SULLA LEADERSHIP (2 parte) (liberamente tratto dalla letteratura manageriale anglosassone)
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- Albina Carboni
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1 SULLA LEADERSHIP (2 parte) (liberamente tratto dalla letteratura manageriale anglosassone) Dopo la precedente esposizione delle competenze della leadership secondo il modello di Goleman-Boyatzis-McKee, nella seguente lettura viene esposto come tali competenze possano articolarsi per comporre lo stile di leadership di un manager. Il numero di modelli di stili di leadership è senz altro elevato: dai primi, centrati esclusivamente sulla personalità del capo, a quelli cosiddetti situazionali cioè collegati al momento, alla situazione, a una particolare necessità decisionale, ai modelli infine transazionali (vale per tutti quello di Hersey e Blanchard, 1990) ve n è un ampia scelta e quasi regolarmente ne salta fuori uno nuovo. Tale abbondanza di definizioni comporta come conseguenza un elevato grado di obsolescenza: un modello che oggi è popolare, domani viene rapidamente soppiantato da un altro, in una sovra-produzione di stampo quasi consumistico. Forse per questo, raramente si compiono tentativi per integrare o per confrontare tutti questi modelli, cosicché solo di rado è possibile determinare quale funzioni meglio. La domanda più importante da porsi, infatti, è: di tutti questi modelli, ce n è qualcuno che funziona meglio o si tratta soltanto di una questione di novità di modelli? Quasi tutti i modelli sono interessanti e la maggior parte di loro dà un effettivo contributo nel gettare luce su qualche aspetto della leadership; ciò è vero in particolare per i modelli comportamentali. Ma invero vi sono poche evidenze oggettive che sostengano la validità di un determinato stile di leadership anziché d un altro. C è una valida ragione per questo. Se lo stile e il comportamento di leadership è in larga misura situazionale, allora diventa estremamente difficile misurarne l efficacia. Oltre a ciò, molti modelli sembrano riguardare un medesimo aspetto della leadership, considerandolo però da diverse prospettive; raramente poi vengono esplicitate le connessioni tra i diversi modelli. Una recente ricerca su queste tematiche, avviata su sollecitazione dell Institute of Leadership and Management di Londra e svolta in Inghilterra, ha visto delinearsi sei scale psicometriche, caratterizzate da un elevato grado di affidabilità statistica, che riflettono altrettante coppie di aspetti che contraddistinguono ben determinati stili di leadership
2 Orientato al compito Flessibile Orientato persona Dogmatico alla Propenso alla delega Preferisce l apprezzamento Orientato ai mezzi Strutturato Accentratore Preferisce la punizione Orientato al fine Organico Di seguito le descrizioni delle sei scale. Orientamento al compito vs. orientamento alla Persona Rappresenta in che misura il leader dà maggior valore alle necessità del compito o a quelle di chi lo esegue. Questo è una tematica fondamentale in molti modelli e concerne le credenze del leader in merito a ciò che maggiormente motiva le persone a erogare prestazioni elevate. A un estremo della scala il leader crede che il successo si genera dal successo e che i Collaboratori lavorano in modo più entusiasta per un organizzazione di successo. All altro estremo della scala, il leader ritiene opportuno focalizzarsi sui bisogni dei Collaboratori per riuscire a motivarli a maggiori e migliori prestazioni. Un leader equilibrato adotta secondo utilità entrambi gli approcci. Flessibile vs. dogmatico Chi propende verso l atteggiamento dogmatico ha una forte convinzione di essere lei/lui a sapere come dovrebbero andare le cose!. All altra estremità della scala, uno stile flessibile contraddistingue un individuo aperto a idee e suggerimenti altrui, in quanto convinto di non detenere il monopolio delle idee. Propenso alla delega vs. accentratore Chi adotta uno stile accentratore preferisce che tutto passi dalle sue mani. Probabilmente ha un forte bisogno di controllo o forse guida un gruppo non molto maturo, che necessita d una guida forte (va notato che questa convinzione certe volte è solo del capo)! - 2 -
3 Chi ha invece uno stile orientato alla delega preferisce lavorare tramite gli altri e pone l enfasi sul loro empowerment, accrescendone le responsabilità anche decisionali in funzione della crescita delle loro competenze e della loro volontà di metterle in pratica. Apprezzamento vs. punizione La scala indica che il leader, se si posiziona dal lato dell apprezzamento, è orientato a riconoscere e a ricompensare prestazioni elevate: può trattarsi di benefit tangibili o di calorose pacche sulle spalle. La focalizzazione sulla punizione suggerisce invece che lo stile predominante è quello di considerare le prestazioni buone o elevate come la norma ( questo è esattamente ciò per cui già pago la mia gente ) e di considerare perciò scontato il punire una prestazione che non sia all altezza dello standard atteso. Mezzi vs. fine Per un leader il cui stile è focalizzato sul fine, il risultato è ciò che conta più d ogni altra cosa: tutto può essere sacrificato per quello scopo. Naturalmente ciò non sempre significa che arrivi a essere immorale o amorale; è semplicemente molto focalizzato. Chi invece prova interesse soprattutto per i mezzi si preoccupa di come l obiettivo venga raggiunto e si premura di munirsi di standard e di valori per assicurarsi che esso sia conseguito in modo opportuno. Terrà inoltre in considerazione le implicazioni di ciò che fa (visione sistemica): per esempio si preoccuperà di ambiente e risorse, in termini sia di persone sia di processi. Strutturato vs. organico Si parla di stile organico quando la leadership sembra fluire in modo che sembra naturale. Il leader è carismatico per natura, ha la leadership nel sangue e quello che apprende lo fa tramite osservazione dei comportamenti altrui e imitazione in parte anche inconsapevole di ciò che sembra dare risultati. Si parla invece di stile strutturato quando la leadership è appresa soprattutto tramite formazione, studio e apprendimento di modelli, stesura di piani e processi di auto-educazione. * * * * * L esame dei più diffusi modelli di stili di leadership mostra come essi traggano la loro origine da una o più delle sei scale sopra esposte. Per inciso, le sei coppie di profili sono utili anche per individuare e descrivere gli aspetti-chiave della cultura manageriale di un intera organizzazione, precisandone il sistema di valori e comportamenti preferito
4 A riprova della natura soprattutto situazionale della leadership, le analisi statistiche effettuate durante la ricerca confermano che non vi è alcuna combinazione delle sei coppie di stili che sia correlata in modo univoco e costante con elevate prestazioni. I diversi profili possono ottenere i migliori risultati in contesti differenti. Da qui l opportunità di coltivarne e armonizzarne il più ampio numero, allenandosi a una flessibilità comportamentale atta a produrre risultati nel più ampio numero di casi e di situazioni. Vi sono comunque due denominatori comuni alle varie definizioni della leadership, che riguarda due tematiche ben precise: 1. le prestazioni, in particolare il loro incremento; 2. come ottenerle per il tramite di Collaboratori. Questi due punti aiutano a comprendere l evoluzione, che è in corso, delle tradizionali competenze manageriali: sempre più, infatti, i manager sono chiamati a fare anche i leader. L attività manageriale concerne di norma l organizzare e il dirigere un insieme di risorse, persone incluse, affinché venga raggiunto un livello di prestazioni accettabile. Le relazioni con i Collaboratori possono avere un carattere decisamente strutturato e formale. La leadership riguarda invece il relazionarsi con i Collaboratori in modo tale da motivarli a produrre incrementi di sforzi, che si traducono nel migliorare quantitativamente e qualitativamente le prestazioni dell organizzazione oltre le aspettative. È interessante considerare come di solito avviene che le organizzazioni promuovono qualcuno a un incarico manageriale e informano un certo numero di dipendenti che d ora in avanti risponderanno a quella/quel manager. Dato un sufficiente livello di organizzazione e di struttura, i dipendenti accettano il fatto, accettano la/il manager e iniziano a seguirne le istruzioni. La domanda è: Può un organizzazione promuovere un leader?. Chi decide chi è leader e chi non lo è? L osservazione e l esperienza attestano che in realtà è il Collaboratore che decide se considerare qualcuna/o come leader, con le relative implicazioni in termini di performance. Di norma l organizzazione difficilmente riesce a ottenere da un Collaboratore che questi faccia uno sforzo speciale. Perciò il modo con cui si impostano e mantengono le relazioni con i Collaboratori è un attività fondamentale di chiunque aspiri a essere leader! - 4 -
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