5.1 Definizione della misura in R 2
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- Luigi Franchini
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1 Capitolo 5 Misure prodotto 5.1 Definizione della misura in 2 Nell introdurre la misura secondo Lebesgue in, abbiamo definito la misura esterna di un sottoinsieme qualsiasi E come m famiglia numerabile (E) = inf l(i j ), {I j } j J di intervalli aperti : E j J I j, j J essendo l(i) la lunghezza di un intervallo (definita in maniera naturale). Per definire la misura esterna di un sottoinsieme di N è allora sufficiente definire la lunghezza di un intervallo I di N :se con gli I j intervalli di, allora I = I 1... I N l N (I) =l(i 1 )... l(i N ). Una volta definita la lunghezza di un intervallo, la misura esterna N-dimensionale di un sottoinsieme E di N è data da m famiglia numerabile N(E) = inf l N (I j ), {I j } j J di intervalli aperti : E j J I j. j J Una volta definita m N, si dimostra che essa gode di tutte le proprietà dimostrate a suo tempo per m : che è monotona, regolare, che coincide con l n 113
2 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 114 sugli intervalli di N,è σ-subadditiva ed invariante per traslazioni. Detto misurabile un sottoinsieme E di N tale che m N(A) =m N(A E)+m N(A E c ), A N, la famiglia M N degli insiemi misurabili secondo Lebesgue è una σ-algebra che contiene gli intervalli, gli aperti ed i chiusi, e che verifica tutte le proprietà dimostrate a suo tempo per la famiglia degli insiemi misurabili su. Sudi essa è definita la misura di Lebesgue N-dimensionale m N. In altre parole, una volta scelti i mattoni base (gli intervalli), e definita la misura su di essi, quasi tutte le proprietà della misura esterna (e, di conseguenza, della misura e degli insiemi misurabili) discendono solo dalla sua definizione. Quasi tutte le proprietà, tranne una: il fatto che, sugli intervalli, coincida con la lunghezza; ovvero, che m N sia un estensione di l N. Questo fatto è conseguenza della struttura particolare della famiglia degli intervalli di N, e delle proprietà della lunghezza relativamente alle unioni di intervalli. Definizione Un sottoinsieme C di P( N ) si dice una semi-algebra se i) per ogni C 1, C 2 in C, sihac 1 C 2 C; ii) per ogni C in C, C c è unione disgiunta e finita di elementi di C. La famiglia C degli intervalli di N è una semi-algebra, come si verifica facilmente; in particolare, se N =2,eI è un intervallo di 2, I = I 1 I 2 e I c =( I 2 c ) (I 1 c I 2 )=(I 1 c ) (I 1 I 2 c ), e l unione è disgiunta (si noti che il complementare di I non si scrive in modo unico come unione disgiunta). Come si verifica facilmente, la funzione lunghezza, definita sulla semialgebra degli intervalli, è σ-subadditiva: se I è un intervallo di N, unione di una famiglia numerabile di intervalli {I n }, allora l N (I) + n=1 l N (I n ).
3 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 115 Questo fatto fa sì che la misura esterna di un intervallo coincida con la sua lunghezza. Infatti, se I è un intervallo, per ogni ε>0 esiste I ε intervallo aperto contenente I e tale che l N (I ε ) l N (I)+ε; pertanto m N(I) l N (I ε ) l N (I)+ε. D altra parte, per ogni ε>0 esiste una famiglia al più numerabile di intervalli aperti {I n } che ricopre I e tale che l N (I n ) m N(I)+ε. Ma allora {I n I} è una famiglia al più numerabile di intervalli la cui unione è I, e quindi m N(I) ε l N (I) l N (I n I) l N (I n ) m N(I)+ε, da cui (per l arbitrarietà diε) l N (I) =m N(I). Il fatto che la misura esterna di un intervallo sia la sua lunghezza (assieme alla σ-subadditività della misura esterna) implica poi che gli intervalli siano misurabili (si veda la dimostrazione del Teorema ). icapitolando, siamo partiti dalla semi-algebra degli intervalli e dalla funzione lunghezza (che è σ-subadditiva), e abbiamo costruito una misura esterna (e quindi la famiglia degli insiemi misurabili), ottenendo che la misura esterna coincide con la lunghezza sugli intervalli, e che gli intervalli sono misurabili. L unico punto di tutto il discorso nel quale è stato usato il fatto che avevamo a che fare proprio con la semi-algebra degli intervalli e con la lunghezza è stato nell usare il fatto che la lunghezza era monotona e σ-subadditiva. In altre parole, è valido il seguente teorema. Teorema Sia C una semi-algebra di sottoinsiemi di N, e sia µ : C [0, + ] una funzione di insieme monotona e σ-subadditiva su C; ovvero, se C in C è unione numerabile di una famiglia {C n } di insiemi di C, allora µ(c) µ(c n ).
4 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 116 Definiamo, per ogni E sottoinsieme di N, µ famiglia numerabile (E) = inf µ(c j ), {C j } j J di insiemi di C : E j J C j. j J Allora µ è una misura esterna (ovvero, è monotona e σ-subadditiva) tale che µ (C) =µ(c) per ogni C in C. Inoltre, detto misurabile un insieme E tale che µ (A) =µ (A E)+µ (A E c ), A N, la famiglia degli insiemi misurabili è una σ-algebra che contiene C. È allora possibile definire una misura esterna su N in un altra maniera: non partendo dagli intervalli, ma partendo da una semi-algebra più raffinata. Definizione Un rettangolo di N è il prodotto cartesiano di N insiemi misurabili secondo Lebesgue di : = E 1... E N, E i M. La misura di un rettangolo di N è definita in maniera naturale come il prodotto delle misure degli E i : µ() =m(e 1 )... m(e N ). Teorema Sia la famiglia dei rettangoli di N. Allora è una semi-algebra; inoltre, la funzione µ è monotona e σ-subadditiva su. Dimostrazione. Il fatto che sia una semi-algebra è di dimostrazione immediata, così come lo è la monotonia di µ. imane pertanto da verificare la σ-subadditività di µ. Per semplicità, limitamoci al caso N = 2. Sia allora un rettangolo di 2, unione di una famiglia numerabile di rettangoli di 2 : A B = = n = A n B n. Sia x in A fissato; allora x appartiene ad alcuni degli A n ; sia N x = {n N : x A n }. Si ha allora B = x B n.
5 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 117 Infatti, sia y in B; allora (x, y) èina B e quindi esiste m in N tale che (x, y) èina m B m. Poiché x èina m, m èinn x e quindi y è nell unione dei B n con n in N x (essendo y in B m ). Viceversa, se y è nell unione dei B n con n in N x, allora y èinb m per qualche m in N x e quindi (x, y) èina m B m, ovvero in A B. Essendo i B n misurabili, si ha m(b) m(b n ). x Osserviamo ora che m(b n )è uno degli addendi della somma precdente se e solo se x èina n, e che quindi si può scrivere (ricordiamo che x è fissato) m(b) m(b n )= m(b n ) χ An (x). x Consideriamo ora la funzione caratteristica χ A (x). χ An (x) χ A (x) =χ An (x), Si ha allora, essendo m(b) χ A (x) m(b n ) χ An (x) χ A (x) = m(b n ) χ An (x). Per uno dei corollari del teorema di convergenza monotona, si ha m(b n ) χ An (x) dx = m(b n ) χ An (x) dx = m(a n ) m(b n ), da cui la tesi per la monotonia dell integrale e per definizione di µ, essendo m(b) χ A (x) dx = m(a) m(b). Possiamo allora definire µ N sui sottoinsiemi di N nel seguente modo: µ N(E) = inf j J µ N ( j ), { j } j J famiglia numerabile di insiemi di : E j J j. La funzione d insieme così definita è una misura esterna, e coincide con µ N su. Inoltre, definiti gli insiemi misurabili nella maniera usuale, i rettangoli di N risultano essere misurabili. Ovviamente, dal momento che l insieme
6 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 118 degli intervalli di N è un sottoinsieme di echeµ N e l N coincidono sugli intervalli, ogni intervallo è misurabile rispetto a µ N, e µ N(I) = l N (I) = m N (I). A questo punto ci si può chiedere se la misura µ N costruita a partire dai rettangoli sia più fine della misura m N costruita a partire dagli intervalli; ovvero se si riescano a misurare più insiemi partendo da ricoprimenti costituiti da rettangoli piuttosto che da intervalli. Teorema Per ogni E sottoinsieme di N si ha µ N(E) =m N(E). Dimostrazione. I, e pertanto Detto I l insieme degli intervalli di N, si ha ovviamente µ N(E) m N(E), E N. Se µ N(E) =+, dalla disuguaglianza precedente segue che m N(E) =+ e quindi si ha la tesi. Supponiamo ora che µ N(E) < +. Sia ε>0 e sia { n } una famiglia al più numerabile di intervalli che ricoprono E e tali che µ N ( n ) µ N(E)+ε. Ognuno degli n ha misura finita, e si scrive come n = A n 1... A n N, con A n j misurabili in e di misura finita. Per ogni j in {1,...,N} esiste allora (si veda il Teorema 2.2.5) una famiglia al più numerabile di intervalli aperti {Im n j } la cui unione contiene A n j e tale che m j N l(i n m j ) m(a n j )+ Definiamo ora, per m =(m 1,...,m N ) N N, I n m = I n m 1... I n m N, ε 2 n (1 + µ N (A n )).
7 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 119 in modo tale che {I n m, m N N } sia un ricoprimento di n. Inoltre, m N N l N (I n m)= N j=1 m j N l(i n m j ) m(a n )... m(a n N)+ ε 2 n = µ N( n )+ ε 2 n. In definitiva, {I n m, m N N,n N} è una famiglia al più numerabile di intervalli aperti che ricopre E, e si ha Pertanto, m N N da cui la tesi per l arbitrarietà di ε. l N (Im) n µ N ( n )+ε µ N(E)+2ε. m N(E) µ N(E)+2ε, A questo punto, essendo µ N e m N numericamente uguali, ne segue che E è misurabile per µ N se e solo se lo èperm N. Pertanto, la σ-algebra degli insiemi misurabili secondo µ N èlaσ-algebra degli insiemi misurabili secondo m N (ovvero, quella che abbiamo definito come la σ-algebra degli insiemi misurabili secondo Lebesgue). Cosa abbiamo guadagnato? Una sola cosa: adesso possiamo affermare che i rettangoli di N sono misurabili secondo Lebesgue e che m N () =m N() =µ N() =m(a 1 )... m(a n ), ovvero che la misura N-dimensionale del prodotto cartesiano di N insiemi misurabili secondo Lebesgue in è il prodotto delle loro misure. 5.2 Il teorema di Fubini-Tonelli A partire dalla misura N-dimensionale, è possibile definire il concetto di misurabilità per una funzione, e successivamente dare la definizione di integrale. Ancora una volta, tutte le proprietà dimostrate nel caso unidimensionale continuano a valere in dimensione qualsiasi, compresi i teoremi di passaggio al limite sotto il segno di integrale. Per semplicità di esposizione, a partire da ora ci limiteremo a considerare 2. Sia allora f : 2 una funzione sommabile; ovvero, una funzione
8 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 120 misurabile e tale che f(x, y) dx dy < +. 2 Ci chiediamo ora se per analogia con quanto accade per l integrazione secondo iemann per funzioni continue l integrale precedente possa essere spezzato in due integrali su, ovvero se f(x, y) dx dy = 2 ( ) ( ) f(x, y) dx dy = f(x, y) dy dx. A prescindere dall uguaglianza, affinché la formula precedente sia esatta, devono verificarsi due fatti: i) per ogni fissato ȳ in la funzione x f(x, ȳ) deve essere misurabile e sommabile su ; ii) la funzione y f(x, y) dx deve essere misurabile e sommabile su. Esempio Sia P un insieme non misurabile di contenuto in [0, 1], e sia E = P Q. Allora E (che non è un rettangolo) è misurabile in 2. Infatti, E [0, 1] Q, che è un rettangolo di misura nulla, e pertanto m 2(E) =0, da cui segue (si veda il Teorema 2.3.2), che E è misurabile (e ha misura nulla). Consideriamo ora f(x, y) =χ E (x, y) =χ P (x) χ Q (y). Ovviamente f è misurabile (come funzione caratteristica di un insieme misurabile), e il suo integrale su 2 vale zero (essendo f nulla quasi ovunque). Sia ora ȳ fissato in ; allora f(x, ȳ) =χ P (x) sey è razionale, e zero altrimenti. Pertanto, se ȳ è in Q, f(x, ȳ) non è misurabile e non ha dunque senso scrivere f(x, ȳ) dx. Il che vuol dire che non è (apparentemente) possibile spezzare l integrale di f su tutto 2 come due integrali. In realtà, la funzione f(x, ȳ) è sia misurabile che sommabile su per quasi tutti gli ȳ in : tutti, tranne i razionali, che formano un insieme di misura nulla. Pertanto, possiamo definire, per quasi ogni y in, la funzione y f(x, y) dx, che è la funzione identicamente nulla, definire arbitrariamente la stessa funzione per y razionale (dal momento che siamo interessati ad integrare tale
9 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 121 funzione su, modificarla o definirla su un insieme di misura nulla non modifica il valore dell integrale), ed ottenere una funzione misurabile (perché quasi ovunque nulla), sommabile, e con integrale zero. La validità della seconda formula è ancora più evidente, dal momento che, per ogni x in la funzione f( x, y) è la funzione quasi ovunque nulla, e pertanto x f(x, y) dy, è nuovamente la funzione ovunque nulla, il cui integrale è zero. L esempio precedente mostra che, nonostante la funzione ottenuta da f(x, y) congelando una delle due variabili possa non essere misurabile, i valori di x (o di y) per i quali si ottiene una funzione non misurabile formano un insieme di misura di nulla, e sono quindi trascurabili quando si parla di integrali. Questo fatto accade non solo nell esempio precedente, ma per ogni funzione misurabile. Per dimostrare questo fatto, abbiamo bisogno di alcuni risultati preliminari. Definizione Sia la famiglia dei rettangoli di 2 : Definiamo e = {A B, A, B M}. = {E = = {E = n, n }, n, n }. Ovviamente, si ha M 2, e le inclusioni sono strette. Alcune delle proprietà di e sono riassunte nel teorema che segue. Teorema Si ha 1) è chiuso rispetto all unione numerabile e all intersezione finita; 2) è chiuso rispetto all unione numerabile e all intersezione numerabile;
10 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 122 3) per ogni E misurabile in 2 con m 2 (E) < +, e per ogni ε>0, esiste ε in, con E ε,em 2 ( ε ) m 2 (E)+ε; 4) per ogni E misurabile in 2 con m 2 (E) < +, esiste in, con E, em 2 () =m 2 (E); 5) se E èin, esiste una famiglia al più numerabile di rettangoli {Q n } a due a due disgiunti e tali che E = Q n ; 6) se E èin e m 2 (E) < +, esiste una famiglia al più numerabile di insiemi {Q n } in tali che m 2 (Q 1 ) < +, Q n+1 Q n per ogni n in N, ee = Q n. Dimostrazione. Il fatto che sia chiuso rispetto all unione numerabile discende direttamente dalla definizione di.seeefappartengono a, allora E = n, F = Q m, con n e Q m rettangoli. Allora E F = m N m N n Q m, e quindi E F èin dal momento che n Q m è un rettangolo per ogni n e m. Dalla definizione segue poi in maniera evidente che è chiuso rispetto alle unioni numerabili ed alle intersezioni numerabili. Sia ora E misurabile e di misura finita. Essendo m 2 (E) =m 2(E) = µ 2(E), per definizione di µ 2, fissato ε>0 esiste una famiglia { n } al più numerabile di rettangoli la cui unione ricopre E e m 2 ( n ) m 2 (E)+ε. Se definiamo ε = n, allora ε èin, E è contenuto in ε,ed essendo m 2 σ-subadditiva, si ha m 2 ( ε ) m 2 ( n ) m 2 (E)+ε, che è la tesi di 3).
11 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 123 A partire da 3), sia ε = 1 n, e sia n in tale che E n e m 2 ( n ) m 2 (E)+ 1 n. Definiamo = n. Allora èin, contiene E esi ha, per ogni n in N, m 2 (E) m 2 () m 2 ( n ) m 2 (E)+ 1 n, da cui segue 4). Sia ora E in ; allora E è l unione di una famiglia al più numerabile di rettangoli { n }. Sia P 1 = 1, P 2 = 2 \ 1, P n = n \( n 1 j=1 j ). Gli insiemi P j sono evidentemente a due a due disgiunti, e la loro unione è ancora E. Si verifica facilmente che ognuno dei P j è unione finita di rettangoli a due a due disgiunti: P j = n j i=1 Q j i. Pertanto, E è l unione dei {Q n j }, che sono rettangoli a due a due disgiunti. Infine, sia E in, con m 2 (E) < +. Allora E = n, con n in. Definiamo P 1 = 1, P 2 = 1 2 e P n = n j=1 j. Allora i P j sono ancora in (per 1)), verificano P n+1 P n, e la loro intersezione è ovviamente E; l unica cosa che P 1 potrebbe non verificare è m 2 (P 1 ) < +. In questo caso, siccome m 2 (E) è finita, per il punto 3) esiste in tale che E e m 2 () m 2 (E) + 1; in particolare, ha misura finita. Ma allora {P n } soddisfa tutte le richieste del punto 6). Definizione Sia E un sottoinsieme di 2, e sia x in. Definiamo la sezione di E secondo x l insieme E x = {y :(x, y) E}. Se E è un insieme di 2,ex èin, siha χ Ex (y) =χ E (x, y). Inoltre, se {E n } è una famiglia qualsiasi di insiemi, allora E n = x (E n ) x, E n = x (E n ) x. Teorema Sia x in e sia E in. Allora E x è misurabile in.
12 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 124 Dimostrazione. Sia E in. Allora E = A B, e quindi { E x = se x A, B se x A. In entrambi i casi, E x è misurabile. Se E èin, allora E x = ( n ) x, dove { n } sono i rettangoli la cui unione è E. Ma allora E x è misurabile come unione numerabile di insiemi misurabili. Infine, se E èin, allora E x = ( n ) x, dove { n } sono gli insiemi di la cui intersezione è E. Ma allora E x è misurabile come intersezione numerabile di insiemi misurabili. Teorema Sia E in con m 2 (E) < +, e sia g(x) =m(e x ). Allora g è misurabile su esiha g(x) dx = m 2 (E). Dimostrazione. Se E è un rettangolo, allora E = A B, E x è B oppure l insieme vuoto a seconda se x appartiene o meno ad A, e quindi g(x) =m(b) χ A (x). Essendo A misurabile, g lo è, e il suo integrale è proprio m(a) m(b) che è m 2 (E). Se E èin, per il Teorema 5.2.2, 5), E è unione al più numerabile di una famiglia { n } di rettangoli a due a due disgiunti. Definiamo g n (x) = m(( n ) x ). Allora g n è misurabile (per quanto appena dimostrato), e si ha g(x) = g n (x), da cui segue che g è misurabile. Infine, essendo g n 0 per ogni n, il corollario del Teorema di convergenza monotona, ed il fatto che gli n sono disgiunti, implica che g(x) dx = g n (x) dx = m 2 ( n )=m 2 (E).
13 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 125 Sia ora E in. Allora, per il Teorema 5.2.2, 6), E è l intersezione di una famiglia { n } numerabile di insiemi in, con m 2 ( 1 ) < + e n+1 n. Detta g n (x) =m(( n ) x ), si ha che g 1 èinl 1 () eche0 g n+1 (x) g n (x) g 1 (x). Essendo g 1 in L 1 (), g 1 è finita quasi ovunque, e quindi m(( 1 ) x ) < + per quasi ogni x in. Per questi x, dal momento che la successione {( n ) x } è monotona decrescente e la sua intersezione è E x, si ha, per il Teorema 2.3.7, ii), g(x) =m(e x ) = lim m(( n) x ) = lim g n(x). n + n + Pertanto, g n converge a g quasi ovunque e quindi g è misurabile. Essendo 0 g n g 1, dal Teorema di Lebesgue segue g(x) dx = lim n + g n (x) dx = lim m 2( n )=m 2 (E), n + dove nell ultimo passaggio si è usato ancora una volta il Teorema 2.3.7, ii). Finora ci siamo occupati solo degli insiemi di, ma per trattare gli insiemi misurabili qualsiasi ci viene in aiuto il punto 4) del Teorema Teorema Sia E un sottoinsieme misurabile in 2, con m 2 (E) =0. Allora E x è misurabile in per quasi ogni x in esiham(e x )=0. Dimostrazione. Per il Teorema 5.2.2, 4), esiste F in contenente E e con m 2 (F ) = 0. Dal teorema precedente segue allora che 0=m 2 (F )= m(f x ) dx. Essendo m(f x ) una funzione misurabile e non negativa, ne segue che m(f x )= 0 per quasi ogni x in. Essendo E F,sihaE x F x e quindi, per quasi ogni x, E x è misurabile ed ha misura zero. Teorema Sia E un sottoinsieme misurabile di 2, con m 2 (E) < +. Allora per quasi ogni x in l insieme E x è misurabile in ; la funzione, definita quasi ovunque, g(x) =m(e x ) è misurabile in, sommabile su e tale che g(x) dx = m 2 (E).
14 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 126 Dimostrazione. Sempre per il Teorema 5.2.2, 4), esiste F in tale che E F e m 2 (E) =m 2 (F ). Sia G = F \ E. Allora G ha misura nulla e quindi, per il teorema precedente, G x è misurabile per quasi ogni x in (con m(g x ) = 0). Dal momento che E x = F x \G x, E x è misurabile per quasi ogni x in, em(e x )=m(f x ) per tali x. Pertanto, g(x) =m(f x ) quasi ovunque; per il Teorema 5.2.6, g è dunque misurabile essendo quasi ovunque uguale ad una funzione misurabile. Inoltre, sempre per il Teorema 5.2.6, g(x) dx = m(f x ) dx = m 2 (F )=m 2 (E), come volevasi dimostrare. Osservazione Sia ora E un insieme misurabile di 2, con m 2 (E) < +, e sia f(x, y) =χ E (x, y), cosicché f è sommabile su 2. Dal momento che χ E (x, y) =χ Ex (y) il teorema precedente si può così interpretare: a) per quasi ogni x fissato in, la funzione y f( x, y) = χ E x (y) è misurabile e sommabile su (dal momento che il suo integrale vale m(e x )); b) la funzione (definita per quasi ogni x in ) x f(x, y) dy è misurabile (dato che f(x, y) dy = m(e x)) e sommabile su ; c) si ha ( ) f(x, y) dy dx = m 2 (E) = f(x, y) dx dy. 2 Un discorso analogo si può fare considerando sezioni di E secondo y, ottenendo lo stesso risultato. In altre parole, almeno per le funzioni caratteristiche di insiemi misurabili di misura finita è possibile spezzare un integrale doppio come due integrali semplici, integrando prima rispetto ad una qualsiasi delle due variabili, e poi rispetto all altra. In realtà, la stessa operazione si può effettuare qualsiasi sia la funzione sommabile su 2 ; prima di dimostrare questo fatto, abbiamo bisogno di un ulteriore risultato di approssimazione.
15 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 127 Teorema Sia f una funzione non negativa e misurabile su 2. Allora esiste una successione crescente di funzioni semplici {ϕ n }, ognuna nulla fuori da un insieme misurabile di misura finita, tale che ϕ n converge a f ovunque in 2. Dimostrazione. L idea di questa dimostrazione è la stessa usata per dimostrare il Teorema Innanzitutto, siano n in N e F n =[ n, n] [ n, n]; definiamo, per k =0,...,n2 n 1, { } k k +1 E n,k = x F n : f(x, y) <,E 2n 2 n n = {(x, y) F n : f(x, y) n}. Gli insiemi E n e E n,k sono ovviamente misurabili (perché loè f), e, se k n 2 n 1, E n,k = E n+1,2k E n+1,2k+1, (2.1) l unione essendo disgiunta. Definiamo ϕ n (x, y) =n χ En (x, y)+ n 2 n 1 k=0 k 2 n χ E n,k (x, y). Per costruzione, ϕ n è una funzione semplice, nulla fuori da F n (ovvero, da un insieme di misura finita). Inoltre, per ogni (x, y) inf n {(x, y) 2 :0 f(x, y) <n} si ha ϕ n (x, y) f(x, y) 1 2. (2.2) n Da (2.1) (e dalla definizione di ϕ n su E n ) segue anche che, su F n,siha ϕ n ϕ n+1 ; dal momento che ϕ n è nulla fuori da F n, mentre ϕ n+1 è non negativa, si ha ϕ n ϕ n+1 su 2. Sia ora (x, y)in 2 tale che f(x, y) < + (quasi ogni (x, y)in 2 soddisfa tale proprietà). Allora esiste n (x,y) in N tale che (x, y) èinf n {(x, y) 2 :0 f(x, y) <n} per ogni n n (x,y) ; per (2.2) si ha allora che ϕ n (x, y) converge a f(x, y). Se, invece, f(x, y) =+, allora esiste n (x,y) in N tale che (x, y) èin F n E n per ogni n n (x,y). Ma allora ϕ n (x, y) =n definitivamente, e quindi tende a + = f(x, y). Possiamo ora enunciare e dimostrare il teorema di spezzamento degli integrali.
16 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 128 Teorema (Fubini, Tonelli) Sia f : 2 una funzione misurabile e non negativa. Allora (teorema di Tonelli) 1) per quasi ogni x in la funzione f x definita da f x (y) = f( x, y) è misurabile in ; 2) per quasi ogni ȳ in la funzione fȳ definita da fȳ(x) = f(x, ȳ) è misurabile in ; 3) la funzione (definita quasi ovunque) x f(x, y) dy è misurabile su ; 4) la funzione (definita quasi ovunque) y f(x, y) dx è misurabile su ; 5) si ha ( ) ( ) f(x, y) dy dx = f(x, y) dx dy = f(x, y) dx dy. 2 Se f è sommabile (di segno qualsiasi), allora (teorema di Fubini) le funzioni definite nei punti 1) 4) sono sommabili. Dimostrazione. Data la simmetria dell enunciato rispetto ad x e y, è sufficiente dimostrare 1), 3) e 5). Iniziamo con l osservare che il teorema è già provato se f(x, y) è la funzione caratteristica di un insieme misurabile e di misura finita: questo è infatti il contenuto dell Osservazione 5.2.9, la 1), 3) e 5) essendo rispettivamente la a), b) e c). Pertanto, per linearità, il teorema è vero per ogni funzione semplice nulla fuori da un insieme di misura finita. A questo punto utilizziamo il Teorema , e costruiamo una successione {ϕ n } monotona crescente di funzioni semplici convergente ad f ovunque, con ϕ n nulla fuori da un insieme di misura finita. Ovviamente, per ogni x in si ha f x (y) = lim (ϕ n) x (y), n + Sia ora E n contenuto in tale che m(e n )=0e(ϕ n ) x è misurabile in per ogni x in \E n. Detta E l unione degli E n,siham(e) =0,ef x è misurabile
17 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 129 su per ogni x in \E, essendo limite puntuale di funzioni misurabili. Per x in \E, inoltre, dal Teorema di convergenza monotona segue che f( x, y) dy = lim ϕ n ( x, y) dy, n + cosicché, essendo misurabile per tali x la funzione x ϕ n ( x, y) dy, si ha che è misurabile. Dal momento che x x è limite della successione crescente x f( x, y) dy, f( x, y) dy, ϕ n ( x, y) dy, una seconda applicazione del Teorema della convergenza monotona, ed il fatto che il teorema è vero per funzioni semplici, implica che ( ) f(x, y) dy dx = lim n + = lim n + = ( 2 ) ϕ n (x, y) dy dx ϕ n (x, y) dx dy f(x, y) dx dy, 2 dove nell ultimo passaggio si è usato ancora una volta il Teorema di convergenza monotona. Pertanto, 5) è dimostrata. Supponiamo ora che f sia sommabile; per linearità dell integrale, èsuffi- ciente dimostrare 1), 3) e 5) per f + (x, y) ef (x, y), ovvero dimostrarle per una funzione sommabile non negativa. Essendo una tale funzione misurabile, otteniamo 1), 3) e 5); inoltre, essendo finito l integrale su di x f( x, y) dy,
18 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 130 ne segue che tale funzione è sommabile, cosicché la funzione definita in 3) è sommabile; essendo sommabile, è finita quasi ovunque, e quindi è sommabile per quasi ogni x. x f( x, y), Osservazione Lo spazio ambiente delle dimostrazioni svolte finora è stato 2, ma il Teorema di Fubini-Tonelli è valido anche in N,che possiamo spezzare come k N k. Analogamente, possiamo spezzare gli integrali come vogliamo, ed effettuarli nell ordine che vogliamo. Osservazione Il teorema precedente è un buon test di sommabilità, nel senso che per dimostrare che una funzione misurabile è sommabile su 2 la si può integrare prima rispetto ad una variabile, poi rispetto all altra; se il risultato è finito, la funzione di partenza è sommabile, altrimenti no. Esempio Sia f in L p (). Allora è finito l integrale su di f(x) p. Pertanto, per il Teorema di Fubini-Tonelli, ( ) f(x) p dx = py p 1 dy dx [0, f(x) ] ( ) = p y p 1 χ [0, f(x) ] (y) dy dx ( ) = p χ {(x,y) 2 :0 y f(x) }(x, y) dx y p 1 dy = p m({x : f(x) y}) χ [0,+ ) (y) y p 1 dy = p y p 1 m({x : f(x) y}) dy, [0,+ ] che dà una formula per il calcolo dell integrale di una funzione di L p () in termini della misura dei sopralivelli. In maniera analoga si dimostra che, se E è un insieme misurabile e f èinl p (E), allora f(x) p dx = p m({x E : f(x) y}) y p 1 dy. E [0,+ ) In modo simile, si ha, per ogni k 0, f(x) p dx = p {x E: f(x) k} [k,+ ) m({x E : f(x) y}) y p 1 dy.
19 CAPITOLO 5. MISUE PODOTTO 131 Ad esempio, se f(x) = 1 x χ [1,+ )(x), dal momento che si ha m({x : f(x) y} = f(x) p dx = p [0,1] { 1 y y p 1 ( 1 y 1 ) 1 se 0 <y 1, 0 altrimenti, dy = 1 p 1. Inoltre, se m(e) < +, esef è tale che esiste una costante C>0tale che m({x E : f(x) > y} C (ovvero, f appartiene allo spazio di t q Marcinkiewicz M q (E)), allora f èinl p (E) per ogni p<q. Infatti E f(x) p dx = {x E: f(x) <1} m(e)+p m(e)+pc f(x) p dx + [1,+ ) [1,+ ) {x E: f(x) 1} f(x) p dx m({x E : f(x) y}) y p 1 dy 1 dy < +. yq p+1 Pertanto, ricordando che L p (E) è contenuto in M p (E) (come si vede utilizzando la disuguaglianza (2.25) del Capitolo 3), se m(e) < +, M p+ε (E) L p (E) M p (E), con inclusioni strette.
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