Esercizi 1. 2) Sia X lo spazio delle funzioni integrabili secondo Riemann su [a, b]. Perché non è una metrica su X la funzione d(f, g) = b
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- Federico Perrone
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1 sercizi ) Tutte le distanze introdotte a lezione (meno la metrica discreta) sono invarianti per traslazioni; ovvero, d(x, y) = d(x + z, y + z) per ogni x, y e z. Definire su X = una metrica non invariante per traslazioni (che non sia la discreta!). Ad esempio, d(x, y) = ϕ(x) ϕ(y) per ogni funzione ϕ iniettiva su (e diversa dall identità!). Si noti che la metrica discreta non è in generale invariante per traslazioni perché può essere definita su un insieme che non è uno spazio vettoriale (e quindi le traslazioni non hanno senso). ) Sia X lo spazio delle funzioni integrabili secondo iemann su [a, b]. Perché non è una metrica su X la funzione d(f, g) = b f(x) g(x) dx? a Perchè se g è ottenuta da f modificandone il valore in un solo punto, g è diversa da f ma l integrale del modulo di f(x) g(x), ovvero d(f, g), vale zero. 3) Sia X = C ([a, b], ). Definiamo d(f, g) = n=0 Mostrare che d è una distanza su X e determinare B d (0, 4). Osserviamo innanzitutto che t d(f, g) = t +t n=0 d (f (n), g (n) ) n + d (f (n), g (n) ), f (n) = dn f dx n. è una funzione minore di su [0, ). Pertanto d (f (n), g (n) ) n + d (f (n), g (n) ) n=0 n =, e quindi d è ben definita su X X. videntemente, d è simmetrica e non negativa; se d(f, g) = 0, ogni addendo della serie deve essere nullo, ed in particolare il primo. Siccome t t +t si annulla solo per t = 0, ciò vuol dire che d (f, g) = 0, da cui f g. Per verificare la disuguaglianza triangolare, osserviamo che la funzione t è crescente su [0, ); pertanto, essendo per ogni f, g e h in X, e per ogni n in N, si ha, t +t d (f (n), g (n) ) d (f (n), h (n) ) + d (h (n), g (n) ), d (f (n), g (n) ) + d (f (n), g (n) ) d (f (n), h (n) ) + d (h (n), g (n) ) + d (f (n), h (n) ) + d (h (n), g (n) ) d (f (n), h (n) ) + d (f (n), h (n) ) + d (h (n), g (n) ) + d (h (n), g (n) ). Moltiplicando per n e sommando su n, si ha la disuguaglianza triangolare per d. Infine, essendo si ha B d (0, 4) X. d(f, 0) = n=0 d (f (n), 0) n + d (f (n), 0) n=0 n =, 4) Verificare che la successione {x (n) } definita da x (n) = n+ per ogni in N converge a zero in l. Si ha d (x (n), 0) = ( = ) ( (n + ) = h=n+ ) h.
2 Dal momento che la serie di termine generico /h è convergente, si ha da cui la tesi. h=n+ h = 0, 5) Sia {x n } definita da x (n) = per ogni n e zero altrimenti. A cosa converge x(n) in l? in l? Sia x = per ogni in N. Allora xn converge a x in l. Infatti d (x n, x) = =n+ che tende a zero per n tendente ad infinito (dal momento che la serie di termine generico è convergente). Dal momento che x n converge a quando n diverge, per ogni, e siccome la convergenza in l implica la convergenza componente per componente, la successione x n non converge in l (dato che x l )., 6) Una successione {x (n) } in l p (p > ) si dice debolmente convergente a x in l p se si ha ( = x (n) y ) = = x y, y l q, p + q =. Mostrare che se {x (n) } converge debolmente a x in l p, allora {x (n) h } converge a x h per ogni h in N. Sia h in N e sia y [h] la successione di l q i cui termini sono tutti nulli tranne l h-mo che vale. Allora e pertanto x (n) h = converge a x h per ipotesi. x (n) y [] h = x(n) h, x y [] h = x h, = 7) Mostrare che ogni successione che converge in (l p, d p ) (p > ) converge debolmente (allo stesso ite). Trovare una successione che converge debolmente a zero in l p, ma non in (l p, d p ). Per la disuguaglianza di Hölder si ha = x (n) y = x y = (x (n) x ) y d p(x (n), x) d q (y, 0), e quindi la tesi, essendo d p (x (n), x) tendente a zero. Sia poi x (n) la successione così definita: { x (n) se n =, = δ n, = 0 altrimenti. () Allora, essendo d p (x (n), 0) = per ogni n, la successione non converge a zero in (l p, d p ). Si ha però = x (n) y = y n, che tende a zero, qualsiasi sia y in l q, quando n tende ad infinito (perché ogni successione in l q è infinitesima per la condizione necessaria di convergenza).
3 8) Un sottoinsieme K di uno spazio metrico (X, d) si dice compatto per successioni se da ogni successione {x n } contenuta in K si può estrarre una sottosuccessione {x n } convergente ad un elemento x di K. Mostrare che B (l,d )(0, ) = {x = {x n } l : d (x, 0) } non è compatto per successioni (pur essendo chiuso e itato). La successione {x (n) } definita in () è in B (l,d )(0, ) ma non ammette sottosuccessioni convergenti. 9) Si consideri X = C ([a, b], ) con la distanza d(f, g) = d (f, g )+ f(a) g(a). Mostrare che (X, d) è completo. Sia {f n } una successione di Cauchy in (X, d). Questo vuol dire che la successione {f n} è di Cauchy in (C 0 ([a, b], ), d ) e che la successione {f n (a)} è di Cauchy in (, ). ssendo entrambi gli spazi completi, f n converge uniformemente ad una funzione g, e f n (a) converge ad un valore λ. Definendo x f(x) = λ + g(t) dt, a si ha (vedere Analisi II) che f n converge (uniformemente) ad f e che f = g; pertanto, f è in X e f n converge a f in (X, d). 0) Sia # : P(N) [0, ], l applicazione che ad ogni sottoinsieme di N associa la sua cardinalità, ovvero #() = (il numero degli elementi di ) se è finito, altrimenti. Verificare che, per ogni sottoinsieme di N si ha #(A) = #(A ) + #(A c ), A P(N). Verificare inoltre che se { n } è una successione di sottoinsiemi di N a due a due disgiunti, si ha # ( n= n ) = n= #( n ). Se è un sottoinsieme finito di N, f :, e p, si definisca f(n) p d# = f(n) p. n Si definisca poi, per f : N, N f(n) p d# così come si definisce l integrale improprio secondo iemann su. Determinare successivamente X = {f : N : f(n) p d# < }. N Per rispondere alla prima domanda è sufficiente verificare i due casi possibili per A (finito o infinito). La verifica della seconda formula è semplice; gli unici casi complicati sono: ) quando tutti gli n, tranne un numero finito, sono l insieme vuoto e ) quando tutti gli n sono finiti, ed un numero infinito di essi è non vuoto. icordando la definizione di integrale secondo iemann su, si ha, detto m = {,..., m}, N f(n) p d# = f(n) p d# = m m m m f(n) p = n= n= f(n) p. Si osservi che il ite delle somme parziali esiste sempre perché la successione { f(n) p } è a termini positivi. videntemente, essendo f : N una successione, X = l p.
4 sercizi ) Sia M la σ-algebra degli insiemi misurabili secondo Lebesgue. Dati e F in M, definiamo la differenza simmetrica F = (\F ) (F\). Definiamo la relazione ρ nel seguente modo: ρ F se e solo se m( F ) = 0. Mostrare che ρ è una relazione di equivalenza. videntemente, ρ per ogni in M, dato che =. Inoltre, se ρ F, allora F ρ dato che la definizione di differenza simmetrica è simmetrica in e F. Infine, supponiamo che ρ F e F ρ G. Si ha \G = G c = G c (F F c ) = ( G c F c ) ( G c F ) ( F c ) (F G c ) = (\F ) (F\G). Analogamente, e quindi G\ (G\F ) (F\), G ( F ) (F G). () Pertanto, essendo la misura subadditiva, e quindi ρ G. m( G) m( F ) + m(f G) = 0, ) Sia M = M/ρ. Calcolare [ ]. Dare un esempio di almeno cinque insiemi in [(0, )]. Si ha [ ] se e solo se m( ) = 0; essendo =, ne segue che [ ] = { M : m() = 0}. Per quanto riguarda la seconda parte, sono in [(0, )] gli intervalli (0, ), [0, ), (0, ] e [0, ], nonché (ad esempio) l insieme [0, /) (/, ]. 3) Sia d : M M definita da d([], [F ]) = m( F ), con [] e F [F ]. Mostrare che d è ben definita (ovvero che non dipende dalla scelta di e F ) e che è una distanza su M. Se è in [] e F è in [F ], allora, per definizione, m( ) = m(f F ) = 0. Si ha, usando la (), Passando alle misure, F ( ) ( F ) ( ) ( F ) (F F ). m( F ) m( ) + m( F ) + m(f F ) = m( F ). ipetendo il ragionamento a partire da F si trova la disuguaglianza opposta e quindi m( F ) = m( F ); pertanto, d([], [F ]) non dipende dal rappresentante. Sono inoltre evidenti la positività di d, il fatto che d si annulli se e solo se [] = [F ] (per definizione di ρ), e la simmetria. La disuguaglianza triangolare segue, ancora una volta, da () e dalla monotonia e subadditività della misura. 4) Sia n = [n, n + ). Calcolare, se esiste, il ite di { n } in (M, d). Sia poi F n = [ n, + n ]; Calcolare, se esiste, il ite di {F n } in (M, d).
5 Se n m si ha d([ n ], [ m ]) = m( n m ) = m([n, n + ) [m, m + )) =. Pertanto, la successione {[ n ]} non è di Cauchy in (M, d) e quindi non converge. Detto F = (0, ), si ha poi (( d([f n ], [F ]) = m(f n F ) = m 0, ) [, ]) = n n n, che tende a zero. Pertanto, [F n ] converge a [F ]. 5) Sia { n } una successione di insiemi misurabili; definiamo inf n = n= m n m, sup n = n= Dopo aver verificato che inf n sup n, mostrare che sono entrambi misurabili e provare che m( sup n ) = m m n e che, se la misura dell unione degli n è finita, allora m( inf n) = m m n m m,. m n m. Sia x appartenente a inf n. Allora esiste n = n(x) tale che x m n(x) Pertanto, x appartiene a m per ogni m n(x), ovvero definitivamente; dunque, qualsiasi sia n in N, si ha x m n e quindi è in sup n. La misurabilità di inf n e sup n segue dalle proprietà degli insiemi misurabili rispetto ad unioni e intersezioni numerabili. Sia poi, per n in N, G n = Allora G n è una successione crescente di insiemi misurabili e pertanto (teorema dimostrato a lezione) m ( n= m n m. m, m. G n ) = m(g n), da cui la tesi osservando che l unione dei G n è inf n. Un ragionamento analogo permette di provare la seconda formula (usando l ipotesi che la misura dell unione degli n sia finita). 6) Sia { n } una successione crescente di insiemi misurabili; mostrare che inf n = sup n ; mostrare inoltre che se l unione degli n ha misura finita, allora d( n, ) tende a zero. Analogamente,
6 se { n } è una successione decrescente di insiemi misurabili; mostrare che inf n = sup n e che se m( ) < e è l intersezione degli n, allora d( n, ) tende a zero. Pertanto Dal momento che n n+ si ha, per ogni n in N, inf n = n= m n m m n = m = n, n= n = n= m n m = m m = m m. n= m n m = sup n. Dal momento che contiene n per ogni n, si ha n = \ n, e quindi d( n, ) = m(\ n ). D altra parte, essendo n l unione degli m con m n, si ha G n = \ n = m=n+ La successione G n è decrescente all insieme vuoto e G ha misura finita per ipotesi. Pertanto, 0 = m( ) = m(g n) = m. m(\ n) = La seconda parte dell esercizio si svolge in maniera analoga. d( n, ). 7) Sia α in (0, ) e sia C α l insieme ottenuto da [0, ] come l insieme di Cantor, ma togliendo al passo n intervalli di ampiezza α/3 n. Calcolare m(c α ). Nella costruzione di C α, ottenuto come [0, ]\A α, A α è l unione disgiunta infinita di n, un unione di n intervalli disgiunti di ampiezza α/3 n. Si ha allora m( n ) = n i= α 3 n = α n 3 n. Pertanto, da cui segue che m(c α ) = α. m(a α ) = n= α n 3 n = α, 8) Sia P [0, ] un insieme non misurabile. Mostrare che P {x 0 } è misurabile in per ogni x 0 in [0, ], ma che P [0, ] non lo è. Si ha P {x 0 } [0, ] (x 0 ε, x 0 + ε) e pertanto m (P {x 0 }) m ([0, ] (x 0 ε, x 0 + ε)) = ε. Per l arbitrarietà di ε, si ha m (P {x 0 }) = 0 e quindi P {x 0 }) è misurabile. Per provare che P [0, ] non è misurabile, è sufficiente osservare che, detto P i = P r i (come nella dimostrazione della non misurabilità di P ) si ha [0, ] [0, ] = i= (P i [0, ]),
7 che l unione è disgiunta, e che m (P i [0, ]) = m (P [0, ]). 9) Sia f : [0, ] una funzione continua e crescente con f(0) 0. Mostrare che, per ogni in, 0 f(x) dx m({x [0, ] : f(x) }) (N.B.: mostrare anche che la formula ha senso, ovvero che {x [0, ] : f(x) } è misurabile per ogni!). ssendo f continua, f è misurabile, e dunque lo è l insieme {x [0, ] : f(x) } = (f). Inoltre, essendo f crescente, {x [0, ] : f(x) } è un intervallo [x, ] contenuto in [0, ] (eventualmente vuoto). Se 0, non c è nulla da dimostrare dal momento che l integrale della f è non negativo, mentre m({x [0, ] : f(x) }) 0. Se 0 < max f(x) (e quindi l intervallo [x, ] è non vuoto), 0 f(x) dx x f(x) dx x dx = ( x ) = m({x [0, ] : f(x) }). Se > max f(x), allora l insieme {x [0, ] : f(x) } è vuoto, cosicché la formula è vera essendo l integrale della f non negativo. 0) Sia f(x) = mostrare che f è misurabile; dove è continua? { x se x Q, x 3 se x Q. Sia g(x) = x. La funzione g è continua su, e pertanto misurabile. ssendo Q misurabile, la restrizione di g ai razionali è misurabile, il che vuol dire che per ogni α è misurabile l insieme F α (g) = {x Q : g(x) > α}. Analogamente, se h(x) = x 3, è misurabile per ogni α l insieme F α (h) = {x Q : h(x) > α}. Pertanto, l insieme α (f) = F α (g) F α (h) è misurabile, e dunque lo è la funzione f. Siccome sia Q che \Q sono densi in, f è continua solo nei punti per i quali x = x 3, ovvero x = 0 e x =.
8 sercizi 3 ) Sia g : misurabile e sia f : continua. Provare che h : definita da h(x) = f(g(x)) è misurabile. Sia α in e sia = {x : f(g(x)) > α}. Si ha, ovviamente = {x : g(x) α (f)}. ssendo f continua, α (f) è un aperto di, e quindi è unione di una famiglia numerabile di intervalli aperti: Pertanto, = n= α (f) = n= (a n, b n ). {x : a n < g(x) < b n } = e quindi è misurabile come unione numerabile di insiemi misurabili. n= [ an (g) b n (g)], ) Trovare una funzione f : di classe C, e una funzione non misurabile g : tale che h(x) = f(g(x)) sia misurabile. Ad esempio, f(x) = sen(x) e g(x) = π χ P (x), con P non misurabile. 3) Sia f : [0, ] una funzione misurabile, e definiamo g(t) = m({x [0, ] : f(x) t}). Provare che g è decrescente e che t (t 0) g(t) = g(t 0), t 0. Data f definita da calcolare g(t). f(x) = { x se 0 x <, se x, x se < x 3, Se s > t, allora {x [0, ] : f(x) s} {x [0, ] : f(x) t}; la decrescenza di g segue allora dalla monotonia della misura. Se {t n } è una successione crescente e convergente a t 0, si ha {x [0, ] : f(x) t 0 } = n= {x [0, ] : f(x) t n }, Inoltre, m({x [0, ] : f(x) t }) m([0, ]) =, e {x [0, ] : f(x) t n+ } {x [0, ] : f(x) t n }. Pertanto, g(t 0 ) = m({x [0, ] : f(x) t 0 }) = da cui la tesi. Per la funzione f data si ha m({x [0, ] : f(x) t n}) = g(t n), 3 se t 0, 3 t se 0 < t, g(t) = t se < t, 0 se t >.
9 Si noti che g() = è diverso dal ite di g(t) per t tendente a da destra (che vale ). 4) Sia f : [0, ] misurabile, e sia A = f([0, ]). Provare che per ogni α in A, tranne al più un infinità numerabile, si ha m(g α (f)) = 0. Suggerimento: si usi l esercizio precedente ed il fatto (dato per buono) che ogni funzione monotona ha al più un infinità numerabile di punti di discontinuità. Sia g associata ad f come nell esercizio precedente. Sappiamo già che il ite da sinistra di g(t) in t 0 è g(t 0 ). Calcoliamo il ite da destra; sia {t n } una successione decrescente a t 0 ; allora {x [0, ] : f(x) t 0 } = {x [0, ] : f(x) = t 0 } {x [0, ] : f(x) > t 0 }. La successione {x [0, ] : f(x) t n } è una successione monotona crescente di insiemi, la cui unione è {x [0, ] : f(x) > t 0 }, e quindi m({x [0, ] : f(x) > t 0 }) = m({x [0, ] : f(x) t n}) = g(t). t (t 0) + Pertanto, g(t) = g(t 0) = m({x [0, ] : f(x) = t 0 } + g(t), t (t 0) t (t 0) + e quindi la funzione g è discontinua soltanto per i valori t 0 per i quali m({x [0, ] : f(x) = t 0 ) 0. Dal momento che g è decrescente, l insieme di tali valori è numerabile, e quindi si ha la tesi. 5) Sia f : [0, ] [0, ) misurabile, itata e nonnegativa. Per ogni sottoinsieme misurabile di [0, ] definiamo µ() = f(x) dx. Provare che µ( F ) µ() + µ(f ) per ogni coppia di insiemi misurabili e F. Lo stesso risultato è vero per l unione di infiniti insiemi { n }? Si ha χ + χ F χ F, e pertanto, essendo f non negativa, f(x) dx + F f(x) dx = [0,] f(x) [χ (x) + χ F (x)] dx [0,] f(x) χ F (x) dx = F f(x) dx, da cui la tesi. Sia poi N l unione per n da a N di n. Allora la successione f χ N converge in maniera monotona crescente a f χ, dove è l unione degli n. Per il teorema di convergenza monotona, e per quanto appena dimostrato, f(x) dx = f(x) dx N N N N n= n f(x) dx = n= n f(x) dx. 6) Dare un esempio di successione f n definita su [0, ], convergente quasi ovunque ad f e tale che inf f n (x) dx > f(x) dx. [0,] [0,] Ad esempio, la successione f n (x) = n χ [0, n ] (x). f n tende a zero quasi ovunque, ma l integrale di f n vale per ogni n in N.
10 7) Sia f : [0, ] una funzione decrescente, itata e continua in zero. Calcolare ( x f dx. n) [0,] Innanzitutto, essendo f monotona e itata, f è integrabile secondo iemann; pertanto, è integrabile secondo Lebesgue e quindi è misurabile. Ma allora f ( x n) è misurabile (come si verifica facilmente usando la definizione di misurabilità). Inoltre, essendo x n+ x n per ogni x in [0, ], si ha f ( ) ( ) x n f x n+ per ogni x in [0, ]. Pertanto, la successione f n (x) = f ( x n) è monotona crescente e converge ovunque a f(0) (essendo f continua in 0). Per il teorema di convergenza monotona, si ha allora ( x f dx = f(0) dx = f(0). n) [0,] [0,] 8) Calcolare [0,] x dx. + xn Primo modo: la successione f n (x) = x +x n converge quasi ovunque in [0, ] a f(x) = x; essendo f n (x), per il teorema di convergenza itata, l integrale di f n tende all integrale di f, cioè. Secondo modo: la convergenza di f n a f è monotona. 9) Sia {q n } un enumerazione dei razionali in [0, ], e sia Calcolare l integrale di f su. La successione f(x) = f N (x) = n= N n= converge in maniera monotona ad f. Pertanto, f(x) dx = N χ (qn n+,qn+ ) (x). n+ χ (qn n+,qn+ ) (x), n+ f N (x) dx = N N n= n =. 0) Sia {π } la successione delle cifre decimali di π (ad esempio, π =, π = 4, π 3 =, π 4 = 5, eccetera). Sia a = se π è pari, e a = se π è dispari. Detta f(x) = = a χ [, ) (x), calcolare l integrale di f su [0, ] con un errore inferiore ad /8. Con lo stesso ragionamento dell esercizio precedente, f(x) dx = [0,] ssendo a per ogni, si ha = 6 = a = =5 =5 a =5 =5 a = = 8. Pertanto, l integrale di f vale 9 6 con un errore inferiore ad /8 (strettamente inferiore, dal momento che almeno uno dei π con 5 è dispari). =5 a.
11 sercizi 4 ) Sia un insieme misurabile con m() <. Dimostrare che f n converge a f in misura se e solo se f n (x) f(x) + f n (x) f(x) dx = 0. Se l integrale tende a zero, allora, essendo la funzione t m({ f n (x) f(x) > λ}) + λ λ { f n(x) f(x) >λ} t +t crescente, f n (x) f(x) + f n (x) f(x) dx + λ λ da cui segue la convergenza in misura di f n a f. Viceversa, si ha, essendo 0 f n (x) f(x) + f n (x) f(x) dx = { f n(x) f(x) λ} + { f n(x) f(x) >λ} f n (x) f(x) + f n (x) f(x) dx f n (x) f(x) + f n (x) f(x) dx, t +t min(t, ), f n (x) f(x) + f n (x) f(x) dx, λ m() + m({ f n (x) f(x) > λ}), e quindi la tesi, prima scegliendo λ in modo che λ m() sia minore di ε/, e successivamente n grande in modo che m({ f n (x) f(x) > λ}) ε/. ) Sia f sommabile su [0, ] e sia Dimostrare che F è continua su [0, ]. F (t) = f(x) dx. [0,t] Sia {t n } una successione convergente a t 0 in [0, ]. Allora χ [0,tn] converge quasi ovunque a χ [0,t0]. Pertanto, f χ [0,tn] converge quasi ovunque a f χ [0,t0]. D altra parte, f χ [0,tn] f, e f è sommabile per ipotesi. La continuità della F segue allora dal Teorema di Lebesgue. 3) Siano f e g sommabili su, e sia H(t) = t(f) g(x) dx, t (f) = {x : f(x) > t}. Calcolare il ite di H(t) per t tendente a e per t tendente a. ssendo f sommabile, m({x : f(x) = }) = m({x : f(x) = }) = 0. È facile allora vedere che χ t(f) tende a zero quasi ovunque per t tendente a, mentre tende a quasi ovunque per t tendente a. Dal momento che g χ t(f) g, e g è sommabile, si ha (per il Teorema di Lebesgue) H(t) = 0, t H(t) = g(x) dx. t 4) Sia {π } la successione delle cifre decimali di π (π 0 = 3, π =, π = 4, eccetera). Sia f(x) = =0 π 0 χ [, + )(x).
12 Calcolare l integrale di f su [, ). Si ha (per uno dei corollari al Teorema di convergenza monotona), [,) f(x) dx = =0 ( [,) π 0 χ [, + )(x) dx ) = =0 π 0 = =0 π 0 = π. 5) Sia f n (x) = f(x) χ [ n,] (x), con f(x) = cos 9 (π x). dell integrale di f n su [0, ]. Calcolare il ite per n tendente ad infinito Applicando il Teorema di convergenza itata (o dominata), f n (x) dx = cos 9 (π x) dx = 0, [0,] [0,] dal momento che cos 9 (π x) è dispari rispetto alla retta x = /. 6) Sia f n (x) = +x χ [n,n+) (x), e sia Calcolare l integrale di g su [0, ). g(x) = =0 f (x). Per un corollario del Teorema di convergenza monotona, [0,) g(x) dx = =0 [0,) f (x) dx = =0 [,+) + x dx = =0 [arc tg( + ) arc tg()] = 3π 4. 7) Sia f n (x) = cos(nx), x (0, ). x + nx Calcolare il ite per n tendente ad infinito dell integrale di f n su (0, ). La successione f n (x) converge puntualmente a zero in (0, ). Inoltre, f n (x) x. Dal momento che g(x) = / x è sommabile su (0, ), dal Teorema di Lebesgue segue che l integrale di f n tende a zero. Per verificare che g è sommabile, si consideri la successione g n (x) ottenuta da g troncandola a quota n, e sia calcoli l integrale di g n (che coincide con il suo integrale secondo iemann, essendo g n continua). 8) Sia f : sommabile, sia A n = {x : n f(x) n}, e sia f n (x) = f(x) χ An (x). Calcolare il ite per n tendente ad infinito dell integrale di f n su. ssendo f sommabile, χ An tende ad quasi ovunque in (vanno esclusi i punti in cui f assume il valore ±, ma questi hanno misura nulla). ssendo f n f, per il Teorema di Lebesgue l integrale di f n converge all integrale di f.
13 9) Sia f : non negativa e sommabile, e sia m() <. Siano A n = {x : f(x) n} e B n = {x : n f(x) < n + }. Dimostrare che si ha f(x) dx =0 m(a ) [f(x) + ] dx. Suggerimento: si usi il fatto che A n è l unione disgiunta (per n) dei B. ssendo ed essendo l unione disgiunta, si ha A = h= B h, =0 Cambiando l ordine di sommatoria, si ha allora =0 m(a ) = h=0 =0 Ora, ricordando la definizione di B h, f(x) dx = B h Pertanto, {h f(x)<h+} h=0 m(a ) = h m(b h ) = h=0 =0 h= f(x) dx [h + ] dx B h B h f(x) dx =0 m(b h ). (h + ) m(b h ) = m(a ) {h f(x)<h+} h=0 h=0 B h [h + ] dx. [f(x) + ] dx = [f(x) + ] dx. B h B h [f(x) + ] dx. ssendo i B h a due a due disgiunti, ed essendo la loro unione \{f(x) = } (ovvero, meno un insieme di misura nulla), si ha e quindi la tesi. h=0 f(x) dx = B h f(x) dx, h=0 [f(x) + ] dx = B h [f(x) + ] dx, 0) Sia f : non negativa e misurabile, e sia m() <. Sia A t = {x : f(x) t}, e supponiamo che m(a t ) t per ogni t > 0. Dimostrare che f è sommabile su. Il risultato segue dall esercizio precedente: f(x) dx = {x :f(x) } f(x) dx + {x :f(x)>} f(x) dx m() + = m(a ) m() + = <.
14 sercizi 5 ) Sia g(x) = x per x in (0, ), e g(x) = 0 altrove. Sia {x } una successione di numeri reali. Dimostrare che appartiene a L () la funzione f(x) = = g(x x ). Calcolare l integrale di f su ed il ite di f(x) per x tendente a x da destra. La funzione g appartiene a L (). Infatti Inoltre, per ogni, g(x x ) dx = g(x) dx = (x,x +) (0,) dx = x 0 x dx =. x + dx = dx = x x x x x 0 ssendo g(x x )/ 0, per il corollario del teorema di convergenza monotona si ha f(x) dx = = g(x x ) dx = = =. Per la risposta alla seconda domanda, si osservi che (essendo g(x x h )/ h 0 per ogni h) x dx =. f(x) = = g(x x ) g(x x h) h, e quindi il ite di f(x) per x tendente a x h da destra è. Lo studente diligente disegni il grafico di f nel caso in cui {x } = Q (0, ). ) Sia f n (x) = ( x n) n χ[0,n] (x). Dimostrare che f n converge in L ([0, )) a f(x) = e x. Si verifica facilmente che f n converge a f quasi ovunque. Inoltre, per ogni n in N si ha f n (x) e x. Infatti, si ha ( n) x n e x x n e x n t e t, t 0, e l ultima disuguaglianza si verifica facilmente (ad esempio osservando che g(t) = e t è convessa, e che t è la tangente nell origine a g(t)). Dal momento che [0,) e x dx = 0 e x dx =, la funzione e x è in L ([0, )). La tesi segue allora dal teorema di convergenza dominata. 3) Sia f n (x) = e x + (x n).
15 Trovare il ite di f n in L ([0, )), in L p ([0, )) (per p > ), ed in L ([0, )). È abbastanza facile verificare che f n (x) tende a zero ovunque in [0, ). D altra parte, 0 f n (x) e x. Pertanto, f n tende a zero in L ([0, )). ssendo e px in L ([0, )), lo stesso ragionamento prova che f n converge a zero in L p ([0, )). Si ha poi, facendo i conti, f n(x) x (x n + ) = e [ + (x n) ] 0. Pertanto, f n (x) f n (0) = +n ; si ha allora che f n converge uniformemente a zero in [0, ) e quindi in L ([0, )). 4) Sia α > 0 e sia f n (x) = n α χ [n,n](x). Per quali q la successione f n converge a zero in L q ()? Per quali q è in L q () la funzione g(x) = n= f n (x)? Per quali α > 0 la successione f n converge a zero in misura? Si ha f n (x) q dx = [n,n] n α q dx = n α q. Pertanto, f n tende a zero in L q () se e solo se q > α. Si ha poi { 0 se λ > m({x : f n (x) λ}) = n, α n se λ n. α Dal momento che, per ogni fissato α > 0, la successione n tende a zero, qualsiasi sia λ > 0 si ha definitivamente in n che m({x : f n (x) λ}) = 0, e quindi f n converge a zero in misura. La seconda domanda α è abbastanza complicata. Iniziamo scrivendo g come somma di una serie di funzioni caratteristiche definite su insiemi a due a due disgiunti: g(x) = n= f n (x) = n= n χ α [n,n](x) = n α n= n Cambiamo ora l ordine di sommatoria: detta [ ] la parte intera, si ha g(x) = χ [,+) (x). = n=[ ]+ n α =n χ [,+) (x). Pertanto, per il corollario del teorema di convergenza monotona, g(x) q dx = n = n=[ α ]+ q. Osservando che α n α ([ ] ) α, n + {[ ] } +,...,,
16 si ha α = α [ ] α n=[ ]+ Pertanto, g è in L q () se e solo se la serie è convergente, ovvero se e solo se q > α n α 5) Siano α e β numeri reali positivi, e sia f(x) = [ ] ([ ] ) α + = (α ) q, + ([ ] + ) α (si noti che deve essere α > ). { Per quali α e β la funzione f appartiene a L p ((0, ))? Si ha (0,) f(x) p dx = (0,) x α p dx + (,) Deve essere allora α p < e β p >, e quindi α < p < β. x α se 0 < x <, x β se x. x β p dx = 0 ( + ) α = α ( + ) α. x α p dx + x β p dx. 6) Sia f in L ((0, )). Dimostrare che se esiste il ite di f a, allora tale ite è 0. Trovare una f in L ((0, )) tale che il ite a non esiste. Se il ite di f(x) a fosse L 0, allora f(x) convergerebbe a L > 0 a. Pertanto, esisterebbe M > 0 tale che f(x) L per ogni x M. Allora f(x) dx f(x) dx L m((m, )) =, (0,) (M,) da cui l assurdo essendo f in L ((0, )). In maniera analoga si esclude il caso L = ±. La funzione f(x) = = χ [,+ 3 ] (x), è in L ((0, )), ma non ha ite a (il massimo ite è, il minimo ite è 0). 7) Trovare una funzione continua f in L ()\L () e una funzione continua g in L ()\L (). Sia { se x [, ] g(x) = x se x [, ]. Allora g è continua ed appartiene a L ()\L (). Per quanto riguarda la funzione f, l esempio è un po più complicato, perchè se una funzione continua f è in L () e tende a zero a ±, allora f è anche in L () (sercizio!). Pertanto, per l esercizio precedente, si deve scegliere una funzione f in L () che non ammette ite a (o a ). La funzione f dell esercizio precedente è (come si verifica facilmente) una funzione di L ()\L (), ma ha il difetto di non essere continua. Definiamo allora ( ) 4 x + se 3 x, 3 f (x) = se x +, 3 ( 4 + x ) se + 3 x + 3, 3 0 altrove.
17 La funzione è allora una funzione continua in L ()\L (). f(x) = = f (x), 8) Siano p < q, e sia f in L p () L q (). Dimostrare che f appartiene a L r () per ogni r in [p, q], e che si ha ( f(x) r dx ) r ( ) α f(x) p p dx ( ) α f(x) q q dx r = α p + α. q Sia β in (0, ) tale che r = β p + ( β) q. Allora, per la disuguaglianza di Hölder ( ) β ( β f(x) r dx = f(x) β p f(x) ( β) q dx f(x) p dx f(x) dx) q < +infty. Si ha poi Pertanto, β = q r p q, α = p r ( f(x) r dx q r p q = β p r, α = ( β) q r. ) α r f(x) p p dx ( ) ( α) r f(x) q q dx da cui la tesi. La disuguaglianza appena dimostrata si chiama disuguaglianza di interpolazione. 9) Sia f in L p ((0, )) per ogni p tale che ( f(x) p dx (0,) ) p K, p. Dimostrare che f è in L ((0, )) e che ess sup (0,) f(x) K. Trovare un esempio di funzione che è in tutti gli spazi L p ((0, )), ma non in L ((0, )). Sia K = {x (0, ) : f(x) > K}. Allora K p f(x) p dx f(x) p dx (K) p m( K ). (0,) Pertanto, m( K ) / p (per ogni p ) e quindi m( K ) = 0. Ne segue che f(x) K quasi ovunque, e quindi f è in L ((0, )). La tesi segue allora dal fatto che, se f è in L ((0, )), allora ( ) p f(x) p dx = ess sup (0,) f(x). p La funzione f(x) = ln(x) è in L p ((0, )) per ogni p, ma non in L ((0, )). (0,) 0) Sia p ed un insieme misurabile di misura finita. Una funzione misurabile f : si dice appartenere allo spazio di Marciniewicz M p () (detto anche spazio L p -debole ) se esiste una costante non negativa C tale che m({x : f(x) t}) C t p, t > 0. Dimostrare che L p () M p () e che l inclusione è stretta. Sia f in L p (). Allora, dal momento che f(x) p t p m({x : f(x) t}) t p e quindi f appartiene a M p (). La funzione {x : f(x) t} x p sull insieme {x : f(x) t}, si ha f(x) p dx t p f(x) p dx = C t p, è in M p ((0, )) ma non in L p ((0, )).,
18 sercizi 6 ) Sia f in L (), con f 0. Sia f n (x) = f(nx). Calcolare il ite per n tendente ad infinito dell integrale di f n su [0, ]. A cosa tende quasi ovunque (se tende) f n? Si ha [0,] f n (x) dx = n [0,n] f(y) dy. Dal momento che l integrale di f su [0, n] converge all integrale di f su [0, ) (perché tale integrale è finito), l integrale di f n tende a zero. Pertanto, a meno di sottosuccessioni, f n (x) tende a zero quasi ovunque. Se, però, f ammette ite a, tale ite vale zero (si veda l esercizio 6 del compito del 7 novembre), ed allora f n (x) tende a zero per ogni x in [0, ], escluso x = 0 (dove tende essendo costantemente uguale a f(0)). ) Sia f(x) = per x in [ π, π], e f(0) = 0. Sia x Dimostrare che {a (f)} non è in l. a (f) = [ π,π] f(x) cos(x) dx. ssendo {a (f)} la successione dei coefficienti di Fourier di f (si noti che f è pari, e pertanto b (f) = 0 per ogni ), se {a (f)} fosse in l, la serie di Fourier convergerebbe in L ([ π, π]) ad f, e dunque f apparterrebbe ad L ([ π, π]), il che non è. 3) Sia f(x) = = sen(x) Calcolare l integrale di f su [ π, π] e dimostrare che, detta g(x) = f (x), allora b (g) = 0 per ogni. La successione b = è in l ; pertanto, la serie converge in L ([ π, π]) ad f. Dal momento che la convergenza in L ([ π, π]) implica la convergenza in L ([ π, π]), la serie converge ad f in L ([ π, π]). Ma allora sen(x) f(x) dx = dx = 0. [ π,π] = ssendo g in L ([ π, π]), i suoi coefficienti di Fourier sono ben definiti; inoltre, essendo f dispari, g = f è pari e pertanto b (g) = 0. 4) Sia f in L ([ π, π]). Dimostrare che [ π,π] Suggerimento: si dimostri che è vero se f = χ (a,b). Si ha [ π,π] χ (a,b) (x) cos(x) dx = (a,b) [ π,π] f(x) cos(x) dx = 0.. b sen(b) sen(a) cos(x) dx = cos(x) dx =, a che tende a zero per tendente ad infinito. Se ϕ è una funzione semplice, si ha allora ϕ(x) cos(x) dx = 0. [ π,pi]
19 Se f è in L ([ π, π]), sia {ϕ n } una successione di funzioni semplici che converge ad f in L ([ π, π]). Allora [ π,π] f(x) cos(x) dx = + [ π,π] [ π,π] [f(x) ϕ n (x)] cos(x) dx ϕ n (x) cos(x) dx d (f, ϕ n ) + ϕ n (x) cos(x) dx, [ π,π] ed entrambi i termini possono essere resi piccoli, scegliendo prima n grande per il primo, e poi grande per il secondo. 5) Sia g(x) = χ [0,] (x) χ [,0) (x), e sia ḡ la prolungata per periodicità su. Definiamo g (x) = ḡ( x). Dimostrare che, per ogni f in L ([, ]), si ha f(x) g (x) dx = 0. [,] Facendo un po di tentativi, si vede che è possibile scrivere (quasi ovunque) g (x) = + j=0 ( ) j χ [ j j+, ](x). [ Sia ora < h e calcoliamo g (x) g h (x). Consideriamo, per j compreso tra 0 e +, l intervallo j, j+ ]. Su questo intervallo g (x) vale (se j è pari), o (se j è dispari), mentre g h (x) ha integrale nullo: si osservi infatti che g h assume alternativamente i valori ± sui h intervalli nei quali è suddiviso l intervallo [ j, j+ ] dai punti di discontinuità di g h. Pertanto, ssendo [ j j+, ] g (x) g h (x) dx = ( ) j [ j j+, ] g h(x) dx = 0. [,] g (x) g h (x) dx = + j=0 [ j j+, ] g (x) g h (x) dx, [,] [g (x)] dx =, si ha che {g / } è un sistema ortonormale in L ([, ]). Pertanto, essendo [,] f(x) g (x) dx i coefficienti di Fourier di f nel sistema {g } (a meno di un fattore ), ne segue che tali coefficienti sono in l (per la disuguaglianza di Bessel), e quindi tendono a zero. 6) Siano f(x) = x e h(x) = x. Calcolare i coefficienti di Fourier di f e h rispetto al sistema ortonormale {g } definito nell esercizio precedente. {g } è completo? ssendo g dispari per ogni, i coefficienti di Fourier di h sono tutti nulli; pertanto, {g } non è completo. Calcoliamo ora i coefficienti di f. Si ha [,] f(x) g (x) dx = + j=0 ( ) j [ j j+, ] x dx = + j=0 [ (j ) ( ) ] + j ( ) j.
20 Sviluppando i quadrati e semplificando, si trova [,] f(x) g (x) dx = + j=0 ( j ( ) j + ) = + j=0 ( ) j j =. 7) Siano p e q maggiori di e tali che /p + /q =. Sia g in L q (). Sia F : L p () l applicazione definita da F (f) = f(x) g(x) dx. Dimostrare che F è continua (ovvero che se f n converge a f in L p (), allora F (f n ) converge a F (f) in ). Dalla disuguaglianza di Hölder si ha F (f n ) F (f) = e quindi la tesi. ( [f n (x) f(x)] g(x) dx ) f n (x) f(x) p p dx ( 8) Sia F : L ([ π, π]) lineare e continua. Dimostrare che esiste C 0 tale che ) g(x) q q dx, F (f) C ( [ π,π] f(x) dx ), f L ([ π, π]). Suggerimento: dimostrare per assurdo che non è possibile che {f n } sia ) itata in L ([ π, π]) e ) tale che F (f n ) diverge. Se non esiste alcuna costante C, allora per ogni C > 0 esiste f = f C in L ([ π, π]) tale che F (f C ) > C ( [ π,π] f C (x) dx ). Prendendo C = n, esiste dunque f n in L ([ π, π]) tale che Dividendo per Sia ora F (f n ) > n ( [ π,π] f n (x) dx ( [ π,π] f n(x) dx) = d (f n, 0), e sfruttando la linearità di F, si trova pertanto ( ) F fn > n. d (f n, 0) g n = f n d (f n, 0). Allora l integrale di g n su [ π, π] vale, e pertanto g n è una successione itata in L ([ π, π]) e tale che F (g n ) > n per ogni n in N. Dividendo per n si trova ( ) F gn > n, n ).
21 da cui l assurdo perché, essendo g n / n convergente a zero in L ([ π, π]), si ha F (g n / n) tendente a F (0) = 0 per continuità e linearità. 9) Sia F : L ([ π, π]) lineare e continua. Sia {e (x)} un sistema ortonormale completo in L ([ π, π]) (ad esempio, T ), e sia a = F (e ). Si dimostri che {a } è in l. Suggerimento: detta s n (x) = n = a e (x), calcolare (s n s n ), F (s n ), ed usare l esercizio precedente. icordando la definizione di a si ha per linearità di F, ( n ) n F (s n ) = F F (e ) e = F (e ) F (e ) = = D altra parte, essendo (e e h ) = δ h, si ha (s n s n ) = = n a = = n [F (e )]. = n [F (e )]. Pertanto, per l esercizio precedente, e ricordando la definizione di prodotto scalare in L ([ π, π]), = (s n s n ) = F (s n ) = F (s n ) C (s n s n ), da cui (s n s n ) C. ssendo questa disuguaglianza vera per ogni n in N, si ha e quindi {a } è in l. = a C, 0) Sia F : L ([ π, π]) lineare e continua, e sia {a } come nell esercizio precedente; sia Dimostrare che F (f) = [ π,π] g F (x) = = a e (x). f(x) g F (x) dx = (f g F ), f L ([ π, π]). Concludere che per ogni applicazione lineare e continua da L ([ π, π]) in esiste g F in L ([ π, π]) tale che F (f) = (f g F ), e viceversa, che se g è in L ([ π, π]), F (f) = (f g) è lineare e continua su L ([ π, π]) (che analogia c è con il duale di N?). Sia f in L ([ π, π]); allora la sua serie di Fourier converge ad f in L ([ π, π]), ovvero f(x) = = (f e ) e (x), e l uguaglianza è vera in L ([ π, π]). ssendo F continua, si ha ( ) F (f) = F (f e ) e = (f e ) F (e ) = = = = (f e ) a. D altra parte, per definizione di g F, e per l esercizio precedente, g F appartiene ad L ([ π, π]), nel senso che la serie converge in L ([ π, π]); ma allora ( ) (f g F ) = f a e = (f e ) a. = Pertanto, F (f) = (f g F ) e quindi la tesi. In definitiva, ogni operatore lineare e continuo su L ([ π, π]) si può rappresentare mediante il prodotto scalare con un vettore di L ([ π, π]), e questo è esattamente quello che accade per gli elementi del duale di N. =
22 sercizi 7 ) Sia, per α e β in, e per f in L ([, ]), F (α, β) = [,] f(x) (α + β x ) dx. Determinare α e β in modo tale che F (α, β) sia minimo su. Invece di risolvere l esercizio considerando e x come base (non ortogonale) di un sottospazio lineare di L ([, ]), scriviamo esplicitamente F (α, β) sviluppando il quadrato: F (α, β) = [,] [f (x) f(x) (α+β x )+α +α β x +β x 4 ] dx = α α β + 5 β α c 0 β c +c, dove c 0 = f(x) dx, c = f(x) x dx, c = f (x) dx. [,] [,] [,] Calcoliamo ora i punti critici di F su. Derivando, si ha F α (α, β) = 4α β c 0, F β (α, β) = 4 5 β α c, che uguagliati a zero danno α 0 = 7c 0 45c 4, β 0 = 35c 45c 0 4 Calcolando l Hessiano, si vede che (α 0, β 0 ) è un punto di minimo. Dal momento che F diverge quando α e β tendono ad infinito (che ci si creda o no, per la disuguaglianza di Hölder), (α 0, β 0 ) è di minimo assoluto. ) Sia P = {g L ([, ]) : g(x) 0}. Data f in L ([, ]), determinare (se esiste) g in P tale che [,] f(x) g(x) dx = min Suggerimento: che succede se f è positiva? { [,] f(x) h(x) dx, h P Se f 0, allora g = f risolve il problema di minimo (dal momento che l integrale di f(x) g(x) è sempre positivo). In maniera analoga, se f 0 la scelta minimizzante è g = 0. In entrambi i casi, g = f +. Dimostriamo ora che tale scelta è la migliore in ogni caso: f(x) g(x) dx = f + (x) g(x) dx + f (x) g(x) dx = I + (g) + I (g). [,] {f 0} {f<0} Se prendiamo g = f + su f 0, allora I + (g) = 0, e questo è il valore minimo possibile. Per I (g) si ha, ricordando che f e g sono non negativi I (g) = f (x) g(x) dx = [f (x) + g(x)] dx [f (x)] dx, {f<0} {f<0}. {f<0} e pertanto il minimo si raggiunge prendendo g = 0 dove f < 0. In definitiva, scegliendo si ha il minimo. g(x) = f + (x) χ {f 0} (x) + 0 χ {f<0} (x) = f + (x), }.
23 3) Siano a, b due numeri reali positivi, e sia F : definita da F (x, y) = (ax, by). Dimostrare che m (F ()) = a b m () per ogni insieme misurabile in. Suggerimento: dimostrarlo prima per in, poi per in, per in, ed infine per qualsiasi. Se I = (α, β) è un intervallo di, allora a I = (a α, a β) e l(a I) = a l(i). Pertanto, se è un sottoinsieme qualsiasi di, si ha m (a ) = a m (). Si dimostra poi che se è misurabile in, allora a lo è (e pertanto m(a ) = a m()). È allora chiaro che se è un rettangolo di, allora = A B e F () = (a A) (b B); pertanto, m (F ()) = a b m (). Sia ora in (che supponiamo di misura finita, altrimenti la formula da dimostrare è evidentemente vera). Allora è unione disgiunta di rettangoli di. ssendo l immagine dell unione l unione delle immagini, la formula appena dimostrata sui rettangoli si trasporta a grazie alla σ-additività di m e all iniettività di F : ( )) m (F ()) = m (F n = m (F ( n )) = a b m ( n ) = a b m (). n N n N n N Con ragionamento analogo (usando il fatto che ogni insieme di di misura finita si può scrivere come intersezione di una successione decrescente di insiemi in di misura finita) si dimostra che se è in allora m (F ()) = a b m (). Sia ora è un insieme misurabile di misura nulla. Allora esiste G in, contenente, e tale che m () = m (G). Ma allora 0 m (F ()) m (F (G)) = a b m (G) = 0, e pertanto anche F () ha misura nulla (ovvero, la formula è valida per insiemi misurabili di misura nulla). Infine, se è un misurabile qualsiasi, esiste G in contenente e con la stessa misura; pertanto, G = H, con m (H) = 0. Allora F (G) = F () F (H) (unione disgiunta) e quindi ovvero la tesi. a b m () = a b m (G) = m (F (G)) = m (F ()) + m (F (H)) = m (F ()), 4) Sia F (x, y) = ( x, y ) e siano F (x, y) = F (x, y), F (x, y) = F (x, y) + (, 0) e F 3 (x, y) = F (x, y) + (, 3 ). Sia S 0 il triangolo equilatero di vertici (0, 0), (, 0) e (, 3) e sia, per in N, S = 3 j= F j (S ). Detta S l intersezione degli S, calcolare m (S); disegnare S 3. L effetto di F è quello di dimezzare S 0 (sia in altezza che in larghezza); in altre parole, F (S 0 ) è il triangolo di vertici (0, 0), (, 0) e (, 3 ); analogamente, F (S 0 ) è il triangolo di vertici (, 0), (, 0) e ( 3, 3 ), mentre F 3 (S 0 ) è il triangolo di vertici (, 3 ), ( 3, 3 ) e (, 3). Pertanto, S è ottenuto da S 0 einando il triangolo centrale di vertici (, 3 ), ( 3, 3 ) e (, 0), e quindi S S 0. Continuando, S è ottenuto da S einando i tre triangoli centrali dei tre triangoli la cui unione è S, e così via. Pertanto, {S } è una successione decrescente di insiemi, il primo dei quali ha misura finita, cosicché la misura di S è il ite delle misure di S. Per l esercizio precedente, m (F (S 0 )) = m (F (S 0 )) = m (F 3 (S 0 )) = m(s0) 4 e quindi m (S ) = 3 4 m (S 0 ). Iterando il ragionamento, m (S ) = ( 3 4) m (S 0 ), che implica m (S) = 0. S è detto triangolo di Sierpinsi, ed è un frattale di dimensione ln(3) ln() misura bidimensionale nulla). 5) Sia F (x, y) = ( x 3, y 3 ) e sia F ij (x, y) = F (x, y) + (i, j ), i, j =,..., 3., maggiore di ma minore di (ed infatti ha
24 Sia M 0 = ([0, 3] [0, 3])\([, ] [, ]) e sia, per in N, M = F ij (M ). i,j=,...,3 (i,j) (,) Detta M l intersezione degli M, calcolare m (M); disegnare M 3. Con ragionamento analogo all esercizio precedente si vede che F ij riduce di un terzo le dimensioni di M 0, e lo sposta in 8 posizioni diverse. In definitiva, M è il costituito da 8 copie disgiunte (e opportunamente traslate) di F (M 0 ) che è il quadrato [0, ] [0, ] privato del terzo centrale [ 3, 3 ] [ 3, 3 ]. Pertanto, M è contenuto in M 0, e la sua misura è 8 9 della misura di M 0. Continuando, si ottiene che M è contenuto in M, e la sua misura è gli 8 9 della misura di M. Pertanto, m (M ) = ( 8 9) m (M 0 ), e quindi m (M) = 0. M è detto tappeto di Sierpinsi (o spugna di Menger bidimensionale ), ed è un frattale di dimensione ln(8) ln(3) (di poco inferiore a ). 6) Siano f e g due funzioni di L (), con f(x) g(x) quasi ovunque. Sia misurabile in e sia D = {(x, y) : x, f(x) y g(x)}. Dimostrare (usando il Teorema di Fubini-Tonelli) che m (D) = [g(x) f(x)] dx. Si ha, essendo { [f(x), g(x)] per quasi ogni x, D x = se x e per alcuni x in (di misura nulla), ( ) m (D) = χ D (x, y) dx dy = χ Dx (y) dy dx = [g(x) f(x)] χ (x) dx = [g(x) f(x)] dx, e quindi la tesi, se però sapessimo che D è misurabile. Per dimostrare che D è misurabile, è sufficiente dimostrare che è misurabile l insieme F = {(x, y) : 0 y h(x)}, dove h è una funzione misurabile e non negativa. Dal momento che esiste una successione di funzioni semplici ϕ n che approssima h crescendo, ed essendo l insieme n = {(x, y) : 0 y ϕ n (x)} un elemento di (come si verifica facilmente), ne segue che G = {(x, y) : 0 y < h(x)} è in e quindi è misurabile. Infine, essendo F = n N ne segue che F è in e quindi è misurabile. {(x, y) : 0 y < h(x) + n }, 7) Siano f in L () e g in L p (). Dimostrare (usando il Teorema di Fubini-Tonelli) che è in L p () la funzione (detta convoluzione fra f e g) (f g)(x) = f(y) g(x y) dy. Sia g in L (). Allora (f g)(x) dx = f(y) g(x y) dy dx e quindi, per il Teorema di Fubini-Tonelli, ( ) ( (f g)(x) dx = f(y) g(x y) dx dx = ( ) f(y) g(x y) dy dx, ) ( ) f(y) dy g(z) dz <.
25 Sia ora g in L p () con p >. Scriviamo, detto q il numero reale tale che p + q =, f(y) g(x y) dy = Pertanto, (f g)(x) p dx ( f(y) q f(y) p g(x y) dy ( p ( f(y) g(x y) dy) dx Infine, ragionando come nel caso g in L (), ( (f g)(x) p dx ) q f(y) dy ( ) f(y) g(x y) p p dy. ) p ( ) q f(y) dy f(y) g(x y) p dy dx. ) p q + ( ) ( ) p ( ) f(y) dy g(z) p dz = f(y) dy g(z) p dz <. 8) Sia f in L () e sia g continua su e nulla fuori da un insieme compatto. Dimostrare che è continua la funzione f g definita come nell esercizio precedente. Sia x n convergente a x 0. Allora f(y) g(x n y) converge a f(y) g(x 0 y) per quasi ogni y (tolti al più quelli per i quali f(y) vale ± ); essendo g continua e nulla fuori da un compatto, g è itata. Pertanto f(y) g(x n y) M f(y), e M f è in L (). Per il teorema di Lebesgue (f g)(x n) = f(y) g(x n y) dy = f(y) g(x 0 y) dy = (f g)(x 0 ). 9) Sia ρ 0 una funzione continua su, nulla fuori da [, ], con integrale uguale ad su (ovvero, su [, ]. Sia ρ n (x) = n ρ(nx) e sia f(x) = χ (a,b) (x). Dimostrare che ρ n f converge quasi ovunque a f in, e che ρ n f converge in L () a f. Per definizione, ρ n è diverso da zero solo sull intervallo [ n, n ]. Allora (ρ n f)(x) = f(y) ρ n (x y) dy = [x n,x+ n] f(y) ρ n(x y) dy. Sia x in (a, b). Allora, definitivamente in n, [ x n, x + n] (a, b). Pertanto, (ρ n f)(x) = [x n,x+ n] f(y) ρ n(x y) dy = [x n,x+ n] ρ n(x y) dy = n n n ρ(nz) dz = ρ(s) ds =, e quindi (ρ n f)(x) converge a se x è in (a, b). Se x non è in [a, b], allora [ x n, x + n] (a, b) = definitivamente in n, e quindi (ρ n f)(x) = 0. Pertanto, (ρ n f) converge a χ (a,b) (x) per ogni x diverso da a e b, e quindi quasi ovunque (si verifica facilmente che (ρ n f)(a) converge all integrale tra 0 e di ρ, mentre (ρ n f)(b) converge all integrale tra e 0 di ρ). Inoltre, come abbiamo appena verificato, 0 (ρ n f)(x) χ (a,b+) (x), che è una funzione di L (). La convergenza di ρ n f a f segue allora dal Teorema di Lebesgue. 0) Sia ρ n come prima e f in L (). Dimostrare che ρ n f converge a f in L (). Usando la linearità dell integrale e l esercizio precedente si dimostra facilmente che se ϕ è una funzione semplice nulla fuori da un intervallo compatto, allora ρ n ϕ converge in L () a ϕ. ssendo le funzioni semplici nulle fuori da un intervallo compatto dense in L (), sia (per ε > 0 fissato) ϕ ε tale che f(y) ϕ ε (y) dy ε 3.
26 Dall esercizio 7 (e dal fatto che ρ 0) si ha Infine, sia n ε in N tale che ( ρ n (f ϕ ε ) (x) dx ) ( ) ρ n (z) dz f(y) ϕ ε (y) dy ε 3. (ρ n ϕ ε )(x) ϕ ε (x) dx ε 3. Si ha allora la tesi, per la disuguaglianza triangolare in L () e per il fatto che ρ n f ρ n ϕ ε = ρ n (f ϕ ε ). Si noti che, essendo ρ n f continua (per l esercizio 8), si è ri-dimostrata la densità delle funzioni continue in L (). Analogo risultato vale se f è in L p ().
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