INTRODUZIONE. I disordini mieloproliferativi cronici (CMPD) sono un eterogeneo. gruppo di patologie caratterizzate da alterazioni genetiche acquisite
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1 INTRODUZIONE I disordini mieloproliferativi cronici (CMPD) sono un eterogeneo gruppo di patologie caratterizzate da alterazioni genetiche acquisite della cellula staminale emopoietica che conferiscono vantaggio proliferativo ad una o a tutte le linee mieloidi. In alcuni casi anche linfociti B e T possono appartenere al clone neoplastico. L origine clonale dell emopoiesi è stata riconosciuta come caratteristica chiave della patogenesi dei CMPD (Adamson JW et al 1976) e le principali caratteristiche cliniche e patologiche sono quindi da attribuire alla proliferazione incontrollata ed all espansione di progenitori mieloidi nel midollo osseo, il cui risultato è un aumento di granulociti, eritrociti e/o piastrine nel sangue periferico. Splenomegalia ed epatomegalia sono di comune riscontro e possono essere causate dal sequestro di cellule in eccesso nel sangue, rispettivamente nella milza o nel fegato, dall emopoiesi inefficace, dall emopoiesi extramidollare e dall infiltrazione leucemica. Nonostante siano spesso caratterizzati da un inizio insidioso, i CMPD subiscono un evoluzione clonale e una progressione graduale che può sfociare in insufficienza midollare dovuta a mielofibrosi oppure in leucemia acuta (crisi blastica). Nonostante i cambiamenti clinici, 5
2 laboratoristici e morfologici associati alla progressione della malattia possano essere vari, anche la comparsa di alterazioni citogenetiche e molecolari sono particolarmente indicative di evoluzione clonale, e dimostrano l inizio della fase di accelerazione della malattia e la trasformazione in un processo acuto. Le basi genetiche dell emopoiesi clonale sono state ampiamente studiate nei CMPD tramite tecniche di citogenetica convenzionale e di biologia molecolare. Il primo marcatore citogenetico ad essere stato identificato è stato il cromosoma Filadelfia (Ph). Questa scoperta ha reso possibile una prima, seppur grossolana classificazione dei CMPD in Disordini Ph positivi e Ph negativi proprio in relazione alla presenza o assenza di questo marcatore citogenetico. 6
3 DISORDINI MIELOPROLIFERATIVI CRONICI FILADELFIA POSITIVI Leucemia Mieloide Cronica La leucemia mieloide cronica (CML) non solo è stata la prima leucemia ad essere stata descritta, ma è stata anche la prima leucemia ad essere associata ad un alterazione clonale delle cellule staminali con coinvolgimento di tutte e tre le linee mieloidi e dei linfociti T e B. La CML è stata anche la prima neoplasia umana ad esser associata ad un marcatore citogenetico specifico. Nel 1960 la citogenetica convenzionale portò alla scoperta, da parte di Nowell e Hungerford, di un piccolo cromosoma associato ad una condizione patologica che essi definirono leucemia granulocitica acuta (Nowell PC, Hungerford DA 1960). Circa dieci anni dopo si scoprì, utilizzando il bandeggio dei cromosomi per una più accurata caratterizzazione del riarrangiamento cromosomico, che il piccolo cromosoma era il derivativo 22, risultato di una traslocazione reciproca t(9;22)(q34;q11) tra i cromosomi 9 e 22. Questo derivativo 22 venne chiamato Cromosoma Philadelphia e la malattia associata venne definita leucemia mieloide cronica (Rowley JD 1973). 7
4 Maggiori progressi vennero raggiunti circa una decade dopo quando si definirono le basi molecolari di questa traslocazione, con l identificazione del gene ABL1 sul cromosoma 9q34 e del gene BCR sul cromosoma 22q11. (De Klein A., Batram CR et al 1982). BCR/ABL1 è trascritto in un mrna chimerico di 8.5 kb (bcr/abl) e successivamente tradotto in una proteina attivata BCR/ABL1 di 210 kilodalton che è una tirosin kinasi localizzata nel citoscheletro con attività enzimatica costitutiva in grado di indurre trasformazione cellulare in vitro e una malattia simile alla CML umana nel topo. Il ruolo patogenetico della proteina di fusione Bcr/Abl1 nella CML è ulteriormente supportato dalla sensibilità del clone cellulare Filadelfia positivo all Imatinib mesilato. L Imatinib mesilato è una piccola molecola il cui target specifico è la tasca dell ATP all interno della tirosin kinasi Bcr/Abl1 e che inibisce competitivamente il legame dell ATP con conseguente inibizione del segnale oncogenico. (Per di più, mutazioni addizionali che interferiscono con l interazione tra Imatinib-mesilato e Bcr/Abl1 producono resistenza farmacologica che può essere superata grazie all uso di altre piccole molecole inibitrici delle chinasi anche queste dirette in modo specifico verso Bcr/Abl1). Gli eventi a valle della fusione BCR/ABL1 nella CML non sono stati ancora caratterizzati in maniera definitiva, sebbene si ritiene siano 8
5 coinvolte molteplici vie di trasduzione del segnale e molecole, che includono Ras/Erk, PI-3k/Akt, Stat5 e kinasi della famiglia Src. (Tefferi A 2006). La diagnosi di CML viene facilmente stabilita in base alla presenza di leucocitosi, basofilia, eosinofilia e cromosoma Filadelfia. Tuttavia, in circa il 10% dei pazienti il cromosoma Filadelfia non può essere riscontrato con studi di citogenetica convenzionale. In questi casi, analisi molecolari con RT-PCR o FISH si rendono necessarie per la dimostrazione del gene o del trascritto di fusione BCR/ABL1. È interessante sottolineare che studi recenti hanno dimostrato che il gene di fusione BCR/ABL1 può essere riscontrato in individui normali nei quali non ci sia evidenza di malattia e che il suo tasso di riscontro aumenta con l età. Ciò ha fatto ipotizzare che questa anomalia molecolare, da sola, non sia sufficiente ad indurre la completa manifestazione della malattia e che aberrazioni molecolari aggiuntive siano necessarie per il pieno sviluppo del fenotipo neoplastico. Nel 50-80% dei pazienti, l evoluzione della CML dalla fase cosiddetta cronica ad una crisi blastica, è associata alla comparsa di anomalie citogenetiche addizionali di cui le più frequenti sono il doppio cromosoma Filadelfia, l isocromosoma 17q e la trisomia 8. 9
6 Anche specifiche anomalie molecolari che includono mutazioni dei geni p53 e RAS, mutazioni o delezioni del gene Rb1, amplificazione di MYC, delezione di p16 INK4a, riarrangiamenti del gene AML1 (Leucemia Mieloide Acuta) sul cromosoma 21q22 o del gene EVI-1 (Ecotropic Virus Integration Site-1) sul cromosoma 3q26, possono comparire nella fase di trasformazione della malattia. (Albitar M, Freireich J 2000). 10
7 DISORDINI MIELOPROLIFERATIVI CRONICI FILADELFIA NEGATIVI Nel 2001 la WHO ha pubblicato una nuova classificazione dei tumori dei tessuti emopoietici e linfoidi in cui venivano inegrati gli aspetti morfologici con quelli genetici, immunofenotipici, biologici e clinici nella definizione delle specifiche entità patologiche (Tabella 1). Tabella 1: Disordini mieloproliferativi cronici: Attuale classificazione WHO (Mac Donald D et al. 2007) DISORDINI MIELOPROLIFERATIVI CRONICI Leucemia Mieloide Cronica (CML) Leucemia Neutrofila Cronica (CNL) DISORDINI MIELODISPLASTICI/MIELOPROLIFERATIVI Leucemia Mielomonocitica Cronica (CMML) Leucemia Mieloide Cronica Atipica (acml) Leucemia Eosinofila Cronica (CEL) Sindrome Ipereosinofila (HES) Policitemia Vera (PV) Mielofibrosi Idiopatica Cronica (PMF) Trombocitemia Essenziale (ET) Disordini Mieloproliferativi Cronici Non Classificabili (UMPD) Leucemia Mielomonocitica Giovanile (JMML) Disordini Mielodisplastici/Mieloproliferativi Non Classificabili In questa classificazione vengono riconosciuti due distinti gruppi di malattie, quello dei CMPD e un gruppo con caratteristiche intermedie 11
8 fra i CMPD e le sindromi mielodisplastiche, definito CMPD/MDS, in ognuno dei quali è possibile riconoscere specifiche entità nosologiche. I CMPD Ph-negativi storici che ritroviamo anche nella nuova classificazione WHO, sono la Policitemia Vera, la Trombocitemia Essenziale e la Mielofibrosi Primitiva. Queste entità patologiche hanno caratteristiche cliniche spesso sovrapponibili, ma mostrano differenti storia naturale e risposta alla terapia. Le omologie fenotipiche tra questi stessi disordini e tra questi e altri disordini emopoietici non clonali, insieme alla limitata conoscenza, fino a poco tempo fa, di marcatori diagnostici clonali e delle loro basi molecolari, e di dati prospettici terapeutici controllati, hanno reso difficile, fino a questo momento, la diagnosi e il monitoraggio di PV, ET e PMF (Spivak JL et al 2003). Policitemia Vera La PV è stata una delle prime malattie studiate dal punto di vista della clonalità, a partire dai primi studi sui polimorfismi dell isoenzima G- 6-PD. Le scoperte di allora sono state poi confermate da moderne indagini clonali e dimostrano che la PV è veramente una patologia clonale delle cellule staminali con interessamento tanto delle linee mieloidi che linfoidi. 12
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