Giorgio Molteni Università degli Studi di Milano ELEMENTI DI CHIMICA ORGANICA FISICA

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1 Giorgio Molteni Università degli Studi di Milano ELEMENTI DI CIMICA RGANICA FISICA Lulu, 2008

2 Molteni, Giorgio, Elementi di chimica organica fisica Includes bibliographical references and index. ID: Lulu Enterprises Inc., Morrisville, NC 860 Aviation Parkway, Morrisville, NC Printed in the United States of America

3 ai miei genitori

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5 PREFAZINE Esistono numerosi libri di testo che descrivono in modo abbastanza approfondito l intero campo della chimica organica fisica. Di solito si tratta di volumi piuttosto ponderosi, tutti editi in lingua inglese e progettati per un corso annuale a livello di dottorato. Questi testi sono adattabili con una certa difficoltà all insegnamento del corso di meccanismi delle reazioni organiche poiché nei corsi di laurea chimici italiani esso è attualmente compresso in soli 6 crediti. Il presente volume, di dimensioni volutamente ridotte ed in lingua italiana, presenta una panoramica sufficientemente dettagliata degli aspetti fondamentali della chimica organica fisica e rappresenta una novità nel panorama della letteratura chimica italiana. La mia speranza è che esso, oltre che a colmare un vuoto editoriale, si dimostri didatticamente valido e possa quindi costituire un buon punto di partenza nell insegnamento dei principi fondamentali della chimica organica fisica impartito nell ambito di un corso semestrale. Poiché le esercitazioni svolte in classe sono di primaria importanza allo scopo di fissare efficacamente gli argomenti trattati nelle lezioni teoriche, sono stati proposti un certo numero di problemi la cui soluzione è necessaria allo Studente per una migliore comprensione del testo. Per quanto concerne i riferimenti bibliografici che corredano la fine di ogni capitolo, il ricorso alla letteratura primaria non è stato ritenuto utile né necessario al presente livello di esposizione. Si sono invece proposti libri a carattere specialistico che dovrebbero essere facilmente reperibili dallo Studente particolarmente volenteroso in ogni biblioteca chimica. Nella stesura di questo lavoro è risultato inevitabile operare dei tagli di argomenti anche importanti. Ad esempio la teoria elettronica della chimica organica, così come la stereochimica e l analisi conformazionale, non sono state nemmeno accennate. Benché questa scelta possa apparire bizzarra, essa è stata dettata dal fatto che gli argomenti menzionati sono trattati in modo approfondito rispettivamente nei corsi di chimica fisica e stereochimica organica, ragion per cui si è preferito evitare sovrapposizioni. Durante la compilazione di questo lavoro ho avuto la fortuna di poter contare sull apporto di varie persone, colleghi od amici, che mi sono stati di grande aiuto. Desidero ringraziare la Prof.ssa Del Buttero (Università di Milano) per avere letto e commentato criticamente alcune parti del libro nella sua prima versione e la Dott.ssa Rossignolo (Almac Sciences), che si è prestata con entusiasmo alla lettura dell intero testo. Un profondo ringraziamento è dovuto alla Prof.ssa Garanti, che ha messo a disposizione la sua immensa esperienza nella lettura critica dell intero lavoro, ed al Dott. Ponti (Istituto di Scienze e Tecnologie Molecolari del CNR), che ha corretto con estrema pazienza e competenza le mie cattive interpretazioni della chimica fisica. I miei Studenti del corso di meccanismi delle reazioni organiche hanno svolto un lavoro prezioso segnalandomi molti degli errori presenti nella prima versione del testo. Infine, un ringraziamento particolare va al Prof. Zecchi (Università dell Insubria) per avermi trasmesso l interesse nei confronti della chimica organica fisica. Nonostante l aiuto di tutte queste persone ci si può domandare per quale

6 ragione il presente testo sia ancora tanto lontano dalla perfezione. L unica risposta possibile è da ricercare nella persona dell autore, che si assume per intero la responsabilità di tutti gli errori ancora presenti. Giorgio Molteni Milano, Dicembre 2008

7 INDICE DEI CAPITLI 1 Meccanismi di reazione 2 Elementi di cinetica chimica 3 Teoria perturbativa ed SAB 4 Correlazioni lineari di energia libera 5 Effetti del solvente 6 Acidi e basi 7 Utilizzo degli isotopi negli studi meccanicistici 8 Catalisi 9 Metodi di attivazione non convenzionali di reazioni organiche

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9 INDICE 1 Meccanismi di reazione 1.1 Introduzione Coordinata di reazione Principi meccanicistici Principio della reversibilità microscopica Postulato di ammond Principio di Bell-Evans-Polanyi Controllo cinetico e termodinamico Principio di Curtin-ammett Principio di reattività-selettività Bibliografia 16 2 Elementi di cinetica chimica 2.1 Introduzione Definizioni fondamentali Equazioni cinetiche Reazioni del primo ordine Reazioni di ordine zero Reazioni del secondo ordine Reazioni in serie Ipotesi dello stato stazionario Reazioni parallele Cinetiche enzimatiche Metodi sperimentali Metodi spettroscopici Metodi elettrochimici Metodi polarimetrici Dipendenza della velocità dalla temperatura L Equazione di Arrhenius Teoria delle collisioni Teoria dello stato attivato Dipendenza della velocità dalla pressione Cicloaddizioni Sostituzioni nucleofile al carbonio saturo Addizioni al carbonile Reazioni al carbonio aromatico Reazioni intramolecolari Cinetica chimica applicata ad alcune reazioni organiche Sostituzioni nucleofile Sostituzioni elettrofile al carbonio aromatico Idrolisi degli esteri Reazioni di eliminazione 62

10 2.9 Problemi Bibliografia 65 3 Teoria perturbativa ed SAB 3.1 Introduzione Teoria perturbativa Energie e coefficienti degli orbitali di frontiera Applicazioni della teoria perturbativa Sostituzioni al carbonio saturo Sostituzioni elettrofile aromatiche Cicloaddizioni Reazioni di Diels-Alder Cicloaddizioni [2+2] Cicloaddizioni 1,3-dipolari Teoria SAB Applicazioni della teoria SAB Reattivi bidentati Debromurazione di α-bromochetoni Sostituzioni-eliminazioni Addizioni a doppi legami carbonio-carbonio Addizioni a doppi legami carbonio-ossigeno Aspetti quantitativi della teoria SAB Problemi Bibliografia Correlazioni lineari di energia libera 4.1 Introduzione Equazione di ammett Significato della costante del sostituente, σ X Significato della costante di reazione, ρ Equilibri con ρ > Reazioni con ρ > Reazioni con ρ < Reazioni con ρ Coniugazione diretta Equazioni a due parametri Equazione di Yukawa-Tsuno Altre equazioni a due parametri Deviazioni dalla linearità Effetti sterici Equazione di Taft Parametri sterici Problemi Bibliografia 138

11 5 I solventi 5.1 Introduzione Energia libera di solvatazione Momento dipolare, costante dielettrica e polarità dei solventi Relazioni empiriche Parametri di polarità Indice di rifrazione, n Costante dielettrica, ε Parametro di Dimroth, E T Parametro di Kosover, Z Potere ionizzante Indici di solvatazione Proprietà acide o basiche dei solventi secondo Lewis Numero donatore, DN Numero accettore, AN Effetti del solvente sugli equilibri chimici Effetti del solvente sul meccanismo di reazione Reazioni con stati di transizione a sviluppo o dispersione di carica Reazioni pericicliche Reazioni radicaliche L acqua Reazioni organiche in fase acquosa Cicloaddizioni [4+2] Cicloaddizioni [3+2] Riassestamento di Claisen Liquidi ionici Problemi Bibliografia Acidi e basi 6.1 Introduzione Richiami sugli equilibri acido-base in acqua Acidi e basi più deboli dell acqua Acidi più forti di 3 +, basi più forti di Meccanismo di trasferimento protonico Effetti del solvente sull acidità Nucleofili ed elettrofili Diagrammi di Brønsted Scale di nucleofilicità Equazione di Swain-Scott Equazione di Ritchie Equazione di Edwards Problemi Bibliografia 190

12 7 Utilizzo degli isotopi negli studi meccanicistici 7.1 Introduzione Effetti cinetici isotopici Effetto cinetico isotopico primario Esempi di effetti cinetici isotopici primari Sostituzioni nucleofile al carbonio saturo Sostituzioni elettrofile aromatiche Eliminazioni Addizioni elettrofile agli alcheni Effetto cinetico isotopico secondario Esempi di effetti cinetici isotopici secondari Effetti cinetici isotopici di tipo sterico Effetti isotopici dovuti al solvente Metodo dell inventario dei protoni Marcatura isotopica Sostituzioni nucleofile S N Sostituzioni all anello aromatico Addizioni nucleofile al doppio legame C= Eliminazioni Condensazioni Riassestamenti Problemi Bibliografia Catalisi 8.1 Introduzione Catalisi acido-base Catalisi acida specifica Catalisi acida generale Legge della catalisi secondo Brønsted Catalisi enzimatica Catalisi supramolecolare Catalisi micellare Catalisi a trasferimento di fase Catalizzatori a trasferimento di fase Cinetica dei processi a trasferimento di fase rganocatalisi Catalisi metallorganica Idrogenazione omogenea di composti insaturi Idrosililazione di composti insaturi Carbonilazione del metanolo Reazione di eck Problemi Bibliografia 250

13 9 Metodi di attivazione non convenzionali di reazioni organiche 9.1 Introduzione Microonde Riscaldamento con microonde Effetti specifici delle microonde Esempi di reazioni organiche attivate dalle microonde Sonochimica Principi generali Effetti degli ultrasuoni sulle reazioni organiche Esempi di reazioni organiche attivate dagli ultrasuoni Attivazione elettrochimica Fattori termodinamici e cinetici La reazione elettrorganica ssidazioni anodiche Riduzioni catodiche Fotochimica Stati eccitati Processi fotolitici Processi fotofisici Processi fotochimici Reazioni fotolitiche Riassestamenti Isomerizzazioni Estrazione di atomi di idrogeno Fotodimerizzazioni Problemi Bibliografia 281 Costanti fisiche 283 Indice analitico 285

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15 Elementi di Chimica rganica Fisica

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17 1 MECCANISMI DI REAZINE 1.1 Introduzione Coordinata di reazione Principi meccanicistici Bibliografia Introduzione Il meccanismo di una reazione chimica consiste nella descrizione dettagliata, passaggio per passaggio, attraverso il quale avviene la trasformazione da reagenti a prodotti. Per prima cosa il meccanismo di una reazione viene ipotizzato, su basi più possibile ragionevoli, in modo da rendere conto di tutti i fatti sperimentali disponibili. Qualora vengano alla luce nuove evidenze sperimentali, queste ultime devono trovare una spiegazione coerente col meccanismo ipotizzato in precedenza. Se i nuovi fatti vi trovano riscontro il modello proposto per il meccanismo risulta rafforzato, se invece non sono compatibili occorre rivedere il quadro meccanicistico modificandolo opportunamente. La conoscenza dettagliata di un meccanismo di reazione implica la descrizione di tutte le interazioni molecolari che prendono parte al processo reattivo, nonché di tutte le specie che si formano nel percorso da reagenti a prodotti. Ad esempio la formazione di intermedi reattivi dev essere prevista dal meccanismo di reazione. Allo stesso modo, la conoscenza dell energia e della velocità con cui evolve il sistema devono essere note in ogni momento della trasformazione. Da quanto detto è chiaro che risulta difficile asserire che un meccanismo di reazione sia mai stato dimostrato in toto. Tuttavia se esso è in grado di spiegare in modo soddisfacente un buon numero di fatti sperimentali, se si possono fare previsioni basandosi sul meccanismo ipotizzato trovando conferma nei fatti, ed infine se è coerente con i meccanismi di altre reazioni correlate, allora si può dire che il meccanismo è ben provato ed esso può essere annoverato tra le acquisizioni della chimica organica. Allo stato attuale i numerosissimi testi di chimica organica fondamentale disponibili presentano una forma grossolana di meccanismo attendibile per una gran quantità di reazioni. Si tratta della nota rappresentazione per mezzo delle frecce ricurve che mostrano il movimento delle coppie di elettroni. Sebbene questa formulazione a 1

18 frecce sia molto comoda, ma soprattutto efficace ed intuitiva, non bisogna dimenticare che si tratta sempre e solo di ipotesi meccanicistiche attendibili, mentre la definizione rigorosa di un meccanismo di reazione è stata raggiunta solo in casi rarissimi. In questa sede ci si propone di illustrare le interdipendenze che sussistono tra reattività e meccanismo di reazione in modo quantitativo o semiquantitativo. Il perseguimento di questo obiettivo sarà realizzato determinando i parametri cinetici, il decorso stereochimico, gli effetti isotopici o del mezzo di reazione, le correlazioni struttura-reattività ed altri argomenti significativi. 1.2 Coordinata di reazione E uso comune descrivere l evoluzione di una generica reazione chimica tramite un diagramma o profilo energetico bidimensionale nel quale viene riportata l energia del sistema in funzione della coordinata di reazione (Figura 1.1). Si possono costruire diagrammi nei quali compare una misura dell energia definita termodinamicamente, ad esempio l entalpia, l energia libera G o l energia interna E. La coordinata di reazione è invece un termine generico che descrive la riorganizzazione dei nuclei che si produce durante lo svolgimento della reazione. E E reagenti prodotti coordinata di reazione Figura 1.1. Rappresentazione di un generico profilo di reazione bidimensionale per un processo semplice ad uno stadio. Questa definizione non è molto soddisfacente dato che per la stragrande maggioranza delle reazioni organiche è impossibile descrivere rigorosamente tutti i gradi di libertà posseduti da reagenti e prodotti. Ciò è evidente considerando che un sistema di N atomi possiede un numero di gradi di libertà vibrazionali pari a 3N-6. Anche una reazione molto semplice quale la sostituzione nucleofila bimolecolare (S N 2) tra il bromuro di metile e l anione ioduro, che coinvolge solo 6 atomi, I + C 3 Br C 3 I + Br è descritta da 3 x 6 6 = 12 gradi di libertà vibrazionali. Di conseguenza un diagramma accurato dovrebbe esprimere 13 parametri; 12 vibrazionali ed uno energetico. Una rappresentazione di questo tipo è naturalmente impossibile. Il meglio che si può fare è rappresentare due gradi di libertà vibrazionali in funzione 2

19 dell energia ricavando il diagramma della superficie dell energia potenziale (Figura 1.2). In un tale diagramma compaiono due parametri geometrici specifici, in questo caso le lunghezze dei legami C-Br e C-I, in funzione dell energia potenziale il cui asse è perpendicolare al piano descritto dai due parametri geometrici di riferimento. In questo modo la variazione dell energia al procedere della reazione non è più funzione di un generico parametro di riorganizzazione dei nuclei (la coordinata di reazione) ma dipende da due entità geometriche, due lunghezze di legame, che sono definite univocamente. E ovvio che dovendo limitarsi alla descrizione di due soli parametri geometrici si scelgono quelli più significativi per la reazione in esame. Nel caso della sostituzione nucleofila menzionata è naturale che la scelta riguardi il legame che si forma (C-I) e quello che si rompe (C-Br). R C-I 3 R C-Br Figura 1.2. Rappresentazione del diagramma dell energia potenziale per la reazione C 3 -Br + I. L interpretazione di un diagramma della superficie potenziale è piuttosto semplice tenendo presente che si tratta di una proiezione vista dall alto di un diagramma tridimensionale le cui linee di livello assumono lo stesso significato di quelle che si incontrano in una normale mappa topografica. All aumentare della lunghezza del legame C-Br, cioè muovendosi lungo la coordinata R C-Br in direzione della freccia, si sale di energia lungo la linea punteggiata arrivando al punto di rottura di questo legame. Contemporaneamente la distanza tra carbonio e anione ioduro diminuisce fino ad arrivare alla formazione del legame C-I. La trasformazione da C 3 Br a C 3 I deve quindi passare per un massimo energetico contrassegnato dal simbolo nella Figura 1.2; questo massimo assoluto prende il nome di stato di transizione. Nonostante i profili energetici bidimensionali lascino piuttosto nel vago il concetto di coordinata di reazione, nella pratica comune della chimica organica essi sono usati

20 molto più frequentemente dei diagrammi di superficie per via dell immediatezza nell individuazione della barriera energetica che separa i reagenti dallo stato di transizione. Per la reazione in esame il profilo energetico bidimensionale è infatti molto semplice e del tutto simile a quello illustrato nella Figura 1.1, dove la barriera energetica è contrassegnata dal simbolo E. E di particolare importanza definire in modo rigoroso il punto di massimo dei profili energetici denominato stato di transizione, come si è detto pocanzi. Lo stato di transizione rispecchia l assetto meno stabile degli atomi o delle specie reagenti nella via verso i prodotti. Benché esso debba essere necessariamente un entità molecolare, si tratta di una specie altamente instabile e non isolabile caratterizzato da un tempo di vita inferiore a quello di una vibrazione molecolare (10-12 s). L assetto degli atomi giunti allo stato di transizione non è dunque rilevabile sperimentalmente, e sulla sua struttura si possono fare congetture fondate sia sulla struttura dei reagenti che dei prodotti. Alternativamente si può procedere al calcolo dello stato di transizione con metodi computazionali che hanno il notevole vantaggio di fornirne la struttura e l energia a partire da principi non empirici. E utile, a questo punto, passare in rassegna alcuni tra i tipi dei profili di reazione bidimensionali che si incontrano più comunemente nello studio dei meccanismi delle reazioni organiche. Va subito detto che è conveniente esprimere l energia che compare in ordinata con la funzione energia libera G, dato che il segno dell energia libera di reazione G r dà indicazioni termodinamiche immediate. Il profilo energetico più semplice è quello relativo al meccanismo ad uno stadio. In questo caso il passaggio da reagenti a prodotti è caratterizzato dal valore dell energia libera di attivazione G, che determina la velocità del processo, e dal G r che indica se la reazione è eso- od endoergonica. Nel caso del profilo energetico mostrato nella Figura 1.3 l energia libera dei prodotti è inferiore a quella dei reagenti e si tratta dunque di un processo esoergonico: G r = G prodotti G reagenti < 0. G G Gr coordinata di reazione Figura 1.3. Rappresentazione di un profilo di reazione bidimensionale per un processo esoergonico ( G r < 0) ad uno stadio. Il profilo energetico di una trasformazione endoergonica che avviene attraverso un meccanismo ad uno stadio è rappresentato nella Figura

21 G G Gr coordinata di reazione Figura 1.4. Rappresentazione di un profilo di reazione bidimensionale per un processo endoergonico ( G r > 0) ad uno stadio. Le reazioni che procedono attraverso un meccanismo semplice ad un solo stadio sono piuttosto diffuse, ne sono esempi le sostituzioni nucleofile bimolecolari ed alcuni tipi di cicloaddizioni importanti quali le reazioni di Diels-Alder. Passando alla descrizione dei profili energetici per trasformazioni che avvengono in più di un passaggio, si introduce il concetto di intermedio di reazione. Quest ultimo è un entità molecolare caratterizzata da un alta reattività, che è in grado cioè di evolvere velocemente verso i prodotti oppure di percorrere il cammino inverso tornando a reagenti. L esistenza di un equilibrio tra reagenti ed intermedio di reazione costituisce la prima differenza fondamentale tra esso e lo stato di transizione, per il quale un equilibrio di questo tipo è precluso. Un altra differenza fondamentale resiede nel fatto che un intermedio di reazione può, in linea di principio, venire isolato, mentre lo stato di transizione può solo evolvere verso i prodotti e, come si è detto, non può essere mai isolato. Dal punto di vista chimico un intermedio di reazione è dunque una specie reattiva che può essere evidenziata tramite metodi chimici, cioè intrappolata con opportuni reagenti, oppure spettroscopici. Come esempio si consideri il tipico meccanismo operante nelle sostituzioni elettrofile aromatiche, che prevede la formazione intermedia di cationi arenio. Dalla reazione di Friedel-Crafts tra il mesitilene ed il fluoruro di etile in presenza di BF 3 è stato possibile caratterizzare il catione intermedio A isolandolo quale solido a punto di fusione 15 C. Me Me Me Me _ BF 4 EtF + Et BF 3 Me Me Me Me Et Me A Il profilo energetico bidimensionale per una trasformazione esoergonica che implica la formazione di un intermedio indicato con la lettera I è schematizzato nella Figura 1.5. La reazione inizia con un primo stadio nettamente endoergonico che, passando 5

22 per un primo stato di transizione, dà luogo alla formazione dell intermedio I. Un secondo stadio fortemente esoergonico che passa attraverso un secondo stato di transizione costituisce il passaggio che porta dall intermedio I ai prodotti di reazione. Poiché la prima barriera di attivazione G I è più alta della seconda ( G p ), è ragionevole supporre che il passaggio reagenti intermedio debba essere lento rispetto a quello intermedio prodotti. In altre parole il primo passaggio, più lento, è quello che determina la velocità complessiva dell intero processo. Questa constatazione, proposta per ora su basi intuitive, verrà ripresa in modo più rigoroso nel capitolo dedicato alla cinetica chimica. G G I I Gp Gr coordinata di reazione Figura 1.5. Rappresentazione di un profilo di reazione bidimensionale per un processo esoergonico ( G r < 0) a due stadi. Per una trasformazione esoergonica che decorre attraverso un meccanismo a due stadi può anche darsi il caso in cui G I sia inferiore a G p, nel qual caso lo stadio lento della reazione dev essere quello che conduce dall intermedio ai prodotti. La velocità dell intero processo è allora determinata da questo secondo stadio, come risulta schematizzato nella Figura 1.6. G I Gp G I Gr coordinata di reazione Figura 1.6. Rappresentazione di un profilo di reazione bidimensionale per un processo esoergonico ( G r < 0) a due stadi. 6

23 1.3 Principi meccanicistici L utilizzo e l interpretazione dei profili energetici bidimensionali si presta ad introdurre alcuni principi o postulati di fondamentale importanza, dato che essi esprimono criteri qualitativi in grado di descrivere la reattività degli intermedi, la distribuzione dei prodotti ottenuta da una reazione e la struttura approssimativa dello stato di transizione. In questo paragrafo ci si propone di passare in rassegna questi principi o postulati formulandoli in modo più possibile intuitivo e cercando di metterne contemporaneamente in rilievo il significato chimico Principio della reversibilità microscopica Il principio della reversibilità microscopica stabilisce che per una reazione reversibile il cammino percorso per andare da reagenti (R) a prodotti (P) dev essere lo stesso seguito per la trasformazione inversa da prodotti a reagenti. Questo principio è del tutto generale e trae origine da un ragionamento semplice. Poiché durante una reazione chimica i nuclei e gli elettroni assumomo l assetto corrispondente alla minima energia libera possibile, se la reazione è reversibile si deve ripetere lo stesso assetto nucleare ed elettronico anche per la trasformazione inversa. Il principio della reversibilità microscopica è importante dal punto di vista meccanicistico in quanto assicura che se nel percorso R P vengono generati uno o più intermedi labili, la formazione di questi ultimi si deve verificare anche nel processo inverso P R. Lo stesso discorso vale per gli stati di transizione coinvolti nella reazione. In altre parole ogni ipotesi meccanicistica proposta per la trasformazione diretta dev essere valida e verificata per quella inversa. Nel caso semplice di una reazione esoergonica reversibile che procede attraverso un solo stadio per la quale sia valido il profilo energetico illustrato nella Figura 1.3, i reagenti si collocano ad energia superiore rispetto a quella dei prodotti. Da quanto già detto sull entità della barriera di attivazione, risulta chiaro che la velocità di andata dev essere necessariamente superiore a quella di ritorno. Ma in virtù del principio della reversibilità microscopica lo stato di transizione coinvolto dev essere lo stesso indipendentemente dalla direzione della reazione Postulato di ammond Nella sua formulazione originale, il postulato di ammond stabilisce una relazione tra la struttura di uno stato di transizione e quella di un intermedio, un reagente od un prodotto la cui formazione ricorre nella stessa reazione. Se due stati, ad esempio uno di transizione ed un intermedio reattivo, si susseguono durante un processo reattivo ed hanno un contenuto energetico simile, la loro interconversione implica una piccola riorganizzazione delle strutture molecolari. In pratica questo postulato ammette che uno stato di transizione ha struttura simile a quella di un reagente, intermedio o prodotto la cui energia sia simile a quella dello stato di transizione in oggetto. Ciò significa che per reazioni ad un solo stadio caratterizzate da un passaggio esoergonico lo stato di transizione ha struttura simile a quella dei reagenti, mentre per una reazione endoergonica la struttura dello stato di transizione coinvolto deve somigliare a quella dei prodotti. Si può intuire come 7

24 questo postulato sia d importanza fondamentale nell ipotizzare la struttura di uno stato di transizione a secondo delle caratteristiche termodinamiche della reazione. Esaminando i profili energetici di due reazioni, una eso- e l altra endoergonica, ci si rende conto della validità generale del postulato di ammond. Nel primo caso, schematizzato nel profilo energetico a sinistra nella Figura 1.7, lo stato di transizione ha energia e quindi struttura simile a quella dei reagenti. Per contro, nel caso di una trasformazione endoergonica (profilo energetico di destra nella Figura 1.7), lo stato di transione ha energia e struttura simile a quella dei prodotti. G G coordinata di reazione coordinata di reazione Figura 1.7. Rappresentazione grafica del postulato da ammond per una reazione esoergonica (a destra) e di una endoergonica (a sinistra). Una delle applicazioni più interessanti del postulato di ammond riguarda il confronto tra le specie carbocationiche coinvolte nella reazione di eterolisi del legame carbonio-gruppo uscente (S N 1). E noto che la stabilità dei carbocationi decresce nell ordine 3 > 2 > 1 > Me +. I profili energetici riguardanti la formazione di questi carbocationi mostrano che passando dal catione t-butilico al catione metilico l energia degli stati di transizione si avvicina a quella dei prodotti. La generazione di un carbocatione più stabile implica dunque il passaggio attraverso uno stato di transizione più simile ai reagenti. G Me+ Et+ ipr+ tbu+ R X coordinata di reazione Figura 1.8. Profilo di reazione della generazione di carbocationi per eterolisi del legame R-X. 8

25 Il postulato di ammond è stato finora illustrato attraverso i consueti diagrammi bidimensionali nei quali l energia libera G è funzione della coordinata di reazione. Con questo tipo di rappresentazione risulta evidente il contenuto energetico di reagenti, prodotti e stati di transizione coinvolti nel processo reattivo ma, ovviamente, non è possibile ricavare informazioni sulla variazione delle lunghezze dei legami che si formano o si rompono durante la reazione. Benché questi ultimi parametri si possano desumere dalle superfici di energia potenziale del tipo riportato nella Figura 1.2, si preferisce ricorrere ad un tipo di grafico tridimensionale semplificato, nel quale vengono omesse le linee di livello, noto come diagramma di More Ferrall- Jencks. Nel piano della pagina si trovano le distanze di legame appropriate, che sono espresse in funzione dell energia libera il cui asse è perpendicolare al piano della pagina. In questi diagrammi la coordinata di reazione appare vista dall alto e per la generica reazione di sostituzione R-X + Nu R-Nu + X l aspetto del grafico è quello rappresentato nella Figura 1.9. Un processo associativo puramente S N 2 appare come la linea retta a che unisce l angolo in basso a sinistra (R-X + Nu ) con quello in alto a destra (R-Nu + X ) in cui la posizione dello stato di transizione è raffigurata dal punto pieno. L aspetto peculiare dei diagrammi di More Ferrall-Jencks è legato alla possibilità di mostrare grandezze perpendicolari alla coordinata di reazione, quali ad esempio le distanze di legame nello stato di transizione. Qualora un raggruppamento R sia in grado di stabilizzare parzialmente il carbocatione R +, il processo non segue più il meccanismo S N 2 e di conseguenza lo stato di transizione deve cambiare energia e posizione nel grafico delle distanze di legame seguendo la linea curva b. Il nuovo stato di transizione è più lasco del precedente essendo caratterizzato da maggiori distanze R. X ed R. Nu. Un processo dissociativo descritto dal meccanismo S N 1 segue la curva c che prevede l aumento della distanza R. X fino alla rottura del legame con formazione del carbocatione R +. R + + X - + Nu - c R-Nu+ X - b a R...X R-X + Nu - R...Nu [Nu...R...X] - Figura 1.9. Diagramma di More Ferrall-Jencks per una generica reazione di sostituzione. 9

26 Quali esempi tipici di reazioni che seguono le linee a, b o c si considerino rispettivamente le seguenti tre sostituzioni nucleofile, nelle quali è evidente la crescente stabilizzazione dell incipiente carica positiva nello stato di transizione. C 3 Cl _ + I C 3 l _ + CI Cl _ + I l _ + CI Me 2 N Cl _ + I Me 2 N l _ + CI Nell ambito di una reazione puramente S N 2, qualora il gruppo R abbia caratteristiche tali da condurre alla stabilizzazione dei prodotti si ravvisa la situazione delineata nella Figura 1.10 passando dal profilo di reazione a a quello b. Lo stato di transizione che conduce ai prodotti più stabili è meno energetico e somiglia maggiormente ai reagenti (minore distanza R. X), come si deduce facilmente dall esame della Figura a R + + X - + Nu - b R-Nu+ X - R...X R-X + Nu - R...Nu [Nu...R...X] - Figura Diagramma di More Ferrall-Jencks per reazioni S N 2. 10

27 1.3.3 Principio di Bell-Evans-Polanyi Questo principio sancisce che la barriera di attivazione per una reazione concertata è inferiore a quella della corrispondente reazione a stadi. Considerando la generica reazione di sostituzione A + B-C A-B + C la barriera di attivazione è costituita dall energia necessaria allo stiramento del legame B-C e dall iniziale repulsione A---B. Sovrapponendo i profili energetici corrispondenti allo stiramento dei legami A-B e B-C si ottiene il diagramma rappresentato nella Figura La curva inferiore descrive la rottura del legame B-C per l ipotetica reazione A + B-C A + B + C mentre la curva superiore è relativa alla formazione del legame A-B nell ipotetica reazione A + B + C A-B + C. La barriera di attivazione G per la reazione di sostituzione è data dalla differenza tra le energie del punto d incrocio tra i due profili di reazione ed i reagenti. Da questa rappresentazione grafica risulta evidente che la barriera di attivazione per la reazione concertata, nella quale cioè l atomo o la specie A sposta il gruppo uscente C, dev essere più bassa di quella per il corrispondente processo a stadi che richiederebbe la rottura completa del legame B-C la cui energia è data nel diagramma della Figura 1.11 dal punto in ordinata A + B + C. A + B + C A + B + C G A + B-C G A-B + C stiramento dei legami Figura Diagramma di Bell-Evans-Polanyi che mostra la barriera di attivazione per la reazione A + B-C A-B + C. Generalizzando, si considerino due reazioni in stretta relazione tra loro A 1 + B-C A 1 -B + C A 2 + B-C A 2 -B + C il corrispondente diagramma di Bell-Evans-Polanyi è schematizzato nella Figura Qualora i prodotti A 1 -B + C siano meno stabili di A 2 -B + C, il profilo 11

28 energetico relativo alla seconda reazione ha energia inferiore ed il punto di incrocio, che esprime la barriera di attivazione, è più somigliante ai reagenti. An + B + C An + B + C G G A 1 -B + C An + B-C A 2 -B + C stiramento dei legami Figura Diagramma di Bell-Evans-Polanyi per le reazioni A 1 + B-C A 1 -B + C ed A 2 + B-C A 2 -B + C Sulla base di questi semplici diagrammi si ricavano due indicazioni importanti: 1. la stabilizzazione dei prodotti comporta la stabilizzazione dello stato di transizione e quindi la riduzione della barriera di attivazione, 2. più una reazione è esoergonica più è caratterizzata da uno stato di transizione simile ai reagenti Controllo cinetico e termodinamico In chimica organica esistono numerosissimi esempi di reazioni nelle quali un certo reagente A può dare luogo alla formazione contemporanea di due prodotti differenti attraverso differenti cammini di reazione. Questa situazione è rappresentata dallo schema B A ed è nota col termine di reazione parallela o competitiva (cfr. paragrafo 2.3.6). Si supponga che il prodotto B sia termodinamicamente più stabile del prodotto C, ma che quest ultimo si formi più velocemente. Ciò implica che la barriera di attivazione per la reazione A C debba essere più bassa di quella necessaria per lo svolgimento della reazione A B. Dal punto di vista grafico questa situazione è rappresentata nella Figura 1.13, dove le grandezze G B e G C sono le barriere di attivazione relative rispettivamente alle reazioni A B ed A C. Se nessuna di queste due reazioni è reversibile, il prodotto C si deve ottenere in quantità preponderante dato 12 C

29 che si forma più velocemente. Questa situazione si modifica radicalmente se le reazioni in oggetto sono reversibili e può quindi essere raggiunto un equilibrio. In questa evenienza si possono distinguere due casi. Nel primo, che prevede l interruzione della reazione prima che venga raggiunto l equilibrio, la reazione è sotto il controllo cinetico e si ottiene preferenzialmente il prodotto C che si forma più velocemente. Questo prodotto è detto cineticamente controllato. Se invece si lascia procedere la reazione fino al raggiungimento dell equilibrio si ha la formazione predominante del prodotto B termodinamicamente più stabile. In queste condizioni infatti il prodotto cinetico C è libero di equilibrare tornando al reagente A mentre il prodotto B, detto termodinamicamente controllato, deve superare una barriera energetica più alta per poter riequilibrare ad A. G G B G C Α C Β coordinata di reazione Figura Profilo energetico che illustra il controllo cinetico e termodinamico per una reazione competitiva B A C. Si può anche verificare il caso in cui il prodotto termodinamico B sia anche quello che si forma più velocemente ( G B < G C ). Per questa evenienza, il cui profilo energetico è illustrato nella Figura 1.14, si ha la formazione largamente preponderante di B. G G B G C Α C Β 13 coordinata di reazione Figura Profilo energetico che illustra il controllo cinetico e termodinamico per una reazione in cui il prodotto termodinamico B è anche quello che si forma più velocemente.

30 Esistono numerosissime reazioni organiche per le quali si può utilmente impiegare il concetto di controllo cinetico o termodinamico. Un esempio particolarmente interessante per via delle notevoli implicazioni sintetiche riguarda la formazione di enolati per trattamento basico dei chetoni corrispondenti. Il 2-metilcicloesanone può dare luogo alla formazione competitiva di due enolati isomeri. La deprotonazione nella posizione 6 dell anello cicloesanico avviene velocemente e porta alla formazione dell enolato cinetico meno sostituito. Ciò è dovuto alla accessibilità dei protoni metilenici, cioè al fatto che i protoni in questa posizione non sono stericamente ingombrati. Contemporaneamente la deprotonazione nella posizione 2 dell anello comporta la formazione dell enolato più sostituito e quindi termodinamicamente più stabile. Interrompendo la reazione prima del raggiungimento dell equilibrio, ovvero operando a temperatura relativamente bassa, si ha la formazione preponderante dell enolato cinetico mentre a temperature superiori o a tempi più lunghi si osserva la formazione dell enolato termodinamico. enolato cinetico enolato termodinamico Principio di Curtin-ammett Con il principio di Curtin-ammett si spiega la distribuzione di prodotti che si osserva in una reazione che decorre attraverso due o più reazioni competitive. Nella sua forma più semplice ed intuitiva questo principio sancisce che il rapporto tra i prodotti di una reazione è determinato solo dall entità delle barriere energetiche di attivazione che conducono ai rispettivi prodotti. Quale corollario molto importante segue che il rapporto tra i prodotti di reazione non dipende dalla formazione di specie isomeriche, conformeri o veri e propri intemedi formati prima degli stati di transizione. Si consideri a questo proposito una reazione che, partendo da un dato reagente, può condurre a due intermedi I 1 ed I 2 in equilibrio tra loro (Figura 1.15). Questi intermedi possono equilibrare tra loro poiché la barriera energetica di interconversione è piuttosto piccola. Una condizione che dev essere necessariamente rispettata è che questa barriera di interconversione sia assai minore di quelle che conducono ai prodotti P 1 e P 2. Nel caso in questione la via che conduce al prodotto P 1 deriva dall intermedio I 1, che è più stabile di I 2. Ma per quest ultimo intermedio la barriera energetica di attivazione che lo separa dal corrispondente prodotto P 2 è più bassa di quella che caratterizza la trasformazione I 1 P 1. Ci si deve dunque attendere che il prodotto maggioritario della reazione sia P 2 il linea con l assunto che 14

31 il risultato della reazione dipende solo dall entità delle barriere di attivazione reagenti prodotti e non dalla stabilità relativa degli intermedi di reazione. G I 2 I 1 P 1 P 2 coordinata di reazione Figura Profilo energetico che illustra il controllo cinetico e termodinamico per una reazione in cui il prodotto termodinamico P 2 è anche quello che si forma più velocemente Principio di reattività-selettività Uno dei primi principi che si incontrano nello studio della chimica organica è quello relativo alla relazione tra reattività e selettività, laddove specie reattive sono ritentue meno selettive di specie più stabili. Questa relazione inversa tra reattività e selettività ha il pregio di essere intuitiva ed è infatti utilizzata molto diffusamente. Moltissime reazioni organiche obbediscono al principio di reattività-selettività, basti pensare all alogenazione radicalica degli alcani o alla chimica dei carbeni. La selettività mostrata nella bromurazione del 2-metilbutano è più alta di quella dell analoga reazione di clorurazione, come mostrato dal seguente Schema e in accordo con la maggior stabilità (minor reattività) del radicale Br rispetto a Cl. Br 2 Br + Br + Br + Br 90.4% 9% 0.34% 0.17% Cl 2 Cl + + Cl + Cl 28% 35% 24% 12% Cl 15

32 In un ulteriore esempio, che riguarda la reattività dei carbeni con olefine, il metilene è in grado di discriminare molto meno del difluorocarbene meno reattivo. Tuttavia, a dispetto della sua immediatezza, il principio di reattività-selettività è tutt altro che generale poiché esistono numerosissimi esempi nei quali si manifesta un comportamento opposto a quello atteso. A titolo di esempio si consideri la reazione di addizione coniugata su metilenechinoni ad opera di carbanioni. Il carbanione più reattivo tra quelli esaminati, cioè il nitroetilene, è anche quello che esprime la maggior selettività. Ar EtC N 2 CEt CEt In questo caso la mancanza di correlazione inversa tra reattività e selettività è stata imputata a diversi fattori quali la solvatazione o l ingombro sterico, che sarebbero in grado di modificare la reattività intrinseca delle specie reattive. In effetti le richieste steriche dell anione del dimedone sono molto diverse e superiori a quelle dell anione del nitroetano. E comunque opportuno constatare che il principio di reattività-selettività è empirico e in quanto tale si può prestare a violazioni di vario tipo. Inoltre i modelli teorici che nel corso del tempo sono stati utilizzati per inquadrare il principio di reattivitàselettività si basano essenzialmente sul principio di Bell-Evans Polanyi e in quanto tali sono di gran lunga troppo semplificati per rendere conto della molteplicità delle interazioni realmente operanti in una reazione organica. 1.4 Bibliografia Tra i numerosi testi a carattere generale che trattano la chimica organica fisica si segnalano qui i più recenti e completi, la cui lettura costituisce sempre un utilissimo approfondimento. Esistono diverse tipologie di questi libri di testo a secondo che il loro orientamento sia di tipo chimico-organico o chimico-fisico. Fra i libri progettati per un corso annuale caratterizzati da un orientamento di tipo chimico-organico, ovvero che dedicano la maggior parte dello spazio alla discussione delle reazioni organiche dal punto di vista meccanicistico, si segnalano i seguenti testi: 1. N. S. Isaacs Physical rganic Chemistry Longman, arlow, E. V. Anslyn, D. A. Dougherty Modern Physical rganic Chemistry University Science Book, Sansalito, F. A. Carroll Perspectives and Structure and Mechanism in rganic Chemistry Brooks Cole,

33 Un libro ormai classico, sebbene un pò datato, è il seguente 4. R.W. Alder, R. Baker, J. M. Brown Meccanismi di Reazione della Chimica rganica Piccin, Padova, Buoni esempi di libri con orientamento chimico-fisico sono: 5. K. B. Wiberg Physical rganic Chemistry John Wiley & Sons, New York, C. D. Ritchie Physical rganic Chemistry Marcel Dekker, New York,

34 2 ELEMENTI DI CINETICA CIMICA 2.1 Introduzione Definizioni fondamentali Equazioni cinetiche Metodi sperimentali Dipendenza della velocità dalla temperatura Dipendenza della velocità dalla pressione Reazioni intramolecolari Cinetica chimica applicata ad alcune reazioni organiche Problemi Bibliografia Introduzione La cinetica chimica si occupa di determinare sperimentalmente la variazione di concentrazione di reagenti e/o prodotti che si verifica in una reazione chimica nell unità di tempo. Queste determinazioni si realizzano previa la conoscenza di alcuni concetti fondamentali quali la velocità di una reazione chimica, l ordine cinetico della reazione e la sua molecolarità. La caratteristica più interessante legata alla misura della velocità di reazione è la possibilità di trarre informazioni utili nella definizione del meccanismo della reazione in questione. Si possono infatti individuare quali molecole interagiscono nello stadio lento della reazione, il che è essenziale per chiarire la dinamica dell intero processo, oppure determinare grandezze d interesse fondamentale quali i parametri di attivazione. 2.2 Definizioni fondamentali Per una generica reazione chimica A + B C + D si definisce velocità di reazione la grandezza espressa dall equazione 2.1, dove con [A], [B] e [C], [D] si indicano rispettivamente le concentrazioni dei reagenti e dei prodotti. Il segno meno davanti ai rapporti che si riferiscono ai reagenti significa che 18

35 la loro concentrazione diminuisce al procedere della reazione; viceversa nel caso dei prodotti è ovvio l andamento opposto, che implica un incremento della loro concentrazione al procedere della reazione. d[a] d[b] d[c] d[d] v = = = = equazione 2.1 dt dt dt dt E bene puntualizzare che la velocità di reazione è una grandezza dimensionale. Qualora le concentrazioni delle specie presenti nella miscela di reazione siano espresse in termini di molarità, le dimensioni di v risultano mole l -1 s -1. Utilizzando altre definizioni per la concentrazione (formalità, molalità, ecc.) le unità di misura di v dovranno variare di conseguenza ma, indipendentemente dal metodo impiegato per designare la concentrazione delle specie presenti, il significato fisico delle dimensioni relative alla velocità di reazione resta invariato. La dipendenza della velocità di reazione dalla concentrazione iniziale dei reagenti determina la legge cinetica della reazione. Per la generica reazione tra le specie A e B menzionata sopra, i dati sperimentali permettono di ottenere l equazione 2.2 nella quale k è la costante di velocità ed m,n sono i coefficienti con cui compaiono le concentrazioni dei reagenti. v = k[a] m [B] n equazione 2.2 Anche k è una grandezza dimensionale ed il suo significato fisico verrà discusso caso per caso, variando a secondo dell ordine della reazione. A questo punto è naturale eguagliare le equazioni 2.1 e 2.2 ottenendo la seguente relazione. d[a] d[b] d[c] d[d] v = = = = = k[a] dt dt dt dt 19 m ] n [B Gli esponenti m ed n sono definiti come ordini di reazione dei reagenti, mentre la somma m + n determina l ordine globale della reazione. Dall esame dalla generica reazione chimica finora utilizzata è chiaro che gli ordini di reazione non hanno nulla a che vedere con i coefficienti stechiometrici che compaiono nella medesima reazione. E bene insistere sul fatto che la determinazione degli ordini di reazione viene eseguita attraverso una serie di misure sperimentali, alcune delle quali saranno brevemente illustrate attraverso opportuni esempi nel paragrafo 2.4. Di diversa natura è la molecolarità di una reazione chimica, che è definita come il numero di molecole reagenti che prendono parte ad una sola reazione elementare consistente in un unico passaggio. La maggior parte delle reazioni elementari hanno molecolarità pari ad uno o a due, sebbene esistano rare reazioni nelle quali tre molecole collidono simultaneamente dando luogo ad una molecolarità pari a tre. Dalla definizione data per la molecolarità di una reazione risulta chiaro che essa è definita solo per reazioni elementari. Per processi costituiti da più stadi non si può parlare di molecolarità globale, ma solo della molecolarità relativa ad ogni singolo stadio.

36 Il seguente esempio, che riguarda la decomposizione termica del pentossido di diazoto, si presta bene a chiarire la differenza tra ordine e molecolarità di una reazione chimica. L equazione stechiometrica della reazione è 2 N N che dice poco o nulla sul suo meccanismo. In effetti l intero processo è più complicato di quanto possa apparire da questa semplice relazione stechiometrica. Da misurazioni cinetiche si deduce la seguente legge di velocità d[2] = k[n dt cioè la reazione è del primo ordine. Raccogliendo ulteriori evidenze sperimentali è poi stato possibile mettere in luce il seguente meccanismo a tre passaggi 2 N 2 5 N 2 + N 3 (veloce) N 2 + N 3 N 2 + N + 2 (lento) N + N 3 2 N 2 ( veloce) nel quale il secondo passaggio è quello lento, che controlla la velocità complessiva della reazione. La molecolarità di questo passaggio è due, dato che la reazione elementare che lo caratterizza avviene per collisione tra una molecola di N 2 ed una del radicale N 3. Riassumendo per il caso in questione, una reazione dalla stechiometria semplice risulta caratterizzata da un meccanismo a stadi piuttosto complesso, è del primo ordine ed è bimolecolare. 5 ] 2.3 Equazioni cinetiche Lo scopo di questo paragrafo è quello di fungere da introduzione all argomento dell integrazione di alcune equazioni cinetiche e di illustrarne le applicazioni in chimica organica, laddove esse risultino particolarmente interessanti. Poiché il campo relativo all integrazione delle equazioni cinetiche è vasto e sovente complesso, ci si limiterà all esposizione dei casi più semplici o più comuni evitando nel contempo dimostrazioni matematiche dettagliate Reazioni del primo ordine Se dallo studio sperimentale della reazione A prodotti si ricava una dipendenza della velocità proporzionale alla prima potenza del solo reagente A, l equazione cinetica assume la forma 20

37 d[a] v = = k[a] dt L integrazione di questa semplice equazione differenziale a variabili separabili è immediata. Ponendo [A] 0 come la concentrazione del reagente al tempo t = 0 si ottiene [A] 0 log = kt equazione 2.3 [A] Questa forma logaritmica dell equazione cinetica non è altro che una retta passante per l origine degli assi cartesiani il cui coefficiente angolare è la costante di velocità k (Figura 2.1), che in questo caso ha le dimensioni di una frequenza (s -1 ). log [A] 0 [A] α tan α = k t Figura 2.1. Rappresentazione grafica dell equazione integrata in forma logaritmica per una cinetica del primo ordine. E utile esprimere l equazione cinetica integrata nella seguente forma esponenziale. [A] [A] 0 = e kt Quest ultima espressione indica che la frazione di A non ancora reagita al tempo t decresce esponenzialmente all aumentare di t, come mostrato nella Figura 2.2. [A] 1 - [A] 0 t Figura 2.2. Dipendenza esponenziale del rapporto [A]/[A] 0 in funzione di t. 21

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