Le derivate. Interpretazione grafica. Esclusione di singoli valori o intervalli in cui il tracciato grafico della funzione sicuramente non è presente

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1 Le derivate Introduzione Dopo aver analizzato la continuità di una funzione e, di conseguenza, aver definito la presenza di eventuali asintoti verticali, orizzontali o obliqui, possiamo riprendere il percorso che ci porterà ad una rappresentazione grafica il più possibile completa, per quanto approssimativa, del tracciato grafico della funzione stessa. Gli elementi finora acquisiti riguardano: Argomento La classificazione Il dominio Le intersezioni con gli assi Lo studio del segno Il calcolo dei limiti Il calcolo delle equazioni di eventuali asintoti Nessuna Interpretazione grafica Esclusione di singoli valori o intervalli in cui il tracciato grafico della funzione sicuramente non è presente Rappresentazione sul piano cartesiano dei punti di intersezione con gli assi. Individuazione delle zone in cui è presente il tracciato grafico della funzione Rappresentazione dell'andamento del tracciato grafico in prossimità di valori esclusi dal dominio e per valori della x che tendono a valori molto grandi (infiniti) Rappresentazione degli eventuali andamenti asintotici. Nel seguente grafico possiamo osservare come il lavoro svolto finora lasci ancora "aperte" alcune informazioni che dovremo andare a risolvere con gli opportuni strumenti. Potenzialmente, infatti, i tratti del grafico mancanti potrebbero essere completati in infiniti modi. E' evidente che ciò che manca sono informazioni in merito all'andamento crescente o decrescente del tracciato grafico della funzione. Tali informazioni, una volta individuate, ci consentiranno di tracciare il grafico senza ulteriori dubbi.

2 La derivata Lo strumento che consente di stabilire l'andamento crescente o decrescente della funzione nel suo dominio si chiama "derivata" la quale, in linea teorica, è legata al concetto di "variazione" una quantità rispetto ad un'altra. Abbiamo già avuto modo di ricordare più volte che una funzione del tipo y = f(x) esprime il legame della variabile dipendente (y) rispetto alla variabile indipendente (x). Ciò vuol dire che ad ogni valore della x scelto a piacere nel dominio della funzione, corrisponde un ben preciso valore della y. Le coppie (x;y) così ottenute non sono altro che le coordinate dei punti del piano cartesiano che costituiscono il tracciato grafico della funzione. Per capire se il tracciato grafico della funzione ha un andamento crescente o decrescente non è tuttavia sufficiente prendere in considerazione individualmente i singoli punti, ma è necessario osservare come variano i valori della variabile dipendente (y) in relazione al variare dei valori della variabile indipendente (x). Cerchiamo di comprendere a livello intuitivo cosa vuol dire questa frase, osservando la seguente figura: Supponiamo di percorrere il segmento AB da A verso B, il segmento è chiaramente obliquo ed evidentemente crescente. Ora osserviamo cosa accade a livello di "variazioni" delle singole variabili mentre ci spostiamo da A verso B, e proviamo a rispondere alle seguenti domande: Nel passaggio dal punto A al punto B, quanto varia il valore della x? Alla domanda possiamo rispondere facilmente osservando che l'ascissa del punto B vale 6 mentre l'ascissa del punto A vale 2. Quindi la "variazione" della x è pari a 6 2 = 4. Nel passaggio dal punto A al punto B, quanto varia il valore della y? Alla domanda possiamo rispondere facilmente osservando che l'ordinata del punto B vale 3 mentre l'ordinata del punto A vale 1. Quindi la "variazione" della y è pari a 3 1 = 2. Possiamo quindi affermare che nel passaggio da A a B se la x aumenta di 4 allora la y aumenta di 2. Visto che la variabile Y è da considerarsi "dipendente" dalla variabile X, non è propriamente corretto prendere in considerazione separatamente tali variazioni, ma è necessario valutare la variazione della Y, rispetto alla variazione della X.

3 La domanda allora diventa: Nel passaggio dal punto A al punto B, quanto varia il valore della Y in rapporto alla variazione della X? In termini simbolici questa questa domanda ha un'espressione ben precisa che possiamo indicare come segue: ΔY ΔX dove il simbolo Δ indica proprio la variazione. Questo rapporto di variazioni prende il nome di derivata della funzione. Dall'esempio precedente possiamo osservare che ad una variazione positiva della X, corrisponde una variazione positiva della Y, per cui il rapporto delle variazioni ha segno positivo. Possiamo osservare che, graficamente, tale situazione è inevitabilmente associata ad un andamento crescente della funzione. Le cose vanno diversamente se prendiamo in considerazione una funzione decrescente. Dal grafico possiamo osservare che in corrispondenza di una variazione positiva della X (che passa da 2 a 6), abbiamo una variazione negativa della Y (che passa da -1 a -3). Ciò comporta che il rapporto delle variazioni ha segno negativo. Possiamo, quindi, dedurre che in presenza di un rapporto negativo delle variazioni (derivata negativa) la funzione è decresente. Riassumendo Una funzione è crescente negli intervalli in cui la sua derivata è positiva. Una funzione è decrescente negli intervalli in cui la sua derivata è negativa. Vediamo, infine, un esempio applicativo del concetto di derivata come rapporto di variazioni: Esempio Un'autovettura parte da Milano ad una certa ora. Dopo 2 ore si trova a Bologna (che dista da Milano circa 200 km), e dopo 3,5 ore si trova a Cesena (che dista da Milano circa 290 km). Qual è la velocità media con cui l'autovettura ha percorso il tragitto da Bologna a Cesena? In questo esempio è necessario tenere in considerazione che la velocità è in generale da

4 associare alla seguente frase: Quanto spazio ho percorso ed in quanto tempo? Più precisamente, per mettere in relazione le due quantità, mi dovrò chiedere... Quanto spazio ho percorso in rapporto al tempo impegato? Ecco quindi che entrano in gioco le "variazioni" Variazione di spazio: KM(Cesena) KM(Bologna) = = 90 km Variazione di tempo: T(Cesena) T(Bologna) = 3,5 2 = 1,5 ore Vel = Δs Δt = ,5 2 = 90 1,5 = 60 km/h Per entrare più negli aspetti legati allo studio di funzione possiamo premettere alcuni aspetti della derivata: La derivata di una funzione è, a sua volta, una funzione. Per cui è possibile calcolare la derivata della derivata (derivata seconda). La derivata prima di una funzione verrà utilizzata per calcolare: l'andamento crescente o decrescente della funzione. i punti di massimo e minimo locali (relativi) della funzione. La derivata seconda di una funzione verrà utilizzata per calcolare: l'andamento concavo o convesso della funzione. i punti di flesso della funzione. Il calcolo della derivata prima Regole di derivazione Il calcolo della derivata segue alcune semplici regole (dette regole di derivazione) che, partendo dalle funzioni di base, ci consentono di effettuare il calcolo anche per funzioni via via più complesse. 1. La funzione costante Y = k Cerchiamo di capire a livello intuitivo, aiutandoci con un grafico, quanto può valere la derivata di

5 una costante, ricordando che una costante è sempre associata ad una retta orizzontale. Andiamo ad applicare la definizione di derivata come rapporto delle variazioni ed osserviamo che nel passaggio dal punto A al punto B la X varia di 4 unità, mentre la Y non varia. Il fatto che la Y non cambi è diretta conseguenza del fatto che la funzione è costante. In definitiva possiamo affermare che, qualsiasi sia la variazione della X (in generale n), la variazione della Y è pari a zero indipendentemente, dai punti A e B scelti. Possiamo quindi scrivere: ΔY ΔX = 0 n = 0 In definitiva: D[k] = 0 La derivata di una costante è sempre zero!! 2. La funzione identità La funzione identità è quella funzione che prevede valori della Y uguali ai valori della X. Quindi la funzione che rappresenta l'identità è: Y = X Il grafico di questa funzione è una retta passante per l'origine e di coefficiente angolare m = 1, il cui grafico è il seguente. Applicando la definizione di derivata come variazione possiamo osservare che in corrispondenza di una certa variazione della X (in genere n), avremo sempre la stessa variazione per la Y (esattamente n). Questo in modo indipendente dai punti A e B scelti. Possiamo quindi scrivere: ΔY ΔX = n n = 1

6 In definitiva: D[X] = 1 La derivata della funzione identità è sempre uno!! 3. La funzione potenza La funzione potenza è un monomio elementare e si presenta nella forma y = x n con n 2. Con gli strumenti in nostro possesso nessuna deduzione è possibile fare dal grafico in merito alla derivata della funzione potenza. La funzione che rappresenta la funzione potenza è: Y = X n Assumiamo quindi che: D[X n ] = n*x n-1 Esempi D[X 2 ] = 2*X 1 D[X 3 ] = 3*X 2 D[X 4 ] = 4*X 3 e così via. Possiamo facilmente osservare che, dovendo calcolare la derivata di una funzione potenza, quello che otteniamo è un monomio che ha per coefficiente l'esponente della funzione ed ha l'esponente diminuito di uno. Ciò accade sempre, qualsiasi sia il valore dell'esponente n. 4. La derivata di una costante per una funzione Capita spesso di incontrare nel testo delle funzioni che risultano essere costituite dal prodotto di una costante, rappresentata da un qualsiasi numero, e di un' altra funzione. Tutte le seguenti espressioni possono essere catalogate come costanti per funzioni: 3x 2 La costante 3 per la funzione x 2. -5x 4 La costante 5 per la funzione x 4. 2(x 2 +1) La costante 2 per la funzione (x 2 +1). In generale possiamo dire che la funzione che rappresenta tale situazione è: Y = k*f(x) dove k è la costante e f(x) è la funzione Di tale situazione può essere calcolata la derivata secondo la seguente regola: D[k*f(x)] = k*d[f(x)] La derivata di una costate per una funzione è uguale alla costante per la derivata della funzione.

7 Esempi D[3x 2 ] = 3*D[x 2 ] = 3*2x = 6x D[-5x 3 ] = -5*D[x 3 ] = -5*3x 2 = -15x 2 5. La derivata di una somma o di una differenza Iniziamo a definire come ci si comporta in merito al calcolo delle derivate in presenza di funzioni che risultano essere la somma o la differenza di altre funzioni. Possiamo facilemente osservare che un polinomio stesso è definito come somma e/o differenza di monomi. Abbiamo quindi bisogno di una regola di derivazione che ci dica come comportarci. Rientrano in questo caso tutte le situazioni del tipo: Y = f(x) + g(x) oppure Y = f(x) - g(x) dove f(x) e g(x) sono due funzioni che sommate costituiscono la funzione della quale devo calcolare la derivata. La regola di derivazione è molto semplice e sfrutta una importante proprietà delle derivate: D[f(x) + g(x)] = D[f(x)] + D[g(x)] derivate. D[f(x) - g(x)] = D[f(x)] - D[g(x)] derivate. La derivata di una somma è uguale alla somma delle La derivata di una differenza è uguale alla differenza delle Esempi D[x 2 +3] = D[x 2 ] + D[3] = 2x + 0 = 2x D[3x 3 +2x-4] = D[3x 3 ] + D[2x] - D[4] = 3*D[x 3 ] + 2*D[x] 0 = 3*3x 2 + 2*1 = 9x La derivata di un prodotto Vediamo ora come calcolare la derivata di una funzione che risulta essere il prodotto di altre funzioni. Anche in questo caso abbiamo la necessità di una ben precisa regola che ci indichi come procedere: D[f(x) * g(x)] = D[f(x)] *g(x) + f(x) * D[g(x)] Esempio D[x 2 * (x 2)] = D[x 2 ] * (x 2) + x 2 * D[x 2] = 2x * (x 2) + x 2 * (D[x] D[2]) = 2x 2 4x + x 2 * (1 0) = 2x 2 4x + x 2 * (1) = 2x 2 4x + x 2 = 3x 2 4x 7. La derivata di un quoziente Vediamo infine come procedere nel calcolo della derivata di una funzione che sia il quoziente di altre funzioni: D [ f ( x) g ( x) ]= D[ f ( x)] g( x) f ( x) D[ g ( x)] (g ( x)) 2

8 Esempio D [ x 1 D[ x 1] (x 2) ( x 1) D[ x 2] ]= x 2 ( x 2) 2 Sviluppando le due derivate al numeratore otteniamo, ed effettuando i calcoli algebrici: 1 ( x 2) ( x 1) 1 ( x 2) 2 = (x 2) ( x 1) (x 2) 2 = x 2 x+1 ( x 2) 2 = 1 (x 2) 2 Schema riassuntivo delle regole di derivazione Funzione Relazione Funzionale Indicazione Costante Y = k D[k] 0 Identità Y = X D[X] 1 Derivata Potenza Y = X n con n 2 D[Y = X n ] n*x n-1 Costante per funzione Y = k * f(x) D[k * f(x)] K * D[f(x)] Somma e Differenza Y = f(x) ± g(x) D[f(x) ± g(x)] D[f(x)] ± D[g(x)] Prodotto Y = f(x) * g(x) D[f(x) * g(x)] D[f(x)] *g(x) + f(x) * D[g(x)] Quoziente Y = f ( x) g (x) D[ f (x) g (x) ] D[ f (x)] g(x) f ( x) D[g (x)] (g (x)) 2 Funzioni crescenti e decrescenti Un aspetto importante dello studio di una funzione consiste nello stabilire quali sono gli intervalli del dominio in cui il tracciato grafico è crescente (ha, cioè, un andamento dal basso verso l'altro), e quali sono gli intervalli del dominio in cui il tracciato grafico è decrescente (ha, cioè, un andamento dall'alto verso il basso). A livello formale ricordiamo quelle che sono le definizioni di funzione crescente e decrescente: Una funzione si dice crescente in un generico intervallo I appartenente al dominio D se vale la seguente regola: X 1 > X 2 f(x 1) > f(x 2) Per ogni X 1 e X 2 appartenti ad I. Una funzione si dice decrescente in un generico intervallo I appartenente al dominio D se vale la seguente regola: X 1 > X 2 f(x 1) < f(x 2) Per ogni X 1 e X 2 appartenti ad I. Nel corso dell'introduzione all'argomento abbiamo verificato, tramite aclune considerazioni ed alcuni esempi, le seguenti affermazioni. Una funzione è crescente negli intervalli in cui la sua derivata prima è positiva. Una funzione è decrescente negli intervalli in cui la sua derivata prima è negativa. Dopo aver visto come calcolare la derivata prima di una funzione ci occupiamo, quindi, della sua interpretazione per tentare di completare il grafico probabile di una funzione, sfruttando la regola appena ricordata.

9 Il percorso, quindi, prevede essenzialmente: Il calcolo della derivata prima. Lo studio del segno della derivata prima. La definizione degli intervalli in cui la funzione è crescente e degli intervalli in cui la funzione è decrescente. Esempio Consideriamo la funzione Y = X 4 4X 2, limitandoci ad osservare ciò che accade in merito al suo andamento crescente o decresecente. Iniziamo calcolando la sua derivata prima: Y' = 4X 3-8X Ora procediamo con lo studio del segno della derivata prima, iniziando a scomporre il polinomio. 4X 3 8X = 4X * (X 2-2) Studiamo il segno dei due fattori separatamente: 4X si annulla per X = 0, ed è un primo grado per cui il suo segno sarà: X 2 2 si annulla per X = -1.4 e X = +1.4 (circa) ed è un secondo grado (parabola con la concavità rivolta verso l'alto) per cui il suo segno sarà: Il segno della funzione si ottiene riassumendo il tutto in un'unica tabella: X X X 3-8X Il segno della derivata prima della funzione segue, quindi, il seguente schema: Negativa: x < -1.4 e per 0 < x < +1.4 di conseguenza in quesi intervalli la funzione è decrescente Positiva: -1.4 < x < 0 e per x > +1.4 di conseguenza in questi intervalli la funzione è crescente.

10 Punti stazionari: massimi e minimi (relativi e assoluti) Lo studio del segno della derivata prima consente, oltre alla definizione degli intervalli in cui la funzione è crescente o decrescente, anche l'individuazione di punti detti stazionari, punti cioè in cui la funzione non è nè crescente, nè decrescente e la derivata prima vale zero. Tra i punti stazionari possiamo trovare i punti di massimo e di minimo locali (anche detti relativi). Un punto di minimo locale è un punto in cui, intuitivamente, il tracciato grafico della funzione finisce di decrescere ed inizia a crescere. Un punto di massimo locale è un punto in cui, intuitivamente, il tracciato grafico della funzione finisce di crescere ed inizia a decrescere. Nella seguente figura possiamo osservare come si presentano graficamente un punto di minimo locale (m) ed un punto di massimo locale (M). Da un punto di vista del calcolo è possibile individuare i punti di minimo e massimo locali direttamente sulla tabella del segno della derivata prima. Vediamo cosa può accadere nella tabella del segno di una derivata prima intorno ad un generico punto stazionario X 1 in cui la derivata prima si annulla, ed appartenente al dominio della funzione: Caso 1: X In tal caso la funzione è decresente prima di X 1 e crescente dopo X 1, ciò comporta che il punto X 1 è un punto di minimo locale. Caso 2: X In tal caso la funzione è cresente prima di X 1 e decrescente dopo X 1, ciò comporta che il punto X 1 è un punto di massimo locale.

11 Caso 3: X In tal caso la funzione è cresente sia prima che dopo di X 1, ciò comporta che il punto X 1 non è un punto nè di minimo, nè di massimo locale. Caso 4: X In tal caso la funzione è decresente sia prima che dopo di X 1, ciò comporta che il punto X 1 non è un punto nè di minimo, nè di massimo locale. Osservazione 1: In base alla tabella del segno della derivata prima siamo quindi in grado di stabilire l'ascissa di eventuali punti di minimo e/o massimo locali. Ovviamente per poter rappresentare questi punti sul piano cartesiano è necessario prima determinarne la corrispondente ordinata, sostituendo il valore dell'ascissa trovato nel testo della funzione di partenza (e non nel testo della derivata prima). Osservazione 2: Se il punto stazionario X 1 non appartiene al dominio della funzione è ovvio che quanto indicato dall'osservazione 1 non è attuabile visto che non sarebbe possibile determinare la corrispondente ordinata del punto. Di conseguenza il valore X 1 non può, in tal caso, rappresentare l'ascissa di un punto di minimo o massimo locale. Esempio Consideriamo la funzione Y = X 4 4X 2, della quale riportiamo la tabella del segno della derivata prima precedentemente calcolato: X X X 3-8X In base a quanto espresso possiamo osservare che: I punti di ascissa -1.4 e +1.4 sono punti di minimo locale, mentro il punto di ascissa 0 è un punto di massimo locale. Per essi quindi è opportuno calcolare le corrispondenti ordinate ottenendo i seguenti punti: Minimi locali A = (-1.4; -4) e B = (+1.4; -4) Massimo locale C = (0;0)

12 Qui di seguito il tracciato grafico della funzione in cui possiamo osservare la rappresentazione grafica dei punti A, B e C. I punti così definiti risultano essere punti di massimo e minimo locali, dove il termine "locali" (o relativi), sta a significare che in quella zona del grafico tali punti risultano essere rispettivamente più in alto o più in basso di qualsiasi altro punto. Tali punti potrebbero anche non esistere nel caso in cui la funzione non avesse punti stazionari appartenenti al suo dominio. I punti di massimo e minimo globali (o assoluti), sono invece i punti rispettivamente più in alto o più in basso dell'intero tracciato grafico. Tali punti potrebbero anche non esistere nel caso in cui la funzione abbia un andamento che tende a + e/o infinito Osservazione: Non c'è alcun legame tra i punti di massimo locale e i punti di massimo globale. Quindi possiamo affermare che: Un punto di massimo (minimo) locale può anche essere massimo (minimo) globale. Un punto di massimo (minimo) locale può anche non essere massimo (minimo) globale. Un punto di massimo (minimo) globale può anche essere massimo (minimo) locale. Un punto di massimo (minimo) globale è sicuramente un punto di massimo (minimo) locale. Il calcolo della derivata seconda Come abbiamo visto la derivata prima viene calcolata applicando le regole di derivazione al testo della funzione f(x). Ciò che si ottiene è una nuova funzione il cui studio del segno ci fornisce informazioni sull'andamento della funzione f(x) e sull'eventuale presenza di punti di massimo e minimo relativi. Essendo la derivata prima una funzione è evidente la possibilità di ripetere su di essa il procedimento di derivazione ottenendo così una nuova ulteriore funzione detta derivata seconda. Tale procedimento è ripetibile un certo numero di volte in relazione al tipo di funzione ottenendo rispettivamente la derivata terza, quarta, quinta ecc. Il calcolo della derivata seconda utilizza esattamente le stesse regole di derivazione viste in

13 precedenza, che vanno applicate sulla derivata prima invece che sulla funzione di partenza. Esempio 1 Consideriamo la funzione Y = X 4 4X 2, della quale abbiamo già calcolato la derivata prima: Y' = 4X 3 8X A partire da questa calcoliamo la derivata seconda ottenendo: Y'' = 12X 2 8 Esempio 2 Consideriamo la funzione y= x+1 x 1 e calcoliamo la sua derivata prima: D [ x+1 D [ x+1] ( x 1) ( x+1) D[ x 1] ]= x 1 ( x 1) 2 Quindi 1 ( x 1) ( x+1) 1 ( x 1) 2 = y' = 2 (x 1) 2 ( x 1) ( x+1) (x 1) 2 = x 1 x 1 ( x 1) 2 = 2 (x 1) 2 Calcoliamo adesso la derivata seconda, sviluppando prima il quadrato di binomio che si trova al denominatore. y' = D [ 2 x 2 2x+1 2 x 2 2x+1 ]= D[ 2] (x2 2x+1) ( 2) D[ x 2 2x+1] ( x 2 2x+1) 2 0 ( x 2 2x+1)+2 (2x 2) ( x 2x+1) 2 = 4x 4 (x 2 2x+1) 2 Quindi y' '= 4x 4 ( x 2 2x+1) 2

14 Funzioni concave o convesse Tranne che per le funzioni costanti, rappresentate graficamente con rette orizzontali, ogni funzione ha un tracciato grafico che volge la sua concavità verso l'alto (funzione convessa) o verso il basso (funzione concava). Vediamo a livello grafico come si distinguono le due situazioni: Funzione convessa (apertura verso l'alto) Una funzione si dice convessa in un intervallo I se, comunque presi due punti A e B appartenenti ad I, il segmento che unisce A con B è tutto al di sopra rispetto al tracciato grafico della funzione che va da A a B. Funzione concava (apertura verso il basso) Una funzione si dice concava in un intervallo I se, comunque presi due punti A e B appartenenti ad I, il segmento che unisce A con B è tutto al di sotto rispetto al tracciato grafico della funzione che va da A a B.

15 In base a considerazioni che non fanno parte del nostro percorso si può arrivare a dimostrare che: Una funzione è convessa negli intervalli in cui la sua derivata seconda è positiva. Una funzione è concava negli intervalli in cui la sua derivata seconda è negativa. Dopo aver visto come calcolare la derivata seconda di una funzione ci occupiamo, quindi, della sua interpretazione per tentare di completare il grafico probabile di una funzione, sfruttando la regola appena ricordata. Il percorso, quindi, prevede essenzialmente: Il calcolo della derivata seconda. Lo studio del segno della derivata seconda. La definizione degli intervalli in cui la funzione è convessa e degli intervalli in cui la funzione è concava. Esempio Consideriamo la funzione Y = X 4 4X 2, limitandoci ad osservare ciò che accade in merito alla sua convessità/concavità. Abbiamo già calcolato in un esempio precedente la sua derivata seconda ottenendo: Y'' = 12X 2 8 Ora procediamo con lo studio del segno della derivata seconda. In questo caso non abbiamo bisogno di scomposizioni vistio che la derivata seconda è un polinomio di secondo grado, il cui segno può essere studiato con il metodo della parabola. 12X 2 8 si annulla per X = e X = (circa) ed è un secondo grado (parabola con la concavità rivolta verso l'alto) per cui il suo segno sarà: Il segno della derivata seconda della funzione segue, quindi, il seguente schema: Positiva: x < e per x > +0,82 di conseguenza in quesi intervalli la funzione è convessa (volge cioè l'apertura verso l'alto). Negativa: < x < di conseguenza in questo intervallo la funzione è concava (volge cioè l'apertura verso il basso. Punti di flesso Lo studio del segno della derivata seconda consente, oltre alla definizione degli intervalli in cui la funzione è convessa o concava, anche l'individuazione di punti detti punti di flesso, punti cioè in cui cambia la concavità/convessità della funzione. In tali punti la derivata seconda vale zero. Nella seguente figura possiamo osservare come si presenta graficamente un punto di flesso.

16 Si può osservare che prima del punto F la funzione è concava, mentre dopo il punto F la funzione è convessa. Da un punto di vista del calcolo è possibile individuare i punti di flesso direttamente sulla tabella del segno della derivata seconda. Vediamo cosa può accadere nella tabella del segno di una derivata seconda intorno ad un generico punto X 1 in cui la derivata seconda si annulla, ed appartenente al dominio della funzione: Caso 1: X In tal caso la funzione è concava prima di X 1 e convessa dopo X 1, ciò comporta che il punto X 1 è un punto di flesso. Caso 2: X In tal caso la funzione è convessa prima di X 1 e concava dopo X 1, ciò comporta che il punto X 1 è un punto di flesso. Caso 3: X In tal caso la funzione è convessa sia prima che dopo di X 1, ciò comporta che il punto X 1 non è un punto di flesso.

17 Caso 4: X In tal caso la funzione è concava sia prima che dopo di X 1, ciò comporta che il punto X 1 non è un punto di flesso. Osservazione 1: In base alla tabella del segno della derivata seconda siamo quindi in grado di stabilire l'ascissa di eventuali punti di flesso. Ovviamente per poter rappresentare questi punti sul piano cartesiano è necessario prima determinarne la corrispondente ordinata, sostituendo il valore dell'ascissa trovato nel testo della funzione di partenza (e non nel testo della derivata prima). Osservazione 2: Se il punto X 1 non appartiene al dominio della funzione è ovvio che quanto indicato dall'osservazione 1 non è attuabile visto che non sarebbe possibile determinare la corrispondente ordinata del punto. Di conseguenza il valore X 1 non può, in tal caso, rappresentare l'ascissa di un punto di flesso.

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