Appunti di Geometria 1
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- Maurizio Gambino
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1 Facoltá di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Appunti di Geometria 1 Guido Cioni
2 2 Versione del 25 maggio 2012
3 Indice 1 Nozioni Insiemistiche Numeri complessi Polinomi in K Relazioni Spazi vettoriali Esempi di spazi vettoriali Spazi di polinomi Spazi di funzioni Matrici Sottospazi vettoriali Esempi di sottospazi vettoriali Operazioni con sottospazi Applicazioni Lineari Esempi di applicazioni Sistemi Lineari Sistema lineare Matrici a scalini Algoritmo di Gauss Basi e dimensione Applicazioni lineari e basi Proprietá delle basi Basi e applicazioni lineari 41 7 Rango Rango Come trovare una base dello spazio delle soluzioni di Ax = Matrici invertibili e gruppo lineare Calcolo dell inversa Rappresentazione matriciale di una applicazione lineare Matrice del cambiamento di base Ulteriore caratterizzazione del rango
4 4 INDICE 8 Determinante Esistenza ed unicitá del determinante Dimostrazione del teorema (8.1.1) Proprietá aggiuntive del determinante Calcolo dell inversa Risoluzione di sistemi Endomorfismi Calcolo di autovalori e autospazi Conseguenze del teorema di diagonalizzazione Forme Bilineari Cambiamenti di base Prodotti scalari Diagonalizzazione di prodotti scalari Forme quadratiche reali Calcolo della segnatura Spazi euclidei Ricerca di basi ortonormali Matrici ortogonali Teorema spettrale Applicazioni ortogonali
5 Capitolo 1 Nozioni Insiemistiche Gli insiemi sono gli oggetti base con cui lavoreremo. Sono scontate le notazioni a A, a / A. Sono quindi immediate le seguenti proprietá 1. A B : a A, a B ; 2. A = B A B, B A. Osservazione N denota l insieme dei numeri naturali 2. N Z denota l insieme dei numeri interi 3. Z Q denota l insieme dei numeri razionali 4. Q R denota l insieme dei numeri reali. Osservazione 2. Un insieme si puó definire esplicitando una proprietá rispettata da tutti gli elementi contenuti nello stesso. {x A : proprietá} (1.1) Definizione 1.1 (Insiemi composti). Ci sono un insieme di operazioni che, a partire da insiemi, producono nuovi insiemi. A B = {x : x A x B} (1.2) A B = {x : x A x B} (1.3) Un importante definizione utile é data dalla seguente Definizione 1.2 (Prodotto cartesiano). A B = {x A : x / B} (1.4) A B = {(a, b) : a A, b B} (1.5) Ovvero definiamo come prodotto cartesiano l insieme formato dalle coppie ordinate di A e B. Si ponga attenzione alla differenza tra un normale insieme che contiene gli elementi 1,2 e il prodotto cartesiano tra i due. Infatti. (1, 2) (2, 1) = {1, 2} = {2, 1} 5
6 6 CAPITOLO 1. NOZIONI INSIEMISTICHE Definizione 1.3 (Sottoinsieme proprio). L insieme A B é sottoinsieme proprio se A B, ossia b B : b / A. Dunque esiste almeno un elemento che sta in B, che peró non sta in A. A questo punto definiamo gli altri fondamentali oggetti necessari per la nostra trattazione. Definizione 1.4 (Applicazione). Una applicazione é una terna di oggetti : dominio, codominio ed una legge tali che A B, e la freccia sta per la legge. Questo significa che a A f(a) B. L applicazione associa quindi uno ed un solo elemento nel codominio : non ci deve essere ambiguitá nella definizione di f(a)! Definizione 1.5 (Immagine). Denoteremo con Immf = f(a) = {b B : a A : b = f(a)} (1.6) Seguono quindi una serie di definizioni che riguardano le applicazioni. Definizione 1.6 (Surgettivitá). f : A B si dice surgettiva se Immf = B ovvero Immf B e B Immf. Si noti che la prima inclusione é ovvia visto che il codominio di f é proprio B. La proprietá si puó quindi esplicitare come b B, a A tale che f(a) = b (1.7) Definizione 1.7 (Iniettivitá). f si dice iniettiva se (x, y) A con x y f(x) f(y). Si noti che, se f(x) = f(y) x = y Osservazione 3. Prendiamo la funzione f : R R definita da x x 2. Tale funzione non é iniettiva perché f(1) = f( 1). Inoltre non é surgettiva perché 1 / Immf Immf R Definizione 1.8 (bigettiva). La funzione f : A B si dice bigettiva se é sia iniettiva che surgettiva. Definizione 1.9 (Restrizione di f). Supponiamo di prendere f : A B e Z A. L insieme f(z) é definita da f(z) = {b B : x Z tale che b = f(x)} (1.8) La restrizione di f a Z é l applicazione definita da Questa é definita da x Z, f Z (x) = f(x) f Z : Z B (1.9) Osservazione 4. Si noti che Imm(f Z ) = {b B : x Z : b = f(x)} = f(z) (1.10) Definizione 1.10 (Controimmagine). Data f : A B, prendiamo W B. Definiamo la controimmagine f 1 (W ) = {x A : f(x) W } (1.11) Osservazione 5. Prendiamo l applicazione giá considerata definita da f(x) = x 2. Allora f 1 ([3, 4]) = { x R : x 2 [3, 4] } = [ 3, 2] [ 2, 3] (1.12)
7 7 Definizione 1.11 (Composizione di applicazioni). Supponiamo di avere f : A B, g : B C. Si denota con (g f) una applicazione (g f) : A C definita da a A, (g f)(a) g(f(a)) Definizione 1.12 (Uguaglianza tra funzioni). Prendiamo f, g : A B. Diciamo che f = g se a A allora f(a) = g(a). Osservazione 6. Si noti che g f f g in generale. Definizione 1.13 (Identitá). Dato un insieme A si definisce l applicazione identitá come id A : A A, x x (1.13) Definizione 1.14 (Applicazione invertibile). Una applicazione f : A B si dice invertibile se g : B A tale che g f = id A e f g = id B. Osservazione 7. Condizione necessaria e sufficiente affinché una applicazione sia invertibile é che questa sia bigettiva. Ovvero f é invertibile f é bigettiva. Osservazione 8. Siano f : A B, g : B C. Si ha che ) Imm(g f) = Imm (g Immf (1.14) Definizione 1.15 (Operazioni su insiemi). Un operazione su A é un applicazione A A A Osservazione 9. R é un insieme ordinato perché a, b R si puó dire che a < b, a = b o a > b. Lo stesso insieme é dotato inoltre di una somma e di un prodotto. In particolare considerando le applicazioni somma, +, e prodotto,, si possono definire nuovi oggetti, i campi. Definizione 1.16 (Campo). Si dice campo una terna (K, +, ), dove K é un insieme non vuoto e + : K K K, : K K K e valgono le seguenti 1 : Associativitá della somma : a, b, c K allora (a + b) + c = a + (b + c). 2 : Esistenza dell elemento neutro per la somma : un elemento di K detto zero e denotato con 0, tale che a K, a + 0 = 0 + a = a. 3 : Esistenza dell inverso per la somma : a K, a K tale che a + a = a + a = 0. Tale elemento é detto opposto di a e si denota con a. 4 : Commutativitá : a, b K allora a + b = b + a. 5 : Associativitá : a, b, c K allora (a b) c = a (b c).
8 8 CAPITOLO 1. NOZIONI INSIEMISTICHE 6 : Esistenza dell elemento neutro : un elemento di K detto unitá e denotato 1, tale che a K, a 1 = 1 a = a. 7 : Distributivitá : a, b, c K allora a (b+c) = ab+ac o, analogamente (a+b) c = ac+bc. 8 : Commutativitá del prodotto : a, b K allora ab = ba. 9 : Esistenza dell inverso per il prodotto : a K, con a 0, a K tale che aa = a a = 1. Tale elemento é detto inverso di a e si indica con a 1. Osservazione 10. Q é un campo; R é un campo ; Z non é un campo. Definizione 1.17 (Anello/Anello commutativo). Definiamo un oggetto che verifica le proprietá (1)-(7) precedenti ANELLO. Se viene verificata anche al (8) allora viene detto ANELLO COMMUTATIVO. Osservazione 11. (Z, +, ) é un anello commutativo. 1.1 Numeri complessi Sia i tale che i 2 = 1. Definiamo lo spazio dei numeri complessi C = {a + ib : a, b R}. Quindi se z C allora z = a + ib con a = R(z) e b = I(z). Definizione 1.18 (Relazione di uguaglianza tra complessi). a + ib = c + id a = c b = d Osservazione 12. Definiamo un applicazione ϕ : C R 2 definita da z = a + ib (a, b) che associa ad ogni numero complesso la coppia di numeri a, b. Si noti che ϕ é iniettiva e surgettiva perché (a, b) R 2, z C tale che ϕ(z) = (a, b). Definizione 1.19 (Operazioni su numeri complessi). Definiamo una somma su C, + : C C C definita da (z, w) z + w (a + c) + i(b + d) con z = a + ib e w = c + id. Definiamo inoltre un prodotto : C C C definito da (z, w) (ac bd) + i(ad + bc) Definizione 1.20 (Coniugio). L applicazione coniugio : C C é definita da z = a + ib z = a ib. Si osservi che z R z = z e che z z = z 2.
9 1.2. POLINOMI IN K Polinomi in K Definiamo lo spazio dei polinomi nel campo K. Ovvero K[x] = { polinomi in x a coefficienti in K} (1.15) K[x] p(x) = a 0 + a 1 x a n x n = n a i x i (1.16) Definizione 1.21 (Grado di p). Sia p(x) K[x], p(x) 0. Definiremo il grado di p come Con questa definizione risulta immediato osservare che deg(p(x)) = max {k N : a k 0} (1.17) deg(0) = 1(oppure ) ; deg(p(x)) n (1.18) Definizione 1.22 (Somma su polinomi). Definiamo una somma + : K[x] K[x] K[x] che associa ad una coppia di polinomi (p, q) la loro somma p + q. Questa si puó definire come { p(x) = n i=0 a ix i n q(x) = n i=0 b ix i (p + q)(x) = (a i + b i )x i (1.19) Definizione 1.23 (Prodotto su polinomi). Analogamente si definisce un prodotto : K[x] K[x] K[x] che associa ad ogni coppia di polinomi (p, q) il suo prodotto pq. Per trovare la definizione formale possiamo pensare al prodotto usuale tra polinomi, ricordando peró che stiamo definendo il prodotto in questo modo ( non é detto che sia l unico!). { p = n i=0 a ix i n+k q = i k i=0 b ix i (pq)(x) = c i x i dove c i = a j b i j (1.20) Osservazione 13. Supponiamo di voler trovare l inverso del polinomio x. Bisogna quindi trovare q(x) tale che xq(x) = 1, ma deg(xq(x)) 1. Si nota quindi che gli unici polinomi invertibili sono quelli di grado 0, altrimenti la relazione scritta prima non é verificata. Dunque (K[x], +, ) é un anello commutativo. Definizione 1.24 (Radice di un polinomio). Si dice che a é radice di p(x) p(a) = 0 i=0 i=0 i=0 j=0 Teorema (di divisione ). a, b K[x], b 0, no unici q(quoziente),r(resto) K[x] tali che { a = bq + r deg r < deg b (1.21) Osservazione 14. Se r = 0 allora b a, ovvero b divide a. Teorema (di Ruffini). p(x) K[x], α K. Se p(α) = 0 allora (x α) p, ovvero (x α) divide p.
10 10 CAPITOLO 1. NOZIONI INSIEMISTICHE Dimostrazione. Per il teorema di divisione esistono q, r K[x] tali che { p(x) = (x α)q(x) + r(x) deg r(x) < 1 = deg(x α) r(x) é costante (1.22) Resta quindi da dimostrare che r = 0. Utilizzo il fatto che α é radice, quindi p(α) = (α α) q(x) + r = 0 + r r = 0 Proposizione Se p(α) = 0, m N tale che p(x) = (x α) m q(x) con q(α) 0. Definizione 1.25 (Molteplicitá algebrica). L intero m é detto molteplicitá algebrica (µ a ) della radice α. Osservazione 15. Se p(x) = (x α) 2 q(x) allora µ a (α) 2 Osservazione 16. I polinomi possono essere scomposti in polinomi di grado minore, ad esempio (x 2 2) = (x + 2)(x 2). Ovviamente la nozione di scomposizione dipende dal campo su cui si fanno i calcoli : la scomposizione precedente ha senso solo su R e non su Q. Dunque ˆ x 2 2 é irriducibile in Q. ˆ x é irriducibile in R. Osservazione I polinomi di grado 1 sono irriducibili. 2. ax 2 + bx + c R[x] é irriducibile in R b 2 4ac < 0. Teorema (fondamentale dell algebra). Ogni polinomio in C[x] non costante ha almeno una radice. 1.3 Relazioni Definizione 1.26 (Relazioni). Una relazione su A é un sottoinsieme, R, di A A. (a, b) R scrivo arb, ovvero a é in relazione con b. Osservazione 18. Prendiamo come A = {rette del piano } e r, s A. Una relazione possibile puó essere il parallelismo visto che rrs r s. Definizione 1.27 (Relazione di equivalenza). Una relazione R si dice relazione di equivalenza se Proprietá riflessiva : a A, ara. Proprietá simmetrica : arb bra. Proprietá transitiva : arb, brc arc Osservazione 19. Il parallelismo é una relazione di equivalenza. Se
11 1.3. RELAZIONI 11 Definizione 1.28 (Classe e rappresentante). Sia R relazione di equivalenza. a A, [a] = {b A : bra} é detta classe di a. Ogni b [a] si dice rappresentante di [a]. Definizione 1.29 (Insieme quoziente). Viene definito come insieme quoziente l insieme dove R é una relazione. A/R = {[a] : a A} (1.23) Definizione 1.30 (Proiezione sull insieme quoziente). Possiamo definire un applicazione proiezione al quoziente π : A A/R che agisce come a [a] ed é surgettiva perché a [a] ma in generale non é iniettiva. Proposizione [a] = [b] arb 2. Se [a] [b] [a] [b] = Dimostrazione. (1) ( )a [a] = [b], quindi a [b] e quindi arb. ( ) Devo provare che entrambi gli insiemi sono contenuti nell altro. Provo che [a] [b], cioé che x [a], x [b]. Ma se x [a] allora xra e per ipotesi arb, dunque per la transitivitá xrb, x [b]. L altra inclusione é analoga. (2) Per assurdo supponiamo che esista x [a] [b], cioé xra, xrb, ovvero arb che significa, per il punto (1), [a] = [b], che contraddice la tesi. Definizione 1.31 (Unione). a A, a [a], A = a A [a]. Inoltre, per la proposizione precedente, le classi di equivalenza o coincidono o sono completamente disgiunte.
12 12 CAPITOLO 1. NOZIONI INSIEMISTICHE
13 Capitolo 2 Spazi vettoriali Definizione 2.1 (Prodotto cartesiano di campi). Se K campo definiamo con la notazione K n = {(x 1,..., x n ) : x i K} il prodotto cartesiano di n campi K. Cerchiamo di definire anche una somma su K n. Definizione 2.2 (Somma su campi). + : K n K n K n, (x 1,..., x n ) + (y 1,..., y n ) (x 1 + y 1,..., x n + y n ) (2.1) Definiamo anche un Definizione 2.3 (Prodotto per scalari su campi). : K K n K n, α K, (x 1,..., x n ) K n, α(x 1,..., x n ) (αx 1,..., αx n ) (2.2) Le proprietá viste prima ci permettono di definire una nuova struttura Definizione 2.4 (Campo vettoriale). Si dice campo vettoriale un insieme V con (V, +,, K),V, su un campo K se valgono le proprietá seguenti. Sia x (x 1,..., x n ) : 1. Associativitá della somma 2. Esistenza elemento neutro per la somma 3. Esistenza inverso per la somma 4. Commutativitá per la somma 5. α, β K, x K n allora (αβ)x = α(βx) 6. α, β K, x K n, (α + β)x = αx + βx 7. α K, x, y K n allora α(x + y) = αx + αy 8. x K n allora 1 x = x. Osservazione 20. (C, +,, C) é uno spazio vettoriale. (C, +,, R) é uno spazio vettoriale diverso dal precedente. 13
14 14 CAPITOLO 2. SPAZI VETTORIALI 2.1 Esempi di spazi vettoriali Spazi di polinomi Prendiamo K campo e K[x] = {polinomi a coefficienti in K}. Abbiamo giá visto che su questo insieme é definita la somma ed il prodotto per scalari. Questo é uno spazio vettoriale Spazi di funzioni Supponiamo V spazio vettoriale e A insieme. Definiamo F = {f : A V } (2.3) tutte le funzioni da A a V. Definiamo la somma + : F F F (f, g) f + g : A V (2.4) Dobbiamo anche definire l operazione di valutazione sulla somma (f + g)(a) f(a) + g(a), a A (2.5) che é lecita visto che f(a) e g(a) sono elementi di V. Devo definire il prodotto per scalare : K F F α K, f F, αf : A V (2.6) e l operazione di valutazione sul prodotto per scalari a A(αf)(a) α f(a) (2.7) Si puó verificare ora che (F, +,, K) é uno spazio vettoriale. Valgono le proprietá seguenti ˆ f, g, h F mi chiedo se (f + g) + h = f + (g + h), cioé a A, [(f + g) + h](a) = [f + (g + h)](a)é un uguaglianza in V. [(f + g) + h](a) = (f + g)(a) + h(a) = (f(a) + g(a)) + h(a) = f(a) + (g(a) + h(a)) = f(a) + (g + h)(a) = [f + (g + h)](a) (2.8) dove abbiamo usato la definizione di somma tra funzioni e l associativitá su V. ˆ f F, f + 0 = f, dove 0 é l applicazione nulla 0 : A V definita da a A, 0(a) 0 V. Inoltre vale che a A, (f + 0)(a) = f(a) infatti (f + 0)(a) = f(a) + 0(a) = f(a) + 0 V = f(a)
15 2.2. MATRICI Matrici La matrice é una tabella di numeri organizzata in righe e colonne. Denotiamo con M(p, q, K) = {matrici p q a coefficienti in K} Definizione 2.5. Sia A M(p, q, K). Allora A i =riga i esima ; A i =colonna i esima. [A] ij =elemento di posto ij. Devo definire una somma ed un prodotto per scalare Definizione 2.6 (Somma tra matrici). definita da + : M(p, q) M(p, q) M(p, q) ; (A, B) A + B (2.9) Definizione 2.7 (Prodotto per scalari). definito da Introduciamo il concetto di i = 1,..., p; j = 1,..., q, [A + B] ij [A] ij + [B] ij (2.10) : K M(p, q) M(p, q) ; (α, A) αa (2.11) α[a] ij [αa] ij Definizione 2.8 (Uguaglianza tra matrici). Diciamo che A = B se i, j [A] ij = [B] ij e verifichiamo se lo spazio delle matrici é uno spazio vettoriale. ˆ 0 M(p, q) é definita da, i, j : [0] ij = 0. ˆ A M(p, q) bisogna verificare che A + 0 = A. Ma Osservazione 21. Sia [A + 0] ij = [A] ij + [0] ij = [A] ij + 0 K = [A] ij v 2 O = { vettori del piano applicati in O} (2.12) Su questo insieme si puó definire una somma (regola del parallelogramma) data da + : vo 2 vo 2 v2 O che somma OP + OQ = OR. Analogamente si puó definire un prodotto : R vo 2 vo 2 che produce (α, OP ) αop. Lo spazio v 2 O, dotato di questo prodotto e di questa somma é uno spazio vettoriale. Definizione 2.9 (Vettori colonna). Si consideri l insieme delle matrici p q, M(p, q, K). Lo spazio dei vettori colonna é definito da x 1 M(p, 1, K) =. : x i K (2.13) x p
16 16 CAPITOLO 2. SPAZI VETTORIALI Osservazione 22. L applicazione K p M(p, 1) é biunivoca, quindi si possono usare entrambe le notazioni (x 1,..., x p ) x 1. x p (2.14) Osservazione 23. La traslazione di OP su v 2 O si definisce come τ OP : R 2 R 2 e porta il punto Q in R con la condizione che OR = OP + OQ. Proposizione Per gli spazi vettoriali valgono le seguenti proprietá. 1. Il vettore 0 é unico. 2. x V, 0 x = x V,! opposto. 4. α K, α 0 = 0 5. Se αx = 0 allora α = 0 oppure x = x V, ( 1)x = ( x) Dimostrazione. (1) Supponiamo per assurdo che esistano 0 1, 0 2 elementi neutri per la somma +. Visto che 0 2 é neutro per la somma si avrá che 0 1 = Ma, per ipotesi, anche 0 1 é elemento neutro per la somma. Quindi = 0 2 = 0 1, dunque 0 1 = 0 2 e si trova l assurdo qundi l elemento neutro é unico. (6) Osserviamo che ( 1)x + x = x(1 1) = 0 x = 0 Definizione 2.10 (Tipi di matrici). Presentiamo le diverse classi di matrici Matrici diagonali Sono il sottospazio D(n) M(n, n, K), tali che [A] ij = 0, i j. Matrici triangolari Sono il sottospazio T (n) M(n, n, K) tali che [A] ij (triangolari superiori). = 0, i > j Matrici simmetriche Sono il sottospazio S(n) M(n, n, K) tali che [A] ij = [A] ji, i, j Matrici antisimmetriche Sono il sottospazio A(n) M(n, n, K) tali che [A] ij = [A] ji, i, j. 2.3 Sottospazi vettoriali Definizione 2.11 (Sottospazio vettoriale). Sia V un K-spazio vettoriale. sottospazio vettoriale di V se 1 W V si dice 1. 0 V W, ovvero W é non vuoto. 1 Con la notazione 0 V si intende lo zero relativo allo spazio vettoriale V, diverso dall elemento neutro per la somma!
17 2.3. SOTTOSPAZI VETTORIALI x, y W, x + y W ovvero si definisce + W W : W W W. 3. α K, x W, αx W ovvero si definisce K W : K W W. Quindi se W é ssv di V, W con l operazione si somma e prodotto ristretti é uno spazio vettoriale indicato dalla terna (+ W W, K W, W ) Osservazione 24. Gli spazi definiti prima sono tutti sottospazi vettoriali. Controlliamo la chiusura per somma nel caso delle matrici simmetriche. Prendiamo quindi A, B S(n), per cui vale [A] ij = [A] ji e [B] ij = [B] ji, i, j. Bisogna verificare Osservazione 25. [A + B] ij = [A] ij + [B] ij = [A] ji + [B] ji = [A + B] ji (2.15) 1. {0} e V sono sottospazi vettoriali di V. 2. Nel caso V = R 2 : (a) Le rette per l origine sono sottospazi vettoriali di R 2. (b) L unione dei semipiani {x 0, y 0} {x 0, y 0} non é un sottospazio vettoriale. (c) L unione di due rette per l origine non é uno sottospazio vettoriale. 3. K[x], K m [x] = {p K[x] : deg p m, m N} é un sottospazio vettoriale. Infatti p, q K m [x] p + q K m [x]. Definizione 2.12 (Combinazione lineare). Siano v 1... v n V e a 1,..., a n K con V ssv. n a i v i = a 1 v a n v n V (2.16) i=1 si dice combinazione lineare dei v i a coefficienti a i. Denotiamo con Span(v 1... v n ) l insieme di tutte le combinazioni lineari dei vettori v 1... v n. Span(v 1,..., v n ) = {a 1 v a n v n : a i K} Proposizione Span(v 1,..., v n ) é un ssv di V che contiene v 1,..., v n ed in particolare é il piú piccolo ssv di V che contiene v 1,..., v n. Dimostrazione. Iniziamo col mostrare che é un sottospazio vettoriale Span(v 1,..., v n ), infatti basta scegliere a 1 = a 2 =... = a n = x, y Span(v 1,..., v n ) devo mostrare che x + y Span(v 1,..., v n ). Poiché x Span(v 1,..., v n ), esistono a 1,..., a n K tali che x = a 1 v a n v n. Inoltre y Span(v 1,..., v n ) quindi esistono b 1,..., b n K tali che y = b 1 v b n v n. Quindi (x + y) = (a 1 + b 1 )v (a n + b n )v n α 1 v α n v n V
18 18 CAPITOLO 2. SPAZI VETTORIALI 3. La stessa cosa vale per il prodotto per scalari. Il sottospazio contiene v 1,..., v n infatti v i Span(v 1,..., v n ) in quanto basta prendere a j = 0, j i. Per dimostrare l ultima parte della proposizione bisogna dimostrare che, se Z é un ssv di V che contiene v 1,..., v n allora Z Span(v 1,..., v n ). Devo mostrare quindi che x Span(v 1,..., v n ) allora x Z. Ma se x Span(v 1,..., v n ) esistono a 1,..., a n tali che x = a 1 v a n v n. D altra parte a 1 v 1 Z visto che Z é un ssv : questo vale i quindi a i v i Z, ovvero i a iv i Z, x Z. Definizione 2.13 (Generatori). Denotiamo con Span(v 1,..., v n ) il sottospazio generato da v 1,..., v n. I vettori v 1,..., v n sono i generatori del sottospazio. Osservazione 26. Il sottospazio generato da Spanv 1 = {av 1, a R} é una retta. Dunque Span(v 1, v 2 ) R 2 Definizione 2.14 (Span per insiemi). Sia A V, allora SpanA = {comb. lineari finite dei vettori dia} (2.17) Teorema Span{v 1,..., v k } coincide con Span{v 2,..., v k } v 1 é combinazione lineare dei (v 2,..., v k ). Dimostrazione. ( ) Supponiamo che Span{v 1,..., v k } = Span{v 2,..., v k }. Ma allora v 1 Span{v 2,..., v k } perché i due spazi sono uguali, quindi v 1 si scrive come combinazione lineare dei v 2,..., v k. ( ) Prendo un elemento che sta in Span{v 1,..., v k } e voglio dimostrare che sta in Span{v 2,..., v k }. Prendo v Span{v 1,..., v k } v = k i=1 α iv i = α 1 v 1 + k i=2 α iv i. Ma v 1 per ipotesi é combinazione lineare dei v 2,..., v k, quindi k v = α 1 β j v j + j=2 k α i v i che é una combinazione lineare dei v 2,..., v k, quindi sta anche in Span{v 2,..., v k }. i= Esempi di sottospazi vettoriali Osservazione 27. Sia E = { (x, x 2 ), x R } R 2, ovvero E rappresenta i punti della parabola nel piano. Si noti che ˆ 0 sta in questo spazio. ˆ La somma di due vettori che stanno sulla parabola esce dalla stessa : non é chiuso rispetto alla somma. Per dimostrarlo prendo un elemento (x, x 2 ) E, (x 1, x 2 1 ) E. Deve verificarsi (x, x 2 ) + (x 1, x 2 1 ) E ovvero (x + x 1, x 2 + x 2 1 ) E x2 + x 2 1 = (x + x 1 ) 2 = x 2 + x xx 1, quindi é un sottospazio vettoriale se e solo se xx 1 = 0. Ma si puó sicuramente trovare un contro esempio per cui xx 1 0 (ad esempio x = 2, x 1 = 3 ). Dnque E non un sottospazio vettoriale.
19 2.4. OPERAZIONI CON SOTTOSPAZI 19 Osservazione 28. v 1 = ( ), v 2 = ( ), v 3 = ( ) (2.18) Si noti che ( ) / Span{v 1, v 2, v 3 } (2.19) visto che non puó essere scritto come combinazione lineare degli altri 3. ˆ E = {p(t) R[t] : p(1) = 2} non é un ssv perché il polinomio nullo non é contenuto. Diventa sottospazio se si modifica la condizione di appartenenza all insieme come p(1) = 0. In questo caso 0 E p 1 E, p 2 E allora deve essere p 1 + p 2 E. Ma (p 1 + p 2 )(1) = p 1 (1) + p 2 (1) = 0 E. ˆ E = {p(t) R r [t] : p(2) = 0} é sicuramente un ssv. Il teorema di Ruffini ci dice che possiamo scomporre p(t) = (t 2)q(t) con deg q < r. Prendiamo un applicazione h : R r [t] E R r 1 [t] definita da p(t) = (t 2)q(t) q(t). Tale applicazione é ben definita perché Ruffini garantisce che q sia unica. É iniettiva perché se prendiamo p 1 (t 2)q 1, p 2 (t 2)q 2 p 1 = p 2 q 1 = q 2. É anche surgettiva. ˆ Prendiamo e Si noti che A = Span B = Span quindi, i due span coincidono , = , , (2.20) (2.21) (2.22) 2.4 Operazioni con sottospazi Proposizione Siano A, B ssv di V 1. A B é un ssv di V. 2. A B non é in generale un ssv di V. Dimostrazione. (1) Prendiamo x, y A B,dobbiamo mostrare che x + y A B. Ma x + y A visto che x A, y A e A é ssv di V. Lo stesso vale per x + y B. (2) Basta prendere l unione di due rette distinte per l origine.
20 20 CAPITOLO 2. SPAZI VETTORIALI Definizione 2.15 (Somma di sottospazi). Siano A, B ssv di V. Si definisce il sottospazio somma A + B = {v V : a A, b B : v = a + b} (2.23) Si noti che 1. A A + B, infatti a A, a = a + 0, 0 B 2. B A + B Proposizione A + B é ssv di V, contiene A e B ed é il piú piccolo ssv di V che contiene A e B. Definizione 2.16 (Somma diretta). Se A B = {0}, il sottospazio A + B viene denotato con A B e viene definito come somma diretta. Osservazione 29. Prendiamo un piano A e una retta B che si incontrano solo nello zero. Si noti che A B = R 3 perché é il piú piccolo ssv che contiene entrambi. Proposizione (Unicitá della presentazione). Ogni vettore v A B si scrive in modo unico come v = a + b con a A, b B. Dimostrazione. Devo dimostrare che, se ci fossero due modi di scrivere v, allora questi coinciderebbero. Supponiamo quindi che v = a 1 + b 1 = a 2 + b 2 con a 1, a 2 A e b 1, b 2 B. Devo provare che a 1 = a 2, b 1 = b 2. Si ha che a 1 a 2 = b 2 b 1 : ma a 1 a 2 A visto che é somma di vettori di un ssv; lo stesso vale per b 2 b 1 B. Dunque a 1 a 2 = b 2 b 1 A B = {0} per l ipotesi di somma diretta. Dunque a 1 = a 2 e b 1 = b 2. Corollario Se V = A B allora v V,!a A,!b B tale che v = a + b. Definizione 2.17 (Proiezione). Posso definire una proiezione su A, pr A : V A che manda v a e una proiezione in B, pr B : V B che manda v b. Osservazione 30. Si noti che le proiezioni sono ben definite solo perché A e B sono in somma diretta altrimenti ci sarebbe ambiguitá nella definizione. Definizione 2.18 (Supplementare). Sia U un ssv di V. supplementare di U se V = U W. Un sottospazio W di V si dice Osservazione 31. Se V = R 2 e prendo U come retta per l origine possiamo prendere come supplementare un altra retta che passa per l origine. Questi due sottospazi hanno intersezione solo nello 0 quindi sono supplementari. La somma fa tutto R 2. Si noti che in questo caso il supplementare non é unico! Osservazione 32. M(n) = S(n) A(n)
21 Capitolo 3 Applicazioni Lineari Definizione 3.1 (Applicazioni lineari). Siano V, W K spazi vettoriali. Un applicazione f : V W é detta lineare se 1. x, y V, f(x + y) = f(x) + f(y). 2. α K, x V, f(αx) = αf(x). ovvero f(λx + µy) = λf(x) + µf(y). Osservazione 33. Se f é lineare allora f(0) = 0, infatti Esempi di applicazioni f(0) = f(0 + 0) = f(0) + f(0) f(0) = : V W é l applicazione nulla ed é lineare. 2. id : V V é l identitá ed é lineare. 3. t : M(p, q) M(q, p) che manda A t A, dove [ t A] ij = [A] ji, é l applicazione trasposta ed é lineare. Infatti ˆ ˆ t[a + B] ij = [A + B] ji = [A] ji + [B] ji = t A + t B t[αa] = α t A Osservazione 34. A M(n, n, K), A+ t A é simmetrica e A t A é antisimmetrica. Inoltre ogni matrice A si puó scrivere come somma di una matrice simmetrica ed antisimmetrica, infatti (A + t A) + (A t A) = 2A A = 1 2 (A + t A) (A t A) (3.1) Questo prova anche che M(n) = S(n) A(n) visto che un elemento di M(n) si scrive in modo unico come somma di due elementi dei sottospazi in somma diretta. Verifichiamo che le due scomposizioni di A sono simmetriche ed antisimmetriche. t [ 1 2 (A + t A)] = 1 2 t (A + t A) = 1 2 ( t A + A) (3.2) Mentre t [ 1 2 (A t A)] = 1 2 t (A t A) = 1 2 ( t A A) = 1 2 (A t A) (3.3) 21
22 22 CAPITOLO 3. APPLICAZIONI LINEARI 4. Tr : M(n) K é l applicazione traccia che manda A TrA = n [A] ii i=1 é lineare, infatti Tr(A + B) = n [A + B] ii = i=1 n ([A] ii + [B] ii ) = i=1 n n [A] ii + [B] ii = TrA + TrB i=1 i=1 d d 5. dx : K[x] K[x] é l applicazione derivata che manda p(x) dxp(x) é lineare. 6. a K, f : K[x] K che manda p(x) p(a) é l applicazione di valutazione ed é lineare. 7. f : C C che manda z z é l applicazione di coniugio che non é lineare. ˆ ˆ f(z + w) = z + w = z + w = f(z) + f(w) f(αz) = αz = ᾱ z = ᾱf(z) Dato che questa non vale α C l applicazione non é lineare. Osservazione 35. Ogni matrice A M(p, q, K) definisce in modo naturale una applicazione lineare A : K q K p nel modo seguente. Prima ci servono alcune definizioni di base. Definizione 3.2. Prodotto tra vettori colonna b 1 (a 1,..., a q ). a 1 b a q b q (3.4) Definizione 3.3. Se A M(p, q, K) e x K q = M(q, 1) poniamo b q... A 1... A 1 x Ax =... x =. K p (3.5)... A p... A p x Osservazione 36. Ax = x 1 A x q A q, ovvero il prodotto Ax puó essere visto come combinazione lineare delle colonne di A. Infatti Ax = A 1 x. A p x = a 11 x a 1q x q. a p1 x a pq x q = x 1 A x q A q (3.6) per la definizione della somma tra matrici e del prodotto tra vettori colonna. Proposizione Se A M(p, q, K) l applicazione A : K q K p che manda x Ax é lineare.
23 23 Dimostrazione. Infatti x, y K q, A(x + y) = Ax + Ay. Inoltre α K, x K q, A(αx) = α(ax). Osservazione 37. Data una matrice A si definisce immediatamente un applicazione lineare. Dunque l immagine di A sará l immagine dell applicazione lineare associata ad A. Osservazione 38. L uguaglianza Ax = x 1 A x q A q confronta un vettore dell immagine, Ax, ed una combinazione lineare (span) delle colonne di A. Vogliamo quindi provare che ImmA = Span(A 1,..., A q ) Dimostrazione. ( ) Infatti Ax = x 1 A x q A q quindi un vettore dell immagine Ax si puó scrivere come combinazione lineare delle colonne di A, ovvero sta nello span. ( ) Se un vettore sta nello span allora é del tipo α 1 A α q A q. Ma questo vettore é immagine del vettore α (α 1,..., α q ), ovvero Aα. Dunque é vero che Osservazione 39. Posto si ha che... Quindi ImmA = Span(A 1,..., A q ) C (A) (3.7) e 1. K q.... e q A(e 1 ) = A.. 0 K q (3.8) = A 1 (3.9) 0. A(e q ) = A. = A q (3.10) 0 1 ( ) ( A = Ae 1... Ae q = A 1... Aq ) (3.11) Teorema Tutte le applicazioni lineari K q K p sono indotte da una matrice, ossia g : K q K p lineare esiste una ed una sola matrice A M(p, q, K) tale che g(x) = Ax, x K q.
24 24 CAPITOLO 3. APPLICAZIONI LINEARI Dimostrazione. L unico modo possibile per soddisfare l uguaglianza g(x) = Ax é che le colonne delle matrici siano uguali, ovvero che le due immagini coincidano. Ma le colonne di A sono immagini dei vettori e 1,..., e q, quindi ( ) A = g(e 1 )... g(e q) (3.12) Verifichiamo che con tale scelta g(x) = Ax, x. Infatti x K q, Ax = x 1 g(e 1 ) x q g(e q ) = g(x 1 e 1 ) g(x q e q ) = = g(x 1 e x q e q ) = g(x 1,..., x q ) = g(x) (3.13) per la linearitá di g. Osservazione 40. Sia g : R 2 R 3 definita da (x, y) (2x, x y, x + 4y). Questa applicazione é indotta dalla matrice ( ) 2 0 A = g(e 1 ) g(e 2) = 1 1 (3.14) 1 4 Osservazione 41. hom (V, W ) = {f : V W : f lineare } é un sottospazio vettoriale di {f : V W }. ˆ 0 é lineare dunque 0 hom (V, W ) ˆ Prese f, g hom (V, W ) deve essere (f + g) hom (V, W ). Si deve quindi verificare (f + g)(x + y) = f(x + y) + g(x + y) = f(x) + f(y) + g(x) + g(y) = (f + g)(x) + (f + g)(y) (3.15) Definizione 3.4 (Nucleo di f). Sia f : V W lineare. Si definisce come nucleo di f. Osservazione 42. Si noti che ker f = {x V : f(x) = 0} (3.16) ˆ il nucleo non puó essere mai vuoto perché, per la linearitá di f, f(0) = 0. ˆ ker f V Proposizione Se f : V W é lineare allora 1. ker f é un ssv di V. 2. Immf é un ssv di W. 3. f é iniettiva se e solo se ker f = {0} Dimostrazione..
25 25 1. Mostriamo le tre proprietá ˆ 0 ker(f) poiché f(0) = 0 ˆ x, y ker(f) (x + y) ker(f) infatti f(x + y) = f(x) + f(y) = = 0. ˆ x ker(f), α K αx ker(f) infatti f(αx) = αf(x) = α0 = Mostriamo le tre proprietá ˆ 0 Imm(f) poiché f(0) = 0. ˆ z, w Imm(f) x, y V tale che z = f(x), w = f(y) z + w = f(x) + f(y) f(x + y) = z + w z + w Imm(f). ˆ z Imm(f) x V tale che z = f(x) α K, αz = αf(x) = f(αx) αz Imm(f). 3. ( ) Prendiamo una x ker f allora f(x) = 0 = f(0) dunque per l iniettivitá x = 0. ( ) Se f(x) = f(y) allora devo dimostrare x = y. Ma f(x) = f(y) f(x) f(y) = 0 f(x y) = 0 (x y) ker f. Ma poiché ker f = {0} x y = 0 x = y
26 26 CAPITOLO 3. APPLICAZIONI LINEARI
27 Capitolo 4 Sistemi Lineari 4.1 Sistema lineare Definizione 4.1 (Sistema Lineare). Un sistema lineare in p equazioni ed n incognite é dato da a 11 x a 1n x n = b 1 a 21 x a 2n x n = b a p1 x a pn x n = b p (4.1) É utile compattare questo sistema in una notazione diversa, utilizzando le matrici. a a 1n x 1 b 1 A =..... M(p, n, K) ; X =. K n ; B =. K p a p1... a pn x n b p (4.2) Con questa notazione si nota subito che il sistema si puó scrivere semplicemente con la formula AX = B (4.3) con la nozione di prodotto tra matrici e vettori colonna giá data. Dunque ogni volta che dovremo analizzare un sistema ci ridurremo semplicemente alle matrici associate a questo sistema. Definizione 4.2 (Matrice completa del sistema). La matrice A = (A B), ottenuta aggiungendo alla matrice A la colonna dei termini noti del sistema, é detta matrice completa del sistema. Osservazione 43. La n-upla Y = (y 1,..., y n ) K n é soluzione del sistema AX = B AY = B. Ma sappiamo che la matrice A induce un applicazione lineare A : K n K p che porta x Ax. Dunque il sistema é risolubile se e solo se, dato un fissato B questo appartiene all immagine dell applicazione A. Le soluzioni del sistema sono invece la controimmagine del vettore B in K n. 27
28 28 CAPITOLO 4. SISTEMI LINEARI Definizione 4.3. L insieme delle soluzioni di un qualsiasi sistema si puó scrivere come S B = {x K n : Ax = B} (4.4) Il sistema con B = 0 é detto sistema omogeneo ed il suo insieme di soluzioni é dato da Osservazione 44. Si noti che S 0 é un ssv di K n, infatti 1. {0} S 0 visto che lo 0 é soluzione del sistema omogeneo S 0 = {x K n : Ax = 0} (4.5) 2. Dati x, y S 0 Ax = 0, Ay = 0 A(x + y) = Ax + Ay = 0 x + y S 0 3. λ K, x S 0 Ax = 0 A(λx) = λax = 0 Osservazione 45. Se B 0, S B non é un sottospazio vettoriale ( basti controllare che non contiene lo 0). Definizione 4.4 (Sistemi equivalenti). Due sistemi lineari si dicono equivalenti se hanno lo stesso insieme di soluzioni 4.2 Matrici a scalini Definizione 4.5 (Matrice a scalini). Una matrice siffatta S = (4.6) é detta a scalini. Piú precisamente S M(p, k) si dice a scalini se i = 1,..., p 1 tutti gli elementi [S] ij = 0, j = 1,..., k [S] i+1,h = 0, h = 1,..., k + 1. Osservazione 46. La matrice S = (4.7) é a scalini ed ha 2 pivots 1. Possiamo risolvere il sistema riducendosi alle equazioni che lo definiscono { { x 3 = 5x 4 2 x 3 = 5x 4 2 2x 1 + x 2 + 2x 3 x 4 = 3 x 1 = 1 2 x x (4.8) 2 Il sistema delle soluzioni é quindi dato da 1 2 x x S B = x 2 5x 4 2 : x 2, x 4 R = x 4 1 Primo elemento non nullo di una riga a partire da sinistra. 7/ x 2 1/ x 4 11/ : x 2, x 4 R (4.9)
29 4.2. MATRICI A SCALINI 29 Ovvero l insieme delle soluzioni del sistema si presenta come la somma di una soluzione particolare e dello span dei vettori di S 0, dato da con y 1, y 2 S 0. x 2 1/ x 4 11/ : x 2, x 4 R = Span(y 1, y 2 ) (4.10) Proposizione Sia S 0 = {x : Ax = 0}, S B = {x : Ax = B}. Sia inoltre y 0 una soluzione del sistema Ax = B. Si ha che S B = y 0 + S 0, dove con la somma si intende che l insieme y 0 + S 0 é dato da {y 0 + x : x S 0 }, ovvero si somma ad y 0 tutti i vettori di S 0, ottenendo un nuovo spazio. Tale insieme ottenuto é il traslato di S 0 e viene detto sottospazio affine. Dimostrazione. Proviamo solo l implicazione S B y 0 + S 0. Un qualsiasi vettore y 0 + S 0 si scrive come y 0 + x, con x S 0. Devo far vedere che y 0 + x é soluzione del sistema non omogeneo : A(y 0 + x) = Ay 0 + Ax = B + 0 = B Proposizione (Operazioni elementari). Questa serie di operazioni non cambiano le soluzioni di un sistema. 1. Scambio di due equazioni 2. Moltiplicazione di una equazione per α 0, α K 3. Somma di un multiplo di un equazione ad un altra Dimostrazione. Proviamo solo la (3) delle precedenti. Prendiamo il sistema { a 11 x a 1n x n = b 1 a 21 x a 2n x n = b 2 (4.11) e supponiamo che abbia come soluzione (y 1,..., y n ). Preso h K, sommo h volte la prima equazione alla seconda ottenendo il sistema { a 11 x a 1n x n = b 1 a 21 x a 2n x n + h(a 11 x a 1n x n ) = b 2 + hb 1 (4.12) Se si sostituisce (y 1,..., y n ) nel sistema si trova che questo vettore é soluzione anche del sistema modificato. Questo é facile da verificare nella prima equazione, mentre nella seconda si ha a 21 y a 2n y }{{ n +h (a } 11 y a 1n y n ) = b }{{} 2 + hb 1 b 2 b 1 che é verificato sempre h. Le operazioni elementari possono essere scritte anche per matrici (data l equivalenza giá vista tra sistemi e matrici ), basta sostituire al posto di equazione il termine riga. Presentiamo ora, con un esempio, uno degli algoritmi piú conosciuti per ridurre una qualsiasi matrice a scalini.
30 30 CAPITOLO 4. SISTEMI LINEARI Osservazione 47. Prendiamo il sistema x y + 2z t = 1 2x 2y + 5z + t = 3 4x 4y + 9z t = 5 (4.13) Scriviamo la matrice dei coefficienti (4.14) dove sono state fatte rispettivamente le seguenti operazioni elementari (R i sta per la riga i-esima) : 1. R 2 R 2 2R 1 2. R 3 R 3 4R 1 3. R 3 R 3 R 2 Si osservi che si deve utilizzare sempre la riga con il pivot che viene considerato di volta in volta! 4.3 Algoritmo di Gauss Proposizione (Algoritmo di Gauss). Si consideri la matrice completa del sistema (A B) = D. Le operazioni da fare sono 1. Prendo la prima colonna da sinistra non nulla in D. Dunque j 1 tale che [D] j1,j A meno di scambiare le righe posso supporre i = 1 3. i = 2,..., p sommando a D i un opportuno multiplo di D 1, posso far si che l elemento di posto (i, j 1 ) sia Itero sulla sottomatrice ottenuta dimenticando la prima riga e la j 1 -colonna. Teorema (di Gauss). 1. Ogni matrice puó essere trasformata in una matrice a scalini attraverso un numero finito di operazioni elementari per riga. 2. Ogni sistema lineare é equivalente ad un sistema a scalini. Proposizione Un sistema Ax = B é risolubile il numero di pivots di S é uguale al numero dei pivots di (S C) dove quest ultima é una ridotta a scalini della matrice completa del sistema. Osservazione 48. Prendiamo il sistema { ax +... (a + 1)x +... A = ( a... )... a (4.15)
31 4.3. ALGORITMO DI GAUSS 31 Per lo studio del numero di pivots si dovrebbero innazitutto distinguere i casi in cui a = 0 ( 1 pivot) oppure a 0. Tale distinzione risulta fastidiosa quando si ha a che fare con matrici molto piú grandi. Si puó invece notare che a + 1 a non dipende da a, quindi conviene sostituire alla seconda riga la differenza tra le due righe in modo da eliminare la dipendenza da a su almeno 1 pivot. Osservazione 49. Abbiamo giá visto che le rette per l origine sono sottospazi vettoriali. In particolare una retta r si puó scrivere come a r = Span(v) = t b : t R (4.16) c Si voglia ora verificare se un punto (x, y, z) R 3 si trova sulla retta. Si dovrá trovare se t R tale che x = ta y = tb (4.17) z = tc Questo sistema rappresenta un nuovo modo di scrivere una retta in R 3, detta forma paramterica. In questo caso la retta stessa é l immagine dell applicazione ϕ : R R 3 che trasforma t (ta, tb, tc), ovvero a ta b t = tb (4.18) c tc La matrice associata al sistema (4.17) si scrive come a x b y (4.19) c z Dunque (x, y, z) r il sistema é risolubile. Posso quindi ridurre a scalini,supponendo a, b, c 0 ( altrimenti la soluzione avrebbe poco senso!), ottenendo? 0 p(x, y, z) (4.20) 0 q(x, y, z) dove p, q sono generici polinomi di x, y, z. Perché il sistema sia risolubile non ci devono quindi essere pivots, ovvero p(x, y, z) = q(x, y, z) = 0, cioé { p(x, y, z) = 0 (4.21) q(x, y, z) = 0 ovvero la retta é l intersezione di due piani, cioé il nucleo di una applicazione lineare. Osservazione 50. Prendiamo un piano per l origine in R 3. Sia t H = Span 1, 1 = t 1 + s 1 : t, s R = t + s : t, s R = Immϕ t + 2s (4.22)
32 32 CAPITOLO 4. SISTEMI LINEARI dove ϕ : R 2 R 3 é l applicazione definita da ( ) t t t + s = s 3t + 2s ( ) t s (4.23) Dunque (x, y, z) H t, s tali che t x t + s = y (4.24) 3t + 2s z Utilizziamo la riduzione a scalini 1 0 x 1 0 x 1 0 x 1 1 y 0 1 y x 0 1 y x (4.25) 3 2 z 0 2 z 3x 0 0 z x 2y che risolubile z x 2y = 0 che é l equazione cartesiana di un piano. Osservazione 51 (equazioni cartesiane). Sia Z il sottospazio generato da α 1 α 2 + α 3 α 2 α 1 2α 1 α 2 α 1, α 2, α 3 R Per trovare le equazioni cartesiane che defniscono Z innanzitutto costruiamo la matrice associata A = che definisce un applicazione α 1 R 3 A R 4 α 1 α 2 α 3 α 2 A α 3 α 1 (4.26) Voglio una condizione per cui v Imm(A) v = A α 2 Risolviamo quindi il sistema α x x x y z y z x y z x y (4.27) t t 2x t 2z + y Dunque l equazione cartesiana che definisce lo spazio é t + y 2z = 0
33 4.3. ALGORITMO DI GAUSS 33 Osservazione 52 (Linearitá delle composizioni). V, W, Z, K-spazi vettoriali. Siano f : V W e g : W Z, applicazioni lineari. Ha senso considerare (g f) : V Z : vogliamo mostare che anche questa é lineare. ˆ x, y V : (g f)(x + y) = g(f(x + y)) = g(f(x) + f(y)) = g(f(x)) + g(f(y)) = (g f)(x) + (g f)(y) Osservazione 53 (Matrice associata alla composizione). Supponiamo adesso di avere due applicazioni K n f K p g K q. So quindi che ˆ ˆ A M(p, n, K) tale che f(x) = Ax, x K n B M(q, p, K) tale che g(y) = By, y K p Dato che g f é lineare, esisterá una matrice C M(q, n, K) tale che (g f)(x) = Cx, x K n. La matrice C sará legata in qualche modo alle matrici A e B. Per trovare la formula esplicita basta fare il calcolo con le sommatorie. [Ax] i1 = A i x = n [A] ij [x] j1 j=1 Si ha quindi dunque p [By] h1 = B h y = [B] hk [y] k1 k=1 (g f)(x) = g(f(x)) = g(ax) = B(Ax) = Cx [(g f)(x)] h1 = [B(Ax)] h1 = = k=1 p [B] hk [Ax] k1 k=1 p n [B] hk [A] kj [x] j1 = j=1 ( n p ) (4.28) [B] hk [A] kj [x] j1 Stiamo cercando una relazione tra la matrice C e il vettore x : [(g f)(x)] h1 = C h x. Dunque per l equazione (4.28) si ha che [C] hj = j=1 k=1 p [B] hk [A] kj = B h A j (4.29) k=1 che é la formula per il prodotto di matrici e rappresenta la caratterizzazione della matrice associata alla composizione delle due funzioni : C BA. Definizione 4.6 (Matrice prodotto). Sia A M(p, n), B M(q, p). BA é la matrice prodotto (q n) definita da [BA] ji B j A i (4.30) Si noti che ˆ La moltiplicazione tra due matrici ha senso solo se il numero di righe di A é uguale al numero di colonne di B, altrimenti non é definita.
34 34 CAPITOLO 4. SISTEMI LINEARI ˆ Non vale la proprietá commutativa, AB BA. Osservazione 54. M(n, K, +,prodotto righe colonne) é un anello NON commutativo. A, B, C M(n) valgono le proprietá ˆ ˆ ˆ ABC = A(BC) A(B + C) = AB + AC (A + B)C = AC + BC L elemento neutro per il prodotto tra matrici é la matrice identitá id M =..... (4.31) Osservazione 55. A differenza di quanto succede nei campi come R moltiplicando due elementi non nulli in M(n, K, +,prodotto righe colonne) si puó ottenere la matrice nulla. ( ) ( ) = ( ) (4.32) Esistono anche matrici che moltiplicate per se stesse danno la matrice nulla. ( ) ( ) ( ) = (4.33) Definizione 4.7 (Matrice nilpotente). Una matrice A si dice nilpotente se m N tale che A m = 0. Il piú piccolo intero m per cui questo succede é detto indice di nilpotenza. Definizione 4.8 (Isomorfismo). f : V W lineare si dice isomorfismo se f é bigettiva. Definizione 4.9 (Spazi isomorfi). Due spazi V, W si dicono isomorfi se esiste un isomorfismo tra di essi. Osservazione 56. Ogni punto appartente al piano R 2 si puó scrivere come combinazione lineare dei vettori (0, 1), (1, 0), infatti ogni vettore si scrive tramite 2 coordinate v = (x, y) = x(1, 0) + y(0, 1). I vettori (0, 1), (1, 0) generano tutto lo spazio, come é facile verificare.
35 Capitolo 5 Basi e dimensione 5.1 Applicazioni lineari e basi Definizione 5.1 (Spazio finitamente generato). Uno spazio vettoriale V si dice finitamente generato se esistono v 1,..., v n V tali che v V, α 1,..., α n K : v = α 1 v α n v n, ossia Span(v 1,..., v n ) = V. In tal caso v 1,..., v n sono detti generatori di V. Osservazione 57. e 1 = (1, 0,..., 0),..., e n = (0,..., 0, 1) generano K n. Osservazione 58. K[x] non é finitamente generato. Infatti se lo fosse dovrebbero esistere un numero finito di polinomi con i quali si genera ogni polinomio. Questo insieme di polinomi generatori avranno un grado massimo, che denotiamo con m. Una combinazione lineare di questi polinomi potrá avere al piú grado m, dunque si vede subito che non é possibile rappresentare polinomi di grado superiore ad m, ovvero K[x] non é finitamente generato. Definizione 5.2 (Vettori linearmente indipendenti). v 1,..., v n V sono detti linearmente indipendenti se a 1 v a n v n = 0 a 1 = a 2 =... = a n = 0. Altrimenti sono detti dipendenti. Osservazione 59. e 1,..., e n K n sono linearmente indipendenti. Osservazione 60. v V é linearmente indipendente v 0. Infatti av = 0 a = 0 v = 0. Se v = 0, a 0 allora v é dipendente, altrimenti v 0, a = 0 e v é indipendente. Osservazione 61. Se uno tra i vettori v 1,..., v n é nullo allora v 1,..., v n sono linearmente dipendenti. Infatti se v 1 = 0 allora v v v n = 0. Proposizione Sia n 2. I vettori v 1,..., v n sono linearmente dipendenti almeno uno di essi si puó scrivere come combinazione degli altri. Dimostrazione. ( ) : Per ipotesi a 1,..., a n non tutti nulli tali che a 1 v a n v n = 0. Se a 1 0 posso moltiplicare per a 1 1 ottenendo a 1 v 1 a a n v n a 1 1 = 0 v 1 = a 1 1 a 2v 2... a 1 1 a nv n. Segue la tesi. ( ) : Se v 1 = a 2 v a n v n allora v 1 a 2 v 2... a n v n = 0 e non tutti i coefficienti sono nulli, ovvero i vettori sono linearmente dipendenti. 35
36 36 CAPITOLO 5. BASI E DIMENSIONE Osservazione 62. Se v 1,..., v k sono linearmente indipendenti e m k allora v 1,..., v m sono linearmente indipendenti. Osservazione 63. Se v m Span(v 1,..., v m 1 ), allora Span(v 1,..., v m 1, v m ) = Span(v 1,..., v m 1 ) (5.1) Definizione 5.3 (Base). Un insieme ordinato {v 1,..., v n } di vettori di V é detto base di V se v 1,..., v n sono linearmente indipendenti e generano V. Osservazione 64. {e 1,..., e n } sono una base di K n, detta base canonica. Proposizione Se B = {v 1,..., v n } é una base di V, allora ogni v V puó essere scritto in modo unico come combinazione lineare dei v 1,..., v n. I coefficienti di questa combinazione lineare sono dette coordinate di v rispetto alla base B e vengono denotati con [v] B. Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che un vettore si scriva in due modi diversi { v = a 1 v a n v n v = b 1 v b n v n (a 1 b 1 )v (a n b n )v n = 0 (5.2) Dato che v 1,..., v n sono linearmente indipendenti a 1 b 1 =... = a n b n = 0 a 1 = b 1 =... = a n = b n. Fissare una base determina quindi una corrispondenza BIUNIVOCA [ ] B : V K n, che manda v [v] B. L applicazione [ ] B é lineare e dunque un isomorfismo. Osservazione 65. Sia S = {(1, 0), (1, 1)} una base di R 2. Per trovare le coordinate di un vettore in questa base bisogna trovare due numeri a, b tali che { a + b = x (x, y) = a(1, 0) + b(1, 1) (5.3) b = y Ovvero bisogna risolvere un sistema lineare che ha come soluzioni le coordinate del vettore. ( ) x y [(x, y)] S = (5.4) y Corollario Se V é un K-spazio vettoriale che ammette una base formata da n vettori allora V é isomorfo a K n. Teorema Siano {v 1,..., v n } base di V, w 1,..., w k vettori di V. Se k > n allora w 1,..., w k sono linearmente dipendenti. Dimostrazione. Si ha w 1 = a 11 v a 1n v n.. (5.5) w k = a k1 v a kn v n
37 5.2. PROPRIETÁ DELLE BASI 37 Prendiamo una combinazione α 1 w α k w k = 0 sostituendo si ha α 1 (a 11 v a 1n v n ) α k (a k1 v a kn v n ) = 0 ossia (a 11 α a k1 α k )v (a 1n α a kn α k )v n = 0 che é una combinazione lineare nulla dei v i, allora a 11 α a k1 α k = 0.. a 1n α a kn α k = 0 (5.6) che é un sistema lineare omogeneo di n equazioni in k incognite. Poiché k > n il sistema ha soluzioni non nulle. Corollario Se {v 1,..., v n } e {w 1,..., w k } sono basi di V, allora n = k. Definizione 5.4 (Dimensione). Se V possiede una base finita {v 1,..., v n } diciamo che V ha dimensione n. Se V = {0} poniamo dim V = Proprietá delle basi Proposizione (Algoritmo per l estrazione di una base). Supponiamo V {0}. Da ogni insieme finito di generatori di V si puó estrarre una base di V. Dimostrazione. Siano v 1,..., v k generatori di V. Posso supporre v i 0, i. Allora v 1 é linearmente indipendente. Passo a controllare la lista {v 1, v 2 }. Si presentano vari casi 1. Se v 1, v 2 sono linearmente indipendenti posso tenerli. 2. Altrimenti v 2 Span(v 1 ) quindi posso toglierlo dalla lista, ovvero Span(v 1, v 2,..., v k ) = Span(v 1, v 3..., v k ). Questi vettori continuano ad essere un insieme di generatori. Ripeto il ragionamento partendo dall inizio. Continuo cosí fino a quando ho esaminato tutti i vettori della lista. Corollario Sia dim V = n. Se v 1,..., v k sono generatori di V allora k n Osservazione 66. Se v 1,..., v k sono linearmente indipendenti e v / Span(v 1,..., v k ) allora v 1,..., v k, v sono linearmente indipendenti. Dimostrazione. Sia a 1 v a k v k +av = 0. Deve essere a = 0 altrimenti v Span(v 1,..., v k ). Quindi a 1 v a k v k = 0 a 1 =... = a k = 0, ovvero i vettori sono linearmente indipendenti. Lemma Sia dim V = n. Se v 1,..., v n sono linearmente indipendenti allora sono una base per V.
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