1.9 Definizione di Leadership

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1 1.9 Definizione di Leadership Per definire il leader e la leadership è necessario rintracciare quella che secondo L'enciclopedia della filosofia della GARZANTI suggerisce e precisamente: La leadership è un'autorità che deriva a un individuo da doti naturali o dalla sua posizione sociale; l'individuo assume il ruolo di capo di un'organizzazione, di un'associazione, di un gruppo, grazie al fatto che le sue decisioni e idee, i suoi comportamenti ed atteggiamenti, influenzano in modo notevole i componenti della collettività considerata. Già da questa prima parte della definizione ci troviamo di fronte ad un concetto chiave che buona parte dei testi di management tralasciano. Il leader influenza in modo notevole i componenti della collettività considerata. In questo senso il leader non può più essere soltanto un officiante della tecnica, in quanto, proprio in quanto agente che influenza i componenti del gruppo deve essere consapevole che è l'etica che dovrebbe guidarlo nelle sue decisioni. Proprio le scelte provocano conseguenze non determinabili e controllabili esclusivamente dalla tecnica. Pensare perciò, secondo questa definizione, che il manager in azienda possa essere solo un soggetto che controlla l'operato di un'attività, escludendo tutte le implicazioni morali relative al suo operato è inconcepibile. Se poi si pensa che, molte volte, gli stessi manager sono chiamati a scelte importanti che riguardano la gestione non soltanto di beni materiali ma addirittura delle persone, l'importanza di possedere una formazione etica diventa imprescindibile se vogliamo parlare di vera leadership. Tentare perciò di adattare degli stili di condotta aziendali travestendoli da Leadership ha creato una forte ambiguità. Le diversità culturali implicano inoltre diversi stili di leadership ed è impossibile inserirsi o governare un organizzazione senza capire il 45

2 significato di comportamenti, parole e riti della cultura di riferimento, i diversi modi di intendere il potere, lo status, la gerarchia, il controllo ed il concetto di autorità. Ciò che diventa importante capire è il motivo per cui tutti cercano un leader è la motivazione viene direttamente dal concetto di gruppo. Di solito infatti il gruppo, di qualunque natura si tratti, riconosce un ruolo di guida rispetto a due scale, quella relativa alle capacità tecniche ed una relativa alla capacità di essere accettati. 24 Il leader in un gruppo si manifesta più o meno naturalmente, come un bisogno o come una necessità. Diventa perciò una figura di riferimento. Gli approcci più comuni definiscono la leadership come un particolare batteria di competenze ed abilità che vanno dalla capacità di pensiero strategico e di visione a lungo termine alla capacità di comunicare chiaramente e soprattutto in modo efficace, per giungere a capacità specifiche di analisi e risoluzione di problemi. Molte sono poi le scuole che nei loro corsi preparano i leader aziendali, poche hanno il coraggio di adottare linguaggi riflessivi, di chiedersi il perché dei comportamenti, di ridefinire il leader come persona che spesso non sà o non può sapere (concetto di Trial and Error). Quello che viene richiesto dalla aziende ai propri leader è la razionalità, la gestione dei sentimenti ed emozioni è considerata d impaccio come una sorta di fastidio in grado di creare dissesto nel mondo formale. La gestione delle emozioni e l empatia, lo spazio per i sentimenti, la pratica dell ascolto vengono considerati si come talenti individuali, ma nulla 24 Dalla voce Gruppo punto 6 Istituzione del Leader della Enciclopedia della psicologia, GARZANTI, MILANO 46

3 viene fatto per coltivarli a livello collettivo. Le emozioni devono essere sempre costrette entro i confini della sfera personale e non devono emergere, in quanto ritenute elemento di disturbo oltre che segno di debolezza. E interessante notare come ci sia poca letteratura applicata ad un approccio psicanalitico al mondo manageriale. Potrebbe essere utile, analizzare come determinati comportamenti, più o meno utili e funzionali, trovano una ragione d essere nel leader. Per esempio, molti manager con il loro comportamenti aggressivi o comunque autoritari forse compensano delle ferite di autostima che sono state a loro inflitte dall infanzia, dall adolescenza. Leader che hanno costruito il loro stile di condotta nella costruzione della stima di sé e hanno una grande voglia di riscatto ricercata attraverso il riconoscimento da parte degli altri. La tendenza probabilmente è di trovarsi sempre di più di fronte a forme di leadership dove il manager ha sempre e continuamente bisogno di ottenere riscontri sulla propria intelligenza o sul personale acume intellettuale. Questo ovviamente, se parte da un analisi psicanalitica non vuole in nessun modo giustificare i comportamenti, molto spesso perversi, che vengono attuati in molti ambiti. Potrebbe essere interessante indagare su questo aspetto con una ricerca approfondita in altri corsi di studio. Proseguendo comunque con la definizione di Leadership vengono di seguito indicate le due tipologie di leadership più importanti. 47

4 1.9.1 La Leadership Carismatica la leadership carismatica, si ricollega alla figura dell'eroe carismatico di M. Weber e che fa riferimento ad un potere fondato su presunte facoltà straordinarie del soggetto, in una prospettiva che supera e si contrappone a quella della vita quotidiana. E' fuori dubbio che leader carismatici abbiano influenzato in maniera profonda la nostra società. Si tratta pur sempre di uomini che sono stati capaci di elaborare un'idea nuova che oltre ad essere stata accettata è stata anche seguita. Tra i vari leader storici troviamo, ad esempio Alessandro Magno che è riuscito ad imporre uno stile di governo basato sulla multiculturalità, analizzata ancora adesso a distanza di secoli. In tredici anni infatti, il giovane principe macedone distrugge l'impero persiano, assoggetta l'egitto, la Siria e la Mesopotamia, è acclamato re dell'asia e diventa il monarca più potente del mondo. Quest'uomo anche se morto a trentatre anni sognò un impero non basato, né sulla razza, né sul dominio di una civiltà su un'altra, ma sulla mescolanza delle culture e delle fedi. Purtroppo i leader carismatici vengono ricordati in accezione anche negativa se parliamo dei regimi totalitari e dittatoriali che si sono avvicendati nel continente europeo. In Italia, la figura di Benito Mussolini, in Russia Stalin ed in Germania Adolf Hitler sono considerati oggi come leader nella loro forma più atroce. E' imprescindibile il fatto che siano stati capaci di indottrinare tre popolazioni intere durante il loro governo. Non si può in questo senso estrarre questi soggetti dal loro contesto storico, che ha aiutato senza ombra di dubbio la proliferazione delle loro idee. E' innegabile che siano stati dei leader carismatici nella versione più crudele e violenta ma anche in quella più riuscita in relazione alla forza dimostrata nel coinvolgere un'intera popolazione. Se si pensa ai gulag potremmo assimilarli a progetti di efficienza tecnica efferata o se pensiamo al regime dittatoriale di Adolf Hitler, che ha gestito con una logica molto simile a quella imprenditoriale, 48

5 l'olocausto ebraico. A questo proposito è utile collegare questa forma totalitaria a livello politico con il pensiero manageriale: In una delle settanta interviste fatte a Franz Stangl, direttore generale del campo di sterminio di Treblinka si intuisce come il campo venisse gestito secondo un esempio di quello che oggi chiameremo pensiero manageriale, dove Treblinka non è dissimile da un complesso industriale su vasta scala, e dove il personaggio chiamato Stangl non è dissimile da un qualsiasi direttore generale che opera in base ad un solo criterio, l'efficienza. Quest'ultima è quella che l'apparato tecnico assume come unico e assoluto valore, mettendo in ombra lo scopo delle azioni, la loro direzione, il loro senso, per attestarsi sul principio della pura funzionalità priva di riferimento. In questo senso partendo da una forma di leadership carismatica si è giunti ad una forma di controllo a livello industriale dove il fine diventava l'eliminazione del nemico su larga scala utilizzando un apparato strumentale e tecnico. Celandosi così dietro la maschera dell'efficienza, il potere carismatico ottiene l'ubbidienza dei subordinati, inducendo in loro da un lato un pensiero a breve distanza 25, per cui non si guarda più intorno e in avanti e a lungo termine sui valori di fondo della vita, con conseguente paralisi dei sentimenti, e dall'altro quella diffusa insensatezza per cui il fine raggiunto diventa mezzo per fini ulteriori. Perciò se anche un leader dotato di un forte carisma non viene guidato da principi etici riguardanti l'unicità dell'essere umano ci troveremo i latori degli istinti più bestiali dell'uomo. La leadership carismatica perciò anche se scaturisce da capacità straordinarie del soggetto deve essere guidata da virtù etiche perché non rischi di diventare tecnica al servizio degli impulsi umani di prevaricamento di alcuni soggetti a danno di altri. 25 Galimberti U., La casa di psiche, FELTRINELLI, MILANO,

6 1.9.2 La Leadership Istituzionale La leadership istituzionale, quella che in questo lavoro ci interessa maggiormente si riferisce sempre secondo la definizione dell'enciclopedia della filosofia come al rapporto che si stabilisce, a diversi livelli tra dirigenti e subalterni in un sistema sociale o anche in un piccolo gruppo formale. Con questa definizione, ci troviamo di fronte ad un aspetto particolarmente importante della concezione di leadership. Se infatti consideriamo che la leadership è un rapporto che si stabilisce tra diversi soggetti, è indubbio che in ogni caso è necessario fare riferimento alla cultura dove questi soggetti sono inseriti. E' impensabile che un leader possa pensare di governare o gestire un'organizzazione senza tenere conto di tutti questi comportamenti derivanti dalla particolare collocazione culturale in cui viene chiamato ad operare. Se infatti prendiamo due diverse concezioni di leader, quella americana e quella olandese la differenza è notevole. Per i primi infatti, il leader viene messo su un piedistallo e considerato come mentore mentre per gli olandesi il leader è un soggetto martire, che non solo non fa mostra di sé ma addirittura deve in qualche modo impegnare tutto se stesso per cercare di essere guida. A livello psicanalitico, il leader è colui sul quale i membri del gruppo di riferimento proiettano il loro ideale di Io. Se perciò pensiamo ai manager come i soggetti che incarnano le virtù dei leader in azienda siamo obiettivamente fuori strada. Il manager infatti, ha la funzione di collegamento tra la proprietà e i soggetti lavoratori e in alcuni casi proprietà e management coincidono. Scopo del manager, come abbiamo già visto, è il profitto. Il suo operare non deve necessariamente verificare ogni implicazione sociale in quanto, non viene ritenuto indispensabile all'economia dell'organizzazione 50

7 produttiva. Evitare di considerare la portata sociale che i leader possono avere non soltanto come esecutori di indicazioni economiche è uno sbaglio. Se infatti si parte dall'idea del leader come traino e come esempio sul quale basarsi, gli obiettivi economici possono essere raggiunti allo stesso modo ma con una base sociale trainante che garantisce maggiore stabilità. Anche partendo da questa osservazione è necessario considerare che il leader molto spesso è una persona che non sa o non può sapere tutto riguardo all'organizzazione di cui è il riferimento. Partire dal presupposto che il leader non può essere onnisciente costituisce un primo passo. Il leader deve essere capace di pensiero strategico condiviso. Se infatti un soggetto pensa di poter guidare da solo, senza l'aiuto e la condivisione di competenze tecniche e di esperienze umane da parte dei soggetti lavoratori, non riuscirà a definire nulla degli obiettivi aziendali se non operando scelte sbagliate. Il leader deve avere una visione a lungo termine. Non basta però avere un obiettivo da raggiungere. Diventa indispensabile cercare di continuo la collaborazione vera dei soggetti che lavorano con lui, trovare il punto di incontro tra le differenti visioni dei lavoratori. Comunicare in modo chiaro e trasparente costituisce inoltre la modalità che permette di definire e condividere chiaramente ogni passaggio per arrivare all'obiettivo. Il leader deve diventare individuo in grado di mettere assieme le varie alternative proposte, deve comunicare i suoi obiettivi e realizzarli insieme ai soggetti lavoratori. 51

8 1.10 Il coaching Le aziende si sono sviluppate secondo il culto della razionalità, la gestione dei sentimenti e delle emozioni costituiscono un impaccio da evitare in quanto non permettono di raggiungere obiettivi pratici. Nelle organizzazioni produttive si è consolidata nel tempo l'idea secondo la quale l'empatia risulta essere un segno di debolezza che non si coniuga con le esigenze del profitto aziendale. La sfera delle emozioni deve rimanere nell'ambito personale e non deve entrare nelle scelte o influenzare le decisioni societarie. Per far fronte a questa necessità di umanizzazione dell'azienda si è fatto ricorso negli anni alle teorie di coaching. Queste rappresentano la risposta alle problematiche legate alla necessità di mantenere alta la motivazione dei lavoratori, utilizzare un finto approccio empatico aumentando i profitti e riducendo le spese. Tutto questo intraprendendo un cammino di scoperta della propria individualità, aprendosi alla scoperta di sé per adattarsi al cambiamento. Questa forma di intervento che secondo i suoi sostenitori prende origine dalla maieutica socratica del conosci te stesso presuppongono che esistano delle teorie che permettono di guidare in modo produttivo un soggetto verso il cambiamento partendo dalla sue capacità. Il coaching ha radici profonde nella psicologia. In particolare l'approccio umanistico di Carl Rogers 26 che ha permesso di mettere al centro del processo di sviluppo la persona e la sua naturale propensione al progresso. Dall'America degli anni Ottanta arriva come una nuova professione che inizialmente trovava posto solo nell'ambito sportivo. Successivamente ha coinvolto anche quello lavorativo, come processo di guida e di 26 Tassarotti S., Varini M., Coaching: come sviluppare i talenti e potenziare la performance del Leader e strategie, GRUPPO 24 ORE, MILANO,

9 affiancamento, quale presa di coscienza dell'importanza delle dinamiche psicologiche in ambito aziendale. Attualmente il coaching è riconosciuto a livello internazionale come il metodo migliore è il più personalizzato per assicurare che il pieno potenziale e la performance dei singoli individui e del team vengano sviluppati e mantenuti nel tempo. 27. Il coaching in sintesi è in grado di ottimizzare il cambiamento del singolo e dell'organizzazione. L'evoluzione, in termini di resa, dell'atleta come del manager o dell'impiegato, si misura grazie alle continue sfide cui vengono sottoposti. 28 Quello che in realtà non viene comunque espresso riguardo a questo metodo di intervento è che il coaching non è altro che l'ennesima ultima frontiera del management coadiuvato di una retorica di origine americana che assimila performance sportiva al successo aziendale. In realtà oggi, lo scopo dei coach è apparentemente diverso, anche se si tratta ancora di operare in azienda mantenendo alta sicurezza e velocità 29. L'obiettivo è seguire la persona nell'organizzazione delle sue risorse e nello sviluppo della sua autonomia. Un coach diventa perciò una sorta di catalizzatore del cambiamento; un individuo capace, per realizzare il suo scopo, di far leva sulle potenzialità del soggetto. I problemi che il coaching sembra poter risolvere sono diversi: affrontare una nuova tappa del percorso professionale; realizzare un cambiamento o una transizione nella propria vita; acquisire fiducia in se stessi. Il problema che non viene considerato è che con il coaching si ammette che un individuo sia in grado di modificare le proprie credenze riguardo se stesso ed il mondo per mezzo di un training ed in qualche modo viene considerato come possibile riprogrammare la propria mente. Questo metodo di sviluppo personale solleva un certo 27 Tassarotti S., Varini M., Coaching: come sviluppare i talenti e potenziare la performance del Leader e strategie, GRUPPO 24 ORE, MILANO, Idem. 29 Marzano M., Estensione del dominio della manipolazione, MONDADORI, MILANO,

10 numero di dubbi. In particolare il problema della manipolazione a cui l'individuo sembra in qualche modo sottoporsi volontariamente o sotto la pressione più o meno esplicita degli altri. Il leader così deve legarsi alla figura del coach come coadiutore di tutte le strategie volte a migliorare il rendimento dei lavoratori intervenendo anche nell'ambito emotivo e psicologico. Ma se lo scopo di un coach è favorire la strutturazione del sé e lo sviluppo individuale, ci si potrebbe domandare quale tipo di sviluppo personale sia in questione nel momento in cui a promuoverlo è l'azienda. Tanto più che esistono circostanze di coaching obbligato in cui la direzione comunica a un dipendente che, senza il coaching, non esistono possibilità di rimanere in azienda, cosa che appare paradossale. Per dimostrare l'ambiguità di questo metodo che parte dal proposito di migliorare la performance individuale del soggetto facendo leva sulla motivazione prendiamo spunto da un discorso pronunciato nel 2005 da Dominique Jaillon, presidente della Società francese di coaching: intendo promuovere, in seno all'associazione, un'attività di riflessione e di capitalizzazione sulle pratiche dei coach, sui loro riferimenti teorici e sull'aspetto etico della loro professione...in quanto coach, infatti, accompagnamo delle persone nella riflessione su problematiche legate al potere, all'autorità, alla motivazione, al ruolo. Tutto questo nell'ambito di organismi che devono affrontare problemi di produttività, rendimento, gestione e strategie di conquista del mercato 30. In queste parole si coglie l'ambiguità relativa al fatto che anziché dichiarare apertamente che il coaching è utile all'impresa si sostiene che sia funzionale allo sviluppo e al benessere del lavoratore. Benessere inteso come maggiore efficienza non come salute dei dipendenti. La pratica del coaching è sintomatica del fondamentale cambiamento in atto nella nostra 30 Jaillon D.: discorso di apertura al primo convegno nazionale della SFcoach, Parigi

11 società. L'invididuo ormai ragiona in termini di strategie comportamentali e di capitale da far fruttare. Il successo del coaching deriva in sostanza dall'illusione che si possa volontariamente realizzare il proprio essere mentre si realizza l'interesse della proprietà. In questo senso il ruolo del coaching è quello di permettere al leader o al dipendente di trovare il suo posto in azienda. Se però alla fine il suo posto è fuori è interesse dell'impresa accompagnarlo nella sua uscita 31. Il coaching indubbiamente ha riscosso numerosi consensi anche nei settori della ricerca e del sapere. L'efficienza ora deve fare rima con velocità. Per far uscire il coaching dalla sua ambiguità è necessario cambiare il modo in cui quest'ultimo pone le domande ai suoi interlocutori. Se il coach prende in considerazione le parole che cosa e come nella sua pratica lavorativa nei confronti delle persone, per riuscire a dare un senso etico al suo operato è indispensabile che il coach tenga presente anche la parola perché. Questo rischia di metterlo in seria difficoltà in quanto trovandosi ad indagare troppo in profondità potrebbe non avere risposte valide per coloro i quali sono sottoposti alla sua pratica. Lavorare in modo etico è in un certo senso lavorare secondo verità, senza celare il reale obiettivo con frasi ad effetto per dare l'idea di una volontà di cambiamento radicale. Nel momento in cui viene comunicata a tutti i lavoratori la reale motivazione di un intervento, allora è possibile intervenire con strategie di coaching. Ogni strategia che voglia migliorare le performance aziendali tramite l'intervento sulla motivazione delle persone presuppone che ci sia alla base la verità sugli scopi per i quali una determinata azione viene compiuta. Solo in questo senso si può parlare di Coaching secondo principi etici. 31 Marzano M., Estensione del dominio della manipolazione, MONDADORI, MILANO,

12 1.11 Stili di Leadership Il Leader Narciso Anche se risulta evidente è importante affermare che ogni soggetto che si trovi ad occupare il ruolo di leader di un gruppo necessità di una certa quantità di assertività da parte dei componenti del gruppo stesso. Il leader narciso non è poi così scontato. I soggetti che ricoprono incarichi di responsabilità e che necessitano della collaborazione di soggetti sotto le loro direttive hanno bisogno di un alto tasso di assertività da parte dei colleghi e di sentirsi sostenuti. In questo modo l'ego di un individuo molto spesso prende il sopravvento rispetto alla necessaria obiettività che dovrebbe invece guidare le scelte aziendali. I leader, hanno bisogno di una dose di narcisismo per svolgere meglio il proprio ruolo. La fiducia in sé, la tenacia coniugata con la creatività, sono caratteristiche di questi leader e anche di una personalità narcisista. Il narcisismo del leader può essere in questo senso molto pericoloso. Molti degli scandali scoppiati nelle aziende negli ultimi dieci anni sono stati in parte provocati da forme deviate di narcisismo. Molto spesso per ambizione ma anche solo per vanità i leader animati dall illusione dell invulnerabilità si sono sentiti autorizzati a compiere atti che, alimentando il loro ego e il loro senso di gloria, hanno portato a disastri e bancarotte finanziarie. Gli aspetti e gli atteggiamenti narcisistici di un leader si rispecchiano principalmente in quell aura particolare che circonda la sua figura che va sotto il nome di carisma. Molti collaboratori di leader carismatici proiettano su di lui le loro fantasie, le loro aspirazioni, i loro sogni di grandezza, creando un principio di santificazione del leader stesso, al quale tutto viene concesso. Il suo carisma, in questo senso, può consentirgli di fare qualunque cosa. 56

13 Molti leader narcisi attivano, in modo inconsapevole, il narcisismo latente dei dipendenti che, molto spesso, si rivelano loro stesse persone affamate di un ideale. Questa è una prima contraddizione dell'età della tecnica. Se infatti da una parte si cerca di continuo di stabilire modalità tecniche per operare delle scelte e per ottenere risultati, dall'altra ci troviamo di fronte a situazioni dove l'ego del leader o del manager prende il sopravvento. Quest'ultimi nel tentativo di realizzare le proprie idee si trovano a compiere scelte pericolose e rischiose anche a livello finanziario per ottenere una gratificazione non soltanto economica. Jeff Skilling di ENRON ne è un chiaro esempio. Anche se guidato da un preciso piano di aumento della propria ricchezza personale, Skilling è riuscito a mandare in bancarotta una società a causa delle scelte economiche che potremmo considerare al limite della follia. Di fronte ad un simile dato di fatto è innegabile che il principio che ha guidato questi leader non è solo la competenza tecnica ma anche la ricerca della realizzazione individuale del proprio narcisismo. Intervenire in questi ambiti dove la componente personale ed emotiva distorce gli obiettivi in favore di una soddisfazione esclusivamente personale diventa necessario. Quello che infatti dovrebbe emergere è una nuova idea di leader e di manager che siano in grado di mancare di rispetto nei confronti di scelte aziendali che vengono proposte dagli organi sociali in quanto eticamente inaccettabili. L'unico modo per permettere ad un leader di essere tale è che i soggetti che si trovano ai suoi comandi possano garantire dei feedback onesti e veritieri. Persone che non coltivino ed alimentino il leader narciso ma che abbiano la possibilità di esprimere sia le proprie emozioni che i propri dubbi sulle modalità con le quali il lavoro viene svolto e sulle implicazioni morali, ove ve ne fossero, riguardo le scelte aziendali. Un vero leader dovrebbe chiedersi 57

14 sempre se è riuscito a creare nel tempo un organizzazione in cui c è posto per un po di sana follia. Solo di fronte alla possibilità di esprimersi liberamente ci può essere crescita. Come il buffone saggio del Re Lear che offre degli spunti ironici senza per questo rinunciare a rivelare frammenti di verità. Che lo si chiami buffone o folle in ogni caso rappresenta un autentico guardiano della realtà che richiamava il Re, in questo caso, alla sua verità e cioè alla natura terrena e provvisoria del suo potere. Lo stesso dovrebbero essere i collaboratori nei confronti dei loro leader. Significa a livello pratico, non rinunciare alla propria indipendenza, che invece deve essere sempre alimentata e rinnovata. Questa coscienza permette di circoscrivere il narcisismo di certi leader in quanto consente ai lavoratori e collaboratori anche la possibilità di dissentire, di esprimere un parere negativo. Abbiamo visto, nell esempio di McKinsey come i soggetti non adatti alla assertività in realtà siano visti come deboli e incapaci di essere parte dell universo del business. I leader narcisi preferiscono circondarsi di yes man. Soggetti che assecondano pedissequamente gli ordini in conformità con quello che viene indicato dal responsabile a cui sono sottoposti, per l'unico scopo di mantenere una posizione lavorativa. In questo senso, mantenere la collegialità in molti consigli di amministrazione risulta essere molto più importante rispetto agli obiettivi aziendali e perciò conformarsi risulta essere più conveniente nel breve periodo ma diventa fonte di tensioni e di problematiche nel lungo. In sintesi si preferisce il pensiero facile, la parola che non costa niente e non mette in crisi nulla del pensare automatico, del pensare in ultima istanza tecnico. 58

15 Il Leader Tossico Un'altra caratteristica del leader nella società della tecnica è la tossicità provocata da e per i suoi comportamenti. In questo senso il termine tossico viene definito da Peter J. Frost 32. Secondo Frost le organizzazioni sono piene di Leader che con il loro comportamento, con le loro dinamiche disfunzionali rendono invivibile il clima organizzativo. La fusione di aziende, i responsabili che fanno di continuo richieste irrealistiche, persone che perdono il lavoro subiscono delle sofferenze emotive notevoli che vengono appunto definite tossiche. Gallup 33 nel 2000 ha condotto uno studio su 700 dipendenti di aziende americane dove emerge che i lavoratori preferiscono avere un capo che presta loro attenzione, che si preoccupa di loro, che in modo empatico si relaziona con loro nel tentativo di condividere i sentimenti provati da una persona. Questa dinamica di leadership viene preferita rispetto a ogni tipo di gratificazione economica. Constatare che un soggetto preferisca lavorare bene quando e inserito in un ambiente sano anche se economicamente non riceve un compenso maggiore degli altri potrebbe sembrare in realtà scontato. In questi ultimi anni però, quando la crisi economica ha messo i lavoratori nella situazione di dover lavorare per sopravvivere, queste dinamiche sono profondamente cambiate. Se infatti contestualizziamo la ricerca di Gallup a undici anni fa possiamo chiaramente percepire come fosse in qualche modo prioritario in situazione di relativo benessere economico un ambito di lavoro sereno. La crisi economica e l'elevata precarietà lavorativa ha consentito a molti manager di alzare il grado di tossicità in azienda. Le motivazioni sono sempre quelle di impossibilità di mantenere tutti i lavoratori per i costi troppo alti ma molto spesso sono le scelte del passato che determinano le conseguenze del 32 Peter J. Frost: Toxic Emotions at Works: how compassionate manager hadle pain and conflict. HARVARD BUSINESS SCHOOL PRESS, BOSTON, Ivi p

16 futuro. In ambito lavorativo non si può colpevolizzare sempre e solo il mercato. Questi comportamenti, trovano proprio nell'ambito lavorativo un terreno fertile in virtù delle dinamiche che si creano tra proprietà e dipendente. Diventa, di conseguenza indispensabile rendersi conto degli effetti negativi che vengono provocati a livello non solo economico, ma anche psicologico sulle persone, considerando in modo approppriato gli effetti provocati da comportamenti di questo tipo nel lungo periodo. Si genera un effetto a catena che coinvolge ogni soggetto all'interno dell'ambito lavorativo. Per effetto di questi comportamenti il lavoro con il suo elevato grado di tossicità coinvolge la vita di tutti i giorni andando oltre il suo ambito con conseguenze negative anche nell'ambito familiare. L'ipotesi perciò che solo undici anni fa era stata elaborata una figura di leader empatico deve far riflettere sull'attuale stato delle cose. Non bisogna però dimenticare che proprio undici anni fa le premesse per un miglioramento ci sarebbero anche potute essere in quanto il mercato, relativamente stabile, lo avrebbe permesso, salvo poi, con il primo devastante crack finanziario, (ENRON) capire che le cose sarebbero cambiate radicalmente. Se il leader è una figura che con il suo modo di agire può diventare tossico, è anche possibile che le conseguenze di questi comportamenti si rivolgano anche contro di lui. L'interesse da parte di Ron Heifetz sul tema delle conseguenze della leadership sui leader stessi è rappresentativa. Heifetz ha osservato gli importi versati ai top manager dello stato di New York a titolo di rimborsi per spese mediche. I top manager soffrono spesso di gravi stati di depressione solitamente legati al raggiungimento della posizione di senior management Ron Heifetz e Marty Linsky, A survival Guide for Leaders, HARVARD BUSINESS SCHOLL 60

17 Di norma i manager che hanno dedicato buona parte della loro vita al raggiungimento di obiettivi aziendali e di realizzazione personale si rendono conto che diventa sempre più difficile mantenere una certa posizione di prestigio. Questa situazione di disagio, avvertita da persone che hanno dedicato così tanto tempo al lavoro sottraendo consapevolmente tempo alla loro vita personale e familiare e una ulteriore fonte di tensione. Heifetz analizza il comportamento di adattamento che deriva dalla posizione del leader. Non è previsto un principio secondo il quale il leader procede secondo pratiche di sperimentazione ed eventuale aggiustamento in merito alle decisioni assunte. L'adattamento inteso come accettazione di pratiche consolidate sembra essere l'unico modo in cui affrontare qualunque problema. Il lavoro del leader si riflette sulla sua vita. Quest'ultimo però non è più controllato dalla persona ma dalle esigenze e dai tempi del ruolo professionale. Come infatti l'adattamento nel lavoro è necessario per sopravvivere, così nella vita non si riescono più a gestire situazioni di cambiamento creando inevitabilmente delle tensioni. L ossessione del lavoro, e spesso del denaro, priva non solo di salute e di sonno, ma crea dipendenza. Le vite manageriali e professionali non sono più controllate e pilotate dalla persona, ma dalle esigenze e dai tempi del ruolo professionale. Il rischio di tossicità in questo senso rischia di trasformare questi individui in analfabeti dal punto di vista emotivo e relazionale. La sola cosa che conoscono e di cui parlano è il lavoro. Di fronte ad uno studio di questo tipo viene minacciata la figura del manager rampante senza scrupoli e in grado di prendere decisioni senza risentirne a livello psicologico e morale. Se in realtà, molti manager devono sottoporsi a sedute per curare la depressione provocata dal lavoro diventa ancora più necessario non limitare il ruolo del leader e del manager esclusivamente al ruolo di tecnico. Heifetz nel suo PRESS BOSTON,

18 studio ha analizzato anche un caso concreto ed alla portata di tutti. Il caso è quello relativo alla decisione del Presidente degli Stati Uniti George Bush all indomani dell attentato alle torri gemelle di intraprendere un azione militare. Optando in questo senso, secondo Heifetz, Bush ha scelto di dare una risposta tecnica ad un problema che avrebbe richiesto invece una soluzione di tipo adattivo, ma questo crea sempre un certo grado di perdita che non viene vista come un fattore di crescita ma alimenta ancora di più l idea di tossicità che certi leader portano con sé. Non è neanche concepibile ad ogni modo, che una persona che dovrebbe rappresentare un punto di riferimento, viva delle situazioni di disagio come quelle analizzate da Heifetz. Non tenere conto perciò dei risultati ottenuti da ricerche come queste, oltre a nascondere il reale problema, ovvero la mancanza di un'etica del lavoro, impedisce ad ogni persona, sia essa leader o collaboratore, di sviluppare le proprie idee per migliorare non solo l'attività produttiva ma anche la qualità della vita. In questi termini l'etica quale guida può fornire una visione diversa del problema che consenta di andare incontro anche a coloro i quali, ricoprendo incarichi di responsabilità non riescono a far fronte al peso di determinate decisioni che provengono dagli organi volitivi e che indubbiamente minano tutti i soggetti lavoratori, qualunque ruolo ricoprano. 62

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