Le strategie internazionali Le strategie internazionali costituiscono alternative di fondo seguite nella costruzione e/o nel rafforzamento del vantaggio competitivo in ambito internazionale (Valdani & Bertoli, 2003) Le opzioni strategiche possono essere molteplici, visto che i fattori coinvolti nel processo di internazionalizzazione non sono soltanto interni all impresa, ma riguardano anche aspetti dell ambiente esterno 2
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Criteri di scelta del canale di entrata nel mercato estero Grado di conoscenza del mercato della distribuzione (imprese commerciali) e relativo livello di controllo sulla aziende commerciali locali Presenza di intermediari commerciali qualificati Possibilità di attuare politiche di comunicazione verso il mercato di consumo Tipo di struttura organizzativa Livello dei rischi e dei costi nell utilizzo dell intermediario commerciale Gestione del contratto e delle operazioni del commercio internazionale Prospettive di crescita aziendale 4
Canale distributivo e tipologia di beni BENI INDUSTRIALI BENI DI CONSUMO SERVIZI (es. attività di catering) Consorzi e trading company Importatori Agenti Impresa industriale Importatori Grossisti Agenti, Filiali Centrali d acquisto Dettaglio tradizionale (ipermercati, supermercati, punti vendita, cooperative, ecc.) Grossisti specializzati Alberghi, ristoranti, comunità, ecc.) 5
Esempio: circuito di distribuzione del prodotto pomodori pelati nel mercato francese Produzione nazionale in Italia ESPORTAZIONE INDIRETTA MERCATO FRANCESE Importatori e Agenti Catering, Ristorazione, Alberghi, Comunità Grossista Dettaglio indipendente (superette e gourmet shop) Centrali d acquisto Punti vendita della Grande Distribuzione Organizzata 6
La strategia basata sull esportazione Oltre a rappresentare una modalità di ingresso nei paesi esteri, l esportazione rappresenta un orientamento dell impresa all internazionalizzazione Tipica delle PMI, ma anche di imprese più grandi (scelta strategica solida e duratura) Le attività principali vengono concentrate nel paese di origine e solo l attività commerciale esprime un orientamento ai mercati internazionali Vi sono due tipologie di esportazione: Indiretta: delega ad imprese specializzate nell intermediazione e nel commercio internazionale Diretta: utilizzo della propria forza di vendita (la forma più evoluta è quando l impresa apre una propria filiale commerciale all estero) 7
La strategia di esportazione indiretta 8
Le caratteristiche della strategia di esportazione indiretta Nell esportazione indiretta l impresa sceglie operatori che solitamente risiedono nel paese dell esportatore Questi operatori si sono evoluti nel tempo e trovano oggi la loro forza nella specializzazione che può riguardare il prodotto e/o l area geografica Esistono diverse tipologie di intermediari per il commercio estero Consorzi per l esportazione Trading company Buyer Importatori 9
I consorzi (I) Sono strutture associative che legano due o più imprenditori nell istituzione di un organizzazione per la disciplina e lo svolgimento in comune di determinate fasi delle rispettive imprese I profili delle organizzazioni che vi partecipano sono diversi in funzione degli obiettivi: Consorzi promozionali (forniscono servizi generali a supporto e integrazione dell attività di esportazione) Consorzi di vendita (si occupano della commercializzazione dei prodotti sui mercati esteri, ponendo eventualmente anche un marchio consortile) 10
I consorzi (II) Si classificano in base al grado di complementarietà dei prodotto trattati: Monosettoriali generici (rischio di competizione tra imprese) Monosettoriali complementari (abbigliamento uomo e donna) Plurisettoriali eterogenei (diversi prodotti e diversi mercati) Plurisettoriali complementari ( tutto per l edilizia e impianti chiavi in mano ) 11
Innovazione in tema di consorzi ll decreto «sviluppo» ha introdotto dal 26 giugno 2012 un nuovo tipo di consorzio per la diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi delle imprese italiane, con regole molto più semplici e flessibili rispetto ai consorzi export, la cui norma di riferimento è stata abrogata dalla stessa data. Dal 26 giugno 2012, infatti, l art. 23, co. 7, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, ha abrogato la L. 21 febbraio 1989, n. 83, relativa agli interventi di sostegno ai «consorzi per il commercio estero», costituiti tra Pmi industriali, commerciali ed artigiane. Questa norma, comunque, continuerà a disciplinare i procedimenti, per la concessione e l erogazione di eventuali agevolazioni, già avviati al 26 giugno 2012, quindi, rimarranno in vigore a questi fini fino alla definizione dei relativi procedimenti (art. 23, co. 11, D.L. 22 giugno 2012, n. 83). In sostituzione dei consorzi-export, l articolo 42, commi da 3 a 7, del decreto sviluppo (D.L. 83/2012), prevede la costituzione dei «consorzi per l internazionalizzazione». I consorzi per l internazionalizzazione avranno per oggetto la «diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi delle piccole e medie imprese, nonché il supporto alla loro presenza nei mercati esteri anche attraverso la collaborazione e il partenariato con imprese estere». Saranno «funzionali» al raggiungimento del loro oggetto anche le «attività relative all importazione di materie prime e di prodotti semilavorati, alla formazione specialistica per l internazionalizzazione, alla qualità, alla tutela e all innovazione dei prodotti e dei servizi commercializzati nei mercati esteri, anche attraverso marchi in con titolarità o collettivi» (art. 42, co. 3 e 4, D.L. 83/2012). In precedenza, i consorzi-export potevano avere come «scopi sociali esclusivi, anche disgiuntamente, l esportazione dei prodotti delle imprese consorziate e l attività promozionale necessaria per realizzarla», oltre che «l importazione delle materie prime e dei semilavorati da utilizzarsi da parte delle imprese stesse» (abrogato art. 1, co. 2, L. 21 febbraio 1989, n. 83). Con il decreto «sviluppo», quindi, sono state aggiunte molte fasi precedenti all esportazione, come la «formazione» del personale all internazionalizzazione, la tutela della «qualità» e la ricerca di prodotti e servizi innovativi per i mercati esteri. Potranno costituire i consorzi per l internazionalizzazione (applicando le regole degli artt. 2602 e 2612 e segg., Codice civile), in forma di società consortile o di cooperativa, solo le «piccole e medie imprese industriali, artigiane, turistiche, di servizi e agroalimentari aventi sede in Italia», comprese quelle del settore commerciale. Vi potranno partecipare anche «enti pubblici e privati», banche e imprese di grandi dimensioni. Fonte: Guida Pratica per le Aziende, n 9, del 01/09/2012, pag. 27 12
La trading company E una multinazionale del commercio (non univocamente definita) che si assume i rischi contrattuali, di trasferimento, finanziari Compra per rivendere (quindi sono un anello costitutivo della catena del valore/filiera) Realizza marketing del prodotto (promozione nei mercati internazionali specialmente rivolta ai distributori locali) Evita all impresa di produzione di sostenere i costi per conoscere i mercati internazionali e i rischi relativi del mercato Si occupa delle attività di logistica, cioè del trasferimento fisico dei beni Può svolgere una funzione finanziaria e di sostegno al produttore (ma anche di supporto nella realizzazione di eventuali modifiche nel prodotto, es. confezione e/o imballaggio) È posizionata sulla frontiera Può distinguersi in: general trading company (non focalizzati su specifici prodotti/mercati, ma orientati a cogliere opportunità di profitto) e commodity dealers (specifici prodotti focalizzazione su economie di scala su specifici mercati) 13
Quali imprese ricorrono alla trading company? Le PMI che non evolvono e mantengono un basso controllo sull esperienza internazionale (comportamento passivo) (Non assumere la responsabilità della commercializzazione del proprio prodotto all estero comporta una perdita del controllo del prodotto lungo il canale distributivo) Le medie e grandi imprese che non hanno interesse in certi mercati e quindi delegano a questi operatori, che diventano i principali attori della filiera internazionale 14
Quali sono gli svantaggi di ricorrere alle trading company? È lontana dai mercati internazionali Non mostra un forte orientamento ai mercati internazionali, ma si occupa prevalentemente del trasferimento dei beni N.B. Però, le relazioni di cooperazione tra produttore e trading company sono sempre più frequenti e riguardano anche la definizione di alcune politiche di marketing; ciò facilita il processo di apprendimento di entrambe le imprese. 15
L agente di acquisto Sono operatori commerciali che solitamente risiedono nel mercato di origine (ma possono anche trovarsi nel paese estero) Comprano in nome e per conto di un impresa estera (non acquistano la proprietà della merce che trattano) Realizzano politiche di marketing di acquisto con le imprese da cui si approvvigionano (conducono studi sul mercato, individuano i produttori che meglio possono soddisfare i gusti dei consumatori locali, forniscono suggerimenti per modificare il prodotto) Sostengono gli oneri relativi all esportazione e possiedono di solito una notevole forza contrattuale nella determinazione dei prezzi Percepisce una provvigione sul valore della merce esportata 16
L importatore È un organizzazione che risiede nel mercato estero e quindi ne conosce dimensioni e caratteristiche Si focalizza su specifici paese oppure su aree geografiche con caratteristiche di omogeneità Ha relazioni con i produttori, con cui talvolta coopera per la realizzazione del prodotto Si occupa dei flussi di commercio internazionale, non è un distributore, ma si affida a: distributori locali per la commercializzazione nel mercato locale estero propri agenti, grossisti o centrali d acquisto 17
La strategia di esportazione diretta 18
Le caratteristiche della strategia di esportazione diretta La base produttiva è nel paese di origine, ma l impresa tende ad avvicinarsi al mercato estero Consente di essere più vicino al consumatore e controllare il percorso del prodotto lungo la catena distributiva Si attua mediante: Instaurazione rapporto diretto con il cliente estero (es. produzioni su commessa; contatti con grandi distributori; commercio elettronico) Costituzione di una rete di vendita (diretta o indiretta) dedicata al mercato locale Istituzione di una propria unità organizzativa nel mercato prescelto (filiale commerciale) 19
Vantaggi e svantaggi della strategia È vantaggiosa quando: I problemi distributivi sono complessi perché ciascun prodotto richiede una specifica formula commerciale Nel caso di beni strumentali che richiedono una gestione diretta Nel caso di prodotti altamente specializzati Nel caso di prodotti di massa, dove viene richiesta la presenza diretta sul mercato per gestire i volumi di vendita Svantaggi: rischi relativi all investimento iniziale, rischi di cambio, formalità doganali costi di esercizio; costi relativi al personale e alla struttura fisica 20
Perché l esportazione diretta? Rispondere alle sollecitazioni dei distributori e delle dinamiche concorrenziali (atteggiamento/orientamento dell impresa all internazionalizzazione) Ricercare sbocchi occasionali/saltuari Sfruttare un vantaggio competitivo conseguito e applicabile nei paesi esteri Realizzare una crescita fisiologica Ripartire i rischi su più mercati Conseguire economie di scala (volumi), economie di scopo (differenziazione), economie di esperienza (apprendimento) e economie di espansione (raggio d azione) 21
Organizzazioni per l esportazione diretta L agente È un organizzazione che svolge una funzione ausiliaria, non è un nodo cruciale della catena distributiva Non compra e non vende la merce che tratta Lavora in nome e per conto dell impresa per cui lavora con rappresentanza (conclude i contratti) senza rappresentanza (promuove i contratti) Lavora su provvigioni Non si assume alcun rischio, che viene delegato all esportatore/importatore Non offre forme di finanziamento La filiale commerciale È un investimento diretto all estero per l attività di distribuzione da parte del produttore Svolge una funzione di raccolta delle informazioni sul mercato Funzione ambigua: è espressione della strategia diretta o della strategia di integrazione? 22
Il traffico di perfezionamento passivo Secondo la normativa dell Unione europea, viene definito come regime della temporanea esportazione. In sostanza, consiste nell esportazione di merci al fine della loro reimportazione, dopo che esse hanno subìto trasformazione, lavorazione o riparazione Rappresenta una forma di decentramento produttivo a livello internazionale, con l obiettivo di trarre vantaggio dai bassi costi di produzione esistenti in alcuni stati. In Italia, è diffuso nel settore tessile e abbigliamento e calzaturiero, ma anche in quello metallurgico, informatico e chimico 23
Il traffico di perfezionamento passivo PAESE INDUSTRIALIZZATO Materia prima Prodotto Componente Prodotto finto o quasi finito ESPORTAZIONE PAESE A BASSO COSTO DI PRODUZIONE TRASFORMAZIONE/ PRODUZIONE 24