Lancet Oct 24;374(9699): Commento a cura di Orazio Caffo Oncologia Medica Ospedale Santa Chiara Trento orazio.caffo@apss.tn.
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1 Tudor Ciuleanu, Thomas Brodowicz, Christoph Zielinski, Joo Hang Kim, Maciej Krzakowski, Eckart Laack, Yi-Long Wu, Isabel Bover, Stephen Begbie,Valentina Tzekova, Branka Cucevic, Jose Rodrigues Pereira, Sung Hyun Yang, Jayaprakash Madhavan, Katherine P Sugarman, Patrick Peterson,William J John, Kurt Krejcy, Chandra P Belani Maintenance pemetrexed plus best supportive care versus placebo plus best supportive care for non-small-cell lung cancer: a randomised, double-blind, phase 3 study Lancet Oct 24;374(9699): Commento a cura di Orazio Caffo Oncologia Medica Ospedale Santa Chiara Trento orazio.caffo@apss.tn.it Introduzione La chemioterapia a base di cisplatino rappresenta il trattamento standard dei tumori polmonari non a piccole cellule in fase metastatica: se nella storica meta-analisi pubblicata dal Trialist Group nel 1995 questo trattamento aveva dimostrato un trend favorevole rispetto alla migliore terapia di supporto [1], una serie di successive meta-analisi ha chiarito alcuni aspetti del trattamento: in particolare 1) la superiorità delle doppiette a base di platino rispetto al singolo farmaco [2] 2) la mancanza di beneficio dall aggiunta di un terzo farmaco alle doppiette a base di platino [2] 3) la superiorità dei regimi contenenti un derivato del platino rispetto a quelli senza platino [3] 4) la superiorità dei regimi a base di cisplatino rispetto a quelli con carboplatino [4] 5) alcuni farmaci di terza generazione possono dare un vantaggio rispetto ad altri [5] Inoltre, tutta una serie di studi di fase III hanno messo in evidenza il vantaggio in termini di sopravvivenza delle doppiette con farmaci di terza generazione associati al platino rispetto alle doppiette con farmaci di seconda generazione. In questo modo abbiamo anche assistito ad un graduale incremento della sopravvivenza mediana: si è passati dai 5 mesi di sopravvivenza mediana associata alla migliore terapia di supporto ai 10 mesi con le doppiette di ultima generazione, per arrivare ai 12 mesi del recente trial registrativo del bevacizumab [6]. Se quindi è ormai chiaro che la terapia ottimale per pazienti di età inferiore ai 70 anni e in buone condizioni è una doppietta data dalla combinazione di cisplatino e un farmaco di nuova generazione, rimane aperta la problematica della durata del trattamento, a sua volta strettamente correlata alla tossicità del cisplatino. A differenza di altre patologie in cui il profilo di tossicità dei farmaci di riferimento spesso consente di trattare i pazienti metastatici per un periodo più o meno lungo e comunque fino a progressione, nel caso dei pazienti con neoplasia polmonare trattati con una doppietta base di cisplatino il rischio della tossicità cumulativa dose-dipendente è estremamente elevato tanto che le linee-guida ASCO danno l indicazione di non superare il limite dei 6 cicli e di attendere la progressione di malattia prima di valutare l opportunità di una seconda linea [7]. In quest ottica erano stati condotti degli studi che avevano valutato la possibilità di ridurre l esposizione al cisplatino mantenendo un adeguato controllo di malattia [8,9]. Una recente meta-analisi ha confermato che prolungare oltre i 3-4 cicli il trattamento di prima linea può incidere sull intervallo libero da progressione ma non sulla sopravvivenza globale [10]. 1
2 Per affrontare il problema di dover interrompere la terapia anche a pazienti responsivi al trattamento per evitare una tossicità dose-cumulativa, una possibile strategia è quella di attuare una terapia di mantenimento e/o consolidamento dopo la sospensione della terapia con cisplatino. Lo studio Lo studio di Ciuleanu è uno studio randomizzato, di fase III, di confronto fra una terapia di mantenimento con pemetrexed rispetto al placebo in pazienti non in progressione dopo 4 cicli di una doppietta a base di platino. Le doppiette utilizzabili nel trattamento iniziale erano costituite da un farmaco di ultima generazione (paclitaxel, gemcitabina, o docetaxel) in combinazione con cisplatino o carboplatino. In sostanza, erano possibili le combinazioni terapeutiche più utilizzate nella pratica clinica per il trattamento di prima linea. In nessun caso era stato utilizzato pemetrexed in prima linea. Il principale criterio di inclusione era la suddetta condizione di non-progressione dopo terapia di prima linea, vale a dire erano includibili pazienti in remissione completa o parziale, o con malattia stabile. Lo studio, realizzato in 83 centri di 20 paesi diversi, prevedeva che i pazienti eligibili venissero randomizzati a ricevere pemtrexed secondo lo schema classico (500 mg/mq iv ogni 3 settimane con premedicazione steroidea e supplementazione vitaminica) oppure placebo (iv ogni 3 settimane con aggiunta di placebo orale e im per mascherare la supplementazione vitaminica dell altro braccio); il rapporto di randomizzazione era di 2 : 1 a favore del braccio con trattamento attivo, essendo stata a priori ipotizzata una superiorità del braccio con pemetrexed. Era previsto un bilanciamento per stadio (IIIB vs IV), PS (0 vs 1), sesso, risposta al trattamento di prima linea (RP o RC vs MS), secondo farmaco (GEM vs DOC vs TAX), presenza o meno di meta cerebrali. Non era previsto il bilanciamento per il tipo di platino (carboplatino o cisplatino). Era consentita una sola riduzione di dose: nel caso ne fosse necessaria una seconda era prevista l uscita dallo studio. Era prevista la prosecuzione del trattamento fino a progressione. L obiettivo primario era la progression free survival (PFS) valutata con criteri RECIST; obiettivi secondari erano: la sopravvivenza globale (OS), il tasso di risposte obiettive (RR), il profilo di tollerabilità, e il controllo dei sintomi. In termini statistici, era stata pianificata l inclusione di 660 pazienti, numero che consentiva un errore dello 0.05 ed una potenza dell 85% per la DFS; lo stesso campione consentiva una potenza dell 80% anche per la OS. Lo studio, iniziato nel marzo 2005, è stato chiuso nel luglio 2007 dopo l arruolamento di 663 pazienti (ne erano stati valutati 745): 441 erano assegnati al braccio con pemetrexed (7 esclusi per mancato rispetto dei criteri di inclusione) e 222 al braccio placebo. I principali risultati dello studio sono stati i seguenti (vedi anche tabella 1 e figure 1 e 2): PFS il braccio con pemetrexed aveva una PFS doppia rispetto al braccio con placebo (4 mesi vs 2 mesi, p < 0,0001, con HR 0,50); il vantaggio era ancora più rilevante nei pazienti con istotipo non squamoso OS il braccio con pemetrexed aveva una OS di quasi 3 mesi più lunga rispetto al braccio con placebo (13,4 mesi vs 10,6 mesi, p = 0,0012, con HR 0,79); il vantaggio era ancora più rilevante nei pazienti con istotipo non squamoso con una OS di quasi 16 mesi RR nel braccio con pemetrexed si è registrato un tasso di risposte obiettive del 3,4% rispetto allo 0,5% dell altro braccio; se poi consideriamo anche i pazienti con malattia stabile nel braccio di trattamento attivo il tasso di controllo di malattia è stato del 52% rispetto al 33% dell altro braccio (p < 0,0001); il vantaggio era più chiaro nei pazienti con adenocarcinoma Gli autori hanno anche fatto rilevare che il vantaggio era evidente anche considerando solo il periodo del mantenimento con 7,7 mesi di PFS nel braccio con pemetrexed rispetto a 5,9 mesi dell altro braccio. 2
3 Tabella 1: Efficacia in base alla Istologia Nel lavoro pubblicato su Lancet, gli autori non hanno riportato l entità della riduzione del rischio di morte in base ad alcuni parametri quali età o risposta al trattamento iniziale: questi dati erano stati però mostrati durante la presentazione all ASCO 2009 e sono riportati nella tabella 2. Tabella 2: Riduzione del rischio di morte per fattori clinici tutti i pazienti istotipo età sesso razza istotipo non squamoso HR (a favore di pemetrexed) HR (a favore di pemetrexed) non-squamosi * adenocarcinoma 0.73* 0.73* a grandi cellule altre istologie 0.61* 0.61* squamoso < * 0.65* femmine maschi 0.78* 0.61* caucasici 0.77* 0.68* asiatici altre etnie 0.46* 0.39* fumo fumatori * non fumatori 0.64* 0.66 PS * 0.57* platino iniziale cisplatino carboplatino 0.70* 0.62* risposta alla RC/RP terapia iniziale SD 0.68* 0.61* stadio IIIB * IV 0.80* 0.75* * a favore di pemetrexed con limite superiore inferiore all unità 3
4 Tra tutte le valutazioni va sottolineato il vantaggio per pazienti di età < 65 anni, con buon performance status, che hanno ricevuto carboplatino, e, soprattutto, pazienti con malattia stabile. Per ovvi motivi, il braccio con pemetrexed ha fatto registrare una tossicità ematologica e non ematologica più marcata rispetto al braccio con placebo, ma la percentuale delle tossicità di grado maggiore è rimasta sempre sotto al 5%. Una percentuale più bassa di pazienti nel braccio con pemetrexed ha ricevuto un trattamento dopo la progressione (51%) rispetto al braccio di controllo (67%), in cui circa il 18% dei pazienti ha ricevuto in seconda linea pemetrexed. Figura 1: Progression Free Survival (PFS) (secondo un board indipendente) in B e Overall Survival (OS) in C. 4
5 Figura 2: Patologia Non Squamosa:PFS (secondo gli Investigatori in A) e OS in B. Il commento Una prima osservazione sullo studio di Ciuleanu e colleghi riguarda la terminologia usata per definire la strategia terapeutica. Fin dal primo report sui risultati in termini di progression free survival presentato lo scorso anno all ASCO, si è aperto un ampio dibattito nella comunità scientifica sul termine di mantenimento usato dagli sperimentatori per indicare l uso di pemetrexed dopo una prima linea con doppietta a base di platino non contenente pemetrexed. Da sempre nel trattamento dei tumori solidi, vicariando la terminologia dal mondo ematologico, si parla di mantenimento nel momento in cui si continua a somministrare uno dei farmaci (il meno tossico) usati nella prima fase del trattamento e che ha determinato il controllo di malattia: la terminologia fa quindi riferimento all obiettivo di mantenere la risposta. Quando, dopo un trattamento iniziale, i pazienti con malattia stabile o in risposta vengono trattati, come in questo caso, con un farmaco che non era stato usato prima, si dovrebbe parlare di consolidamento: in questo caso si intende consolidare il controllo di malattia già ottenuto. Come vedremo, oggi come oggi, questa precisazione non riveste solo un carattere semantico. Diversi studi hanno verificato se è possibile ritardare la progressione con una terapia di mantenimento o di consolidamento dopo una prima linea che aveva stabilizzato o fatto regredire la malattia. 5
6 Gli studi che hanno testato una chemioterapia di (vero) mantenimento hanno dato risultati per lo più deludenti. In uno studio di fase III i pazienti ricevevano dapprima una combinazione di carboplatino e paclitaxel secondo tre diversi schemi, quindi, in assenza di progressione, venivano randomizzati a paclitaxel settimanale o osservazione: in realtà questo studio era stato dimensionato per definire delle differenze tra i diversi schemi iniziali ed il numero di pazienti entrati nella seconda fase era troppo limitato (65 pazienti per braccio) per trarre delle conclusioni definitive [11]. Nello studio di fase III di Brodowicz i pazienti dopo 4 cicli di cisplatino e gemcitabina venivano randomizzati a ricevere gemcitabina o terapia di supporto: il mantenimento ha prodotto un vantaggio di circa un mese e mezzo in termini di tempo a progressione (TTP) con differenza statisticamente significativa e di due mesi in termini di OS (stavolta senza significatività statistica) [12]. Più recentemente, negli studi registrativi per bevacizumab e cetuximab è stata applicata nel carcinoma polmonare non a piccole cellule la stessa strategia di mantenimento che si è dimostrata vincente in altri tipi di neoplasia come il tumore della mammella o il tumore del colon-retto: è stata pianificata la prosecuzione della terapia con il farmaco biologico dopo l interruzione della chemioterapia fino a progressione [13,6,14]. In realtà, questi studi hanno dimostrato la fattibilità ed la tollerabilità del mantenimento ma non ne hanno dimostrato l utilità in mancanza di un braccio di controllo senza mantenimento con il farmaco target. Se consideriamo la strategia del consolidamento, in un primo studio la prosecuzione del trattamento con vinorelbina non ha dimostrato alcun vantaggio [15]. Uno studio più promettente è stato, invece, quello di Fidias che in assenza di progressione in pazienti trattati con carboplatino e gemcitabina aveva dimostrato che un trattamento immediato con docetaxel a 75 mg/mq ogni 3 settimane fino a progressione determinava un vantaggio statisticamente significativo in termini di PFS (5,7 mesi vs 2,7 mesi; p < 0,0001) ma non in termini di OS (12,3 mesi vs 9,7 mesi; p = 0,08): probabilmente una numerosità più alta dei pazienti in studio avrebbe consentito di raggiungere una significatività statistica anche in termini di OS. È da notare che il non ottimale profilo di tollerabilità della terapia di consolidamento (con quasi il 30% di neutropenia di grado 3-4) non ha favorito l applicabilità di questa strategia nella pratica clinica. Sempre quest anno sono stati resi disponibili i risultati di un altro studio di consolidamento stavolta con erlotinib. Il disegno dello studio SATURN prevedeva la randomizzazione ad erlotinib o placebo fino a progressione per pazienti non progrediti dopo 4 cicli con una doppietta a base di platino [16]. Se si osserva il risultato in termini assoluti il vantaggio del mantenimento con Erlotinib sembrerebbe irrisorio essendo la differenza di PFS mediana fra i due bracci di appena 1 settimana: in realtà il mantenimento ha portato ad una riduzione del rischio di progressione del 29% (p < ). In questo studio era prevista una valutazione dell espressione di EGFR con metodo immunoistochimico ma non quella delle mutazioni. Il profilo di tossicità era quello atteso con Erlotinib con una tossicità cutanea e diarrea di grado 3-4 presenti nel 9% e nel 2% dei pazienti rispettivamente. L aggiunta di Erlotinib si è dimostrata vantaggiosa anche nello studio ATLAS [17]. In questo caso i pazienti che avevano ricevuto una doppietta a base di platino + bevacizumab e che non presentavano una progressione di malattia erano randomizzati a proseguire con bevacizumab + placebo oppure con bevacizumab + erlotinib. Ancora una volta il mantenimento con l aggiunta di Erlotinib ha comportato una riduzione del rischio di progressione del 28% con una mediana di PFS di 3,75 mesi nel braccio con solo bevacizumab rispetto ai 4,76 mesi del braccio con i due biologici. Alla luce di questi dati, viene certamente rivalutato il ruolo degli inibitori della tirosin-chinasi come trattamento di mantenimento dopo i risultati dello studio SWOG S0023 in cui il mantenimento con gefitinib dopo trattamento chemioradioterapico per malattia localmente avanzata era risultato addirittura peggiore in termini di sopravvivenza rispetto a placebo [18]. 6
7 Se si osservano i risultati dello studio di Ciuleanu essi possono essere certamente paragonabili (se non superiori) in termini di entità del beneficio a quelli osservati con erlotinib. Cercando di trarre delle indicazioni per la pratica clinica, si potrebbe affermare che lo studio di Ciuleanu rappresenta una chiara conferma che una strategia di consolidamento potrebbe essere vantaggiosa sia in termini di PFS che di OS: avrebbe un senso, in prospettiva futura (visto che in questo momento non è prevista la rimborsabilità come trattamento di consolidamento), che pazienti con malattia stabile o in risposta dopo chemioterapia di prima linea ricevano un consolidamento con erlotinib o con pemetrexed. A questo punto, in un ipotetico scenario in cui sia pemetrexed che erlotinib potessero essere rimborsati come terapia di consolidamento, rimangono aperte tre problematiche di rilievo 1) a quali pazienti dovrebbe essere proposto il mantenimento? 2) quale farmaco scegliere per il mantenimento? 3) nel caso del pemetrexed è possibile traslare i risultati ottenuti con una strategia di consolidamento in una strategia di reale mantenimento? Queste problematiche in realtà sono strettamente collegate tra di loro e dovrebbero essere affrontate organicamente. Non esiste al momento attuale (e probabilmente non lo avremo mai) un confronto diretto tra erlotinib e pemetrexed come terapia di consolidamento. L entità dell effetto è importante per entrambi i farmaci (HR = 0,60 per pemetrexed e HR = 0,71 per erlotinib). Di conseguenza l eventuale preferenza tra l uno e l altro dovrebbe essere guidata da criteri biologici (espressione o meno di mutazione per EGFR) e clinici (effetti collaterali della terapia di prima linea, preferenze del paziente); in ogni caso una strategia di consolidamento con pemetrexed non può che essere usata in pazienti con istologia non-squamosa e la probabilità di trovare delle mutazioni di EGFR è certamente maggiore in pazienti di sesso femminile, con adenocarcinoma e che non hanno mai fumato (o ex-fumatori da lungo tempo). Quindi, a ben vedere, una strategia di consolidamento avrebbe applicabilità molto limitata nel caso di istotipo squamoso. In questo modo abbiamo definito il primo degli elementi che possano identificare il/la paziente per cui sarebbe proponibile una strategia di consolidamento. Un altro elemento va ricercato nella tolleranza alla terapia di prima linea: un paziente provato fisicamente e psicologicamente da 4-6 cicli di una terapia a base di platino avrebbe certamente una compliance non ottimale al consolidamento che per quanto possa avere un buon profilo di tollerabilità può comportare degli effetti collaterali rilevanti in una percentuale non trascurabile di pazienti. In questo senso, una domanda che non ha ancora ottenuto una risposta è se il consolidamento immediato porti dei vantaggi rispetto a quello ritardato (a progressione) Il terzo elemento (forse il più critico) è rappresentato dalla risposta ottenuta con la prima linea: si potrebbe essere portati a rischiare la tossicità di un consolidamento in quei pazienti che ipotizziamo possano trarre un ulteriore vantaggio oltre quello già ottenuto, vale a dire i pazienti responders. Ma se osserviamo i dati dello studio di Ciuleanu, il beneficio maggiore sembra sia stato osservato nei pazienti che avevano ottenuto una stabilizzazione di malattia dal trattamento di prima linea. Quindi, sulla base della evidenza clinica, un consolidamento dovrebbe essere proposto proprio a questi pazienti. Si tratterebbe di anticipare la eventuale seconda linea con un farmaco in grado di indurre una risposta che la terapia di prima linea non è stata in grado di ottenere. Se, tuttavia, questo ragionamento potrebbe essere applicato senza problemi ad erlotinib, nel caso di pemetrexed esso viene a cozzare con una strategia terapeutica che al momento della pianificazione dello studio di Ciuleanu non poteva essere considerata: vale a dire la possibilità di utilizzare pemetrexed in prima linea in associazione ad un platino nei pazienti con istotipo non squamoso. Lo studio di Scagliotti ha evidenziato un vantaggio in termini di PFS e di OS a favore del trattamento con cisplatino + pemetrexed rispetto al trattamento con cisplatino + gemcitabina (che fino allo scorso anno rappresentava la terapia di prima linea standard, almeno nell ambito europeo) limitatamente ai pazienti con istologia non squamosa [19]. Se, quindi, trattiamo in prima linea un 7
8 paziente con istotipo non-squamoso con una doppietta con pemetrexed (e questo potrebbe diventare lo standard della prima linea in base all istotipo) avrebbe un senso proporre la prosecuzione del trattamento con pemetrexed? In questo caso la strategia sarebbe quella di un vero mantenimento e non più quella di un consolidamento che, sulla base dei dati di letteratura, è la strategia risultata vincente. Visto che allo stato attuale non esiste alcuna evidenza che possa supportare questa scelta, dovremo attendere i risultati dello studio Paramount (H3E-EW-S124 - NCT ) che confronta il mantenimento con pemetrexed rispetto a placebo in pazienti non in progressione dopo 4 cicli una doppietta platino-pemetrexed. Se da questo studio, che dovrebbe concludere l arruolamento nel giro di pochi mesi, dovessero venire risultati sovrapponibili a quelli già ottenuti da Ciuleanu la monochemioterapia con pemetrexed usata sequenzialmente dopo la prima linea potrebbe essere tradotta nella pratica clinica senza ostacoli di sorta. Nell attesa di tali risultati, il mantenimento con pemetrexed dopo doppietta platino-pemetrexed dovrebbe essere riservato a casi estremamente selezionati in cui a fronte di una risposta obiettiva che migliora con l aumentare del numero di cicli somministrati, si vorrebbe proseguire con la doppietta a base di cisplatino ben oltre i 6 cicli: in questo caso, per evitare il rischio di una tossicità rilevante, si potrebbe proseguire con solo pemetrexed. Conclusioni Lo studio di Ciuleanu rappresenta certamente una significativa evoluzione nella percezione del clinico riguardo alla terapia di consolidamento dopo prima linea: il pemetrexed è il primo chemioterapico ad aver dimostrato un miglioramento della sopravvivenza nell ambito di questa strategia. L entità del vantaggio è paragonabile a quello dello studio SATURN confermando la correttezza della strategia. La trasferibilità dei risultati dello studio nella pratica clinica (a parte le problematiche di tipo normativo) potrebbe essere limitata dalla sempre maggiore utilizzazione del pemetrexed nell ambito della prima linea. Una volta cambiato lo scenario normativo, nell attesa dei risultati dello studio Paramount che analizza un mantenimento vero con pemetrexed, l uso del farmaco andrebbe riservato ai casi con istotipo non-squamoso non progrediti dopo terapia senza pemetrexed. Un uso diverso, in casi molto selezionati, andrebbe valutato in una reale ottica di costo/beneficio e discussa accuratamente col paziente. Bibliografia 1. Chemotherapy in non-small cell lung cancer: a meta-analysis using updated data on individual patients from 52 randomised clinical trials. Non-small Cell Lung Cancer Collaborative Group. BMJ 1995; 311: Delbaldo C, Michiels S, Syz N, Soria JC, Le CT, Pignon JP. Benefits of adding a drug to a single-agent or a 2- agent chemotherapy regimen in advanced non-small-cell lung cancer: a meta-analysis. JAMA 2004; 292: D'Addario G, Pintilie M, Leighl NB, Feld R, Cerny T, Shepherd FA. Platinum-based versus non-platinum-based chemotherapy in advanced non-small-cell lung cancer: a meta-analysis of the published literature. J Clin Oncol 2005; 23: Ardizzoni A, Boni L, Tiseo M, Fossella FV, Schiller JH, Paesmans M, Radosavljevic D, Paccagnella A, Zatloukal P, Mazzanti P, Bisset D, Rosell R. Cisplatin- versus carboplatin-based chemotherapy in first-line treatment of advanced non-small-cell lung cancer: an individual patient data meta-analysis. J Natl Cancer Inst 2007; 99: Grossi F, Aita M, Defferrari C, Rosetti F, Brianti A, Fasola G, Vinante O, Pronzato P, Pappagallo G. Impact of third-generation drugs on the activity of first-line chemotherapy in advanced non-small cell lung cancer: a metaanalytical approach. Oncologist 2009; 14: Sandler A, Gray R, Perry MC, Brahmer J, Schiller JH, Dowlati A, Lilenbaum R, Johnson DH. Paclitaxelcarboplatin alone or with bevacizumab for non-small-cell lung cancer. N Engl J Med 2006; 355:
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