TEORIE ECONOMICHE, SISTEMI ASSIOMATICI FORMALI, MODELLI: UNA NOTA ESPLICATIVA

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1 TEORIE ECONOMICHE, SISTEMI ASSIOMATICI FORMALI, MODELLI: UNA NOTA ESPLICATIVA Alberto Giacomin Dipartimento di Scienze Economiche Università Ca Foscari di Venezia 1. Introduzione La teoria economica moderna fa un uso sempre più frequente di modelli matematici. Un modello, nel significato che a questo termine attribuisce la logica, non è altro che una interpretazione dei termini primitivi di un sistema assiomatico formale, tale che gli assiomi del sistema risultino veri. I concetti di modello e sistema assiomatico formale sono legati tra loro. Non ha senso parlare di modello se non in relazione ad un sistema assiomatico formale. Tuttavia, quando negli articoli scientifici e nei testi universitari di economia viene utilizzato un modello, quasi mai viene presentato il sistema assiomatico formale che esso è chiamato ad interpretare. Di solito, per formalizzare le loro teorie, gli economisti ricorrono a sistemi di equazioni, ma raramente essi spiegano perché e, in particolare, che cosa hanno a che fare i sistemi di equazioni con i modelli. Questo modo di procedere è diventato col tempo una prassi consolidata e ha generato la convinzione che la matematica sia indispensabile per la teoria economica ovvero che una teoria economica degna di questo nome non possa prescindere da una formulazione matematica. La giustificazione, spesso implicita, è che la rinuncia al linguaggio matematico renderebbe la teoria economica irrimediabilmente imprecisa e inaffidabile, in una parola priva dei requisiti della scientificità. Nel frattempo la questione relativa all impiego dei sistemi di equazioni per formalizzare le teorie economiche e al rapporto che esiste tra sistemi di equazioni e modelli continua a rimanere senza risposta. Il risultato è che tutti o quasi tutti parlano di modelli senza sapere esattamente di che cosa si tratta e a che cosa servano e finiscono per usare il termine come sinonimo di teoria enunciata in modo rigoroso (e quindi scientifico) o addirittura di teoria tout court. Per rimediare a questo stato di cose è opportuno riportare la discussione al punto di partenza e cercare di mettere in chiaro i rapporti che sussistono tra le teorie (a cui affidiamo il compito di spiegare i fatti economici e che costituiscono il vero obiettivo degli economisti), i sistemi assiomatici formali (che traducono le teorie in un linguaggio formale) e i modelli (che hanno il compito di stabilire la coerenza delle teorie). Il percorso che seguiremo ci condurrà entro i domini dell epistemologia e della logica (sintassi e semantica) e ci consentirà di distinguere in modo chiaro tre fasi fondamentali della ricerca economica: l enunciazione delle teorie, la formalizzazione delle stesse e il controllo della loro coerenza. 1 Nelle Sezioni seguenti verranno sviluppati i punti sopra richiamati. Inizieremo presentando la definizione, corredata da un semplice esempio, di spiegazione causale e di teoria; successivamente verrà introdotta la nozione di sistema assiomatico formale e quella, collegata, di modello di un sistema assiomatico formale. Verrà esaminato, infine, il particolare sistema assiomatico formale (sistema di equazioni) mediante il quale viene usualmente sottoposta a controllo la coerenza delle teorie economiche e verrà chiarito il significato della esistenza di soluzioni di un sistema di equazioni. A questo scopo verranno richiamate le nozioni di proposizione aperta, coppia o n-pla ordinata, prodotto cartesiano, relazione e funzione. 1 La fase conclusiva, costituita dal controllo empirico, non sarà considerata in questo lavoro. 1

2 Nell ambito di questo discorso assume particolare rilevanza la relazione logica di incompatibilità o contrarietà, in quanto si può dimostrare come l esistenza di soluzioni del sistema di equazioni, in cui è stata tradotta una teoria economica, equivalga alla compatibilità o non contrarietà delle proposizioni che compongono quella teoria Spiegazioni, concetti, teorie 2.1. Come si è detto, le teorie costituiscono l obiettivo del lavoro degli economisti. Ma in che cosa consiste precisamente una teoria? Poiché l economia viene ritenuta generalmente una disciplina scientifica, sarà utile prendere in considerazione alcune riflessioni sviluppate dai filosofi della scienza. La scienza si propone come la forma più elevata e affidabile di conoscenza e poiché nell affrontare e risolvere i problemi della nostra vita, sia a livello individuale che sociale, abbiamo bisogno di informazioni attendibili siamo naturalmente portati a credere agli scienziati, e quindi agli economisti. Ma in che modo la scienza ci aiuta a risolvere i nostri problemi e quali informazioni, concretamente, è in grado di fornirci? Se, come afferma Popper, lo scopo della scienza è quello di trovare spiegazioni soddisfacenti di tutto ciò che ci colpisce come bisognoso di spiegazione, 3 allora sembra utile prendere le mosse dalla definizione di spiegazione causale. Essa ci permetterà di mettere a fuoco l obiettivo a cui mira il lavoro dello scienziato, distinguendolo da quello dello storico. Scrive Popper in Logica della scoperta scientifica: «possiamo dire di aver dato una spiegazione causale della rottura di un certo pezzo di filo se abbiamo trovato che il filo ha una resistenza alla trazione di ½ kg, ed è stato caricato con un peso di 1 kg. Se analizziamo questa spiegazione causale, troveremo che consta di diverse parti costituenti. Da una parte abbiamo l ipotesi: Un filo si rompe tutte le volte che viene caricato con un peso che supera il peso che definisce la resistenza alla trazione di quel filo, e questa è un asserzione che ha il carattere di una legge universale di natura. Dall altra parte abbiamo certe asserzioni singolari (...) che sono vere soltanto per l evento specifico in questione: Il carico di rottura di questo filo è ½ kg, e: Il peso con cui è stato caricato questo filo è 1 kg (...). [Dalla legge universale], insieme con le condizioni iniziali, deduciamo l asserzione singolare: Questo filo si romperà. Diciamo che quest asserzione è una predizione specifica, o singolare. Le condizioni iniziali descrivono quella che di solito si chiama la causa dell evento in questione (...). E la predizione descrive quello che di solito viene chiamato l effetto». 4 In nota Popper precisa che l uso che egli fa del termine predizione comprende asserzioni intorno al passato ( retrodizioni ) nonché asserzioni date che desideriamo spiegare ( explicanda ). 5 Questa precisazione è particolarmente utile in quanto qualifica la spiegazione causale come uno strumento di ricerca flessibile, di cui possono avvalersi non soltanto gli scienziati che vanno alla ricerca di ipotesi o teorie con cui spiegare i fatti, ma anche gli storici i quali indagano le cause di determinati eventi. L obiettivo degli scienziati, infatti, è costituito dalla scoperta di leggi di natura ossia di asserzioni universali, mentre quello degli storici è rappresentato dalla individuazione di condizioni iniziali e cioè di asserzioni singolari. E importante, perciò, chiarire la differenza tra questi due tipi di proposizioni Secondo Popper, le asserzioni genuinamente universali sono quelle che egli chiama «strettamente universali» per distinguerle da quelle «numericamente universali», che, a suo 2 Due (o più) proposizioni congiunte si dicono incompatibili o contrarie quando non possono essere entrambe (o tutte) vere pur potendo essere false. Per coerenza si intende l assenza di incompatibilità o contrarietà tra proposizioni congiunte. 3 Popper (1969, p. 51). 4 Popper (1970, pp , passim). 5 Popper (1970, p. 44, nota *2). 2

3 giudizio, sono equivalenti a congiunzioni di asserzioni singolari e quindi vanno assimilate a queste ultime. Le asserzioni strettamente universali possono essere definite delle asserzioni-tutti, cioè delle asserzioni «intorno ad un numero illimitato di individui» che pretendono di essere vere «in ogni luogo e in ogni tempo». Viceversa, le asserzioni numericamente universali si riferiscono «soltanto ad una classe finita di elementi specifici, limitata a una regione spazio-temporale individuale». «Dato un tempo sufficientemente lungo prosegue Popper -, si possono enumerare tutti gli elementi della classe finita presa in considerazione» e, pertanto, le asserzioni di questo tipo «possono, in linea di principio, essere sostituite da una congiunzione di asserzioni singolari». 6 La distinzione tra asserzioni universali e asserzioni singolari può essere compresa in modo ancora più chiaro, secondo Popper, se la colleghiamo con quella tra «concetti universali e concetti individuali, o nomi». I concetti individuali sono caratterizzati «dall essere nomi propri o dal dover essere definiti per mezzo di nomi propri», mentre i concetti universali sono caratterizzati dal fatto che «possono essere definiti senza l uso dei nomi propri». Ora, ciò che distingue le asserzioni universali da quelle singolari è che in queste ultime necessariamente «devono comparire nomi o concetti individuali». Ciò avviene spesso mediante l impiego di «coordinate spazio-temporali»; il che risulta ovvio «se si considera che l applicazione di un sistema spazio-temporale di coordinate implica sempre il riferimento a nomi individuali», come evidenzia il riferimento a «Greenwich» o all «anno della nascita di Cristo». 7 Occorre sottolineare come non esista alcun collegamento tra concetti individuali e concetti universali: da un lato, infatti, non è possibile definire un oggetto individuale per mezzo di concetti universali, dall altro un concetto universale trascende qualunque insieme di concetti individuali. 8 Possiamo riprendere il nostro discorso osservando che lo schema della spiegazione è unico e vale sia per lo storico che per lo scienziato. Si tratta di un argomento logico e cioè di un insieme di asserzioni collegate tra loro in modo tale che da alcune di esse, dette premesse, è possibile dedurre la restante asserzione, detta conclusione. L argomento è valido quando le premesse, se vere, garantiscono la verità della conclusione; in caso contrario, è invalido. Come abbiamo visto, negli argomenti esplicativi si distinguono due tipi di premesse: le ipotesi o teorie, che sono asserzioni universali sintetiche di tipo causale, e le condizioni iniziali, che sono asserzioni singolari. Considerate congiuntamente esse costituiscono l explicans, mentre il fatto che si intende spiegare, descritto da una asserzione singolare, è detto explicandum Abbiamo già precisato la distinzione tra asserzioni universali e asserzioni singolari. Ci resta da chiarire il significato di «asserzioni sintetiche» e «asserzioni di tipo causale». Fu Kant a introdurre la distinzione logica o semantica tra asserzioni analitiche e sintetiche. Si dice che una asserzione è analitica se la sua verità o falsità può essere stabilita sulla base del significato dei termini che compaiono in essa. Sintetica, invece, è un asserzione la cui verità o 6 Popper (1970, pp , passim). 7 Popper (1970, pp , passim). 8 Come osserva Popper (1970, p. 52, passim), il tentativo di identificare un oggetto individuale unicamente per mezzo delle sue proprietà e delle sue relazioni universali ( ) è destinato al fallimento. Infatti, un procedimento di questo genere non descriverebbe un oggetto individuale ( ), ma la classe universale di tutti quegli individui a cui appartengono queste proprietà e relazioni. D altra parte, qualsiasi tentativo di definire i nomi universali con l aiuto di nomi individuali è ugualmente destinato a fallire, nonostante sia largamente diffusa la credenza che sia possibile, mediante un procedimento chiamato astrazione, sollevarsi da concetti individuali a concetti universali. Questo punto di vista, precisa Popper, è parente stretto della logica induttiva, col suo passaggio da asserzioni singolari ad asserzioni universali. Tuttavia, entrambi questi ( ) procedimenti sono ugualmente impraticabili dalla logica. 3

4 falsità non può essere stabilita in questo modo. E evidente l utilità di distinguere le asserzioni che sono vere o false logicamente da quelle che sono vere o false fattualmente. 9 A questo scopo, seguendo Salmon, possiamo confrontare le seguenti asserzioni: «a) Tutti i celibi sono non sposati. b) Qualche celibe è sposato. c) Qualche celibe non è proprietario di automobili. d) Tutti i celibi sono ciechi». Le prime due sono asserzioni analitiche, le altre sono sintetiche. Come Salmon rileva: «La verità dell asserzione a segue dalle definizioni dei termini che compaiono in essa (...) Poiché il celibe è, per definizione, un maschio adulto non sposato, il termine celibe non può essere riferito correttamente a qualunque persona che non sia non sposata. Le asserzioni di questo tipo sono dette analitiche. (...) L asserzione b è simile all asserzione a, eccetto che i significati dei termini che compaiono in b la rendono falsa piuttosto che vera. Le asserzioni di questo tipo sono dette contraddittorie. (...) Le asserzioni analitiche e contraddittorie sono, rispettivamente, verità e falsità logiche». Viceversa, prosegue Salmon: «Le asserzioni c e d (...) sono asserzioni, la cui verità o falsità non è determinata soltanto dai significati dei termini che includono. Esse sono dette sintetiche. (...) L unico modo per stabilire che c è vera e che d è falsa è quello d indagare sui celibi. (...) Le asserzioni sintetiche non sono verità o falsità logiche, bensì asserzioni fattuali» Riguardo al secondo punto, la definizione di «asserzioni di tipo causale», occorre richiamare l attenzione sul carattere deduttivo della spiegazione. La possibilità di dedurre l explicandum dall explicans è ciò che caratterizza propriamente una spiegazione. Spiegare perché un certo evento si verifichi significa, infatti, escludere la possibilità che esso non si verifichi e cioè vietare che altri eventi possano verificarsi. Ma se la spiegazione non è un argomento deduttivo e cioè l explicans non implica logicamente l explicandum, essa non escluderà questa possibilità e quindi non spiegherà perché l evento si sia verificato. Questa precisazione serve a sottolineare la necessità che le leggi utilizzate nella spiegazione siano asserzioni universali e non semplici generalizzazioni statistiche. Infatti, nelle spiegazioni che fanno uso di generalizzazioni statistiche, a differenza di quanto accade in quelle in cui compaiono asserzioni universali, l explicandum non può essere dedotto logicamente dall explicans. Osservano a questo proposito Lambert e Brittan jr: «Supponiamo di voler spiegare il fatto che Jones ha avuto un attacco cardiaco sulla base della generalizzazione statistica (assunta come vera) che il novanta per cento delle persone della sua età hanno attacchi cardiaci. Le premesse della nostra presunta spiegazione sarebbero dunque: (1) Il novanta per cento delle persone di età E hanno attacchi cardiaci. (2) Jones è di età E. Ma dovrebbe essere immediatamente chiaro che la conclusione che vogliamo, cioè 9 La distinzione tra asserzioni analitiche e sintetiche fu utilizzata dai neopositivisti nella loro polemica contro la filosofia tradizionale, accusata di voler affrontare questioni di fatto mediante proposizioni prive di significato (in senso estensionale) e quindi non verificabili. La distinzione è stata sottoposta a critica da alcuni filosofi pragmatisti: cfr., ad esempio, Quine (1966, pp ), Putnam (1993, pp ). 10 Salmon (1969, pp , passim). 4

5 (3) Jones ha un attacco cardiaco, non è una conseguenza deduttiva di queste premesse (cioè non ne segue e non ne è implicata deduttivamente); il che è quanto dire che le due premesse potrebbero essere vere e tuttavia Jones ha un attacco cardiaco essere falsa». 11 Ma anche se decidessimo di utilizzare nei nostri argomenti soltanto asserzioni universali, escludendo le generalizzazioni statistiche, non saremmo, tuttavia, in grado di fornire una spiegazione nel senso che abbiamo precisato. Infatti, osservano Lambert e Brittan jr.: «chiedere una spiegazione di un attacco cardiaco significa indagare sulle condizioni fisiologiche o di altro genere che causano o producono un attacco cardiaco. E non c è nessun riferimento a tali condizioni nell asserzione che una certa percentuale o anche tutte le persone di una certa età hanno attacchi cardiaci». Ciò che desideriamo conoscere è la causa che ha prodotto l evento considerato allo scopo di approntare delle contromisure adeguate. Questo discorso può essere esteso a tutti i campi della scienza. Dalla scienza ci aspettiamo un ampliamento delle nostre conoscenze per poter intervenire in modo efficace sulla realtà che ci circonda e realizzare i nostri obiettivi. Questo risultato può essere ottenuto solo se siamo in grado di istituire relazioni di tipo causale tra gli eventi. Sembra perciò che il compito della scienza possa essere definito come la ricerca sistematica di leggi o connessioni causali tra gli eventi. Ma che cosa intendiamo con questa espressione? Lambert e Brittan jr. forniscono la seguente risposta: «Le leggi causali sono spesso caratterizzate in termini di quattro condizioni, che possono essere formulate in breve. Primo, una legge causale asserisce una relazione invariabile tra eventi, nel senso che ogniqualvolta si verifica la causa, si verifica anche l effetto. Secondo, le leggi causali sono leggi di successione: esse collegano eventi che hanno luogo in un certo momento con eventi che hanno luogo in un altro momento (...). La terza condizione ( ) posta sulle leggi causali è che gli eventi che esse collegano sono spazialmente contigui. E la quarta condizione è che la relazione causale implicata da tali leggi è asimmetrica: se a causa b, b non può essere la causa di a». 12 In base alle considerazioni che precedono possiamo dire che lo scienziato, dovendo spiegare un fatto noto, ma strano e cioè inaspettato in base alle teorie comunemente accettate, si trova di fronte alla necessità di formulare una nuova ipotesi dalla quale, in congiunzione con le condizioni iniziali, sia possibile dedurre il fatto stesso. Lo storico, invece, dà per scontata la conoscenza di teorie riguardanti il fatto che intende spiegare. Il suo obiettivo è quello di scoprire le condizioni iniziali che, in congiunzione con tali teorie, gli consentono di dedurre quel fatto. Seguendo il suggerimento del filosofo Charles Peirce possiamo chiamare questo tipo di inferenza abduzione Sistemi assiomatici formali e modelli Per comprendere il ricorso ai sistemi assiomatici formali da parte degli scienziati è opportuno riandare alla critica che più di duemila anni fa fu mossa dagli scettici ai dogmatici ossia a coloro che ritenevano possibile ottenere una conoscenza certa o dimostrata. Gli scettici sostenevano che il tentativo di dimostrare o giustificare le nostre credenze cade 11 Lambert-Brittan Jr. (1981, pp , passim) 12 Lambert-Brittan Jr. (1981, pp , passim). 13 Cfr. Peirce (1984, pp ). 14 Per questa Sezione mi sono avvalso liberamente di Musgrave (1995, pp ) e Trudeau (1991, pp , ) che forniscono una semplice introduzione ai problemi da noi affrontati. 5

6 inevitabilmente in un regresso infinito. Infatti, ogni volta che tentiamo di dimostrare una qualsiasi credenza, non facciamo altro che ricorrere ad un altra credenza; ma, a meno che quest ultima non sia una credenza dimostrata, non abbiamo fatto molta strada. Se cerchiamo di dimostrare questa seconda credenza siamo costretti a menzionarne una terza, e così via all infinito. Poiché una serie infinita di giustificazioni non può essere completata, le nostre credenze risultano fondate su assunzioni ingiustificate ossia su semplici opinioni. Ciò che si basa su semplici opinioni non è che una semplice opinione e l edificio della conoscenza certa crolla. Gli scettici, tuttavia, non si fermarono qui. Essi misero in luce un secondo regresso infinito che usarono per sostenere una tesi ancora più radicale: che non solo non possiamo credere in qualcosa di certo, ma che non siamo nemmeno in grado di sapere veramente in che cosa crediamo. Questo secondo regresso infinito è il regresso delle definizioni. Il ragionamento è il seguente. Per sapere in che cosa crediamo dobbiamo conoscere il significato delle parole che usiamo per esprimere le nostre credenze. Conoscere il significato di una parola vuol dire essere capaci di definirla. Ma definire una parola significa usare altre parole che a loro volta devono essere definite. Dato che non possiamo completare una serie infinita di definizioni, tutti noi finiamo per usare una serie di parole di cui non conosciamo il significato, perché non le abbiamo definite. Tutti noi quindi non possiamo mai veramente sapere in che cosa crediamo. I dogmatici risposero al regresso infinito delle giustificazioni, respingendo l idea secondo cui una credenza può essere giustificata solo ricorrendo ad un altra credenza. Sostennero, invece, che ci sono credenze che non richiedono di essere giustificate da altre credenze, poiché la loro verità può essere colta direttamente o immediatamente, cioè senza alcuna dimostrazione. Pertanto il regresso infinito delle giustificazioni può essere arrestato da tali credenze: le altre devono essere giustificate a partire da queste, ma queste non hanno bisogno di alcuna giustificazione. I dogmatici, quindi, per combattere l obiezione degli scettici sulla possibilità di ottenere una conoscenza certa, invocarono una distinzione tra due tipi di conoscenza: 1. la conoscenza immediata di proposizioni fondamentali o principi primi o assiomi che non richiedono giustificazioni; 2. la conoscenza mediata o derivata di proposizioni che richiedono una giustificazione sulla base delle proposizioni fondamentali o principi primi o assiomi. I dogmatici risposero al regresso infinito delle definizioni in modo simile e cioè respingendo l idea secondo cui conosciamo il significato di un termine solo se possiamo definirlo in base ad altri termini. Essi sostennero che il significato di certi termini non richiede spiegazione, perché può essere colto direttamente o immediatamente. Il regresso infinito delle definizioni può essere arrestato da tali termini: gli altri verranno definiti a partire da questi. I dogmatici, pertanto, per rispondere all obiezione degli scettici sulla possibilità di sapere ciò in cui crediamo, invocano una distinzione tra due tipi di termini o concetti: 1. concetti primitivi o indefiniti, il cui significato non richiede spiegazione perché è immediatamente evidente; 2. concetti definiti, il cui significato deve essere spiegato o definito in termini di concetti primitivi. In altre parole, i dogmatici, per controbattere il regresso infinito delle giustificazioni e delle definizioni, sono costretti a ricorrere ad una teoria della conoscenza immediata. Qual è la fonte della conoscenza immediata di certe proposizioni e del significato di certi termini? Nella storia della filosofia si sono avute due risposte a questa domanda: la prima dice che è l esperienza, la seconda che è la ragione La prima risposta sembra la più naturale. L idea sottostante è che usando i nostri sensi, possiamo arrivare a stabilire la verità di certe proposizioni direttamente e cioè senza mediazioni. Tali proposizioni sono enunciati che traducono ciò che osserviamo o 6

7 sperimentiamo ossia enunciati osservativi. E questi sono le proposizioni fondamentali o principi primi o assiomi in base ai quali possiamo giustificare le nostre credenze. L idea che i sensi costituiscano una fonte di conoscenza immediata della realtà è la spina dorsale di una teoria della conoscenza detta empirismo. Secondo questa teoria, accanto agli enunciati osservativi esistono anche i concetti osservativi, il cui significato non richiede una definizione e che quindi rappresentano concetti primitivi. Essi traducono certe caratteristiche del mondo che risultano immediatamente evidenti a chi ne fa esperienza. Gli esempi consueti sono rosso e blu, caldo e freddo, liscio e ruvido, pesante e leggero, dolce e amaro. Il significato di queste parole non può essere definito, deve essere colto associando tali parole a determinate esperienze. Gli altri concetti devono essere definiti a partire da questi concetti osservativi. La seconda risposta all argomento scettico del regresso infinito si basava sul ricorso alla ragione o all intuizione intellettuale come fonte di conoscenza immediata. Il regresso infinito delle giustificazioni veniva arrestato dai principi primi o assiomi che erano evidenti di per sè o riconosciuti come veri dall intuizione intellettuale. La verità di altre proposizioni, a prima vista lontane dall essere ovvie o evidenti di per sé, poteva essere stabilita sulla base di tali assiomi. E questa l idea centrale di una teoria della conoscenza nota come razionalismo. Il razionalismo è una dottrina che, al contrario dell empirismo, si discosta dal senso comune: quali sarebbero le proposizioni evidenti di per sè e che cosa si può stabilire a partire da esse? I razionalisti risposero indicando nella geometria euclidea il modello e la fonte principale della loro ispirazione. Essi diedero una risposta simile anche riguardo al regresso infinito delle definizioni, assumendo che la ragione o l intuizione intellettuale potesse chiarire il significato dei concetti primitivi o non definiti. Anche qui la fonte principale di ispirazione fu la geometria euclidea. In altre parole, i razionalisti riconobbero nella geometria euclidea il paradigma di ogni disciplina che intendesse pervenire ad una conoscenza certa o giustificata. Poiché Euclide presenta la geometria nella forma di un sistema assiomatico materiale può essere utile richiamarne la nozione. Si dice comunemente che un sistema assiomatico materiale differisce da un sistema assiomatico formale per il fatto che in esso viene fornita una definizione dei termini primitivi. In realtà questa affermazione può risultare fuorviante. In un sistema assiomatico materiale i termini primitivi non vengono realmente definiti; le spiegazioni di questi termini non vengono usate nella deduzione dei teoremi; le sole proprietà dei termini primitivi che vengono effettivamente usate sono quelle contenute negli assiomi. Come rileva Trudeau, negli Elementi di Euclide «né la spiegazione del termine primitivo punto ciò che non ha parti né quello del termine primitivo retta lunghezza senza larghezza, che giace ugualmente rispetto ai suoi punti né quella di alcun altro termine primitivo è mai stata usata per giustificare un passo nella dimostrazione di un teorema». 15 Questo non significa che le spiegazioni dei termini primitivi siano inutili; al contrario, ci possono aiutare a visualizzare l'oggetto della ricerca, a intuire ciò che si può dimostrare e, in generale, a scorgere un significato nel sistema euclideo. Tuttavia, il loro contributo si ferma qui ed ha quindi unicamente un valore psicologico. I matematici sono diventati consapevoli di questo fatto in seguito allo sviluppo delle geometrie non euclidee, che misero a fuoco l importanza di tenere separate la sintassi dalla semantica, il momento della dimostrazione da quello dell interpretazione della realtà. In particolare, essi presero coscienza del fatto che le spiegazioni dei termini primitivi avanzate da Euclide avevano favorito l accettazione acritica degli assiomi della geometria e impedito per più di due millenni di considerarli quello che di fatto erano: semplici congetture o ipotesi di lavoro da sottoporre a controllo empirico e da confrontare con le ipotesi alternative Trudeau (1991, p. 180). 16 E per questa ragione che, secondo Putnam (1993, p.14), il crollo della geometria euclidea è, per l epistemologo, l evento più importante nella storia della scienza. 7

8 3.3. Siamo ora in grado di introdurre la nozione di sistema assiomatico formale. Osserva Tarski che quando cerchiamo di costruire una teoria noi, per prima cosa, isoliamo in essa un piccolo gruppo di espressioni. Chiamiamo queste espressioni TERMINI PRIMITIVI O TERMINI INDEFINITI e le utilizziamo senza precisare il loro significato. Adottiamo poi come principio di non utilizzare alcuna espressione relativa alla teoria, se non nel caso che il suo significato sia stato determinato con l aiuto dei termini primitivi o di altre espressioni di cui si sia stabilito il significato in base ai termini primitivi. Si procede allo stesso modo nel caso degli enunciati della teoria. 17 Alcuni enunciati che presentano ai nostri occhi carattere di evidenza vengono scelti come ENUNCIATI PRIMITIVI O ASSIOMI. Li accettiamo come veri senza dimostrare la loro verità. Stabiliamo infine di accettare come vero ogni altro enunciato solo nel caso in cui si sia riusciti a dimostrare la sua verità e di usare per ottenere questo risultato niente altro che assiomi, definizioni e proposizioni della teoria, la cui verità sia stata precedentemente stabilita. Gli enunciati la cui verità viene stabilita in questo modo vengono chiamati ENUNCIATI DIMOSTRATI O TEOREMI e il procedimento mediante il quale stabiliamo la loro verità viene chiamato DIMOSTRAZIONE. 18 Tenendo presenti queste considerazioni, possiamo caratterizzare un sistema assiomatico formale in base alla presenza dei seguenti elementi: 1. Termini primitivi: termini tecnici non definiti che costituiscono gli elementi fondamentali del discorso. 2. Assiomi: enunciati privi di giustificazione e riguardanti i termini primitivi. 3. Termini definiti: termini il cui significato viene stabilito in base ai termini introdotti precedentemente. 4. Teoremi: enunciati che vengono dedotti logicamente a partire da enunciati precedentemente accettati o dimostrati. 5. Regole di definizione: regole mediante le quali a partire dai termini primitivi viene stabilito il significato dei termini definiti. 6. Regole di dimostrazione: regole mediante le quali a partire dagli assiomi viene stabilita la verità dei teoremi. In sintesi, osserva Della Chiara Scabia, un sistema formale ( ) resta completamente determinato da tre componenti: il suo linguaggio, il sistema delle sue proposizioni fondamentali o assiomi, ed infine il sistema delle sue regole di inferenza. 19 Le novità rispetto allo schema di un sistema assiomatico materiale stanno nei punti 1 e 2. Mentre quest ultimo prevede la spiegazione del significato dei termini primitivi e stabilisce che l'accettabilità degli assiomi dipende da questa, il nuovo schema si limita a precisare ciò che è strettamente necessario per effettuare delle deduzioni e cioè: 1) i termini primitivi non possono essere definiti all'interno del sistema assiomatico formale e perciò, in tale sistema, sono assolutamente privi di significato; sono semplici nomi per i diversi tipi di oggetti di cui si occupa il sistema; 2) anche gli assiomi, dal momento che si riferiscono ai termini primitivi, sono privi di significato e perciò non sono né veri né falsi; il fatto di accettarli indica semplicemente che vogliamo servircene per trarne delle conseguenze. Come osserva Trudeau: Un sistema assiomatico 17 Per enunciato si intende la componente elementare del discorso dichiarativo (o informativo) che ha lo scopo di descrivere il mondo e ragionarci sopra. Esso si distingue da altri tipi di discorso, come i comandi o le esclamazioni, perché può essere affermato o negato e cioè giudicato vero o falso. Per proposizione si intende invece il significato (in senso intensionale) di un enunciato. Un enunciato è sempre espresso in un determinato linguaggio: ad esempio, il pleut, it s raining sono enunciati espressi, rispettivamente, nella lingua francese e inglese. Essi, tuttavia, hanno lo stesso significato di piove e questo significato comune è la proposizione. 18 Tarski (1969, pp , passim). 19 Della Chiara Scabia (1980, p. 48). L espressione sistema formale, precisa l autrice, viene utilizzato quando si studia una teoria ( ) esclusivamente dal punto di vista sintattico, prescindendo del tutto dal problema dei suoi possibili significati. 8

9 formale è come un sistema assiomatico materiale osservato ai raggi X: significato e realtà sono scomparsi, lasciando solo lo scheletro logico A questo punto, un esempio può aiutare a chiarire le idee. Consideriamo il seguente sistema assiomatico formale: 21 Le blerde che strogano Termini primitivi: blerda, strogare. Assiomi: 1) Se A e B sono due blerde distinte, allora A stroga B oppure B stroga A (potrebbero verificarsi entrambi i casi). 2) Nessuna blerda stroga se stessa. 3) Se A, B e C sono blerde tali che A stroga B e B stroga C, allora A stroga C. 4) Vi sono esattamente cinque blerde. Questo esempio richiama alla mente la famosa battuta di Bertrand Russell, secondo cui Mathematics may be defined as the subject in which we never know what we are talking about, nor whether what we are saying is true. 22 Infatti, non sappiamo di cosa stiamo parlando perché i termini primitivi sono privi di significato e tutti gli altri termini sono definiti in base a questi e non sappiamo neppure se quello che diciamo è vero dato che non sappiamo che cosa significhi. Tuttavia, dato che possiamo dimostrare dei teoremi, cominciamo a renderci conto che il non sapere di che cosa stiamo parlando non sia dopo tutto un grande svantaggio. 23 Teorema 1: Se una blerda ne stroga un'altra, non è strogata da questa. Dimostrazione 1. Sia A una blerda che stroga la blerda B ipotesi 2. Supponiamo che A sia anche strogata da B, cioè che B stroghi A raa Allora A stroga A. 4. Ma A non stroga A. assioma 2 5. Contraddizione 3, 4 6. Perciò B non stroga A , 2, assioma 3 (le tre blerde sono A, B, A) 20 Trudeau (1991, p. 181). 21 Cfr. Trudeau (1991, pp ). 22 Cit. in Eves (1972, p. 340). 23 Trudeau (1991, p. 182). 24 La reductio ad absurdum è una forma di argomento valida che viene usata per confermare una conclusione o per respingere la tesi contraria. L idea che sta alla base è molto semplice. Supponiamo di voler provare che l asserzione p è vera. Incominciamo con l assumere che p sia falsa ossia presupponiamo non-p. Poi, sulla base di questa assunzione, deriviamo una conclusione che si sa falsa. Poiché risulta una conclusione falsa dalla nostra assunzione di non-p mediante un argomento deduttivo valido, l assunzione stessa deve essere falsa. Se non-p è falsa, p deve essere vera, come volevasi dimostrare. Un semplice esempio di reductio ad absurdum è il seguente. Siano x e y due numeri interi positivi. Vogliamo dimostrare che se il prodotto xy è un numero dispari, allora x e y sono entrambi dispari. Supponiamo per assurdo che i due numeri non siano entrambi dispari; allora uno di essi, per esempio x, sarà pari e quindi possiamo scriverlo nella forma 2z = x. Ma, in tal caso, anche il prodotto xy = 2zy è un numero pari contrariamente a quanto asseriva l ipotesi. 9

10 Quindi la possibilità lasciata aperta dall'assioma 1 è esclusa. Pertanto, in base all assioma 1 e al teorema 1, possiamo dimostrare il seguente corollario: Date due blerde distinte, o la prima stroga la seconda o la seconda stroga la prima, ma non entrambi i casi. Si possono dimostrare anche altri teoremi: ad esempio il teorema 2 (Se A stroga B e C è distinta da A e A non stroga C, allora C stroga B (o eventualmente entrambe le cose)), il teorema 3 (Esiste almeno una blerda che stroga tutte le altre), ecc., ma quanto visto è sufficiente a dimostrare che un sistema assiomatico formale, per quanto oscuro sia, contiene enunciati perfettamente comprensibili. Infatti, pur senza sapere cosa sia una blerda, né cosa significhi che una blerda ne stroga un altra, né quale sia il significato degli assiomi e dei teoremi, siamo stati in grado di fare delle dimostrazioni Usualmente, per dimostrare la coerenza di un sistema assiomatico formale se ne fornisce un modello. Come si è detto, con questo termine si intende una interpretazione dei termini primitivi di un sistema assiomatico formale tale che gli assiomi diventino enunciati veri. Qui «interpretazione» non va intesa nel modo consueto e cioè come «spiegazione del significato», poiché non vi è alcun significato da spiegare, ma nel senso - fondamentale - di «assegnazione di un significato». 25 L'idea è che, siccome i termini primitivi non hanno un significato, possiamo attribuirgliene uno a piacere. Con ciò anche gli assiomi acquistano un significato: se, poi, essi risultano tutti veri, abbiamo un modello. Come osserva Della Chiara Scabia, interpretare un linguaggio significa determinare due componenti: 1) l universo delle cose di cui si intende parlare o, come anche si dice, l universo del discorso; 2) i significati che assumono in questo universo le diverse costanti descrittive del linguaggio. 26 Per fare un esempio, ecco un modello per Le blerde che stregano, il sistema assiomatico formale considerato in precedenza: consideriamo un edificio di cinque piani; questi piani saranno le blerde e diremo che una blerda ne stroga un'altra se si trova più in alto nell edificio. Otteniamo così il seguente dizionario: Termini primitivi Le blerde Strogare Interpretazione I cinque piani di un edificio Stare più in alto di che possiamo usare per tradurre gli assiomi in enunciati relativi ai piani dell edificio: 1. Se A e B sono due piani distinti di un edificio, allora A sta più in alto di B oppure B sta più in alto di A. 2. Nessun piano dell edificio sta più in alto di se stesso. 3. Se A, B e C sono tre piani di un edificio tali che A sta più in alto di B e B sta più in alto di C, allora A sta più in alto di C. 4. Nell edificio vi sono esattamente cinque piani. 25 Trudeau (1991, p. 254). 26 Della Chiara Scabia (1980, p. 65). Vedremo nella Sezione seguente come nei sistemi di equazioni l universo del discorso sia rappresentato dal prodotto cartesiano degli insiemi di ammissibilità delle variabili, mentre i significati che assumono le costanti descrittive del linguaggio sono le relazioni o funzioni che le proposizioni aperte individuano nel prodotto cartesiano. 10

11 Dal momento che questi quattro enunciati sono indubbiamente veri, l'interpretazione è un modello nel senso che abbiamo precisato. In questo caso tutti i teoremi si trasformano in enunciati veri. Per esempio, il teorema 3 diventa: C'è almeno un piano dell edificio che sta più in alto di tutti gli altri piani, e questo indubbiamente è un enunciato vero. Dal nostro modello deduciamo che il sistema delle blerde che strogano è coerente, poiché ogni contraddizione cui dessero luogo gli assiomi 1-4 si tradurrebbe in una contraddizione che riguarda i piani dell edificio, e noi diamo per scontato che nel mondo fisico non vi siano contraddizioni. 4. Sistemi di equazioni 4.1. Prima di esaminare il modo in cui gli economisti si avvalgono degli strumenti che abbiamo descritto mediante il ricorso a sistemi di equazioni, è opportuno richiamare alcuni concetti. Si tratta delle nozioni di proposizione aperta, coppia o n-pla ordinata, prodotto cartesiano, relazione e funzione. Un enunciato del tipo: ( ) è la capitale di ( ) viene definito un enunciato aperto ossia un enunciato di cui non possiamo stabilire se sia vero o falso finché non riempiamo gli spazi vuoti entro parentesi con termini opportuni. Ad esempio, se nello spazio dentro la prima parentesi scriviamo Parigi e in quello dentro la seconda parentesi scriviamo Francia, otteniamo la proposizione chiusa e vera: Parigi è la capitale della Francia. E evidente che gli spazi vuoti entro parentesi sono delle variabili, grandezze che possono assumere valori diversi, purché appartenenti ad un insieme prefissato. Se mettiamo in una lista tutte le capitali e in un altra lista tutti i paesi del mondo otteniamo due insiemi che possiamo chiamare, rispettivamente, C e P. Abbiamo cioè: C = {Londra, Stoccolma, Parigi, Roma, Tokio, } P = {Svezia, Francia, Giappone, Gran Bretagna, Italia, }. Questi insiemi sono chiamati insiemi di ammissibilità delle variabili e ne delimitano l estensione. Definiscono cioè i termini che possono essere inseriti negli spazi vuoti entro le parentesi della proposizione aperta. I loro elementi possono essere combinati associando a ciascun elemento di C gli elementi di P. Se gli elementi di C e di P sono n avremo (n n) combinazioni o coppie ordinate (c, p) in cui il primo posto è occupato da una città capitale e il secondo da un paese. Chiamiamo l insieme di queste coppie ordinate prodotto cartesiano degli insiemi C e P. Esso rappresenta l universo del nostro discorso, perché raccoglie ordinatamente tutte le informazioni che possediamo sulla realtà che vogliamo indagare. Possiamo chiederci ora quali siano, tra tutte le coppie (c, p) che appartengono al prodotto cartesiano, quelle che rendono vero l enunciato aperto da cui siamo partiti. Se sostituiamo in (c, p) a c Parigi e a p, successivamente, Italia, Giappone, Svezia, Gran Bretagna otteniamo le seguenti proposizioni chiuse e false: Parigi è la capitale della Svezia Parigi è la capitale del Giappone Parigi è la capitale della Gran Bretagna 11

12 Parigi è la capitale dell Italia. Solo la coppia (Parigi, Francia) rende vero il nostro enunciato aperto. Lo stesso discorso vale per tutte le coppie ordinate in cui al primo posto compaiono Londra, Roma, Stoccolma, Tokio, ecc.. Solo le coppie (Londra, Gran Bretagna), (Stoccolma, Svezia), (Roma, Italia), (Tokio, Giappone) rendono vero tale enunciato. Diremo che tali coppie sono l insieme di verità dell enunciato aperto. Consideriamo che cosa abbiamo fatto. Volendo individuare la capitale di ciascun paese, abbiamo definito l universo del nostro discorso mediante il prodotto cartesiano degli insiemi C e P in modo da ottenere tutte le combinazioni possibili tra i loro elementi e cioè in modo da ottenere la descrizione dettagliata di tutte le possibilità che possono presentarsi nell universo (fatto di città capitali e paesi) che vogliamo esplorare. Successivamente, abbiamo tradotto l informazione che possediamo relativamente all universo nella proposizione aperta secondo cui ciascun paese possiede una capitale. Infine, abbiamo selezionato tra tutte le coppie (c, p) dell universo quelle che rendono vero tale enunciato separandole da quelle che lo rendono falso Supponiamo ora di partecipare ad un gioco che consiste nel lancio di due dadi. 27 Chiamiamo x il risultato del lancio del primo dado e y il risultato del lancio del secondo dado. x e y sono dette variabili e hanno la stessa natura degli spazi vuoti entro parentesi che comparivano nell esempio precedente. Poiché ciascun dado presenta sei facce, l insieme di ammissibilità di queste variabili è lo stesso e cioè X = Y = {1, 2, 3, 4, 5, 6}. Calcoliamo ora il prodotto cartesiano (P = X Y) di questi due insiemi: otteniamo un insieme di 36 coppie ordinate il cui primo elemento appartiene a X e il secondo a Y. Anche in questo caso il prodotto cartesiano definisce l universo del nostro discorso mediante una rappresentazione dei risultati possibili del lancio di due dadi, che costituiscono l oggetto della nostra indagine. Consideriamo ora la proposizione aperta x + y = 6 che i matematici chiamano equazione (o condizione o vincolo) e supponiamo che rappresenti la regola del nostro gioco. Essa, per ipotesi, stabilisce che se il risultato del primo lancio sommato a quello del secondo è uguale a 6 allora vinciamo, altrimenti perdiamo. Quante possibilità abbiamo di vincere? Ce lo dice l insieme di verità dell enunciato aperto che definisce la seguente relazione in senso estensionale: R = {(x, y): x + y = 6 ; x ε X, y ε Y}. Come si vede, R non è altro che un sottoinsieme del prodotto cartesiano P = X Y. L enunciato aperto ci consente di selezionare all interno di tale insieme alcuni elementi ad esclusione di altri e quindi di stabilire che esistono mondi possibili (risultati possibili del lancio dei dadi) in cui la regola è soddisfatta e il giocatore consegue la vincita. In altre parole l enunciato aperto rappresenta una regola che trasforma gli elementi di P (i mondi possibili del nostro universo) in valori di verità. Essa ci dice in quali situazioni la nostra proposizione (la nostra informazione o ipotesi) risulterebbe vera. Diciamo che una relazione è una funzione se 27 L esempio è tratto da Yamane (1972, pp ). 12

13 presenta le seguenti caratteristiche: a) il dominio (cioè l insieme delle x che sono accoppiate a y in (x, y) è uguale a X; b) ad ogni x corrisponde uno ed un solo elemento y di Y. Se la relazione soprascritta fosse un insieme vuoto, vorrebbe dire che non esiste alcun mondo possibile in cui l ipotesi risulta vera e quindi che essa deve essere abbandonata a favore di ipotesi alternative. D altra parte, il fatto che l insieme di verità sia vuoto indica che l enunciato aperto è autocontraddittorio 28 e quindi che ogni discorso che si basa su di esso è incoerente. Dovrebbe essere chiaro, tuttavia, che se la relazione fosse un insieme non vuoto ciò non dimostrerebbe che l enunciato è vero nel nostro mondo. Infatti, il nostro mondo (e spetta al controllo empirico accertarlo) potrebbe non far parte dei mondi possibili nei quali l enunciato risulta vero Siamo ora in grado di utilizzare le nozioni che abbiamo introdotto e capire perché gli economisti, dopo aver enunciato le loro teorie, cercano di formalizzarle con l aiuto della matematica e infine sono interessati a trovare un modello per tali formalizzazioni. Consideriamo una semplice teoria macroeconomica relativa al settore privato di una economia di mercato che si compone delle seguenti proposizioni: a) la produzione ( o reddito) globale (Y) è determinata dalla domanda aggregata, che si compone di consumi delle famiglie (C) e di investimenti delle imprese (I); b) i consumi delle famiglie sono pari ad una quota del reddito globale (by) più una costante (a); c) gli investimenti delle imprese sono pari anch essi ad una quota del reddito globale (vy) più una costante (u). Una volta enunciata la teoria si pone il problema di verificare la sua coerenza e cioè di accertare la compatibilità delle proposizioni che la compongono, dato che da proposizioni incompatibili si possono trarre conseguenze sia vere che false. 29 A questo scopo dobbiamo formulare la teoria nei termini di un sistema assiomatico formale e, successivamente, trovare un modello di tale sistema. Lo strumento generalmente usato è costituito da un sistema di equazioni associato ad un prodotto cartesiano. Nei sistemi di equazioni i termini primitivi sono rappresentati dalle variabili, mentre gli assiomi sono costituiti dalle equazioni. Gli insiemi di ammissibilità delle variabili, come si è detto, ne definiscono l estensione e costituiscono un primo passo verso l interpretazione del sistema assiomatico formale, intesa come assegnazione di un significato ai termini primitivi. Questa assegnazione non è ancora un modello, ma soltanto, per così dire, un suo progetto. Il modello vero e proprio coincide con la soluzione del sistema, ossia con l n-pla o le n-ple di valori delle variabili che soddisfano simultaneamente le equazioni. Questa è ottenuta mediante l intersezione dei sottoinsiemi del prodotto cartesiano (relazioni o funzioni in senso estensionale) definiti dalle singole equazioni. In sintesi, il procedimento mediante il quale si individua il modello di un sistema di equazioni e si dimostra la coerenza della teoria economica sottostante si compone dei seguenti passi: 1) si stabilisce l estensione di ciascuna variabile ovvero l insieme di valori che essa può assumere (insieme di ammissibilità) e si costruisce poi un prodotto cartesiano a partire da tali insiemi; 2) si determinano gli insiemi di verità delle equazioni ossia i sottoinsiemi del prodotto cartesiano (relazioni o funzioni) che le soddisfano; 3) si determina, mediante l intersezione di tali relazioni o funzioni, il sottoinsieme del prodotto cartesiano che: a) non è vuoto e quindi contiene una o più n-ple di valori delle variabili che soddisfano simultaneamente tutte le equazioni del sistema; oppure, b) è vuoto e quindi non contiene nessuna n-pla di questo tipo. 28 Se gli enunciati fossero due o più significherebbe che sono contraddittori o contrari e dunque che non possono essere entrambi veri. 29 Si tratta della c. d. legge di Duns Scoto (in realtà dovuta ad un diverso autore, comunemente indicato come lo pseudo Scoto), secondo la quale ex absurdo quodlibet ( dall impossibile segue ogni cosa ). Come è noto, la contraddizione rappresenta un caso paradigmatico di impossibilità. 13

14 L intersezione degli insiemi di verità delle equazioni è resa necessaria dal fatto che il sistema - e prima ancora la teoria che sta alla sua base - è costituito da un insieme di proposizioni. Mettere a sistema delle equazioni significa considerarle come una proposizione congiunta la cui verità sussiste solo nel caso in cui tutte le proposizioni che la compongono siano tra loro compatibili. Il fatto che l intersezione degli insiemi di verità delle equazioni sia un sottoinsieme vuoto significa che le informazioni contenute nelle equazioni sono discordanti e richiedono che le variabili assumano valori diversi per poter essere soddisfatte. Diamo ora una veste formale alla teoria mediante un sistema di equazioni in cui compaiono variabili macroeconomiche: 30 Y = C + I C = a + by I = u + vy Y, C, I, sono le variabili del sistema e indicano, rispettivamente, il valore monetario della produzione globale, del consumo aggregato e dell'investimento aggregato. a, b, u e v sono parametri, nomi di numeri determinati (ma che possono anche essere ignoti). Va ricordato, tuttavia, che il fatto che Y indichi il valore monetario della produzione, C il valore monetario del consumo globale, ecc., è irrilevante per i nostri scopi e cioè per individuare la soluzione del sistema. Ciò che invece è importante è il loro insieme di ammissibilità, che spesso viene specificato solo implicitamente. Per semplicità si può supporre che l insieme di ammissibilità di ciascuna delle variabili sia l'insieme dei numeri reali positivi. Di conseguenza, il prodotto cartesiano di tali insiemi è P = R+ R+ R+, dove R+ è l'insieme dei numeri reali positivi. A questo punto siamo in grado di determinare l insieme di verità (relazione o funzione) di ciascuna equazione ossia il sottoinsieme del prodotto cartesiano che la soddisfa. La prima equazione, Y - C - I = 0, è un enunciato aperto, il cui insieme verità deve essere un sottoinsieme del prodotto cartesiano P = R+ R+ R+. Così la terna (Y, C, I) è un elemento di P = R+ R+ R+. La prima equazione, dunque, caratterizza la relazione o funzione: F1 = {( Y, C, I ): Y = C + I ; C ε R, I ε R, Y ε R}. La seconda caratterizza la relazione o funzione: F2 = {( Y, C, I ): C = a + b Y; C ε R, I ε R, Y ε R}. La terza caratterizza la relazione o funzione: F3 = {( Y, C, I ): I = u + v Y; C ε R, I ε R, Y ε R}. Il fatto che le tre equazioni siano messe a sistema significa che vogliamo considerarle come elementi di un unica proposizione congiunta, e quindi che ci interessano soltanto quelle terne (Y, C, I) che appartengono a tutte e tre le relazioni. In altre parole, vogliamo individuare l'insieme F1 F2 F3 che è l'intersezione delle tre relazioni. Definiamo tale intersezione come l'insieme soluzione del sistema di equazioni. In questo caso esso contiene esattamente un elemento, una terna (Y, C, I), posto che b + d Si ha così 30 Utilizzo per comodità l esempio fornito da Papandreou (1966, pp ). 31 Il determinante della matrice dei coefficienti del sistema è Y C I 14

15 F1 F2 F3 = {(a + u)/1 (b+v); a (1 v) + bu/1 (b+v) ; u (1 v) + av/1 (b+v)} a condizione che b + v 1. Se b + v = 1 e a + u 0, allora F1 F2 F3 = ; il sistema di equazioni, cioè, non ha soluzioni. 32 Se, invece, F1 F2 F3 33, il sistema di equazioni è provvisto di soluzione, il che equivale a dire che esiste un modello per il nostro sistema assiomatico formale ovvero che la nostra teoria è coerente. Naturalmente, questo non significa che la teoria sia vera ossia che corrisponda alla realtà, dato che la realtà non può essere confrontata direttamente con le proposizioni che la descrivono. Significa soltanto, come si è detto, che non si incorre in alcun problema di coerenza logica (in alcuna incompatibilità o contrarietà) quando si enuncia tale teoria. In altre parole, significa che esiste un mondo possibile in cui tutte le ipotesi della nostra teoria risultano vere. Il problema che si apre a questo punto non è logico ma epistemologico e consiste nel controllare mediante osservazioni o esperimenti se questo mondo possibile coincide con quello che costituisce l oggetto della nostra indagine. Per mettere a fuoco questa conclusione è opportuno richiamare la distinzione tra intensione ed estensione di un termine proposta da Frege in Senso e significato. 34 La prima, detta anche connotazione, indica la proprietà che possiedono - o la relazione che intercorre tra - tutti gli oggetti a cui si applica quel termine, mentre la seconda, detta anche denotazione, indica tutti gli oggetti che possiedono la proprietà - o sono legati dalla relazione - indicata dal termine. Come è stato osservato, quando pensiamo all intensione di Presidente donna degli Stati uniti noi in realtà stiamo pensando all estensione, ma non all estensione nel mondo attuale (e cioè all insieme vuoto), bensì all estensione che l espressione ha in qualche mondo possibile in cui gli Stati Uniti hanno un presidente donna. Alla base di questa affermazione sta l idea secondo cui l intensione di un termine è una funzione ( ) che, per ogni situazione possibile o mondo, determina quegli oggetti che sono l estensione di una data espressione. Ciò significa costruire le intensioni come funzioni da mondi possibili ad estensioni 35 ossia come una regola che trasforma una situazione possibile in un oggetto o un insieme di oggetti. eq eq. 2 -b +1 0 = 1 (b + v) eq. 3 -v 0 +1 Porre la condizione b + v 1 equivale a dire che la caratteristica della matrice dei coefficienti deve essere Se a + u 0, la caratteristica della matrice aumentata dei coefficienti deve essere uguale a 3, mentre la caratteristica dei coefficienti è minore di 3, poiché b + v 1. Secondo il teorema di Rouché Capelli, infatti, condizione necessaria e sufficiente perché un sistema di m equazioni lineari in n incognite abbia soluzione è che la matrice incompleta del sistema abbia lo stesso rango o caratteristica della matrice completa. 33 Una condizione aggiuntiva che usualmente si richiede è la considerazione del numero più piccolo di relazioni la cui intersezione caratterizza un insieme soluzione. Nel caso dei sistemi lineari ciò equivale a richiedere che nessuna equazione sia superflua, il che si verifica quando tutti i vettori della matrice dei coefficienti sono linearmente indipendenti. 34 Cfr. Frege (1965, pp ). In realtà, questa distinzione è già presente in autori precedenti. Secondo Sesto Empirico (Adversus Mathematicos, VIII,11,12), già gli stoici avevano affermato che la teoria del significato indaga le connessioni fra tre cose: ciò che è significato, ciò che significa e infine l oggetto. Ciò che significa è il segno, ciò che è significato è il lekton che corrisponde al concetto o intensione, mentre l oggetto è ciò a cui il segno si riferisce e cioè l estensione. La distinzione tra oggetto e lekton fu ripresa dagli scolastici (che parlano, in modo simile, rispettivamente di suppositio e significatio) e successivamente da Leibniz, a cui si deve l introduzione dei termini intensione ed estensione. Frege chiama l intensione e l estensione, rispettivamente, senso e significato. 35 Allwood-Andersson-Dahl (1981, pp , passim). 15

16 Come ci può aiutare tutto questo per chiarire il concetto di verità in un mondo possibile e quindi la definizione di modello? La risposta sta nell estendere queste considerazioni agli enunciati e cioè nell immaginare come deve essere il mondo affinché un certo enunciato sia vero. Le condizioni che il mondo deve soddisfare perché un enunciato sia vero sono chiamate condizioni di verità dell enunciato e coincidono con la sua intensione. Questa, pertanto si configura come una funzione da mondi possibili a valori di verità, 36 i quali, secondo la proposta di Frege, 37 rappresentano l estensione dell enunciato. Una proposizione, dunque, non sarebbe altro che una regola che trasforma situazioni o mondi possibili in valori di verità e quindi stabilisce se esistono mondi in cui essa è vera. Proposizioni contraddittorie o contrarie (incompatibili) non possono essere vere in alcun mondo possibile (o almeno in nessun mondo in cui valga il principio di non contraddizione). Possiamo applicare questo discorso ai modelli dei nostri sistemi assiomatici formali (o alle soluzioni dei nostri sistemi di equazioni) e dire che un modello (o la soluzione di un sistema di equazioni) altro non è che l assegnazione di un significato ai termini primitivi (o la determinazione di una o più n-ple di valori delle variabili) che mostra la compatibilità o non contrarietà di tutte le proposizioni del sistema e cioè la loro verità in qualche mondo possibile. A conclusione del nostro discorso va sottolineato che i modelli, oltre a costituire uno strumento di controllo della coerenza delle teorie, offrono all economista anche altri vantaggi. Una volta che la teoria sia stata formalizzata e di tale formalizzazione sia stato fornito un modello, sarà possibile stabilire l ordine delle variabili implicito nella teoria, cosa di cui il teorico spesso non è consapevole. In particolare, sarà possibile stabilire se l insieme delle relazioni individuato dal sistema di equazioni in cui è stata tradotta la teoria è di tipo integrato oppure causale 38, e in questo secondo caso utilizzarla per dare un fondamento razionale ad una eventuale azione di politica economica Conclusione Il procedimento usualmente adottato per controllare la coerenza delle teorie economiche può essere sintetizzato nel modo seguente. Il primo passo consiste nel tradurre la teoria economica, che usualmente è espressa in linguaggio naturale, in un sistema assiomatico formale in cui compaiono termini non definiti (detti termini primitivi) e proposizioni non dimostrate (detti assiomi). Usualmente gli economisti si servono a questo scopo di sistemi di equazioni e/o disequazioni (per semplicità abbiamo considerato soltanto le prime), in cui i termini primitivi sono rappresentati dalle variabili, mentre gli assiomi sono rappresentati dalle equazioni (proposizioni aperte). La ragione è molto semplice: i matematici hanno messo a punto metodi sicuri per trovare la soluzione di un sistema di equazioni e quindi l economista non deve far altro che tradurre la sua teoria (che spesso si propone di spiegare una realtà complessa e quindi è formata da più enunciati) in un sistema di equazioni, cercare la soluzione di tale sistema e dimostrare così la coerenza della teoria. Pertanto, nel caso in cui il sistema assiomatico formale sia rappresentato da un sistema di equazioni, il modello è costituito dalla soluzione di questo sistema e cioè dall n-pla o dalle n-ple di valori delle variabili che soddisfano le equazioni. 36 Allwood-Andersson-Dahl (1981, p.176). Le idee richiamate nel testo sono il risultato degli sviluppi della logica modale a cui hanno contribuito Carnap, Kripke e Montague per citare solo i nomi degli studiosi più noti. 37 Cfr. Frege (1965, pp ). 38 Cfr., su questo punto, Simon (1985, pp ), Papandreou (1966, pp ). 39 Cfr., su questo punto, Hansen (1967), Timbergen (1969). 16

17 In realtà, la situazione è un po più complicata. Nella teoria dei modelli, l interpretazione dei termini primitivi del sistema assiomatico va intesa come assegnazione agli stessi di un significato, il che è perfettamente logico se si considera che i termini primitivi non sono definiti e quindi è possibile attribuire loro un significato a piacere. Ora, va tenuto presente che un sistema di equazioni non è altro che una meccanismo deduttivo, uno strumento messo a punto per calcolare i valori delle variabili che sono contenuti implicitamente nelle equazioni. In altre parole, si tratta di un argomento logico che, come ogni argomento, è formato da una o più premesse e da una conclusione. Le premesse sono rappresentate: a) dalle equazioni, che traducono in linguaggio matematico le informazioni di cui siamo in possesso; b) dagli insiemi di ammissibilità delle variabili che definiscono i valori che ciascuna di esse può assumere. A partire dagli insiemi di ammissibilità è possibile poi costruire un prodotto cartesiano, che rappresenta l universo del nostro discorso. La conclusione è costituita, invece, dalla soluzione del sistema e cioè dall elemento o dagli elementi del prodotto cartesiano (l n-pla o le n-ple di valori delle variabili) che soddisfano simultaneamente tutte le equazioni. La soluzione del sistema di equazioni si ottiene nel modo seguente: una volta definito il prodotto cartesiano degli insiemi di ammissibilità delle variabili, ogni equazione (proposizione aperta) individua una relazione o funzione (in senso estensionale) formata dagli elementi del prodotto cartesiano che la rendono vera (la soddisfano) e che perciò viene chiamata il suo insieme di verità. Il fatto che le equazioni siano messe a sistema significa che vogliamo considerarle come un unica proposizione. Si tratta, in effetti, di una particolare proposizione composta, detta congiunzione, la quale risulta vera quando le sue componenti sono tutte vere e cioè quando non sono tra loro incompatibili. Nel caso dei sistemi di equazioni stabilire la compatibilità o non contrarietà delle informazioni disponibili è relativamente semplice: basta trovare una soluzione del sistema ossia una o più n-ple di valori delle variabili che soddisfano simultaneamente tutte le equazioni. Il procedimento consiste nel calcolare l intersezione degli insiemi di verità (relazioni o funzioni) delle singole equazioni. Se l intersezione è un insieme vuoto, allora vuol dire che non esiste nemmeno un elemento del prodotto cartesiano (nemmeno una n-pla di valori delle variabili) che soddisfi simultaneamente tutte le equazioni e, pertanto, che il contenuto informativo del sistema (la teoria sottostante) è incoerente. Ciò risulta dalla circostanza che le equazioni, per essere soddisfatte, richiedono valori diversi per le stesse variabili. Se, invece, l intersezione non è un insieme vuoto, allora vuol dire che esiste almeno un elemento del prodotto cartesiano (almeno una n-pla di valori delle variabili) che soddisfa simultaneamente tutte le equazioni e pertanto che il contenuto informativo del sistema (la teoria sottostante) è coerente dato che le equazioni, per essere soddisfatte, richiedono gli stessi valori per ciascuna delle variabili. La coerenza è importante per una teoria perché, come sappiamo, 40 da un discorso incoerente è possibile trarre logicamente qualunque conclusione, sia vera che falsa. Premesse incompatibili in un argomento logico (ad esempio la coppia di proposizioni: domani piove, domani non piove ) giustificano qualunque conclusione perché dicono troppo e cioè violano il principio di non contraddizione. La dimostrazione che il sistema di equazioni mediante il quale la teoria economica è stata formalizzata (vale a dire, tradotta in sistema assiomatico formale) ha almeno una soluzione, ci assicura che tale teoria è coerente e che quindi vale la pena di adottarla come strumento di indagine, ma non significa affatto che essa sia vera ossia che corrisponda alla realtà. La coerenza di una teoria significa soltanto che essa descrive un mondo possibile ossia un mondo in cui vale il principio di non contraddizione e niente più. Un esempio significativo dell importanza che la coerenza assume per il discorso scientifico è rappresentato dalla tenacia con cui i teorici dell equilibrio economico generale hanno cercato 40 Cfr. la nota

18 per più di mezzo secolo la dimostrazione dell esistenza di una soluzione del sistema walrasiano. L obiettivo, raggiunto contemporaneamente nel 1954 da McKenzie e da Arrow- Debreu, ha sollevato gli studiosi che si riconoscono in questo indirizzo di pensiero dall imbarazzante incertezza riguardante la coerenza delle ipotesi su cui si basa la teoria. A partire da quel momento, essi furono in grado di sostenere senza timore di smentita che il mondo economico ipotizzato dalla teoria sarebbe potuto esistere da qualche parte ovvero che, se un onnipotente legislatore avesse potuto tradurre in pratica le proposizioni della teoria, un sistema economico come quello che essa descrive sarebbe stato in grado di funzionare. Una volta che di una teoria sia dimostrata la coerenza sarà compito degli studiosi indagarne la verità mediante il ricorso ad esperimenti o altri tipi di controllo empirico ossia cercando di accertare se il mondo in cui viviamo appartiene all insieme dei mondi possibili nei quali le proposizioni della teoria risultano vere. Riferimenti Bibliografici Allwood J.-Andersson L. G.-Dahl O. (1981), Logica e linguistica, Il Mulino, Bologna. Dalla Chiara Scabia M. L. (1980), Logica, Mondadori, Milano. Eves H. (1972), A survey of geometry, Allyn and Bacon, Boston-London-Sydney- Toronto. Frege G. (1965), Logica e aritmetica, Boringhieri, Torino. Hansen B. (1967), The economic theory of fiscal policy, Allen & Unwin, London. Lambert K.-Brittan jr. G. G. (1981), Introduzione alla filosofia della scienza, Boringhieri, Torino. Musgrave A. (1995), Senso comune, scienza e scetticismo, Cortina, Milano. Papandreou A. G. (1966), Introduzione ai modelli macroeconomici, ISCO, Roma. Peirce C. S. (1984), Le leggi dell ipotesi, Bompiani, Milano. Popper K. R. (1969), Scienza e filosofia, Einaudi, Torino. Popper K. R. (1970), Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino. Putnam H. (1993), Mente, linguaggio, realtà, Adelphi, Milano. Putnam H. (1993), Matematica, materia e metodo, Adelphi, Milano. Quine W. V. O. (1966), Il problema del significato, Ubaldini, Roma. Salmon W. C. (1969), Logica elementare, Il Mulino, Bologna. 18

19 Simon H. A. (1985), Causalità, razionalità, organizzazione, Il Mulino, Bologna. Tarski A. (1969), Introduzione alla logica, Bompiani, Milano. Timbergen J. (1969), Principi e metodi della politica economica, Franco Angeli, Milano. Trudeau R. (1991), Le geometrie non euclidee, Bollati Boringhieri, Torino. Yamane T. (1972), Matematica per economisti, Etas Kompass, Milano. 19

20 SOMMARIO Di solito, per formulare le loro teorie, gli economisti ricorrono a modelli matematici, ma raramente essi spiegano perché. Questo modo di procedere è diventato col tempo una prassi consolidata e ha generato la convinzione che la matematica sia indispensabile per la teoria economica ovvero che una teoria economica degna di questo nome non possa prescindere da una formulazione matematica. Il risultato è che tutti o quasi tutti parlano di modelli senza sapere esattamente di che cosa si tratta e a che cosa servano e finiscono per usare il termine come sinonimo di teoria enunciata in modo rigoroso (e quindi scientifico) o addirittura di teoria tout court. Per rimediare a questo stato di cose è opportuno riportare la discussione al punto di partenza e cercare di mettere in chiaro i rapporti che sussistono tra le teorie, i sistemi assiomatici formali e i modelli. Il percorso che seguiremo ci condurrà entro i domini dell epistemologia e della logica e ci consentirà di distinguere in modo chiaro tre fasi fondamentali della ricerca economica: l enunciazione delle teorie, la formalizzazione delle stesse e il controllo della loro coerenza. SUMMARY Economists are used to formulating their theories by means of mathematical model, yet they seldom explain the reason why. This procedure has become common practice by now and has generated the belief that mathematics is essential for economic theory or that an economic theory worthy of that name cannot do without a mathematical formulation. The result is that everybody or almost everybody talks about models without exactly knowing what they mean or what purpose they serve and uses this term as a synonym for a rigorously (and hence scientifically) stated theory or even for a theory tout court. In order to remedy such a situation this paper tries to clarify the relationships between theories, formal axiomatic systems and models by penetrating the dominions of epistemology and logic, which will allow to single out three main stages of economic research: the enunciation of theories, their formalization and, finally, the control of their consistence. 20

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