigidezza può essere ottenuta in vari modi, a seconda che si voglia esprimere l equilibrio in forma differenziale o integrale. Esprimendo l equilibrio in forma differenziale si perviene al cosiddetto Metodo Diretto (Direct Stiffness Method), che si basa sulle relazioni esistenti tra forze e spostamenti, in particolare sull equazione della linea elastica in posizione deformata; esprimendo invece l equilibrio in forma integrale si perviene al Metodo degli Elementi Finiti, che si basa sul Principio di Stazionarietà dell Energia Potenziale Totale. 166

18 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE In particolare, facendo riferimento all applicazione che verrà trattata nel successivo Capitolo 5, tali metodi possono essere specializzati per elementi biella, fune o trave. Si possono individuare, infine, tre effetti che legano forze e spostamenti, ciascuno dei quali ha una sua rappresentazione specifica nella matrice di rigidezza (McGuire, 2000): effetto P-δ, i carichi esterni provocano un momento primario M I ed uno spostamento primario trasversale v I, la forza assiale P provoca, a causa dello stesso spostamento v I, un momento secondario M II ed uno spostamento secondario trasversale v II (Fig. 4.4). Questi momenti flettenti e spostamenti trasversali addizionali sono il risultato dell effetto P-δ, che può essere incluso nell analisi, considerando il rispettivo contributo nella matrice di rigidezza; effetto P-, un generico telaio si sposta trasversalmente di una quantità I per effetto di carichi laterali ΣH; nell eventualità in cui sul telaio agiscano anche forze verticali P, si avrà un incremento di spostamento pari a II, che sommandosi al precedente fornisce lo spostamento risultante = I + II (Fig. 4.5). Questo effetto considera l interazione tra il generico elemento e l intero sistema strutturale; Bowing Effect (effetto dell incurvamento sulla deformazione assiale): l incurvamento di un elemento può influenzare la deformazione assiale dello stesso. La deformazione assiale di un elemento di trave, infatti, dipende dalla forza assiale che ne provoca una dilatazione pura e dal momento flettente che, per il tramite della rotazione indotta, causa uno spostamento relativo tra gli estremi dell elemento. Tale effetto influenza poco il comportamento strutturale quando il comportamento assiale è prevalente su quello flessionale, che è la causa del Bowing Effect. Figura 4.4: Effetto P-δ. 167

19 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Figura 4.5: Effetto P Analisi probabilistica: metodo Monte Carlo Questo metodo trae il suo nome dalla città del Principato di Monaco, luogo in cui sono molto diffuse le roulette, i famosi generatori di numeri casuali. Il metodo Monte Carlo rappresenta una procedura numerica, basata sull uso di numeri casuali (random) e finalizzata alla valutazione di stime statistiche delle grandezze di interesse. Tale metodo si è affermato nell ambito della ricerca tecnologica nucleare degli anni Quaranta. La prima applicazione in ambito ingegneristico avvenne durante la Seconda Guerra Mondiale all interno del progetto per la realizzazione della bomba atomica, e aveva come scopo l integrazione di alcune funzioni non risolvibili analiticamente. Sotto tale nome viene raggruppato (Rubinstein, 1981; e.g. Rago, 2000): l insieme dei procedimenti che permettono di ottenere la soluzione di problemi matematici o fisici tramite esperienze aleatorie ripetute, da cui si deducono statisticamente le stime della grandezza cercata che ha carattere probabilistico. Un utilizzo efficace del metodo Monte Carlo è divenuto possibile grazie allo sviluppo dei calcolatori elettronici, poiché, per ottenere delle stime sufficientemente esatte della grandezza cercata, devono essere considerati molti casi particolari, che producono un quantitativo di risultati tale da essere necessariamente rielaborato in modo statistico. 168

20 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE E da sottolineare, perché rilevante ai fini delle applicazioni, che utilizzando il metodo Monte Carlo non è necessario conoscere la relazione esatta che lega le grandezze date a quelle cercate, ma si deve sapere solo qual è l insieme delle condizioni che definiscono le manifestazioni del fenomeno osservato. In ambito strutturale, questo è molto importante per poter sviluppare un calcolo non lineare che miri a studiare le condizioni di esercizio e le condizioni ultime di una generica struttura, al fine di poterne valutare l affidabilità. Ci si trova davanti, a seconda della complessità strutturale, ad un sistema che può contenere dalle centinaia alle migliaia di variabili aleatorie, ciascuna delle quali definita con una propria distribuzione probabilistica, un valore medio ed una varianza. Diventa dunque impossibile valutare il modo in cui ogni variabile partecipa alla determinazione del valore finale, senza ricorrere ad approssimazioni talmente forti e restrittive da incidere in maniera decisiva sui risultati dell elaborazione. Non è infatti possibile, in questi casi, la stesura di una formula unica e risolutiva che tenga conto di tutte queste incertezze. Questo metodo ha essenzialmente due vantaggi: consente la valutazione di qualunque grandezza di tipo affidabilistico, che di fatto sarebbe teoricamente ed analiticamente indeterminabile; permette la risoluzione di sistemi molto complessi, con approssimazioni sufficientemente accurate per i casi pratici. I concetti teorici alla base di queste tecniche di simulazione sono semplici, mentre le procedure di calcolo possono essere estremamente complesse. Al fine di semplificarne l applicazione, si consideri un test di prova a compressione fatto sul calcestruzzo, che permetta di valutare la tensione di rottura, f c ; utilizzando i risultati del test si costruisce un istogramma, la cui distribuzione ha in genere un andamento Log-Normale. Si consideri ora, un elemento di quello stesso tipo di calcestruzzo sollecitato a compressione semplice da un carico Q che, si ipotizzi, segua una distribuzione Normale. Se si vuole valutare la probabilità che la sezione sia in grado di sopportare il carico senza rompersi, cioè la probabilità di rottura o fallimento, non è possibile esprimere la soluzione in forma chiusa, perché la funzione di performance (non rottura della sezione) non segue una distribuzione nota. Definendo, infatti, tale funzione con G = R S, poiché la probabilità di rottura è espressa come P ( G < 0) = P( R S < 0), non si è in grado di calcolare la distribuzione probabilistica seguita dalla Y, dato che questa è combinazione di una distribuzione Log-Normale e di una distribuzione Normale. 169

21 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Si procede, quindi, con la tecnica di simulazione Monte Carlo, che prevede nell esempio analizzato, il susseguirsi dei seguenti passi: 1) generazione casuale del valore di resistenza del calcestruzzo f c, seguendo la distribuzione ipotizzata come Log-Normale; 2) calcolo della resistenza della sezione compressa, in funzione della f c generata; 3) generazione casuale del carico Q, seguendo la distribuzione ipotizzata come Normale; 4) calcolo della funzione di performance, ipotizzata come G = R S; 5) ripetizione dei passi da 1 a 4, un numero n di volte, ritenuto sufficiente ai fini della determinazione di un campione statistico affidabile e rappresentativo; 6) analisi statistica dei risultati. Il fondamento di tutto il metodo di simulazione Monte Carlo è la generazione di numeri casuali uniformemente distribuiti nell intervallo ]0,1[. Si procede numericamente con l utilizzo di elaboratori i quali, di norma, hanno una procedura di generazione di numeri pseudo-casuali. Dal numero generato nell intervallo suddetto, è possibile teoricamente ottenere un valore casuale che segua una distribuzione qualsiasi. Si consideri, infatti, una variabile casuale X, di cui si conosca l andamento della funzione di probabilità cumulata Γ x (X). Per generare il valore casuale si deve: generare un valore random u nell intervallo ]0,1[, secondo una distribuzione rettangolare; calcolare il valore x secondo la relazione x = Γ 1 ( u ), in cui Γ x. x 1 Γ x è la funzione inversa di La simulazione serve a stimare la probabilità di rottura e può essere ottenuta pensando di procedere in due modi differenti: 1) contando i casi sfavorevoli e rapportandoli a quelli totali secondo la P = n / N ; 2) approssimando l andamento della curva di frequenza ottenuta dalla simulazione, con una curva di regressione nota, di cui si sia in grado di calcolarne la funzione di probabilità cumulata. 170

22 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE Dal primo di questi due metodi si ottengono solo delle informazioni approssimative e molto sensibili ai risultati casuali della simulazione; questo metodo, inoltre, è applicabile solo per valori della probabilità di rottura sufficientemente elevati e lontani dalle code della distribuzione. Il secondo metodo è invece quello che comunemente si applica nei casi reali, per i quali si calcola la distribuzione della Standard (Fedele, 2004). 171

23 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE 4.3. TECNICHE DI OTTIMIZZAZIONE La progettazione strutturale segue generalmente procedimenti di tipo iterativo nei quali, per approssimazioni successive e sulla base dell esperienza e dell intuizione del progettista, si ricerca la soluzione migliore nell ambito di soluzioni di tentativo che soddisfino assegnati vincoli progettuali. L obiettivo della ricerca coinvolge tipicamente considerazioni di natura strutturale ed economica, e richiede il controllo simultaneo di un numero anche molto elevato di variabili di progetto. Questa procedura iterativa si può quindi rivelare estremamente laboriosa e costosa dal punto di vista computazionale, specialmente quando il sistema strutturale è molto distante dall ipotesi di comportamento lineare, come usualmente avviene per le strutture in cemento armato; inoltre non si ha nessuna garanzia circa l ottimalità, o la quasi ottimalità, della soluzione finale adottata. Queste limitazioni possono essere superate inquadrando il problema di progetto nel campo più generale dell ottimizzazione strutturale che, mediante strumenti analitici e numerici specifici, consente un approccio diretto alla progettazione ottimale delle strutture. Al fine di poter ottimizzare un dato problema strutturale, o più in generale un qualunque problema, vi sono a disposizione vari metodi. Una prima classificazione riguarda: metodi esaustivi o enumerativi; metodi euristici. I primi si basano sull analisi di tutte le possibili soluzioni, e sono detti anche di forza bruta ; un grosso inconveniente di tali metodi è dovuto all elevato tempo di calcolo, che cresce in modo fattoriale con la dimensione del problema. I secondi (euristici), invece, consentono di arrivare in modo rapido alla soluzione, anche se non ottimale ma comunque significativa; una caratteristica di tali metodi non è quella di fornire soluzioni approssimate, ma piuttosto di fornire soluzioni rapide. Il termine euristico deriva dal greco ευρίσκειν che vuol dire trovare, scoprire. In entrambi i tipi di algoritmi interessa sia il tempo di calcolo necessario per giungere alla soluzione, sia la quantità di memoria impegnata con i dati (e.g. Biondini, 1999). I metodi euristici, a loro volta, possono suddividersi in: metodi di approssimazione; metodi di troncamento; metodi che generano soluzioni; metodi che migliorano soluzioni. 172

24 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE I metodi euristici che generano soluzioni sono quelli più significativi; tra questi esistono quelli di tipo stocastico, cioè che generano la soluzione in base ad una procedura in cui alcuni passi sono casuali, in quanto si è dimostrato che un tale metodo di operare può essere molto efficace, ed è il caso degli algoritmi genetici. In conclusione, i metodi euristici forniscono buone e, in alcuni casi, ottime soluzioni in tempi rapidi e quindi sono utilizzabili per: determinare una soluzione iniziale efficiente in molti algoritmi evolutivi; ottenere una buona soluzione nei problemi intrattabili, cioè in quei problemi che richiederebbero tempi di esecuzione elevatissimi a causa del numero molto alto (esponenziale o fattoriale) di potenziali soluzioni. E proprio sullo sviluppo delle tecniche di ricerca di tipo euristico, basate su alcune analogie con i processi di crescita ed evoluzione dei sistemi biologici, ha trovato spazio uno dei campi di ricerca tra i più promettenti, che trova applicazione anche nel campo dell ottimizzazione strutturale. Questi metodi hanno mostrato di essere alquanto robusti ed efficaci poiché, richiedendo soltanto i valori della funzione obiettivo, sono in grado di trattare agevolmente problemi non convessi, operando con funzioni non differenziabili e variabili di progetto di tipo discreto e/o continuo, condizioni che caratterizzano molti sistemi non lineari come le strutture in cemento armato. Gli algoritmi genetici sono dunque tecniche di ricerca che appartengono alla classe dei metodi euristici; essi si basano sui principi della selezione naturale, e combinano il principio di Darwin di sopravvivenza del migliore con lo scambio, non deterministico, di informazione strutturata, al fine di realizzare un efficiente meccanismo di ricerca. Nel campo dell Ingegneria Strutturale sono già stati applicati con successo a molte classi di problemi, sebbene quasi esclusivamente nell ambito dei sistemi piani a comportamento elastico lineare e soggetti ad azioni di tipo statico; numerose sono le applicazioni nel campo delle strutture a traliccio, mentre minori sono gli esempi nel campo delle strutture a telaio. I metodi di ottimizzazione, infine, vengono distinti in analitici ed evolutivi. Quelli analitici: richiedono di esprimere mediante funzioni analitiche le leggi che regolano il fenomeno in esame; 173

25 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE riconducono un problema di ottimizzazione ad un problema di ricerca di zeri di una o più funzioni; permettono di ottenere risultati esatti, purché si sia in grado di risolvere equazioni o sistemi di equazioni; richiedono l applicazione di strumenti propri dell analisi matematica (derivate, integrali, ecc..); mentre quelli evolutivi: riconducono un problema di ottimizzazione alla determinazione di una successione di valori che approssimano in modo sempre più preciso il risultato voluto; necessitano di alcune operazioni iniziali di scelta, quali i valori iniziali delle variabili o gli intervalli di incertezza; non permettono in generale di ottenere risultati esatti; si possono applicare anche quando le leggi che regolano il fenomeno in esame sono esprimibili in forma empirica; si possono implementare facilmente sugli elaboratori. Gli algoritmi evolutivi sono sicuramente più semplici da gestire che non i metodi analitici. In generale gli algoritmi evolutivi sono caratterizzati da una fase di inizializzazione, in cui si deve scegliere il valore iniziale da cui partire, poi vi sono una serie di iterazioni in cui il risultato (output) di una iterazione costituisce il punto di partenza (input) per l iterazione successiva; questo processo si arresta quando si raggiunge una soluzione che soddisfa opportuni test di fine. Durante il processo iterativo si devono tenere in conto tre requisiti essenziali: 1) la successione deve convergere ad un valore di ottimo; 2) la soluzione finale deve rispettare i vincoli; 3) la convergenza deve avvenire il più rapidamente possibile. Tra gli algoritmi evolutivi, di una variabile, si possono citare: metodo di bisezione: permette di ricavare il minimo o il massimo di una funzione f (x) generica di una variabile purché derivabile, in un intervallo di cui vengono dati gli estremi; 174

26 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE metodo di Fibonacci: consente di ricavare il minimo o il massimo di una funzione f (x) senza dover conoscere la sua derivata; anche in questo caso, come nel metodo di bisezione, si ottiene un intervallo di incertezza finale, di ampiezza dipendente dal numero di iterazioni, entro cui cade sicuramente il punto di minimo (o di massimo) cercato; metodo di Newton: si basa sulla conoscenza di informazioni ricavate dalle iterazioni precedenti, quali il valore della funzione, il valore della derivata prima e seconda, per approssimare la funzione obiettivo con un altra funzione che ha quegli stessi valori, ma che è più regolare, e di cui è più facile determinare il minimo; un pregio di tale metodo è sicuramente l elevata velocità di convergenza Globale Il problema della progettazione strutturale ottimale consiste nella ricerca di un insieme di grandezze di progetto (caratteristiche geometriche e meccaniche della struttura) che rispettino assegnati limiti progettuali (tensioni, deformazioni, forze, spostamenti, ecc..) e rendano ottimali alcuni requisiti specifici (costo, peso, resistenza, duttilità, ecc..). Da un punto di vista progettuale, il fine del processo è quindi quello di determinare un vettore di variabili di progetto x, che renda ottimale il valore di una funzione obiettivo f(x) nel rispetto di assegnati vincoli di progetto, sia di tipo diretto sul valore delle variabili sia di tipo indiretto in termini di disuguaglianze g ( x) 0 o uguaglianze h ( x) = 0. + x x x, In riferimento ai problemi di minimizzazione, il generico problema di ottimizzazione può essere sinteticamente espresso nella forma seguente: D = min f ( x) x D + { x x x x, g( x) 0, h( x) = 0} Nei problemi di progettazione generalmente sono presenti sempre i vincoli; la differenza tra il numero di vincoli, quali uguaglianze e disuguaglianze, e le variabili di progetto individua i gradi di libertà del problema. Si ipotizzi che, attraverso trasformazioni e semplificazioni, si arrivi ad eliminare tutti i vincoli, allora il numero dei gradi di libertà rimarrà invariato, mentre si riduce soltanto il numero delle variabili. Il problema ridotto avrebbe, di conseguenza, una funzione 175

27 CAPITOLO 4 TECNICHE DI SCOMPOSIZIONE, MODELLAZIONE ED OTTIMIZZAZIONE obiettivo dipendente soltanto dalle rimanenti variabili e non sarebbe sottoposta a nessun vincolo. Questo viene definito problema di ottimizzazione non vincolata, la cui soluzione si ottiene con procedure analitiche. La conoscenza che il minimo di una funzione, o ottimo, esiste è utile soltanto se vi è una procedura operativa che consente di determinarlo; nel caso di funzioni di una sola variabile, il minimo si individua stabilendo per quale valore x si annulla la derivata prima ed assicurandosi che la derivata seconda assuma valore positivo in x stesso; questo è un modo operativo per ricercare il minimo di tali funzioni. L estensione delle condizioni di ottimo a funzioni di più variabili coinvolge i problemi di approssimazione locale di funzioni, risolti ad esempio tramite gli sviluppi in serie di Taylor. Diversamente dai metodi che eseguono spostamenti in modo da avvicinarsi al bordo del dominio, si può ricercare il minimo della funzione obiettivo mantenendo un esplicito controllo sui vincoli, penalizzando la funzione nei punti che violano o che tendono a violare le limitazioni. Tali metodologie sono chiamate trasformazioni con penalità e rappresentano una delle più vecchie tecniche di ottimizzazione vincolata. Si consideri il problema: min f (x) sottoposto a g(x) 0 Una trasformazione generale elimina il vincolo e ridefinisce il problema nel modo seguente: min T( x, r) = f ( x) + F( g( x), r) dove r è un vettore di parametri di controllo ed F è una funzione a valori reali che impone la penalità in modo controllato da r. Un minimo locale per T, se esiste, è dipendente da r, cioè x ( r). Per una appropriata scelta di F e r, una qualunque efficace metodologia di ricerca dell ottimo non vincolato deve risolvere il problema trasformato senza ulteriori sforzi. Due sono gli approcci che sono stati sviluppati per la scelta degli algoritmi di trasformazione. Il primo approccio necessita di una funzione F e di una successione { r k } per determinare la successione { x ( )}, in modo che il limite di questa, per k, sia proprio il r k valore x che risolve il problema iniziale con i vincoli. Metodi con questo approccio sono chiamati trasformazioni sequenziali con penalità. Il secondo approccio richiede F, r, e δ in modo che la condizione r r < δ implichi x ( r) = x, evitando il passaggio al limite, 176

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