DIAGNOSTICA DI LABORATORIO DELLA MALATTIA TROMBOEMBOLICA

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1 INTRODUZIONE La trombosi è l espressione della rottura dell equilibrio emostatico, in cui è predominante la componente procoagulante rispetto al sistema degli inibitori e ai processi fibrinolitici. E un fenomeno multifattoriale dalla patogenesi complessa ed ancora in parte sconosciuta. L evento finale è la conversione del fibrinogeno in fibrina. Le complicanze tromboemboliche, ad esempio infarto acuto del miocardio, embolia polmonare e coagulazione intravasale disseminata, figurano, oggi, tra le cause più frequenti di morte. L accertamento delle condizioni pretrombotiche ed il monitoraggio terapeutico possono essere facilitate dalle nuove possibilità offerte da un ampia gamma di test dotati di elevata sensibilità. 1

2 DIAGNOSTICA DI LABORATORIO DELLA MALATTIA TROMBOEMBOLICA La conoscenza della fisiopatologia dell emostasi rappresenta la base per la corretta scelta e per l interpretazione degli esami di laboratorio nelle malattie tromboemboliche. Recenti dati acquisiti dalla ricerca scientifica consentono di diagnosticare, anche a livello molecolare e genetico, i deficit e l alterata espressione dei fattori implicati nella regolazione dell emostasi e della trombofilia. Le piastrine,l endotelio vascolare, i processi biochimici che portano alla trombinogenesi e quelli che controllano la plasminogenesi e la fibrinolisi rappresentano le componenti cellulari e molecolari del sistema emocoagulativo. (Tab. 1) Tab. 1 Componenti del sistema emocoagulativo PIASTRINE Struttura (Glicocalice-Membrana, Microtubuli, Granuli, Mitocondri) Funzione (Adesione, Mod., Forma, Aggregazione, Secrezione) ENDOTELIO Attività Procoagulante (FT, Fatt. V, Fatt. VW) Attività Anti-coagulante (AT III, Proteoglicani, Prot. C-S) Sistema Fibrinolitico (t-pa) Regolazione Attivazione Piastrinica COAGULAZIONE Fattori della coagulazione Trombinogenesi FIBRINOLISI Plasminogenesi Prodotti di degradazione della Fibrina 2

3 L attivazione incontrollata del sistema emocoagulativo all interno dell apparato vascolare è alla base patogenetica della malattia tromboembolica. Essa è un fenomeno multifattoriale che riconosce, nelle sue varie forme cliniche, cause genetiche e/o acquisite, che possono condurre a condizioni primitive e/o secondarie di ipercoagulabilità. Inoltre, in questi complessi meccanismi, hanno un ruolo predominante, di volta in volta, modificazioni della parete vascolare che provocano specifici danni endoteliali, modificazioni locali del flusso ematico che provocano alterazioni della velocità di scorrimento del sangue, modificazioni della composizione del sangue che provocano alterazioni della viscosità. La trombosi del distretto venoso, che porta alla formazione del trombo rosso, è specificamente legata alla riduzione del flusso sanguigno ed a fattori che provocano ipercoagulabilità. La trombosi arteriosa, con la formazione del trombo bianco, è strettamente dipendente dall elevato stress del circolo, come si può verificare nell ipertensione arteriosa in presenza di lesioni vascolari sistemiche, flogistiche, metaboliche, in relazione ad alterazione del numero e della funzionalità piastrinica. 3

4 Tab. 2 Fisiopatologia della malattia trombotica Incontrollata attivazione del sistema emocoagulativo nel distretto vascolare per: - modificazione della parete vascolare: danno endoteliale - modificazioni locali del flusso ematico: velocità di scorrimento - modificazione della composizione del sangue: viscosità Fenomeno multifattoriale legato a condizioni primitive e secondarie di ipercoagulabilità per cause genetiche e/o acquisite. - Condizioni Primitive di Ipercoagulabilità - Deficit di AT III - Deficit di Proteina C-Proteina S - Mutazione della Protombina - Fattore V Leiden - Deficit di Cofattore Eparinico - Anomalie Quali-Quantitative del Plasminogeno - Anomalie del sistema Fibrinolitico - Disfibrinogenemia - Trombocitosi - Omocisteinemia Condizioni di ipercoagulabilità secondarie a patologie che condizionano l equilibrio del sistema - Della coagulazione e della fibrinolisi - Delle piastrine - Dei vasi e della coagulazione Tab. 3 Eziopatogenesi della malattia trombotica TROMBOSI VENOSA -Riduzione del flusso sanguigno -ipercoagulabilità TROMBOSI ARTERIOSA -Elevato stress del circolo -Lesione vascolare Aterosclerosi Omocistinuria Iperomocisteinemia Vasculopatie infiammatorie Vasculopatie da malattie sistemiche -Alterazioni Piastriniche disordini mieloproliferativi (PV,CML,MM,ET) -Trombocitopenie e Trombosi Associate all eparina -Sindrome da Anticorpi Anti-fosfolipidi. 4

5 L incidente trombotico avviene, quindi, quando l attivazione della coagulazione del sangue supera la capacità di controllo del sistema anticoagulante naturale e di quello fibrinolitico di prevenire la formazione del trombo. I fattori di rischio comuni e circostanziali di trombosi sono diversi, includendo fra questi: interventi chirurgici, gravidanza, trattamento con contraccettivi o l immobilizzazione prolungata. (Tab. 4) (Tab. 5) Tab. 4 Fattori di rischio associati con trombosi - Chirurgia e trauma non chirurgico - Età superiore ai 40 anni - Neoplasie - Vene varicose - Immobilizzazione degli arti - Infezioni - Precedente tromboembolismo - Obesità - Gravidanza - Contraccettivi orali Tab. 5 Indicazione sui candidati all indagine per trombofilia - Trombosi venose giovanili (inferiore a 45 anni) - Trombosi venosa ricorrente - Storia familiare di trombosi venosa - Trombosi neonatale - Necrosi cutanea, particolarmente indotta da cumarina - Aborti ricorrenti - Trombosi arteriosa senza danni arteriosi - Trombosi venosa durante gravidanza/puerperio - Trombosi venosa se in assunzione di contraccettivi orali 5

6 I fattori di rischio possono essere immodificabili, sistemici o transitori. (Tab. 6) Tab. 6 Fattori di rischio Immodificabili Sistemici Transitori - Età - Neoplasie - Estroprogestinici - Storia familiare positiva - Malattie autoimmuni - Gravidanza per trombosi - Storia personale positiva - Alterazioni coagulatorie - Interventi chirurgici (congenite o acquisite) - Anticoagulanti lupici o - Fratture arti inferiori anticorpi antifosfolipidi - Iperomocisteina - Periodo di immobilizzazione - Tr a u m i 6

7 TEST DI LABORATORIO Lo scopo principale della diagnostica di laboratorio delle sindromi tromboemboliche è quello di identificare accuratamente, a livello biochimico e molecolare, le alterazioni ed i deficit presenti nei soggetti che hanno già manifestato una chiara sintomatologia trombotica ed in quelli ancora in fase asintomatica. Nel caso dei difetti ereditari della coagulazione la diagnosi di laboratorio è semplificata dalla disponibilità di validi test di screening, quali il tempo di protrombina (PT), il tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) ed il dosaggio del fibrinogeno, che consentono di individuare i soggetti che devono essere sottoposti ad ulteriori e specifici test. D altra parte può non essere conveniente, sul piano economico, attuare una simile procedura nella diagnostica delle alterazioni tromboemboliche che possono non essere messe in evidenza da indagini analitiche di prima istanza e necessitano di dosaggi analitici sofisticati che vengono eseguiti su pazienti preselezionati ad alto rischio. ( Tab. 7) Test I istanza Tab. 7 7 Test II istanza C o a g u l a z i o n e P T, A P T T AT III, HC II, Proteina C/S, Fibrinogeno, FDP F a t t. V Leiden, Fibrinopeptide A, Compl. Trombina - Antitrombina (TAT) Mutazione Protrombina, Omocisteina MTHFR P i a s t r i n e Numero, A d e s i o n e, Fatt. Piastr. 4, Tromboglobulina, A g g r e g a z i o n e T X A 2 F i b r i n o l i s i Lisi Euglobuline Plasminogeno, Antiplasmina, A t t i v. Tissut. Plasminogeno, PAI, D-Dimero, Prod. Degrad. Fibrina, FDP E n d o t e l i o V W F, T PA, PAI, IL-8, IL-6

8 Non esiste un singolo test di laboratorio che da solo sia significativo per diagnosticare uno stato pretrombotico. E, invece, molto significativo eseguire un complesso di indagini: conta delle piastrine, ematocrito, APTT, PT, TT, AT III, Prot. C - Prot. S - Omocisteina, attività fibrinolitica plasmatica, lipoproteine. Per misurare il rischio di trombosi arteriosa è di notevole importanza disporre di dati, raccolti in tempi successivi, riguardanti la concentrazione di fibrinogeno e di fattore VII. Da studi internazionali si è visto che elevati livelli di queste due molecole rappresentano fattori patogenetici di grande importanza della arteriopatia trombotica ed il loro dosaggio dovrebbe essere incluso, costantemente, nella valutazione del rischio trombotico arterioso. Caratteristiche epidemiologiche generali del Fattore VII e del Fibrinogeno Fattore VII Fibrinogeno Livelli elevati: Livelli elevati: - età avanzata - età avanzata - obesità - obesità - contraccettivi orali - contraccettivi orali - menopausa - menopausa - diabete - diabete - dieta occidentale - fumo di sigaretta - stress Livelli bassi: Livelli bassi: - razza nera - moderato consumo di - dieta vegetariana alcool - moderato consumo di alcool - portatori di HBsAg - portatori di HBsAg 8

9 In generale, soltanto la carenza e l alterazione funzionale di AT I I I, o di Proteina C-Proteina S, o di Cofattore Eparinico II, rappresentano fattori di rischio eziopatogenetici certi di sindromi tromboemb o l i c h e. Fibrinogeno/Fibrina La disfibrinogenemia è caratterizzata dalla presenza nel plasma di un fibrinogeno abnorme, la cui conversione in fibrina è ritardata o alterata strutturalmente. E causa, anche se raramente, di trombosi venose recidivanti in età giovanile ed è spesso associata alla comparsa di fenomeni trombotici arteriosi di grave entità. Il meccanismo mediante il quale la disfibrinogenemia induce la trombosi è variamente interp r e t a t o. I soggetti con disfibrinogenemia congenita, con e senza sintomi trombotici, possono essere diagnosticati in laboratorio sulla base del fatto che vi è una discrepanza fra la concentrazione del fibrinogeno, che è normale, e la sua convertibilità in fibrina, che è alterata. La diagnosi può inoltre essere confermata con il tempo di trombina (sensibile alla reazione di conversione del fibrinogeno in f i b r i n a ). 9

10 Antitrombina III L'AT III neutralizza l attività della trombina e delle forme attivate dei fattori XII, XI, IX, e X attraverso l azione di acceleratori quali l'eparina ed il dermatan solfato. La carenza congenita di AT III, trasmessa ereditariamente con tratto autosomico dominante, è stata descritta per la prima volta nel Sono state accertate le basi molecolari del difetto attraverso lo studio del gene responsabile per la sintesi dell'at III. I soggetti con carenza congenita, anche a livello del 50% della norma, sviluppano con maggior frequenza trombosi venose profonde agli arti inferiori, molto rare quelle arteriose. Il difetto congenito sembra essere responsabile del 2-4 % degli episodi trombotici nei soggetti giovani. A causa della incompleta penetranza del difetto, non tutti gli individui carenti sviluppano trombosi. La comparsa dei sintomi è correlata con l'età, la probabilità è bassa al di sotto dei 20 anni e diventa significativamente elevata al di sopra dei 50 anni, quando circa i due terzi dei soggetti carenti diventano sintomatici. La diagnosi di carenza congenita può essere posta con certezza se l attività funzionale di AT III è ridotta a livelli di circa il 50% della norma e siano state escluse tutte le cause di carenza acquisita quali epatopatia, coagulazione intravascolare disseminata, sindrome nefrosica, condizioni nelle quali 10

11 l'at III può essere diminuita per ridotta sintesi, aumentato consumo o perdita renale. Proteina C La PC è una glicoproteina vitamina K dipendente formata da due catene polipeptidiche legate da ponti disolfuro.circola nel plasma in forma inattiva e, dopo attivazione mediante la trombina, ha un azione anticoagulante e profibrinolitica inibendo le forme attivate dei fattori V e VIII. L attivazione della PC da parte della trombina è fortemente accelerata dalla presenza della trombomodulina, cofattore legato alle cellule endoteliali della parete vascolare. Le proprietà anticoagulanti e profibrinolitiche della PC attivata dipendono, a loro volta, da un'adeguata presenza di Proteina S, un altra proteina vitamina K dipendente, che circola nel plasma e facilita l interazione della PC attivata con i fosfolipidi delle membrane cellulari dove ha luogo l inattivazione dei fattori V e VIII. Il ruolo fondamentale della PC è dimostrato dal fatto che gli individui con carenza congenita della proteina, anche se a livelli del 50% della norma, possono sviluppare tromboembolie venose e talvolta anche arteriose. Il difetto è trasmesso ereditariamente in ambo i sessi, suggerendo la trasmissione di un gene autosomico a penetranza variabile. Come per l AT III anche per la carenza di PC gli 11

12 studi di genetica hanno permesso di stabilire l esatta natura del difetto, identificando le mutazioni genetiche responsabili della diminuita sintesi o le sostituzioni amminoacidiche nelle proteine disfunzionali. Deficit di Proteina C Congenito (autosomico dominante a penetranza variabile) Nel neonato Epatopatie acute e croniche DIC Leucemia mieloblastica acuta ARDS Interventi chirurgici massivi Infiammazione Terapia con anticoagulanti orali: necrosi cutanea da dicumarolici Proteina S E una proteina vitamina K dipendente che contiene una singola catena polipeptidica. Questa proteina è presente nel plasma in due forme: libera (40%) o legata alla proteina che lega anche il frammento C4b del complemento (60%). La proteina libera agisce come cofattore della PC attivata mentre la proteina legata non è attiva. La carenza di questa proteina è trasmessa per via autosomica dominante. Carenti omozigoti hanno nel plasma livelli bassissimi di proteina S, ma non sono sempre associati a quadri clinici drammatici come avviene per i carenti omozigoti di PC. Individui con bassi valori di PS sono ad alto rischio di sviluppare eventi 12

13 trombotici venosi. La carenza di PS può presentarsi almeno sotto tre forme distinte: carenza totale della proteina, carenza della sola forma libera, carenza da uno spostato equilibrio verso la forma legata e presenza di PS disfunzionale. I livelli plasmatici di PS diminuiscono in gravidanza, durante l uso di contraccettivi orali, nella CID, durante il trattamento con antagonisti della vitamina K e nelle epatopatie. Congenito Gravidanza Epatopatie croniche DIC Diabete Terapie con anticoagulanti orali Infiammazione (deficit funzionale) Deficit di Proteina S Resistenza alla proteina C attivata - Fattore V Leiden Il fattore V attivato è un cofattore essenziale per l attivazione della protrombina in trombina. Il suo effetto procoagulante è normalmente inibito dalla proteina C attivata che taglia il fattore V attivato in 3 parti. Il sito di taglio è localizzato nell amminoacido arginina alla posizione 506. Una mutazione del gene che codifica per il fattore V a livello della tripletta nucleotidica che codifica per l arginina in 506 con sostituzione di una guanina con una adenina, comporta la sostituzione con un altro aminoacido, la glutamina che impedisce il taglio da 13

14 parte della proteina C attivata. Ne consegue una resistenza alla proteina C attivata nei test di laboratorio ed una maggiore attività procoagulante del fattore V che predispone alla trombosi. Tale variante G1691A è definita variante di Leiden. In gravidanza una condizione genetica di eterozigosi per il fattore V Leiden è considerata predisponente all aborto spontaneo, alla eclampsia, ai difetti placentari, alla sindrome HELLP (emolisi, elevazione enzimatica di enzimi epatici, piastrinopenia). Uno screening per APC Resistance può essere consigliabile in caso di: - Storia familiare positiva per la trombosi - Eventi trombotici ricorrenti specialmente in pazienti giovani - Intervento chirurgico ad alto rischio trombotico - Prescrizione di contraccettivi orali Fattori di rischio combinati Rischio trombotico Ereditari/Acquisiti Acquisiti Carenza di Proteina C Carenza di proteina S Carenza di AT III Fattore V Leiden - MTHFR - Mut. Protrombina Lupus anticoagulans Aumentata attività del Fatt. VIII (in fase acuta) Operazioni ad alto rischio trombotico (es. Sost. anca) Contraccettivi orali G r a v i d a n z a F u m o 14

15 Factor Va Protein Inactivated Factor V Arg 306 Arg 506 Arg 679 Arg 306 Arg 506 Arg 679 Protein C APC Protein S thrombin TM Factor V Factor VIIIa Factor VIIIi Endothelial Cell Fig. 2. Inattivazione del FVa da parte della APC. [Modificato da Kotteke-Marchant, 2002; (Ref.2)] Cofattore eparinico II L HC II è un altro degli anticoagulanti naturali della coagulazione, la sua azione inibitoria si esercita esclusivamente contro la trombina, e questo lo differenzia dalla AT III, che ha un più vasto spettro di azione. La velocità di inibizione della trombina per opera dell HC II è potenziata dalla presenza dell eparina o dal dermatan solfato. L importanza dell HC II nel bilancio emostatico in vivo è al momento poco nota, poichè sono poche le famiglie finora descritte nelle quali la carenza congenita dell inibitore si accompagna a sintomi trombotici. 15

16 Plasminogeno Il sistema fibrinolitico è costituito da un precursore inattivo, il Plasminogeno, che circola nel plasma e dopo adsorbimento alla fibrina è convertito nell enzima proteolitico plasmina, che digerisce poi il coagulo. La quantità di plasminogeno disponibile all attivazione è controllata da una proteina plasmatica regolatrice, l Histidine rich glycoprotein (HRG). La conversione del plasminogeno in plasmina è controllata da una serie di meccanismi di attivazione e da più meccanismi inibitori; in teoria qualsiasi perturbazione di questo meccanismo in senso ipofibrinolitico può portare ad una situazione di trombofilia. I difetti ereditari del sistema fibrinolitico associati a trombosi sono la carenza o la presenza di uno stato disfunzionale del plasminogeno, dell attivatore tissutale del plasminogeno e la difettosa conversione del fibrinogeno in fibrina. I difetti congeniti ereditari del plasminogeno sarebbero responsabili di circa il 2-3% delle trombosi venose in età giovanile, il difetto si trasmette con tratto autosomico dominante e i valori di plasminogeno misurati nei soggetti affetti sono circa del 50% della norma. L HRG è in grado di bloccare i siti lisinici del plasminogeno che sono responsabili del suo legame con la fibrina, sulla cui superficie avviene poi la conversione plasminogeno/plasmina. 16

17 Iperomocisteinemia Sin dagli anni 80 è stato riconosciuto come la frequenza di episodi trombotici arteriosi o venosi fosse particolarmente elevata nei pazienti con omocisteinuria. Negli ultimi anni è aumentato il grado di attenzione sul rischio trombotico, sia arterioso che venoso, rappresentato dalla iperomocisteinemia moderata. L omocisteina è un aminoacido solforato non proteico che si forma come prodotto intermedio del metabolismo della metionina introdotta con la dieta. La metionina, presente soprattutto nelle carni, rappresenta il principale donatore di gruppi metilici a disposizione dell organismo per l assemblaggio di acidi nucleici, ormoni, fosfolipidi, ecc. L omocisteina è presente nel plasma dell individuo normale in concentrazioni variabili fra 5 e 15 micromoli/l. Nel metabolismo dell omocisteina sono coinvolti 3 enzimi: la metilenetetraidrofolato reduttasi (MTHFR), enzima chiave nel ciclo dell acido folico, la metionina sintetasi, il cui coenzima è la vitamina B12, e la cistationina beta sintetasi, che utilizza come cofattore enzimatico la vitamina B6. La carenza o anormalità funzionale di questi enzimi e/o la carenza acquisita di cofattori vitaminici determina un difettoso metabolismo dell aminoacido e quindi il suo accumulo nel plasma in elevate concentrazioni che determinano uno stato trombofilico attraverso vari meccanismi: 17

18 1) azione diretta sull endotelio e sulla parete vasale con marcato effetto aterogeno; 2) azione sulle piastrine, con aumento dell adesività ed aggregabilità piastrinica; 3) azione sui fattori della coagulazione e sulle lipoproteine, riduzione dell attività dell Antitrombina III, riduzione dell attivazione della proteina C, attivazione del fattore VII, riduzione dell attività del PTA, ossidazione delle LDL. La malattia aterosclerotica connessa alla iperomocisteinemia è il risultato di danno organico e/o funzionale dell endotelio. Potrebbe ricollegarsi al cosiddetto stress ossidativo. Mutazione della MTHFR (metilentetraidrofoletoreduttasi) È stato identificato un polimorfismo genetico comune, dovuto alla sostituzione di una citosina in timidina al nucleotide 677 (C677T), che causa una sostituzione di alanina in valina nella proteina finale ed una riduzione dell attività enzimatica della MTHFR pari al 50%, fino al 30% in condizioni di esposizione al calore (variante termolabile). Tale variante comporta livelli elevati nel sangue di omocisteina specie dopo carico orale di metionina. La frequenza genica in Europa della mutazione è del 3-3,7%; con una condizione di eterozigosi di circa 42-46% della popolazione e di omozigosi pari al 12-13% 18

19 Mutazione della protrombina (Fattore II) La protrombina o fattore II della coagulazione svolge un ruolo fondamentale nella cascata coagulativa in quanto la sua attivazione in trombina porta alla trasformazione del fibrinogeno in fibrina e quindi alla formazione del coagulo. È stata descritta una variante genetica comune nella regione non trascritta al 3 del gene che è asso- Principali Polimorfismi associati a trombosi Polimorfismo Fenotipo Associazione con trombosi Sistema Anticoagulante della Proteina C Fattore V Leiden: R506Q APC resistance Si Fattore V Cambridge: R306T APC resistance Possibile Fattore V hong Kong: R306G APC resistance Possibile Fattore HR2: H1299R APC resistance (ass. con FV r506q) Si Trombomodulina A455V Sconosciuto Possibile Trombomodulina -33GA Sconosciuto Possibile Fattori Procoagulanti Protrombina G20210A Aumentati livelli di FII Si Fibrinogeno Bcl-1(β-chain) Aumentati livelli di Fibrinogeno Incerta Fibrinogeno G448A (Bβ) Aumentati livelli di Fibrinogeno Incerta Fibrinogeno T312A (α-chain) Aumentati FXIII cross-linking Possibile Fattori Procoagulanti PAI-1 4G/5G Aumentati livelli di PAI-1 Possibile Fattore XIII-A V34L Aum. attività/anorm. FXIII crosslink Protezione Metabolismo dell Omocisteina MTHFR C677T, A1298C Modulatori dei livelli Dibattuta MS A2756G plasmatici di (Associazione con MTRR A66G Omocisteina bassi livelli CBS T833C/844ins68 di folato, B6, B12) 19

20 ciata ad elevati livelli di protrombina funzionale nel plasma e conseguente aumentato rischio di trombosi, specie di tipo venosa. I portatori della mutazione hanno un aumento del rischio di tromboembolismo venoso che varia da 2 a 7 volte quello dei controlli senza mutazione, rischio simile o leggermente inferiore a quello riscontrato per il fattore V mutato. La frequenza genica della variante è bassa 1-1,5% con una percentuale di eterozigoti del 2-3%. L omozigosi è rara. Per gli eterozigoti c è un rischio aumentato di 3 volte di sviluppare una trombosi venosa, di 5 volte l ictus ischemico, di 5 volte l infarto del miocardio in donne giovani. Tale rischio aumenta anche di 7 volte nei diabetici, e di 149 volte in donne che assumono contraccettivi orali. Anticoagulante lupico (LAC) L anticoagulante lupico è un inibitore aspecifico. Si tratta di una immunoglobulina, solitamente della classe IgG, diretta contro i fosfolipidi a carica negativa e che pertanto interferisce con i test di coagulazione che da essi dipendono, quali il tempo di protrombina, il tempo di tromboplastina attivato, il tempo di veleno di vipera Russel, per non citare che i più importanti. Sebbene sia oggi chiaro che il bersaglio dell anticoagulante lupico siano i fosfolipidi non è ancora noto con precisione l epitopo e gli epitopi con i quali interagisce. 20

21 L idea che esso fosse in tutto o in parte simile agli anticorpi anticardiolipina la cui presenza, al pari dell anticoagulante lupico, è stata associata all insorgenza di sintomi trombotici, appare oggi abbastanza controversa e suggerisce come nello screening dei pazienti trombofilici sia necessario eseguire entrambe le ricerche perchè esiste la possibilità che il paziente sia positivo per gli anticorpi antifosfolipidi, ma non per l anticoagulante lupico. Il L.A. porta questo nome perchè fu originariamente associato al lupus eritematoso sistemico. Per anni è stato ritenuto una mera curiosità di laboratorio, a causa del fatto che il prolungamento dei test di coagulazione non si accompagnava ad alcuna manifestazione emorragica. L interesse della diagnosi del L.A. crebbe dopo che nel 1963 si dimostrò che la sua presenza poteva essere associata all insorgenza di eventi trombotici. Oggi la ricerca del L.A. fa parte dello screening dei pazienti con pregressa storia di trombosi venosa e arteriosa e di aborti ripetuti. Il L.A. può essere primitivo o secondario a disordini autoimmunitari (LES, artrite reumatoide, ecc.) infezioni batteriche e virali, malattie linfoproliferative. Può essere anche secondario all assunzione di farmaci quali la cloropromazina e la procainamide. Apparentemente non è ereditario, anche se sono stati riportati due casi la cui ereditarietà era documentata. I sintomi clinici più importanti sono la trombosi e gli aborti spontanei ripetuti. La patogenesi della trombosi nel L.A. è tuttora molto discussa. 21

22 Diagnostica di laboratorio Il rischio trombotico - Diagnostica di Laboratorio Test da eseguire Pazienti da testare Fibrinogeno Soggetti che hanno avuto uno o più AT III episodi trombotici in età giovanile Resistenza APC (<45-50 anni) Proteina C Proteina S Soggetti che hanno una storia Dosaggio Omocisteina familiare di trombosi significativa- Lac mente importante Aca-Apa Mutazione protrombina MTHFR Fattore V Leiden Lo scopo dell indagine di laboratorio è di identificare la presenza di uno o più difetti noti per essere causa di trombofilia congenita. Sono chiaramente da indagare individui che hanno una storia famigliare di trombosi venosa. Altri fattori che suggeriscono l indagine sono l età giovanile della comparsa del primo sintomo trombotico, la ricorrenza ed il suo manifestarsi in sedi inusuali (vene mesenteriche, cerebrali, portali). Vi sono situazioni cliniche in cui non è opportuno eseguire l indagine, come per esempio quando la trombosi compare in età senile, soprattutto se vi è una causa contingente di trombosi come la chirurgia, tumore, immobilizzazione prolungata. Le prove di laboratorio scelte per stabilire una diagnosi di trombofilia ereditaria dovrebbero essere specifiche, limitate nel numero e ben correlate al problema clinico. In realtà non esistono una o più prove di laboratorio globali che permettono di confermare o escludere tale diagnosi. Quelle disponibili attualmente sono molteplici, laboriose e costose e per questi motivi, vanno eseguite solo in individui a rischio. 22

23 LEGENDA VWF FT AT III PS PC TPA HC II TXA2 PAI FDP PT APTT TT Fattore di Von Willebrant Fattore Tissutale Antitrombina III Proteina S Proteina C Attivatore Tissutale del Plasminogeno Cofattore Eparinico II Trombossano A2 Inibitori dell Attivatore del Plasminogeno Prodotti di degradazione del Fibrinogeno Tempo di Protrombina Tempo di Tromboplastina attivata Tempo di Trombina IL6 Interleuchina 6 IL8 Interleuchina 8 LAC ACA APA DIC MTHFR Lupus Anticoagulante Anticardiolipina Antifosfolipidi Coagulazione intravascolare disseminata Metilentetraidrofolatoreduttasi 23

24 Ristampa - Aprile 2004

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