EQUAZIONI ALLE DERIVATE PARZIALI LINEARI/1: PROBLEMI STAZIONARI

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1 EQUAZIONI ALLE DERIVATE PARZIALI LINEARI/1: PROBLEMI STAZIONARI ANTONIO IANNIZZOTTO Sommario. Equazioni alle derivate parziali del secondo ordine lineari ellittiche: condizioni di Dirichlet, Neumann, definizioni di soluzione classica, debole. Problema di Dirichlet omogeneo per un equazione ellittica: esistenza e unicità della soluzione debole, regolarità, ritorno alla soluzione classica. Principio del massimo. Esistenza mediante il Teorema di alternativa di Fredholm. Problema agli autovalori: spettro del laplaciano, caratterizzazione degli autovalori, decomposizione spettrale. Altri casi: equazione di Poisson, problema di Dirichlet omogeneo, problema di Neumann, problema di Robin, operatori ellittici, p-laplaciano. Indice 1. Soluzioni classiche e deboli 1. Problema di Dirichlet: esistenza e unicità 3 3. Problema di Dirichlet: regolarità 4 4. Altre EDP ellittiche Il principio del massimo Lo spettro del laplaciano 19 Riferimenti bibliografici 3 Versione del 19 aprile Soluzioni classiche e deboli Di ciò che sempre non è ora vedremo i portenti, di ciò che sempre è ora vedremo i confini. Lao Tse Un equazione alle derivate parziali (EDP) del secondo ordine lineare è un problema del tipo (1.1) u a ij (x) + x j i,j=1 h=1 b h (x) u x h + c(x)u = f(x) in, dove R N (N > 1) è un dominio (cioè un insieme aperto connesso) e a ij, b h, c, f : R sono funzioni (di solito continue). Le equazioni del secondo ordine sono sufficienti a descrivere la maggior parte dei fenomeni fisici, biologici e sociali in quanto incorporano informazioni sullo stato del sistema (descritto dalla funzione u), sulla sua velocità (descritta dal gradiente u) e sulla sua accelerazione (descritta dalla matrice hessiana D u). Una soluzione classica di (1.1) è una funzione u C () t.c. per ogni x si ha u a ij (x) (x) + x j i,j=1 h=1 1 b h (x) u x h (x) + c(x)u(x) = f(x).

2 A. IANNIZZOTTO Le EDP lineari si classificano secondo il carattere della loro parte principale, ovvero dei coefficienti dei termini del secondo ordine, riuniti nella matrice A = [a ij ] N i,j=1. Per il Teorema di Schwarz, possiamo supporre che A sia simmetrica (a ij = a ji per ogni i, j = 1,... N). Inoltre, a meno di un cambio di segno, possiamo sempre supporre che A abbia almeno un autovalore positivo: (a) se tutti gli autovalori di A sono positivi, (1.1) è detta ellittica; (b) se un autovalore di A è 0 e gli altri sono positivi, (1.1) è detta parabolica; (c) se un autovalore di A è negativo e gli altri sono positivi, (1.1) è detta iperbolica. Ovviamente, questa classificazione non è esaustiva, tuttavia essa abbraccia le EDP lineari più importanti (ved. []). Inoltre, essa si estende al caso semilineare, ovvero quello in cui i termini dipendenti da (x, u, u) non sono lineari. Dal punto di vista fisico, si osserva che le equazioni ellittiche descrivono fenomeni stazionari ovvero stati di equilibrio di un sistema, mentre le equazioni paraboliche e iperboliche (in cui la variabile corrispondente all autovalore nullo o negativo viene interpretata come variabile temporale) descrivono fenomeni evolutivi. Qui ci limitiamo allo studio del caso (a), rimandando a [6] per i casi (b), (c). Per approfondimenti sulle EDP ellittiche rimandiamo a [3]. Per evitare complicazioni tecniche, svolgeremo la teoria nel caso più semplice (rinviando alle Sezioni 4-5 e a [1, Chapter 9] per problemi più generali). Poniamo a ij = δ ij, b h = 0, c = 1, così che (1.1) si riduce alla seguente EDP: dove u + u = f(x) in, u = i=1 è l operatore laplaciano (per f = 0 l EDP è detta omogenea). Ad essa abbineremo una condizione al contorno detta condizione di Dirichlet omogenea, richiedendo che u si annulli sulla frontiera Γ =. Consideriamo quindi il problema { u + u = f(x) in (1.) u = 0 su Γ. u x i Definizione 1.1. Una soluzione classica di (1.) è una funzione u C () t.c. (i) u(x) + u(x) = f(x) per ogni x ; (ii) u(x) = 0 per ogni x Γ. Come si vede dalla Definizione 1.1, il problema (1.) può ammettere una soluzione classica solo in particolari casi (per esempio, si deve avere f C()), inoltre il calcolo esplicito di tale soluzione è in generale complesso e dipende fortemente dalla forma dell equazione (ved. []). Il metodo che esporremo si propone invece uno studio qualitativo articolato in 3 passi: (i) definire una nozione alternativa, debole, di soluzione per (1.) (usando gli spazi di Sobolev introdotti in [5]); (ii) dimostrare, con metodi di analisi funzionale, l esistenza e l unicità di tale soluzione debole (usando la teoria svolta in [4]); (iii) studiare la regolarità della soluzione debole, riconducendola infine a una soluzione classica. Questo metodo, che esporremo per il problema (1.), si estende facilmente a problemi molto più generali.

3 EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 3 Definizione 1.. Una soluzione debole di (1.) è una funzione u H0 1() t.c. per ogni ϕ H1 0 () ( u ϕ + uϕ) dx = fϕ dx. Nella Definizione 1. non compaiono le derivate seconde di u (nemmeno in senso debole). Inoltre, se f L (), allora il funzionale lineare ϕ ( u ϕ + uϕ) dx fϕ dx è ben definito e continuo in H0 1 (), dunque per densità si può riformulare la Definizione 1. prendendo le funzioni test in Cc () o in Cc 1 () (ved. [5]). Proposizione 1.3. Siano di classe C 1, f C(), u C () H 1 () una soluzione classica di (1.). Allora u è una soluzione debole di (1.). Dimostrazione. Dalla Definizione 1.1 (ii) segue u H0 1() (ved. [5]). Sia ora ϕ C c formula di Gauß-Green e la Definizione 1.1 (i) si ha u ( u ϕ + uϕ) dx = ( u + u)ϕ dx + Γ ν ϕ dγ = fϕ dx, dunque u è una soluzione debole di (1.). (), per la Osservazione 1.4. Poiché può essere illimitato, abbiamo dovuto richiedere u H 1 (). Questa ipotesi è superflua nel caso di domini limitati.. Problema di Dirichlet: esistenza e unicità In questa sezione dimostriamo che, per ogni f L (), il problema (1.) ammette un unica soluzione debole, caratterizzata come punto di minimo globale del corrispondente funzionale dell energia: Teorema.1. Sia f L (). Allora esiste un unica soluzione debole u H0 1 () di (1.). Inoltre, posto J(u) = 1 ( u + u ) dx fu dx, si ha J(u) = min J(v). v H0 1() Dimostrazione. Lo spazio di Sobolev H0 1 () con la norma ( u = ( u + u ) dx è uno spazio di Hilbert separabile (ved. [5]). Su di esso definiamo una forma bilineare continua, coerciva, simmetrica ponendo per ogni u, v H0 1 () a(u, v) = ( u v + uv) dx ) 1

4 4 A. IANNIZZOTTO (il prodotto scalare). Inoltre, definiamo h H 1 () ponendo per ogni u H0 1 () h(u) = fu dx. Per il Teorema di Lax-Milgram (ved. [4]), esiste un unica u H 1 0 () t.c. per ogni ϕ H1 0 () a(u, ϕ) = h(ϕ), quindi u è soluzione debole di (1.) (Definizione 1.). Inoltre, u è l unico punto di minimo globale del funzionale J : H0 1 () R definito da a(v, v) J(v) = h(v), come provato in [4]. Osservazione.. Se è illimitato, occorre osservare che l unicità della soluzione debole u H0 1 () non implica l unicità della soluzione classica: infatti, il problema (1.) potrebbe ammettere una soluzione classica ũ C () che non appartiene a H0 1(). Nella richiesta che u H1 0 () è implicita una condizione di Dirichlet asintotica del tipo lim u(x) = 0. x 3. Problema di Dirichlet: regolarità In questa sezione assumiamo l esistenza di una soluzione debole u H0 1 () di (1.) (garantita dal Teorema.1) e proviamo che, sotto ipotesi più restrittive su e su f, essa guadagna una maggiore regolarità, fino a qualificarsi come soluzione classica. In generale, per ogni m N vale la seguente implicazione: f H m (), C m+ = u H m+ () 1. La presente teoria della regolarità è basata sul metodo delle traslazioni di Nirenberg. Per ogni u : R N R, h R N \ {0}, x R N poniamo T h u(x) = u(x + h), D h u(x) = T hu(x) u(x). h Per ogni u, v L (R N ), h R N \ {0} si ha (3.1) ud h v dx = D h uv dx. R N R N Infatti, usando il cambiamento di variabili y = x h si ha v(x + h) v(x) u(x) dx = 1 ( ) u(y h)v(y) dx u(x)v(x) dx R N h h R N R N u(x h) u(x) = v(x) dx. h R N Inoltre, per ogni u H 1 (R N ), h R N \ {0} si ha T h u, D h u H 1 (R N ). Mediante le traslazioni, possiamo caratterizzare H 1 (R N ) come sottospazio di L (R N ): Lemma 3.1. Sia u L (R N ). Allora le seguenti condizioni sono equivalenti: (i) u H 1 (R N ); 1 Usiamo la convenzione H 0 () = L (). Inoltre, in questa sezione indicheremo la norma di uno spazio X con X.

5 EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 5 (ii) esiste C > 0 t.c. per ogni h R N \ {0} si ha D h u L (R N ) e D h u L (R N ) C. Dimostrazione. Proviamo che (i) implica (ii). Supponiamo dapprima che u Cc (R N ). Fissati x R N, h R N \ {0}, poniamo per ogni t R g(t) = u(x + th), così che g C 1 (R) con g (t) = u(x + th) h. Si ha 1 u(x + h) u(x) = g (t) dt h da cui D h u(x) dx R N = R N u(x + th) dt dx 0 u(x + th) dt, R N u(x + th) dx dt u L (R N ), da cui (ii) con C = u. Sia ora u H 1 (R N ). Per i teoremi di densità visti in [5], esiste una successione (u n ) in Cc (R N ) t.c. u n u in H 1 (R N ). Per ogni n N, h R N \ {0} si ha D h u n dx u n L (R N ). R N Passando al limite per n e ponendo C = u, si ha (ii). Proviamo che (ii) implica (i). Fissiamo ϕ Cc (R N ), i {1,... N} e poniamo h = te i. Da (ii), (3.1) e dalla Diseguaglianza di Cauchy-Schwarz segue ud h ϕ dx = D h uϕ dx R N R N D h u L (R N ) ϕ L (R N ) C ϕ L (R N ). Passando al limite per t 0, si ha u ϕ dx C ϕ R N x L (R N ). i Per la caratterizzazione di H 1 (R N ) vista in [5], si ha (i). Diamo ora inizio alla teoria della regolarità per il problema (1.), cominciando dal caso = R N (ricordiamo che H 1 (R N ) = H 1 0 (RN ), ved. [5]): Teorema 3.. Siano m N, f H m (R N ), u H 1 (R N ) soluzione debole di u + u = f in R N. Allora u H m+ (R N ), inoltre esiste C > 0 (indipendente da f) t.c. u H m+ (R N ) C f H m (R N ). Dimostrazione. Si ha per ogni ϕ H 1 (R N ) (3.) ( u ϕ + uϕ) dx = R N fϕ dx. R N Procediamo per induzione su m N:

6 6 A. IANNIZZOTTO (a) Per m = 0, supponiamo f L (R N ) e dimostriamo che u H (R N ). Fissato h R N \{0}, scegliamo ϕ = D h (D h u) H 1 (R N ) in (3.). Per (3.1) si ha ( fd h (D h u) dx = u D h (D h u) + ud h (D h u) ) dx R N R N = ( D h u + D h u ) dx, R N Per il Lemma 3.1 (si veda anche la dimostrazione) si ha ovvero D h u H 1 (R N ) f L (R N ) D h (D h u) L (R N ) f L (R N ) D h u L (R N ) f L (R N ) D h u H 1 (R N ), (3.3) D h u H 1 (R N ) f L (R N ). In particolare, per ogni i {1,... N} si ha ( u ) L D h x f i (R N L ) (R N ), da cui per il Lemma 3.1 segue u H 1 (R N ). Dunque u H (R N ) con u H m (R N ) = ( u N L (R N ) + u x + N u i L (R N ) x j x k C f L (R N ), i=1 j,k=1 L (R N ) con C > 0 dipendente solo da N. (b) Per m > 0, supponiamo la tesi vera per m 1 e dimostriamola per m. Sia dunque f H m (R N ). Fissati i {1,... N}, ϕ Cc (R N ), possiamo scegliere ϕ Cc (R N ) come funzione test in (3.) e applicare la definizione di H 1 (R N ) (ved. [5]): ( u ϕ + u ) ( ϕ dx = u ϕ + u ϕ ) dx R N R N x i = f ϕ dx R N x i f = ϕ dx. R N Poiché f H m 1 (R N ), dall ipotesi induttiva segue u H m+1 (R N ). Dunque u H m+ (R N ). Applicando ancora l ipotesi induttiva e ragionando come nel caso (a), si ha Per induzione, la tesi è provata per ogni m N. Consideriamo ora il dominio illimitato con frontiera Riportiamo il seguente lemma tecnico: u H m+ (R N ) C f H m (R N ). = { (x, x N ) R N : x N > 0 }, Γ = { (x, 0) : x R N 1}. ) 1

7 EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 7 Lemma 3.3. Siano u H 1 0 (RN + ), h = (h 1,... h N 1, 0) R N \ {0}. Allora D h u L ( ) u L ( ). Dimostrazione. Poiché h è parallelo a Γ, ragionando come nel Lemma 3.1 si ha D h u L ( ) con la diseguaglianza desiderata. Studiamo ora la regolarità delle soluzioni deboli di (1.) con = : Teorema 3.4. Siano m N, f H m ( ), u H0 1(RN + ) soluzione debole di { u + u = f in u = 0 su Γ. Allora u H m+ ( ), inoltre esiste C > 0 (indipendente da f) t.c. u H m+ ( ) C f H m ( ). Dimostrazione. Per ogni ϕ H0 1(RN + ) si ha (3.4) ( u ϕ + uϕ) dx = fϕ dx. Denotiamo {e 1,... e N } la base canonica di R N, e procediamo per induzione su m N: (a) Per m = 0, supponiamo f L ( ) e dimostriamo che u H ( ). Fissiamo h = (h 1,... h N 1, 0) R N \ {0} e scegliamo ϕ = D h (D h u) H0 1(RN + ) (ved. Lemma 3.3) in (3.4). Per (3.1) abbiamo D h u H 1 ( ) = ( (D h u) + D h u ) dx da cui = = ( u (D h (D h u)) + ud h (D h u) ) dx fd h (D h u) dx f L ( ) D h(d h u) L ( ) f L ( ) D hu H 1 ( ), (3.5) D h u H 1 ( ) f L ( ). Rimangono da stimare le derivate seconde di u. Fissiamo i {1,... N 1}, j {1,... N}. Posto h = te i (t > 0), per (3.5) si ha per ogni ϕ Cc ( ) ( ϕ ) ( u ) ud h dx = D h ϕ dx x j x j D h u H 1 ( ) ϕ L ( ) f L ( ) ϕ L ( ).

8 8 A. IANNIZZOTTO Passando al limite per t 0 +, si ha u ϕ dx f x L (R N ) ϕ j + L (R N ), + (3.6) dunque esiste la derivata debole u x j L ( ) con u L x f j ( ) L (R N ). + Inoltre, da (3.4), (3.6) e da u H 1 ( ) f segue per ogni ϕ C c ( ) u ϕ x N dx = (f u)ϕ dx + N 1 i=1 u ϕ x i ( f L ( ) + u L ( )) ϕ + C f L ( ) ϕ L ( ). N 1 i=1 dx u x i ϕ dx Pertanto (3.6) vale anche per i = j = N. Concludiamo che u H ( ) con u H ( ) C f L ( ), con C > 0 indipendente da f. (b) Per m > 0, supponiamo la tesi vera fino all ordine m 1. Assumiamo quindi f H m ( ), allora dall ipotesi induttiva segue u H m+1 ( ) con u H m+1 ( ) C f H m 1 ( ). Fissiamo i {1,... N 1}. Poiché m + 1, si ha u t > 0, dal Lemma 3.3 segue D tei u H0 1(RN + ) e D tei u H 1 ( ) C u H 1 ( ). H 1 ( ). Inoltre, per ogni Dunque la famiglia (D tei u) t>0 è limitata in H0 1(RN + ). Poiché H0 1(RN ) è riflessivo e H0 1(RN + ) L ( ) (ved. [5]), esiste g H0 1(RN + ) t.c. D tei u g in H0 1(RN + ) e in L ( ), per t 0 +. Per ogni ϕ Cc ( ), t > 0 si ha da (3.1) (D tei u)ϕ dx = da cui passando al limite per t 0 + ud tei ϕ dx, gϕ dx = u ϕ dx. R N x + i

9 EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 9 Dunque u = g H0 1(RN + ). Per ogni ϕ Cc ( ), scegliendo ϕ Cc ( ) come funzione test in (3.4), si ha ( ( u ) ϕ + u ) ( ( ϕ ) ϕ dx = u + u ϕ ) dx = = f ϕ dx f ϕ dx. u Così, H0 1(RN + ) risolve un problema del tipo (3.4) con termine noto f H m 1 ( ). Per l ipotesi induttiva si ha u H m+1 ( ) con u H x C f H i m+1 ( ) m 1 (R N ). + In particolare, per ogni i {1,... N 1}, j {1,... N} si ha u H x C f j m ( ) H m (R N ). + Rimane da esaminare la derivata u. Da (3.4) segue per ogni ϕ C x c ( ) N u x ϕ dx + uϕ dx = fϕ dx, i i=1 ovvero si ha N 1 u u x = N x + u f H m ( ), i=1 i e per i passaggi precedenti u C f L ( ) H m (R N ). + x N Concludiamo che u H m+ ( ) con con C > 0 indipendente da f. Per induzione, la tesi è provata per ogni m N. u H m+ ( ) C f H m ( ), Consideriamo ora un dominio regolare, con frontiera limitata: Teorema 3.5. Siano m N, R N un dominio di classe C m+ t.c. Γ = è limitata, f H m ( ), u H0 1() soluzione debole di (1.). Allora u Hm+ (), inoltre esiste C > 0 (indipendente da f) t.c. u H m+ () C f H m (). Dimostrazione. Per semplicità ci limiteremo al caso in cui è limitato e m = 0, ovvero f L (), Γ di classe C. Dalla Definizione 1. segue u H 1 () C f L ().

10 10 A. IANNIZZOTTO Introduciamo un ricoprimento di ragionando come in [5]. Esistono p N, U 0,... U p R N aperti limitati t.c. p p U 0, Γ U k, U k. k=1 Per la regolarità di Γ, prendendo se necessario gli insiemi U k più piccoli, per ogni k {1,... p} possiamo trovare un diffeomorfismo H k C (Q, U k ) t.c. H 1 k C (U k, Q), H k ( ) = U k, H k (Q 0 ) = U k Γ. Per il Lemma di partizione dell unità [1, Lemma 9.3] esistono θ 0,... θ p C (R N ) t.c. per ogni k {0,... p} si ha supp(θ k ) U k, 0 θ k (x) 1 per ogni x R N, e per ogni x p θ k (x) = 1. k=0 Proviamo ora che θ 0 u H () (stime interne) e θ k u H (), k = 1,... p (stime alla frontiera): (a) Poiché supp(θ 0 u) U 0, possiamo definire v H 1 (R N ) ponendo per ogni x R N { θ 0 (x)u(x) se x v(x) = 0 se x c (ved. [5]). Inoltre, definiamo g L (R N ) ponendo per ogni x R N { θ 0 (x)f(x) θ 0 (x) u(x) θ 0 (x) se x g(x) = 0 se x c. Allora v è soluzione debole di v + v = g in R N. Per il Teorema 3. si ha v H (R N ) ed esiste C > 0 indipendente da g (e quindi da f) t.c. v H (R N ) C g L (R N ). Pertanto, θ 0 u H () con θ 0 u H () v H (R N ) k=0 C g L (R N ) C ( ) f L () + u H 1 () C f L () (per una diversa costante C > 0, sempre indipendente da f). (b) Fissiamo k {1,... p} e poniamo v = θ k u H 1 0 ( U k). Definiamo g L ( U k ) ponendo così che g(x) = θ k (x)f(x) θ k (x)u(x) θ k (x) u(x) θ k (x)u(x), g L ( U k ) C f L (), con C > 0 indipendente da f. Per le regole di calcolo delle derivate deboli (ved. [5]), v è soluzione debole di { v = g(x) in U k v = 0 su ( U k ),

11 EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 11 (3.7) ovvero per ogni ϕ H0 1( U k) si ha v ϕ dx = gϕ dx. U k U k Ora usiamo un cambio di variabili per spostare (3.7) sul dominio (questa tecnica è nota come rettificazione della frontiera). Per ogni y poniamo x = H k (y), w(y) = v(h k (y)), inoltre poniamo g = (g H k ) det(j Hk ) L ( ), a j,l = i=1 H 1 k,j H 1 k,l det(j Hk ) C 1 (Q x + ) (j, l {1,... N}). i I coefficienti (a j,l ) N j l=1 soddisfano la seguente condizione di uniforme ellitticità: esiste α > 0 t.c. per ogni y, ξ R N (3.8) (3.9) a j,l (y)ξ j ξ l α ξ. j,l=1 Infatti, poiché det(j Hk ), det(j H 1) > 0 nei rispettivi domini, si ha k a j,l (y)ξ j ξ l = det(j Hk (y)) j,l=1 j=1 l=1 H 1 k,l (y)ξ l α ξ, con α > 0 dipendente solo da H k. Si ha per ogni ψ H 1 0 () j,l=1 a j,l w y j ψ y l dy = gψ dy. Infatti, posto ϕ = ψ H 1 k H0 1( U k), per le regole di calcolo delle derivate deboli si ha v ϕ v ϕ dx = dx U k D altra parte si ha = = = U k i=1 U k i=1 j,l=1 j,l=1 ( N w H 1 )( k,j N ψ H 1 ) k,l dx y j y l j=1 ( N i=1 H 1 k,j a j,l w y j ψ y l dy. gϕ dx = gψ dy. U k l=1 H 1 ) k,l w ψ det(j Hk ) dy y k y l H 1 k,j denota la j-ma componente del vettore H 1 k.

12 1 A. IANNIZZOTTO Dunque, da (3.7) segue (3.9). Proviamo che w H ( ), con una stima della norma. Ponendo ψ = w in (3.9) e applicando (3.8), si ha w L ( ) C j,l=1 a j,l w y j w y l dy = C gw dy C g L ( ) w L ( ) C f L () w L ( ) (nell ultimo passaggio abbiamo usato la Diseguaglianza di Poincaré, ved. [5]). Dunque (sempre per la Diseguaglianza di Poincaré) si ha w H 1 ( ) C f L (). Per stimare le derivate seconde usiamo una variante del metodo delle traslazioni. Poiché supp(w), per ogni vettore h R N parallelo a Q 0, di norma abbastanza piccola, si ha supp(w) ± h. Poniamo ψ = D h (D h w) H 1 0 () in (3.9): j,l=1 D h ( a j,l w y j ) Dh w y l w ψ dy = a j,l dy y j y l j,l=1 = gψ dy g L ( ) (D h w) L ( ) (nell ultimo passaggio abbiamo usato il Lemma 3.3). D altra parte, per (3.8) si ha q.o. in da cui j,l=1 D h ( a j,l w y j ) Dh w y l = j,l=1 [ D h w D h w w D h w ] T h a j,l + D h a j,l y j y l y j j l α D h w C w D h w, α D h w L ( ) g L ( ) D h w L ( ) + C w H 1 ( ) D h w L ( ). Le diseguaglianze fin qui ottenute implicano per ogni vettore h R N parallelo a Q 0, di norma abbastanza piccola, D h w L ( ) C f L (R N ). Ragionando come nel Teorema 3.4 (per h 0), si ha per ogni j {1,... N 1}, l {1,... N} w L y j y C f l L ( ) ().

13 EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 13 Rimane da esaminare la derivata w. Da (3.8) segue che a N,N α q.o. in, dunque per ogni ψ C c a N,N w y N ( ) si ha ( ψ ) y N a N,N ψ a N,N y N N 1 dy = C 1 c ( ). Per (3.9) si ha j=1 l=1 a j,l w y j ( ψ ) y l a N,N dy + g ψ dy. a N,N D altra parte, abbiamo q.o. in w ( ψ ) a N,N = w ( ψ y N y N a N,N y N y N Pertanto, w ψ w ( ψ ) dy = a N,N dy + y N y N y N y N a N,N N 1 w ( ψ ) a j,l dy + y j y l a N,N N 1 j=1 j=1 l=1 l=1 a j,l ψ a ) N,N. a N,N y N ψ a N,N a N,N y N w dy y N ( g + a N,N y N w ) ψ dy y N a N,N w ψ ( dy + g + a N,N w ) ψ dy y j y l a N,N y N y N a N,N Dunque abbiamo C ( w L ( ) + g L ( )) ψ L ( ) C f L () ψ L ( ). w C f L L ( ) (), y N che insieme alle stime precedenti implica w H ( ) con w H ( ) C f L (). Per le proprietà di H k, abbiamo infine θ k u H ( U k ) con Da (a), (b) deduciamo u H () con θ k u H ( U k ) C f L (). u H () C f L (). Per dimostrare i casi m > 0 si procede per induzione su m come nel Teorema 3.4, usando ad ogni passo un opportuno cambiamento di variabili per rettificare la frontiera (omettiamo questa parte perché eccessivamente tecnica). Osservazione 3.6. Nei risultati precedenti, per m = 0, si deduce la regolarità L di tutte le derivate seconde di u, usando l equazione (1.) che coinvolge solo le derivate seconde pure. Se i dati del problema (1.) sono abbastanza regolari, si può invertire la Proposizione 1.3, completando così il programma della Sezione 1: Corollario 3.7. Siano m > N, RN soddisfacente una delle seguenti condizioni: (i) = R N ; (ii) = ; (iii) è un dominio di classe C m+ t.c. Γ = è limitata,

14 14 A. IANNIZZOTTO f H m ( ), u H 1 0 () soluzione debole di (1.). Allora u C () è soluzione classica di (1.). Dimostrazione. Consideriamo solo il caso (iii) (gli altri sono simili). Per i teoremi di immersione di Sobolev (ved. [5] e [1, Corollaries 9.13, 9.15]) si ha f C(). Analogamente, per il Teorema 3.5, si ha u H m+ () da cui u C k (), con [ k = m + N ], in particolare u C (). Dunque, per ogni ϕ Cc (), dalla formulazione debole di (1.) e dalla formula di Gauß-Green segue ( u + u)ϕ dx = fϕ dx. Poiché ϕ è arbitraria, per ogni x si ha u(x) + u(x) = f(x). Inoltre, u H0 1 () C(), da cui segue per ogni x Γ (ved. [5]). Pertanto, u verifica la Definizione 1.1. Esercizio 3.8. Dimostrare il Lemma 3.3. u(x) = 0 Esercizio 3.9. Dimostrare il Corollario 3.7 nei casi (i), (ii). 4. Altre EDP ellittiche In questa sezione prendiamo in esame problemi ai valori al contorno diversi da (1.), svolgendo per essi la teoria dell esistenza e unicità della soluzione debole. La teoria della regolarità è simile a quella esposta nella Sezione 3, pertanto la omettiamo. Per semplicità supporremo sempre R N un dominio limitato con frontiera Γ = di classe C 1. Inoltre, non indicheremo la definizione di soluzione classica per i problemi seguenti, che è analoga alla Definizione 1.1. Consideriamo l equazione di Poisson con condizione di Dirichlet omogenea: { u = f in (4.1) u = 0 su Γ, con f L (). Una soluzione debole di (4.1) è una funzione u H0 1() t.c. per ogni ϕ H1 0 () u ϕ dx = fϕ dx. Questo problema si tratta analogamente a (1.): Teorema 4.1. Siano un dominio regolare limitato, f L (). Allora esiste un unica soluzione debole u H0 1 () di (4.1). Inoltre, posto J(u) = 1 u dx fu dx, si ha J(u) = min J(v). v H0 1() Dimostrazione. Sullo spazio H0 1() adottiamo la norma equivalente u = u (Diseguaglianza di Poincaré, ved. [5]), quindi procediamo come nel Teorema.1.

15 Consideriamo ora un problema di Dirichlet non omogeneo: { u + u = f in (4.) u = g su Γ, con f L (), g H 1 () C(). Poniamo EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 15 K = { u + g : u H 1 0 () }. Una soluzione debole di (4.) è una funzione u K t.c. per ogni ϕ H0 1 () ( u ϕ + uϕ) dx = fϕ dx. Si vede facilmente, usando la formula di Gauß-Green, che ogni soluzione classica di (4.) è una soluzione debole. Teorema 4.. Siano un dominio regolare limitato, f L (), g H 1 () C(). Allora esiste un unica soluzione debole u K di (4.). Inoltre, posto J(u) = 1 ( u + u ) dx fu dx, si ha J(u) = min v K J(v). Dimostrazione. L insieme K H 1 () è chiuso e convesso. Poniamo per ogni u, v H 1 () a(u, v) = ( u v + uv) dx, così che a : H 1 () H 1 () R è una forma bilineare continua, coerciva e simmetrica. D altra parte, il funzionale lineare v fv dx è continuo in H 1 (). Per il Teorema di Stampacchia (ved. [4]) esiste un unica u K t.c. J(u) = min v K J(v). Inoltre, dalla definizione di K segue per ogni ϕ H0 1 () a(u, ϕ) = fϕ dx (usando u ± ϕ K come funzione test), dunque u è soluzione debole di (4.). Osservazione 4.3. Chiaramente il problema (4.) (così come la sua soluzione) non cambia se sostituiamo la funzione g con un altra funzione g H 1 () C() t.c. g(x) = g(x) per ogni x Γ. Tuttavia, abbiamo richiesto che il dato di frontiera fosse definito anche in, perché in generale una funzione continua su Γ non ammette un estensione in H 1 (). Per studiare (4.) con g L (Γ) (non necessariamente continua) occorre applicare la teoria delle tracce (ved. [1, p. 315]). Consideriamo ora un problema di Neumann: u + u = f in (4.3) u = 0 su Γ, ν

16 16 A. IANNIZZOTTO con f L (), e ν R N versore normale esterno a Γ. Una soluzione debole di (4.3) è una funzione u H 1 () t.c. per ogni ϕ H 1 () ( u ϕ + uϕ) dx = fϕ dx. Ancora per la formula di Gauß-Green, ogni soluzione classica di (4.3) è una soluzione debole. Teorema 4.4. Siano un dominio regolare limitato, f L (). Allora esiste un unica soluzione debole u H 1 () di (4.3). Inoltre, posto J(u) = 1 ( u + u ) dx fu dx, si ha J(u) = min J(v). v H 1 () Dimostrazione. Si procede come nel Teorema.1, sullo spazio H 1 (). Consideriamo un equazione lineare ellittica generale, con condizione al contorno di Dirichlet: { div(a u) + b u + cu = f in (4.4) u = 0 su Γ, con A = (a i,j ) N i,j=1 matrice simmetrica di componenti a i,j C () (i, j = 1,... N) soddisfacenti per ogni x, ξ R N la condizione di uniforme ellitticità (4.5) a i,j (x)ξ i ξ j α ξ (α > 0), i,j=1 i,j=1 e gli altri dati: b = (b 1,... b N ) vettore di componenti b h C() (h = 1,... N), c C() e f L (). Una soluzione debole di (4.4) è una funzione u H0 1() t.c. per ogni ϕ H1 0 () [ N u ϕ u ] a i,j + b h ϕ + cuϕ dx = fϕ dx. x j x h h=1 Come al solito, ogni soluzione classica di (4.4) è una soluzione debole. La presenza del termine b u rende il problema (4.4) non-variazionale (ovvero, la forma bilineare ad esso associata in H0 1 () non è simmetrica né coerciva), pertanto non è possibile applicare ad esso il Teorema di Lax-Milgram. L esistenza di soluzioni deboli va dimostrata in questo caso con un approccio diverso: Teorema 4.5. Siano, A, b, c come sopra. Allora una sola delle seguenti condizioni è verificata: (i) per ogni f L () esiste un unica soluzione debole u H0 1 () di (4.4); (ii) esistono d N 0, Y L () sottospazio di dimensione d t.c. per f = 0 le soluzioni deboli di (4.4) formano un sottospazio di H0 1() di dimensione d, e per ogni f L () esiste una soluzione debole di (4.4) se e solo se fv dx = 0 per ogni v Y. Dimostrazione. Poniamo per ogni u, v H0 1() [ N u v u ] a(u, v) = a i,j + b h v + cuv dx. x j x h i,j=1 h=1

17 EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 17 Allora a : H0 1() H1 0 () R è una forma bilineare continua (non coerciva). Per ogni λ > 0 definiamo una nuova forma bilineare continua a λ ponendo a λ (u, v) = a(u, v) + λ uv dx. Proviamo che, per λ > 0 abbastanza grande, a λ è coerciva. Infatti, per (4.5) e le ipotesi su b, c, esistono β, γ > 0 t.c. per ogni u H 1 0 () da cui per ogni λ, ε > 0 a(u, u) α u β u u γ u, a λ (u, u) α u β u u + (λ γ) u ( ε u α u β + u ) + (λ γ) u ε ( α βε ) u + (λ β ) ε γ u (abbiamo usato la diseguaglianza di Young [1, p. 9]). Scelti ε < α β, λ > β ε + γ, si trova una costante c λ > 0 t.c. per ogni u H0 1() a λ (u, u) c λ u. Per il Teorema di Lax-Milgram (ved. [4]), per ogni f L () esiste un unica u H0 1 () t.c. per ogni ϕ H0 1() a λ (u, ϕ) = fϕ dx. Ponendo A(f) = u, definiamo un operatore lineare A K(L ()) (ricordiamo che l immersione H0 1() L () è compatta). Chiaramente, u H0 1 () è soluzione debole di (4.4) se e solo se u = A(f + λu). Ponendo v = f + λu, riformuliamo il problema (4.4) mediante l equivalente equazione funzionale in L () (4.6) v λa(v) = f. All equazione (4.6) applichiamo il Teorema di alternativa di Fredholm (ved. [4]). Poniamo dapprima Y = im(i λa) = ker(i λa ), sottospazio di L () di dimensione finita d N. Distinguiamo due casi: (a) Se d = 0, I λa è biunivoco e per ogni f L () esiste un unica soluzione v L () di (4.6). Posto u = 1 λ (v f), si ha u H1 0 () (per costruzione dell operatore A) e questa è l unica soluzione di (4.4), dunque vale (i). (b) Se d > 0, allora anche il sottospazio ker(i λa), formato dalle soluzioni di (4.6) per f = 0, ha dimensione d. Inoltre, fissato f L (), (4.6) ha soluzione se e solo se f Y. Come in (a), la conclusione si riformula per il problema (4.4), provando (ii). Dunque una sola delle condizioni (i), (ii) è verificata.

18 18 A. IANNIZZOTTO Osservazione 4.6. Se b = 0, c 0, il problema (4.4) diventa variazionale, con funzionale dell energia associato J(u) = 1 [ N u u a i,j + cu ] dx fu dx. x j i,j=1 Esercizio 4.7. Svolgere la teoria della regolarità per i problemi (4.1), (4.3). Esercizio 4.8. Dimostrare l esistenza e l unicità della soluzione debole del seguente problema di Neumann non omogeneo: u + u = f in u = g su Γ, ν con f L (), g H 1 () C(). 5. Il principio del massimo Le soluzioni di EDP ellittiche si possono controllare mediante i loro valori sulla frontiera e i dati dell equazione, in quanto esse soddisfano una proprietà generale detta principio del massimo. La forma elementare di questa proprietà è riferita alle funzioni armoniche: se u C () soddisfa per ogni x u(x) = 0, allora si ha inf u = inf u, sup u = sup u. Γ Γ Dimostriamo il principio del massimo per le soluzioni continue di (4.): Teorema 5.1. Siano un dominio regolare limitato, f L (), g H 1 () C(), u H 1 () C() soluzione debole di (4.). Allora per ogni x { } { min inf g, inf f u(x) max sup g, sup f} 3 Γ Γ Dimostrazione. Proviamo la stima dall alto. Sia G C 1 (R) t.c. 0 < G (t) M per ogni t > 0 (M > 0), G(t) = 0 per ogni t 0. In particolare si ha G (t)t 0 per ogni t R. Poniamo { } K = max sup g, sup f. Γ Evitando casi banali, possiamo supporre K <. Poniamo v = G (u K) così che v H 1 () C() (ved. [5]). In particolare, per ogni x Γ si ha u(x) K da cui v(x) = G(u(x) K) = 0, pertanto v H0 1 () (ved. [5]). Poiché u è soluzione debole di (4.), usando come funzione test v si ha ( G (u K) u + G(u K)u ) dx = fg(u K) dx, da cui ( G (u K) u + G(u K)(u K) ) dx = (f K)G(u K) dx 0. 3 Gli estremi di f sono essenziali, ovvero determinati a meno di un insieme di misura nulla.

19 Da G 0, f K ricaviamo EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 19 G(u K)(u K) dx 0, e poiché l integranda è non-negativa ne segue u(x) K per ogni x. La stima dal basso si prova analogamente. Se g = 0, dal Teorema 5.1 si ricava: Corollario 5.. Siano un dominio regolare limitato, f L (), u H 1 () C() soluzione debole di (1.). Allora: (i) u f ; (ii) se f(x) 0 per quasi ogni x, u(x) 0 per quasi ogni x ; (iii) se f(x) 0 per quasi ogni x, u(x) 0 per quasi ogni x. Valgono risultati analoghi per EDP molto più generali, anche non lineari (ved. []). Esercizio 5.3. Dimostrare il principio del massimo per il problema (4.3). 6. Lo spettro del laplaciano Quest ultima sezione è dedicata allo studio del problema { u = λu in (6.1) u = 0 su Γ, dove R N è un dominio regolare limitato, Γ = e λ R è un parametro. Una soluzione debole di (6.1) è una funzione u H0 1() t.c. per ogni ϕ H1 0 () u ϕ dx = λ uϕ dx. Chiaramente, per ogni λ R il problema (6.1) ammette la soluzione banale u = 0. Siamo dunque interessati ai valori di λ per i quali esistono soluzioni non banali: Definizione 6.1. Un autovalore dell operatore in H0 1 () è un numero λ R \ {0} t.c. (6.1) ammette almeno una soluzione debole u H0 1 () \ {0}, detta autofunzione associata a λ. L insieme degli autovalori di è detto spettro e denotato σ() 4. Per ogni λ σ(), l insieme delle autofunzioni associate a λ è un sottospazio chiuso di H0 1(), detto autospazio e denotato E(λ). Se adottiamo su H0 1 () il prodotto scalare ridotto (grazie alla Diseguaglianza di Poincaré, ved. [5]), autofunzioni associate ad autovalori diversi sono ortogonali sia in H0 1() che in L (): Lemma 6.. Siano un dominio regolare limitato, λ, µ σ(), λ µ, e u E(λ), v E(µ). Allora u v dx = uv dx = 0. Dimostrazione. Poiché u è soluzione debole di (6.1), scegliendo v come funzione test si ha u v dx = λ uv dx. 4 Questa definizione di spettro differisce lievemente da quella vista in [4].

20 0 A. IANNIZZOTTO Similmente, si ha u v dx = µ uv dx, da cui (λ µ) uv dx = 0. Poiché λ µ, ne segue u v in L (). Inoltre, dalle relazioni precedenti u v in H0 1(). Applichiamo allo studio di (6.1) la teoria sullo spettro di un operatore compatto introdotta in [4] (con una prospettiva inversa ): Teorema 6.3. Sia un dominio regolare limitato. Allora esistono due successioni (λ n ) in (0, ), (e n ) in H0 1 () t.c. (i) λ n ; (ii) per ogni n N 0 si ha e n E(λ n ); (iii) σ() = (λ n ) n=1 ; (iv) (e n ) è una base ortonormale di L (). Dimostrazione. Sappiamo dal Teorema 4.1 che per ogni f L () esiste unica u H0 1 () t.c. per ogni ϕ H0 1() (6.) u ϕ dx = fϕ dx. Poniamo T (f) = u, definendo così un operatore lineare iniettivo T L(L ()) (operatore risolvente). Per la Diseguaglianza di Poincaré si ha per ogni f L (), u = T (f) u C u C f (C > 0 indipendente da f), dunque T è continuo. Dalla relazione precedente e dall immersione compatta H0 1() L () (ved. [5]) segue in particolare T K(L ()). Proviamo infine che T è autoaggiunto: infatti, per ogni f, g L (), posto u = T (f), v = T (g), da (6.) si ha ug dx = u v dx = fv dx, da cui T = T. Poiché L () è uno spazio di Hilbert separabile (ved. [1, Theorem 4.13]), per i risultati visti in [4] esiste una base ortonormale (e n ) di L () formata da autovettori di T, ovvero per ogni n N 0 esiste µ n R t.c. T (e n ) = µ n e n. Da (6.) segue per ogni n N 0 µ n = µ n e n = (µ n e n ) dx 0, inoltre dall iniettività di T si ha µ n > 0. Proviamo ora che la successione (µ n ) ha infiniti termini distinti. Infatti, per ogni n N 0 l autospazio di T associato a µ n si può rappresentare come ker(µ k I T ), e ha quindi dimensione finita per il Teorema di alternativa di Fredholm [4]. Dunque, se (µ n ) avesse solo un numero finito di termini distinti, anche la successione (e n ) avrebbe solo un numero finito di termini distinti, contro il fatto che essa è una base ortonormale di L (). Sempre per i risultati di [4], ne segue che µ n 0 +.

21 EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 1 Poniamo ora per ogni n N 0 λ n = 1 > 0. µ n Da µ n 0 + segue λ n (i). Inoltre, per ogni n N 0, ϕ H0 1 () si ha e n ϕ dx = λ n (µ n e n ) ϕ dx = λ n e n ϕ dx, quindi λ n σ() con autofunzione associata e n (ii). Viceversa, per ogni λ σ() si vede facilmente che 1 λ è un autovalore di T, dunque esiste n N 0 t.c. λ = λ n (iii). E chiaramente (iv) è già acquisita. Osservazione 6.4. Per il Teorema 4.1, per λ = 0 il problema (6.1) ha solo la soluzione banale u = 0, tuttavia in alcuni contesti conviene porre 0 = λ 0 σ(). Formule (più o meno) esplicite per il calcolo degli autovalori sono fornite dal seguente risultato: Proposizione 6.5. Sia un dominio regolare limitato. Allora σ() è una successione con le seguenti proprietà: λ 1 < λ λ 3..., (i) λ 1 > 0 è semplice, isolato, con autofunzioni di segno costante e u λ 1 = inf u H0 1()\{0} u ; (ii) per ogni n, λ n ha un autospazio di dimensione finita, autofunzioni che cambiano segno in, e u n 1 λ n = u, L n 1 = E(λ h ). inf u L n 1 Dimostrazione. Dal Teorema 6.3 sappiamo che σ() consiste in una successione (λ n ) in (0, ) t.c. λ n, che possiamo riordinare in modo che sia non-decrescente. In particolare, ripetiamo ogni autovalore λ n tante volte quanto è la dimensione (finita) dell autospazio associato. Così, per ogni n N 0 è individuata un unica autofunzione e n H 1 0 (), t.c. (e n) è una base ortonormale di L (), e per (6.) la successione (e n ) è ortogonale anche in H 1 0 (). Proviamo (i). Poniamo M = { v H 1 0 () : v = 1 } e u c = inf v M v = inf u H0 1()\{0} u 0. Sia (v k ) una successione in M t.c. v k c, in particolare (v k) è limitata in H0 1 (). Poiché H0 1() è riflessivo, passando se necessario a una sottosuccessione possiamo trovare v H1 0 () t.c. v k v (ved. [1, Theorem 3.18]), da cui v lim inf k h=1 v k = c. Inoltre, poiché H0 1() L (), passando a un ulteriore sottosuccessione si ha v k v in L (), in particolare v M e v = c > 0. Poiché v M e v v, possiamo assumere

22 A. IANNIZZOTTO che v(x) 0 per q.o. x. Inoltre, per il Teorema dei moltiplicatori di Lagrange 5 esiste λ R t.c. per ogni ϕ H0 1() v ϕ dx = λ vϕ dx, da cui (ponendo ϕ = v) si ricava λ = c. Dunque c σ() con autofunzione associata v. Chiaramente, per ogni n N 0 si ha λ n = e n c, dunque c = λ 1 e v = e 1. Proviamo che λ 1 è semplice, ovvero che dim(e(λ 1 )) = 1, per assurdo. Sia u H0 1() un autofunzione associata a λ 1, linearmente indipendente da e 1. Per l identità del parallelogramma (ved. [4]) abbiamo u + e 1 = u + e 1 u e 1 < 1, mentre chiaramente u+e 1 E(λ 1 ) \ {0}, da cui ( u + e1 ) = λ 1 u + e 1 < λ 1, contro la definizione di λ 1 (ovvero di c). Dunque si ha E(λ 1 ) = span(e 1 ), in particolare tutte le autofunzioni associate a λ 1 sono di segno costante. Per la stessa ragione si ha λ 1 < λ, il che completa la prova di (i). Proviamo ora (ii), per induzione su n N 0. Supponiamo che λ 1,... λ n 1 σ(), e 1,... e n 1 M siano definiti come in (i), (ii). In particolare si ha 0 < λ 1 < λ... λ n 1 (perché L j L j 1, j = 0,... n 1). Poniamo M n = M L n 1 e c n = inf v. v M n Ragionando come sopra, si prova che c n σ() e c n λ n 1, dunque possiamo porre λ n = c n. L autofunzione e n associata a λ n verifica e 1 e n dx = 0, quindi cambia segno in. L autospazio E(λ n ) ha dimensione finita perché, come nella dimostrazione del Teorema 6.3, si può esprimere come nucleo di una perturbazione compatta di I, il che completa la prova di (ii). Rimane da provare che in σ() non vi sono altri autovalori che quelli definiti da (i), (ii). Procediamo per assurdo: sia λ σ() \ (λ n ) n=1. Per (i) si ha λ > λ 1, dunque esiste n t.c. Sia u E(λ) M. Allora si ha λ n 1 < λ < λ n. u = λ < λ n, da cui per (ii) u / L n 1. Dunque esiste h {1,... n 1} t.c. e h u dx 0, 5 Si tratta della versione per spazi di Hilbert.

23 EDP/1: PROBLEMI STAZIONARI 3 contro (6.). Dunque σ() = (λ n ) n=1, da cui per il Teorema 6.3 λ n. Il valore di λ 1 fornito da (i) è detto quoziente di Rayleigh, e si vede facilmente che la Diseguaglianza di Poincaré si può riformulare come segue: per ogni u H 1 0 () u λ 1 1 u. Ragionando come in [4], si vede che per ogni u H0 1() ( ) u = ue n dx n=1 (nel senso della convergenza in L ()). Pertanto si può dedurre la seguente formula di decomposizione spettrale per l operatore laplaciano: ( ) u = ue n dx λ n e n. n=1 Se è di classe C, si può applicare al problema (6.1) una teoria della regolarità simile a quella esposta nella Sezione 3, con un argomento di tipo bootstrap: per ogni n N 0, da e n L () segue e n H (), il che a sua volta implica e n H 4 (), e così via... in conclusione e n C (). Ovviamente, esiste una teoria analoga per lo spettro di in H 1 (), ovvero per il problema di Neumann u = λu in (6.3) u = 0 su Γ. ν In questo caso, però, λ 0 = 0 è un autovalore in senso proprio (le autofunzioni associate sono costanti in ). Lo spettro del laplaciano verrà usato ancora in [6, 7]. Esercizio 6.6. Enunciare un risultato analogo alla Proposizione 6.5 per il problema (6.3). Esercizio 6.7. Nel Teorema 6.3 abbiamo provato che l operatore risolvente di (4.) è compatto. Stabilire se, considerato come operatore lineare da H 1 0 () in L (), è compatto. e n Riferimenti bibliografici [1] H. Brezis, Functional analysis, Sobolev spaces and partial differential equations, Springer (011), 10, 14, 15, 17, 0, 1 [] L.C. Evans, Partial differential equations, American Mathematical Society (1998), 19 [3] D. Gilbarg, N.S. Trudinger, Elliptic partial differential equations of the second order, Springer (1983). [4] A. Iannizzotto, Spazi di Hilbert e operatori lineari (019), 4, 15, 17, 19, 0,, 3 [5] A. Iannizzotto, Spazi di Sobolev (019), 3, 5, 6, 8, 10, 1, 14, 18, 19, 0 [6] A. Iannizzotto, Equazioni alle derivate parziali lineari/: Problemi evolutivi (019), 3 [7] A. Iannizzotto, Equazioni alle derivate parziali non lineari (019) 3 Dipartimento di Matematica e Informatica Università degli Studi di Cagliari Viale L. Merello 9, 0913 Cagliari, Italy address: antonio.iannizzotto@unica.it

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