FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI

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1 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI ANTONIO IANNIZZOTTO Sommario. L insieme R n : rappresentazione geometrica, sistemi di coordinate, tstruttura algebrica (cenni). Topologia euclidea: norma, distanza, intorni, insiemi aperti, chiusi, itati, compatti, connessi, convessi, semplicemente connessi, punti interni, esterni, di frontiera, di accumulazione. Funzioni reali definite in R n : dominio, immagine, grafico, insiemi di livello. Successioni in R n. Limite di una funzione in un punto o all infinito. Funzioni continue. Teoremi di Weierstraß, dei valori intermedi. Estremi locali, globali. Funzioni vettoriali: iti e continuità. Queste note sono un mero supporto didattico, senza alcuna pretesa di completezza, originalità o precisione. Indice 1. L insieme R n 1 2. Algebra degli spazi euclidei 3 3. Topologia degli spazi euclidei 8 4. Funzioni reali definite in R n Successioni in R n Limiti di funzioni in R n Continuità in R n Funzioni vettoriali 30 Riferimenti bibliografici 32 Versione del 7 dicembre L insieme R n L universo è tutto centro e tutto circonferenza. Giordano Bruno Denotiamo con R l insieme dei numeri reali, definito in [2], e con n N un numero naturale positivo. L insieme R n = R... R = { (x 1,... x n ) : x i R per ogni i {1,... n} } è detto spazio euclideo di dimensione n. Gli insiemi R, R 2, R 3 sono anche detti retta, piano, spazio euclideo. Gli elementi di R n sono denotati con scritture come x = (x 1,... x n ) e detti punti (o vettori). Sullo spazio n-dimensionale si stabilisce un sistema di coordinate cartesiane fissando un origine O e n rette orientate, ortogonali a due a due, dette assi. Dato un punto P dello spazio, esso può essere raggiunto da O mediante n spostamenti paralleli agli assi, di lunghezze (relative) x 1,... x n R. Così P viene identificato con l elemento x = (x 1,... x n ) R n, le cui componenti sono dette coordinate di P. Similmente il vettore OP (segmento orientato) è anch esso identificato con x. 1

2 2 A. IANNIZZOTTO Figura 1. Il punto P ha coordinate cartesiane (2, 2) e coordinate polari (2 2, π 4 ). Una rappresentazione alternativa dei punti dello spazio n-dimensionale si ottiene mediante le coordinate polari: per ogni punto P dello spazio, P O, si definiscono un modulo ρ > 0 e n 1 numeri θ 1,... θ n 2 [0, π], θ n 1 [0, 2π[ t.c. x 1 = ρ cos(θ 1 ) (1.1) x 2 = ρ sin(θ 1 ) cos(θ 2 ) x 3 = ρ sin(θ 1 ) sin(θ 2 ) cos(θ 3 )... x n = ρ sin(θ 1 )... sin(θ n 1 ) Osservazione 1.1. Nel caso n = 2 le coordinate cartesiane e polari sono denotate con (x, y), (ρ, θ), rispettivamente, e la trasformazione (1.1) diventa { x = ρ cos(θ) y = ρ sin(θ) (fig. 1). Nel caso n = 3 le coordinate cartesiane e polari sono denotate con (x, y, z), (ρ, θ, ϕ), rispettivamente, e la trasformazione (1.1) diventa x = ρ sin(ϕ) cos(θ) y = ρ sin(ϕ) sin(θ) z = ρ cos(ϕ) (fig. 2). Sempre nel caso n = 3 si introducono anche le coordinate cilindriche (ρ, θ, ζ) t.c. x = ρ cos(θ) y = ρ sin(θ) z = ζ (fig. 3). Ovviamente, sono possibili altre rappresentazioni (per esempio spostando il centro di un sistema di coordinate polari o ruotando gli assi di un sistema di coordinate cartesiane). La principale differenza fra il caso uni-dimensionale e quello multi-dimensionale è che nel secondo viene meno la nozione (fondamentale nel primo) di ordine: infatti, date due coppie (x 1, x 2 ), (y 1, y 2 ) R 2 diverse, non è immediato stabilire se una delle due sia più piccola dell altra. Anzi, si dimostra che non è possibile definire su R 2 un ordinamento (ved. [2]) consistente con le operazioni algebriche.

3 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 3 Figura 2. Figura 3. Questo ci obbliga a definire su R 2 (come su R n, n 3) una struttura geometrica indipendente dall ordinamento. Tale struttura si basa su nozioni algebriche e topologiche, che introduciamo brevemente rimandando ai corsi di Geometria per una trattazione più estesa (ved. [8], [9], [1]). 2. Algebra degli spazi euclidei Sull insieme R n definiamo due operazioni, dette somma e prodotto (per uno scalare), ponendo per ogni x, y R n, λ R x + y = (x 1 + y 1,... x n + y n ), λx = (λx 1,... λx n ). Le operazioni definite sopra godono delle seguenti proprietà (conseguenza immediata delle proprietà delle operazioni di R): Lemma 2.1. Per ogni x, y, z R n, λ, µ R si ha (i) (x + y) + z = x + (y + z); (ii) x + y = y + x; (iii) x + 0 = x, dove 0 = (0,... 0); (iv) x + ( x) = 0, dove x = ( x 1,... x n ); (v) (λµ)x = λ(µx); (vi) λ(x + y) = λx + λy; (vii) (λ + µ)x = λx + µx; (viii) 1x = x. Le proprietà (i)-(viii) fanno di R n uno spazio vettoriale. Una base di tale spazio è formata dai vettori e 1 = (1, 0,... 0),... e n = (0,... 0, 1), così che per ogni x R n esiste unica la decomposizione n x = x i e i. i=1

4 4 A. IANNIZZOTTO Introduciamo un altra operazione su R n. Il prodotto scalare associa a una coppia di vettori (x, y) il numero reale n x y = x i y i. Proprietà del prodotto scalare: Lemma 2.2. Per ogni x, y, z R n, λ R si ha (i) x y = y x; (ii) (x + y) z = x z + y z; (iii) (λx) y = λx y; (iv) x x 0. i=1 In R 2, significato geometrico del prodotto scalare è il seguente: se x, y sono rappresentati da due segmenti orientati OP, OQ e θ [0, 2π[ è l ampiezza dell angolo formato da essi 1, si ha (2.1) x y = OP OQ cos(θ) (dove AB rappresenta la lunghezza del segmento congiungente due punti A e B). Legata alla nozione di prodotto scalare è quella di norma (o modulo) di un vettore, definita da x = x x (ved. (iv)). Un vettore di norma 1 è detto versore (per esempio, e i è un versore, i = 1,... n). Proprietà della norma: Lemma 2.3. Per ogni x, y R n, λ R si ha (i) x 0; (ii) x = 0 se e solo se x = 0; (iii) λx = λ x ; (iv) x + y x + y (prima diseguaglianza triangolare); (v) x y x y (seconda diseguaglianza triangolare); (vi) x y x y (diseguaglianza di Cauchy-Schwarz). Due vettori x, y R n \ {0} si dicono paralleli se esiste λ R t.c. y = λx, ortogonali (o normali) se x y = 0 (ved. (2.1)). Una varietà affine di dimensione k in R n (k {1,... n 1}) è un sottoinsieme definito da n k equazioni lineari, in particolare le varietà affini di dimensione 1 sono dette rette, quelle di dimensione 2 sono dette piani. Un iperpiano è una varietà affine di dimensione n 1, definita da una singola equazione del tipo (2.2) a 1 x a n x n = b. Un iperpiano è anche caratterizzato da una condizione geometrica: detto x 0 un punto dell iperpiano P di equazione (2.2), per ogni x R n si ha x P se e solo se n (x x 0 ) = 0, dove n = (a 1,... a n ) viene detto vettore normale a P. 1 Non importa in che senso misuriamo gli angoli, in quanto cos(θ) = cos( θ).

5 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 5 In particolare, per n = 3, le varietà affini sono solo rette e piani (questi ultimi sono gli iperpiani di R 3 ). Una retta R in R 3 si può descrivere mediante l equazione parametrica x = x 0 + tv 1 y = y 0 + tv 2 (t R) z = z 0 + tv 3 (dove P 0 = (x 0, y 0, z 0 ) è un punto di R e il vettore v = (v 1, v 2, v 3 ) ne individua la direzione), oppure mediante l equazione cartesiana { a 1 x + b 1 y + c 1 z = d 1 a 2 x + b 2 y + c 2 z = d 2 (come intersezione di due piani). Un piano P si può descrivere mediante l equazione parametrica x = x 0 + tv 1 + sw 1 y = y 0 + tv 2 + sw 2 (t, s R) z = z 0 + tv 3 + sw 3 (dove P 0 = (x 0, y 0, z 0 ) è un punto di P e i vettori v = (v 1, v 2, v 3 ), w = (w 1, w 2, w 3 ) ne individuano la giacitura), oppure mediante l equazione cartesiana ax + by + cz = d (dove n = (a, b, c) è normale a P). Una funzione biunivoca da R n in R n è detta trasformazione. Un applicazione lineare di R n è una funzione ϕ : R n R n t.c. per ogni x, y R n, λ, µ R ϕ(λx + µy) = λϕ(x) + µϕ(y). Ogni applicazione lineare è individuata da una matrice A R n n (ved. [1]) t.c. per ogni x R n Si ha pertanto (ved. [1]): ϕ(x) = A x (prodotto righe per colonne). Lemma 2.4. Sia ϕ : R n R n l applicazione lineare individuata dalla matrice A R n n. Allora le seguenti condizioni sono equivalenti: (i) ϕ è biunivoca; (ii) det(a) 0. Ovviamente, una trasformazione lineare è un applicazione lineare biunivoca. Esempio 2.5. Sia n = 3 e Calcoliamo A = = = 1. Dunque, per il Lemma 2.4, l applicazione ϕ individuata da A è una trasformazione lineare.

6 Posto a = (a 1,... a n ), si ha per ogni x R n p(x) = a x. 6 A. IANNIZZOTTO Concentriamoci sul caso n = 3. I vettori della base canonica vengono in questo caso indicati con i = (1, 0, 0), j = (0, 1, 0), k = (0, 0, 1). Si definisce un ulteriore operazione detta prodotto vettoriale, che associa a due vettori x 1, x 2 R 3 (x i = (x i, y i, z i ), i = 1, 2) un terzo vettore, definito dal determinante simbolico 2 i j k x 1 x 2 = x 1 y 1 z 1 x 2 y 2 z 2 = (y 1z 2 y 2 z 1 )i + (x 2 z 1 x 1 z 2 )j + (x 1 y 2 x 2 y 1 )k. Proprietà del prodotto vettoriale: Lemma 2.6. Per ogni x 1, x 2, x 3 R 3, λ R si ha (i) x 1 x 2 = x 2 x 1 ; (ii) (x 1 + x 2 ) x 3 = x 1 x 3 + x 2 x 3 ; (iii) (λx 1 ) x 2 = λx 1 x 2 ; (iv) x 1 x 1 = 0. Osserviamo che x 1, x 2 R 3 sono paralleli se e solo se x 1 x 2 = 0. Il significato geometrico del prodotto vettoriale è il seguente: se x 1, x 2 R 3, non paralleli, sono rappresentati da due segmenti orientati OP 1, OP 2, allora x 1 x 2 è un vettore ortogonale al piano passante per O, P 1 e P 2 e di modulo pari all area del parallelogramma di lati OP 1, OP 2, cioè x 1 x 2 = x 1 x 2 sin(θ), dove θ [0, 2π[ è l angolo formato da OP 1 e OP 2. Introduciamo due classi di funzioni definite in R n (n 2) a valori in R che saranno usate largamente in seguito (ved. [5]). Una forma lineare è una funzione p : R n R definita per ogni x R n,da n p(x) = a i x i (a i R, i {1,... n}). i=1 Una forma quadratica è una funzione q : R n R definita per ogni x R n da n q(x) = a ij x i x j (a ij R, i, j {1,... n}). i,j=1 Possiamo sempre supporre a ij = a ji (altrimenti li sostituiamo entrambi con 1 2 (a ij + a ji ), lasciando q inalterata). Definita una matrice simmetrica A = [a ij ] R n n, si ha per ogni x R n Diremo che q è q(x) = x (Ax). (a) definita positiva se q(x) > 0 per ogni x R n \ {0}; (b) definita negativa se q(x) < 0 per ogni x R n \ {0}; (c) semi-definita positiva se q(x) 0 per ogni x R n ; (d) semi-definita negativa se q(x) 0 per ogni x R n ; (e) indefinita se esistono x 1, x 2 R n t.c. q(x 1 ) < 0 < q(x 2 ). 2 Simbolico perché gli elementi della prima riga sono vettori.

7 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 7 Chiaramente, se q è definita positiva (negativa) è anche semi-definita positiva (negativa), mentre se q è semi-definita (positiva o negativa) può esistere x 0 R n \ {0} t.c. q(x 0 ) = 0. Esempio 2.7. Il prodotto scalare in R n è una forma quadratica indotta dalla matrice I = ed è definita positiva per il Lemma 2.2 (iv) Un metodo per riconoscere le forme quadratiche (semi-)definite è basato sul calcolo di alcuni determinanti. Consideriamo la forma q indotta dalla matrice A = [a ij ]. Chiameremo sotto-matrice simmetrica di A di ordine k {1,... n} ogni matrice B R k k formata da elementi di A, t.c. a ij compare in B se e solo se vi compare a ji, e sotto-matrice principale ogni sotto-matrice simmetrica del tipo a a 1k A k = (k {1,... n}). a k1... a kk Il seguente risultato fornisce delle caratterizzazioni dei casi (a) (e) (per le dimostrazioni ved. [9]): Teorema 2.8. Sia q : R n R una forma quadratica indotta dalla matrice A R n n. Allora: (i) q è definita positiva se e solo se det(a k ) > 0 per ogni k {1,... n}; (ii) q è definita negativa se e solo se ( 1) k det(a k ) > 0 per ogni k {1,... n}; (iii) q è semi-definita positiva se e solo se det(b) 0 per ogni sotto-matrice simmetrica B di A; (iv) q è semi-definita negativa se e solo se ( 1) k det(b) 0 per ogni sotto-matrice simmetrica B di A di ordine k {1,... n}; (v) q è indefinita se e solo se nessuna delle precedenti condizioni è verificata. Data l importanza del caso n = 2, particolarizziamo il Teorema 2.8 a tale caso: Corollario 2.9. Sia q : R 2 R una forma quadratica indotta dalla matrice A R 2 2. Allora: (i) q è definita positiva se e solo se a 11 > 0 e det(a) > 0; (ii) q è definita negativa se e solo se a 11 < 0 e det(a) > 0; (iii) q è semi-definita positiva se e solo se a 11 0, a 22 0, e det(a) 0; (iv) q è semi-definita negativa se e solo se a 11 0, a 22 0, e det(a) 0; (v) q è indefinita se e solo se nessuna delle precedenti condizioni è verificata. Esempio Sia q : R 2 R la forma quadratica indotta dalla matrice [ ] 1 0 A =. 2 1 Poiché det(a) = 1, per il Corollario 2.9 (v) la forma quadratica q è indefinita. Infatti, si ha, q(1, 0) = 1, q(0, 1) = 1. Osservazione Un metodo alternativo per determinare il carattere di una forma quadratica è basato sul segno degli autovalori: se A R n n è una matrice simmetrica, essa ammette n autovalori reali λ 1 λ 2... λ n. Allora la forma quadratica q indotta da A è (a) definita positiva se λ 1 > 0 (in questo caso si ha q(x) λ 1 x 2 per ogni x R n );

8 8 A. IANNIZZOTTO (b) definita negativa se λ n < 0 (in questo caso si ha q(x) λ n x 2 per ogni x R n ); (c) semi-definita positiva se λ 1 0; (d) semi-definita negativa se λ n 0; (e) indefinita se λ 1 < 0 < λ n. (ved. [9]). Esercizio Dimostrare il Lemma 2.1. Esercizio Dimostrare il Lemma 2.2. Esercizio Dimostrare il Lemma 2.3. Esercizio Dimostrare che per ogni i, j {1,... n} { 1 se i = j e i e j = 0 se i j. Esercizio Dimostrare il Lemma 2.6. Esercizio Dimostrare che i j = k, i k = j, j k = i. Esercizio Stabilire se le forme quadratiche indotte dalle seguenti matrici sono definite, semi-definite o indefinite: [ ] [ ] [ ] ,,, , Topologia degli spazi euclidei In questa sezione doteremo l insieme R n (n 2) di una topologia consistente con quella introdotta in R (ved. [2]) ma indipendente dall ordinamento. Definiamo una metrica (o distanza) ponendo per ogni x, y R n d(x, y) = x y. Alla nozione di metrica è collegata quella di diametro di un insieme A R n : Proprietà della metrica: Lemma 3.1. Siano x, y, z R n. Si ha (i) d(x, y) 0; (ii) d(x, y) = 0 se e solo se x = y; (iii) d(x, y) = d(y, x); (iv) d(x, y) d(x, z) + d(z, y). diam(a) = sup d(x, y). x,y A Per ogni x R n, r > 0 si definisce l intorno sferico (o palla) di centro x e raggio r ponendo B r (x) = {y R n : d(x, y) < r}. Gli intorni sferici foniscono la base della topologia di R n. A partire da questa nozione si possono costruire i seguenti definizioni e risultati (le dimostrazioni sono analoghe a quelle viste in [2]).

9 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 9 Definizione 3.2. Siano A R n, x R n. Il punto x è detto (i) interno ad A se esiste r > 0 t.c. B r (x) A; (ii) esterno ad A se esiste r > 0 t.c. B r (x) R n \ A; (iii) di frontiera per A se per ogni r > 0 esistono y, z B r (x) t.c. y A, z R n \ A; (iv) di accumulazione per A se per ogni r > 0 esiste y B r (x) \ {x} t.c. y A; (v) isolato per A se esiste r > 0 t.c. A B r (x) = {x}. L insieme dei punti interni ad A è detto interno di A e denotato int(a), l insieme dei punti di frontiera è detto frontiera di A e denotato A, la chiusura di A è l insieme cl(a) = A A, e l insieme dei punti di accumulazione di A è detto derivato di A e denotato D(A). Osserviamo inoltre che A = (R n \ A), cl(a) = A D(A). Per ogni x R n, r > 0 definiamo la palla chiusa e la sfera di centro x e raggio r, rispettivamente, come B r (x) = {y R n : d(x, y) r}, Esempio 3.3. Sia Chiaramente si ha B r (x) = {y R n : d(x, y) = r}. A = {x R n : 0 < x 1}. int(a) = {x R n : 0 < x < 1}, A = B 1 (0) {0}, cl(a) = B 1 (0). Definizione 3.4. Un insieme A R n è detto (i) aperto se A = int(a); (ii) chiuso se A = cl(a). Gli insiemi, R n sono gli unici insiemi sia aperti che chiusi. Alcune proprietà degli insiemi aperti: Lemma 3.5. Si ha: (i) A è aperto se e solo se R n \ A è chiuso; (ii) se A è una famiglia di insiemi aperti, allora A è aperto; (iii) se A 1,... A k (k N 0 ) sono aperti, allora k i=1 A i è aperto. Proprietà degli insiemi chiusi: Lemma 3.6. Si ha: (i) A è chiuso se e solo se R n \ A è aperto; (ii) se A è una famiglia di insiemi chiusi, allora A è chiuso; (iii) se A 1,... A k (k N 0 ) sono chiusi, allora k i=1 A i è chiuso. Un insieme A R n è detto itato se esiste R > 0 t.c. A B R (0). Inoltre, A si dice compatto se è chiuso e itato. Vale in proposito un importante risultato: Teorema 3.7. (Bolzano-Weierstraß) Sia A R n un insieme compatto e infinito. Allora esiste x D(A) A. Introduciamo ora alcune nozioni che hanno senso solo in dimensione n 2. Definizione 3.8. Un insieme A R n è detto connesso se non esistono B 1, B 2 R n aperti t.c. A B 1 B 2, A B 1, A B 2, A B 1 B 2 =.

10 10 A. IANNIZZOTTO Una nozione legata a quella appena introdotta è quella di insieme connesso per archi, ovvero un insieme A R n con la seguente proprietà: per ogni x, y A esiste una funzione continua r : [0, 1] R n t.c. r(0) = x, r(1) = y, r(t) A per ogni t [0, 1] (per la definizione di funzione continua a valori in R n ved. Sezione?). Si dimostra che ogni insieme connesso per archi è connesso. Tuttavia, l implicazione non si inverte in generale: tutto quello che possiamo dire è che ogni insieme aperto e connesso è connesso per archi. Esempio 3.9. Sia A = {( ( 1 } x, sin : x R \ {0} {(0, y) : y [ 1, 1]}. x)) Si dimostra che A è connesso ma non connesso per archi (ovviamente A non è aperto). Definizione Un insieme A R n è detto convesso se per ogni x, y A, t [0, 1] si ha (1 t)x + ty A. Ovviamente, ogni insieme convesso è connesso (per archi). L implicazione non si inverte: Esempio L anello è un insieme connesso ma non convesso. A = {(x, y) R 2 : 1 x 2 + y 2 4} Osservazione In R le Definizioni 3.8, 3.10 sono equivalenti e soddisfatte solo dagli intervalli. Infine introduciamo una nozione topologica che sarà largamente utilizzata in seguito (ved. [7]): Definizione Un insieme A R n è detto semplicemente connesso se verifica le seguenti condizioni: (i) A è connesso; (ii) per ogni curva continua chiusa γ, di parametrizzazione r : [a, b] A, esistono una funzione continua ϕ : [a, b] [0, 1] A e x 0 A t.c. ϕ(t, 0) = r(t), ϕ(t, 1) = x 0, ϕ(t, µ) A per ogni (t, µ) [a, b] [0, 1]. Intuitivamente, la condizione (ii) si può esprimere dicendo che ogni circuito contenuto in A si può deformare con continuità a un singolo punto rimanendo in A (per l interpretazione rigorosa di questa condizione ved. [6]). In particolare, nel caso n = 2 un insieme semplicemente connesso è un insieme connesso privo di buchi. Mettiamo in evidenza i seguenti casi particolari: (a) sia A R n un insieme convesso, allora A è semplicemente connesso; (b) sia A un insieme stellato, ovvero esista x 0 A t.c. per ogni y A e ogni µ [0, 1] si ha (1 µ)x 0 + µy A, allora A è semplicemente connesso. Esempio In R 2 l insieme A 1 = {(x, y) R 2 : 1 x 2 + y 2 4} è connesso ma non semplicemente connesso. In R 3 l insieme A 2 = {(x, y, z) R 3 : 1 x 2 + y 2 + z 2 4} è semplicemente connesso (si noti come la definizione dipenda dalla dimensione dello spazio), mentre il dominio toroidale A 3 = {(x, y, z) R 3 : x 2 + y 2 + z 2 4 cos(θ)x 4 sin(θ)y + 3 0, θ [0, 2π[} non è semplicemente connesso (fig. 4).

11 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 11 Figura 4. Infine accenniamo al delicato concetto di topologia relativa. Siano A R n un insieme e B A: B è detto aperto (chiuso) in A se esiste C R n aperto (chiuso) t.c. B = A C. Per esempio, posto A = {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 1}, B = {(x, y) A : y > x}, l insieme B è aperto in A (mentre non è aperto in R n ). Esercizio Dimostrare il Lemma 3.1. Esercizio Dimostrare il Lemma 3.5. Esercizio Dimostrare il Lemma 3.6. Esercizio Dire se i seguenti insiemi in R 2 sono aperti, chiusi, itati, compatti, connessi o convessi: { (x, y) R 2 : x 2 + y 2 = 1 } n 2, n N 0, {(x, y) R 2 : y x 2 }, {(x, y) R 2 : xy < 1}, {(x, y) R 2 : y x Z}. Esercizio Sia A R n. Dimostrare che A è chiuso e che (R n \ A) = A. Esercizio Sia A R n. Dimostrare che int(a) è il più grande insieme aperto contenuto in A e cl(a) è il più piccolo insieme chiuso contenente A. 4. Funzioni reali definite in R n Lo studio delle funzioni di più variabili reali è considerevolmente più complesso di quello delle funzioni di una variabile sviluppato in [3], poiché viene meno l ordinamento e con esso la nozione intuitiva di funzione monotona, inoltre in generale non si riesce a disegnare il grafico di una funzione: si rende necessario separare, seguendo l insegnamento di Eulero, il concetto di funzione dalla sua rappresentazione geometrica e condurre il ragionamento a un grado più elevato di astrazione. Siano A R n e f : A R (funzione reale di più variabili reali). Come sempre, A è detto dominio di f e l immagine di f è l insieme mentre il grafico è f(a) = {f(x) : x A}, gr(f) = {(x 1,... x n+1 ) R n+1 : (x 1,... x n ) A, x n+1 = f(x 1,... x n )}.

12 12 A. IANNIZZOTTO Figura 5. Figura 6. Se n = 1 l insieme gr(f) è una curva in R 2 (ved. [6]), se n = 2 è una superficie in R 3 (ved. [6]), se n 3 invece gr(f) non si può rappresentare graficamente. Si ricorre allora agli insiemi di livello, definiti per ogni l R da f 1 (l) = {(x 1,... x n ) A : f(x 1,... x n ) = l} (per un esposizione dettagliata di questi concetti geometrici ved. [8]). Per ogni B R ricordiamo che In particolare, per ogni c R poniamo f 1 (B) = {x A : f(x) B}. f c = {x A : f(x) < c}, f c = {x A : f(x) > c}, f c = {x A : f(x) c}, f c = {x A : f(x) c}. Quando non è necessario specificare il dominio, denoteremo le funzioni anche con scritture come x f(x). Esempio 4.1. Sia f : R 2 R definita per ogni (x, y) R 2 da f(x, y) = x 2 + y 2. Il grafico di f è un paraboloide ellittico, e per ogni l > 0 la linea di livello f 1 (l) è la circonferenza giacente sul piano z = 0, di centro (0, 0, 0) e raggio l (proiezioni delle linee tracciate nella fig. 5). Se invece poniamo f(x, y) = x 2 y 2, otteniamo un paraboloide iperbolico e le linee di livello sono iperboli (fig. 6). Invece le superfici di livello della funzione f : R 3 R definita da sono ellissoidi. f(x, y, z) = x2 4 + y2 9 + z2 Talvolta il dominio di una funzione f non è assegnato: in questo caso, sceglieremo come dominio l insieme di definizione, ovvero il più grande sottoinsieme di R n in cui la funzione risulta definita.

13 Esempio 4.2. La funzione individuata dalla legge ha come insieme di definizione FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 13 f(x, y) = ln(x 2 y) A = {(x, y) R 2 : y > x 2 }. Un numero l R è detto maggiorante di f se è un maggiorante dell insieme f(a), ovvero se f(x) l per ogni x A. Se f ammette un maggiorante è detta superiormente itata. In tal caso l estremo superiore di f è definito come il minimo dei suoi maggioranti 3, o equivalentemente come l unico numero l R t.c. (a) f(x) l per ogni x A; (b) per ogni ε > 0 esiste x A t.c. f(x) > l ε. L estremo superiore di f si denota sup A f. Se esiste x 0 A t.c. f(x 0 ) = sup A f, diremo che f ammette massimo globale (o assoluto) e x 0 è un punto di massimo globale, e scriveremo Se f non è superiormente itata scriveremo max A f = f(x 0). sup f = +. A Se invece esiste r > 0 t.c. f(x) f(x 0 ) per ogni x A B r (x 0 ), diremo che x 0 è un punto di massimo locale (o relativo). Ovviamente, ogni punto di massimo globale è anche di massimo locale. Le definizioni di minorante, estremo inferiore e minimo globale e locale sono analoghe. Se f ammette sia maggioranti che minoranti, è detta itata. Esempio 4.3. Sia f : [0, 1] [0, 1] R definita da f(x, y) = x 4 + y 4. La funzione f ha un minimo globale in (0, 0) e massimi globali nei vertici (±1, ±1), (±1, 1). Esempio 4.4. La funzione f : R 2 R definita da f(x, y) = x2 + y 2 1 x 2 + y è itata. Infatti, posto ρ = x 2 + y 2, possiamo studiare f tramite la funzione ausiliaria g : [0, + [ R definita da g(ρ) = ρ2 1 ρ Con gli strumenti introdotti in [3], [4] si vede che min g(ρ) = g(0) = 1, sup ρ [0,+ [ g(ρ) = ρ [0,+ [ g(ρ) = 1, ρ + da cui min f = 1, sup f = 1 R 2 R 2 ((0, 0) è l unico punto di minimo globale, mentre f non ammette massimo globale, fig. 7). 3 Tale minimo esiste per la proprietà di separazione di R (assioma di Dedekind).

14 14 A. IANNIZZOTTO Figura 7. La funzione f descritta nell Esempio 4.4 presenta una simmetria radiale (o centrale), ovvero essa assume lo stesso valore in punti aventi lo stesso modulo (nel senso delle coordinate polari, ved. Sezione 1). Altri tipi di simmetria possono presentarsi: Esempio 4.5. La funzione f : R 3 R definita da f(x, y, z) = e x2 +y 2 presenta una simmetria cilindrica (o assiale). Infatti, dati due punti x 1, x 2 R 3 t.c. x 2 1 +y2 1 = x2 2 +y2 2, si ha f(x 1 ) = f(x 2 ). Un ulteriore definizione geometrica: Definizione 4.6. Siano A R n un insieme convesso, f : A R. La funzione f è detta (i) convessa se per ogni x, y A, τ [0, 1] si ha (ii) concava se f è convessa. Definito l epigrafico di f come l insieme f((1 τ)x + τy) (1 τ)f(x) + τf(y); epi(f) = {(x 1,... x n, x n+1 ) A R : x n+1 f(x 1,... x n )}, la condizione (i) è equivalente alla convessità di epi(f). La prima funzione descritta nell Esempio 4.1 è convessa, mentre la seconda non lo è. Esercizio 4.7. Sia f : R 2 R definita da f(x, y) = xy per ogni (x, y) R 2. Determinare le sue linee di livello. Esercizio 4.8. Determinare gli insiemi di definizione delle seguenti funzioni: x 2 y ln(x + y), arcsin(y + 2x), ln(9 x2 y 2 z 2 ). Esercizio 4.9. Determinare gli estremi globali della funzione dell Esempio 4.5.

15 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI Successioni in R n Premettiamo allo studio dei iti di funzioni di più variabili reali una breve descrizione delle successioni a termini vettoriali. Una successione a termini in R n è una funzione definita in N (o in N 0 ) a valori in R n. Per ogni k N denotiamo a k R n il valore corrispondente della funzione, detto termine della successione. La successione stessa è denotata (a k ). La nozione di ite, definita in [3] per le successioni a termini reali, viene estesa alle successioni a termini in R n insieme ad alcune proprietà. Definizione 5.1. Una successione (a k ) è detta convergente a l R n se per ogni ε > 0 esiste ν N t.c. per ogni k ν si ha a k l < ε, e in tal caso si scrive k a k = l. Una notazione equivalente è a k l. Il seguente risultato permette di ricondurre ogni problema sulle successioni in R n a uno sulle successioni in R: Lemma 5.2. Siano (a k ) una successione in R n e l R n. Le seguenti condizioni sono equivalenti: (i) k a k = l; (ii) k a k,i = l i per ogni i {1,... n} 4. Dimostrazione. Dimostriamo che (i) implica (ii). Fissati ε > 0 e i {1,... n}, esiste ν N t.c. per ogni k ν a k,i l i a k l < ε, da cui a k,i l i. Dimostriamo che (ii) implica (i). Per ogni ε > 0, i {1,... n} esiste ν i N t.c. per ogni k ν i si ha a k,i l i < ε n. Posto ν = max{ν 1,... ν n }, per ogni k ν si ha a k l = n (a k,i l i ) 2 < ε, da cui a k l. i=1 Mediante il Lemma 5.2 possiamo dedurre i seguenti risultati da quelli corrispondenti per le successioni a termini reali (ved. [3]): Teorema 5.3. (Unicità del ite) Siano (a k ) una successione in R n e l, m R n t.c. a k l, a k m. Allora l = m. Come nel caso delle successioni reali, diremo che (a k ) è itata se esiste R > 0 t.c. a k < R per ogni k N. Ogni successione convergente è itata, mentre l implicazione inversa è falsa. Tuttavia ogni successione itata ammette una sotto-successione convergente: Teorema 5.4. (Bolzano-Weierstraß) Sia (a k ) una successione itata. successione crescente (k h ) in N e l R n t.c. h a kh = l. In effetti questa proprietà è equivalente alla compattezza: 4 Qui ak,i denota la i-ma componente di a k. Allora esistono una

16 16 A. IANNIZZOTTO Corollario 5.5. Sia A R n un insieme. Allora le seguenti condizioni sono equivalenti: (i) A è compatto; (ii) per ogni successione (a k ) in A esistono una successione crescente (k h ) in N e l A t.c. a kh l per h. Una conseguenza del Teorema 5.4 è il seguente criterio di convergenza: Teorema 5.6. (Cauchy) Sia (a k ) una successione in R n. Le seguenti condizioni sono equivalenti: (i) (a k ) è convergente; (ii) per ogni ε > 0 esiste ν N t.c. a k a h < ε per ogni k, h N, k, h ν. Una caratterizzazione degli insiemi chiusi mediante successioni: Lemma 5.7. Sia A R n. Allora le seguenti condizioni sono equivalenti: (i) A è chiuso; (ii) per ogni successione (a k ) a termini in A t.c. a k l, si ha l A. Operazioni sui iti: Lemma 5.8. Si ha: (i) se a k l, b k m allora a k + b k l + m; (ii) se a k l, λ k λ allora λ k a k λl; (iii) se a k l, b k m allora a k b k l m; (iv) se a k l, b k m allora a k b k l m (in R 3 ). Osservazione 5.9. In R n non ha senso definire le successioni monotone. Similmente, non si definiscono le successioni positivamente o negativamente divergenti, mentre diremo che (a k ) diverge se a k +. Per esempio, la successione di termine generale a k = (k, k) diverge in R 2. Esercizio Dimostrare il Teorema 5.3. Esercizio Dimostrare il Teorema 5.4. Esercizio Dimostrare il Lemma 5.8. Esercizio Calcolare i iti delle seguenti successioni in R 2 : ( k + 1 (arctan(k), arctan(k)), k, k 1 ) ( cos(k), (e k, e k ),, sin(k) ). k k k 6. Limiti di funzioni in R n Introduciamo adesso la nozione di ite per funzioni reali di più variabili reali: questa presenta, rispetto al caso unidimensionale studiato in [3], un maggior grado di complessità in quanto un punto di R n può essere approssimato lungo infinite direzioni (e non solo da destra e da sinistra ). Definizione 6.1. Siano A R n, x 0 D(A), f : A R. Si dice che (i) f(x) = l (l R) se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 t.c. f(x) l < ε per ogni x A B δ (x 0 ) \ {x 0 }; (ii) f(x) = + se per ogni K > 0 esiste δ > 0 t.c. f(x) > K per ogni x A B δ (x 0 ) \ {x 0 }; (iii) f(x) = se per ogni K > 0 esiste δ > 0 t.c. f(x) < K per ogni x A B δ (x 0 ) \ {x 0 };

17 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 17 Figura 8. Figura 9. (iv) non esiste f(x) se nessuna delle precedenti condizioni è verificata. Nel caso (i) diremo che f è convergente in x 0, nei casi (ii), (iii) che è divergente, nel caso (iv) che è irregolare. Una notazione alternativa è f(x) l per x x 0. Verifichiamo che la Definizione 6.1 è ben posta: Teorema 6.2. (Unicità del ite) Siano f : A R, x 0 D(A), l, m [, + ] t.c. Allora l = m. f(x) = l, f(x) = m. Dimostrazione. Supponiamo l, m R e procediamo per assurdo, assumendo l < m (gli altri casi si trattano analogamente). Posto ε = m l 2, esistono δ 1, δ 2 > 0 t.c. f(x) l < ε per ogni x A, 0 < x x 0 < δ 1 e f(x) m < ε per ogni x A, 0 < x x 0 < δ 2. Sia δ = min{δ 1, δ 2 }. Per ogni x A, 0 < x x 0 < δ si ha una contraddizione. f(x) < m + ε = l ε < f(x), I seguenti esempi illustrano i vari casi della Definizione 6.1: Esempio 6.3. Verifichiamo che xy = 0. (x,y) (0,0) Fissato ε > 0, è sufficiente porre δ = 2ε. Per ogni (x, y) B δ (0, 0)\{(0, 0)} si ha 0 < x 2 +y 2 < 2ε, da cui xy x2 + y 2 < ε, 2 così che (i) è verificata (fig. 8). Esempio 6.4. Verifichiamo che (x,y) (0,0) ln(x2 + y 2 ) =. Fissato K > 0, è sufficiente porre δ = e K 2. Per ogni (x, y) B δ (0, 0) \ {(0, 0)} si ha 0 < x 2 + y 2 < e K, da cui ln(x 2 + y 2 ) < K, così che (iii) è verificata (fig. 9).

18 18 A. IANNIZZOTTO Esempio 6.5. Verifichiamo che non esiste La funzione f(x, y) = x y è definita nell insieme (x,y) (0,0) x y. A = {(x, y) R 2 : y 0}, e (0, 0) D(A). Fissato m R \ {0}, possiamo studiare la restrizione di f alla retta di equazione y = mx, equivalente a una funzione di una variabile reale: f(x, mx) = 1 m. Dunque il ite in esame non esiste. Infatti, per ogni δ > 0 basta scegliere x ] 0, δ 1+m 2 [ in modo che (x, mx) A, 0 < x 2 + y 2 < δ e f(x, mx) = 1 m. Al variare di m R \ {0}, si vede che f assume in un intorno di (0, 0) tutti i valori reali. Dunque si ricade nel caso (iv). I iti in R n si possono caratterizzare mediante le successioni: Teorema 6.6. Siano f : A R, x 0 D(A), l [, + ]. equivalenti: Le seguenti condizioni sono (i) f(x) = l; (ii) f(a k ) = l per ogni successione (a k ) a termini in A \ {x 0 } t.c. a k x 0. k Dimostrazione. Per cominciare osserviamo che da x 0 D(A) segue l esistenza di almeno una successione come quelle descritte in (ii). Possiamo supporre l R. Dimostriamo che (i) implica (ii). Per ogni ε > 0 esiste δ > 0 t.c. f(x) l < ε per ogni x A, 0 < x x 0 < δ. D altra parte, esiste ν N t.c. 0 < a k x 0 < δ per ogni k ν, da cui f(a k ) l < ε per ogni k ν. Dimostriamo che (ii) implica (i), procedendo per assurdo. Se f(x) non converge a l per x x 0, per ogni k N possiamo trovare a k A t.c. 0 < a k x 0 < 1 k e f(a k) l ε, con ε > 0 indipendente da k. Dunque a k x 0 e f(a k ) non converge a l, contro (ii). Come si vede dagli Esempi , non è immediato determinare un ite facendo uso della sola Definizione 6.1. Introduciamo dunque alcuni risultati, utili a questo scopo (A denota sempre un sottoinsieme di R n ): Teorema 6.7. (Cauchy) Siano f : A R, x 0 D(A). Le seguenti condizioni sono equivalenti: (i) f è convergente in x 0 ; (ii) per ogni ε > 0 esiste δ > 0 t.c. f(x) f(y) < ε per ogni x, y A B δ (x 0 ) \ {x 0 }. Dimostrazione. La dimostrazione che (i) implica (ii) è banale. Dimostriamo che (ii) implica (i). Sia (a k ) una successione a termini in A \ {x 0 } t.c. a k x 0. Fissato ε > 0, sia δ > 0 come in (ii). Esiste ν N t.c. 0 < a k x 0 < δ per ogni k ν, dunque si ha f(a k ) f(a h ) < ε per ogni h, k ν. Per il Criterio di Cauchy sulle successioni numeriche (ved. [3]) si ha f(a k ) l per qualche l R. Dimostriamo ora che l è indipendente dalla scelta di (a k ): siano (a k ), (b k )

19 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 19 successioni in A \ {x 0 } convergenti a x 0. Per ogni ε > 0 sia δ > 0 come in (ii), allora esiste ν N t.c. a k, b k B δ (x 0 ) per ogni k ν, da cui f(a k ) f(b k ) < ε. Questo implica che (f(a k )), (f(b k )) hanno lo stesso ite l R. Per il Lemma 6.6 ne segue f(x) l per x x 0. Le dimostrazioni dei seguenti risultati sono facimente ricavate da quelle dei corrispondenti risultati sui iti in R o sui iti di successioni (ved. [3]): Teorema 6.8. (Conservazione del segno) Siano f, g : A R, x 0 D(A), l, m [, + ] t.c. (i) f(x) = l, g(x) = m; (ii) l < m. Allora esiste δ > 0 t.c. f(x) < g(x) per ogni x A B δ (x 0 ) \ {x 0 }. Teorema 6.9. (Confronto) Siano f, g : A R, x 0 D(A), l, m [, + ] t.c. (i) f(x) = l, g(x) = m; (ii) esiste δ > 0 t.c. f(x) g(x) per ogni x A B δ (x 0 ) \ {x 0 }. Allora l m. Corollario (Carabinieri) Siano f, g, h : A R, x 0 D(A), l [, + ] t.c. Allora (i) f(x) = h(x) = l; (ii) esiste δ > 0 t.c. f(x) g(x) h(x) per ogni x A B δ (x 0 ) \ {x 0 }. Operazioni sui iti: g(x) = l. Lemma Siano f, g : A R, x 0 D(A), l, m R t.c. Allora si ha: (i) (f(x) + g(x)) = l + m; (ii) f(x)g(x) = lm; f(x) = l, g(x) = m. f(x) (iii) se m 0, g(x) = l m ; (iv) se l > 0, f(x) g(x) = l m ; (v) se l, m > 0, l 1, log x x f(x) (g(x)) = log l (m). 0 Limite di funzioni composte: Lemma Siano f : A R, g : R R, x 0 D(A), y 0 R, l [, + ] t.c. (i) f(x) = y 0 ; (ii) esiste δ > 0 t.c. f(x) y 0 per ogni x A B δ (x 0 ) \ {x 0 }; (iii) g(y) = l. y y 0

20 20 A. IANNIZZOTTO Allora Figura 10. Figura 11. (g f)(x) = l. Una condizione necessaria per l esistenza del ite di una funzione f in un punto x 0 è che la restrizione di f a qualunque retta passante per x 0 abbia lo stesso ite in x 0 : Lemma Siano f : A R, x 0 D(A), l [, + ] t.c. e v R n \ {0}. Allora f(x) = l, f(x 0 + µv) = l. µ 0 Dimostrazione. Fissata una successione (µ k ) di numeri reali t.c. µ k 0, poniamo a k = x + µ k v per ogni k N, così che a k x. Per il Teorema 6.6 si ha f(a k ) l. La condizione espressa dal Lemma 6.13 permette di ricondurre lo studio di un ite in R n a quello di un ite in R: Esempio Sia f : R 2 \ {(0, 0)} R definita da f(x, y) = xy x 2 + y 2. Essa non ammette ite in (0, 0): infatti, considerando le sue restrizioni alle rette di equazione y = mx (m R), si ha f(x, mx) = m x m 2, e questo valore varia al variare di m (fig. 10). Essa non è però sufficiente, in quanto x 0 può essere approssimato anche lungo curve diverse dalle rette: Esempio Sia f : R 2 \ {(0, 0)} R definita da f(x, y) = sin(x) x + y 2. Restringendo f alla retta di equazione y = mx (m R) si ottiene sin(x) 1 f(x, mx) = x 0 x 0 x 1 + m 2 x = 1.

21 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 21 Tuttavia, se restringiamo f alla parabola di equazione x = y 2, otteniamo sin(y 2 ) y 0 f(y2, y) = y 0 2y 2 = 1 2. Pertanto f non ammette ite in (0, 0) (fig. 11). Un altro espediente geometrico per ricondurre lo studio di un ite in R n a quello di un ite in R consiste nell uso delle funzioni a simmetria radiale: Lemma Siano f : R n R, g : [0, + [ R t.c. (i) f(x) = g( x ) per ogni x R n ; (ii) g(ρ) = l (l [, + ]). ρ 0 + Allora Dimostrazione. Segue dal Lemma Esempio Sia f : R 2 R definita da f(x) = l. x 0 f(x, y) = (e x2 +y 2 1) cos(x + 1). Poiché cos(x + 1) 1, si ha per ogni (x, y) R 2 Per il Lemma 6.16 si vede che da cui per il Corollario 6.10 segue f(x, y) e x2 +y y 2 (x,y) (0,0) (ex2 1) = 0, f(x, y) = 0. (x,y) (0,0) Più in generale, talvolta è conveniente passare alle coordinate polari (ved. Sezione 1), usando le formule di trasformazione { x = ρ cos(θ) y = ρ sin(θ). Esempio Sia f : R 2 \ {(0, 0)} R definita da Passando alle coordinate polari abbiamo f(x, y) = f(ρ cos(θ), ρ sin(θ)) = x2 y x 4 + y 2. ρ cos(θ)2 sin(θ) ρ 2 cos(θ) 4 + sin(θ) 2, che tende a 0 per ρ 0 +, qualunque sia θ [0, 2π[. Tuttavia, restringendo f alla parabola di equazione y = x 2, si ha In conclusione, non esiste f(x, x 2 ) = x4 2x 4 = 1 2. f(x, y). (x,y) (0,0)

22 22 A. IANNIZZOTTO Figura 12. Figura 13. Si estende al caso multi-dimensionale anche il concetto di ite all infinito: Definizione Siano A R n un insieme ilitato, f : A R. Si dice che (i) (ii) (iii) f(x) = l (l R) se per ogni ε > 0 esiste R > 0 t.c. f(x) l < ε per ogni x x A \ B R (0); f(x) = + se per ogni K > 0 esiste R > 0 t.c. f(x) > K per ogni x A \ B R(0); x f(x) = se per ogni K > 0 esiste R > 0 t.c. f(x) < K per ogni x A \ B R(0). x Osserviamo che nella Definizione 6.19 il ite è uniforme rispetto alla direzione. Chiaramente valgono versioni dei Teoremi per i iti all infinito (con ovvi adattamenti). Esempio La funzione di Gauß in dimensione 2, f : R 2 R, è definita da (fig. 12). Si vede facilmente che Esempio Sia f : R 2 R definita da f(x, y) = e (x2 +y 2 ) f(x, y) = 0. (x,y) f(x, y) = x 2 y 4 (fig. 13). Operiamo mediante restrizioni a opportune rette: dunque non esiste f(x, 0) = +, x f(x, y). (x,y) f(0, y) =, y ± Osservazione Come nel caso uni-dimensionale, si introducono i simboli di Landau per la classificazione di infiniti e infinitesimi. Siano f, g : A R, x 0 D(A) t.c. allora si denota f(x) = g(x) = 0,

23 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 23 f(x) f(x) = o(g(x)) se g(x) = 0; f(x) = O(g(x)) se esistono M, δ > 0 t.c. f(x) M per ogni x A, 0 < x x 0 < δ. g(x) Analoghe notazioni si adottano per le funzioni divergenti in un punto o per i iti all infinito. Infine introduciamo la nozione di ite massimo di una funzione in un punto: Definizione Siano f : A R, x 0 D(A): (i) se esiste δ > 0 t.c. f è superiormente itata in A B δ (x 0 ) \ {x 0 }, si pone sup f(x) = inf δ>0 sup x A B δ (x 0 )\{x 0 } f(x); (ii) se f è superiormente ilitata in A B δ (x 0 ) \ {x 0 } per ogni δ > 0, si pone Il ite massimo si caratterizza come segue: sup f(x) = +. Lemma Siano f : A R, x 0 D(A), l R. Allora se e solo se sup f(x) = l (i) per ogni ε > 0 esiste δ > 0 t.c. f(x) < l + ε per ogni x A B δ (x 0 ) \ {x 0 }; (ii) per ogni ε, δ > 0 esiste x A B δ (x 0 ) \ {x 0 } t.c. f(x) > l ε. Definizione e caratterizzazione del ite minimo sono analoghe. Esercizio Dimostrare i Teoremi e Lemmi Esercizio Dimostrare il Lemma Esercizio Stabilire se esistono, ed eventualmente calcolare, i seguenti iti: (x,y) (0,0) x (x,y) (0,0) 1 x, x 1 x 0 x, e x2 y y, e x2 +y 2 1 tan(x 2 + y 2 ), (x,y) (0,0) sin(xy) (x,y) (0,0) x 2 + y 2, (x,y) (0,0) x 3 x 2 + y 2, e x2 y 2 1 arctan(x 2 + y 2 ), 7. Continuità in R n x y (x,y) (0,0) x + y, sin(x 2 + y 2 ) (x,y) (0,0) x 2 + y, 2 ln(x 2 + y 2 ) (x,y) x 2 + y. 2 Introduciamo la nozione di continuità per le funzioni reali di più variabili reali: Definizione 7.1. Siano A R n, x 0 A D(A), f : A R. La funzione f è detta continua in x 0 se f(x) = f(x 0 ). La funzione è detta continua in A se f è continua in ogni punto di A D(A).

24 24 A. IANNIZZOTTO Equivalentemente, f è continua in x 0 se (7.1) per ogni ε > 0 esiste δ > 0 t.c. f(x) f(x 0 ) < ε per ogni x A B δ (x 0 ). L insieme delle funzioni continue in A si denota C 0 (A) ed è uno spazio vettoriale con le operazioni definite punto per punto (esso ha dimensione infinita). Esempio 7.2. La funzione f : R n R definita per ogni x R n da {e 1 x se x 0 f(x) = 0 se x = 0 è continua in 0. La continuità si può caratterizzare mediante le successioni: Lemma 7.3. Siano A R n, x 0 A D(A), f : A R. Le seguenti condizioni sono equivalenti: (i) f è continua in x 0 ; (ii) k f(a k ) = f(x 0 ) per ogni successione (a k ) a termini in A t.c. a k x 0. Dimostrazione. Segue dalla Definizione 7.1 e dal Teorema 6.6. Un altra caratterizzazione è basata sulla topologia: Lemma 7.4. Siano A R n, f : A R. Le seguenti condizioni sono equivalenti: (i) f è continua; (ii) per ogni B R aperto, f 1 (B) è aperto in A; (iii) per ogni B R chiuso, f 1 (B) è chiuso in A. Dimostrazione. Dimostriamo che (i) implica (ii). Sia x 0 f 1 (B), allora f(x 0 ) B e poiché B è aperto esiste ε > 0 t.c. ]f(x 0 ) ε, f(x 0 ) + ε[ B. Poiché f è continua in x 0 esiste δ > 0 t.c. per ogni x A B δ (x 0 ) si ha f(x) f(x 0 ) < ε, da cui f(x) B. Pertanto A B δ (x 0 ) f 1 (B). Per la definizione di topologia relativa f 1 (B) è aperto in A. Dimostriamo che (ii) implica (iii). Se B è chiuso, R \ B è aperto, dunque f 1 (R \ B) è aperto in A e f 1 (B) è chiuso in A. Dimostriamo che (iii) implica (i), procedendo per assurdo. Sia x 0 A t.c. f non è continua in x 0. Per il Lemma 7.3 possiamo trovare una successione (a k ) in A e ε > 0 t.c. a k x 0, ma f(a k ) > f(x 0 ) + ε per ogni k N (o altri casi analoghi). L insieme B = f 1 ([f(x 0 ) + ε, + [) è chiuso, quindi per il Lemma 5.7 si ha x 0 B, una contraddizione. In particolare, se f : R n R è continua, gli insiemi f c, f c sono aperti e gli insiemi f c, f c, f 1 (c) sono chiusi per ogni c R. Osservazione 7.5. Le immagini di insiemi aperti (chiusi) mediante funzioni continue non sono aperte (chiuse). Per esempio, se f(x, y) = x 2 e A = {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 < 1}, si vede che A è aperto mentre f(a) = [0, 1[ non lo è. Le funzioni elementari (polinomi, funzioni razionali, esponenziali, logaritmi, funzioni trigonometriche e iperboliche e le loro inverse) sono continue nei rispettivi insiemi di definizione. Inoltre, a partire da funzioni continue si costruiscono altre funzioni continue: Lemma 7.6. Siano f, g : A R continue in x 0 A D(A). Allora:

25 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 25 (i) x f(x) + g(x) è continua in x 0 ; (ii) x f(x)g(x) è continua in x 0 ; (iii) se g(x 0 ) 0, x f(x) g(x) è continua in x 0; (iv) se f(x 0 ) > 0, x f(x) g(x) è continua in x 0 ; (v) se f(x 0 ), g(x 0 ) > 0 e f(x 0 ) 1, x log f(x) (g(x)) è continua in x 0 ; (vi) x min{f(x), g(x)} è continua in x 0 ; (vii) x max{f(x), g(x)} è continua in x 0 ; Dimostrazione. Dal Lemma 6.11 seguono (i) - (v). Dimostriamo (vi). Per (7.1), per ogni ε > 0 esistono δ 1, δ 2 > 0 t.c. f(x) f(x 0 ) < ε per ogni x B δ1 (x 0 ) e g(x) g(x 0 ) < ε per ogni x B δ2 (x 0 ). Posto δ = min{δ 1, δ 2 }, abbiamo per ogni x B δ (x 0 ) min{f(x 0 ), g(x 0 )} ε < min{f(x), g(x)} < min{f(x 0 ), g(x 0 )} + ε. La dimostrazione di (vii) è analoga. Da (vi), (vii), in particolare, segue che se f è continua anche f, f +, f sono continue. Lemma 7.7. Siano A R n, f : A R, g : R R t.c. (i) f è continua in x 0 A D(A) (ii) g è continua in y 0 = f(x 0 ). Allora g f : A R è continua in x 0. Dimostrazione. Segue dal Lemma Esempio 7.8. La funzione e x y f(x, y) = ln(x 2 + y 2 ) è continua nel suo insieme di definizione (quale?). Il seguente risultato esprime una proprietà fondamentale delle funzioni continue: Teorema 7.9. (Weierstraß) Siano A R n compatto, f : A R continua. x, x A t.c. f(x) = max f, f(x) = min f. A A Allora esistono Dimostrazione. Dimostriamo l esistenza di x (quella di x si prova in modo analogo). Cominciamo dimostrando che f è superiormente itata, per assurdo. Se sup f = +, A esiste una successione (a k ) in A t.c. f(a k ) +. Per il Teorema 5.4, passando a una sottosuccessione si ha a k x 0 per qualche x 0 A, da cui per il Lemma 6.6 f(a k ) f(x 0 ), assurdo. Poniamo dunque sup f = l (l R). A Allora esiste una successione (b k ) in A t.c. f(b k ) l. Per il Teorema 5.4, passando a una sotto-successione si ha a k x A, da cui per il Lemma 7.3 f(x) = l. Corollario Siano A R chiuso e ilitato, f : A R continua:

26 26 A. IANNIZZOTTO (i) se (ii) se f(x) = +, esiste x A t.c. f(x) = min f; x A f(x) =, esiste x A t.c. f(x) = max f; A x Dimostrazione. Dimostriamo (i) (la dimostrazione di (ii) è analoga). Fissato c > inf A f, esiste R > 0 t.c. f(x) > c per ogni x R n \ B R (0). Dunque l insieme A = f c è itato. Inoltre A è chiuso, dunque esso è compatto. Per il Teorema 7.9 esiste x A t.c. il che conclude la dimostrazione. f(x) = inf A f = inf A f, Esempio Sia f(x, y) = e x + y definita in Per il Corollario 7.10 (i), f ammette minimo. A = {(x, y) R 2 : y x 2 }. Nel seguente risultato si usano invece domini connessi: Teorema (Valori intermedi) Siano A R n connesso, f : A R continua, x 1, x 2 A, c R t.c. Allora esiste x A t.c. f( x) = c. f(x 1 ) < c < f(x 2 ). Dimostrazione. Procediamo per assurdo, supponendo che f(x) c per ogni x A. Poniamo B 1 = {x A : f(x) < c}, B 2 = {x A : f(x) > c}. Per il Lemma 7.4 gli insiemi B 1, B 2 sono aperti in A. Inoltre, per ipotesi x i B i (i = 1, 2) e A = B 1 B 2, contro l ipotesi che A sia connesso. Corollario (Esistenza degli zeri) Siano A R n connesso, f : A R continua t.c. Allora esiste x A t.c. f( x) = 0. inf f < 0 < sup f. A A Dimostrazione. Si applica il Teorema 7.12 con c = 0. I risultati precedenti hanno conseguenze importanti sullo studio del segno di una funzione: Esempio Consideriamo la funzione f : R 2 R definita da f(x, y) = x 2 y 2 1. I suoi zeri (ovvero i punti t.c. f(x, y) = 0) formano un iperbole equilatera E (fig. 14), che divide R 2 in due regioni E +, E ((0, 0) E ). Basta sapere che f non si annulla in E + e in E per concludere, mediante il Corollario 7.13, che f 0 = E, f 0 = E +.

27 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 27 Figura 14. Osservazione La proprietà dei valori intermedi si può dedurre dalla corrispondente proprietà per le funzioni di una variabile reale (ved. [3]) nel caso in cui A sia connesso per archi (ved. Sezione 3). Infatti, dati x, y A, c R t.c. f(x) < c < f(y), esiste una curva γ di parametrizzazione continua r : [0, 1] A t.c. r(0) = x, r(1) = y. Posto g(t) = f(r(t)) per ogni t [0, 1], si ha che g C 0 ([0, 1]) e g(0) < c < g(1). Allora esiste t ]0, 1[ t.c. g( t) = c. Posto x = r( t), la dimostrazione è conclusa. Questo argomento vale, in particolare, se A è aperto e connesso. Una forma più forte di continuità: Definizione La funzione f : A R è detta uniformemente continua se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 t.c. f(x) f(y) < ε per ogni x, y A, x y < δ. Ovviamente, una funzione uniformemente continua è anche continua. L implicazione inversa è falsa: Esempio Siano A = R n \ {0} e f(x) = ln( x ) per ogni x A. La funzione f è continua, ma non uniformemente continua: infatti, fissato ε = ln( 3 2 ) > 0, per ogni δ > 0 basta scegliere x B δ/2 (0) e y B δ/3 (0) per avere ( 3 ln( x ) ln( y ) = ln. 2) L implicazione si inverte sotto opportune ipotesi sul dominio: Teorema (Cantor-Heine) Siano A R n compatto, f : A R continua. uniformemente continua. Allora f è Dimostrazione. Procediamo per assurdo: sia ε > 0 t.c. per ogni k N 0 esistono a k, b k A t.c. a k b k < 1 k e f(a k) f(b k ) ε. Per il Teorema 5.4, passando a una sotto-successione si ha a k x 0 (x 0 A), da cui f(a k ) f(x 0 ). Ne segue anche b k x 0 e f(b k ) f(x 0 ). Dunque, per il Teorema 6.9 si ha f(x 0 ) f(x 0 ) ε, assurdo. Introduciamo adesso alcune speciali classi di funzioni continue: Definizione La funzione f : A R è detta

28 28 A. IANNIZZOTTO (i) lipschitziana se esiste L > 0 t.c. f(x) f(y) L x y per ogni x, y A; (ii) α-hölderiana (α ]0, 1[) se esiste L > 0 t.c. f(x) f(y) L x y α per ogni x, y A. Le funzioni lipschitziane sono uniformemente continue anche su domini non compatti: Lemma Siano A R n, f : A R lipschitziana. Allora f è uniformemente continua. Dimostrazione. Fissato ε > 0, poniamo δ = ε L. Per ogni x, y A, x y < δ si ha dunque f è uniformemente continua. f(x) f(y) < ε, Richiamiamo la Definizione 4.6 osservando una singolare proprietà: Lemma Siano A R n aperto e convesso, f : A R convessa. Allora f è continua. Dimostrazione. Richiamiamo la classica diseguaglianza di Jensen: sia Q R n un iper-cubo di vertici z 1,... z 2 n R n, allora per ogni x Q esistono τ 1,... τ 2 n [0, 1] t.c. e x = 2 n i=1 (7.2) f(x) τ i z i, 2 n i=1 2 n i=1 τ i = 1, τ i f(z i ). Sia x 0 A, e sia r > 0 t.c. B r (x 0 ) A. Scegliendo r abbastanza piccolo, possiamo costruire un iper-cubo Q t.c. B r (x 0 ) Q A. Per (7.2) esiste M > 0 t.c. f(x) M per ogni x B r (x 0 ). Fissato x B r (x 0 ) \ {x 0 }, sia r y = x 0 + x x 0 (x x 0). Per convessità di f si ha da cui f(x) x x ( 0 f(y) + r 1 x x 0 r ) f(x 0 ), f(x) f(x 0 ) M f(x 0) x x 0. r Similmente si prova la diseguaglianza opposta, quindi f è lipschitziana in B r (x 0 ). Per il Lemma 7.20, f risulta continua in x 0. Ovviamente vale l analogo del Lemma 7.21 per le funzioni concave. Esempio Sia f : R 2 R definita da f(x, y) = x 2 + y 2, allora f è convessa, in particolare continua. Il suo grafico è un cono in R 3 con vertice (0, 0, 0) (fig. 15). Un punto x 0 A D(A) in cui f non è continua è detto punto di discontinuità. Distinguiamo tre classi di tali punti: 0. x 0 è una discontinuità einabile se esiste f(x) = l (l R) ma f(x 0 ) l; 1. x 0 è un punto d infinito se f(x) = + (o );

29 FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI REALI 29 Figura x 0 è un punto singolare se non esiste f(x). Esempio La funzione f : R 2 R definita da sin(x 2 + y 2 ) f(x, y) = x 2 + y 2 se (x, y) (0, 0) 0 se (x, y) = (0, 0) ha in (0, 0) una discontinuità einabile. Esempio La funzione f : R 2 R definita da 1 f(x, y) = x 2 + y 2 se (x, y) (0, 0) 0 se (x, y) = (0, 0) ha in (0, 0) un punto d infinito. Esempio La funzione f : R 2 R definita da 1 se xy 0 f(x, y) = xy 0 se xy = 0 ha in (0, 0) un punto singolare. Esercizio La funzione f(x, y) = e x+y x 2 +y 2 è definita in R 2 \ {(0, 0)}. Determinare, se esiste, un estensione continua di f a R 2. Esercizio Stabilire se la funzione f(x, y) = e x2 y 2 ammette massimo o minimo in R 2. Esercizio Stabilire se le seguenti funzioni ammettono massimo o minimo nei rispettivi insiemi di definizione: ln(x y), sin(x 2 ) + cos(y 2 ), arcsin(x + y), x 2 + y 2 4xy.

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