Lezione del Ministro Renato Brunetta alla Tongji University. (Shanghai, 21 aprile 2011)

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1 Lezione del Ministro Renato Brunetta alla Tongji University (Shanghai, 21 aprile 2011) Valute, debiti e squilibri commerciali: i tre nodi di un accordo globale Dopo quasi tre anni dall inizio della crisi finanziaria che ha innescato la crisi economica mondiale, i tre temi strettamente collegati tra loro che sono in discussione a livello globale sono i seguenti: - come far convergere le politiche macroeconomiche tra le tre grandi aree economiche del mondo: gli Stati Uniti, l Europa, i paesi emergenti tra i quali le grandi economie asiatiche, ora evidentemente divergenti e poco coordinate tra loro? - come risolvere la crisi dei debiti sovrani di molti paesi avanzati a partire da quelli europei? - come superare in un contesto di crescita gli squilibri globali che sono stati al fondamento della stessa crisi finanziaria ed economica globale e che oggi tendono ad acuirsi più che a ridursi? La risposta a questi tre quesiti di fondo richiede un difficile accordo globale nell interesse di tutti i paesi coinvolti: Stati Uniti, paesi europei, pur con le loro divergenze interne, la Cina e gli altri grandi paesi emergenti. Mai come oggi il realismo è nella strategia di lungo periodo e non nella tattica di breve periodo. Il quadro macroeconomico internazionale, che condiziona ogni possibile accordo, rimane caratterizzato da una ripresa economica mondiale a due velocità. Da una parte, vi è la ripresa complessivamente più lenta dei paesi avanzati, la cui crescita economica avrà un probabile rallentamento nel corso dell anno dato che si esauriranno alcuni fattori che hanno trainato fino a oggi la ripresa delle attività: dagli stimoli fiscali all effetto della ricostituzione delle scorte (inventories restocking). All interno del gruppo dei paesi cosiddetti avanzati si manifesta anche una crescente divergenza di politiche tra l Europa, e in particolare i paesi dell euro zona che deve affrontare la crisi dei debiti sovrani, e gli Stati Uniti, decisi a portare avanti la politica monetaria di quantitative easing, anche se la politica del governo americano sembra oggi più sensibile al tema del controllo dell aumento del deficit di bilancio. Dall altra, continua la crescita accelerata delle economie emergenti che rimarrà tale anche per l anno in corso, anche se alcune di esse dovranno probabilmente porsi il problema di evitare un fenomeno di surriscaldamento (overheating) che rischierebbe di esaltare le pressioni inflazionistiche provenienti dai mercati internazionali, in particolare 1

2 delle materie prime. Il rischio inflazionistico, infatti, sarà l incognita che interesserà tutte le aree del mondo, soprattutto a causa dell aumento dei prezzi delle materie prime ed energetiche che in parte derivano dagli squilibri reali tra domanda e offerta, attuale e futura, in parte dalla speculazione internazionale che si innesta nei varchi creati da questi squilibri a causa dell eccesso di liquidità internazionale. Inoltre, con particolare riferimento al mercato dell energia, il combinato disposto della crisi dei paesi del nord Africa e Medio Oriente, oltre che della crisi nucleare giapponese, ha prodotto un cocktail molto preoccupante, che pone una ipoteca sul futuro dei prezzi energetici. Per una semplice ragione, prima della crisi giapponese, pur con tutte le contraddizioni, il tema dell energia nucleare serviva da deterrenza strategica di lungo periodo rispetto alle dinamiche del prezzo del petrolio. Era facile sostenere che i programmi nucleari di medio-lungo termine di un singolo Paese, o dell intera comunità internazionale, servissero a determinare, o quanto meno a influenzare, il prezzo degli stock di petrolio non ancora estratti definendo, così, una sorta di prezzo a termine, con un effetto di mitigazione del problema della scarsità delle fonti energetiche di origine fossile, in particolare del petrolio, e una conseguente riduzione delle pressioni sull innalzamento del prezzo. Questo equilibrio, pur nella volatilità congiunturale dei prezzi energetici, rischia di saltare se le politiche di investimento sul nucleare verranno messe in discussione. L impatto delle problematiche sorte nel quadro geopolitico internazionale, sopra citato, è potenziato dalle implicazioni che potenzialmente hanno sulla componente emozionale degli agenti economici, come dimostrato anche da ampia letteratura economica in materia di psicologia cognitiva ed economia comportamentale. Le conseguenze di questa situazione di crisi, amplificate dalla stessa natura umana, si ripercuotono significativamente altresì nella sfera economica. Ad esempio, la riduzione dei flussi turistici verso la Cina conseguente alla crisi nucleare in Giappone appare del tutto ingiustificata rispetto alle reali condizioni ambientali del Paese e motivata da mere ragioni di tipo emozionale. Proprio per questo motivo, ogni singolo governo dovrebbe predisporre delle adeguate misure che blocchino il propagarsi di falsi allarmismi. Tornando al tema degli assetti economici internazionali, le politiche macroeconomiche, tra le principali aree del mondo, appaiono ancora divergenti e, soprattutto, nulla è stato fatto per affrontare il nodo degli squilibri globali. Risultano ancora immutati problemi quali: la volatilità di grandi flussi di capitale, la volatilità dei tassi di cambio, il crescente eccesso di accumulazione di riserve ufficiali. Problemi che se non affrontati saranno preludio di una prossima crisi. Sono problemi che richiedono accordi, a partire da quello su una riforma del sistema monetario internazionale, che aiuti a superare gli squilibri globali ponendo le basi per una crescita più sostenuta. La genesi della crisi finanziaria ed economica, da cui il mondo è appena uscito, risiede nel grande nodo irrisolto della mancanza di meccanismi di aggiustamento degli squilibri globali in presenza di un sistema monetario internazionale e di un sistema di tassi di 2

3 cambio sostanzialmente anarchici. La guerra delle valute di cui oggi si parla è il prodotto di questo nodo di fondo. Il problema è noto per come si pone oggi, ma anche per la sua genesi. Nelle ultime decadi, il tasso di cambio sostanzialmente fisso tra dollaro e renminbi, nonché la dollarizzazione di molti paesi emergenti, ha consentito di finanziare il processo di industrializzazione di questi paesi così come nel dopoguerra il sistema di cambi fissi di Bretton Woods favorì la crescita europea e giapponese. Così come crollò il sistema di Bretton Woods con la dichiarazione di inconvertibilità in oro del dollaro nel 1971, quando si rafforzarono le economie europee e giapponesi, così oggi è saltato il sistema che è stato definito da alcuni economisti la Bretton Woods 2, cioè l ancoraggio al dollaro delle valute dei paesi emergenti, dopo che questi stessi paesi sono pienamente emersi e sono diventati i paesi con le economie più dinamiche. Il surplus cinese ha generato i flussi di capitale verso gli Stati Uniti che hanno consentito di mantenere l eccesso di consumi americani e la politica monetaria espansiva americana, adottata a seguito della bolla internet economy all inizio del nuovo millennio. Questo essenzialmente è stato il terreno di coltura in cui gli eccessi della finanza hanno potuto operare. Il meccanismo è rimasto in piedi dopo la crisi e internazionale nulla è sostanzialmente cambiato dopo che, in vari G20 meetings, si è tentato di porre le basi per una maggiore cooperazione. La Federal Reserve americana ha ribadito la sua volontà di continuare a contrastare recessione e deflazione con mezzi monetari e, quindi, a monetizzare senza limiti il deficit americano. Ciò implica come conseguenza, voluta o non voluta, una creazione di liquidità internazionale illimitata con prospettive inflattive e di caduta del valore del dollaro. La Cina, di conseguenza, tenta di frenare la svalutazione rapida del dollaro e continua ad accumulare riserve mentre il meccanismo internazionale di finanziamento del debito americano consente agli Stati Uniti di evitare un rapido aggiustamento fiscale e strutturale interno. La questione valutaria è, quindi, l altra faccia della medaglia dei surplus e deficit commerciali che non trovano meccanismi di aggiustamento. E vero che non è il livello dei cambi a determinare gli squilibri commerciali, ma lo è l eccesso di consumi da una parte e l eccesso di risparmi dall altro. Ma è anche indubbio che il meccanismo valutario descritto consente di rinviare il riequilibrio di risparmi e consumi nei rispettivi paesi. Il pericolo conseguente è quello di una guerra valutaria caratterizzata dal tentativo di tutte le banche centrali di tenere basso il valore delle rispettive monete attraverso immissioni di liquidità. Se ciò avviene, una politica monetaria generalizzata a scopo protezionista rischierebbe di produrre effetti al tempo stesso recessivi e inflattivi. Si tratta di un altra manifestazione del fallimento di coordinamento delle politiche in risposta alla crisi finanziaria ed economica. La guerra valutaria è l altra faccia della medaglia del divergere delle politiche macroeconomiche tra Stati Uniti ed Europa, tra 3

4 paesi avanzati e paesi emergenti. Anche l Europa, da una parte, non ha meccanismi di aggiustamento valutari degli squilibri commerciali all interno dell area euro e, dall altra, si trova di fronte al dilemma se seguire gli Stati Uniti e il Giappone in una politica monetaria diretta a mantenere basso il valore dell euro oppure continuare ad avere come obiettivo la stabilità monetaria e compromettere una crescita già indebolita dalla necessità di stabilizzare le finanze pubbliche. Dal punto di vista della crescita globale, il problema di fondo delle maggiori economie avanzate è programmare un aggiustamento fiscale con un ritmo che non blocchi la crescita e l aggiustamento strutturale delle economie. Questo implica to take panic scenarios out of the picture, per usare una espressione usata da Olivier Blanchard chief economist della World Bank. Quest obiettivo richiederebbe l adozione di garanzie di finanziamento multilaterali a livello europeo o internazionale dei singoli debiti sovrani. Per quanto riguarda l Europa varie proposte sono sul tappeto nell ambito del rafforzamento della propria governance economica: l agenzia del debito europeo, l emissione di eurobond, il rafforzamento dell European Financial Stability Fund, uno strumento dell Unione Europea per intervenire nel caso di crisi di finanziamento dei debiti sovrani dei paesi membri. In conclusione, di fatto, si sta determinando la peggior situazione possibile sul piano della governance economica globale. Da una parte vi è una divergenza crescente delle politiche di bilancio che impedisce un sostegno coerente alla domanda mondiale, dall altra vi è il ricorso a politiche protezionistiche con mezzi monetari. E difficile immaginare una via d uscita soddisfacente senza affrontare in via prioritaria un negoziato globale che includa la definizione di un nuovo sistema monetario internazionale rispondente ai nuovi equilibri economici mondiali. La Cina non può accettare azioni unilaterali di rivalutazione della propria valuta che implichino sia un rallentamento della propria economia conseguente ad un rallentamento delle esportazioni sia la svalutazione di fatto delle sue enormi riserve valutarie. Tale argomentazione è rafforzata dagli ultimi dati della bilancia dei pagamenti cinese che, per la prima volta dal 2004, ha fatto registrare, nel primo trimestre del 2011, un deficit nelle partite correnti. Essa potrebbe tuttavia essere disposta a rivedere la sua politica valutaria nell ambito di un ripensamento complessivo del sistema monetario e di un coordinamento delle politiche macroeconomiche. Se la Cina non può rivalutare nel contesto di una crescita asfittica dell Europa e degli Stati Uniti, è anche vero che il mantenimento di un elevato flusso di esportazioni può essere conservato se un aggiustamento del cambio reale si inserisce in una forte crescita della domanda mondiale. Così come questo aggiustamento dovrebbe essere accompagnato da una possibilità di impiego delle riserve valutarie al riparo dalle fluttuazioni delle singole valute nazionali. E stata la Cina, alla vigilia del Meeting del G20 di Londra nel 2009, a porre attraverso un 4

5 intervento del governatore della Banca Centrale cinese Zhou Xiaochuan la necessità di trovare un accordo per superare un sistema basato sull uso del dollaro come principale moneta di riserva. Il problema posto è di portata generale ed è ben noto alla scienza economica. Quando una moneta nazionale come il dollaro è anche la moneta internazionale di riserva si determina un conflitto non superabile tra due obiettivi non conciliabili: regolare l offerta di questa moneta in base alla domanda mondiale di liquidità o perseguire gli obiettivi di politica monetaria interna. Gli squilibri creati dalla politica monetaria americana di sostegno ai programmi interni di stimolo fiscale rappresentano un nuovo capitolo di questo dilemma. Uno degli obiettivi di un sano sistema monetario internazionale è avere cambi ragionevolmente stabili e in linea con i fondamentali. Ma forti instabilità possono derivare da inadeguate o insostenibili politiche, false percezioni degli agenti sui mercati, attività speculative, manipolazioni dei cambi diretti ad influenzare gli scambi commerciali. La probabile tendenza è quella verso la creazione di aree monetarie regionali e c è chi sostiene che sia inevitabile che il sistema monetario internazionale, già avviato ad essere bipolare con l Euro che è arrivato a rappresentare circa il 25 per cento delle riserve internazionali, divenga presto tripolare. Secondo alcuni economisti (quali Greenwald e Stiglitz) un sistema monetario basato su due o più valute di riserva può determinare un aumento della instabilità e non è detto che conduca a movimenti di cambi coerenti con l obiettivo di riduzione degli squilibri globali. Un percorso non coordinato di diversificazione delle riserve ufficiali dei paesi emergenti potrebbe confermare questa tesi. Altri, ritengono che la strada migliore per riformare il sistema monetario internazionale sia quello di espandere il ruolo dei Diritti Speciali di Prelievo (Special Drawing Rights, SDR) che nel tempo potrebbero evolvere verso una moneta di riserva mondiale ampiamente accettata (widely accepted world reserve currency). Una strada appena iniziata con l aumento di circa dieci volte dello stock di SDR deciso nell agosto del Questa ipotesi implicherebbe che il SDR currency basket sia rappresentativo delle principali aree valutarie e composto da valute pienamente convertibili. Inoltre sarebbero necessari vari accordi per una offerta controllata di liquidità internazionale e per sviluppare un mercato privato e liquido degli SDR. D altra parte, tra i motivi dell accumulo di un eccesso di riserve da parte dei paesi emergenti, oltre a quelli tradizionali legati a politiche prudenziali, vi è quello connesso al controllo dei cambi e alle politiche conseguenti di sterilizzazione monetaria dirette al controllo dell inflazione. Di qui la necessità di discutere dell eccesso di riserve solo nell ambito di una discussione più ampia sul sistema monetario e sul ruolo del dollaro. La questione si lega al tema del coordinamento delle politiche macroeconomiche in sostegno alla crescita globale. Se guardiamo ai paesi avanzati, e in particolare all Europa, osserviamo una situazione 5

6 simmetrica rispetto a quella cinese. Mentre la Cina è un grande creditore, i paesi europei sono impegnati a contenere i propri deficit perché la crescita dei loro debiti sovrani è tale che il loro finanziamento è esposto alla volatilità dei mercati finanziari. Essi quindi hanno difficoltà a perseguire una politica di stabilizzazione delle proprie finanze pubbliche attraverso un piano di rientro a lungo termine dei debiti accumulati, ma si vedono dettare il ritmo di rientro dalla minaccia di comportamenti spesso irrazionali dei mercati finanziari. E nell interesse di tutti i paesi che il processo di decumulo dei debiti sovrani avvenga in modo coordinato così da non danneggiare la crescita mondiale. Si tratta di garantire ai paesi con alto debito una exit strategy compatibile con gli obiettivi di crescita a lungo termine e quindi un loro contributo maggiore alla crescita globale nel corso di un processo di eliminazione graduale degli squilibri globali fondamentali. D altra parte, è anche nell interesse dei paesi emergenti che ciò avvenga per non correre il rischio di rimanere soli a trainare la crescita, ma il possibile contributo che essi possono dare a questa strategia con l impiego delle loro riserve sarebbe facilitato qualora questo impiego potesse essere posto al riparo dalle fluttuazioni delle singole monete nazionali, nel quadro di una riforma del sistema monetario internazionale. Non si vede in alternativa al gioco cooperativo che una strada conflittuale, in cui rischierebbe di prevalere protezionismo e guerre commerciali, bassa crescita e crisi finanziarie ripetute. L Europa ha tutto l interesse a porsi come guida di una trattativa globale e non come spettatrice. L Italia è convinta che i problemi europei si risolvano solo all interno di una strategia globale. Nel quadro macroeconomico di intervento sopra delineato, i singoli stati non possono comunque prescindere dall intervenire, con opportune strategie, a livello microeconomico. Tali provvedimenti devono basarsi sulla fondamentale riflessione che il benessere non può essere espresso solo in termini di Pil, bassi tassi di interesse e tassi di cambio competitivi, ma deve considerare anche il reale miglioramento della qualità della vita dei cittadini. E chi meglio di uno Stato che eroga servizi pubblici divisibili e indivisibili può contribuire fattivamente? In questo senso va inquadrata la molteplicità di riforme che, personalmente, mi sto impegnando a realizzare. La sfida che come Ministro per la pubblica amministrazione e l innovazione ho raccolto, e sto vincendo, è quella di fare in modo che l amministrazione pubblica possa porre al centro della sua azione il cittadino e le imprese, nella nuova veste di clienti. Tutte le riforme del passato erano state pensate per disciplinare e regolamentare il funzionamento interno dell amministrazione pubblica, trascurando fatalmente l impatto che tali riforme avevano sulla funzione di produzione dei servizi pubblici, e sugli stessi destinatari di tali servizi. Al contrario, l obiettivo che ha ispirato la mia azione è stato proprio permettere che i 6

7 cittadini, per la prima volta, diventassero centro, guida e riferimento dell attività dell amministrazione, al contrario di come appare naturale nelle burocrazie tradizionali. L azione di riforma della pubblica amministrazione, nata da un intensa attività di consultazione con gli stakeholders, si è sviluppata su più direttrici. Porre valori quali la gentilezza e la cortesia alla base delle attività di front office del dipendente pubblico, realizzando per la prima volta una reale misurazione della customer satisfaction. Rinnovare l organizzazione interna attraverso un ciclo compiuto di gestione della performance, responsabilizzazione del management e impiego strategico di ICT. Introdurre accountability e trasparenza. Rendicontare significa essenzialmente fornire ai cittadini le informazioni utili per esprimere un giudizio sull azione amministrativa e valutare l efficacia e l efficienza delle modalità di impiego delle risorse. In questo modo, abbiamo dato voce ai cittadini-clienti, che ora possono formulare critiche costruttive piuttosto che proteste distruttive. E così che aumenta la legittimazione dell azione pubblica. Valutare attentamente i livelli di produttività del settore pubblico ha dato la possibilità di valorizzare il lavoro dei dipendenti stessi, riconoscendone e premiandone il merito. Eliminare gli ostacoli all attività imprenditoriale prima misurando e poi abbattendo gli oneri burocratici e individuando azioni di semplificazione mirate alle piccole e medie imprese attraverso il principio della proporzionalità degli adempimenti. La semplificazione amministrativa è una riforma a costo zero, indispensabile per eliminare vincoli e liberare risorse per lo sviluppo e aumentare la competitività delle imprese. Monitorare i risultati dei provvedimenti di riforma e informare costantemente i cittadini e le imprese su quanto possono ora chiedere e pretendere dalla Pubblica amministrazione. L obiettivo è sviluppare la cultura di un amministrazione posta al servizio dei cittadini. Coordinare i processi di innovazione diffusi nel Paese attraverso un amministrazione pubblica che favorisca la creazione di un mercato delle idee, che incentivi lo sviluppo e adotti direttamente le soluzioni tecnologiche più avanzate nel campo dell ICT e delle tecnologie verdi. Grazie all utilizzo di questi strumenti sto realizzando i due grandi obiettivi che mi ero posto a inizio legislatura, il rilancio della crescita e una significativa riduzione della spesa pubblica. Coniugare questi due obiettivi apparentemente antitetici è stata la vera difficoltà di questi tre anni di inteso lavoro. 7

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