Indice. Ringraziamenti 1. Introduzione 3

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1 Indice Ringraziamenti 1 Introduzione 3 1 Moltiplicazione fra distribuzioni Definizione e proprietà Commutatività ed associatività Alcune proprietà della moltiplicazione di distribuzioni Procedimento di localizzazione Il metodo di dualità Quasi *-algebre di operatori Rigged Hilbert spaces Rigged Hilbert space generato da un operatore Operatori in rigged Hilbert Space La topologia del grafico Le quasi *-algebre Moltiplicazione parziale in L(D,D ) *-algebra parziale Interspazi Operazioni con gli interspazi Operatori ed interspazi Moltiplicazione di operatori Multiplication frameworks Un altra definizione del prodotto fra operatori in L(D, D ) 49 iii

2 iv INDICE 4 Operatori autoaggiunti ed interspazi La A-convoluzione Costruzioni con interspazi Un esempio: i Bessel potential spaces Algebre di operatori differenziali *-Algebre parziali di distribuzioni Quasi *-algebre di distribuzioni Applicazioni di moltiplicazione Moltiplicazione di distribuzioni e spazi L s,α A Un esempio: le distribuzioni temperate

3 Ringraziamenti Rivolgo un ringraziamento particolare al Prof. Camillo Trapani per i numerosi suggerimenti, per i continui insegnamenti e per essere stato una guida nell attività di ricerca. 1

4 2

5 Introduzione In un qualsiasi libro di testo di analisi funzionale o di teoria delle distribuzioni è dato riscontrare la nota definizione della moltiplicazione di una distribuzione, cioè di un oggetto di D (Ω), per una funzione infinitamente differenziabile, cioè appartenente allo spazio C (Ω), dove Ω è un aperto di R n : si vedano ad esempio [66], [28], od anche [27]. La moltiplicazione fra distribuzioni -dette anche funzioni generalizzate- è possibile solo se si verificano circostanze particolari, al di fuori delle quali può presentarsi il problema di una sua corretta definizione. Questo accade in numerose applicazioni. Un esempio proviene dalle applicazioni fisiche: nella teoria quantistica dei campi, infatti, una definizione mal posta del prodotto di campi in interazione implica il noto problema della rinormalizzazione, che fino ad oggi non è stato ancora risolto dal punto di vista matematico. Anche nella teoria delle equazioni alle derivate parziali appaiono numerose le situazioni in cui l unicità e la stabilità delle soluzioni devono essere studiate in un contesto in cui le distribuzioni possono essere moltiplicate tra loro. Ad esempio, nel modello predatore-preda di Yoshikawa-Yamaguti [4] e Hasimoto [5], l incontro tra due popolazioni può dar luogo alla moltiplicazione della distribuzione delta di Dirac per se stessa, di cui in letteratura esistono diverse definizioni (si veda ad esempio in [2] e [3] e referenze relative). Altri esempi sono riportati in [2], che dedica un ampia rassegna ai principali casi in cui compaiono problemi analoghi. In questo contesto, nel 1954 L. Schwartz pubblica in [1] il famoso risultato di impossibilità (in letteratura questa terminologia purtroppo non è univoca) in cui si dimostra che non è possibile definire un algebra associativa di funzioni generalizzate (A(R),, +) tale che: 1) contenga l unità e che lo spazio D (R) vi sia immerso linearmente; 2) esista un operatore di derivazione, cioè un applicazione lineare che soddisfi la regola di Leibnitz; 3) l applicazione ristretta a D (Ω) si riconduca alla derivazione usuale; 4) il prodotto interno sia coerente con la moltiplicazione puntuale tra funzioni continue. In altre parole, il risultato di impossibilità di L. Schwartz dimostra che in un algebra associativa di 3

6 4 INTRODUZIONE funzioni generalizzate la moltiplicazione e la differenziazione non possono contemporaneamente estendere le corrispondenti operazioni classiche se non con alcune restrizioni. Le condizioni cui L. Schwartz fa riferimento non sono casuali: le stesse ricorrono sovente nella teoria delle equazioni alle derivate parziali. Ciò non toglie che sia possibile, almeno in linea di principio, definire un algebra di distribuzioni rinunciando ad almeno una delle condizioni del risultato di impossibilità di L. Schwartz. Pertanto, sono stati suggeriti in letteratura diversi approcci per definire una struttura algebrica nell insieme delle distribuzioni, ovvero una moltiplicazione nello spazio vettoriale delle distribuzioni. Un esempio noto di algebra di distribuzioni è dovuto a J.F. Colombeau in [6] e [7], laddove la condizione 4) è modificata, poichè è richiesto che il prodotto interno sia coerente con la moltiplicazione puntuale nel caso delle funzioni infinitamente differenziabili. Un altro noto esempio è quello fornito da H. König in [8] e [9], dove si rinuncia all associatività dell algebra. Parallelamente, nell ultimo decennio hanno ricevuto molta attenzione le strutture algebriche parziali, cioè spazi lineari nei quali la moltiplicazione non è definita per ogni coppia di oggetti. Le strutture algebriche parziali, infatti, trovano applicazione in importanti modelli della fisica. Ciò è avvenuto principalmente con la pubblicazione del famoso articolo di Haag e Kastler sull approccio algebrico alle teorie quantistiche [10], in riferimento al quale sono state svolte ricerche di modelli fisici appropriati. Questi tentativi hanno avuto successo in un grande numero di modelli, provenienti principalmente dalla teoria quantistica dei campi e dalla teorie statistiche quantistiche. Tuttavia l approccio di Haag e Kastler si è rivelato inadeguato in diversi modelli della fisica, come avviene ad esempio nel caso della descrizione di un gas di bosoni [11]. Tali situazioni si verificano, in generale, nei modelli dove la rappresentazione delle osservabili fisiche con operatori limitati costituisce una perdita d informazione: in altre parole, gli operatori non limitati hanno un ruolo molto più significativo. Per includere un maggior numero di modelli fisici nella formulazione di Haag e Kastler, è stato proposto di estendere l approccio algebrico sostituendo le C -algebre e le algebre di von Neumann, su cui essa si fonda, con algebre (o comunque famiglie) di operatori non limitati per la rappresentazione delle algebre di osservabili locali. Nascono così le O -algebre (si vedano [21], [60], [61] e [39] per una rassegna); le *-algebre parziali [23], [47], [43] [44], [46]; le quasi *-algebre (si veda ad esempio in [59] e [38]): sono tutti esempi di algebre di operatori non limitati e sono state studiate principalmente da un punto di vista matematico in modo così approfondito da essere oramai considerate teorie complete. In particolare, la nascita delle *-algebre parziali e delle quasi *-algebre è dovu-

7 INTRODUZIONE 5 ta al gran numero di situazioni che si presentano nelle teorie quantistiche, nelle quali si ha a che fare con insiemi di operatori la cui moltiplicazione non è sempre definita. Questo inconveniente nasce da due fatti: in primo luogo perchè gli operatori non sono limitati, quindi non possono essere definiti su tutto lo spazio degli stati di Hilbert; in secondo luogo perchè essi, in generale, non hanno in comune un dominio di definizione invariante e denso nello spazio di Hilbert (Horuzhy e Voronin [12] hanno dimostrato che esistono algebre locali di von Neumann che non lasciano invariante il dominio naturale dei campi di Wightman). Riconsiderando un idea di Borchers [45], nel 1985 J.-P. Antoine e W. Karwowski [23] hanno iniziato un analisi approfondita sulle *-algebre parziali, il cui studio è stato continuato anche da Inoue, Mathot e Trapani [47], [43] [44], [46]. Nello stesso periodo G. Lassner, sollecitato dalla necessità di una descrizione matematica rigorosa del limite termodinamico di alcuni sistemi statistici quantistici, introdusse il concetto di quasi *-algebra [37][38]. Da un punto di vista algebrico, la quasi *-algebra possiede una struttura più semplice di una *-algebra parziale, che è una sua generalizzazione. Tuttavia la quasi *-algebra è ricca e flessibile da un punto di vista matematico e la si può facilmente inserire in un contesto topologico. Inoltre trova diverse applicazioni in fisica (si veda as esempio [40] ed anche [13] per una rassegna). La possibilità di definire una struttura di *-algebra parziale nello spazio delle ditribuzioni temperate S (R n ) è l argomento della presente tesi. La moltiplicazione di una distribuzione in S (R n ) per le sue funzioni test, cioè le funzioni appartenenti allo spazio S(R n ) costituito dalle funzioni infinitodifferenziabili a decrescenza rapida (dette funzioni di Schwartz), è definita secondo i metodi tradizionali. Come vedremo, questo fatto rende la coppia (S (R n ), S(R n )) una quasi *-algebra, ma in questo modo il reticolo di moltiplicatori è banale. Per questo motivo, partendo dal metodo di dualità [2, Cap. II Par. 5], in [14] è proposto un metodo per raffinare la moltiplicazione in S (R n ). L idea guida in [14] è la seguente: ad una distribuzione viene associato in corrispondenza un operatore di moltiplicazione che agisce da S(R n ) a S (R n ), quindi il problema della moltiplicazione di distribuzioni è ricondotto al problema più generale del prodotto di composizione fra operatori che agiscono tra uno spazio localmente convesso D ed il suo duale D. Se D è un pre-spazio di Hilbert, la terna (D, H, D ) si chiama tripletta di Gel fand od anche rigged Hilbert space [26]. Il prodotto fra operatori in rigged Hilbert spaces è stato studiato in modo approfondito in [19], ed è definito se è possibile fattorizzare il loro prodotto attraverso degli spazi intermedi: gli interspazi. Tuttavia in [19] e [20] si dimostra che il risultato di questa operazione può dipendere dagli interspazi. Pertanto, affinchè il

8 6 INTRODUZIONE prodotto non dipenda dagli interspazi (e quindi sia ben definito) questi ultimi devono soddisfare alcune condizioni (ad es. D deve essere denso nell intersezione di due interspazi, munita di topologia proiettiva). La famiglia di interspazi che gode di queste proprietà è chiamata in [22] multiplication framework (spazi con proprietà analoghe erano già stati considerati da un diverso punto di vista da J.-P. Antoine ed A. Grossmann in [15] ed in [16] e studiati in dettaglio in [17] ed in [18]). In queste condizioni l insieme di operatori che agiscono tra D e D diventa una *-algebra parziale. In [14] si costruisce un multiplication framework costituito dalla catena naturale di spazi di Hilbert. Questa è tuttavia una situazione particolarmente semplice, e dà luogo a pochi risultati rilevanti: infatti, tanto più ricca è la famiglia di interspazi, tanto più numerose saranno le coppie di operatori moltiplicabili. Nella presente tesi si propone un metodo astratto generale per costruire un multiplication framework non banale a partire da un operatore autoaggiunto e da una famiglia di spazi di Banach, soddisfacenti a determinate proprietà. Pur potendo definire il prodotto di composizione di due applicazioni di moltiplicazione tra D e D con i metodi sopra menzionati, tuttavia non è detto che il risultato sia ancora un applicazione di moltiplicazione. Traendo spunto dal Teorema [14, 3.12], nella presente tesi si trovano le condizioni a cui deve soddisfare in generale un multiplication framework affinchè la suddetta operazione sia chiusa, permettendo così la definizione di moltiplicazione parziale nello spazio delle distribuzioni. Questo risultato consente quindi di individuare una *-algebra parziale non banale nello spazio delle distribuzioni temperate. La presente tesi è così organizzata. Nel Capitolo 1 vengono riformulati nel linguaggio di [14] alcuni dei più noti procedimenti per generalizzare il noto prodotto ordinario tra le distribuzioni D Ω) e le funzioni C (Ω) (si veda [2][30]): la localizzazione e il metodo di dualità ( 1 ). Secondo la terminologia di [2] questi due metodi appartengono alla categoria dei prodotti distribuzionali irregolari intrinseci : intrinseci, perchè il risultato dell operazione è ancora una distribuzione; irregolari perchè i prodotti non sono, in generale, congiuntamente continui. Nel capitolo è dedicata maggiore attenzione al metodo di dualità : infatti è il metodo che viene utilizzato in [14] e che sarà ripreso nei capitoli successivi della tesi in un contesto più generale. Sono state messe in rassegna anche alcune dimostrazioni relative al metodo di dualità, sia perchè coinvolgono i ragionamenti più usati sugli spazi localmente convessi in dualità -e che verranno utilizzati nei capitoli successivi della tesi-, sia per ev- 1 Esiste anche il metodo di regolarizzazione (si veda ad esempio in [2] ed in [3] e relative referenze) di cui non ci occuperemo.

9 INTRODUZIONE 7 idenziare bene le ipotesi che permettono di utilizzare il suddetto metodo e che verranno riottenute nell ultimo capitolo. Inoltre, come già fatto in [14], si introduce l idea secondo la quale ad una distribuzione V D (Ω) si può associare un applicazione di moltiplicazione fra spazi localmente convessi. Il Capitolo 2 è dedicato ad una rassegna sulla teoria degli operatori in rigged Hilbert spaces, seguendo anche [13] e [24]. Sull insieme di tali operatori, denotato con L(D, D ), è definita una struttura algebrica con involuzione: la quasi *-algebra. Anche nello spazio delle ditribuzioni D (Ω) e delle distribuzioni temperate S (R) è possibile definire una struttura di quasi *-algebra [14]. Tuttavia, in questo caso, il reticolo di moltiplicatori in L(D, D ), in D (Ω) ed in S(R), è banale. Nel Capitolo 3 vengono ricordati gli aspetti generali del raffinamento del reticolo di moltiplicatori in L(D, D ) (si veda [19][22][20]): è possibile moltiplicare due applicazioni in un rigged Hilbert space fattorizzandoli attraverso degli spazi intermedi: gli interspazi. Perchè questa operazione sia ben definita occorre però che la fattorizzazione avvenga all interno di una famiglia di interspazi con determinate proprietà: il multiplication framework. Come già anticipato, nel Capitolo 4 si introduce un metodo per costruire un multiplication framework a partire da una famiglia di spazi di Banach E α ed un operatore autoaggiunto A: la famiglia L s,α A con s R. Le sue proprietà di multiplication framework (o meglio, di una sua famiglia generante) vengono studiate con l ausilio della A-convoluzione precedentemente definita. Nel caso concreto in cui A è l operatore di derivazione e la famiglia E α è costituita dagli spazi L p (R) con 1 < p <, si dimostra che gli spazi L s,α A diventano i ben noti Bessel potential spaces L s,p i quali, per s intero, diventano gli spazi di Sobolev W k,p. La letteratura sui Bessel potential spaces è abbondante: si veda ad esempio [49], [50], [52], [51], [53], [54] ed infine [55] per risultati più recenti. Nel Capitolo 5 si riprende l idea, già introdotta in [14], di associare alle distribuzioni le rispettive applicazioni di moltiplicazione, e di ricondurre il problema della moltiplicazione fra distribuzioni al prodotto di composizione fra operatori in rigged Hilbert spaces, secondo la teoria discussa nei precedenti capitoli. Pur essendo ciò possibile, tuttavia non è detto che il risultato sia ancora una applicazione di moltiplicazione. Partendo dai risultati [14] e generalizzandoli, il capitolo si sofferma sulle proprietà che deve possedere un multiplication framework affinchè la composizione di applicazioni sia a sua volta una applicazione di moltiplicazione per una distribuzione: ciò permette una definizione chiusa del prodotto fra distribuzioni. Nell esempio concreto delle distribuzioni temperate, il multiplication framework generato dai Bessel potential spaces L s,p soddisfa alle suddette richieste, quindi nello spazio delle distribuzioni temperate si può individ-

10 8 INTRODUZIONE uare una struttura di *-algebra parziale. Infine, al termine del capitolo, vengono formulate alcune congetture affinchè la famiglia L s,α A in generale, soddisfi alle suddette proprietà, per generalizzare il risultato precedentemente ottenuto nel caso delle distribuzioni temperate. La realizzazione della presente tesi ha richiesto uno studio approfondito della teoria degli spazi vettoriali topologici localmente convessi e della teoria della dualità. La letteratura in proposito è abbondante. Le notazioni qui adottate sono le stesse dei seguenti testi di riferimento: [65], [63], [64], [31], [32]. Nei testi suddetti il prodotto scalare (, ) è una forma lineare nel primo argomento ed antilineare nel secondo: la stessa convenzione è qui adottata (la convenzione che usa [29] per il prodotto scalare è diversa); la forma bilineare che pone gli spazi E, E in dualità è così definita: se F E e f E, allora < f, F >:= F (f). Spesso, per maggiore chiarezza, ricorreremo alla notazione E f, F E, in analogia con le notazioni adottate in [2]. Sia D un pre-spazio di Hilbert: allora D H con H spazio di Hilbert. È noto che H può essere immerso in D nel modo seguente: se h H, per il Lemma di Riesz si può definire in corrispondenza un funzionale lineare continuo j h su D nel modo seguente: j h (φ) =< φ, j h >:= (φ, h) dove (, ) è il prodotto scalare in H. Pertanto h j h definisce un immersione antilineare di H in D. Con un abuso di linguaggio, si suole scrivere che H D (ma in realtà si ha j(h) D ). Si consideri la forma bilineare <, > che pone in dualità D e D, allora si ha: < φ, h > < φ, j h >:= (φ, h). Posto quindi < φ, h > < φ, j h > si suole dire, con un abuso di linguaggio, che la forma <, > che pone in dualità D e D è sesquilineare.

11 Capitolo 1 Moltiplicazione fra distribuzioni La definizione del prodotto tra distribuzioni D (Ω) e le funzioni appartenenti allo spazio C (Ω) è ben nota. Questo capitolo è dedicato ad una rassegna sulle sue principali proprietà, e su due metodi che estendono il prodotto ad opportune coppie sottoinsiemi di D (Ω) -fra le quali anche la coppia di partenza C (Ω) e D (Ω)-. Il primo è noto come procedimento di localizzazione. Il secondo, sul quale ci soffermeremo con maggior cura, è noto come metodo di dualità. 1.1 Definizione e proprietà Definizione Sia Ω un aperto di R n, si consideri l insieme M(Ω) D (Ω) D (Ω) così definito: M(Ω) = (D (Ω) C (Ω)) (C (Ω)) D (Ω)). Il prodotto di distribuzioni è una applicazione M(Ω) D (Ω) così definita: U D (Ω), f C (Ω) : φ, U f = φ, f U := f ϕ, U φ D(Ω) Salvo avviso contrario ometteremo il simbolo per indicare la moltiplicazione appena definita, cioè poniamo fu := f U e Uf := U f. Nel caso in cui U è una distribuzione regolare( 1 ), il prodotto si riconduce alla moltiplicazione puntuale tra f(x) C (Ω) e g(x) L loc (Ω). Si ha la seguente 1 Vale a dire che nel caso in cui esista g L loc (Ω) tale che U g [φ] = Ω g (x)φ(x)dx, il prodotto di U g con f(x) C (Ω) è il seguente: φ, fu = Ω f (x)g (x)φ(x)dx. 9

12 10 CAPITOLO 1. MOLTIPLICAZIONE FRA DISTRIBUZIONI Proposizione L applicazione di moltiplicazione C (Ω) D (Ω) D (Ω), con gli spazi muniti di topologia forte, non è congiuntamente continua. Dimostrazione. Si consideri un compatto K Ω. Consideriamo l insieme D(K) = {f C (Ω) : supp(f) K}. Ovviamente si ha D(K) D(Ω), con D(K) munito della topologia indotta da D(Ω). Sia φ D(Ω), tale che φ K = 1. Se f D(K), e U D (Ω), allora si ha < f, U >=< φf, U >=< φ, f U >. Pertanto, se l applicazione di moltiplicazione fosse continua, lo sarebbe anche la forma di dualità D(K) D (Ω) C. Tuttavia questa forma non è congiuntamente continua. Infatti, sia N 1 N 2 un qualsiasi intorno dello zero nello spazio D(K) D (Ω). Poichè la topologia dello spazio D(K) non è normabile( 2 ), allora N 1 non è limitato, ed in particolare non lo è per la topologia debole. Cioè esiste( 3 ) V D (Ω) con sup f N1 < f, V > =. Questo significa che la forma di dualità non è limitata in N 1 N 2 : infatti N 2 è assorbente, cioè esiste µ > 0 tale che V µ N 2 per cui vale sup f N1 < f, V/µ > =. Osservazione Si dimostra in [32, ] che la moltiplicazione è separatamente continua e congiuntamente continua per successioni Commutatività ed associatività La Definizione introduce un prodotto commutativo. Tuttavia il seguente argomento dimostra che non è associativo. Indicando con p.v. 1 il valore principale x, con δ(x) la delta di Dirac (per le definizioni di queste distribuzioni si vedano di 1 x 2 Ricordiamo che uno spazio localmente convesso è normabile se, e soltanto se, esso ha un intorno convesso e limitato. 3 In generale, sia E un TVS, ed M E un sottospazio dotato della topologia indotta da E. Consideriamo la corrispondenza r M : E M definita attraverso la restrizione a M del funzionale x E, cioè: r M : E x x M M tale applicazione è lineare, ma non iniettiva: infatti se x E con M Ker x, allora x M M si annulla, pur essendo x 0. In generale non è neanche suriettiva, a meno che la topologia di E sia localmente convessa: infatti per il teorema di Hahn-Banach, un funzionale continuo su M può essere esteso con continuità su tutto E. In questo caso, sia M = Ker r M, e consideriamo l insieme quoziente E /M : per il teorema di isomorfismo, vale M E /M. Allora M m = x + M, per cui m, m = m, x + m, M, ma M = Ker r M, per cui m, m = m, x. Nel nostro caso: E D(Ω) e M D(K), pertanto, se f D(K), f D (K), V D (Ω), allora f, f = f, V. Si osservi che M è denso in E M = {0}, M = E.

13 1.1. DEFINIZIONE E PROPRIETÀ 11 ad es. [26], [28]), ed applicando la Definizione 1.1.1, otteniamo i seguenti risultati: 1 δ(x) = δ(x) x δ(x) = 0 x p.v. 1 x = 1 (1.1) Allora, anche tenendo conto della commutatività del prodotto, si ha: (δ(x) x) p.v. 1 x = (x δ(x)) p.v. 1 x = 0 p.v. 1 x = 0 δ(x) ( x p.v. 1 ) = δ(x) 1 = 1 δ(x) = δ(x) x Quindi lo spazio D (Ω) munito del prodotto considerato dalla Definizione non può essere immerso linearmente in un algebra associativa A (cioè non può essere un suo sottospazio lineare). Più in generale, definito un prodotto qualsiasi, esso non può essere contemporaneamente commutativo, associativo ed avere le proprietà (1.1). Osservazione. In alcuni testi, come ad es. [25], questo risultato viene chiamato risultato di impossibilità di Schwartz. Purtroppo, come è stato già detto, questa terminologia in letteratura non è univoca, e non lo si deve confondere con il risultato di Schwartz menzionato nell introduzione [2] Alcune proprietà della moltiplicazione di distribuzioni Mostriamo ora alcune proprietà del prodotto considerato dalla Definizione 1.1.1: le stesse saranno mantenute anche dalle generalizzazioni che considereremo più avanti. Si noti che con la dicitura esiste (o è definito) il prodotto U V di due distribuzioni U e V in Ω intendiamo che la coppia (U, V ) appartiene al dominio M(Ω). 1. Bilinearità. Date due qualsiasi coppie (U 1, V ) M(Ω), (U 2, V ) M(Ω), allora per ogni c 1, c 2 C, si ha: (c 1 U 1 + c 2 U 2, V ) M(Ω); inoltre vale (c 1 U 1 + c 2 U 2 ) V = c 1 U 1 V + c 2 U 2 V. Considerando U e c 1 V 1 + c 2 V 2 si ottiene un risultato analogo. 2. Commutatività. Se esiste U V in Ω, allora esiste V U in Ω. Inoltre si ha: U V = V U in Ω.

14 12 CAPITOLO 1. MOLTIPLICAZIONE FRA DISTRIBUZIONI 3. Associatività parziale. Se esiste U V in Ω, e f C (Ω), allora esistono (fu) V e U (fv ) in Ω. Inoltre vale: (fu) V = U (fv ) = f(u V ) in Ω, dove la moltiplicazione per f C (Ω) viene effettuata in accordo con la (1.1.1). 4. Località: le seguenti proprietà sono conseguenze della associatività parziale, e si chiamano proprietà di località. a) Se esiste U V in Ω, allora si ha supp (U V ) supp U supp V. Infatti, sia φ D(Ω) tale che supp φ (supp U) c, consideriamo il ricoprimento aperto di Ω costituito dagli insiemi (supp U) c e (supp φ) c : costruiamo su questi insiemi la partizione dell unità costituita dalle funzioni χ 1, χ 2 C (Ω), con χ 1 + χ 2 = 1. Allora sarà supp χ 1 (supp U) c e supp χ 2 (supp φ) c. Pertanto, tenendo conto anche della associatività parziale, si ha: φ, U V = χ 1 φ + χ 2 φ, U V = χ 1 φ, U V + χ 2 φ, U V = = φ, (χ 1U) V + χ 2 φ, U V = φ, 0 V + 0, U V = 0. Quindi vale l inclusione supp (U V ) supp U. Ripetendo lo stesso argomento per V si ottiene la tesi. b) Se sono definiti U 1 V, e U 2 V in Ω, e se su un sottoinsieme aperto ω Ω risulta U 1 = U 2, allora vale U 1 V = U 2 V in ω. Infatti, se φ ω, (U 1 U 2 ) = 0, φ ω D(ω), allora si ha che ω (supp (U 1 U 2 )) c. Tenendo conto della a), otteniamo: supp [(U 1 U 2 ) V ] supp (U 1 U 2 ) supp V. Complementando gli insiemi, si ha: (supp [(U 1 U 2 ) V ]) c ((supp (U 1 U 2 ) supp V ) c = cioè (U 1 U 2 ) V = 0 in ω. = (supp (U 1 U 2 )) c (supp V ) c ω Osservazione. Abbiamo parlato di estensione o generalizzazione della Definizione della moltiplicazione, senza precisare in che cosa consista. Una moltiplicazione in D (Ω) è prima di tutto un applicazione da un sottoinsieme M(Ω) D (Ω) D (Ω) D (Ω), per un fissato insieme aperto Ω in R n, ma ciò non basta. Quali sono i requisiti che tale applicazione deve possedere per essere chiamata

15 1.2. PROCEDIMENTO DI LOCALIZZAZIONE 13 moltiplicazione? Di questo problema, che esula dagli scopi della tesi, si sono occupati diversi autori, tra i quali ad esempio [34], [35], [36], fornendo anche una lista di requisiti minimi necessari. Abbiamo visto finora che, nel nostro caso, l associatività non può essere tra questi, e tantomeno la continuità congiunta. Non aspireremo ad estendere il dominio di definizione a tutto lo spazio D (Ω) D (Ω): infatti non è possibile moltiplicare la distribuzione delta di Dirac δ(x) per se stessa ed ottenere ancora una distribuzione, senza incorrere in contraddizioni [2]. Per quanto riguarda gli obiettivi della tesi, per generalizzazione o estensione della Definizione del prodotto di distribuzioni intendiamo un qualsiasi procedimento che permetta di individuare o definire coppie di sottoinsiemi di D (Ω), che indichiamo con (A α (Ω), B α (Ω)) dove α I, i cui oggetti (distribuzioni) possono essere moltiplicati fra loro, e la moltiplicazione M α (Ω) D (Ω), dove M α (Ω) = (A α B α ) (B α A α ), tale che mantenga le proprietà sopra elencate: la bilinearià, la commutatività, l associatività parziale e le proprietà di località. Inoltre, la coppia (C (Ω), D (Ω)) deve appartenere all insieme delle coppie (A α (Ω), B α (Ω)), dove la moltiplicazione si riconduce alla Definizione dalla quale siamo partiti. Quest ultima condizione si chiama coerenza. Osserviamo inoltre che non siamo interessati ad introdurre una differenziazione del prodotto (si veda [2]), poichè questo argomento esula dalle finalità della tesi. 1.2 Procedimento di localizzazione È ben noto che è possibile definire una distribuzione su tutto Ω conoscendo il suo comportamento locale, cioè su un ricoprimento di aperti di Ω. Questo procedimento, che ora riassumeremo, si chiama localizzazione (si veda ad es. [66]). Definizione Si considerino due distribuzioni U, V D (Ω), ed un aperto ω Ω. Diremo che U e V sono localmente uguali in ω se vale: e scriveremo: U = V in ω. φ, U = φ, V, φ D(ω) Esempio Consideriamo una funzione f L loc (R) e la distribuzione Λ f D (Ω) così definita: Λ f (φ) = Ω f φdx. Allora Λ f = 0 in ω se, e solo se, f(x) = 0 per quasi ogni x ω. Sia µ una misura su Ω e la distribuzione associata Λ µ D. Allora Λ µ = 0 in ω se, e solo se, µ(e) = 0 per ogni insieme di Borel E ω. Possiamo identificare le distribuzioni localmente. Meno ovvio è il viceversa: definire globalmente una distribuzione conoscendo il comportamento locale. A tale proposito si ha il seguente

16 14 CAPITOLO 1. MOLTIPLICAZIONE FRA DISTRIBUZIONI Teorema Si consideri un aperto Ω R n e Γ un suo ricoprimento di aperti; supponiamo che ad ogni ω Γ corrisponda una distribuzione Λ ω D (ω) tale che Λ ω = Λ ω in ω ω allora esiste, ed è unica, la distribuzione Λ D (Ω) tale che: Λ = Λ ω in ω ω Γ. Applicheremo il procedimento di localizzazione alla moltiplicazione di distribuzioni. Consideriamo due distribuzioni U, V D (Ω): in generale il loro prodotto non è definito, cioè (U, V ) M(Ω). Tuttavia può capitare che si possano moltiplicare localmente. Con questo intendiamo la seguente situazione: supponiamo che esistano un intorno ω x Ω di x Ω ed una funzione f x D(Ω) tale che f x ωx = 1 e tale che le distribuzioni f x U e f x V possano essere moltiplicate in ω x, cioè (f x U, f x V ) M(ω x ). Ovviamente si ha U f x U in Ω, ma sono localmente uguali in ω x. Analogamente V e f x V sono localmente uguali in ω x. Allora ha senso definire il prodotto locale fra U e V in ω x, cioè la distribuzione W x D (ω x ) così definita: φ, W x = φ, (f x U) (f x V ), φ D(ω x ). (1.2) Mostriamo ora che se vale l associatività parziale, allora il prodotto locale non dipende dalla scelta di f x. Si consideri infatti un punto y ω x ed una funzione f y analogamente definita e che U e V si possano moltiplicare localmente anche in ω y. Allora per l associatività parziale, su ω x ω y si ha: φ, (f x U) (f x V ) = f 2 y φ, (f x U) (f x V ) = φ, (f x f y U) (f x f y V ) = = φ, f 2 x(f y U) (f y V ) = φ, (f y U) (f y V ) φ D(ω x ω y ) quindi vale la condizione di compatibilità: φ, W x = φ, W y x, y Ω e φ D(ω x ω y ) Supponiamo ora che U e V si possano moltiplicare localmente su ogni aperto appartenente al ricoprimento numerabile di aperti {ω xj } di Ω. Se {χ j } j N è una partizione continua dell unità subordinata al ricoprimento {ω xj } j N, allora, per il Teorema 1.2.1, esiste un unica distribuzione W D (Ω), che definiremo

17 1.3. IL METODO DI DUALITÀ 15 come il prodotto (globale) di U e V in Ω, che coincide con W xj su ogni ω xj. Esplicitamente, essa è data da: φ, U V := φ, W = χ j φ, W xj = χ j φ, (f xj U) (f xj V ). (1.3) j=1 Il prodotto così definito mantiene le proprietà elencate nella Sezione Viceversa, se U V fosse già definito su tutto Ω con un prodotto parzialmente associativo, allora si può applicare ad esso il procedimento di localizzazione e riottenere la scomposizione (1.3), in termini di prodotti locali. Osserviamo che, poichè è sempre possibile ricoprire R n con una famiglia numerabile di aperti, non si perde in generalità ponendo sempre Ω = R n ed applicando la localizzazione considerando i prodotti troncati f x U f x V sugli aperti che ricoprono R n. Esempio Mostriamo ora un esempio concreto dove la localizzazione consente di estendere la Definizione Prima occorre premettere la seguente Definizione Si consideri la distribuzione U D (Ω). Diremo che x Ω è un punto regolare di U se esistono un intorno ω x di x e una funzione F tale che F ωx C (ω x ) e U(φ) = φ(x)f (x)dx per ogni φ D(ω x ): in altre parole se la restrizione U ωx a ω x è una funzione di C (ω x ). Diremo supporto singolare di U il complementare dell insieme di tutti i punti regolari di U, e lo indicheremo con sing supp (U). Dalla definizione risulta evidente che supp sing (U) è un sottoinsieme chiuso di supp U. È possibile moltiplicare due distribuzioni U, V D (Ω) con supporto singolare disgiunto, cioè tali che: singsupp U singsupp V =. Si consideri un qualunque punto x j Ω, allora x j è un punto regolare per almeno una delle due distribuzioni U, V, cioè esiste un intorno ω j Ω di x j dove almeno una delle due distribuzioni, ristretta a ω j, diventa una funzione C (ω j ). Inoltre esiste una funzione f xj D(Ω) tale che f xj ω j = 1 con ω j ω j e tale che f xj ω c j = 0. Allora almeno una delle due distribuzioni f xj U, f xj V è una funzione di C (ω j ). Inoltre f xj U e f xj V sono localmente uguali in ω j rispettivamente a U e V. Quindi siamo nelle condizioni per poter applicare la (1.2) che definisce il prodotto locale. Poichè il punto x j è arbitrario, gli aperti {ω j} ricoprono Ω. Per il Teorema 1.2.1, esiste un unica distribuzione su tutto Ω che definisce il prodotto fra U e V su tutto Ω. Si veda in [30] per ulteriori dettagli. 1.3 Il metodo di dualità Prima di procedere alla descrizione del metodo, occorre premettere alcune definizioni. j=1

18 16 CAPITOLO 1. MOLTIPLICAZIONE FRA DISTRIBUZIONI Definizione Sia Ω un aperto di R n. Una coppia (E, j), costituita da uno spazio di Hausdorff localmente convesso E ed una applicazione lineare j : E D (Ω) iniettiva e continua, si chiama coppia iniettiva. L immagine j(e), che è un sottospazio lineare di D (Ω), si chiama spazio di distribuzioni in Ω. Di solito E e la sua immagine j(e) si identificano secondo un noto procedimento ( 4 ), e diremo più semplicemente che E è uno spazio di distribuzioni in Ω. Resta inteso che la topologia di E rimane la stessa, ed è più forte di quella di D (Ω). Definizione : Sia Ω un aperto di R n. La terna (i, E, j), costituita da uno spazio di Hausdorff localmente convesso E, un applicazione lineare i : D(Ω) E iniettiva e continua, ed una applicazione lineare j : E D (Ω) iniettiva e continua, sarà chiamata tripletta normale se sono soddisfate le condizioni seguenti: i) l insieme i(d(ω)) è denso in E; ii) l applicazione j i: D(Ω) D (Ω) è l iniezione canonica φ T φ. L immagine j(e) si chiama spazio normale di distribuzioni. In altre parole, identificato j(e) con E, diremo che lo spazio di distribuzioni E in Ω è normale se D(Ω) è contenuto densamente in E, e se l iniezione i : D(Ω) E è continua. Se introduciamo la notazione di iniezione canonica continua, allora possiamo scrivere che, per uno spazio normale di distribuzioni E, vale: D(Ω) i E j D (Ω). Per non appesantire la notazione, ometteremo i simboli i e j, tranne nei casi in cui sia necessario. Proposizione Se E è uno spazio normale di distribuzioni in Ω, il suo duale E, munito di topologia forte, è canonicamente isomorfo ad uno spazio di distribuzioni in Ω. 4 Sia Ω un sottoinsieme aperto R n ed f L p (Ω) con 1 p. Per ogni φ D(Ω), la funzione f φ è integrabile su Ω, quindi possiamo considerare il funzionale lineare su D(Ω) così definito: T f : φ Ω f(x)φ(x)dx. Poichè è continuo, T f D (Ω). Inoltre si dimostra che l applicazione f T f da L p (Ω) in D (Ω) oltre che lineare è anche iniettiva. Pertanto possiamo identificare la funzione f con la distribuzione T f, e diremo che L p (Ω) è canonicamente isomorfo ad uno spazio di distribuzioni in Ω, e scriveremo, con un certo abuso di linguaggio, che L p (Ω) D (Ω), ponendo anche φ, f := φ, T f. L iniezione f T f di L p (Ω) D (Ω) è una iniezione canonica.

19 1.3. IL METODO DI DUALITÀ 17 Dimostrazione. Se E è normale, l iniezione canonica i : D(Ω) E, oltre che continua, è anche densa. Ma allora l applicazione aggiunta i : E D (Ω) è iniettiva e continua, quindi (E, i ) è una coppia iniettiva, inoltre i (E ) D (Ω) come sottospazio. Identificato E con i (E ) con un isomorfismo, la continuità di i : E D (Ω) implica che la topologia forte del duale E è più forte di quella indotta da D (Ω), quindi i (E ) è uno spazio di distribuzioni in Ω. Osservazione Si dimostra analogamente che j : D(Ω) E è iniettiva e continua, pertanto si ha: Si noti che, in generale, j non è densa. D(Ω) j E i D (Ω). Mostriamo ora alcuni esempi di spazi normali di distribuzioni in Ω: i) Gli spazi C m (Ω), C m c (Ω)(0 m + ) sono spazi normali di distribuzioni: infatti è noto che D(Ω) è denso in entrambi gli spazi, ed è munito di topologia più forte. ii) Gli spazi L p (Ω)(1 p < + ) sono spazi normali di distribuzioni. Infatti D(Ω) è denso in L p (Ω) e la topologia di D(Ω) è più forte di quella indotta dalla norma p. iii) Gli spazi di distribuzioni D (Ω) e S (R) (spazio delle distribuzioni temperate) sono spazi normali di distribuzioni: infatti D(Ω) è denso in D (Ω), mentre D(R) è denso in S (R). Lo spazio L (Ω) (Ω non vuoto) è uno spazio di distribuzioni ma non è normale: infatti L (Ω) contiene D(Ω), ma non densamente. Per la Proposizione 1.3.1, il duale di uno spazio normale è uno spazio di distribuzioni, tuttavia non è necessariamente normale. Infatti, abbiamo notato che, se i è denso, ciò non significa che j sia pure denso. Si consideri ad esempio lo spazio L 1 (Ω): il suo duale è L (Ω), che non è normale con la sua topologia. Questa patologia nasce dal fatto che L 1 (Ω) non è riflessivo. Tuttavia si ha la seguente Proposizione Sia E spazio normale di distribuzioni. Allora il suo duale E, munito di una topologia localmente convessa compatibile con la coppia duale (E, E ), è uno spazio normale di distribuzioni, pertanto vale: D(Ω) i E j D (Ω). dove la prima immersione, oltre che continua, è anche densa.

20 18 CAPITOLO 1. MOLTIPLICAZIONE FRA DISTRIBUZIONI Dimostrazione. Come per la Proposizione 1.3.1, si dimostra che l iniezione j è continua ed iniettiva. Si consideri pertanto j : D E : sappiamo che (j ) = j è iniettiva. Ma [31, Corollario ], j (D) è denso in E nella topologia σ(e, E), quindi [31, Proposizione 3.4.3] j (D) è denso in E per ogni topologia compatibile col duale. Osservazione È chiaro quindi che, se E è riflessivo, allora E è uno spazio normale di distribuzioni. Per definire il procedimento di dualità, introduciamo l applicazione di moltiplicazione per φ D(Ω) che indichiamo con T φ : D (Ω) D (Ω), così definita: T φ : U φu. Consideriamo inoltre l applicazione di moltiplicazione per U D (Ω) che indichiamo con L U : D(Ω) D (Ω), così definita: L U : φ Uφ. Ovviamente, in entrambi i casi, la moltiplicazione di φ per una distribuzione U è definita dalla Definizione Non è dificile dimostrare il seguente Lemma: Lemma La moltiplicazione puntuale D(Ω) D(Ω) D(Ω) è separatamente continua. Dimostriamo la seguente: Proposizione Le applicazioni T φ : D (Ω) D (Ω) e L U : D(Ω) D (Ω) sono continue. Dimostrazione. Si consideri l applicazione T φ. Sia M un qualsiasi insieme limitato di D(Ω); allora dalla definizione della seminorma di T φ, si ha: T φ U M = sup ψ M D ψ, T φ U D = sup ψ M D φ ψ, U D = sup ψ M D ψ, U D dove abbiamo posto M := φ M. Ma M è limitato in D(Ω), infatti, per il Lemma 1.3.1, è immagine del limitato M di mediante l applicazione continua T φ : D D. Consideriamo adesso l applicazione L U : dobbiamo dimostrare che, per ogni insieme limitato M D(Ω), esistono una costante C > 0, due indici i, j ed un compatto K Ω tali che: L U φ M C sup x i D j φ K,i,j con L U φ M = sup ψ M D ψ, L U φ D. Tenendo conto del fatto che U è un funzionale continuo su D(Ω) ed usando il Lemma 1.3.1, si ha:

21 1.3. IL METODO DI DUALITÀ 19 sup D ψ, Uφ D = sup D φ ψ, U D C sup ψ M ψ M ψ M sup x k D l (φ ψ) K,k,l C sup x i D j φ = C sup x i D j φ. K,i,j K,i,j Introducendo lo spazio L(D(Ω), D (Ω)) delle applicazioni lineari e continue da D(Ω) in D (Ω), possiamo scrivere L V L(D(Ω), D (Ω)). Osservazione È possibile introdurre in D (Ω) un involuzione : U U, dove U è la distribuzione così definita: φ, U := φ, U Con l identificazione D(Ω) D (Ω), è facile vedere che la * estende l operazione di coniugazione complessa. Pertanto indichiamo con * entrambi i simboli. D ora in poi considereremo spazi normali di distribuzioni E, con duale E munito di topologia di Mackey. Inoltre supponiamo che siano soddisfatte le seguenti condizioni( 5 ): a) per ogni φ D(Ω), si ha φe E e φe E. Inoltre le applicazioni T φ : E E e T φ : E E sono continue; b) per ogni U E l applicazione L U : D(Ω) E è continua; c) gli spazi E e E sono invarianti per l involuzione. Inoltre le applicazioni : E E e : E E sono continue. I seguenti lemmi ci saranno utili: Lemma Nell ipotesi a), si ha (T φ ) = T φ. Dimostrazione. Anzitutto notiamo che, se T φ : E E è continua, allora esiste (T φ ) : E E ed è continua sia nella topologia σ(e, E) sia nella topologia di Mackey τ(e, E). Dimostriamo che (T φ ) è un applicazione di moltiplicazione per φ. Siano V E e U E due distribuzioni, per la densità di D(Ω) in E esiste 5 Tali condizioni sono verificate ad esempio quando E = L p (Ω) con 1 p. Infatti si ha: v L p (Ω), φ D(Ω) φv p sup φ v p. Ω

22 20 CAPITOLO 1. MOLTIPLICAZIONE FRA DISTRIBUZIONI in D(Ω) una successione generalizzata( 6 ) w ɛ che converge debolmente in E a U, cioè : D w ɛ U E. Allora si ha: w D ɛ, T φ V D E U, φv E. D altra parte, per la Definizione e per la continuità di T φ, si ha: w D ɛ, φv D = D φ w ɛ, V D = D T φ w ɛ, V D E φ U, V E, quindi (T φ ) = T φ. Lemma Per ogni f C (Ω) e per ogni V E ed U E, si ha: E fv, U E = E V, f U E Dimostrazione. precedente. La dimostrazione è semplice, ed è simile a quella del lemma Non è difficile dimostrare anche il seguente Lemma Per ogni V E ed U E si ha: E V, U E = E V, U E. Dimostrazione. Considerando la densità di D(Ω) in E e E e l ipotesi c) si ottiene la tesi. Consideriamo il sottospazio E loc D (Ω) così definito: E loc := {V D (Ω) : T φ V E φ D(Ω)}. (1.4) Una conseguenza immediata della a) è che E E loc e E (E ) loc, con (E ) loc analogamente definita ( 7 ). Il metodo di dualità definisce, nelle ipotesi a), b), la moltiplicazione di due distribuzioni U, V tali che U (E ) loc e V E loc nel seguente modo: sia χ una funzione arbitraria di D(Ω), identicamente uguale a uno su supp φ. Allora il prodotto U V è un funzionale su D(Ω) così definito: (U V )(φ) = E φv, χu E, φ D(Ω); (1.5) mentre il prodotto V U è così definito: (V U)(φ) = E χv, φu E, φ D(Ω). (1.6) 6 Il corrispondente termine inglese è net. Il termine italiano successione generalizzata è adottato ad esempio in [33]. 7 Se ad esempio si considera E = L p (Ω), con 1 < p < allora, se φ D(Ω) e V L p (Ω), risulta φv L p (Ω), per cui il sottospazio di D (Ω) così definito: L p loc (Ω) := {V D (Ω) : L V φ L p (Ω) φ D(Ω)} contiene L p (Ω). Inoltre si osservi che, in generale (E ) loc (E loc ) : infatti se E = L p (Ω), allora (E ) loc = L q loc (Ω) con 1/p + 1/q = 1, ma (E loc) = (L p loc (Ω)) L q loc (Ω).

23 1.3. IL METODO DI DUALITÀ 21 Proposizione Il funzionale U V appartiene a D (Ω). Dimostrazione. Sia {p A α} la famiglia diretta di seminorme che genera la topologia di A {E, E, D}, con α I A ; per l ipotesi b) si ha che esistono una costante C > 0 ed un indice γ I D, tali che: (U V )(φ) = E V φ, Uχ E = E L V φ, L U χ E A questo punto possiamo scrivere: Cp E α (L V φ)p E β (L U χ) C p D γ (φ). D φ, U V D = E φv, χu E, φ D(Ω). (1.7) Proposizione I prodotti definiti dalle (1.5) e (1.6) non dipendono dalla scelta di χ. Dimostrazione. Si consideri una funzione ξ D(Ω) tale che ξ = 1 su supp φ. Siano U (E ) loc e V E loc due distribuzioni. La tesi segue facilmente dall applicazione del Lemma 1.3.3, infatti si ha: E φv, χu E = E ξφv, χu E = E φv, ξ χu E = E φv, ξ U E. Proposizione Il prodotto definito dalla (1.5) è commutativo. Dimostrazione. Sia φ D(Ω), e sia ξ una funzione definita come nel lemma precedente. Allora, applicando il Lemma e il Lemma 1.3.4, si ha: E φv, χu E = E ξφv, χu E = E ξv, φ χu E = E ξχ V, φ U E = ricordando la (1.5) e la (1.6), si ottiene la tesi. = E χ V, φ U E = E χv, φu E, Essendo U V = V U, la proposizione precedente ci dice che anche V U D (Ω). Ricordiamo che per associatività parziale in D (Ω) intendiamo che se è definito U V D (Ω), allora per ogni f C (Ω) sono definiti in D (Ω) anche (fu) V e U (fv ), e vale l ugualianza: Si ha la seguente (fu) V = U (fv ) = f(u V ).

24 22 CAPITOLO 1. MOLTIPLICAZIONE FRA DISTRIBUZIONI Proposizione Il prodotto definito dalla (1.5) è parzialmente associativo. Dimostrazione. Per ipotesi, esiste uno spazio normale di distribuzioni D E D (Ω) tale che V E loc e U (E ) loc, e U V è definito secondo la (1.5). D altra parte è facile vedere che fv E loc : infatti, se φ D(Ω), allora fφ D(Ω), per cui φ(fv ) = (φf)v E. Analogamente, fu (E ) loc, quindi anche (fu) V è definito secondo la (1.5). Quindi, per la (1.5) si ha: D φ, (fu) V D = E φv, χ(fu) E Per ipotesi, U V è definito, quindi, applicando successivamente la Definizione della moltiplicazione per f C (Ω) e la (1.5) si ha: D φ, f(u V ) D = D f φ, U V D = E (φf )V, χu E ; quindi (fu) V = f(u V ). Poichè, come abbiamo notato, anche il prodotto U (fv ) è definito, allora per la (1.5) si ha: D φ, U (fv ) D = E φ(fv ), χu E = E φf V, χu E. La tesi segue per il Lemma Quindi il prodotto definito dalla (1.5) (o dalla (1.6)) definisce un applicazione bilineare (E ) loc E loc D (Ω) di cui non abbiamo ancora evidenziato le proprietà di continuità. A questo proposito, utilizzando l ipotesi di continuità b), non è difficile dimostrare la seguente: Proposizione L applicazione bilineare (E ) loc E loc D (Ω) definita col metodo di dualità è separatamente continua. Nel caso particolare in cui U E e V E, si ha una semplificazione, come mostrato dalla seguente Proposizione Se U E e V E, allora la moltiplicazione U V è la seguente: D φ, U V D = E φv, U E (1.8) Dimostrazione. La tesi è una semplice applicazione della Definizione 1.5 e del Lemma

25 1.3. IL METODO DI DUALITÀ 23 Osservazione Il metodo di dualità può essere utilizzato anche nello spazio delle distribuzioni temperate S (R). Non è difficile vedere che la definizione di spazio normale di distribuzioni, con ovvie modifiche, continua ad essere significativa e che continuano a valere le proposizioni sulla continuità fino ai Lemmi e Tuttavia bisogna rinunciare allo spazio E loc definito dalla (1.4) poichè è poco significativa. Infatti i prodotti definiti in (1.5) ed in (1.6) non avrebbero senso: si dovrebbe considerare una funzione ausiliaria χ = 1 su tutto R, che non appartiene a S(R). Ciò non significa che dobbiamo rinunciare alla moltiplicazione: quest ultima infatti si può ancora definire, in analogia al risultato del Lemma 1.8. Pertanto, diremo che U, V S (R) si possono moltiplicare se in S (R) esiste uno spazio normale di distribuzioni E tale che U E e V E. Allora il prodotto U V è così definito: S(R) φ, U V S (R) = E φv, U E. Esempio Se E = D(R), allora E loc = C (R) e (E ) loc = D (R): allora riotteniamo la Definizione di moltiplicazione di una distribuzione per una funzione C (R). Esempio Una generalizzazione immediata si ottiene dalle distribuzioni di ordine finito: lo spazio E = D (m) (Ω) (le funzioni m-volte differenziabili a supporto compatto) ed il duale E = D (m) (Ω) (spazio delle distribuzioni di ordine m) sono spazi normali di distribuzioni, in dualità. In questo caso risulta E = (E ) loc. Inoltre E loc = C m (Ω), quindi il prodotto puó essere definito per dualità. Inoltre l applicazione bilineare D (m) (Ω) C m (Ω) D (m) (Ω) è congiuntamente continua per m 0 (si veda [31] per maggiori dettagli). Esempio Un risultato importante del metodo di dualità coinvolge gli spazi di Sobolev W l,p (Ω) con l Z e 1 p, ed è espresso dalla seguente (si veda [2]): Proposizione Sia l, m Z, 1 p, q con l + m 0 e 1 p + 1 q 1. Definito 1 r = 1 p + 1 q e k = min(l, m). Allora il metodo di dualità fornisce una moltiplicazione bilineare W m,q loc continua. (Ω) W l,p loc k,r (Ω) Wloc (Ω) congiuntamente Osservazione Osserviamo che nei casi 1 < p < le coppie (W l,p (Ω), W l,p (Ω))

26 24 CAPITOLO 1. MOLTIPLICAZIONE FRA DISTRIBUZIONI muniti della loro topologia naturale, sono spazi normali di distribuzioni in dualità. Nei casi estremi in cui p {1, }, muniamo le coppie (W l,p (Ω), W l,p (Ω)) della topologia di Mackey, cosicchè diventano anche loro coppie in dualità di distribuzioni normali.

27 Capitolo 2 Quasi *-algebre di operatori In questo capitolo introduciamo l algebra L(D, D ) degli operatori che agiscono in un rigged Hilbert space. Poichè il prodotto di composizione tra operatori in rigged Hilbert spaces non è sempre possibile, l algebra L(D, D ) avrà un prodotto interno che non è ovunque definito. Una circostanza particolarmente interessante si verifica quando un particolare spazio di moltiplicatori di L(D, D ), cioè L (D) che definiremo, diventa una *-algebra contenuta in L(D, D ) come sottospazio: è questo un esempio di quasi *-algebra. 2.1 Rigged Hilbert spaces Sia D uno spazio pre-hilbertiano con prodotto scalare (, ), ed H lo spazio di Hilbert che ne è il completamento. Sia t una topologia localmente convessa su D, più forte di quella subordinata alla norma hilbertiana, e sia D il duale topologico di D[t]. Indichiamo con <, > la forma sesquilineare che mette D e D in dualità. Allora, per ogni φ D e per ogni h H, si ha < φ, h >= (φ, h). Con un noto procedimento di identificazione (si veda ad esempio [62, Osservazione 5.1]), si ottengono le seguenti iniezioni canoniche: D H D. Muniamo D della topologia forte del duale t = β(d, D). Essa è definita, come è noto, dalle seguenti seminorme: Φ Φ M := sup φ, Φ, (2.1) φ M dove M appartiene alla famiglia di tutti i sottoinsiemi limitati di D[t]. Con le topologie t e t, le iniezioni canoniche sono continue e le indichiamo nel modo 25

28 26 CAPITOLO 2. QUASI *-ALGEBRE DI OPERATORI seguente: D H D. Con le ipotesi precedenti la tripletta (D, H, D ), è denominata tripletta di Gel fand ovvero rigged Hilbert space. Nel caso in cui D sia riflessivo le immersioni, oltre che continue, sono anche dense. Esempio Un esempio di rigged Hilbert space è fornito dalla teoria delle distribuzioni. Come visto nel Capitolo 1, si ha: con Ω dominio aperto di R n. D(Ω) H D (Ω) Esempio Un esempio analogo al precedente è fornito dalla teoria delle distribuzioni temperate. Anche in questo caso si hanno le seguenti immersioni: S(R) H S (R). Osservazione Si osservi che D(Ω) e S(R) sono riflessivi; pertanto, le topologie t e t sono le topologie di Mackey τ: quindi le iniezioni sono anche dense. t = τ(d, D ), t = β(d, D) = τ(d, D), 2.2 Rigged Hilbert space generato da un operatore Un esempio importante di rigged Hilbert space è descritto ad es. in [13]. Sia A un operatore autoaggiunto con dominio D(A) in uno spazio di Hilbert H tale che D(A) = H. È possibile costruire una catena di spazi di Hilbert nel modo seguente: consideriamo in D(A) il prodotto scalare, 1 così definito: φ, ψ 1 = (φ, ψ) + (Aφ, Aψ), φ, ψ D(A) ; allora la coppia (D(A), <, > 1 ) diventa uno spazio di Hilbert. Per brevità indichiamo con H 1 lo spazio di Hilbert ottenuto. Allora l applicazione identica i : H 1 φ φ H è un immersione continua la cui immagine è densa in H.

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