NUOVE FIGURE PROFESSIONALI NEL NON PROFIT

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1 DARIO NICOLI a cura di e PAOLO CORVO NUOVE FIGURE PROFESSIONALI NEL NON PROFIT Pubblicazioni dell I.S.U. Università Cattolica

2 NUOVE FIGURE PROFESSIONALI NEL NON PROFIT a cura di DARIO NICOLI e PAOLO CORVO Milano 2001

3 Questa pubblicazione è stata realizzata nell ambito della fase operativa del Progetto Parco Progetti: una rete per lo sviluppo locale F.S.E /I/3 progetto Dalla volontà alla professionalità, DDG n del 10/09/ I.S.U. Università Cattolica Largo Gemelli, 1 Milano ISBN

4 INDICE PRESENTAZIONE... 7 di Mauro Magatti INTRODUZIONE di Paolo Corvo 1. Terzo settore e crisi del Welfare State Le caratteristiche organizzative Il ruolo del terzo settore nella Legge-quadro sull assistenza 328/ I temi della pubblicazione Gli autori UN APPROCCIO INNOVATIVO ALLE PROFESSIONI DEL SETTORE NON PROFIT di Dario Nicoli 1.1 Trasformazioni della società e della «cura» di soggetti bisognosi Non profit e nuove professionalità centrate sulla relazione d aiuto Un approccio innovativo alle professioni del non profit Il concetto di famiglie/comunità professionali Un dispositivo innovativo per la gestione delle risorse umane Bibliografia TERZO SETTORE ED EVOLUZIONE DEI SISTEMI DI WELFARE: LE IMPLICAZIONI PROFESSIONALI DI UNA MISSIONE SOLIDARISTICA di Maurizio Ambrosini 2.1 Una parabola della solidarietà? Le forme intermedie di solidarietà Organizzazioni basate sulla fiducia: le implicazioni organizzative delle motivazioni solidaristiche Diverse visioni del terzo settore: le implicazioni professionali Bibliografia

5 3 REPERTORIO DELLE FIGURE PROFESSIONALI di Arduino Salatin, Beniamino Caputo, Silvia Baldo, Radames Biondo 3.1 Linee guida per l elaborazione del Repertorio dei Profili Professionali e delle Competenze del Terzo Settore OPERATORE SOCIOASSISTENZIALE Settore handicap disabilità (HD) SCHEDA A Caratteristiche personali e componenti vocazionali SCHEDA B Competenze professionali SCHEDA C Percorso formativo COORDINATORE DI SERVIZI SOCIOEDUCATIVI SCHEDA A Caratteristiche personali e componenti vocazionali SCHEDA B Competenze professionali SCHEDA C Percorso formativo EDUCATORE ACCOMPAGNATORE IN PERCORSI DI ORIENTAMENTO SCHEDA A Caratteristiche personali e componenti vocazionali SCHEDA B Competenze professionali SCHEDA C Percorso formativo EDUCATORE DEI CENTRI DI AGGREGAZIONE GIOVANILE SCHEDA A Caratteristiche personali e componenti vocazionali SCHEDA B Competenze professionali SCHEDA C Percorso formativo EDUCATORE DEI CENTRI PER GLI ANZIANI SCHEDA A Caratteristiche personali e componenti vocazionali SCHEDA B Competenze professionali SCHEDA C Percorso formativo COUNSELOR FAMILIARE SCHEDA A Caratteristiche personali e componenti vocazionali SCHEDA B Competenze professionali SCHEDA C Percorso formativo

6 4 DISPOSITIVO DI ACCREDITAMENTO DELLE RISORSE UMANE DEL SETTORE NON PROFIT Carlo Catania e Dario Nicoli 4.1 L impostazione Peculiarità delle risorse umane nel settore non profit Parabola del concetto di qualifica professionale Caratteri del concetto di competenza Differenti utilizzi dell approccio per competenze Gestione delle competenze come sviluppo delle risorse umane I modelli di classificazione ed analisi Il dispositivo A. Analisi delle caratteristiche personali A1. Griglia di domande per la rilevazione delle caratteristiche personali A2. Scheda incontro con testimoni A3. Scheda Stage orientativo A4. Scheda Patto del servizio B. Analisi e valutazione delle competenze professionali B1. Scheda di analisi e valutazione delle competenze professionali C. Valutazione del divario di competenza C1. Scheda Competenze professionali C2. Scheda di valutazione del divario di competenza D. Crescita personale/progetto professionale D1. Piano di inserimento/crescita personale E. Certificazione e riconoscimento delle competenze E1. Libretto personale Glossario Bibliografia

7 5 LA PROGETTAZIONE DEI PERCORSI FORMATIVI E DI INTRODUZIONE AL LAVORO NEL SETTORE SOCIO ASSISTENZIALE EDUCATIVO di Elena Di Marco e Silvia Stefanoni Introduzione Descrizione delle fasi in cui si articola l intervento formativo. Ricerca e confronto con gli operatori del settore non profit *. La selezione A. Orientamento A1. Accoglienza A2. Colloquio in ingresso (di gruppo) A3. Colloquio in ingresso (individuale) A4. Patto formativo A5. Testimonianza B. Introduzione ai supporti informatici C. Capacità personali C1. Capacità di comunicazione C2. Capacità relazionali e di collaborazione in gruppo C3. Organizzazione del lavoro D. La relazione d aiuto E. Stili di leadership F. Che cos è il Business Plan G. Lo stage in azienda H. Accompagnamento all inserimento lavorativo COMUNITÀ VIRTUALI TRA MITO E OPPORTUNITÀ di Simone Tosoni 6.1 Il mito della Comunità Virtuale Sperimentare Comunità Virtuali: opportunità e problemi Superamento dei confini geografici e sociali versus territorialità delle Comunità Virtuali L amministrazione della cooperazione sociale Bibliografia

8 PRESENTAZIONE di Mauro Magatti Il terzo settore in Italia costituisce una realtà assai rilevante dal punto di vista sociale ed economico, esprimendo una straordinaria ricchezza capace di dar vita ad una pluralità di soggetti sociali che di fatto costituiscono una struttura portante del Paese, in particolare nel settore dell assistenza e della sanità. L attuale fase di rimodellamento del Welfare attribuisce ulteriore peso al ruolo del terzo settore e richiede la presenza di nuove figure professionali nell ambito direttivo, amministrativo, della comunicazione. Sorge quindi la necessità di definire le competenze professionali e i saperi specifici di questi nuovi profili, anche per costruire dei percorsi formativi adeguati. Questa pubblicazione presenta il materiale elaborato nell ambito di un progetto che si proponeva di predisporre un repertorio delle nuove figure professionali del terzo settore e di realizzare un cammino di formazione con modalità innovative (utilizzando anche Internet e Cd Rom), finalizzato alla creazione di opportunità occupazionali. L iniziativa, denominata Parco Progetti: dalla volontà alla professionalità, è stata promossa dal C.I.T.E-Regione Lombardia (oggi C.O.R., Centro Operativo Regionale per l Agenzia Formativa), con il finanziamento del Fondo Sociale Europeo e la collaborazione, a livello scientifico ed operativo, del Dipartimento di Sociologia dell Università Cattolica di Milano. Il progetto operativo si è articolato in cinque linee di azione, che sono state realizzate in stretta sinergia tra gli operatori delle varie aree, in modo che fossero elaborati prodotti omogenei e interattivi, a livello formativo e di strumentazione informatica. Innanzitutto è stato elaborato un repertorio dei profili professionali e delle competenze del terzo settore, in riferimento ai livelli europei di professionalità e articolato in unità formative tali da consentire una sua traduzione in percorsi ben strutturati. Successivamente è stato predisposto un dispositivo di accreditamento delle professionalità del settore, tenendo conto dei modelli europei già attivi e con adattamento ad un settore il non profit che presenta un limitato grado di formalizzazione delle procedure gestionali connesse al sistema-qualità. 7

9 Il dispositivo di accreditamento si è basato su una metodologia integrata di analisi del bagaglio personale (titoli, certificati, esperienze), su una progettazione di percorsi individualizzati di completamento formativo e di compito reale e sul riconoscimento e certificazione dei crediti formativi e delle competenze professionali. I percorsi di formazione-lavoro e di creazione d impresa intendevano facilitare, seguire e valutare il processo di ingresso occupazionaleprofessionale o di avvio di impresa degli utenti del progetto. Tali percorsi sono stati distinti in due tipologie: a) per figure imprenditoriali; b) per figure lavorativo-professionali. I percorsi di formazione-lavoro si sono proposti l elaborazione di un progetto personale e realistico di ingresso nel settore non profit e il trasferimento di saperi e metodologie in materia di competenze professionali rilevanti (anche nella prospettiva dell accreditamento professionale e del sistema qualità) Complessivamente gli utenti sono stati circa un centinaio selezionati tra disoccupati motivati a operare nell ambito dei servizi alla persona e con una precedente esperienza, anche di volontariato, nel terzo settore. Il percorso formativo è stato personalizzato sulla base delle caratteristiche dell utente al fine di valorizzare il bagaglio di esperienze, saperi e competenze già posseduto dal destinatario e di perseguire gli obiettivi previsti. Il tirocinio si è svolto presso Enti qualificati del settore, con il duplice obiettivo di sviluppare un percorso di ingresso/socializzazione e la rilevazione del modello organizzativo e delle metodologie di lavoro adottate. Il carattere sperimentale del progetto è consistito nell opzione per il percorso personalizzato (e non per il tradizionale corso preconfezionato ) ed inoltre per la dotazione metodologica e strumentale che si è avvalsa di tre diverse tipologie di servizi: a) Servizi di sportello (informazione, accoglienza, colloquio, accompagnamento). b) Servizi formativi (sviluppo di competenze chiave, stage/tirocinio). c) Servizi di rete (accesso a strumenti di supporto all apprendimento, di incontro domanda-offerta, di focus group). In coerenza con il repertorio di professionalità ed il modello di accreditamento basato sulle competenze si sono inoltre elaborati due strumenti didattici su supporto informatico (CD Rom), con soluzioni didattiche e comunicative stimolanti, in modo tale da potere essere gestiti secondo l approccio dell autoformazione assistita (che consente un ampia applicazione sia in corsi sia in percorsi individualizzati). Per garantire omogeneità 8

10 ed effettiva integrazione tra il livello della formazione in aula, della formazione on line e della formazione off-line (cd) si è messa a punto una strategia formativa complessiva, che ha cercato di valorizzare le specificità degli strumenti e delle tecniche didattiche utilizzate. Un altro elemento profondamente innovativo del progetto è stato l avvio di una modalità di formazione continua in rete denominata comunità professionale virtuale. L obiettivo era quello di costruire una comunità professionale virtuale che, facente capo alla Regione e all Università Cattolica, sapesse rimanere interconnessa e in questo modo rendesse possibile quello scambio di informazioni, riflessioni e ricerche che possono stare alla base di una vera proficua formazione continua. In tale modello, oltre alla relazione verticale tra impresa non profit e ente formatore, diventa assolutamente importante la relazione tra i partecipanti al network, i quali sono i portatori di molto sapere implicito. Si è ritenuto opportuno realizzare la presente pubblicazione sia per inquadrare sul piano teorico alcuni aspetti presentati negli strumenti multimediali sia per permettere la visualizzazione del materiale anche ai corsisti sprovvisti di computer e/o di lettore di Cd. In questo modo si ha una pluralità di modalità formative che consente agli allievi del percorso di usufruire in ogni circostanza della documentazione relativa alle figure professionali del terzo settore. Crediamo si possa trattare di uno strumento utile anche per l aggiornamento di formatori, progettisti di formazione, responsabili del personale di organizzazioni non profit, che si trovano ad operare in un mondo come quello del terzo settore che sta cambiando profondamente per poter svolgere in modo incisivo ed efficace il ruolo assegnatogli dal nuovo Welfare. La partecipazione al progetto del C.I.T.E.-Regione Lombardia ha rappresentato per il Dipartimento di Sociologia dell Università Cattolica un momento significativo di intervento in un ambito strategico della società civile quale il terzo settore e può costituire un modello per la collaborazione tra istituzioni pubbliche e mondo accademico, nel rispetto delle reciproche competenze e delle diverse funzioni esercitate nella vita sociale del territorio. Si auspica dunque che il rapporto intrapreso con l attuale C.O.R. in occasione del progetto sul terzo settore possa svilupparsi e consolidarsi con iniziative e approfondimenti nell ambito dei servizi alla persona, in riferimento all orientamento, alla formazione e all aggiornamento degli operatori delle strutture socioassistenziali e socioeducative. 9

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12 INTRODUZIONE di Paolo Corvo Nella prima parte di questo capitolo introduttivo presentiamo i tratti caratteristici del terzo settore in Italia, soprattutto in riferimento all aspetto organizzativo delle associazioni non profit, che attraversano una fase di passaggio da un approccio prevalentemente informale alla sperimentazione di prassi aziendalistiche. Viene poi evidenziato il ruolo che il terzo settore è chiamato ad assumere in base alle disposizioni della legge quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, che sancisce la collaborazione tra Stato, Regioni, Comuni e Onlus nella programmazione e nella gestione delle attività a favore delle fasce più disagiate della popolazione. Chiude questa parte introduttiva un cenno agli altri contributi presenti nella pubblicazione e le qualifiche degli autori dei saggi. 1. Terzo settore e crisi del Welfare State Le grandi trasformazioni sociali che si sono succedute negli ultimi decenni hanno provocato l estensione delle situazioni a rischio. Il considerevole aumento della fascia più anziana della popolazione, l impoverimento della convivenza nelle città, accompagnato dall incremento dei tassi di devianza, di disadattamento e di solitudine, la crescente complessità del mercato del lavoro sono le conseguenze più vistose di queste modificazioni. Questa realtà più problematica e complessa ha condotto ad una maggiore diffusione dell emarginazione e del disagio, con i servizi sociali pubblici chiamati ad assistere con una vasta gamma di interventi un numero sempre più elevato di utenti. Si è così verificata la crisi finanziaria e culturale dello stato assistenziale, non più in grado di rispondere in modo efficace a tutti i bisogni espressi dalle fasce più deboli della popolazione. Di fatto però è stata proprio questa crisi a stimolare un approfondito e vivace dibattito sull impostazione delle politiche sociali e sulla revisione dei sistemi tradizionali di intervento. L orientamento che sembra prevalere tra gli studiosi si fonda sull intento di sviluppare politiche sociali che intervengano dal basso, attraverso la responsabilizzazione dei cittadini- 11

13 utenti, la promozione di iniziative solidaristiche e soprattutto la costruzione di una rete di interventi. In effetti un efficace azione di recupero e di reinserimento sociale di soggetti in condizioni di disagio necessita di sinergie e di collaborazione tra attori diversi: servizi pubblici del territorio, sistema economico, associazionismo, famiglie. Senza questa rete di rapporti il privato sociale rischia di naufragare o di assumere dallo Stato una delega impropria. Si tratta dunque di intervenire all interno di una prospettiva comunitaria, che veda l integrazione delle risorse pubbliche, private e di volontariato e che sia caratterizzata da una forte flessibilità, differenziazione e personalizzazione delle prestazioni. In questa prospettiva sembra opportuno privilegiare le forme più efficienti e sensibili del privato sociale, affinché stimolino il rafforzamento di politiche pluralistiche che comportino agevolazioni ed incentivi al terzo settore. Un ulteriore opportunità si presenta nella risposta immediata ai bisogni delle nuove povertà (di fronte alla lentezza dell apparato burocratico e amministrativo del welfare) e nell assistenza ai soggetti sgraditi ad alcuni settori dell opinione pubblica (nomadi, immigrati, malati di Aids, tossicodipendenti, ecc.). L accresciuto ruolo nel processo di revisione del Welfare State ha fatto sì che la ricerca sociale si sia occupata in modo consistente del terzo settore soprattutto nell ultimo decennio, in riferimento alla tipologia e alle motivazioni degli operatori, ai percorsi formativi, agli aspetti strutturali e giuridici, al profilo economico. Si sono così evidenziate realtà anche profondamente diverse per ispirazione, organizzazione, tipo di intervento, rapporti con le istituzioni e il territorio. 2. Le caratteristiche organizzative L aspetto organizzativo assume un importanza fondamentale in ogni realtà economica, istituzionale e associativa: nell ambito delle organizzazioni di terzo settore questa dimensione riveste però valenze complesse perché la maggior parte di esse è sorta con l obiettivo di fornire servizi ad un utenza specifica in un ottica relazionale, il che non si presta immediatamente a discorsi di strutturazioni e di inquadramento giuridico. Per questo motivo una buona parte delle associazioni di terzo settore ha trascurato a lungo la dimensione organizzativa, sia per quanto riguarda la selezione e la formazione del personale, che gli aspetti amministrativi e direttivi. Questa diffidenza nei confronti della formalizzazione del proprio operato è stata ne- 12

14 cessariamente superata, almeno in parte, negli ultimi anni, anche se attualmente vi sono almeno due diversi modi di concepire l organizzazione: 1) Alcune associazioni si sono date una struttura formalizzata, con figure direttive ben definite, processi decisionali determinati da uno statuto e da un regolamento, meccanismi di selezione del personale o comunque attenzione alle caratteristiche e alle competenze delle persone, una qualche forma di verifica delle attività svolte, talvolta anche una crescente attenzione per nuove modalità di finanziamento, come giornate particolari e specifiche modalità promozionali nel territorio (il fund raising). Questo modello organizzativo è stato adottato in molti casi perché si è raggiunta la consapevolezza che una struttura organizzativa adeguata non possa che migliorare la qualità e l efficacia dell intervento, senza per questo tradire lo spirito originario e la ragion d essere dell associazione. Certo vi è il rischio che un eccesso di procedure burocratiche, dovuto ai rapporti più frequenti con gli Enti Pubblici, rallenti le attività di queste organizzazioni e comporti una progressiva spersonalizzazione degli interventi, con tutte le conseguenze negative nel rapporto con gli utenti. Sorgono poi altri problemi: come comportarsi nei confronti dei collaboratori più deboli e meno efficienti? Come promuovere iniziative di lungo periodo, di studio, di documentazione, quando i finanziamenti sono concessi soltanto per i servizi resi? In che modo è possibile occuparsi dei bisogni più scoperti, qualora questo tipo di intervento non trovi il consenso e la sensibilità dei cittadini? Sembra opportuno trovare un equilibrio tra la giusta introduzione e applicazione di modelli organizzativi aziendalistici e il costante riferimento alle motivazioni valoriali e ideali che hanno portato alla nascita e allo sviluppo dell organizzazione. Non è certamente un equilibrio facile da raggiungere: si tratta di coniugare solidarietà ed efficienza, investendo in risorse umane, in formazione, in un organizzazione interna più razionale e strutturata. 2) L altro gruppo di organizzazioni che emerge dalla presente ricerca ha invece adottato un modello organizzativo molto informale e leggero. Sono associazioni in genere piccole o medio-piccole in quanto a numero di operatori e interventi effettuati per gli utenti. Queste associazioni generalmente denotano grosse carenze sul piano organizzativo, come la mancanza della selezione e della formazione degli operatori, un rapporto con il territorio abbastanza precario per la quasi totale assenza di iniziative autopromozionali, una programmazione delle 13

15 attività di corto respiro per la costante difficoltà di finanziamento, un futuro incerto per la mancanza di ricambio generazionale e di finanziamenti. In alcuni casi però riescono a conservare con maggiore forza le motivazioni ideali alla base della loro nascita e quindi a mantenere anche i legami con il territorio, riuscendo anche a individuare l emergere di nuove povertà e di nuovi bisogni. Certamente sia le organizzazioni formalizzate e tanto più, visto le caratteristiche specifiche, quelle meno strutturate traggono indubbi benefici e vantaggi dall essere affiliate a qualche (o a più) Federazione o Coordinamento a livello nazionale e/o regionale. L appartenenza a questi organismi permette di poter svolgere una migliore promozione delle proprie attività specifiche e delle problematiche del disagio, di organizzare corsi di formazione per gli operatori di più associazioni, di essere aggiornati sulle più recenti norme legislative e fiscali, di essere sensibilizzati sull importanza dei percorsi formativi, in sostanza di avere un punto di riferimento per ogni ambito di intervento. Per quanto riguarda il rapporto con le istituzioni talvolta si nota una certa strumentalità, che porta ad identificare lo Stato, le Regioni, i Comuni soprattutto come fonte di finanziamenti, mentre sono poche le organizzazioni del terzo settore che colgono l importanza di una collaborazione nella programmazione e nella gestione delle politiche sociali. È evidente che solo superando un atteggiamento strumentale le associazioni del non profit potranno ricoprire un ruolo importante nell ambito della società civile e del nuovo Welfare. Naturalmente anche gli Enti Pubblici devono considerare in modo diverso il rapporto con il terzo settore, stimolandone la partecipazione a livello decisionale ed operativo e non attribuendo ad esso solo la funzione di tappabuchi delle proprie mancanze nei settori emergenti del disagio sociale. Un altro problema, legato all obiettivo di contenere le spese, si evidenzia osservando le attuali procedure di appalto per l affidamento di servizi come l assistenza agli anziani o la gestione di comunità di accoglienza per i minori. Purtroppo in molti casi viene considerato solo il fattore economico, ignorando la valutazione della qualità del servizio, l esperienza accumulata, l affidabilità dell ente, la correttezza nella gestione del personale. Si rischia così di favorire operatori senza scrupoli e di creare una concorrenza al ribasso con conseguenze nefaste per gli assistiti e per i dipendenti: sembra urgente restituire il valore centrale alla qualità delle prestazioni fornite. 14

16 Peraltro abbiamo già notato che non tutte le organizzazioni del terzo settore hanno compreso il ruolo strategico della formazione e sono in grado di progettare e realizzare percorsi formativi adeguati ai bisogni formativi degli operatori neoassunti. Alcune associazioni intendono la formazione come trasmissione di saperi, cioè come preparazione di tipo tecnico, mentre altre hanno un concetto più ampio e articolato dei cammini formativi, comprendendo argomenti come la dimensione motivazionale, l appartenenza al gruppo, la gestione dei conflitti, la relazione di aiuto, ecc. In sostanza una buona parte delle associazioni investe molto sul saper fare e in modo insufficiente sul saper essere: appare dunque prioritario predisporre e attuare corsi di formazione che tengano conto in modo equilibrato di entrambi gli aspetti. Un altro elemento importante è quello della formazione permanente per i soggetti che da più tempo operano nei servizi, in un percorso di crescita costante nella relazione con l utente e nella conoscenza delle dinamiche della vita sociale e culturale del territorio di appartenenza. Si tratta di non dare mai nulla per scontato e di vincere eventuali resistenze da parte di chi si sente in qualche modo un esperto nel proprio ambito lavorativo. Naturalmente la dimensione formativa può essere più facilmente compresa se il meccanismo di selezione del personale avviene secondo criteri e valutazioni che tengono conto delle competenze e delle capacità relazionali: come abbiamo osservato vi sono però ancora associazioni che trascurano il momento della selezione e non prevedono una verifica delle attività svolte dagli operatori. Nasce dunque l esigenza di una maggiore attenzione a questi processi di selezione e valutazione, che può riguardare sia le organizzazioni più strutturate, che quelle a carattere informale, visto che la qualità dell intervento e della relazione con l utente dovrebbero rappresentare la specificità dei servizi forniti dal terzo settore. 3. Il ruolo del terzo settore nella Legge-quadro sull assistenza 328/2000 La Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali 328/2000, rappresenta il punto di arrivo di un lungo dibattito parlamentare, che prese avvio nel 1969 con il primo progetto di legge di riforma dell assistenza. I contenuti della legge si articolano lungo cinque direttrici: 15

17 a) l enunciazione di principi generali, ripresi dalla Carta Costituzionale e dalla produzione normativa di questi ultimi anni; b) una nuova articolazione di competenze fra Stato, Regioni ed Enti locali, ripresa dal Decreto Legislativo 112/98 sul decentramento amministrativo (Legge Bassanini); c) l individuazione di nuovi strumenti di pianificazione e di omogeneizzazione degli interventi, nonché di nuove modalità di relazione con i cittadini; d) la valorizzazione e il sostegno delle responsabilità familiari, anche con l erogazione di particolari interventi di integrazione per le famiglie che vivono le situazioni più complesse e problematiche; e) l attribuzione di alcune deleghe per la revisione di norme di fondamentale importanza nell espletamento dei servizi e delle prestazioni, anche economiche (reddito minimo di inserimento, invalidità civile, ecc.). L elemento più significativo di questa legge è l intenzione di conciliare l omogeneità di alcuni livelli minimi di prestazioni che devono essere riconosciuti a tutti i cittadini con la specificità degli interventi effettuati a livello locale da Regioni e Comuni, a partire dalla programmazione degli obiettivi e dalla determinazione dei criteri per l accesso ai servizi. Nella 328 vi sono molti riferimenti al ruolo del terzo settore: Nell art.1 gli Enti locali, le Regioni e lo Stato, nell ambito delle rispettive competenze, riconoscono il ruolo delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus); per cui la gestione e l offerta di servizi non è effettuata solo dai soggetti pubblici, ma anche dalle Onlus. L art. 3 afferma che il criterio della cooperazione tra i diversi livelli istituzionali e tra questi e le Onlus rappresenta uno dei principi cardini della Legge. L art. 6, riferito alle funzioni dei Comuni, sottolinea come sia fondamentale la realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, che l art. 22 definisce come politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare, con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte. La costruzione dei servizi sociali a rete si realizza mediante la collaborazione tra i diversi soggetti presenti sul territorio. 16

18 L art. 5 è dedicato specificamente al ruolo del terzo settore e pone come obiettivo l attuazione del principio di sussidiarietà tra Enti locali, Regioni, Stato e terzo settore. Per realizzare questo obiettivo gli Enti pubblici, nell ambito delle risorse disponibili, in base ai piani nazionali, regionali, di zona e comunali, devono promuovere azioni per sostenere e qualificare i soggetti del terzo settore, anche attraverso politiche formative ed interventi per l accesso al credito agevolato e ai fondi dell Unione Europea; devono inoltre garantire la trasparenza e la semplificazione amministrativa, fino a giungere a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano ai soggetti del terzo settore di poter esprimere la loro progettualità. I rapporti tra Enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai servizi alla persona, sono regolamentati dalle Regioni attraverso specifici indirizzi. Le Regioni disciplinano anche le modalità per valorizzare l apporto del volontariato nell erogazione dei servizi. I soggetti del terzo settore sono coinvolti nella programmazione, progettazione, realizzazione dei servizi sociali, nell indicazione delle priorità e dei settori di innovazione con la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali. Per poter partecipare al sistema integrato dei servizi le Onlus devono però essere autorizzate ed accreditate dai Comuni (art.11), per cui devono predisporre anche una Carta dei Servizi, secondo le modalità stabilite dall art.13. Peraltro anche il volontariato non giuridicamente riconosciuto può essere consultato nella fase preparatoria della programmazione, anche se questa possibilità dipende dalla disponibilità e dalla sensibilità dell Ente locale. I Comuni hanno dunque il compito di garantire l accesso e la qualità dei servizi, ma anche di stimolare forme innovative di collaborazione e di consultazione con le varie realtà presenti sul territorio; il non profit ha invece la responsabilità di inserirsi in modo efficace ed incisivo nell ambito della programmazione ed erogazione dei servizi, con una sempre più qualificata capacità di intervento. 4. I temi della pubblicazione Vi sono innanzitutto tre contributi teorici elaborati specificamente per la dispensa: D. Nicoli è autore del saggio Un approccio innovativo alle professioni del settore non profit, (cap.1) dove tratta della cura dei soggetti bisognosi alla luce delle trasformazioni della società e delle nuove professionalità del non profit, centrate sulla relazione d aiuto. 17

19 In questo ambito professionale il processo formativo è tutt uno con il processo lavorativo e ne costituisce un elemento costante. Da qui la necessità di delineare un approccio alternativo in grado di superare le rigidità della categoria di qualifica professionale e nel contempo di acquisire le valenze positive del concetto di competenza, che rappresenta la valutazione sociale di un comportamento, di un azione effettiva, dove è possibile apprezzare le qualità dell individuo in relazione alle norme che regolano l attività stessa. In questa prospettiva Nicoli presenta il concetto di famiglie/comunità professionali, che costituisce uno strumento interpretativo in grado di delineare le relazioni tra individuo ed organizzazione secondo una modalità che non semplifica o modellizza i fattori in gioco, rischiando di rinchiudersi in una sorta di autoreferenzialità sofisticata, ma che procede affermando l importanza culturale e sociale del lavoro, collocato entro le relazioni che lo conformano. M. Ambrosini in Terzo settore ed evoluzione dei sistemi di Welfare: le implicazioni professionali di una missione solidaristica (cap.3) scrive delle diverse forme di solidarietà e delle dimensioni organizzative delle motivazioni solidaristiche. Viene così posto in risalto un elemento tipico delle organizzazioni solidaristiche, che consente di individuare una via all efficacia organizzativa diversa da quella seguita dalle imprese tradizionali: l alto grado di condivisione degli obiettivi e di collaborazione reciproca. L autore mostra le diverse concezioni del terzo settore e le conseguenti competenze professionali necessarie, che si possono riepilogare in alcune categorie: a) competenze di tipo imprenditoriale e gestionale, collegate alla crescente caratterizzazione aziendale del terzo settore, all accresciuta concorrenza, alla necessità di soddisfare i requisiti richiesti dalle amministrazioni pubbliche; b) competenze di natura amministrativa, che discendono dalle precedenti, e rispondono in particolare alle esigenze di correttezza contabile, trasparenza gestionale, oculata gestione delle risorse; c) competenze di tipo operativo, centrate sulla relazione d aiuto e sul lavoro d équipe; d) competenze di tipo relazionale, comunicativo, di gestione di gruppi e di processi decisionali condivisi; e) competenze di tipo politico, di organizzazione di campagne di opinione, di gestione dei rapporti tra organizzazioni e con soggetti esterni. S. Tosoni (cap.6) presenta gli aspetti più significativi e le possibilità offerte dalla Comunità virtuale, che si fonda sul concetto di cooperazione sociale e quindi sull assenza di competizione, la condivisione di risorse e informazioni, il frazionamento di potere e responsabilità, la partecipazione 18

20 dell utente alle esigenze della Comunità, l attenzione alle relazioni umane. Ogni comunità virtuale prevede però anche un progetto di gestione, che definisce le regole di accesso e di comportamento, nonché l individuazione delle sue finalità (esplicite o implicite). In quest ottica tanto più nettamente emerge la cooperazione sociale tanto più questa dà vita a forme di soggettività in grado di reclamare voce in capitolo sulla gestione degli spazi in cui si dispiega. Per raggiungere l equilibrio tra gestione e cooperazione Tosoni sottolinea la necessità della sperimentazione, che genera una forma di sapere che si pone al confine tra sapere teorico (senza il quale la realizzazione procede a tentoni) e sapere pratico (senza la quale la speculazione teorica procede in modo sempre più autoreferenziale, finendo per avvitarsi facilmente nell ideologico). La pubblicazione contiene anche l elaborazione teorica del repertorio dei profili professionali e delle competenze del terzo settore, con sei profili scelti a titolo d esempio, tra i diciotto elaborati per il progetto 1 (cap.3): 1) Operatore socioassistenziale Settore handicap/disabilità; 2) Coordinatore dei servizi socioeducativi; 3) Educatore accompagnatore in percorsi di orientamento; 4) Educatore dei Centri di aggregazione giovanile; 5) Educatore dei centri per gli anziani; 6) Counselor familiare. Nel quarto capitolo viene presentato il dispositivo di accreditamento delle risorse umane 2, che si propone di fornire al settore non profit uno strumento che ne valorizzi la peculiarità culturale ed organizzativa. Si tratta di un compito delicato, perché deve superare una concezione riduttiva del concetto di non profit e una prospettiva normativa della gestione delle risorse umane per passare ad un ottica che si fonda sull accreditamento e sul concetto di famiglia professionale. Gli obiettivi e le modalità del percorso formativo per imprenditori ed operatori del non profit attuato a Milano, Brescia e Parabiago è descritto nel capitolo cinque 3. Il modello dei corsi prevede una strategia formativa fles- 1 Il repertorio è stato predisposto da un gruppo di esperti del settore, coordinati dal dott. Arduino Salatin. 2 Il dispositivo di accreditamento è stato elaborato da Dario Nicoli e Carlo Catania. 3 Il percorso formativo è stato progettato da Elena Di Marco e Silvia Stefanoni. L organizzazione dei corsi è stata coordinata dall Asf (Agenzia Servizi Formativi) di Milano (in particolare da Antonio Sassi) e gestita a Milano dal C.F.P. M. Belloni-Fondazione Clerici (con il coordinamento di Fulvia Mentil), a Brescia dallo IAL Lombardia Scuola 19

21 sibile, che utilizza in modo integrato diverse opportunità: formazione d aula, lavoro di gruppo, colloquio di orientamento individuale, action learning, esercitazioni individuali e di gruppo, laboratorio di informatica, stage 4. Gli autori Mauro Magatti è docente di Sociologia, Sociologia dei processi economici e del lavoro, Sociologia dei fenomeni collettivi presso la Facoltà di Scienze Politiche dell Università Cattolica di Milano. Di recente ha pubblicato Tra disordine e scisma. Le basi sociali della protesta del Nord, Carocci, Roma, 1998; con M. Monaci L impresa responsabile, Bollati Boringhieri, Torino, 1999; con C. Giaccardi La globalizzazione non è un destino. Mutamenti strutturali ed esperienze soggettive nell età contemporanea, Laterza, Roma- Bari, Dario Nicoli è esperto di formazione professionale e di organizzazione del lavoro, docente incaricato di Sociologia dell organizzazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell Università Cattolica, sede di Brescia, redattore di Professionalità, rivista di formazione professionale de La Scuola Editrice, membro di comitati scientifici di diversi progetti di formazione e di intervento sociale a livello nazionale ed europeo, libero professionista, ha diretto e svolto attività di ricerca, consulenza e formazione per Enti pubblici e privati. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni sui temi evidenziati. Paolo Corvo è docente incaricato di Politica sociale presso l Università Cattolica, sede di Piacenza e collabora con il Dipartimento di Sociologia dell Università Cattolica, sede di Milano, tenendo un Seminario su Società dell informazione e globalizzazione presso la Facoltà di Scienze Politiche. Si occupa di tematiche relative al terzo settore, all organizzazione dei servizi sociali e all orientamento formativo; svolge attività di consulenza e di formazione per Enti pubblici e privati, Centri di Ricerca, Fondazioni. Ha pubblicato saggi e articoli riguardanti il non profit e il mondo della formazione. Maurizio Ambrosini è docente di Metodologia e tecnica della ricerca sociale, Organizzazione e gestione delle risorse umane, Sociologia dell organizzazione, presso l università Regionale Operatori Sociali (coordinatore Pietro Bisinella), a Parabiago dal C.F.P. L. Clerici (con il coordinamento di Anna Caspani). Va inoltre ricordato l apporto fornito a livello amministrativo e organizzativo dalla consulente del C.I.T.E. Silvia Mereghetti e, nella seconda fase del progetto, dall altra consulente Elisa Baggio. 4 Va segnalato che nel corso del progetto sono stati realizzati due Cd-Rom: 1) Repertorio delle figure professionali e accreditamento (che comprende il Repertorio delle figure professionali dell area socio-assistenziale e socio-educativa, le Schede per la raccolta e la gestione delle informazioni da utilizzare nell ambito del Dispositivo di accreditamento, l Impostazione teorica, il Glossario, la Bibliografia) e 2) Tre unità formative (le tre unità riguardano la Gestione dei progetti, la Presa in carico educativa, l Aiuto e cura della persona e sono composte ciascuna da un caso didattico, un esercitazione sul caso, una sezione teorica e un test di autovalutazione). I Cd-Rom sono destinati a formatori, progettisti di formazione, responsabili del personale di organizzazioni non profit, tutor e orientatori. L équipe di lavoro che ha realizzato i Cd è stata coordinata da Paolo Magatti. 20

22 di Genova, facoltà di Scienze della Formazione. Si occupa da tempo di organizzazioni non profit, economia sociale e volontariati. Tra le sue pubblicazioni: Tra altruismo e professionalità, FrancoAngeli, Milano, 1999; La fatica di integrarsi. Immigrazione e lavoro in Italia, Il Mulino, Bologna, Arduino Salatin è docente SISF (Scuola Internazionale Superiore di Scienze della formazione, Venezia) e consulente ISFOL per l area sperimentazione formativa; Beniamino Caputo, è pedagogista e capo progetto area formazione servizi alla persona, AGFOL (Agenzia Formazione Lavoro), Venezia Mestre; Silvia Baldo è psicologa del lavoro e consulente Agfol per la formazione degli operatori dei servizi alla persona; Radames Biondo è psicologo e consulente Agfol per la formazione degli operatori dei servizi alla persona. Carlo Catania è esperto in processi formativi, svolge attività di consulenza presso Enti pubblici e privati che operano nel campo della formazione professionale, dell orientamento e dei servizi per l impiego. In tali ambiti ha realizzato interventi e collaborato all elaborazione di diversi progetti. Svolge attività di ricerca e pubblicistica intorno ai temi della formazione e delle politiche attive del lavoro. In particolare ha pubblicato articoli riguardanti gli stage e la gestione di processi formativi rivolti a lavoratori in mobilità. Elena Di Marco è esperta in processi formativi, svolge attività di formazione e consulenza presso Enti pubblici e privati che operano nel campo della formazione professionale e dei servizi per l impiego. Ha realizzato interventi e collaborato all elaborazione di diversi progetti e manuali sulle tematiche dell orienta-mento al lavoro, dell integrazione tra sistemi formativi e dei servizi all impiego. In particolare ha pubblicato articoli riguardanti il ruolo dell orientamento nella transizione scuola-lavoro e il nuovo canale formativo IFTS, Istruzione e Formazione Tecnica Superiore. Silvia Stefanoni è esperta in processi formativi. Si occupa di sistemi di gestione per la qualità applicati alla Formazione Professionale e collabora al progetto della Regione Lombardia Aladino relativo all orientamento agli studi dopo la scuola secondaria superiore. Svolge attività di ricerca sul tema dell accreditamento delle sedi formative e orientative e sulle modalità formative dell autoformazione. Simone Tosoni è dottorando in Sociologia e Metodologia delle Scienze Sociali presso l Università Cattolica di Milano, dove è anche cultore della materia in Sociologia della Comunicazione e Teoria e Tecniche delle Comunicazioni di Massa. Svolge attività didattica e di ricerca sul tema delle Comunità Virtuali e delle interazioni on-line. 21

23

24 1 UN APPROCCIO INNOVATIVO ALLE PROFESSIONI DEL SETTORE NON PROFIT di Dario Nicoli 1.1 Trasformazioni della società e della «cura» di soggetti bisognosi È indubbio che le grandi trasformazioni che hanno interessato le società moderne con particolare riferimento al contesto lombardo hanno provocato fortissime tensioni lungo la linea che pone in relazione la famiglia, le istituzioni sociali ed i soggetti bisognosi di cura. Le trasformazioni della famiglia, demografiche, della vita sociale comportano due conseguenze in tema di relazioni di cura: a) Da un lato viene ridotta la «presa in carico» familiare in riferimento a diverse figure bisognose di cura (ed anche di differenti momenti di vita delle stesse figure) a favore di una nuova categoria di professionisti della «relazione di cura»; si nota pertanto un movimento di dislocazione del luogo dell assistenza dalla famiglia all ambiente sociale istituzionalizzato tramite nuove forme di servizio (centri socio-educativi, strutture protette, comunità alloggio, strutture integrate, centri di formazione ) specificamente rivolte a utenti con caratteristiche di bisogno. b) Dall altro si crea la necessità di una diffusa competenza comunicativorelazionale tra molte figure professionali non necessariamente del settore socio-assistenziale, quali, ad esempio, quelle appartenenti all ambito dell educazione (sempre più investito di problematiche non solo connesse all apprendimento ma che spaziano anche nella presa in carico educativa e sociale), ma pure quelle dell erogazione di servizi diversi per i quali risulta decisivo operare nel senso delle capacità comunicative e relazionali. Si può dire che la relazione di cura è ad un tempo un ambito professionale specifico ed anche un requisito comune a molte figure e molteplici settori. Sul piano storico, tale vicenda può essere sintetizzata in due movimenti di fondo: 23

25 il movimento avvenuto negli anni verso la delega di alcune di queste funzioni di cura dalla famiglia verso le istituzioni pubbliche ovvero la creazione del Welfare State; il movimento più recente verso la diffusione di modalità autonome (rispetto alla pubblica amministrazione) di risposta al bisogno sia sotto forma di azioni volontarie sia nella fattispecie delle imprese sociali di servizi. Scorgiamo pertanto nell attuale fase nell ambito dei servizi sociali il consolidamento di una nuova configurazione organizzativa e professionale tendente a riequilibrare il rapporto pubblico-privato. Si manifesta una ricerca di legame più intenso tra servizio e contesto territoriale di vita delle persone. Nel contempo si nota un maggiore coinvolgimento degli enti locali minori Comuni e Comunità montane con una forte presenza associativa comunitaria ovvero in stretta integrazione con le forze del volontariato e la comunità sociale. È quanto viene definito in termini tecnici «strategia di rete» o anche Welfare community, intendendo con tale espressione l introduzione nel campo dei servizi di un modello d azione collaborativo e policentrico ma programmato e verificabile, secondo l applicazione congiunta del principio di solidarietà e di quello di sussidiarietà. L area dei nuovi servizi evidenzia il mutamento dei bisogni e più in generale del contesto sociale. Si manifesta infatti una forte complessità, tipica di una società dinamica, segnata da un elevato benessere economico, ma allo stesso tempo sottoposta a tensioni e disagi notevoli e per molti versi sconosciuti nelle stagioni precedenti. Per tale motivo, si ampliano attività tra cui: assistenza domiciliare, azioni a favore della popolazione anziana non autosufficiente, azioni a favore delle famiglie che si prendono a carico l assistenza ad un proprio congiunto non autosufficiente, servizi per l infanzia e di sostegno alle famiglie, servizi per l area adolescenziale e giovanile, centri di primo ascolto, centri diurno integrato, centri di prevenzione e di recupero, azioni a favore degli handicappati, azioni a favore dei terzomondiali, progetto tossicodipendenza, servizio telesoccorso, banca del tempo solidale, servizio formativo assistenziale. L intento che sottostà ai diversi interventi quelli ad esempio rivolti all area dell handicap, degli adolescenti e dei giovani può essere pertanto definito come «politica sociale comunitaria» basata su una visione comune dei problemi, sulla valorizzazione delle risorse, sul metodo della cooperazione e della sussidiarietà. L orientamento adottato in tale ambito di azione 24

26 è evidenziabile nel metodo della ricerca-azione e nel rapporto tra questa, gli osservatori ed i coordinamenti. In definitiva, siamo di fronte ad un cambiamento di notevole portata nell ambito dei servizi, che procede secondo i seguenti criteri: coordinamento ed integrazione; valorizzazione delle risorse esistenti; innovazione gestionale e proceduralizzazione che consenta un controllo di qualità ed un approccio di miglioramento continuo; responsabilizzazione dei soggetti sociali e creazione delle condizioni per una gestione veramente sociale dei servizi indicati; promozione di spazi espressivi e di incontro, di proposte educative per ragazzi, adolescenti e giovani in forma integrata con le aggregazioni sociali e le scuole e creazione di centri di prevenzione e recupero del disagio; stimolo presso la popolazione per la crescita di una cultura dell uso corretto dei servizi interessati. Le strategie di intervento nel settore dei servizi socio-assistenziali procedono lungo una linea che prefigura una tendenza innovativa sulla base dei seguenti fattori: diffusione e qualificazione della rete comunitaria di servizi socioassistenziali primari presso i territori sub-provinciali; disegno di rete fra tutte le forze in gioco sociali, sanitarie, istituzionali, di volontariato e culturali intorno a tale progetto in modo da estendere l area dei servizi in rete (ad esempio il Centro diurno integrato); sviluppo di forme di intervento che integrino sempre più pubblico e privato e migliorare gli standard di qualità degli interventi perseguendo una crescente ottimizzazione del servizio; facilitazione della permanenza delle persone anziane presso il proprio contesto socio-relazionale di appartenenza sostenendo, con erogazione di servizi adeguati alle reali esigenze e/o con contributi economici mensili, le famiglie che si fanno carico dell assistenza ad un congiunto non autosufficiente; realizzazione di strutture di accoglienza temporanea per le persone non autosufficienti seguite dai propri familiari al fine di prevenire forme di disagio familiare per eccessivo carico assistenziale; diffusione qualificazione della rete di servizi per l infanzia, favorendo l aggregazione delle famiglie e sviluppando un piano di formazione dei genitori e degli operatori; 25

27 stimolo all aggregazione degli adolescenti e dei giovani, responsabilizzandoli nell indirizzo e nella conduzione di interventi significativi; diffusione e qualificazione della rete di spazi espressivi e di incontro per adolescenti e giovani; stimolo alla creazione di «cooperative sociali» che, anche in forma consortile, si facciano carico delle esigenze e dei bisogni educativi, socioassistenziali e culturali delle comunità; promozione e realizzazione di nuove Istituzioni a capitale misto per la gestione dei servizi socio-assistenziali (assistenza domiciliare, primo ascolto, Informagiovani, centri diurni integrati, servizi formativi assistenziali); promozione di Servizi formativi assistenziali. Come si vede, l insieme di tali mutamenti mira a rivalutare la comunità come luogo di lettura del bisogno e di risposta ad esso; nel contempo si fa strada l idea di una nuova cultura della salute da parte di ciascuno con caratteri di (parziale) autodiagnosi e di autocura. Dall analisi dei documenti programmatici e delle relazioni circa l attività svolta da parte delle diverse Amministrazioni coinvolte appare con evidenza l intento di combattere la prospettiva individualistica che tende a ridurre il cittadino a paziente-utente e conduce ad una spersonalizzazione ed eccessiva tecnicizzazione del servizio. Soprattutto la consapevolezza circa la diffusione di un numero considerevole di patologie non gestibili tramite protocolli tecnici conduce a ridare valore alla comunità ed alle reti primarie come fattori indispensabili nella nuova cultura dei servizi. 1.2 Non profit e nuove professionalità centrate sulla relazione d aiuto La vicenda del Welfare segue pari passo le fasi di evoluzione della realtà sociale e rivela le energie che si mobilitano in direzione della risposta ai bisogni ed anche della tessitura di legami in grado di fronteggiare le lacerazioni introdotte dal cambiamento. Tali energie fanno riferimento per la gran parte alla forte vena solidaristica ed assistenziale della cultura locale che si esprime nell impegno volontario nelle sue varie forme: filantropia, attività caritativa, mutualismo, fino alle più moderne associazioni non profit ed imprese sociali. Esiste una forte dedizione verso l altro, proprio perché esiste una forte connotazione comunitaria della cultura lombarda. Ciò permane nel tempo, pur mutando nelle forme e nei modi, come risposta ai cambiamenti che pervadono la realtà sociale ed istituzionale e che sfidano la stessa vita di comunità. 26

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