STUDIO DELLA TRASDUZIONE DEL SEGNALE NUCLEARE INOSITIDE-DIPENDENTE: IDENTIFICAZIONE DI eef1a2 COME NUOVO FOSFOSUBSTRATO DI PKC βi

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1 Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE MORFOLOGICHE UMANE E MOLECOLARI SETTORE DISCIPLINARE BIO/16 STUDIO DELLA TRASDUZIONE DEL SEGNALE NUCLEARE INOSITIDE-DIPENDENTE: IDENTIFICAZIONE DI eef1a2 COME NUOVO FOSFOSUBSTRATO DI PKC βi Presentata da: Dott.ssa Manuela Piazzi Coordinatore: Chiar.mo Prof. Lucio Cocco Relatore: Chiar.mo Prof. Lucio Cocco Ciclo XXI Esame finale anno 2009

2 Indice CAPITOLO 1 INTRODUZIONE TRASDUZIONE DEL SEGNALE INOSITIDE DIPENDENTE LE PROTEIN CHINASI C IL DIFFERENZIAMENTO MIOGENICO IL FATTORE DI ELONGAZIONE EUCARIOTICA EEF1A CAPITOLO 2 SCOPO DELLA RICERCA CAPITOLO 3 MATERIALI E METODI REAGENTI E ANTICORPI COLTURE CELLULARIE INDUZIONE AL DIFFERENZIAMENTO PURIFICAZIONE DI NUCLEI DA CELLULE C2C PURIFICAZIONE DI NUCLEOLI DA CELLULE C2C SOLUBILIZZAZIONE DELLE FRAZIONI CELLULARI E DOSAGGIO DEL CONTENUTO PROTEICO IMMUNOPRECIPITAZIONE SDS PAGE E ANALISI MEDIANTE IMMUNOBLOTTING IMMUNOFLUORESCENZA SU PREPARATI NUCLEARI IN SITU ANALISI IN SPETTROMETRIA DI MASSA LC MS/MS MUTAGENESI SITO SPECIFICA ED ANALISI IMMUNOCHIMICA CON PROTEINE RICOMBINANTI GST EEF1A2 E GST EEF1A2/S53A TRASFEZIONE TRANSIENTE CON IL VETTORE GFP EEF1A SILENZIAMENTO DELLA PI PLC β1 CON OLIGONUCLEOTIDI ANTISENSO CAPITOLO 4 RISULTATI IMMUNOPRECIPITAZIONE CON ANTICORPO ANTI FOSFOSUBSTRATO DI PKC CONVENZIONALI IMMUNOBLOTTING: DISTRIBUZIONE INTRACELLULARE DI EEF1A ANALISI DELLA DISTRIBUZIONE DI EEF1A2 CON INDAGINE IMMUNOCITOCHIMICA E TRASFEZIONE CON GFP i

3 4.4 ANALISI IN IMMUNOBLOTTING DELLA DISTRIBUZIONE DELLE ISOFORME DI CPKC IN NUCLEI DI CELLULE C2C ESPERIMENTI DI PULL DOWN CON LE PROTEINE RICOMBINANTI GST EEF1A2 E EEF1A2/S53A ESPRESSIONE DEL FATTORE DI ELONGAZIONE EEF1A2 DURANTE IL PROCESSO DI DIFFERENZIAMENTO MIOGENICO EFFETTO DEL SILENZIAMENTO DELLA PI PLC Β1 SULL ESPRESSIONE E FOSFORILAZIONE DEL FATTORE DI ELONGAZIONE EEF1A CAPITOLO 5 CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA ii

4 Capitolo 1 Introduzione 1.1 Trasduzione del segnale inositide-dipendente La capacità di ogni cellula di rispondere agli stimoli ambientali è dovuta all attivazione di un processo di trasduzione del segnale. Questo processo prevede che, in seguito all interazione di molecole presenti nello spazio extra-cellulare, denominate ligandi, con i loro recettori presenti sulla superficie cellulare, vengano attivate all interno della cellula una o più vie di risposta. In questo modo la cellula può integrare le numerose informazioni che riceve circa le variazioni dell ambiente esterno generando così una risposta adeguata all insieme dei segnali recepiti. Una di queste vie di trasduzione del segnale prevede l idrolisi di un fosfolipide di membrana, il fosfatidilinositolo 4,5-bisfosfato (PIP 2 ). Questa reazione è catalizzata dalle fosfolipasi C (PLC) fosfoinositide-specifiche e comporta la produzione di due importanti secondi messaggeri: l inositolo-1,4,5-trisfosfato (IP 3 ) e il diacilglicerolo (DAG). L IP 3 liberato si lega al suo recettore, presente a livello del reticolo endoplasmatico, causando così l apertura dei canali del Ca 2+ con conseguente aumento della concentrazione intracellulare di questo ione e l attivazione degli enzimi Ca 2+ -dipendenti. Inoltre l IP 3 può costituire il substrato di diverse chinasi e fosfatasi che generano a loro volta una serie di intermedi coinvolti anch essi nel signalling intracellulare. Il DAG va invece ad attivare alcune isoforme della proteina chinasi C (PKC), che a loro volta hanno come bersaglio specifiche cascate di trasduzione del segnale Il ciclo dei fosfoinositidi nel nucleo cellulare Alla fine degli anni Ottanta cominciarono ad emergere le prime evidenze sulla presenza dei fosfoinositidi a livello nucleare, sebbene in minima percentuale, e del loro coinvolgimento in processi quali proliferazione e differenziamento cellulare. 1

5 Figura 1 - Meccanismi di regolazione dell attività della PLC-β1 nucleare Irvine, R. F. Nuclear lipid signalling. Nat Rev Mol Cell Biol 4, (2003) La trasduzione del segnale legata ai fosfoinositidi si basa sulla sintesi e sul metabolismo del PIP 2, molecola chiave in grado sia di modulare direttamente l attività di altre proteine effettrici, che di essere a sua volta substrato di enzimi in grado di attivare una cascata di trasduzione del segnale. In seguito all attivazione di PI-PLC a livello nucleare, il PIP 2 viene idrolizzato in due molecole trasduttrici fondamentali, IP 3 e DAG, in grado di agire come secondi messaggeri all interno del nucleo (Fig.1). Il DAG, a livello nucleare, può essere fosforilato da un enzima finemente regolato, la DAG chinasi, producendo un altro importante secondo messaggero, l acido fosfatidico (PA). Questo implica che, nel nucleo, DGK esercita una duplice funzione: determina l inattivazione del segnale indotto dal DAG e genera PA. Sono state descritte nove isoforme di DGK, sei delle quali presenti a livello nucleare in diversi modelli cellulari (1). L IP 3 è un secondo messaggero idrofilico ed ha un ruolo nella regolazione nucleare del Ca 2+. A livello citoplasmatico, IP 3 lega il suo specifico recettore e determina il rilascio delle riserve intracellulari di Ca 2+, mentre a livello nucleare il ruolo di IP 3 rimane ancora 2

6 controverso (2, 3). È noto che sono presenti pompe ioniche per il Ca 2+ nella membrana nucleare esterna e ci sono evidenze della presenza di recettori che legano IP 3 a livello transmembrana, con il dominio che lega IP 3 sporgente sul versante nucleoplasmatico. È nota anche un altra importante funzione di IP 3 a livello nucleare, in quanto precursore di una serie di secondi messaggeri lipidici, gli inositoli iperfosforilati, che sono stati recentemente correlati al rimodellamento della cromatina e all esportazione degli mrna nel citoplasma (4, 5). Il PIP 2 è un substrato non solo di PI-PLC, ma anche di altri importanti enzimi presenti a livello nucleare, quali la fosfatidilinositolo-3 chinasi (PI3K). In seguito alla fosforilazione di PIP 2 da parte di PI3K si ha la produzione di PIP 3, ma questo enzima può anche generare PI(3)P e PI(3,4)P 2. I membri della famiglia delle PI3K sono considerati oncogeni in quanto sono coinvolti nel controllo della progressione del ciclo cellulare, differenziamento, sopravvivenza cellulare, invasione, processo metastatico ed oncogenesi. Molti degli effetti biologici associati all attività di questi enzimi sono mediati da Akt, una serina/treonina chinasi presente nel nucleo (6). PIP 3 può essere in seguito riconvertito a PIP 2 dall azione di PTEN (phosphatase and tensin homologue deleted on chromosome 10), che può anche generare PI(4)P a partire da PI(3,4)P 2. PTEN è mutato o inattivato in molti processi tumorali e questo comporta l attivazione costitutiva della cascata di trasduzione del segnale indotta da PI3K. Un altro gruppo di enzimi che esercita un ruolo molto importante nel ciclo nucleare dei fosfoinositidi, sono le chinasi che fosforilano il PI nelle posizioni 3, 4 e 5 dell anello dell inositolo. Questi residui fosforilati possono essere bersaglio di fosfatasi per completare il ciclo e aumentare il numero dei diversi isomeri fosfato del PI. Sono state descritte tre classi di PIPK: PIPKI, PIPKII e PIPKIII. Le prime due classi possono produrre PIP 2. PIPKI α e PIPKII β sono state identificate a livello nucleare (7, 8) Ruolo e regolazione del PIP2 a livello nucleare All inizio degli anni Ottanta è stato dimostrato che i lipidi che presentavano polarità negativa erano implicati nella decondensazione della cromatina, mentre quelli con carica positiva avevano un effetto opposto (9). Da allora, diversi studi hanno confermato l idea che i fosfolipidi siano implicati nel rimodellamento e nella struttura della cromatina. 3

7 Per esempio, il PIP 2 è in grado di riconoscere ed interagire con il dominio C-terminale dell istone H1: uno dei meccanismi proposti è che il legame del PIP 2 all istone H1 ne determini il rilascio dal DNA attivando quindi la RNA polimerasi II. Il rilascio e la fosforilazione dell istone H1 determinano la decondensazione delle fibre cromatiniche ed aumento dell attività trascrizionale. E stato anche suggerito che il PIP 2 possa mantenere la cromatina in uno stato trascrizionalmente attivo agendo sulla fosforilazione dell istone H1. Durante l assemblaggio dei nucleosomi, l acetilazione degli istoni regola il legame dell istone H1 e la condensazione della cromatina (10, 11). Il rilascio dell istone H1 è necessario per l acetilazione dell istone H3, quindi per avviare la trascrizione. Il complesso SKTL/ASH2 di rimodellamento della cromatina interagirebbe con la cromatina, dove PIP 2 può essere prodotto e può legare l istone H1. Questa interazione può essere resa possibile dal fatto che ASH2 presenta un dominio PHD (plant homeodomain), in grado di interagire con i fosfoinositidi. Questa interazione determinerebbe il rilascio dell istone H1 e ne impedirebbe l iperfosforilazione, il che porterebbe, nell ordine, alla decondensazione della cromatina, all acetilazione istonica e all attivazione trascrizionale (12). Un altro meccanismo proposto per spiegare come il PIP 2 possa modulare il rimodellamento della cromatina, coinvolge il complesso BAF. Questo complesso è presente a livello nucleare ed è associato alla matrice nucleare. BAF presenta un core ATP-asico SWI/SNF2, contiene BRG-1 e altre 12 subunità, due delle quali sono la beta-actina e BAF53, una proteina associata all actina (13). L associazione di BAF alla matrice nucleare richiede la presenza di tutte e tre le subunità: beta-actina, BAF53 e BRG-1 (14). BRG-1 presenta due domini che legano l actina, uno dei quali contiene una regione ricca in lisine necessaria per la funzione di BRG-1 e per il legame con il PIP 2 (15). Il meccanismo proposto prevede che il PIP 2 rompa il legame tra BRG-1 e l actina, esponendo un sito dell actina necessario per l interazione con la matrice nucleare. Un legame interessante è che la proteina Rb (retinoblastoma protein), che recluta il complesso BAF per la regolazione dell espressione genica, interagisca e attivi la PIPK di tipo I (16). L aumento quindi di PIP 2 potrebbe portare a una stretta associazione tra il complesso BAF e la matrice nucleare; inoltre, Jones e Divecha hanno proposto un meccanismo per cui BAF interagirebbe e sarebbe in grado di reclutare PIPK di tipo I per controllare la sintesi di PIP 2 (17). 4

8 1.1.3 PI-PLC Fino ad oggi nei mammiferi sono state identificate almeno 13 isoforme di PLC, che vengono suddivise in sei famiglie: -β, -γ, -δ, -ε, -ζ ed -η. Tutte queste isoforme differiscono nella loro organizzazione strutturale, nei meccanismi di regolazione e di attivazione e nella loro distribuzione tissutale (18). Le PLC sono presenti a tutti i livelli evolutivi, partendo dalle più semplici fosfolipasi batteriche, che contengono solamente il sito catalitico e che necessitano di Ca 2+ per la loro attività enzimatica, fino alle forme più complesse presenti negli eucarioti superiori, che si ritengono derivare da una PLC ancestrale (19). Il peso molecolare di questi enzimi varia dai kilodalton (kda) dell isoforma ζ(20), ai circa 85 kda delle PLC-δ, ai kda delle isoforme β, γ e η, per arrivare ai kda della PLC-ε. Dal punto di vista strutturale, il core catalitico di tutte le PLC è costituito dall associazione tra i domini X ed Y. Il confronto delle sequenze aminoacidiche delle diverse isoforme di PLC ha rivelato che le sequenze primarie di questi enzimi sono scarsamente conservate, fatta eccezione per questi due domini (21, 22). Infatti le PLC presentano a livello dei domini X ed Y un omologia di sequenza pari a circa il 60%, che risulta essere superiore tra i membri appartenenti alla stessa famiglia (Fig. 2). La regione linker, compresa tra i domini X e Y, invece risulta essere molto variabile nelle diverse famiglie. Il linker delle isoforme β e δ infatti è costituito da amino acidi, mentre nell isoforma ε è formato da 190 residui. Nelle PLC-γ poi questa regione comprende circa 400 amino acidi organizzati in due domini SH2 (Src Homology2) e un dominio SH3 in grado di legare, rispettivamente, sequenze contenenti tirosine fosforilate e sequenze ricche in prolina. Le isoforme delle famiglie β, γ, δ ed η contengono tutte quante un dominio PH (Pleckstrin Homology) nella regione N-terminale. Questo dominio comprende circa 100 aminoacidi ed è in grado di legarsi a diversi polifosfoinositidi. Questo modulo è presente in numerose proteine che partecipano alla trasduzione del segnale (23, 24). Lo studio della struttura tridimensionale di un mutante della PLC-δ1 di ratto, privo del dominio PH, ha evidenziato l esistenza di due ulteriori moduli: un dominio a mano EF, localizzato tra i domini PH e X, ed un dominio C2, che in alcuni isozimi costituisce un estensione del domino Y (25). 5

9 Figura 2 - Organizzazione strutturale delle isoforme delle PLC. Adattata da (19). Entrambi questi domini sono presenti negli enzimi delle famiglie β, γ, ζ ed η, mentre la PLC-ε presenta solo il dominio C2. Come già ricordato, le varie famiglie presentano ognuna caratteristiche peculiari dal punto di vista strutturale. In particolare, le isoforme γ contengono un dominio PH addizionale interrotto da domini SH, mentre le isoforme β, fatta eccezione per l isozima β4, sono le uniche a contenere una lunga sequenza C-terminale di circa 450 residui, posta a valle del dominio Y. Infine la PLC-ε presenta nella regione N-terminale un dominio di tipo RasGEF (Ras Guanine nucleotide Exchange Factor) e nella regione C-terminale almeno un dominio di legame per Ras (dominio RA) (26). Delle PI-PLC finora identificate, le 4 isoforme appartenenti alla famiglia delle PI-PLC beta sono state localizzate all interno del nucleo e presentano una porzione aminoacidica a livello C-terminale ricca in residui basici fondamentale per la traslocazione al nucleo (27). Anche membri della famiglia delle PI-PLC gamma sono presenti a livello nucleare, ma non presentano il classico NLS (segnale di localizzazione nucleare); è stato dimostrato che nel nucleo di cellule promielocitiche differenziate, l isoforma PI-PLC γ1 forma un immunocomplesso con la protein Vav che, presentando un tipico NLS, potrebbe facilitare la migrazione intranucleare dell enzima come è stato riportato anche in altri casi, per esempio IκBα (28, 29). 6

10 PI-PLC δ1, in cellule renali canine, si comporta come shuttle tra il citoplasma e il nucleo, mentre l isoforma δ4 è stata descritta come specificamente presente solo a livello nucleare in diverse linee cellulari (30, 31). L isoforma δ1 è associata con la cromatina, mentre l espressione della δ4 aumenta durante la transizione G1-S del ciclo cellulare. Anche una delle nuove isoforme scoperte, la PI-PLC ζ, è presente nel nucleo e sembra essere coinvolta nei meccanismi di regolazione del Ca 2+ cellulare esclusivamente durante la fase M del ciclo cellulare (20) PI-PLC β1 Nei mammiferi sono stati identificati 4 isotipi di PI-PLC β e differenti varianti prodotte per splicing. Il meccanismo di attivazione di questi enzimi è mediato da proteine G eterotrimeriche, inoltre presentano un elevata attività GTPasica. Le isoforme beta presenti nei mammiferi sono diversamente distibuite a livello tissutale, in particolare la PI-PLC β1 localizza in specifiche regioni cerebrali. La PI-PLC β1 esiste in due varianti prodotte per splicing alternativo, la PI-PLC β1a e la PI- PLC β1b, che differiscono a livello dei residui aminoacidici C-terminali (32). A livello citoplasmatico, le PI-PLC β agiscono come effettori molecolari in seguito all attivazione dei recettori trasmembrana appartenenti alla superfamiglia delle rodopsine. E ormai noto che la PI-PLC β1 è l isoforma prevalente a livello nucleare in diversi modelli cellulari e che la porzione C-terminale è fondamentale per la localizzazione all interno del nucleo. Una delle prime osservazioni condotte su fibroblasti murini evidenziò che proprio l attività dell isoforma β1 veniva sollecitata in seguito a stimolazione con IGF-1 (33, 34). In particolare, è stato visto che la PI-PLC β1 si localizza in precise regioni subnucleari chiamate speckles. Questi siti sono altamente dinamici, ovvero cambiano morfologia, assemblandosi e disassemblandosi durante la trascrizione: presentano ridotte dimensioni e sono più numerosi quando l attività trascrizionale è elevata, mentre appaiono larghi e in numero inferiore quando il processo trascrizionale è inibito (35, 36). Questo comportamento viene spiegato dal fatto che rappresentano siti di accumulo per fattori di 7

11 splicing, piccole ribonucleoproteine (snrnp) e forme iperfosforilate di RNA polimerasi II e quindi probabilmente giocano un ruolo importante nell associazione tra meccanismo di trascrizione e splicing post-trascrizionale (37, 38). Si è visto che non solo la PI-PLC β1 è presente in queste strutture, ma anche altre molecole chiave del signaling lipidico, quali PIP2, DGK τ, PI-PLC δ4, PI3K C2α, PTEN e SHIP2, localizzano a livello degli speckles nucleari; in particolare, è stata dimostrata l interazione tra PI-PLC β1, DGK τ e PIPKα. Gli speckles, dunque, possono essere ritenuti siti chiave per il signaling lipidico nucleare, rafforzando l ipotesi di un ruolo dei fosfoinositidi nella processazione dell mrna. Una possibile spiegazione può essere che il PIP2 regoli questo meccanismo interagendo con il core enzimatico dello spliceosoma o con proteine citoscheletriche, quali la proteina 4.1, presenti negli speckles, oppure che il PIP2 agisca solo come substrato di PI-PLC β1 dando avvio alla cascata di trasduzione che vede come secondi messaggeri IP3 e DAG (39). Regolazione dell attività di PI-PLC β1 A livello citoplasmatico, l attivazione di PI-PLC β1 è mediata da proteine G eterotrimeriche, sia da parte della subunità Gα q /α 11 che Gβ/γ, agendo però su porzioni diverse dell enzima: mentre la subunità Gα q /α 11 interagisce con la porzione C-terminale, le subunità Gβ/γ riconoscono la porzione N-terminale del dominio PH. A livello nucleare, il meccanismo di attivazione sembra essere diverso in quanto, sebbene alcuni autori abbiano riportato che Gα i possa traslocare nel nucleo, non ci sono evidenze della presenza di Gα q /α 11 in questo compartimento (40). Diversi studi condotti in differenti linee cellulari esposte a stimoli proliferativi e differenziativi, hanno fatto emergere che PI-PLC β1 è l unica isoforma che presenta un sito di fosforilazione per p42/44 mitogen-activated protein kinase (MAPK) a livello della coda C-terminale (41). In seguito a stimolazione con IGF-1 di fibroblasti murini, si osserva attivazione e traslocazione nucleare di MAPK, la quale può fosforilare PI-PLC β1 a livello della Ser 982 nel dominio C-terminale. Questa fosforilazione, però, non è di per sé sufficiente per l attivazione dell enzima, ma probabilmente è un segnale per il reclutamento di altri elementi regolatori fondamentali (42). 8

12 Per quanto concerne la terminazione del segnale, il DAG può indurre la proteina chinasi C α a traslocare nel nucleo, la quale fosforila la PI-PLC β1 su uno specifico residuo aminoacidico, la Ser 887, inibendone l attività. Questo meccanismo non è stato ancora chiarito completamente in quanto si è visto, in diversi studi in vitro, che la fosforilazione da parte di PKC α non altera l attività della PI-PLC β1, ma sembra impedire l interazione con Gβ/γ (43, 44). Anche il ruolo delle subunità Gβ/γ nell inattivazione di PI-PLC β1 non è stato ancora delucidato completamente per cui si può anche ipotizzare che la fosforilazione su Ser 877 possa influenzare l interazione con altre proteine nucleari, non ancora identificate, portando allo spegnimento della cascata di trasduzione del segnale. Ruolo della PI-PLC β1 nel differenziamento cellulare Differenziamento eritroide La linea cellulare eritroleucemica murina indotta con virus di Friend, denominata Felc, rappresenta un valido e versatile modello per lo studio del differenziamento eritroide. Morfologicamente queste cellule hanno l aspetto di eritroblasti immaturi e sono Epoindipendenti in quanto presentano un attivazione costitutiva di EpoR (45). Il differenziamento eritroide può essere indotto in seguito a trattamento con DMSO (dimetilsulfossido) o altri agenti chimici planari-polari e prevede la sintesi di diverse proteine caratteristiche di questo processo, quali la β-globina. I cambiamenti fenotipici che si osservano sono dunque molto vicini a quelli della fase finale della normale eritropoiesi. Questa linea cellulare Felc è, inoltre, il primo modello sperimentale su cui è stata dimostrata l esistenza di un distinto metabolismo nucleare degli inositidi (46). Inducendo il differenziamento delle Felc con il DMSO si osserva una diminuzione dell attività della PI-PLC β1 (27), della sua espressione e della massa di DAG (47). E stato dimostrato che la localizzazione nucleare della PI-PLC β1 è fondamentale per il differenziamento eritroide: si è visto che l overespressione della PI-PLC β1 provoca un inibizione del differenziamento eritroide indotto dal DMSO con conseguente diminuzione di espressione della β-globina e viene inoltre quasi completamente abolita l attività del fattore di trascrizione p45/nf-e2. Per chiarire maggiormente il ruolo della PI- PLC β1 nel differenziamento eritroide si è studiata l espressione del fattore di trascrizione p45/nf-e2, coinvolto nella regolazione dell espressione del gene della β-globina. 9

13 L espressione di p45/nf-e2, che è un prerequisito del differenziamento delle cellule Felc, è indotta dal DMSO. L overespressione della PI-PLC β1 (entrambe le forme di splicing) riduce l espressione della p45/nf-e2 (48). L overespressione della PI-PLC β1 nucleare induce una stimolazione della proliferazione cellulare rallentando il processo differenziativo. Ciò è dovuto al fatto che in queste cellule vi è un aumento dell espressione della ciclina D3, la quale, complessata con la sua chinasi cdk4, fosforila la proteina Rb (retinoblastoma tumor suppressor) anche in assenza di fattori di crescita. L iperfosforilazione di questo oncosoppressore attiva il fattore di trascrizione E2F-1, fondamentale nella progressione del ciclo cellulare in quanto induce l espressione di geni necessari per l entrata nella fase S (49). Nelle Felc è stato recentemente osservato mediante l uso di microarrays a cdna e tecnologie del sirna che CD24 è una proteina effettrice della via di trasduzione del segnale dipendente dalla PI-PLC β1 nucleare (50). Con i microarrays si è confrontato l effetto dell overespressione della PI-PLC β1 nucleare con quella del mutante citoplasmatico M2b, che è esclusivamente localizzato nel citoplasma. Tra i 9000 geni analizzati si è individuato, nelle cellule che overesprimono PI-PLC β1, un aumento nell espressione del gene della CD24, che codifica per un antigene coinvolto nel differenziamento e nell emopoiesi. Tale correlazione è rafforzata dall osservazione che il silenziamento della PI-PLC β1 con il sirna porta alla riduzione dell espressione della CD24. Sempre nello stesso modello cellulare si è mostrato di recente, attraverso un approccio di proteomica di espressione, che l espressione nucleare della PI-PLC β1 modula l espressione di SRp20, un fattore di splicing appartenente alla famiglia delle proteine SR, ricche in residui di serina e arginina, e che SRp20 e la PI-PLCβ1 interagiscono direttamente a livello degli speckles. Queste scoperte rivelano l importanza della PI-PLC β1 nucleare nel differenziamento eritroide in vitro (51). Differenziamento muscolare La linea cellulare murina C2C12 rappresenta un modello riconosciuto e riproducibile del processo di miogenesi, per questo motivo è stata utilizzata per determinare il ruolo svolto dalla PLC-β1 nel processo di differenziamento muscolare (52). L induzione di questo processo avviene nei mioblasti C2C12 attraverso la stimolazione con fattori di crescita appartenenti alla famiglia degli Insulin-like Growth Factors (IGFs), in particolare IGF-I, IGF-II ed insulina (53). 10

14 Figura 3 - Ruolo della PLC-β1 nucleare nel differenziamento miogenico indotto da insulina, nella linea cellulare murina C2C12. Faenza, I. et al. Nuclear phospholipase C beta1 and cellular differentiation. Front Biosci 13, (2008). Nei mioblasti murini C2C12 sono espresse almeno tre isoforme di PLC-β, precisamente β1, β3 e β4, con differente distribuzione cellulare. Infatti mentre la PLC-β1 è localizzata prevalentemente nel nucleo, la PLC-β3 è distribuita sia nel nucleo che nel citoplasma e la PLC-β4 si trova esclusivamente nel compartimento citosolico. Durante il differenziamento miogenico indotto da insulina l andamento dell espressione delle diverse isoforme della fosfolipasi C varia. Infatti mentre i livelli di PLC-β1 vengono incrementati, quelli della PLC-β3 non subiscono variazioni (54, 55). Un analisi più dettagliata circa il coinvolgimento della PLC-β1 nel differenziamento miogenico ha evidenziato che l aumento di espressione è indotto nelle fasi precoci di questo processo, ovvero durante le prime 24 ore quando la troponina T, un marcatore di differenziamento miogenico, non risulta ancora essere espressa. Inoltre è stato osservato che i livelli di espressione aumentano progressivamente durante il processo differenziativo. La PI-PLC-β1 è poi risultata essere necessaria per l induzione dell espressione della miogenina in seguito a stimolazione con insulina (Fig.3). 11

15 E stato inoltre dimostrato che la localizzazione nucleare della PLC-β1 è essenziale per l induzione del differenziamento, come hanno evidenziato esperimenti condotti con un mutante della PI-PLC β1 privato della capacità di distribuirsi al nucleo. Questo mutante si accumula a livello citosolico dove agisce da dominante negativo per la localizzazione nucleare della PLC-β1 (56). Ne consegue quindi l inibizione della miogenesi indotta da insulina, come è stato dimostrando andando a valutare l espressione di miogenina in seguito all espressione del mutante citosolico (57). Uno studio recente ha sottolineato che durante le fasi precoci del differenziamento miogenico la PI-PLC β1 nucleare è in grado di regolare l espressione della ciclina D3, andando a influenzare l attivazione del suo promotore (54). Durante l arresto del ciclo cellulare l espressione della maggior parte delle cicline diminuisce, fatta eccezione per la ciclina D3, in quanto questa proteina ricopre un ruolo fondamentale nella fase dell arresto del ciclo cellulare mediato da MyoD. Nelle fasi precoci del differenziamento infatti MyoD attiva la ciclina D3 che a sua volta va a sequestrare la proteina prb non fosforilata determinando l uscita irreversibile dei mioblasti dal ciclo cellulare (58). Coerentemente con l osservazione che la ciclina D3 ricopre un ruolo nel differenziamento miogenico, è stata evidenziata la presenza, nella regione 5 non codificante del suo promotore, di numerose E-box, contenenti siti di legame per i fattori di trascrizione miogenici che attivano l espressione dei geni strutturali muscolo-specifici (59). Si è visto che anche la PI-PLC γ1 ha un ruolo nel differenziamento miogenico ed agisce sul promotore della ciclina D3, ma in una regione distinta. Infatti mentre la regione del promotore compresa tra -446 e -190 paia di basi risulta essere attivata dall espressione della PI-PLC β1, le regioni da a -957 e da -190 al sito di inizio della trascrizione sono controllate dall attività della PI-PLC γ1 (54). Questi dati suggeriscono che entrambe le isoforme della PLC non solo sono regolatori fondamentali dell espressione della ciclina D3 nel differenziamento miogenico, ma anche che l induzione della trasduzione del segnale PLC-dipendente da parte dell insulina determina l attivazione di almeno due vie distinte di segnalazione lipide-dipendente. L esistenza di una relazione tra la funzione e la localizzazione della PI-PLC β1 e della PI- PLC γ1 sembra essere supportata da dati che hanno sottolineato l importanza dell organizzazione nucleare per il raggiungimento del differenziamento muscolare. E stato ipotizzato che la PI-PLC β1 nucleare, attraverso la sua azione sulla ciclina D3, possa essere coinvolta nella riorganizzazione della lamina nucleare. E stato infatti dimostrato 12

16 che nelle cellule muscolari i cambiamenti nell organizzazione della lamina A/C possono essere influenzati dall azione della ciclina D3 con il coinvolgimento della proteina prb (60). Studi di co-localizzazione sui mioblasti C2C12 hanno poi messo in evidenza che la PI-PLC β1 nucleare è legata all isoforma ζ della diacilglicerolo chinasi (DGK). Anche i livelli di questa chinasi aumentano durante il differenziamento miogenico e l inibizione del suo incremento determina a sua volta un inibizione del processo differenziativo (61). L associazione fisica tra questi due enzimi potrebbe essere importante dal punto di vista funzionale, in quanto la PI-PLC β1 produce DAG che è il substrato della DGK che a sua volta genera acido fosfatidico (PA). E stato mostrato che il PA è a sua volta in grado di attivare la PI-PLC β1 attraverso il legame con la sua regione C-terminale (62). 1.2 Le Protein chinasi C Le proteine chinasi C (PKC) costituiscono una famiglia di proteine ad attività fosfotrasferasica su residui serinici e treoninici ed hanno un ruolo regolatorio fondamentale in molti processi cellulari che includono proliferazione e progressione del ciclo cellulare, differenziamento, tumorigenesi, apoptosi, rimodellamento citoscheletrico, modulazione dei canali ionici e secrezione cellulare. Questi enzimi furono identificati per la prima volta nel 1995 da Nishizuka e collaboratori come proteine chinasiche istoniche nel tessuto cerebrale di ratto. Ad oggi sono state identificate 12 isoforme di PKC nei mammiferi e vengono comunemente suddivise in tre famiglie, perché sebbene tutte necessitino di fosfolipidi per la loro funzione, differiscono in struttura e per i cofattori che richiedono per la loro attivazione: le PKC classiche o convenzionali (cpkc) comprendono le isoforme -α, -β1, - β2 e γ, richiedono Ca 2+, fosfatidilserina e DAG o esteri del forbolo; le PKC nuove (npkc), ovvero le isoforme -δ, -ε, -η (anche conosciuta come PKC-L), -θ e -µ (isoforma del topo omologa all'isoforma umana conosciuta anche come PKD), sono Ca 2+ indipendenti e richiedono solo DAG e fosfatidilserina per la loro attivazione; infine le PKC atipiche (apkc) comprendono la -ζ, -ι e la -λ (isoforma del topo omologa all isoforma umana ι) e non richiedono né Ca 2+ né DAG per essere attivate, ma solo fosfatidilserina o fosfolipidi o acido fosfatidico. Recentemente è stata identificata una nuova isoforma, la 13

17 Figura 4 - Rappresentazione schematica dei domini delle PKC. Tan S.L. and Parker P.J. Emerging and diverse roles of protein kinase C in immune cell signalling. Biochem J 376(3), (2003). PKCν, molto simile all isoforma PKCµ/PKD. Strutturalmente, le PKC presentano domini conservati (C 1 -C 4 ) interrotti da regioni variabili (V 1 -V 5 ). Le regioni C 1 e C 2 servono per la localizzazione e rappresentano due moduli di indirizzamento alla membrana. Tutte le isoforme presentano un dominio regolatorio N- terminale che contiene una regione pseudosubstrato e un dominio catalitico C-terminale altamente conservato che comprende le porzioni C 3 (dominio legante l ATP) e C 4 (dominio chinasico). La dipendenza dal Ca 2+ per l attivazione della funzione chinasica è conferita dal dominio C 2 ; il sito di legame agli esteri del forbolo si trova nella regione C 1 ed è costituito da due sottodomini simili a zinc finger ricchi in cisteine: in particolare, due residui cisteinici sono fondamentali, infatti le apkc, che mancano di uno dei due residui, non possono essere attivate dagli esteri del forbolo. Non sono ancora stati identificati, invece, i siti di legame per gli attivatori lipidici (Fig.4). L attivazione delle PKC sembra indurne la traslocazione dall ambiente citosolico a quello di membrana; queste traslocazioni possono avvenire in differenti modi e scatenare diversi eventi di trasduzione del segnale. L attività delle PKC viene quindi regolata a seconda della compartimentalizzazione cellulare, che sembra essere prevalentemente a livello della membrana plasmatica e nel citoplasma dato che molte PKC, nello stato inattivo, sono associate al citoscheletro mentre a seguito di fosforilazione vengono reclutate a livello 14

18 Figura 5 - Rappresentazione schematica dell attivazione di PKC. L attivazione di un recettore accoppiato a proteine G (GPCR) o di un recettore tirosina chinasi (RTK), media la produzione di IP3 e DAG. Il DAG attiva e media la traslocazione di PKC alla membrana cellulare, citoscheletro e nucleo. L IP3 promuove il rilascio delle riserve intracellulari di Ca2+ potenziando così l attivazione di cpkc. Le PKC così attivate possono fosforilare substrati specifici su residui di serina/treonina. Koivunen J et al. Protein kinase C (PKC) family in cancer progression. Cancer Letters 235, 1-10 (2006). della membrana plasmatica dove sono definitivamente attivate in presenza dei cofattori specifici (Fig.5). E' stato però dimostrato che quasi tutte le PKC possono essere presenti anche a livello nucleare sia come presenza fissa che in seguito a traslocazione indotta da particolari stimoli. Si è visto che nel nucleo, le PKC possono localizzare in distretti differenti a seconda delle isoforme: per esempio, la PKCα si trova sia a livello della membrana nucleare interna che dei domini intercromatinici, associata alla lamina e alla matrice nucleare; la PKCδ è stata trovata localizzata solo nei nucleoli mentre la PKCζ solo a livello della matrice nucleare (63) Proteine nucleari che legano PKC Negli ultimi dieci anni sono state identificate molte proteine che interagiscono con PKC fra 15

19 cui vinculina e talina, che costituiscono i contatti focali tra le cellule. In generale, le proteine che interagiscono con PKC sono classificate come STICKs, ovvero substrati che interagiscono con proteine chinasi C, RICKs, recettori per PKC inattive, o RACKs, recettori per PKC attivate. Tutte le STICKs sono proteine che legano fosfolipidi e sono generalmente localizzate tra la membrana e le strutture citoscheletriche, mentre le RACKs interagiscono direttamente con il dominio C 2 delle PKC. Queste ultime sono fondamentalmente proteine di ancoraggio ed hanno il ruolo di indirizzare le PKC nei vari compartimenti cellulari, come i contatti focali, l apparato di Golgi, le caveole e le strutture citoscheletriche. Sono state invece identificate come STICKs, quindi substrati di PKC, proteine quali la lamina A/C e la C23/nucleolina. In particolare, è stata caratterizzata l interazione molecolare fra PKCα e lamina A e B, per la quale risulta essere fondamentale il dominio C 2 ; la specificità di interazione sembra essere però conferita dalla regione V 5 per la lamina A e dalla regione V 1 per la lamina B. sono stati identificati anche altri STICKs nucleari per PKCa, fra cui PSF, fattore di splicing associato a PTB, la RNA elicasi p68 e le ribonucleoproteine A3 e L. Rosenberger e collaboratori hanno identificato numerose proteine di ancoraggio di PKCα e hanno osservato che tutte interagiscono con l RNA e sono coinvolte nei meccanismi di splicing (63) Substrati nucleari di PKC L identificazione delle proteine che vengono riconosciute e sono substrato di PKC riveste un ruolo chiave per la comprensione del ruolo di questi enzimi e dei cambiamenti indotti a seguito della loro fosforilazione. Nel corso degli anni, sono state riconosciuti numerosi substrati nucleari, elencati in Tabella 1. All interno del nucleo la funzione delle PKC è collegata ai processi di regolazione della replicazione del DNA, alla sintesi e processazione dell RNA, all espressione genica, al trasporto nucleo-citoplasma e alla struttura della cromatina. Tuttavia non è ancora stato completamente chiarito il meccanismo con cui queste interazioni avvengono, per esempio se la fosforilazione di questi substrati avvenga realmente nel nucleo o in altri compartimenti, oppure quali sono le conseguenze funzionali di queste fosforilazioni. Ci 16

20 Tabella 1 - Substrati nucleari di PKC (63). sono alcune eccezioni, per esempio si è visto che la fosforilazione della lamina B è un evento fondamentale per il disassemblamento nucleare durante la transizione G2/M e nella fase di esecuzione dell apoptosi; inoltre, la fosforilazione della PI-PLC β1 su serina 887 da parte di PKCα, in risposta a stimolo mitogenico, ha la funzione di down-regolare l attività della fosfolipasi (63). La fosforilazione mediata da PKC è un meccanismo importante per il controllo dei processi intracellulari ed ha un ruolo chiave nelle cascate di trasduzione del segnale che regolano la crescita cellulare in risposta a stimoli extracellulari. Come già detto, sono state identificate numerose PKC e l identificazione dei substrati su cui questi enzimi agiscono interessa numerosi gruppi di ricerca. Diversi studi hanno dimostrato che la sequenza primaria delle proteine substrato è di fondamentale importanza nella determinazione della specificità della chinasi che le riconosce, sebbene questa informazione sia disponibile solo 17

21 per un numero limitato di enzimi. Cantley, Songyang e collaboratori hanno sviluppato un metodo per determinare la sequenza ottimale riconosciuta dalle proteine chinasi, fra cui PKC. La chinasi d interesse viene aggiunta ad una soluzione che contiene una libreria degenerata di circa 2.5 bilioni di peptidi, della medesima lunghezza e con un solo aminoacido fosforilabile in una posizione nota. Al termine dell incubazione, la piccola frazione di peptidi fosforilati viene separata dalla miscela abbondante di quelli non fosforilati e sequenziata. Gli aminoacidi che vengono prefenzialmente fosforilati e le relative posizioni, vengono determinate confrontando gli aminoacidi presenti nelle posizioni N-terminali e C-terminali adiacenci al residuo fosforilato, con la miscela di partenza non fosforilata. Questa tecnica può così predire l ottimale sequenza consenso senza avere informazioni sul reale sito fosforilato in vivo e consente di ottenere informazioni sull importanza relativa della posizione e sulla tolleranza dei residui adiacenti all aminoacido fosforilato. Utilizzando questa libreria, gli autori hanno identificato i peptidi substrato ottimali per nove isoforme umane di PKC. Sebbene ciascuna PKC abbia un proprio unico motivo specifico, ci sono elementi comuni a tutte le PKC ed altri comuni per ciascuna famiglia. Il motivo generale comune a tutte che è stato determinato è RXXS/TXRX dove X indica un aminoacido qualsiasi: tutte le PKC quindi, preferiscono un substrato con un residuo basico in posizione -3 e un residuo idrofobico, solitamente una fenilalanina, in posizione +1. Tuttavia, il gruppo delle cpkc si distingue dagli altri perché riconoscono preferenzialmente substrati con residui basici in posizione -6, -4, -2, +2 e +3. Anche il gruppo delle npkc e l apkcζ selezionano i substrati che presentano residui basici in posizione -6, -4 e -2, ma non in posizione +2 e +3, nelle quali preferiscono residui drofobici. (64, 65) PKC β Sono state identificate due isoforme di PKC β, PKC βi e PKC βii, generate da splicing alternativo a livello degli esoni C-terminali (Fig. 6). La differenza tra questi due enzimi risiede a livello del dominio C-terminale V 5. Si è visto che entrambe hanno un ruolo in differenti percorsi di trasduzione del segnale che regolano proliferazione, differenziamento 18

22 Figura 6 - Domini strutturali di PKC βi e PKC βii. Le due isoforme differiscono solamente a livello della regione V5, ma i siti di auotofosforilazione (Thr641 e Ser660 in PKC βii) sono conservati. Kawakami T et al. Protein Kinase Cp (PKCp): Nomal Functions and Diseases. J Biochem 132, (2002). e metabolismo cellulare. Il ruolo della PKC β è ben caratterizzato, in particolare, in due percorsi di trasduzione, quello indotto dall insulina (Fig. 7) e quello che regola la risposta immunitaria. Come già detto, a seguito di stimolazione del recettore dell insulina, si ha attivazione di PI- PLC, produzione di DAG che può attivare, a turno, parecchie isoforme di PKC. A loro volta le PKC possono attivare Ras e il percorso Raf-MEK-ERK. Sulla base di evidenze sperimentali condotte con oligonucleotidi antisenso e utilizzando inibitori farmacologici di PKC β, è stato proposto un meccanismo di regolazione da parte di PKC β in seguito a stimolo mitogenico, riassunto in figura. In diversi modelli cellulari però, l attivazione di PKC è associata ad una inibizione del recettore insulinico ad attività tirosino-chinasica (PTK), il che contribuisce all insorgenza del diabete mellito. È stato inoltre dimostrato il coinvolgimento di PKC βii nello sviluppo di retinopatie e neuropatie associate alla patologia diabetica: in questi processi il meccanismo di neovascolarizzazione gioca un ruolo molto importante e una delle molecole chiave è il fattore di crescita angiogenetico VEGF. È stato suggerito che, data l interazione fisica che si instaura tra PKC βii e la proteina Rb, la fosforilazione di quest ultima da parte di PKC βii potrebbe portare ad un aumento dell attività trascrizionale di EF2 e della proliferazione delle cellule endoteliali indotta da VEGF; l attivazione di PKC β è inoltre coinvolta nella deposizione della fibrina in processi di vascolarizzazione conseguenti a danno ipossico. PKC β esercita un ruolo molto importante anche nello sviluppo e nell attivazione delle 19

23 cellule B, il cui meccanismo di regolazione è riassunto in Figura 8. Di particolare interesse è che il segnale che deriva dall interazione Btk/ PKC βi è coinvolto nella produzione di Il- 2 e TNF-α, inoltre si è visto che PKC βi è necessaria per la secrezione di IL-2 in cellule T stimolate con PMA (66). In un lavoro recente è stato dimostrato che la cascata di trasduzione evocata da PKC βi e che coinvolge NF-κB ha un ruolo importante anche in cellule enterocitiche prevenendo il fenomeno di iperpermeabilità della barriera enterocitica indotto da fattori ossidativi: l attivazione di PKC βi comporterebbe la soppressione di NF-κB, la conseguente diminuzione di fosforilazione di IκBα, stabilizzazione dei livelli di IκBα, inibizione della traslocazione nucleare e dell attivazione delle subunità di NF-κB. Sempre a questo livello, l attivazione di PKC βi aumenterebbe la stabilità della polimerizzazione dei filamenti di actina, riducendo l actina G instabile proteggendo così l integrità del monostrato cellulare (67). 1.3 Il differenziamento miogenico Il differenziamento miogenico è un processo finemente regolato, caratterizzato dal susseguirsi di una serie di eventi ben definiti, quali la proliferazione dei mioblasti, la loro uscita dal ciclo cellulare, la fusione delle cellule per formare miotubi multinucleati e la conseguente maturazione delle fibre. Il differenziamento miogenico richiede l interazione di numerosi processi cellulari e il succedersi di una serie di eventi regolati da numerosi check point attivi a livello trascrizionale (68-73). In particolare vengono coinvolte due grandi famiglie di fattori di trascrizione: la famiglia MyoD dei Muscle Regulatory Factors (MRF) (74) e la famiglia Mef2 (Myocyte Enhancer Factor 2) dei fattori di trascrizione contenenti MADS-box (75). E dunque l equilibrio che si instaura tra i fattori che regolano positivamente la progressione del ciclo cellulare ed i fattori che inibiscono questa progressione a determinare se i mioblasti proseguiranno con la proliferazione cellulare o se al contrario andranno ad attivare il processo di differenziamento miogenico (76). I MRF sono fattori di trascrizione contenenti un dominio basico elica-loop-elica che si lega a siti consenso, denominati E-box, presenti nelle regioni dei promotori e degli enhancer 20

24 Figura 7 - PKC β nella cascata di trasduzione del segnale mediata dal recettore immunitario. Btk fosforila e attiva la PI-PLC γ in cooperazione con Syk. Dag e IP 3 cosi prodotti attivano varie PKC fra cui PKC βi. PKC βi così attivata fosforila Btk su Ser 180 inibendolo con un meccanismo a feedback. PKC β può anche regolare la trascrizione di diverse citochine e geni della sopravvivenza cellulare come bcl-x L, attraverso la via JNK-IKK. Kawakami T et al. Protein Kinase Cp (PKCp): Nomal Functions and Diseases. J Biochem 132, (2002). dei geni muscolo-specifici (77). Fanno parte di questa famiglia i fattori di trascrizione: MyoD, Myf5, miogenina e MRF4(Myf6) (68). MyoD e Myf5 risultano essere espressi nei mioblasti proliferanti già prima dell induzione del processo differenziativo, la loro attivazione prematura viene impedita da numerosi meccanismi di controllo, quali modificazioni post-traduzionali e l associazione con repressori e con proteine che ne impediscono l interazione con il DNA (78). L uscita dei mioblasti dal ciclo cellulare necessita dunque dell inattivazione di questi repressori permettendo così l attivazione dei MRF (79, 80). Al fine di promuovere l espressione dei geni muscolo-specifici i fattori MRF sono coadiuvati dalla famiglia di fattori di trascrizione Mef2. Questa famiglia comprende 21

25 quattro membri (Mef2A, Mef2B, Mef2C e Mef2D) che si legano ad una sequenza consenso ricca in A/T, presente anch essa in numerosi promotori di geni muscolo-specifici (75). Mentre l espressione forzata dei MRF in colture di cellule non di origine muscolare può causarne il differenziamento in senso miogenico, con un livello di efficienza che varia a seconda del tipo cellulare (81, 82), le proteine Mef2 non sono in grado da sole di indurre il programma differenziativo, consolidando quindi l ipotesi che questi fattori ricoprano il ruolo fondamentale di assistenti dei fattori MRF (83). Generalmente nelle regioni dei promotori e degli enhancer dei geni muscolo-specifici, le E-box e i siti di legame per i fattori Mef2 si trovano in prossimità gli uni rispetto agli altri, supportando così il modello secondo il quale MyoD e Mef2 si legano al DNA e promuovono l inizio della trascrizione in modo cooperativo (84). In seguito all induzione del differenziamento, MyoD e Myf5 vengono attivati e vanno a modulare, seppur con cinetiche diverse, l espressione di numerosi geni che partecipano ad un ampia gamma di funzioni biologiche (85). In particolare, nelle fasi precoci viene indotta l espressione della miogenina e quella di due inibitori delle chinasi ciclino-dipendenti (cyclin-dependent kinases, cdk) ovvero p21 Waf/Cip1 e p57 KIP2 (86, 87). Questi due inibitori possono legarsi direttamente alle cdk o ai complessi che si formano tra le cdk e le cicline, i loro partner regolatori (88), inibendone l attività e determinando così l arresto irreversibile della progressione del ciclo cellulare (89). L induzione degli inibitori delle cdk causa inoltre l attivazione di prb (Retinoblastoma protein). Infatti essendo prb inattivata attraverso la fosforilazione da parte delle cdk, l inattivazione delle cdk stesse mediata dai cdk-inibitori causa la mancata fosforilazione di prb e la sua conseguente attivazione. In seguito all induzione del processo differenziativo i mioblasti vengono dunque bloccati nella fase G0/G1 del ciclo cellulare, ne consegue che l espressione della maggior parte delle cicline viene ridotta (90). L unica eccezione è rappresentata dalla ciclina D3 la cui espressione al contrario viene indotta nel differenziamento miogenico (91). Nelle fasi successive si osserva poi la trascrizione dei geni strutturali e la conseguente espressione di marcatori tardivi di differenziamento, come le catene leggere e pesanti della miosina, la creatin chinasi muscolare e il recettore dell acetilcolina. Infine le fasi terminali del processo differenziativo sono caratterizzate dalla fusione delle cellule, dalla formazione di miotubi multinucleati e dalla comparsa delle proteine che vanno a formare l apparato contrattile. 22

26 1.3.1 Il ruolo dell insulina nella regolazione della sintesi proteica L insulina è una molecola in grado di stimolare la sintesi proteica in molti tipi di cellule e tessuti, fra cui il tessuto muscolare umano e di ratto e molte linee cellulari coltivate in vitro. Questo comporta il susseguirsi di due eventi fondamentali, uno a breve termine che determina l attivazione rapida di componenti già presenti dell apparato traduzionale, i fattori di traduzione, e uno a lungo termine che prevede una risposta cellulare in termini di sintesi proteica, fra cui un aumento del numero dei ribosomi. La sintesi proteica è convenzionalmente distinta in tre fasi, fase d inizio, di elongazione e di terminazione. La fase d inizio prevede il trasporto dell mrna e del trna iniziatore che porta l amminoacido metionina (trna Met ), alla subunità minore 40S del ribosoma. A questo livello avviene il riconoscimento del codone d inizio da parte del trna Met, il che comporta l assemblaggio completo del ribosoma richiamando la subunità maggiore 80S e avvia la successiva fase di elongazione, che prevede la sintesi della nuova catena polipeptidica. Entrambe queste prime due fasi possono essere controllate dall insulina. Il trasporto del trna Met al ribosoma è mediato dal fattore eucariotico d iniziazione eif2, una proteina eterotrimerica che lega il GTP ed è proprio grazie al processo di scambio GTP/GDP che avviene il rilascio del trna Met. La proteina che regola lo scambio GDP/GTP sull eif2, eif2b, viene attivata dall insulina, inibendo la glicogeno sintetasi kinasi 3 (GSK3) ovvero la proteina kinasi che fosforila eif2b su un singolo residuo serinico del dominio catalitico. Questo comporta la de fosforilazione di eif2b contribuendo alla sua attivazione. E stato in seguito scoperto che la via di trasduzione del segnale che induce l inattivazione di GSK3 mediata da insulina, è quella di PI3K che, attraverso Akt, fosforila direttamente GSK3. Il trasporto dell mrna al ribosoma coinvolge l interazione fra eif4g ed eif4e mediante un breve motivo presente anche in altre proteine che legano eif4e, la meglio conosciuta delle quali è 4E-BP1, la cui fosforilazione è promossa dall insulina non in maniera PI3K dipendente, ma anche via mtor, su differenti siti. mtor è una proteina kinasi il cui dominio catalitico è molto simile ad altre kinasi lipidiche, quali PI3K. Alcune funzioni di mtor, fra cui la fosforilazione di 4E-BP1 e il suo rilascio da eif4e, sono bloccate dalla 23

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