Sulla teoria astratta del calcolo delle probabilità di F.P. Cantelli

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1 Sulla teoria astratta del calcolo delle probabilità di F.P. Cantelli Ilia Negri Università degli Studi di Bergamo Dipartimento di Ingegneria Viale Marconi 5, Dalmine (BG), Italy e mail: negri@unibg.it 26 luglio 2001 Sommario Il nome di Cantelli è ben noto per i suoi importanti risultati nei campi della probabilità e della statistica: i lemma di Borel-Cantelli sulla probabilità del limite superiore di una successione di eventi o il teorema di Glivenko-Cantelli sulla convergenza delle funzione di ripartizione empirica sono noti fin dai primi studi di statistica e calcolo delle probabilità e non hanno certo bisogno di presentazione. Qui vogliamo portare alla luce due risultati che sono forse meno conosciuti ma non per questo meno importanti di Cantelli. Essi furono formulati nell ambito della teoria astratta del calcolo delle probabilità che Cantelli formulò un anno prima della teoria di Kolmogorov e che per la profonda intuizione e l impatto che ebbe, anche sugli studi del matematico russo, vale la pena di presentare in una chiave moderna senza perdere di vista il contesto in cui fu formulata. Si tratta in primo luogo di un teorema di rappresentazione per famiglie di variabili casuali che non si discosta molto dal teorema di rappresentazione di Skorokod, formulato circa vent anni dopo. L altro risultato riguarda la definizione della densità condizionata per variabili casuali continue. Tale definizione risulta più naturale in quanto non utilizza il teorema di Radon-Nikodym per provarne l esistenza. 1 Introduzione Oggi la teoria delle probabilità risulta un campo ben formalizzato e nessuno si metterebbe in testa di rivederne le basi e i contenuti. Con questa nota neppure noi vogliamo agire in quella direzione. Ci proponiamo piuttosto di riconsiderare e ripresentare in una chiave 1

2 moderna una teoria astratta delle probabilità che non è stata compresa a fondo quando fu pubblicata, (si veda il commento di Cramer in [28]) forse anche per decisione dello stesso autore, ma che contiene alcune idee molto profonde e importanti. Poiché ci accingiamo a presentare dei risultati che vennero pubblicati agli inizi degli anni trenta ci pare importante e necessario dare una breve panoramica delle conoscenze acquisite in quegli anni nella teoria delle probabilità. In questo contesto verrà inquadrato il problema dei fondamenti teorici della disciplina analizzando il punto di vista di Cantelli e confrontando quest ultimo con quello ben più noto di Kolmogorov. Vogliamo però partire con una breve ed essenziale biografia di Cantelli, introducendo i suoi principali contributi alla teoria della probabilità e della statistica nei primi anni del secolo scorso, proprio per capire quanta sensibilità egli presentasse in queste discipline e quindi meglio comprendere la sua teoria astratta delle probabilità. 1.1 Breve nota biografica e bibliografica Francesco Paolo Cantelli ( ) nacque a Palermo e nella stessa città si laureò in matematica nel 1899 discutendo una tesi di meccanica celeste. Egli divenne presto un attuario e cominciò in questo periodo il suo interesse per la probabilità. Gli impegni di lavoro non gli impedirono di partecipare alla vita accademica e nel 1922 ottenne la libera docenza, presso l Università di Roma, del corso di Calcolo delle probabilità e applicazioni che rimase per lungo tempo l unica cattedra in tale materia. Nel 1923 divenne professore ordinario di Matematica finanziaria ed attuariale a Catania, poi passò a Napoli e dal 1932 definitivamente a Roma. Dal 1930 al 1958 fu direttore del Giornale dell Istituto Italiano degli Attuari (G.I.I.A.) che sotto la sua direzione divenne una delle riviste più importanti e stimate del settore ed ospitò i lavori dei più geniali probabilisti italiani e stranieri, tra i quali, oltre lo stesso Cantelli, B. De Finetti, P. Lévy, A.N. Kolmogorov e I. Khinchin. Vogliamo ora ricordare i contributi scientifici di Cantelli. Dopo una breve parentesi di studi astronomici ( ) egli cominciò ad occuparsi di problemi attuariali economici e statistici. L incontro con la probabilità fu dunque inevitabile in quanto strumento essenziale per studiare con metodo scientifico problemi, come quelli menzionati, di carattere tipicamente pratico. Un primo risultato notevole in campo probabilistico lo ottenne, nel 1910, dallo studio della disuguaglianza di Bienaymé Tchebychev (si veda [17]). Un posto centrale occupano i suoi lavori sulla convergenza di variabili casuali, che Cantelli contribuì a distinguere dalla convergenza di successioni numeriche. In Sulla legge dei grandi numeri [3] introdusse il concetto di convergenza in probabilità di una successione di variabili casuali e precisò sotto quali ipotesi si potesse parlare di legge debole dei grandi numeri. Ritornò su tale concetto in La tendenza ad un limite nel senso del calcolo delle probabilità [4] precisando come fosse erronea la convinzione che nel classico teorema di Bernoulli la frequenza relativa doveva convergere alla probabilità nel senso classico dell analisi. Considerazione dello stesso tipo lo portarono a introdurre il concetto di convergenza uniforme in 2

3 probabilità, oggi nota come convergenza quasi certa. Tale concetto apparve in Sulla probabilità come limite della frequenza [5] (si vedano anche [21] e [7]) dove Cantelli dimostrò la legge forte dei grandi numeri. Cantelli dimostrò tale legge servendosi della proposizione che oggi porta il nome di Borel Cantelli. Non ultimo per importanza vogliamo ricordare i contributi che Cantelli portò a quello che oggi è noto come Teorema fondamentale della statistica o come Teorema di Glivenko Cantelli. Il teorema fu dimostrato per funzioni di ripartizioni continue da Glivenko [18], mentre Cantelli ne estese la validità a funzioni di ripartizioni qualunque [8]. Nella formulazione di questi risultati Cantelli si trovava di fronte ad enormi difficoltà, dovute essenzialmente alla mancanza di una solida struttura matematica come base per trattare le questioni probabilistiche. Questa fu una delle motivazioni che spinsero Cantelli a formulare la sua Teoria astratta del calcolo delle probabilità [6], [9], [10], [26]. Essa rappresentò la prima impostazione formale completa, per mezzo della teoria della misura, del calcolo della probabilità. Essa è anteriore anche ai fondamenti di Kolmogorov [19]. Per capirne l importanza è bene descrivere brevemente qual era la situazione degli studi probabilistici all inizio del 1900 facendo in particolare riferimento al problema dei fondamenti. 1.2 Breve nota storica È tra la fine dell ottocento e l inizio del secolo scorso che l interesse per il calcolo delle probabilità si spostò da quello legato al gioco d azzardo e allo studio dei cosiddetti fenomeni collettivi, per attirare l attenzione di matematici, quali E. Borel e J.H. Poincaré, per cercare di formulare una teoria ben organizzata e costruita su solide basi. Secondo Cramer [12] essi non riuscirono nel loro scopo, ma i loro risultati sono ben noti e sono rientrati nella teoria moderno in seguito. Sul finire dell ottocento si impose la scuola di S. Pietroburgo con l opera di P.L. Tchebishev, A.A. Markov a A.M. Lyapunov. Si occuparono, tra l altro, del teorema del limite centrale e della legge dei grandi numeri che dimostrarono in caso di indipendenza stocastica, perfezionando e adattando al contesto probabilistico, strumenti matematici classici quali il metodo dei momenti o l impiego della funzione caratteristica. Verso la fine degli anni venti si affiancò alla precedente la scuola di Mosca, con A.N. Kolmogorov e A. Khinchin che diventò in breve tempo un punto di riferimento mondiale per tutte le questioni probabilistiche, partendo dai fondamenti. Va poi menzionata, non ultima per importanza, la scuola italiana, fondata da G. Castelnuovo, continuata poi da Cantelli e da B. de Finetti, che cercarono di fondare su basi scientifiche il calcolo attuariale, ed ottennero, partendo da tali basi, non solo in campo attuariale, risultati notevoli. Come si intuisce da questa breve panoramica, l attività di ricerca volgeva verso l esigenza di fornire al calcolo delle probabilità una solida struttura matematica, che permettesse di inquadrare i risultati di alto livello ottenuti fino ad allora e permettesse di svilupparne di nuovi. Una particolarità della teoria delle probabilità, che probabilmente ne frenò lo sviluppo, era legato al fatto che, per alcuni, per definire assiomaticamente la probabilità, si doveva partire dal concetto intuitivo di probabilità, e 3

4 da questo doveva scaturire il sistema di assiomi da cui dedurre l intera disciplina matematica, e in cui ritrovare quindi, in modo ragionevole, il concetto empirico di probabilità. Purtroppo concetti intuitivi e molto semplici ebbero bisogno di una struttura matematica non banale per essere formulati in modo coerente, e furono oggetto di numerose critiche. A tal proposito, tre furono le maggiori correnti per quanto riguarda tale aspetto. Quella legata all impostazione logicista di J.M. Keynes, che riprese un idea già di Leibniz, quella soggettivista introdotta e diffusa da de Finetti e, indipendentemente, da F.P. Ramsey e quella frequentista. In quest ultima corrente si distinsero due indirizzi. Il primo fu quello asintotico di R.E von Mises, l altro quello empirico di Castelnuovo, al quale si ispirarono, tra gli altri, Lévy, Fréchet e Cantelli. Per i dettagli di queste impostazioni, le discussioni e le critiche a favore o contro, si vedano ad esempio [24], [25], [11], [13], [14], [15] e [16]. Tra queste diverse impostazioni prevalse un punto di vista diverso, detto assiomatico. Si cercò di individuare un corretto sistema di assiomi che definissero la probabilità a prescindere dalla eventuale interpretazione del concetto empirico di probabilità. Tra il 1920 e il 1940 il calcolo delle probabilità divenne un ramo autonomo della matematica e conobbe un ampio sviluppo a partire dal L artefice di tale cambiamento fu, come abbiamo già accennato, A.N. Kolmogorov la cui teoria astratta [19] è ancora alla base di quasi tutte le trattazioni di probabilità. Secondo Cramer [12], che visse di persona l evento, la pubblicazione della monografia di Kolmogorov diede inizio ad una nuova era nella teoria della probabilità. Come scrisse lo stesso Kolmogorov, lo scopo della sua monografia fu quello di dare i fondamenti della della teoria delle probabilità liberandola da tute le complicazioni interpretative del concetto. Kolmogorov, in sostanza, non tenne conto delle disquisizioni riguardo al significato di probabilità e promosso a ruolo di assiomi le regole di calcolo, come i principi delle probabilità totali e composte. Sostituì l additività finita con l additività completa, e quindi la probabilità divenne una misura finita su uno spazio probabilizzabile, generalizzando il concetto di misura di Lebesgue, e liberando quest ultima da tutti gli aspetti geometrici. Vedremo nella prossima sezione le motivazioni, diverse da quelle di Kolmogorov, che spinsero Cantelli a formulare la sua teoria astratta, e presenteremo tale teoria. La nota prosegue con la sezione 3, dove verrà presentato il teorema di rappresentazione per sistemi di variabili casuali e la sezione 4 dove viene introdotto il concetto di probabilità condizionata, quando l evento condizionante ha misura nulla. Infine nella sezione conclusiva commenteremo i risultati di Cantelli. 2 La teoria astratta delle probabilità La teoria astratta precedette di un anno l uscita della teoria di Kolmogorov e il matematico russo cita il lavoro di Cantelli a sottolineare l importanza che ebbe sulla comunità scientifica, ma come abbiamo accennato, fu formulata con motivazioni diverse. Cantelli non radicalizzò il concetto di probabilità, come fece il matematico russo, ma ritenne importante che accanto al significato fisico della probabilità occorresse fornire delle solide 4

5 basi matematiche in cui inquadrare tale concetto e il suo fu il primo tentativo in questa direzione. Cantelli formulò la sua teoria con l idea di colmare questa lacuna e il suo interesse in questa direzione ebbe come scopo prioritario quello, a differenza di Kolmogorov, di sistemare all interno della teoria la nozione di variabile casuale. In effetti l analisi dei fenomeni aleatori prima della formulazione della teoria astratta avveniva senza il supporto teorico della teoria della misura. Lo stesso Cantelli dimostrò la legge debole dei grandi numeri prima, e la legge forte dei grandi numeri dopo, basandosi sulla definizione di probabilità data da Castelnuovo [11]: La probabilità di un evento è il rapporto dei del numero di casi favorevoli all evento, al numero dei casi possibili, purché tutti i casi considerati siano ugualmente possibili e sulla definizione di variabile casuale, data dallo stesso Cantelli [3] e riportata sempre da Castelnuovo. Tale definizione si fondava sulla legge di probabilità del risultato sperimentale, che si riteneva assegnato. Le variabili casuali erano degli enti che potevano assumere determinati valori a seconda che si verificassero determinati eventi, aventi una certa probabilità secondo la definizione data sopra. Le variabili casuali non avevano però una forma analitica precisa, e non erano pertanto concetti matematicamente accettabili. Cantelli nella sua teoria si propose di analizzare questi enti concreti, in quanto dotati di una legge empirica di probabilità, trasformandoli in funzioni, in modo da poterli studiare correttamente con i metodi dell analisi matematica. Un primo tentativo in questa direzione era stato effettuato da Lévy, [20] dove si presenta una prima sistematica esposizione della teoria delle variabili casuali, facendo riferimento alle loro leggi di probabilità, alle funzioni di ripartizione e alle funzioni caratteristiche, rimanendo comunque sempre enti empirici. Vediamo quindi come Cantelli affronta il problema. Prima di tutto occorre dare un insieme di definizione ben preciso alle funzioni che si intende costruire e questo insieme deve essere dotato di una struttura probabilistica. Quindi Cantelli considera come insieme di base l intervallo [0, 1] dell asse reale, che viene identificato con l evento certo. Gli eventi sono identificati con una classe di insiemi, la σ-algebra B[0, 1] dei boreliani dell intervallo [0, 1]. La probabilità è data dalla misura di Lebesgue m definita su tale σ-algebra. La scelta di questa struttura permette di considerare come come equiprobabili due insiemi che si corrispondono con una congruenza su [0, 1], in quanto la misura di Lebesgue è invariante per questo tipo di trasformazioni. Va inoltre sottolineato che la scelta della misura di Lebesque come probabilità sullo spazio di base, implica che quest ultima risulti σ-additiva. L idea di Cantelli è quindi quella di definire le variabili casuali come funzioni che trasformino la legge di probabilità uniforme data sull insieme di partenza, nella legge di probabilità dell ente empirico, supposta, secondo la definizione allora corrente di variabile casuale, nota. Cantelli osservò come si potesse considerare un qualsiasi insieme invece dell intervallo [0, 1], e in effetti nell articolo del 1932 compare il quadrato di base unitaria e si parla di aree parziali di tale quadrato. Poiché nei lavori successivi si fa riferimento all intervallo [0, 1], si `e fatta anche qui tale scelta. Possiamo dire che la struttura di base introdotta corrisponde alla tripletta di uno spazio di probabilità che possiamo denotare con ([0, 1], B[0, 1], m). Come primo passo per formalizzare la sua teoria, Cantelli enuncia le proprietà elementari di questa struttura che 5

6 si deducono direttamente dalle proprietà della misura di Lebesgue. Proprietà 2.1. Preso un insieme E B[0, 1] risulta 0 m(e) 1; Proprietà 2.2. Considerato l intervallo [0, 1] risulta m([0, 1]) = 1; Proprietà 2.3. Presi due insiemi E 1, E 2 B[0, 1] tali che E 1 E 2 risulta che m(e 1 E 2 ) = m(e 1 ) + m(e 2 ); Tali proprietà sono in sintonia con l idea intuitiva di probabilità di un evento. In particolare la 2.1 ci dice che l intervallo [0, 1], avente misura 1, rappresenta l evento certo che ha probabilità 1. La proprietà 2.3 implica, insieme alle proprietà della misura di Lebesgue, che la probabilità sia numerabilmente additiva. Si ricavano inoltre tutte le proprietà elementari della probabilità direttamente dalle proprietà della misura di Lebesgue, quali il principio delle probabilità composte, il teorema di inclusione ed esclusione. 2.1 La rappresentazione degli enti empirici Nelle applicazioni concrete per descrivere un evento aleatorio si utilizzano le variabili casuali delle quali è nota la legge di probabilità tramite la funzione di ripartizione. Il problema di come rappresentare tali variabili casuali nella teoria astratta, occupa un posto centrale nella formulazione della stessa. Dopo aver identificato il concetto di evento con quello di insieme, e quello di probabilità con quello di misura di Lebesgue, l idea di Cantelli fu di rappresentare le variabili casuali mediante funzioni misurabili, nel senso di Borel, definite su [0, 1]. Egli chiamò tali funzioni variabili ponderate, ma oggi possono essere considerate come variabili aleatorie (e quindi le chiameremo in questo modo) in quando la definizione che diede Cantelli coincide con quella che oggi viene data nel caso in cui lo spazio di probabilità sia quello considerato da Cantelli ([0, 1], B[0, 1], m). Abbiamo quindi le seguenti definizioni. Definizione 2.1. Una funzione X : [0, 1] R misurabile secondo Borel, è detta variabile aleatoria. Definizione 2.2. Ad ogni variabile aleatoria X si associa una legge di probabilità P X, definita sui boreliani di R come P X (A) = m{t [0, 1] : X(t) A}, A B(R) correntemente detta distribuzione della variabile aleatoria X, Definizione 2.3. La funzione F X : [0, 1] R definita come F X (x) = m{t [0, 1] : X(t) x}, x R è detta funzione di ripartizione della variabile aleatoria X. 6

7 Si noti che le proprietà usuali della funzione di ripartizione discendono dalle proprietà della misura di Lebesgue. Cantelli definì in modo analogo il concetto di vettore aleatorio e di successione aleatoria (si veda [23] per i dettagli). Per quest ultima definizione Cantelli accennò solo al problema, introducendo però l idea di leggi di probabilità compatibili. La soluzione per l esistenza della distribuzione di probabilità di una successione di variabili aleatorie sappiamo che sfrutta il teorema di estensione di Kolmogorov, che Cantelli non conosceva ancora. Nel contesto della teoria astratta sono quindi riformulati tutti i concetti del calcolo delle probabilità, quali ad esempio quello di eventi indipendenti, che Cantelli chiamò eventi moltiplicabili. Inoltre anche le variabili aleatorie indipendenti trovano una naturale definizione all interno della teoria astratta, così come le operazioni sulle variabili aleatorie. La convergenza delle variabili aleatorie diventa ora una convergenza di funzioni misurabili, e quindi Cantelli riformula la definizione di convergenza in probabilità e di convergenza quasi certa, concetti che nella teoria astratta trovano una giusta collocazione. In modo naturale vengono anche definiti i momenti delle variabili aleatorie, che risultano essere integrali, nel senso di Lebesgue, di funzioni misurabili. I teoremi quali la legge debole e forte dei grandi numeri possono essere riformulati e dimostrati nella teoria astratta. Per i dettagli si veda sempre [23]. Il problema di fondo rimane come rappresentare le variabili casuali, intese come enti empirici di cui è nota la legge empirica di probabilità tramite la funzione di ripartizione, nella teoria astratta, in modo che risultino delle variabili aleatorie, secondo la definizione data da Cantelli, aventi legge di probabilità nel nuovo contesto, coincidente con la legge empirica. Il problema viene affrontato da Cantelli con quello che oggi può essere chiamato teorema di rappresentazione. 3 Il teorema di rappresentazione La rappresentazione degli enti empirici ha successo nella teoria astratta grazie ad una serie di teoremi, che possiamo chiamare, di rappresentazione. In primo luogo Cantelli affronta il problema unidimensionale: partendo da una legge di probabilità nota, si vuole costruire una variabile aleatoria nello spazio ([0, 1], B[0, 1], m) che ammetta come funzione di ripartizione quella associata alla legge nota. Tale caso è trattato nei dettagli dallo stesso Cantelli in [6]. Il problema successivo è quello k-dimensionale, con k finito. Si vuole trovare un vettore aleatorio definito su ([0, 1], B[0, 1], m) che sia in grado di rappresentare un ente empirico avente funzione di ripartizione k dimensionale nota. Infine Cantelli affronta il problema infinito dimensionale, vuole cioè costruire una successione di variabili aleatorie in ([0, 1], B[0, 1], m) aventi come distribuzione quella coincidente con la legge empirica nota. quest ultimo problema è solo accennato da Cantelli, e seppur Ottaviani [26], lo riprenda nella stessa otica del maestro, noi sappiamo oggi che per essere formulato correttamente necessita del teorema di estensione di Kolmogorov. 7

8 Abbiamo quindi il seguente teorema per il caso unidimensionale. Tale teorema fu enunciato da Cantelli [6] e ripreso poi da Ottaviani [26] il quale non trattò nei dettagli tale caso. La dimostrazione dettagliata, ottenuta seguendo le indicazioni date da Cantelli, si trova in [23]. Teorema 3.1. Assegnata una funzione di ripartizione F : R [0, 1], allora esiste in ([0, 1], B[0, 1], m) una variabile aleatoria X : [0, 1] R, misurabile secondo Lebesgue, tale che m{t [0, 1] : X(t) x} = F (x), x R. (1) La dimostrazione si basa sulla costruzione di una successione X (n) di variabili aleatorie in ([0, 1], B[0, 1], m) che assumono solo un numero finito di valori. Per tali variabili aleatorie è soddisfatta la relazione (1). Inoltre tale successione si può costruire in modo che risulti monotona decrescente tranne su un insieme di punti la cui misura di lebesgue tende a zero al crescere di n. Dunque la successione di funzioni X (n) (t), converge puntualmente ad una variabile aleatoria X(t) t [0, 1]. Si mostra infine che X soddisfa la relazione (1). Vale la pena osservare come tale risultato possa essere considerato il precursore del teorema che afferma, nel contesto kolmogoroviano, che data una qualunque funzione di ripartizione F (secondo la definizione oggi in uso) allora esiste su un qualche spazio di probabilità (Ω, F, P) una variabile aleatoria per la quale P(X x) = F (x). Si veda ad esempio Billingsley [2], teorema Nel caso k dimensionale, per k finito, si mostra come, data una qualunque legge di probabilità k dimensionale è possibile pervenire alla costruzione di k variabili aleatorie che ammettono come distribuzione congiunta la legge di probabilità nota. Teorema 3.2. Assegnata una funzione di ripartizione k-dimensionale F : R k [0, 1], allora esiste in ([0, 1], B[0, 1], m) un vettore aleatorio (X 1,..., X k ) : [0, 1] R k, misurabile secondo Lebesgue, tale che m{t [0, 1] : X 1 (t) x 1,..., X k (t) x k } = F (x 1,..., x k ), (x 1,... x k ) R k. (2) La dimostrazione di questo risultato è simile al caso unidimensionale, ma assai più laboriosa dal punto di vista tecnico. I dettagli, ottenuti prendendo spunto dai cenni dati da Cantelli si possono trovare in [23]. Per quanto riguarda il caso infinito dimensionale, il teorema non è affrontato in modo soddisfacente da Cantelli, ma sfruttando il teorema di Kolmogorov (si veda ad esempio [2], cap. 25) che garantisce l esistenza, sotto certe condizioni, di una legge di probabilità definita sui boreliani di R, si riesce a costruire una successione di variabili aleatorie X 1, X 2,... tali che la loro distribuzione coincida con una legge assegnata. Teorema 3.3. Assegnate per ogni k = 1, 2,... le funzioni di ripartizione F k : R k [0, 1], tali che, per ogni k soddisfino la relazione di compatibilità lim F k+1(x 1,....x k, x k+1 ) = F k (x 1,..., x k ), x k+1 + 8

9 allora esiste una successione di variabili aleatorie X 1, X 2,... tali che m{t [0, 1] : X 1 (t) x 1,..., X k (t) x k } = F k (x 1,..., x k ), (x 1,... x k ) R k, k. (3) La dimostrazione del teorema segue direttamente dal caso finito dimensionale e si può trovare anch essa in [23]. A questo punto vogliamo accennare ad un confronto tra la teoria di Kolmogorov e l idea di Cantelli e mostrare quanto profonda fu l intuizione di quest ultimo, che si avvicina, ad un noto teorema di rappresentazione di Skorohod. Senza richiamare l impostazione di Kolmogorov, del resto ben nota, il problema che si pose fu il seguente: data una funzione di ripartizione F : R [0, 1], esiste un opportuno spazio di probabilità ed una variabile casuale X che ammetta come funzione di ripartizione la F assegnata? La risposta è affermativa e il problema viene affrontato da un punto di vista più generale. Data la successione di misure di probabilità {P n } e la misura di probabilità P su uno spazio metrico S separabile e completo, tali che la successione {P n } converga debolmente a P, ci si chiede se sia possibile definire su un opportuno spazio di probabilità (Ω, F, P) degli elementi aleatori X n : Ω S e X : Ω S in modo tale che essi abbiano rispettivamente come distribuzioni {P n } e P e inoltre valga che lim n X n (ω) = X(ω) per ogni ω Ω. La risposta è fornita dai due teoremi seguenti per la cui dimostrazione si rimanda a Billingsley [1]. Teorema 3.4. Sia Ω = [0, 1], F = B[0, 1], P = m. Data una legge di probabilità P su S, esiste un elemento aleatorio X : [0, 1] S tale che la distribuzione di X sia quella di assegnata. Teorema 3.5. Date le leggi di probabilit`a P n, per n = 1, 2,... e P su S tali che la successione {P} converga debolmente a P, esistono degli elementi aleatori X n : [0, 1] S e X; [0, 1] S aventi rispettivamente come distribuzioni {P n } e P e inoltre valga che lim X n(t) = X(t) t [0, 1]. n Il teorema 3.5 è noto come teorema di rappresentazione di Skorohod. Il teorema 3.4 nel caso in cui S sia R, R k o R è analogo, ma non ha lo stesso significato del teorema di rappresentazione di Cantelli. Nella teoria di Kolmogorov si parte da leggi di probabilità astratte e si cerca di rappresentare delle variabili aleatorie che abbiano queste come leggi di probabilità. Nella teoria astratta di Cantelli si parte da un ente empirico e se ne vuole dare una rappresentazione astratta. Si capisce quindi come i due risultati, pur essendo analoghi, partano da premesse completamente diverse e assumono significati differenti nell ambito di ciascuna teoria. Per quanto riguarda il teorema di Skorohod va osservato che nel caso in cui si consideri una successione di distribuzioni in R, esso può essere confrontato con il teorema di rappresentazione di Cantelli nel caso infinito dimensionale. Prescindendo dalla seconda parte del teorema di Skorohod, dove 9

10 si dimostra la convergenza puntuale delle variabili aleatorie, a noi interessa concentrarci sulla parte di rappresentazione. Nel teorema di Skorohod si costruiscono le variabili casuali X n singolarmente, partendo dalla legge nota P n dalla quale si deduce la funzione di ripartizione F n. Cantelli invece suppone nota la distribuzione infinito dimensionale, che è una condizione meno pesante della conoscenza delle distribuzioni marginali. Va inoltre osservato che la tecnica di dimostrazione della prima parte del teorema di Skorohod è del tutto analoga a quella accennata da Cantelli. Cioè si basa sull idea di approssimare ogni variabile X n con una successione di variabili casuali Xn m al crescere di m e si dimostra che le variabili limite ammettono come funzione di ripartizione quella assegnata. Il passaggio che Cantelli non fu in grado di intuire riguarda la parte della convergenza debole, ma la sua intuizione fu senza dubbio profonda. 4 La probabilità condizionata Nella teoria astratta, come abbiamo già accennato, vengono ridefiniti i concetti empirici del calcolo delle probabilità. In particolare il principio delle probabilità composte, che definisce la probabilità condizionata, viene così introdotto nella teoria astratta. Definizione 4.1. Dato lo spazio ([0, 1], B[0, 1], m), sia B B[0, 1] tale che m(b) > 0. Allora ha senso la scrittura m(a B) = detta probabilità condizionata di A dato l evento B. m(a B), A B[0, 1], (4) m(a) Come è ben noto, un problema si pone quando vogliamo definire la probabilità condizionata rispetto ad un evento condizionante con misura nulla. Cantelli intuì il problema e cercò le condizioni sotto cui estendere tale definizione anche in questo caso. L idea di Cantelli, ancora una volta basata su un approccio intuitivo e costruttivo, non è però esposta nei suoi scritti, ma la si può intuire da come egli dimostra un teorema delle probabilità zero e uno [9] e da un accenno che ne fece Ottaviani [26]. Cantelli pensò di estendere la validità del principio delle probabilità composte anche nel caso in cui l insieme condizionante B abbia misura nulla, approssimando B con insiemi aventi misura positiva. Anche se Cantelli non fornì gli strumenti analitici per portare a buon fine questa procedura, che risultò quindi non giustificata, se non sul piano intuitivo, va sottolineato ancora una volta il suo acume e la sua intuizione verrà formalizzata ancora una volta con i moderni strumenti dell analisi e della teoria della misura. In questo contesto affrontiamo il problema da un punto di vista più generale. Sia X uno spazio dotato di una σ-algebra di insiemi B generata dagli aperti di X e sia µ una misura σ-finita definita sugli insiemi di B. Consideriamo gli aggregati R n, n = 1, 2,..., costituiti dall unione numerabile di insiemi misurabili disgiunti detti insiemi di classe n. 10

11 Ogni insieme contenuto in ognuno degli aggregati ha misura positiva e ogni insieme di classe n, A R n, può essere decomposto in un unione numerabile di insiemi misurabili disgiunti appartenenti all aggregato successivo R n+1. Definizione 4.2. La famiglia di insiemi R = è detta rete d insiemi se sono soddisfatte le seguenti condizioni: n=1 1. E B e ε > 0, esiste F = n i=1e i, con E i R in modo tale che sia realizzata la relazione µ(e F ) < ε, dove E F = (E\F ) (F \E); 2. Per ogni Z B tale che µ(z) = 0, e per ogni ε > 0 esiste E R tale che Z E e µ(e) < ε. Definizione 4.3. Sia µ una misura tale che µ(x) = 0 per ogni x X. Una famiglia V di insiemi di B è detta sistema di Vitali se sono soddisfatte le seguenti proprietà: 1. per ogni E B e per ogni ε > 0, esistono A 1, A 2,... V tali che ( ) E A i e µ A i < µ(e) + ε; n=1 2. ogni insieme E V abbia un bordo, cioè un insieme Γ(E) con µ(γ(e)) = 0 che soddisfi le condizioni: R n n=1 a) se x E\(E Γ(E)) allora esiste B B di misura sufficientemente piccola tale che x B e B E\(E Γ(E)); b) se x E Γ(E) allora esiste B B di misura sufficientemente piccola tale che x B ma B (E Γ(E)) = ; 3. Sia E X un insieme ricoperto da un sottosistema di Vitali I V tale che per ogni x E e per ogni ε > 0 esista un insieme A ε (x) B, contenente x e tale che µ(a ε (x)) < ε. Allora E possa essere ricoperto, a meno di un insieme di misura nulla, da un unione numerabile di insiemi disgiunti A j I. Vale il seguente risultato di De Possel (si veda Scylov [27]). Teorema 4.4. Sia X un insieme dotato di una misura µ tale che µ(x) = 0 per ogni x X. Allora una rete R di insiemi di X è anche un sistema di Vitali. 11

12 Possiamo a questo punto introdurre il concetto di derivata rispetto alle famiglie definite sopra. Sia ϕ : B R una funzione completamente additiva definita sugli insiemi della σ-algebra B. Definizione 4.5. Siano x X e R una rete di insiemi di X. Sia A n (x) l unico insieme di classe n contenente x. Si chiama derivata di ϕ nel punto x rispetto alla rete R la quantità ϕ(a n (x)) D R (x) = lim n µ(a n (x)), supposto che tale limite esista. Definizione 4.6. Siano x X e V un sistema di Vitali in X. Sia, per ogni ε > 0, A ε (x) un insieme di V contenente x tale che µ(a ε (x)) < ε. Si chiama derivata di ϕ nel punto x rispetto al sistema di Vitali V la quantità supposto che tale limite esista. D V (x) = lim n ϕ(a ε (x)) µ(a ε (x)), Il teorema che garantisce l esistenza della derivata in questo secondo caso è il seguente risultato di Vitali-Lebesgue, la cui dimostrazione si può trovare in Scylov [27]. Teorema 4.7. Sia X uno spazio metrico dotato della σ-algebra B e della misura µ. Siano V un sistema di Vitali e ϕ : B R una funzione definita sugli insiemi di B, completamente additiva e assolutamente continua rispetto a µ. Allora la derivata di ϕ rispetto a V esiste per ogni x X\E dove µ(e) = 0. Vediamo come questa struttura possa essere utilizzata per definire la probabilità condizionata quando l evento condizionante a misura nulla ed estendere quindi il principio delle probabilità composte a questo caso. Analizziamo per semplicità il caso di due variabili casuali X e Y aventi rispettivamente distribuzione P X e P Y e aventi distribuzione congiunta P. Supponiamo che P X (x) = 0 per ogni x R. questo si verifica ad esempio se la variabile X è continua. Sia quindi x un valore appartenente al supporto di X in R. Sappiamo che la variabile X assume i valori di un intervallo contenente X con una probabilità maggiore di zero. Definiamo la rete di insiemi R tramite gli insiemi del tipo E n = (x h n, x + h n ], dove h n, per n = 1, 2,... è una successione tale che h 1 h 2... e lim n + h n = 0, in modo tale che E n R n per ogni n. Poiché x appartiene al supporto di X, si può supporre che P X (E n ) > 0 per ogni n e quindi lim P X(E n ) = P X (x) = 0. n + 12

13 Sia B un boreliano di R. Possiamo allora considerare, per ogni n la quantità P(B E n ), (5) P X (E n ) che ha senso poiché P X (E n ) > 0 per ogni n. La (5) si interpreta come probabilità condizionata dell insieme B dato l insieme E n. Posto P(B; A) = P(B A), fissato B, la P(B; ) è una misura assolutamente continua su R rispetto a P. Per il teorema 4.4 la rete R `e un sistema di Vitali e dunque per il teorema 4.7 esiste la derivata di P(B; ) rispetto alla rete R nel punto x ed è data da P(B; E n ) lim n + P X (E n ). Denotiamo tale quantià con il simbolo P(B x) e la si interpreta come probabilità condizionata dell evento B dato x. Va osservato che tale quantità coincide con la derivata di Radon-Nikodym. Ricordiamo infatti quanto afferma il teorema di Radon-Nikodym. Teorema 4.8. Sia X uno spazio metrico dotato della σ-algebra B e della misura µ. Sia inoltre ϕ : B R una funzione definita sugli insiemi di B, completamente additiva e assolutamente continua rispetto a µ. Allora esiste g : X : R, misurabile rispetto a µ tale che ϕ(e) = g(x)µ(dx), E B. E La funzione g è detta derivata di Radon-Nicodym di ϕ rispetto a µ ed è unica a meno di insiemi di µ misura nulla. Si può quindi dimostrare che la derivata di ϕ rispetto ad un sistema di Vitali e la derivata di Radon-Nicodym coincidono. Vale infatti il seguente teorema (si veda [27] per la dimostrazione. Teorema 4.9. Sia X uno spazio metrico dotato della σ-algebra B e della misura µ. Sia inoltre ϕ : B R una funzione definita sugli insiemi di B, completamente additiva e assolutamente continua rispetto a µ. Allora la derivata di ϕ rispetto ad un sistema di Vitali e la derivata di Radon-Nicodym coincidono. Rimandiamo i commenti su ques ultimo risultato alla prossima sezione. 5 Conclusione e commenti A conclusione di questa presentazione della teoria astratta si impone in modo naturale un confronto con la teoria di Kolmogorov. Abbiamo già discusso l importanza del teorema di rappresentazione. Vogliamo quindi concentrarci sull approccio tentato da Cantelli per 13

14 giungere ad una definizione della probabilità condizionata quando l evento condizionante ha misura nulla e mostrare come tale approccio sia diverso da quello adottato da Kolmogorov. Infatti quest ultimo utilizza direttamente il teorema di Radon-Nikodym definendo la probabilità condizionata P(B x) uguale alla derivata g(x) la cui esistenza è garantita direttamente dal teorema 4.8. Va però sottolineato come la definizione data da Cantelli sia molto più intuitiva di quella di Kolmogorov, anche se, come dobbiamo aspettarci, i due risultati ottenuti coincidono, grazie a quanto affermato dal teorema 4.9. Possiamo quindi concludere dopo queste osservazioni, che la teoria astratta di Cantelli e Kolmogorov, differiscano soprattutto per quanto riguarda l applicazione della teoria alla conoscenza basata sui dati sperimentali. Cantelli volle sempre tenere presente quest ultimo aspetto e gli vennero a mancarono solo gli strumenti tecnici per portare a termine formalmente la sua idea. Ringraziamenti Tale nota è frutto di una riconsiderazione, a distanza di otto anni, del lavoro che feci nella tesi per ottenere la laurea in matematica. Desidero quindi ringraziare Eugenio Regazzini che fu relatore della tesi e che mi ha permesso di conoscere le problematiche esposte e mi ha guidato nella stesura di quello che fu il mio primo lavoro di ricerca. Riferimenti bibliografici [1] Billingsley, P., (1971), Weak convergence of measure: applications in probability, CBMS- NSF Regional Conference Series in Appl. Math., SIAM, Philadelphia. [2] Billingsley, P., (1986), Probability and Measure, Second Edition, Wiley, New York. [3] Cantelli, F.P., (1916), Sulla legge dei grandi numeri, Memorie Acc. Lincei S.V., 11, [4] Cantelli, F.P., (1916), La tendenza a un limite nel senso del calcolo delle probabilità, Rend. Circolo Matematico di Palermo, 41, [5] Cantelli, F.P., (1917), Sulla probabilità come limite della frequenza, Rend. Accad. Lincei, 26, I, [6] Cantelli, F.P., (1932), Una teoria astratta del calcolo delle probabilità, Giornale dell Istituto Italiano degli Attuari, 3, [7] Cantelli, F.P., (1933), Considerazioni sulla legge uniforme dei grandi numeri e sulla generalizzazione di un fondamentale teorema del Sig. Paul Lévy, G.I.I.A., 4, [8] Cantelli, F.P., (1933), Sulla determinazione empirica delle leggi di probabilità, G.I.I.A., 6,

15 [9] Cantelli, F.P., (1939), Su una teoria astratta del calcolo delle probabilità e sulla sua applicazione al teorema detto delle probabilità zero e uno, G.I.I.A., 10, 1 9. [10] Cantelli, F.P., (1940), Osservazioni sulla nota Su una teoria astratta del calcolo delle probabilità e sulla sua applicazione al teorema detto delle probabilità zero e uno, G.I.I.A., 11, [11] Castelnuovo, G., (1925), Calcolo delle Probabilità, II ed., Zanichelli, Bologna. [12] Cramer, H., (1976), Half a century with probability theory: some personal recollections, Ann. Prob., 4, [13] de Finetti, B., (1931), Sul significato soggettivo della probabilità, Fundamenta Mathematicae, 17, [14] de Finetti, B., (1949), Sull impostazione assiomatica del calcolo delle probabilità, Annali Triestini, 19, II, 29 81, 20, II, 3 20, (Due articoli). [15] de Finetti, B., (1970), Teoria delle Probabilità, Einaudi, Torino. [16] de Finetti, B., (1972), Probability, Induction and Statistics, Wiley, New York. [17] Fréchet, M., (1937), Généralités sur les Probabilitès et Variables alèatories, Gauthier Villars, Paris. [18] Glivenko, V., (1933), Sulla determinazione empirica delle leggi di probabilità, G.I.I.A., 4, [19] Kolmogorov, A.N., (1933), Grundbegriffe der Wahrscheinlichkeitsrechnung, Ergebnisse der Mathematik, Vol. 2, 3, Springer, Berlin. Trad. Inglese: Foundations of the Theory of Probability, Chelsea, New York, (1956). [20] Lévy, P., (1925), Calcul des probabilités, Gauthier Villar, Paris. [21] Lévy, P., (1931), Sulla legge forte dei grandi numeri, G.I.I.A., 2, [22] Lévy, P., (1937), Théorie de l addition des variables aleatories, Gauthier Villar, Paris. [23] Negri, I., (1993) Osservazioni sulla Teoria astratta del calcolo delle probabilità di F.P. Cantelli, Tesi di Laurea, Università di Milano, Corso di Laurea in Matematica. [24] Regazzini, E. (1987) Probability theory in Italy between the two world wars. A brief historical review, Metron, [25] Regazzini, E. (1991) Storia della probabilità nella prima metà del XX secolo, Quaderni IAMI, [26] Ottaviani, G., (1939), Sulla teoria astratta del calcolo delle probabilità proposta dal Cantelli, G.I.I.A., 10,

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