Corrado Zanella. Modelli Geometrici. applicabili in Meccanica dei Solidi, Robotica, Visione Computazionale

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "Corrado Zanella. Modelli Geometrici. applicabili in Meccanica dei Solidi, Robotica, Visione Computazionale"

Transcript

1 Corrado Zanella Modelli Geometrici applicabili in Meccanica dei Solidi, Robotica, Visione Computazionale

2 ii Versione del 23 settembre Questo lavoro è diffuso sotto licenza Creative Commons 2.5. Il testo della licenza si trova alla pagina web:

3 Indice Introduzione v I Fondamenti 1 1 Strutture algebriche di base Spazi vettoriali Applicazioni lineari e matrici Diagonalizzabilità di matrici Spazi vettoriali euclidei Matrici ortogonali Teorema spettrale Relazioni d equivalenza Esercizi svolti II Decomposizioni di matrici 31 1 Orientazione dello spazio euclideo Classificazione delle isometrie Prima soluzione al problema Decomposizione QR Matrici di Householder Matrici antisimmetriche Prodotto vettore Decomposizione ai valori singolari Pseudoinversa e minimi quadrati Esercizi III Riferimenti, rotazioni, quaternioni 79 1 Cambiamenti di riferimento Scomposizione di rotazioni in tre Angoli di Eulero z-y-z Formula di Rodrigues iii

4 iv INDICE 5 Quaternioni Quaternioni e rotazioni Esercizi IV Geometria proiettiva Gli elementi impropri del piano Coordinate omogenee nel piano Spazi proiettivi Omografie e collineazioni Riferimenti proiettivi Dualità Birapporto Coniche Polarità individuata da una conica Fasci di coniche Punti ciclici Spazio tridimensionale ampliato Formazione dell immagine Stereopsi Esercizi V Algebra tensoriale Spazio vettoriale duale Tensori Endomorfismi e tensori doppi Cambiamento delle componenti Base reciproca Innalzamento e abbassamento di indici Tensori doppi simmetrici Analisi della deformazione Esercizi

5 Introduzione La riforma degli studi universitari, iniziata con il D.M. 509 del 1999 e proseguita poi con il D.M. 270 del 2004, ha implicato una sensibile contrazione del tempo dedicato alle materie di base nelle Facoltà di Ingegneria italiane. Come conseguenza, riscontrata da molti dei docenti delle discipline applicate, le conoscenze relative risultano talora inadeguate. Un caso significativo è quello della Geometria Proiettiva. Essa non viene più insegnata, da ancor più tempo, nei corsi universitari di base di Ingegneria. Tuttavia, in certi ambiti applicativi essa fornisce il modello più spontaneo. Basti dire che i movimenti rigidi nello spazio si rappresentano adeguatamente solo in coordinate omogenee ovverosia in un ottica proiettiva. Inoltre tale disciplina coinvolge strutture algebriche e geometriche con svariate applicazioni che vanno dalla visione computazionale fino alla crittografia e ai codici correttori. Emerge dunque la necessità di un corso più avanzato rispetto a quelli di base, in modo da disporre di tecniche e strutture che, come quelle menzionate, possono avere applicazione immediata in diverse aree ingegneristiche. Il corso del quale presento gli appunti nasce sfogliando diversi testi per studi di Ingegneria, alcuni dei quali adottati nei nostri corsi di laurea magistrale, con il fine di renderli più comprensibili (almeno dal punto di vista dell algebra e della geometria) per un laureato triennale tipico. Tra di essi, [2, 3, 6, 9]. Escludendo la parte preliminare di fondamenti, gli argomenti del corso si suddividono in quattro tematiche: 1. Decomposizione di matrici. Se A è diagonalizzabile, A = CDC 1 è un esempio di decomposizione noto dal primo anno di studi. 2. Rappresentazione di isometrie e rotazioni nello spazio cartesiano (angoli di Eulero, quaternioni,...). 3. Geometria proiettiva, la geometria dell occhio. v

6 vi INTRODUZIONE Figura 1: Braccio robotico 4. Calcolo tensoriale. Un tensore è ente che ha delle coordinate rispetto a una base di uno spazio vettoriale, le quali si trasformano secondo precise equazioni, al variare della base. Un esempio di tensore è un endomorfismo, cioè un applicazione dello spazio vettoriale in sé. Per dare un idea dei contenuti del corso, la cosa migliore mi sembra descrivere sette problemi, che verranno risolti nel corso delle lezioni. Problema 1. Di tre grandezze fisiche x, y, z, tra loro correlate, si sa che esse soddisfano quattro relazioni lineari, i cui coefficienti sono dati sperimentali. Esse sono quindi soluzione di un sistema lineare 4 3: a 11 x + a 12 y + a 13 z = b 1 a 21 x + a 22 y + a 23 z = b 2 a 31 x + a 32 y + a 33 z = b 3 a 41 x + a 42 y + a 43 z = b 4. La possibilità che una matrice ad elementi casuali (quali i dati sperimentali sono) abbia determinante zero è remota. Quindi, per il teorema di Rouché-Capelli, il sistema lineare, a causa degli errori sperimentali e di arrotondamento, è incompatibile! Che fare? Problema 2. Dato il braccio robotico bidimensionale, illustrato in figura, a) Trovare coordinate ed orientamento della pinza, b) formalizzare e risolvere l analogo problema tridimensionale. In robotica, il presente

7 vii va sotto il nome di problema cinematico diretto, in contrapposizione al problema inverso che consiste nel determinare i movimenti necessari per raggiungere una posizione desiderata. Problema 3. Considerare l isometria κ dello spazio cartesiano, così ottenuta: rotazione positiva di misura π/3 intorno all asse orientato per l origine, determinato dal vettore v = (1 1 1) T ; successiva rotazione di misura π/2 attorno all asse z. Descrivere κ, per esempio per mezzo di equazioni. Problema 4. Dati due punti P e Q in un immagine fotografica, immagini di due punti fisici P e Q, calcolare l angolo P CQ, dove C è il centro ottico (cioè approssimativamente la lente). Si suppone di conoscere le specifiche tecniche dell apparecchio. Problema 5. Dato un sistema stereoscopico (cioè due fotocamere) e due punti P e P nelle rispettive immagini, trovare una condizione necessaria affinché tali punti siano immagini del medesimo punto fisico. Problema 6. Supponiamo dato uno spazio vettoriale V K di dimensione finita e una base B. Allora ogni matrice A rappresenta un ben preciso endomorfismo L : V V. Se adottiamo una nuova base, diciamo B, allora la matrice A di L cambia in C 1 BB AC, dove C = A id è la matrice di cambiamento di base. Posto che A è una tabella bidimensionale, 1) esistono matrici n-dimensionali che rappresentano enti indipendenti dalle coordinate (come L, per esempio), e 2) come cambiano tali matrici n-dimensionali? (La risposta alla prima domanda è sì; si chiamano tensori.) Problema 7. Consideriamo la deformazione di una trave a mensola sollecitata da un carico concentrato all estremo libero, come in figura. Come si può descrivere al prim ordine la deformazione subita da un cubo infinitesimo nell intorno del punto P? Questo libro ha il difetto di ogni testo di appunti da un corso: l incompletezza; spero che almeno abbia il pregio della sintesi, della chiarezza e di essere come si suol dire autocontenuto. Rinvio ai testi citati in bibliografia per delle trattazioni più complete: per la meccanica dei solidi, a [1]; per la visione computazionale, a [3, 5, 7]; per la robotica, a [2, 4]. Concludo ringraziando, per osservazioni utili e aiuti di varia natura durante la stesura delle bozze, il Prof. Alberto Trevisani e i Dott. Leonardo Calconi e Stefano Mazzarolo. Ringrazio anche mia moglie, per

8 viii INTRODUZIONE Figura 2: Deformazione l infinita pazienza. Infine, dedico questo libro a Sandro, che ha lasciato in me e in tanti altri amici un gran vuoto. Mi piace ricordarlo con il messaggino che mi spedì il 24 giugno 2004 alle ore 22.13: Shangri-la: pinot grigio livio felluga, pappardelle al capriccio di mare, moscardini fritti. Sono felice. Corrado Zanella Nota alla seconda edizione. Ho apportato consistenti cambiamenti di terminologia, al fine di renderla maggiormente compatibile con quella più diffusa. Resta il fatto che soprattutto su tematiche che hanno risvolti applicativi, la nomenclatura è ben lungi dall essere universale.

9 Capitolo I Fondamenti In questo capitolo richiamiamo alcune delle nozioni fondamentali concernenti l algebra lineare. Uno degli obiettivi principali è quello di fissare le notazioni. Le poche dimostrazioni presenti hanno scopo didattico. Non abbiamo affatto la pretesa di una trattazione esauriente, per la quale rimandiamo ai relativi trattati. In particolare, non includeremo qui le proprietà elementari del calcolo matriciale, né la teoria dei sistemi lineari. 1 Strutture algebriche di base Diamo innanzitutto un sommario delle strutture algebriche che verranno considerate in seguito. Una struttura algebrica è formata da uno o più insiemi e da una o più operazioni. Definizione 1.1. Sia S un insieme. Un operazione binaria definita in S è un applicazione : S S S. L immagine mediante di una coppia (x, y) S S viene denotata con x y. Definizione 1.2. Un gruppo è una coppia ordinata (G, ), dove G è un insieme non vuoto e denota un operazione binaria in G, soddisfacente i seguenti assiomi: x, y, z G : (x y) z = x (y z); (1.1) u G : x G : x u = x = u x; (1.2) x G : x G : x x = x x = u. (1.3) Nell ordine, le precedenti formule indicano la proprietà associativa, l esistenza di un elemento neutro, l esistenza di un elemento inverso. Se 1

10 2 CAPITOLO I. FONDAMENTI inoltre vale la proprietà commutativa, allora (G, ) si dice gruppo abeliano. x, y G : x y = y x, (1.4) Esempio 1.3. La coppia (Z, +), dove Z = {..., 2, 1, 0, 1, 2,...} è l insieme degli interi, è un gruppo abeliano. Se l operazione è evidente dal contesto, verrà sottintesa e parleremo del gruppo G anziché del gruppo (G, ). Esempio 1.4. La coppia ordinata, in cui il primo elemento è l insieme delle matrici invertibili in M(n n, K) (dove K è un campo qualsiasi, cfr. la successiva definizione; in queste note sarà sempre K = R o K = C) e il cui il secondo elemento è il prodotto tra matrici, è un gruppo. Per n 2 si tratta di un gruppo non abeliano. Esso si denota con GL(n, K) e viene detto gruppo generale lineare d indice n su K. Esempio 1.5. Una trasformazione affine dello spazio è un applicazione Φ che ad un punto P (x, y, z) associa un punto P (x, y, z ), determinato da un equazione nella forma (x y z ) T = A(x y z) T + (x 0 y 0 z 0 ) T, (1.5) dove A GL(3, R). L insieme di tutte le trasformazioni affini, insieme con l operazione di composizione di funzioni, è un gruppo. Esso sarà denotato con GA(3) e verrà detto gruppo affine d indice 3. Cambiando le dimensioni delle matrici, si definisce la nozione di gruppo affine d indice n. Osservazione 1.6. Il vettore congiungente due punti P 1 (x 1, y 1, z 1 ) e P 2 (x 2, y 2, z 2 ) dello spazio è v = (l m n) T, definito ponendo l = x 2 x 1, m = y 2 y 1, n = z 2 z 1. Indicando ancora con Φ la trasformazione di equazione (1.5), posto P 1 = Φ(P 1 ), P 2 = Φ(P 2 ) e indicato con v il vettore congiungente P 1 e P 2, si ottiene, con calcoli immediati, v = Av. (1.6) In altre parole, in una trasformazione affine di equazione (1.5) i vettori si trasformano attraverso la premoltiplicazione per la matrice A.

11 1. STRUTTURE ALGEBRICHE DI BASE 3 Definizione 1.7. Un sottogruppo di un gruppo (G, ) è un sottoinsieme H di G il quale, rispetto alla medesima operazione, risulti pure un gruppo. Esempio 1.8. Denotato con SL(n, K) l insieme di tutte le matrici quadrate d ordine n ad elementi in K, aventi determinante uguale a 1, SL(n, K) risulta un sottogruppo di GL(n, K). Tale SL(n, K) si dice gruppo lineare speciale d indice n su K. Esempio 1.9. Definiamo O(n) = {H M(n n, R) H T H = I n }. (1.7) Gli elementi di O(n) prendono il nome di matrici ortogonali d ordine n. L insieme O(n) è un sottogruppo di GL(n, R), detto gruppo ortogonale d indice n. Esempio L intersezione tra due sottogruppi di un gruppo è sempre un sottogruppo. L intersezione SO(n) = O(n) SL(n, R) è il gruppo speciale ortogonale d indice n. Definizione Un isomorfismo tra due gruppi (G, ), (G, ) è una biiezione ϕ : G G soddisfacente la proprietà x, y G : ϕ(x y) = ϕ(x) ϕ(y). (1.8) Definizione Due gruppi G e G sono isomorfi se tra di essi esiste almeno un isomorfismo. In tal caso si usa scrivere G = G. Esempio Consideriamo i gruppi abeliani (R +, ) e (R, +), dove R + = {x R x > 0} e, + denotano gli usuali prodotto e somma tra numeri reali. Allora è un isomorfismo. ϕ : R + R : x log x (1.9) Definizione Un anello è una terna ordinata (A, +, ), dove (A, +) è un gruppo abeliano e è un operazione binaria in A per la quale valgono la proprietà associativa del prodotto e le proprietà distributive: x, y, z A : (xy)z = x(yz), (1.10) x, y, z A : x(y + z) = xy + xz, (x + y)z = xz + yz, (1.11) dove s intende che xy = x y e vale la gerarchia algebrica usuale.

12 4 CAPITOLO I. FONDAMENTI In ogni anello (A, +, ), il simbolo 0 denota l elemento neutro rispetto alla somma +, cfr. (1.2). Se esiste l elemento neutro rispetto al prodotto, esso viene denotato con 1. Definizione Un anello (A, +, ) si dice commutativo se soddisfa l ulteriore proprietà x, y A : xy = yx. (1.12) Esempio La terna formata dall insieme M(n n, K) delle matrici n n, n > 1, ad elementi in K (K = R, C o un altro campo) e dalle usuali operazioni di somma e prodotto tra matrici è un anello. Se n 2, esso è non commutativo. Definizione Un isomorfismo tra due anelli (A, +, ), (A,, ) è una biiezione ϕ : A A soddisfacente le proprietà x, y A : ϕ(x + y) = ϕ(x) ϕ(y), (1.13) x, y A : ϕ(x y) = ϕ(x) ϕ(y). (1.14) Definizione Un anello (A, +, ) è un corpo se (A \ {0}, ) è un gruppo. Esercizio Verificare che l insieme {( ) α β H 0 = α, β C} β α (1.15) è un corpo non commutativo, sottoanello di M(2 2, C). Definizione Un campo è un corpo commutativo. Esempio Sono campi, rispetto alle operazioni usuali, Q (l insieme dei numeri razionali), R, C. Osservazione In tutte le definizioni precedenti, ovunque vi sia la lettera K si può prendere un campo qualsiasi e le affermazioni fatte restano valide. Definizione Se X è un gruppo (oppure un anello, o una qualsiasi altra struttura algebrica), un automorfismo di X è un isomorfismo ϕ : X X. Esempio L applicazione ϕ : C C : α α è un automorfismo di C. Teorema L unico automorfismo del campo R è l identità.

13 2. SPAZI VETTORIALI 5 2 Spazi vettoriali In queste note supporremo che il lettore abbia familiarità con le nozioni di base dell algebra lineare. Diamo tuttavia un sommario delle nozioni fondamentali riguardanti gli spazi vettoriali. Definizione 2.1. Uno spazio vettoriale costruito sul campo K è una quaterna (V, K, +, ω), dove (V, +) è un gruppo abeliano e ω è un operazione (detta prodotto esterno) che ad un elemento h K e ad un elemento v V associa un elemento di V, denotato con hv, soddisfacente le seguenti proprietà: h, k K : v V : (hk)v = h(kv); (2.1) v V : 1v = v; (2.2) h K : v, w V : h(v + w) = hv + hw; (2.3) h, k K : v V : (h + k)v = hv + kv. (2.4) Gli elementi di V si dicono vettori, gli elementi di K si dicono scalari e si usa sottintendere le operazioni, denotando l intero spazio vettoriale con V K. Se K = R o K = C, V K si dice spazio vettoriale reale o, rispettivamente, spazio vettoriale complesso. L elemento neutro del gruppo abeliano (V, +) è il vettore nullo, 0. Esempio 2.2. Sia K un campo e n N, n > 0. In ciò che segue porremo sempre K n = M(n 1, K). Ciò significa che gli elementi di K n non sono altro che le colonne formate da n elementi di K. La quaterna (K n, K, +, ω), dove le ultime due operazioni sono definite dalle equazioni (x 1 x 2... x n ) T +(y 1 y 2... y n ) T = (x 1 +y 1 x 2 +y 2... x n +y n ) T ; (2.5) h(x 1 x 2... x n ) T = (hx 1 hx 2... hx n ) T, (2.6) per ogni h, x i, y i K, i = 1, 2,..., n, è uno spazio vettoriale. Esempio 2.3. La quaterna (M(m n, K), K, +, ω), dove + e ω sono gli usuali somma tra matrici e prodotto di uno scalare per una matrice, è uno spazio vettoriale costruito su K. Esempio 2.4. La quaterna (C 0 (R), R, +, ω), dove C 0 (R) è l insieme delle funzioni continue su R, + denota la somma di funzioni e per ogni h R e f(x) C 0 (R), il prodotto esterno hf(x) è il prodotto della funzione costante h per la funzione f(x), è uno spazio vettoriale reale.

14 6 CAPITOLO I. FONDAMENTI Definizione 2.5. Un sottospazio di uno spazio vettoriale V K è un sottoinsieme W di V che, rispetto alle medesime operazioni, risulti ancora uno spazio vettoriale costruito su K. Proposizione 2.6. Dato uno spazio vettoriale V K e W V, W risulta un sottospazio di V K se, e solo se, valgono le due proprietà seguenti: 0 W ; (2.7) h, k K : v 1, v 2 W : hv 1 + kv 2 W. (2.8) Esempio 2.7. L insieme di funzioni {f(x) C 0 (R) f(0) = 0} è un sottospazio di C 0 (R). Definizione 2.8. Dati due spazi vettoriali V K e W K, costruiti sul medesimo campo, un isomorfismo tra V K e W K è una biiezione L : V W, soddisfacente le due proprietà seguenti: v 1, v 2 V : L(v 1 + v 2 ) = L(v 1 ) + L(v 2 ); (2.9) Esempio 2.9. L applicazione h K : v V : L(hv) = hl(v). (2.10) L : M(m n, K) K mn : (a ij ) (a 11 a a 1n a a mn ) T, (2.11) che ad ogni matrice m n associa l (mn)-pla ordinata contenente tutti i suoi elementi, in ordine, è un isomorfismo tra gli spazi vettoriali definiti negli esempi 2.2 e 2.3. Definizione Un algebra sul campo K è uno spazio vettoriale V K, dotato di un ulteriore operazione binaria tra vettori, poniamo, tale che (V, +, ) sia un anello e inoltre h K : v, w V : h(v w) = (hv) w = v (hw). (2.12) Esempio Lo spazio vettoriale M(n n, K), con l aggiunta dell operazione di prodotto tra matrici, è un algebra su K. Un algebra su R verrà anche detta algebra reale. Esempio Il campo complesso C è un algebra reale. Anche C 0 (R), con l usuale prodotto tra funzioni, è un algebra reale. Nel resto di questo paragrafo, i vettori e gli scalari che compariranno saranno riferiti ad un generico spazio vettoriale V K.

15 2. SPAZI VETTORIALI 7 Definizione Una famiglia finita di vettori v 1, v 2,..., v r si dice linearmente dipendente se esistono degli scalari x 1, x 2,..., x r, non tutti nulli, tali che r x i v i = 0. (2.13) i=1 In caso contrario, la suddetta famiglia si dice linearmente indipendente. Ogni espressione come quella a primo membro nella (2.13) prende il nome di combinazione lineare di v 1, v 2,..., v r. Definizione Il sottospazio generato da una famiglia finita e non vuota di vettori v 1, v 2,..., v r è l insieme di tutte le sue combinazioni lineari: r W = { x i v i x 1,..., x r K}. (2.14) i=1 Tale sottospazio W viene anche denotato con W = v 1, v 2,..., v r. (2.15) Si pone poi = {0}. La (2.15) verrà anche espressa dicendo che v 1, v 2,..., v r è una famiglia di generatori di W. Le definizioni 2.13 e 2.14 possono essere estese a una famiglia qualsiasi F, finita o infinita, come segue: F si dice famiglia linearmente dipendente se contiene una sottofamiglia finita non vuota linearmente dipendente; il sottospazio generato da F è l insieme di tutte le combinazioni lineari finite di F. Esempio Prese le funzioni sin x, cos x C 0 (R), U = sin x, cos x = {a sin x + b cos x a, b R} (2.16) è l insieme di tutte le combinazioni lineari delle due funzioni. Definizione Una base di uno spazio vettoriale V K è una famiglia di generatori di V K, linearmente indipendente. Definizione Uno spazio vettoriale V K che ammetta almeno una base finita si dirà spazio vettoriale di dimensione finita. In ciò che segue avrà importanza l ordine degli elementi in una base. Definizione Una base ordinata di uno spazio vettoriale di dimensione finita V K è una n-pla ordinata di vettori B = (b 1 b 2... b n ) T, tale che b 1, b 2,..., b n sia una base di V K.

16 8 CAPITOLO I. FONDAMENTI D ora in poi, qualunque base sarà considerata ordinata anche in assenza di precisazioni. Esempio La base naturale di K n è N = (e 1 e 2... e n ) T, dove per ogni i = 1, 2,..., n, in e i = ( ) T compare 1 in i-esima posizione, 0 altrove. Esempio Consideriamo la famiglia di generatori sin x, cos x dello spazio vettoriale U definito nell esempio Affermiamo che tale famiglia è linearmente indipendente. A tal fine, consideriamo la seguente equazione nelle incognite α, β R: α sin x + β cos x = 0. (2.17) Il simbolo 0 qui denota la funzione nulla, cioè deve valere, per ogni x R, α sin x + β cos x = 0. Facendo allora in tale equazione prima x = 0, poi x = π/2, otteniamo β = α = 0. Resta così dimostrato che (sin x cos x) T è una base ordinata di U. Teorema Se B è una base finita di uno spazio vettoriale V K, composta da n vettori, allora ogni altra base di V K è composta da n vettori. Definizione Se V K ammette una base formata da n N vettori, diremo che V K ha dimensione n, dim V K = n. Altrimenti, dim V K =. Proposizione Se B = (b 1 b 2... b n ) T è una base ordinata dello spazio vettoriale V K, allora per ogni v V esiste un unica n-pla ordinata tale che X v = (x 1 x 2... x n ) T K n (2.18) v = n x i v i. (2.19) Osservazione La (2.19) si può esprimere anche come segue: i=1 v = X T v B. (2.20) Definizione L n-pla X v, definita nelle (2.18), (2.19), si dice n-pla delle coordinate di v, rispetto alla base B. Teorema Sia B = (b 1 b 2... b n ) T una base ordinata dello spazio vettoriale V K. L applicazione χ B : V K n : v X v, (2.21) dove X v è definita dalle (2.18), (2.19), è un isomorfismo di spazi vettoriali.

17 3. APPLICAZIONI LINEARI E MATRICI 9 Posto che due spazi vettoriali isomorfi sono essenzialmente uguali, in quanto differiscono soltanto per i simboli con i quali si denotano i loro vettori, abbiamo il seguente Corollario Sia K un campo. Lo spazio vettoriale K n è, a meno d isomorfismi, l unico spazio vettoriale di dimensione n costruito su K. è Se W 1 e W 2 sono sottospazi di uno spazio vettoriale V K, la loro somma W 1 + W 2 = {w + w w W 1 w W 2 }. (2.22) La somma di W 1 e W 2 risulta essere il più piccolo sottospazio contenente W 1 W 2 ed è legata all intersezione dalla formula di Grassmann: dim(w 1 + W 2 ) + dim(w 1 W 2 ) = dim W 1 + dim W 2. (2.23) 3 Applicazioni lineari e matrici Per quanto riguarda gli elementi del calcolo matriciale rimandiamo il lettore a un qualunque testo di algebra lineare. Poniamo qui l attenzione su di alcune notazioni che adotteremo in seguito. Le righe di una matrice A M(m n, K) si denotano con A 1, A 2,..., A m ; le colonne con A 1, A 2,..., A n. La trasposta di A si denota con A T. Se A GL(n, K), si pone A T = (A 1 ) T = (A T ) 1. Se A M(m n, K) e B M(m p, K), con (A B) si indica la matrice m (n + p) ottenuta affiancando A e B. Analogamente, la sua trasposta è ( ) (A B) T A T =. In particolare A = (A 1 A 2... A n ). Dati m, n N \ {0} e posto r = min{m, n}, con diag m n (h 1, h 2,..., h r ) si denoterà la matrice pseudodiagonale (a ij ) M(m n, K) definita ponendo a ij = 0 se i j e a ij = h i se i = j. Se m = n, si ometterà la scrittura dell indice m n e la matrice risulta diagonale nel senso usuale. Il simbolo I n = diag(1, 1,..., 1) (n volte il simbolo 1) denota la matrice identica d ordine n. Definizione 3.1. Dati due spazi vettoriali V K e W K, costruiti sul medesimo campo K, un omomorfismo, o applicazione lineare, di V K in W K è un applicazione L : V W soddisfacente le (2.9), (2.10). L insieme di B T

18 10 CAPITOLO I. FONDAMENTI tutti gli omomorfismi di V K in W K viene denotato con hom(v K, W K ). Se V K = W K gli elementi di hom(v K, W K ) si chiamano anche endomorfismi di V K. Osservazione 3.2. Rispetto alla somma tra applicazioni lineari e al prodotto per uno scalare, hom(v K, W K ) è uno spazio vettoriale. Se inoltre V K = W K, allora, denotata con l operazione di composizione di applicazioni, (hom(v K, V K ), +, ) è un anello soddisfacente l ulteriore proprietà (2.12). In definitiva, hom(v K, V K ) ha una struttura di algebra. Definizione 3.3. Siano dati due spazi vettoriali di dimensione finita V K e W K e due basi (ordinate) di essi, risp. B = (b 1 b 2... b n ) T e B = (b 1 b 2... b m) T. Denoteremo le coordinate di v V e w W, rispetto alle basi anzidette, con X v e Y w. Se L hom(v K, W K ), definiamo la matrice associata ad L, rispetto alle basi B e B, come A L B B = ( Y L(b1) Y L(b2)... Y L(bn)) M(m n, K). (3.1) Esempio 3.4. Posto V K = W K = sin x, cos x, sottospazio di C 0 (R), B = B = (sin x cos x) T e considerato l operatore lineare di derivazione D : V V : f(x) f (x), risulta: da cui D(b 1 ) = D(sin x) = cos x Y D(b1) = (0 1) T, (3.2) D(b 2 ) = D(cos x) = sin x Y D(b2) = ( 1 0) T, (3.3) A D B B = ( ) 0 1. (3.4) 1 0 Proposizione 3.5. Nelle stesse ipotesi della def. 3.3, per ogni v V vale: Y L(v) = A L B B X v. (3.5) Esempio 3.6. Ci proponiamo di calcolare la derivata di f(x) = sin(x + π/3), utilizzando la (3.5). Essendo sin(x + π 3 ) = 1 2 sin x cos x, vale ( ) 1/2 X f = 3/2 da cui, per le (3.4), (3.5), ( ) ( ) ( ) 0 1 1/2 Y f = 3/2 = /2 1/2 Quindi f (x) = 3 2 sin x cos x.

19 3. APPLICAZIONI LINEARI E MATRICI 11 Teorema 3.7. Fissati due spazi vettoriali di dimensioni finite n ed m sul medesimo campo K, risp. V K e W K, e due basi B e B di essi, nell ordine, l applicazione Φ : hom(v K, W K ) M(m n, K) : L A L B B (3.6) è un isomorfismo di spazi vettoriali. Proposizione 3.8. Siano dati tre spazi vettoriali di dimensione finita V K, W K e T K ; tre basi di essi, risp., B, B, B e L 1 hom(v K, W K ), L 2 hom(w K, T K ). Allora l applicazione composta L 2 L 1, che risulta lineare, ha matrice ( ) B A L2 L 1 B = B A (AL1 ) L2 B BB. (3.7) Se V K = W K = T K, B = B = B, dalle (3.6), (3.7) si ottiene Φ(L 2 L 1 ) = Φ(L 2 )Φ(L 1 ). Posto che un isomorfismo di algebre è una biiezione che risulta contemporaneamente un isomorfismo di spazi vettoriali e di anelli, otteniamo dunque: Teorema 3.9. Aggiungendo V K = W K e B = B alle ipotesi del teorema 3.7, l applicazione Φ risulta un isomorfismo di algebre. Osservazione Vogliamo, nel caso particolare B = B = N, base naturale di K n, invertire l isomorfismo Φ. Ciò significa, data A M(n n, K), trovare l endomorfismo F di K n N tale che A F N = A. Lasciamo al lettore di verificare che per la def. 3.3 esso soddisfa, per ogni x K n, l equazione F (x) = Ax. (3.8) Definizione Dato uno spazio vettoriale V K di dimensione finita n e due basi B, B in esso, la matrice di cambiamento di base da B a B è la matrice A id B B, dove id denota l applicazione identica in V. Osservazione Denotiamo con X v e X v le colonne delle coordinate di v V rispetto alle basi B e B. Allora dalla (3.5) segue: X v = A id B BX v. (3.9) Osservazione Poniamo B = (b 1 b 2... b n ) T, B = ( b 1 b2... b n ) T. Dalla (3.1) deduciamo che la matrice di cambiamento di base ha come colonne le colonne X b1, Xb2,..., Xbn delle coordinate dei vettori b 1, b 2,..., b n di B, calcolate rispetto alla base B: ( ) B j Aid B = Xbj, j = 1, 2,..., n. (3.10)

20 12 CAPITOLO I. FONDAMENTI Osservazione Posto per brevità A = A id B B, combinando le (2.20), (3.10) si ottiene (A j ) T B = bj, j = 1, 2,..., n. Ne segue ( Aid B B )T B = B. (3.11) Osservazione Dalla definizione si ha subito che A id B B = I n per ogni base B. Osservazione Per la prop. 3.8, comunque date due basi B e B si ha: A id BB A id B B = A id B B = I n. (3.12) Quindi ogni matrice di cambiamento di base è invertibile e la sua inversa è la matrice di cambiamento di base a basi scambiate. Esempio Vogliamo determinare le matrici di cambiamento di base tra le due seguenti basi di R 2 : B = (b 1 b 2 ) T, B = ( b 1 b2 ) T, dove: b 1 = (1 1) T, b 2 = (1 1) T, b 1 = (0 1) T, b 2 = (1 1) T. Vale b 1 = b 2, b 2 = 2 b 1 + b 2, da cui ( ) B 0 2 A id B =. (3.13) 1 1 Analogamente, da b 1 = 1 2 b b 2, b 2 = b 1 si ottiene A id BB = ( ) 1/2 1. (3.14) 1/2 0 Come si verifica subito, il prodotto delle due matrici in (3.13), (3.14) è la matrice identica. Esercizio Si determinino tutti gli endomorfismi L di R 3 soddisfacenti le relazioni L((0 1 2) T ) = (3 4 5) T ; (3.15) L((0 1 1) T ) = ( 2 0 0) T ; (3.16) L((1 2 1) T ) = (1 4 5) T. (3.17) Più precisamente, per ciascuno degli endomorfismi trovati e per ogni x, y, z R si calcoli L((x y z) T ). Si cerchi di applicare la relazione tra applicazioni lineari e matrici, in particolare evitando di risolvere esplicitamente dei sistemi lineari.

21 4. DIAGONALIZZABILITÀ DI MATRICI 13 Esercizio Si risolva l esercizio precedente, rimovendo la condizione (3.17). Concludiamo questo paragrafo richiamando ulteriori importanti risultati. Data L hom(v K, W K ), il nucleo di L è ker L = {v V L(v) = 0 W } (è consuetudine denotare con 0 W il vettore nullo di W per distinguerlo dal vettore nullo di V ). Tanto il nucleo, quanto l immagine im L di L sono sottospazi di, rispettivamente, V K e W K. L applicazione lineare L risulta iniettiva se, e solo se, ker L = {0 V }. Il teorema delle dimensioni stabilisce che, se dim V K <, allora dim ker L + dim im L = dim V K. (3.18) Il rango di una matrice A M(m n, K) è la dimensione del sottospazio generato dalle sue colonne: rk A = dim A 1, A 2,..., A n. Infine, se L hom(v K, W K ) e le dimensioni di entrambi gli spazi sono finite e B, B sono due basi qualsiasi di, rispettivamente, V K e W K, allora dim im L = rk A L B B, (3.19) 4 Diagonalizzabilità di matrici In questo paragrafo supponiamo fissata una matrice A = (a ij ) M(n n, K). Definizione 4.1. Se x K n e λ K soddisfano: Ax = λx, x 0, (4.1) allora x si dice autovettore di A e λ autovalore di A associato a x. Definizione 4.2. Il polinomio caratteristico di A è p A (t) = det(a ti n ). (4.2) Teorema 4.3. Gli autovalori di A sono precisamente le radici del polinomio caratteristico di A. Definizione 4.4. Un polinomio p(t) di grado n si dice completamente riducibile sul campo K, se è prodotto di n polinomi di grado uno, cioè si può esprimere nella forma p(t) = c(t λ 1 ) m1 (t λ 2 ) m2... (t λ r ) mr (4.3)

22 14 CAPITOLO I. FONDAMENTI con c, λ 1, λ 2,..., λ r K. Se gli elementi λ 1, λ 2,..., λ r sono tutti distinti, allora m i si dice molteplicità della radice λ i, i = 1, 2,..., r. Se p(t) è un polinomio caratteristico, allora m i si dice anche molteplicità algebrica dell autovalore λ i. Definizione 4.5. La traccia di A è tr A = n a ii. i=1 Proposizione 4.6. dove risulta: (i) Il polinomio caratteristico di A ha la forma: n 1 p A (t) = ( 1) n t n + α i t i, (4.4) i=0 α n 1 = ( 1) n 1 tr A, (4.5) α 0 = det A. (4.6) (ii) Se p A (t) è completamente riducibile, allora tr A è uguale alla somma degli autovalori di A, ciascuno contato un numero di volte pari alla sua molteplicità algebrica. (iii) Se p A (t) è completamente riducibile, allora det A è uguale al prodotto degli autovalori di A, ciascuno contato un numero di volte pari alla sua molteplicità algebrica. Esempio 4.7. Consideriamo la matrice reale ( ) A 1 2 = 3 4 Applicando la def. 4.2, si ottiene p A (t) = t 2 5t 2. Si conferma in questo caso che il polinomio ha grado due e termine di grado massimo pari a ( 1) n. Gli autovalori sono (5 ± 33)/2 e la loro somma è uguale a 5 = tr A = α n 1. Infine det A = 2 = α 0 è uguale anche al prodotto dei due autovalori. Ecco un altro esempio: posto A = diag(λ, λ, λ), risulta p A (t) = t 3 + 3λt 2 3λ 2 t + λ 3 e la verifica delle varie asserzioni nella prop. 4.6 è immediata. Definizione 4.8. La matrice A si dice diagonalizzabile in K se esiste C GL(n, K) tale che la matrice C 1 AC risulti diagonale.

23 5. SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI 15 Teorema 4.9. Sia C M(n n, K). La matrice C risulta invertibile e C 1 AC risulta diagonale se, e solo se, le colonne di C formano una base di K n e sono tutte autovettori di A. In tal caso, C 1 AC = diag(λ 1, λ 2,..., λ n ), (4.7) dove λ 1, λ 2,..., λ n sono gli autovalori di A e ciascuno compare un numero di volte pari alla sua molteplicità algebrica. Definizione Consideriamo il seguente insieme di vettori, dipendente da λ K: E A (λ) = {x K n (A λi n )x = 0}. (4.8) Esso risulta sempre un sottospazio di K n, in quanto spazio delle soluzioni di un sistema lineare omogeneo. Se λ non è un autovalore di A, allora E A (λ) = {0}. Se invece λ è un autovalore, allora E A (λ) è l insieme di tutti gli autovettori di A associati a λ, più il vettore nullo. In tal caso E A (λ) prende il nome di autospazio di A relativo a λ. Proposizione (i) Per ogni autovalore λ, la dimensione di E A (λ) risulta minore o uguale alla molteplicità algebrica di λ. (ii) La matrice A è diagonalizzabile se, λ 1, λ 2,..., λ r i suoi autovalori, risulta e solo se, indicati con E A (λ 1 ) + E A (λ 2 ) + + E A (λ r ) = K n. (4.9) Richiamiamo il teorema di diagonalizzabilità: Teorema La matrice A è diagonalizzabile in K se, e solo se, il suo polinomio caratteristico è completamente riducibile su K e la molteplicità algebrica di ogni autovalore λ risulta uguale a dim E A (λ). 5 Spazi vettoriali euclidei Definizione 5.1. Una forma bilineare in uno spazio vettoriale V K un applicazione è b : V V K : (v 1, v 2 ) v 1 v 2 b, soddisfacente le seguenti condizioni di bilinearità: h, k K w, v 1, v 2 V : hv 1 + kv 2 w b = h v 1 w b + k v 2 w b, (5.1) w hv 1 + kv 2 b = h w v 1 b + k w v 2 b. (5.2)

24 16 CAPITOLO I. FONDAMENTI Definizione 5.2. La forma bilineare b della def. 5.1 si dice simmetrica se soddisfa v 1, v 2 V : v 1 v 2 b = v 2 v 1 b. (5.3) Proposizione 5.3. Sia V K uno spazio vettoriale di dimensione finita n, B = (b 1 b 2... b n ) T una base di V K e si denotino con X v le colonne delle coordinate rispetto a tale base. (i) Se b è una forma bilineare simmetrica in V K, allora esiste una matrice simmetrica A M(n n, K) tale che v 1, v 2 V : v 1 v 2 b = X T v 1 AX v2. (5.4) (ii) Viceversa, data una qualsiasi matrice simmetrica A, definendo un applicazione b : V V K tramite la (5.4) si ottiene una forma bilineare simmetrica. (iii) I ciascuno dei casi (i) e (ii), la relazione tra A = (a ij ) e b è a ij = b i b j b, i, j = 1, 2,..., n. (5.5) Esempio 5.4. Il caso più semplice è quello in cui B = N. Se A è una matrice simmetrica, allora l equazione v 1 v 2 b = v T 1 Av 2 (5.6) definisce una forma bilineare simmetrica in K n. La matrice A = (a ij ) è tale che a ij = e T i Ae j = e i e j b. (5.7) Definizione 5.5. Una forma bilineare b in uno spazio vettoriale reale V R si dice definita positiva se vale v V \ {0} : v v b > 0. (5.8) Definizione 5.6. Un prodotto scalare in uno spazio vettoriale reale è una forma bilineare simmetrica definita positiva. Per denotare l operazione di prodotto scalare utilizzeremo il puntino: v 1 v 2 b = v 1 v 2. Osservazione 5.7. In alcuni testi la terminologia prodotto scalare indica genericamente una forma bilineare simmetrica, non necessariamente definita positiva. Esempio 5.8. Il prodotto scalare ordinario di R n è definito come segue: v 1 v 2 = v T 1 v 2, (5.9) dove a secondo membro si ha un prodotto di matrici. All atto pratico, (x 1 x 2... x n ) T (y 1 y 2... y n ) T = x 1 y 1 + x 2 y x n y n.

25 5. SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI 17 Proposizione 5.9. Una forma bilineare simmetrica in uno spazio vettoriale reale è definita positiva se, e solo se, la matrice ad essa associata secondo la prop. 5.3 (rispetto a una base qualsiasi) ha gli autovalori tutti positivi. Per quanto sopra una matrice reale simmetrica viene detta definita positiva se tutti i suoi autovalori sono positivi. Definizione Uno spazio vettoriale euclideo è uno spazio vettoriale reale in cui sia definito un prodotto scalare. Definizione Sia V R uno spazio vettoriale euclideo e v V. Il modulo, o norma, di v è v = v v. (5.10) Definizione Un versore in uno spazio vettoriale euclideo è un vettore il cui modulo vale 1. Due fondamentali disuguaglianze valide in ogni spazio vettoriale euclideo sono la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz, e la disuguaglianza triangolare: v 1 v 2 v 1 v 2 (5.11) v 1 + v 2 v 1 + v 2. (5.12) Vale cv = c v per ogni scalare c e ogni vettore v. Definizione Siano v 1 e v 2 vettori non nulli in uno spazio vettoriale euclideo. In virtù delle (5.8), (5.11) è lecito definire θ(v 1, v 2 ) = arccos Chiameremo θ(v 1, v 2 ) angolo tra i due vettori v 1 e v 2. v 1 v 2 v 1 v 2. (5.13) Definizione Due vettori v 1 e v 2 in uno spazio vettoriale euclideo si dicono ortogonali se v 1 v 2 = 0. Definizione Una r-pla di vettori (v 1 v 2... v r ) T di uno spazio vettoriale euclideo V R si dice ortogonale se i, j {1, 2,..., r} : (i j v i v j = 0). (5.14) Se in aggiunta alla (5.14), i vettori hanno tutti modulo uguale a uno, allora (v 1 v 2... v r ) T si dice r-pla ortonormale.

26 18 CAPITOLO I. FONDAMENTI Proposizione Se i vettori di una r-pla ortogonale sono tutti diversi dal vettore nullo, allora la r-pla è linearmente indipendente. Definizione Una base ortogonale di uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita n è una base che risulti anche una n-pla ortogonale. Una base ortonormale di uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita n è una base che risulti anche una n-pla ortonormale. Osservazione Ogni spazio vettoriale euclideo V R di dimensione finita ha una base ortonormale. Essa si può ottenere applicando ad una base qualsiasi il procedimento di Gram-Schmidt e successivamente normalizzando, cioè dividendo per il proprio modulo, i vettori così ottenuti. Esempio La base naturale N di R n, dotato del prodotto scalare ordinario, è una base ortonormale. Dalla prop. 5.3 (i) e (iii) segue subito: Proposizione Una base B di uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita è ortonormale se, e solo se, indicate con X v le coordinate rispetto a B, risulta v 1, v 2 V : v 1 v 2 = X T v 1 X v2. (5.15) Definizione Dato un sottospazio W di uno spazio vettoriale euclideo V R il suo ortogonale è il seguente insieme di vettori, che risulta pure un sottospazio: W = {x V w W : w x = 0}. (5.16) Teorema Se W è un sottospazio di dimensione finita di uno spazio vettoriale euclideo V R, allora ogni vettore v V si esprime in modo unico come somma di un vettore w W più un vettore w W. Più precisamente, se (w 1 w 2... w r ) T è una base ortonormale di W, i vettori di cui sopra sono dati dalle equazioni w = r (v w i )w i, (5.17) i=1 w = v w. (5.18) I vettori w e w di cui nel precedente teorema prendono il nome di proiezioni ortogonali di v su, rispettivamente, W e W.

27 6. MATRICI ORTOGONALI 19 6 Matrici ortogonali Come si è già detto, una matrice H M(n n, R) è ortogonale se H T H = I n. Ciò equivale a che H sia invertibile e H 1 = H T. Equivale pure a HH T = I n. Proposizione 6.1. Una matrice H M(n n, R) è ortogonale se, e solo se, le sue colonne formano una base ortonormale di R n, rispetto al prodotto scalare ordinario. Dimostrazione. Posto H T H = (a ij ), risulta: a ij = (H T ) i H j = H i H j. Proposizione 6.2. Se H O(n) e v R n, allora Dimostrazione. Hv = v. (6.1) Hv 2 = (Hv) (Hv) = v T H T Hv = v T v = v 2. Proposizione 6.3. Sia B una base ortonormale di uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita e B un altra base. La base B risulta ortonormale se, e solo se, la matrice A id B B è ortogonale. Dimostrazione. Poniamo B = (b 1 b 2... b n ) T. Supponiamo che B sia B ortonormale. Poniamo per brevità A = A id B e indichiamo con X v le coordinate rispetto a B. Allora, applicando la (5.15) alla base B e la B definizione di A id B (3.1), per i, j = 1, 2,..., n vale A i A j = X T b i Xbj = b i b j = { 1 per i = j 0 per i j, da cui la tesi. inversa. Lasciamo al lettore la dimostrazione dell implicazione Definizione 6.4. Un isometria di uno spazio vettoriale euclideo V R è un endomorfismo L di V K tale che v V : L(v) = v. (6.2) Osservazione 6.5. Segue dalla definizione che il nucleo di ogni isometria è nullo e quindi ogni isometria è iniettiva.

28 20 CAPITOLO I. FONDAMENTI Proposizione 6.6. Siano dati, in uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita V R, un endomorfismo L e una base ortonormale B. Allora L è un isometria se, e solo se, la matrice A L B B è ortogonale. Dimostrazione. Poniamo B = (b 1 b 2... b n ) T. Intanto, dalla (5.15) risulta X v = v per ogni vettore v, dove il primo modulo è quello associato al prodotto scalare ordinario di R n, mentre il secondo è associato al prodotto scalare definito in V R. Si ha: L(v) 2 = X L(v) 2 = X T v (A L B B ) T A L B B X v. (6.3) B Se A L B è ortogonale, allora il secondo membro della (6.3) è uguale a v 2 e quindi L è un isometria. Viceversa, supponiamo che L sia un isometria. Per i, j = 1, 2,..., n, i j vale 2 = b i + b j 2 = L(b i + b j ) 2 = (L(b i ) + L(b j )) (L(b i ) + L(b j )) = L(b i ) 2 + L(b j ) 2 + 2L(b i ) L(b j ) = 2 + 2L(b i ) L(b j ), (6.4) e da ciò segue L(b i ) L(b j ) = 0. Siccome il prodotto scalare della i- esima e della j-esima colonna di A L B B, ovvero X L(bi) X L(bj), uguaglia L(b i ) L(b j ) (sempre per la (5.15)), si ha la tesi. Osservazione 6.7. Un isometria L di uno spazio vettoriale euclideo conserva il prodotto scalare e l ortogonalità tra vettori. Infatti, se v e w sono vettori qualsiasi, vale: L(v) L(w) = 1 2 ( L(v) + L(w) 2 L(v) 2 L(w) 2 ) = = 1 2 ( v + w 2 v 2 w 2 ) = v w. Proposizione 6.8. Se H O(n), allora (i) det H { 1, 1}, (ii) ogni autovalore reale di H vale 1 o 1. Dimostrazione. (i) Posto x = det H, vale 1 = det(h T H) = det(h T ) det H = x 2. La (ii) segue dalla def. 4.1 e dalla (6.1). Osservazione 6.9. Nella dimostrazione precedente viene applicato il teorema di Binet, il quale asserisce che comunque prese A, B M(n n, K), vale det(ab) = det A det B. (6.5)

29 7. TEOREMA SPETTRALE 21 7 Teorema spettrale Teorema 7.1 (Teorema spettrale reale). Se A è una matrice reale simmetrica d ordine n, allora esiste una base ortogonale di R n i cui elementi sono tutti autovettori di A. Corollario 7.2. Se A è una matrice reale simmetrica d ordine n, allora esiste una matrice ortogonale H tale che H T AH = diag(λ 1, λ 2,..., λ n ), (7.1) dove λ 1, λ 2,..., λ n sono gli autovalori di A e ciascuno compare un numero di volte pari alla propria molteplicità algebrica. Il teorema spettrale reale deriva dal teorema spettrale complesso, che vale per una classe più ampia di matrici, rispetto a quelle simmetriche. Questa classe comprende anche le matrici ortogonali e le matrici antisimmetriche (cfr. par. 6, cap. II). La sua trattazione si colloca oltre i limiti che ci siamo posti. Osservazione 7.3. Diamo una tra le varie interpretazioni geometriche del teorema spettrale. Consideriamo l endomorfismo F : R n R n : x Ax, (7.2) di cui A è la matrice rispetto alla base naturale. Supponiamo che A sia simmetrica e invertibile. Consideriamo F come trasformazione affine (cfr. def. 1.5). Sia H O(n) tale che valga la (7.1). Posto B = (H 1 H 2... H n ) T B, B risulta una base ortonormale e A id N = H. Inoltre, A F B B = A id N B A F N N A id B N = H 1 AH = diag(λ 1, λ 2,..., λ n ) (7.3) è diagonale e contiene gli autovalori di A. L equazione (7.3) stabilisce come, in un sistema di riferimento cartesiano in cui gli assi siano paralleli agli autovettori H i di A, l azione di F sulle coordinate sia quella di moltiplicarle rispettivamente per λ 1, λ 2 eccetera. Per rendere l idea, in R 3 un cubo che abbia gli spigoli paralleli agli autovettori viene trasformato in un parallelepipedo rettangolo secondo i fattori di scala dati dai valori assoluti degli autovalori. Analogamente, la funzione F trasforma una sfera di raggio unitario in un ellissoide i cui assi sono paralleli agli autovettori e hanno come lunghezze i valori assoluti degli autovalori di A.

30 22 CAPITOLO I. FONDAMENTI Esercizio 7.4. Dato l endomorfismo F hom(r 2, R 2 ) definito ponendo F (x) = Ax, dove ( ) 1 2 A =, 2 3 determinare l immagine, mediante F, della circonferenza C con centro l origine e raggio unitario. (Lo svolgimento si trova a pag. 28.) Osservazione 7.5. Se A è simmetrica, pure H T AH è simmetrica. Siccome cambiando base ortonormale la matrice dell endomorfismo F in (7.2) cambia in H T AH, dove H è la matrice ortogonale di cambiamento di base, si ha che la proprietà dell endomorfismo di avere una matrice simmetrica (s intende: rispetto ad una base ortonormale presa sia per il dominio che per il codominio) è indipendente dalla scelta della base stessa. Un endomorfismo che abbia una tale proprietà si dice endomorfismo simmetrico. Ritorneremo sull argomento in modo più approfondito trattando i tensori simmetrici. 8 Relazioni d equivalenza, vettori geometrici, matrici simili Definizione 8.1. Una relazione in un insieme S è un sottoinsieme di S S. Se (x, y), diremo che x è in relazione con y e scriveremo x y. Altrimenti x non è in relazione con y, x y. Definizione 8.2. Una relazione in S è d equivalenza se gode della proprietà riflessiva, x S : x x, della proprietà simmetrica, x, y S : (x y y x) e della proprietà transitiva, x, y, z S : (x y y z x z). Esempio 8.3. Premesso che un segmento orientato nello spazio euclideo è una coppia ordinata (A, B) di punti, la relazione di equipollenza, definita nell insieme di tutti i segmenti orientati ponendo (A, B) (C, D) se, e solo se, ABDC è un parallelogramma, eventualmente degenere, è una relazione d equivalenza. Due segmenti orientati sono equipollenti se, e solo se, hanno uguali lunghezza, direzione e verso. Definizione 8.4. Data una relazione d equivalenza in un insieme S e x S, la classe d equivalenza di x, rispetto alla relazione, è [x] = {y S y x}. (8.1) Definizione 8.5. Un vettore geometrico è una classe d equivalenza di un segmento orientato, rispetto alla relazione d equipollenza.

31 8. RELAZIONI D EQUIVALENZA 23 Figura I.1: Equipollenza. Quindi un vettore geometrico è un insieme di infiniti segmenti orientati equipollenti. La notazione che useremo per il vettore geometrico [(A, B)] sarà AB. Definizione 8.6. Lo spazio dei vettori geometrici è lo spazio vettoriale reale formato dall insieme V dei vettori geometrici dello spazio, con le ben note operazioni di somma tra vettori e prodotto di un numero reale per un vettore geometrico. Un altro esempio di relazione di equivalenza è la relazione di similitudine tra matrici: Definizione 8.7. Due matrici A, B M(n n, K) si dicono simili se esiste C GL(n, K) tale che C 1 AC = B. (8.2) Le relazione di similitudine è una relazione d equivalenza. Ne lasciamo la dimostrazione al lettore. Osservazione 8.8. Ora si può riformulare la definizione di matrice diagonalizzabile osservando che una matrice è diagonalizzabile se, e solo se, è simile ad una matrice diagonale. Dunque, due matrici simili sono o entrambe diagonalizzabili o entrambe non diagonalizzabili.

32 24 CAPITOLO I. FONDAMENTI Proposizione 8.9. Due matrici simili hanno lo stesso polinomio caratteristico. Quindi per la prop. 4.6 due matrici simili hanno anche gli stessi autovalori, stesso determinante, stessa traccia. Dimostrazione. Se vale la (8.2), allora p B (t) = det(c 1 AC ti n ) = det(c 1 AC C 1 ti n C) = = det[c 1 (A ti n )C] = det(c 1 ) det(a ti n ) det C = p A (t). Il senso della relazione di similitudine risiede nella rappresentazione degli endomorfismi. Premesso che parleremo di matrice di L hom(v K, V K ) rispetto alla base B, sottintendendo che la base si prende sia per il dominio che per il codominio, in forza della prop. 3.8 vale, quali che siano le basi B e B dello spazio vettoriale V K : ovvero, posto C = A id BB, A L B B = A id B BA L B B A id BB, (8.3) A L B B = C 1 A L B B C; (8.4) quindi A L B B e A L B B sono matrici simili. Vale anche il viceversa, dato che per ogni matrice C GL(n, K) e ogni base B risulta univocamente determinata una base B tale che C = A id BB : Proposizione Se la matrice B è simile ad A L B B, allora esiste una base B tale che A L B B = B. Definizione Un endomorfismo L di uno spazio vettoriale V K di dimensione finita si dice diagonalizzabile se esiste una base B di V K, tale che A L B B sia diagonale. Osservazione Le matrici associate ad un endomorfismo L di uno spazio vettoriale V K di dimensione finita, rispetto alle diverse basi di V K, o sono tutte diagonalizzabili, e in tal caso L è diagonalizzabile, o nessuna di loro è diagonalizzabile, e in tal caso L non è diagonalizzabile. Inoltre, per la prop. 8.9, tali matrici hanno tutte lo stesso polinomio caratteristico, che si dice pertanto polinomio caratteristico di L e viene denotato con p L (t).

33 9. ESERCIZI SVOLTI 25 Definizione Due matrici A, B, reali e quadrate d ordine n, si dicono ortogonalmente simili se esiste H O(n) tale che H T AH = B. (8.5) Naturalmente, due matrici ortogonalmente simili sono anche simili, mentre l implicazione inversa non è vera. Quella data nella def risulta una relazione d equivalenza. Con argomentazioni analoghe a quelle svolte per le matrici simili, tenendo in debito conto la relazione esistente tra matrici ortogonali e cambiamenti di base tra basi ortonormali (prop. 6.3), si dimostra: Proposizione Se B, B sono due basi ortonormali di uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita V R e L hom(v R, V R ), allo- B B ra le matrici A L B e A L B sono ortogonalmente simili. Viceversa, se B una matrice B è ortogonalmente simile a A L B, allora esiste una base ortonormale B tale che AL B = B. B Infine osserviamo che vale il seguente teorema. Teorema Le matrici reali ortogonalmente simili a matrici diagonali sono precisamente quelle simmetriche. Dimostrazione. Il teorema spettrale garantisce che ogni matrice reale simmetrica sia ortogonalmente simile ad una matrice diagonale (cfr. cor. 7.2). Viceversa, se vale H T AH = D, dove H O(n) e D è diagonale n n, allora A = HDH T e A T = HD T H T = A. 9 Esercizi svolti Svolgimento dell esercizio Elenchiamo dapprima tutte le proprietà che devono essere soddisfatte. Innanzitutto, la somma e il prodotto di matrici devono essere operazioni in H 0. Quindi: 1. La somma di due elementi di H 0 è un elemento di H Il prodotto di due elementi di H 0 è un elemento di H 0. Il secondo elenco di proprietà viene dalla richiesta che (H 0, +) sia un gruppo abeliano: 3. La somma in H 0 è associativa (questo è ovvio in quanto è una proprietà generale della somma di matrici). 4. Esiste un elemento in H 0 neutro rispetto alla somma (vero: è la matrice nulla O). 5. Se una matrice appartiene ad H 0, anche la sua opposta vi appartiene.

LEZIONE 23. Esempio 23.1.3. Si consideri la matrice (si veda l Esempio 22.2.5) A = 1 2 2 3 3 0

LEZIONE 23. Esempio 23.1.3. Si consideri la matrice (si veda l Esempio 22.2.5) A = 1 2 2 3 3 0 LEZIONE 23 231 Diagonalizzazione di matrici Abbiamo visto nella precedente lezione che, in generale, non è immediato che, data una matrice A k n,n con k = R, C, esista sempre una base costituita da suoi

Dettagli

Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica

Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica Esame di Geometria (Prof. F. Tovena) Argomenti: Proprietà di nucleo e immagine di una applicazione lineare. dim V = dim

Dettagli

2.1 Definizione di applicazione lineare. Siano V e W due spazi vettoriali su R. Un applicazione

2.1 Definizione di applicazione lineare. Siano V e W due spazi vettoriali su R. Un applicazione Capitolo 2 MATRICI Fra tutte le applicazioni su uno spazio vettoriale interessa esaminare quelle che mantengono la struttura di spazio vettoriale e che, per questo, vengono dette lineari La loro importanza

Dettagli

Algebra Lineare e Geometria

Algebra Lineare e Geometria Algebra Lineare e Geometria Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica A.A. 2013-2014 Prova d esame del 16/06/2014. 1) a) Determinare la matrice associata all applicazione lineare T : R 3 R 4 definita da

Dettagli

Applicazioni lineari

Applicazioni lineari Applicazioni lineari Esempi di applicazioni lineari Definizione. Se V e W sono spazi vettoriali, una applicazione lineare è una funzione f: V W tale che, per ogni v, w V e per ogni a, b R si abbia f(av

Dettagli

RICHIAMI SULLE MATRICI. Una matrice di m righe e n colonne è rappresentata come

RICHIAMI SULLE MATRICI. Una matrice di m righe e n colonne è rappresentata come RICHIAMI SULLE MATRICI Una matrice di m righe e n colonne è rappresentata come A = a 11 a 12... a 1n a 21 a 22... a 2n............ a m1 a m2... a mn dove m ed n sono le dimensioni di A. La matrice A può

Dettagli

x 1 + x 2 3x 4 = 0 x1 + x 2 + x 3 = 0 x 1 + x 2 3x 4 = 0.

x 1 + x 2 3x 4 = 0 x1 + x 2 + x 3 = 0 x 1 + x 2 3x 4 = 0. Problema. Sia W il sottospazio dello spazio vettoriale R 4 dato da tutte le soluzioni dell equazione x + x 2 + x = 0. (a. Sia U R 4 il sottospazio dato da tutte le soluzioni dell equazione Si determini

Dettagli

1 Applicazioni Lineari tra Spazi Vettoriali

1 Applicazioni Lineari tra Spazi Vettoriali 1 Applicazioni Lineari tra Spazi Vettoriali Definizione 1 (Applicazioni lineari) Si chiama applicazione lineare una applicazione tra uno spazio vettoriale ed uno spazio vettoriale sul campo tale che "!$%!

Dettagli

STRUTTURE ALGEBRICHE

STRUTTURE ALGEBRICHE STRUTTURE ALGEBRICHE Operazioni in un insieme Sia A un insieme non vuoto; una funzione f : A A A si dice operazione binaria (o semplicemente operazione), oppure legge di composizione interna. Per definizione

Dettagli

Diagonalizzazione di matrici e applicazioni lineari

Diagonalizzazione di matrici e applicazioni lineari CAPITOLO 9 Diagonalizzazione di matrici e applicazioni lineari Esercizio 9.1. Verificare che v = (1, 0, 0, 1) è autovettore dell applicazione lineare T così definita T(x 1,x 2,x 3,x 4 ) = (2x 1 2x 3, x

Dettagli

ESERCIZI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA

ESERCIZI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA ESERCIZI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Francesco Bottacin Padova, 24 febbraio 2012 Capitolo 1 Algebra Lineare 1.1 Spazi e sottospazi vettoriali Esercizio 1.1. Sia U il sottospazio di R 4 generato dai

Dettagli

Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria Elettronica

Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria Elettronica Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria Elettronica Terzo Appello del corso di Geometria e Algebra II Parte - Docente F. Flamini, Roma, 7/09/2007 SVOLGIMENTO COMPITO III APPELLO

Dettagli

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI Capitolo I LE FUNZIONI A DUE VARIABILI In questo primo capitolo introduciamo alcune definizioni di base delle funzioni reali a due variabili reali. Nel seguito R denoterà l insieme dei numeri reali mentre

Dettagli

(V) (FX) Z 6 è un campo rispetto alle usuali operazioni di somma e prodotto.

(V) (FX) Z 6 è un campo rispetto alle usuali operazioni di somma e prodotto. 29 giugno 2009 - PROVA D ESAME - Geometria e Algebra T NOME: MATRICOLA: a=, b=, c= Sostituire ai parametri a, b, c rispettivamente la terzultima, penultima e ultima cifra del proprio numero di matricola

Dettagli

LEZIONE 16. Proposizione 16.1.2. Siano V e W spazi vettoriali su k = R, C. Se f: V W

LEZIONE 16. Proposizione 16.1.2. Siano V e W spazi vettoriali su k = R, C. Se f: V W LEZIONE 16 16.1. Applicazioni lineari iniettive e suriettive. Ricordo le seguenti due definizioni valide per applicazioni di qualsiasi tipo ϕ: X Y fra due insiemi. L applicazione ϕ si dice iniettiva se

Dettagli

Dimensione di uno Spazio vettoriale

Dimensione di uno Spazio vettoriale Capitolo 4 Dimensione di uno Spazio vettoriale 4.1 Introduzione Dedichiamo questo capitolo ad un concetto fondamentale in algebra lineare: la dimensione di uno spazio vettoriale. Daremo una definizione

Dettagli

Prova scritta di Geometria 2 Prof. M. Boratynski

Prova scritta di Geometria 2 Prof. M. Boratynski 10/9/2008 Es. 1: Si consideri la forma bilineare simmetrica b su R 3 associata, rispetto alla base canonica {e 1, e 2, e 3 } alla matrice 3 2 1 A = 2 3 0. 1 0 1 1) Provare che (R 3, b) è uno spazio vettoriale

Dettagli

Esercizi su lineare indipendenza e generatori

Esercizi su lineare indipendenza e generatori Esercizi su lineare indipendenza e generatori Per tutto il seguito, se non specificato esplicitamente K indicherà un campo e V uno spazio vettoriale su K Cose da ricordare Definizione Dei vettori v,,v

Dettagli

Parte 3. Rango e teorema di Rouché-Capelli

Parte 3. Rango e teorema di Rouché-Capelli Parte 3. Rango e teorema di Rouché-Capelli A. Savo Appunti del Corso di Geometria 203-4 Indice delle sezioni Rango di una matrice, 2 Teorema degli orlati, 3 3 Calcolo con l algoritmo di Gauss, 6 4 Matrici

Dettagli

Parte 2. Determinante e matrice inversa

Parte 2. Determinante e matrice inversa Parte. Determinante e matrice inversa A. Savo Appunti del Corso di Geometria 013-14 Indice delle sezioni 1 Determinante di una matrice, 1 Teorema di Cramer (caso particolare), 3 3 Determinante di una matrice

Dettagli

FUNZIONI ELEMENTARI - ESERCIZI SVOLTI

FUNZIONI ELEMENTARI - ESERCIZI SVOLTI FUNZIONI ELEMENTARI - ESERCIZI SVOLTI 1) Determinare il dominio delle seguenti funzioni di variabile reale: (a) f(x) = x 4 (c) f(x) = 4 x x + (b) f(x) = log( x + x) (d) f(x) = 1 4 x 5 x + 6 ) Data la funzione

Dettagli

Federico Lastaria. Analisi e Geometria 2. Matrici simmetriche. Il teorema spettrale. 1/24

Federico Lastaria. Analisi e Geometria 2. Matrici simmetriche. Il teorema spettrale. 1/24 Contenuto Endomorfismi auto-aggiunti. Matrici simmetriche. Il teorema spettrale Gli autovalori di una matrice simmetrica sono tutti reali. (Dimostrazione fatta usando i numeri complessi). Dimostrazione

Dettagli

LEZIONE 17. B : kn k m.

LEZIONE 17. B : kn k m. LEZIONE 17 17.1. Isomorfismi tra spazi vettoriali finitamente generati. Applichiamo quanto visto nella lezione precedente ad isomorfismi fra spazi vettoriali di dimensione finita. Proposizione 17.1.1.

Dettagli

Per lo svolgimento del corso risulta particolarmente utile considerare l insieme

Per lo svolgimento del corso risulta particolarmente utile considerare l insieme 1. L insieme R. Per lo svolgimento del corso risulta particolarmente utile considerare l insieme R = R {, + }, detto anche retta reale estesa, che si ottiene aggiungendo all insieme dei numeri reali R

Dettagli

Parte 6. Applicazioni lineari

Parte 6. Applicazioni lineari Parte 6 Applicazioni lineari A Savo Appunti del Corso di Geometria 203-4 Indice delle sezioni Applicazioni fra insiemi, 2 Applicazioni lineari tra spazi vettoriali, 2 3 Applicazioni lineari da R n a R

Dettagli

Prodotto elemento per elemento, NON righe per colonne Unione: M R S

Prodotto elemento per elemento, NON righe per colonne Unione: M R S Relazioni binarie Una relazione binaria può essere rappresentata con un grafo o con una matrice di incidenza. Date due relazioni R, S A 1 A 2, la matrice di incidenza a seguito di varie operazioni si può

Dettagli

ELEMENTI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Corso di Laurea Ingegneria Edile-Architettura

ELEMENTI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Corso di Laurea Ingegneria Edile-Architettura Cognome Nome Matricola ELEMENTI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Corso di Laurea Ingegneria Edile-Architettura (Primo appello/ii prova parziale 15/6/15 - Chiarellotto-Urbinati) Per la II prova: solo esercizi

Dettagli

4. Operazioni elementari per righe e colonne

4. Operazioni elementari per righe e colonne 4. Operazioni elementari per righe e colonne Sia K un campo, e sia A una matrice m n a elementi in K. Una operazione elementare per righe sulla matrice A è una operazione di uno dei seguenti tre tipi:

Dettagli

Anello commutativo. Un anello è commutativo se il prodotto è commutativo.

Anello commutativo. Un anello è commutativo se il prodotto è commutativo. Anello. Un anello (A, +, ) è un insieme A con due operazioni + e, dette somma e prodotto, tali che (A, +) è un gruppo abeliano, (A, ) è un monoide, e valgono le proprietà di distributività (a destra e

Dettagli

CORSO DI LAUREA INF TWM ANNO DI IMMATRICOLAZIONE MATRICOLA

CORSO DI LAUREA INF TWM ANNO DI IMMATRICOLAZIONE MATRICOLA COGNOME NOME CORSO DI LAUREA INF TWM ANNO DI IMMATRICOLAZIONE MATRICOLA SIMULAZIONE SCRITTO DI MATEMATICA DISCRETA, SECONDA PARTE Per ottenere la sufficienza bisogna rispondere in modo corretto ad almeno

Dettagli

10. Insiemi non misurabili secondo Lebesgue.

10. Insiemi non misurabili secondo Lebesgue. 10. Insiemi non misurabili secondo Lebesgue. Lo scopo principale di questo capitolo è quello di far vedere che esistono sottoinsiemi di R h che non sono misurabili secondo Lebesgue. La costruzione di insiemi

Dettagli

Lezione 9: Cambio di base

Lezione 9: Cambio di base Lezione 9: Cambio di base In questa lezione vogliamo affrontare uno degli argomenti piu ostici per lo studente e cioè il cambio di base all interno di uno spazio vettoriale, inoltre cercheremo di capire

Dettagli

1. PRIME PROPRIETÀ 2

1. PRIME PROPRIETÀ 2 RELAZIONI 1. Prime proprietà Il significato comune del concetto di relazione è facilmente intuibile: due elementi sono in relazione se c è un legame tra loro descritto da una certa proprietà; ad esempio,

Dettagli

ESERCIZI APPLICAZIONI LINEARI

ESERCIZI APPLICAZIONI LINEARI ESERCIZI APPLICAZIONI LINEARI PAOLO FACCIN 1. Esercizi sulle applicazioni lineari 1.1. Definizioni sulle applicazioni lineari. Siano V, e W spazi vettoriali, con rispettive basi B V := (v 1 v n) e B W

Dettagli

1 Regole generali per l esame. 2 Libro di Testo

1 Regole generali per l esame. 2 Libro di Testo FACOLTÀ DI INGEGNERIA Corso di GEOMETRIA E ALGEBRA (mn). (Ing. per l Ambiente e il Territorio, Ing. Informatica - Sede di Mantova) A.A. 2008/2009. Docente: F. BISI. 1 Regole generali per l esame L esame

Dettagli

Tutorato di GE110. Universitá degli Studi Roma Tre - Corso di Laurea in Matematica

Tutorato di GE110. Universitá degli Studi Roma Tre - Corso di Laurea in Matematica Universitá degli Studi Roma Tre - Corso di Laurea in Matematica Tutorato di GE110 A.A. 2014-2015 - Docente: Prof. Angelo Felice Lopez Tutori: Federico Campanini e Giulia Salustri Soluzioni Tutorato 13

Dettagli

Teoria in sintesi 10. Attività di sportello 1, 24 - Attività di sportello 2, 24 - Verifica conclusiva, 25. Teoria in sintesi 26

Teoria in sintesi 10. Attività di sportello 1, 24 - Attività di sportello 2, 24 - Verifica conclusiva, 25. Teoria in sintesi 26 Indice L attività di recupero 6 Funzioni Teoria in sintesi 0 Obiettivo Ricerca del dominio e del codominio di funzioni note Obiettivo Ricerca del dominio di funzioni algebriche; scrittura del dominio Obiettivo

Dettagli

4 Quarta lezione: Spazi di Banach e funzionali lineari. Spazio duale

4 Quarta lezione: Spazi di Banach e funzionali lineari. Spazio duale 4 Quarta lezione: Spazi di Banach e funzionali lineari. Spazio duale Spazi Metrici Ricordiamo che uno spazio metrico è una coppia (X, d) dove X è un insieme e d : X X [0, + [ è una funzione, detta metrica,

Dettagli

FUNZIONE REALE DI UNA VARIABILE

FUNZIONE REALE DI UNA VARIABILE FUNZIONE REALE DI UNA VARIABILE Funzione: legge che ad ogni elemento di un insieme D (Dominio) tale che D R, fa corrispondere un elemento y R ( R = Codominio ). f : D R : f () = y ; La funzione f(): A

Dettagli

APPLICAZIONI LINEARI

APPLICAZIONI LINEARI APPLICAZIONI LINEARI 1. Esercizi Esercizio 1. Date le seguenti applicazioni lineari (1) f : R 2 R 3 definita da f(x, y) = (x 2y, x + y, x + y); (2) g : R 3 R 2 definita da g(x, y, z) = (x + y, x y); (3)

Dettagli

CONTINUITÀ E DERIVABILITÀ Esercizi proposti. 1. Determinare lim M(sinx) (M(t) denota la mantissa di t)

CONTINUITÀ E DERIVABILITÀ Esercizi proposti. 1. Determinare lim M(sinx) (M(t) denota la mantissa di t) CONTINUITÀ E DERIVABILITÀ Esercizi proposti 1. Determinare lim M(sin) (M(t) denota la mantissa di t) kπ/ al variare di k in Z. Ove tale limite non esista, discutere l esistenza dei limiti laterali. Identificare

Dettagli

15 febbraio 2010 - Soluzione esame di geometria - 12 crediti Ingegneria gestionale - a.a. 2009-2010 COGNOME... NOME... N. MATRICOLA...

15 febbraio 2010 - Soluzione esame di geometria - 12 crediti Ingegneria gestionale - a.a. 2009-2010 COGNOME... NOME... N. MATRICOLA... 15 febbraio 010 - Soluzione esame di geometria - 1 crediti Ingegneria gestionale - a.a. 009-010 COGNOME.......................... NOME.......................... N. MATRICOLA............. La prova dura

Dettagli

Prodotto libero di gruppi

Prodotto libero di gruppi Prodotto libero di gruppi 24 aprile 2014 Siano (A 1, +) e (A 2, +) gruppi abeliani. Sul prodotto cartesiano A 1 A 2 definiamo l operazione (x 1, y 1 ) + (x 2, y 2 ) := (x 1 + x 2, y 1 + y 2 ). Provvisto

Dettagli

Lezioni di Matematica 1 - I modulo

Lezioni di Matematica 1 - I modulo Lezioni di Matematica 1 - I modulo Luciano Battaia 16 ottobre 2008 Luciano Battaia - http://www.batmath.it Matematica 1 - I modulo. Lezione del 16/10/2008 1 / 13 L introduzione dei numeri reali si può

Dettagli

Ottimizazione vincolata

Ottimizazione vincolata Ottimizazione vincolata Ricordiamo alcuni risultati provati nella scheda sulla Teoria di Dini per una funzione F : R N+M R M di classe C 1 con (x 0, y 0 ) F 1 (a), a = (a 1,, a M ), punto in cui vale l

Dettagli

19. Inclusioni tra spazi L p.

19. Inclusioni tra spazi L p. 19. Inclusioni tra spazi L p. Nel n. 15.1 abbiamo provato (Teorema 15.1.1) che, se la misura µ è finita, allora tra i corispondenti spazi L p (µ) si hanno le seguenti inclusioni: ( ) p, r ]0, + [ : p

Dettagli

Algebra e Geometria. Ingegneria Meccanica e dei Materiali Sez (2) Ingegneria dell Automazione Industriale Sez (2)

Algebra e Geometria. Ingegneria Meccanica e dei Materiali Sez (2) Ingegneria dell Automazione Industriale Sez (2) Algebra e Geometria Ingegneria Meccanica e dei Materiali Sez (2) Ingegneria dell Automazione Industriale Sez (2) Traccia delle lezioni che saranno svolte nell anno accademico 2012/13 I seguenti appunti

Dettagli

1 Serie di Taylor di una funzione

1 Serie di Taylor di una funzione Analisi Matematica 2 CORSO DI STUDI IN SMID CORSO DI ANALISI MATEMATICA 2 CAPITOLO 7 SERIE E POLINOMI DI TAYLOR Serie di Taylor di una funzione. Definizione di serie di Taylor Sia f(x) una funzione definita

Dettagli

4 Dispense di Matematica per il biennio dell Istituto I.S.I.S. Gaetano Filangieri di Frattamaggiore EQUAZIONI FRATTE E SISTEMI DI EQUAZIONI

4 Dispense di Matematica per il biennio dell Istituto I.S.I.S. Gaetano Filangieri di Frattamaggiore EQUAZIONI FRATTE E SISTEMI DI EQUAZIONI 119 4 Dispense di Matematica per il biennio dell Istituto I.S.I.S. Gaetano Filangieri di Frattamaggiore EQUAZIONI FRATTE E SISTEMI DI EQUAZIONI Indice degli Argomenti: TEMA N. 1 : INSIEMI NUMERICI E CALCOLO

Dettagli

G. Pareschi ALGEBRE DI BOOLE. 1. Algebre di Boole

G. Pareschi ALGEBRE DI BOOLE. 1. Algebre di Boole G. Pareschi ALGEBRE DI BOOLE 1. Algebre di Boole Nel file precedente abbiamo incontrato la definizione di algebra di Boole come reticolo: un algebra di Boole e un reticolo limitato, complementato e distributivo.

Dettagli

MATRICI E DETERMINANTI

MATRICI E DETERMINANTI MATRICI E DETERMINANTI 1. MATRICI Si ha la seguente Definizione 1: Un insieme di numeri, reali o complessi, ordinati secondo righe e colonne è detto matrice di ordine m x n, ove m è il numero delle righe

Dettagli

LE FIBRE DI UNA APPLICAZIONE LINEARE

LE FIBRE DI UNA APPLICAZIONE LINEARE LE FIBRE DI UNA APPLICAZIONE LINEARE Sia f:a B una funzione tra due insiemi. Se y appartiene all immagine di f si chiama fibra di f sopra y l insieme f -1 y) ossia l insieme di tutte le controimmagini

Dettagli

Corrispondenze e funzioni

Corrispondenze e funzioni Corrispondenze e funzioni L attività fondamentale della mente umana consiste nello stabilire corrispondenze e relazioni tra oggetti; è anche per questo motivo che il concetto di corrispondenza è uno dei

Dettagli

Lezioni di Algebra Lineare III. Applicazioni lineari e matrici Struttura algebrica delle soluzioni dei sistemi lineari

Lezioni di Algebra Lineare III. Applicazioni lineari e matrici Struttura algebrica delle soluzioni dei sistemi lineari Versione ottobre novembre 2008 Lezioni di Algebra Lineare III. Applicazioni lineari e matrici Struttura algebrica delle soluzioni dei sistemi lineari Contenuto 1. Applicazioni lineari 2. L insieme delle

Dettagli

Capitolo 2. Operazione di limite

Capitolo 2. Operazione di limite Capitolo 2 Operazione di ite In questo capitolo vogliamo occuparci dell operazione di ite, strumento indispensabile per scoprire molte proprietà delle funzioni. D ora in avanti riguarderemo i domini A

Dettagli

4. Operazioni binarie, gruppi e campi.

4. Operazioni binarie, gruppi e campi. 1 4. Operazioni binarie, gruppi e campi. 4.1 Definizione. Diremo - operazione binaria ovunque definita in A B a valori in C ogni funzione f : A B C - operazione binaria ovunque definita in A a valori in

Dettagli

3 GRAFICI DI FUNZIONI

3 GRAFICI DI FUNZIONI 3 GRAFICI DI FUNZIONI Particolari sottoinsiemi di R che noi studieremo sono i grafici di funzioni. Il grafico di una funzione f (se non è specificato il dominio di definizione) è dato da {(x, y) : x dom

Dettagli

RETTE, PIANI, SFERE, CIRCONFERENZE

RETTE, PIANI, SFERE, CIRCONFERENZE RETTE, PIANI, SFERE, CIRCONFERENZE 1. Esercizi Esercizio 1. Dati i punti A(1, 0, 1) e B(, 1, 1) trovare (1) la loro distanza; () il punto medio del segmento AB; (3) la retta AB sia in forma parametrica,

Dettagli

SPAZI METRICI. Uno spazio metrico X con metrica d si indica con il simbolo (X, d). METRICI 1

SPAZI METRICI. Uno spazio metrico X con metrica d si indica con il simbolo (X, d). METRICI 1 SPAZI METRICI Nel piano R 2 o nello spazio R 3 la distanza fra due punti è la lunghezza, o norma euclidea, del vettore differenza di questi due punti. Se p = (x, y, z) è un vettore in coordinate ortonormali,

Dettagli

Teoria degli insiemi

Teoria degli insiemi Teoria degli insiemi pag 1 Easy Matematica di dolfo Scimone Teoria degli insiemi Il concetto di insieme si assume come primitivo, cioè non riconducibile a concetti precedentemente definiti. Sinonimi di

Dettagli

Forze come grandezze vettoriali

Forze come grandezze vettoriali Forze come grandezze vettoriali L. Paolucci 23 novembre 2010 Sommario Esercizi e problemi risolti. Per la classe prima. Anno Scolastico 2010/11 Parte 1 / versione 2 Si ricordi che la risultante di due

Dettagli

Corso di Matematica per la Chimica

Corso di Matematica per la Chimica Dott.ssa Maria Carmela De Bonis a.a. 203-4 I sistemi lineari Generalità sui sistemi lineari Molti problemi dell ingegneria, della fisica, della chimica, dell informatica e dell economia, si modellizzano

Dettagli

Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria - Edile ed Edile-Architettura

Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria - Edile ed Edile-Architettura Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria - Edile ed Edile-Architettura Primo Esonero del corso di Geometria Docente F. Flamini, Roma, 2//28 SOLUZIONI COMPITO I ESONERO Esercizio.

Dettagli

Capitolo I STRUTTURE ALGEBRICHE ELEMENTARI

Capitolo I STRUTTURE ALGEBRICHE ELEMENTARI Capitolo I STRUTTURE ALGEBRICHE ELEMENTARI In matematica, per semplificare la stesura di un testo, si fa ricorso ad un linguaggio specifico. In questo capitolo vengono fornite in maniera sintetica le nozioni

Dettagli

GEOMETRIA I Corso di Geometria I (seconda parte)

GEOMETRIA I Corso di Geometria I (seconda parte) Corso di Geometria I (seconda parte) anno acc. 2009/2010 Cambiamento del sistema di riferimento in E 3 Consideriamo in E 3 due sistemi di riferimento ortonormali R e R, ed un punto P (x, y, z) in R. Lo

Dettagli

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA.

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA. CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA. FOGLIO DI ESERCIZI 4 GEOMETRIA E ALGEBRA LINEARE 2010/11 Esercizio 4.1 (2.2). Determinare l equazione parametrica e Cartesiana della retta dello spazio (a) Passante per i

Dettagli

MATEMATICA 2001. p = 4/6 = 2/3; q = 1-2/3 = 1/3. La risposta corretta è quindi la E).

MATEMATICA 2001. p = 4/6 = 2/3; q = 1-2/3 = 1/3. La risposta corretta è quindi la E). MATEMATICA 2001 66. Quale fra le seguenti affermazioni è sbagliata? A) Tutte le funzioni ammettono la funzione inversa B) Una funzione dispari è simmetrica rispetto all origine C) Una funzione pari è simmetrica

Dettagli

APPLICAZIONI LINEARI. B si definisce surriettiva. 9 quando ogni elemento di. B risulta IMMAGINE di. almeno un elemento di A.

APPLICAZIONI LINEARI. B si definisce surriettiva. 9 quando ogni elemento di. B risulta IMMAGINE di. almeno un elemento di A. APPLICAZIONI LINEARI Siano V e W due spazi vettoriali, di dimensione m ed n sullo stesso campo di scalari R. Una APPLICAZIONE ƒ : V W viene definita APPLICAZIONE LINEARE od OMOMORFISMO se risulta, per

Dettagli

09 - Funzioni reali di due variabili reali

09 - Funzioni reali di due variabili reali Università degli Studi di Palermo Facoltà di Economia CdS Sviluppo Economico e Cooperazione Internazionale Appunti del corso di Matematica 09 - Funzioni reali di due variabili reali Anno Accademico 2013/2014

Dettagli

Chiusura lineare. N.B. A può essere indifferentemente un insieme, finito o no, o un sistema. Es.1. Es.2

Chiusura lineare. N.B. A può essere indifferentemente un insieme, finito o no, o un sistema. Es.1. Es.2 Chiusura lineare Def. Sia A V (K) con A. Si dice copertura lineare (o chiusura lineare) di A, e si indica con L(A), l insieme dei vettori di V che risultano combinazioni lineari di un numero finito di

Dettagli

I Numeri Complessi. Si verifica facilmente che, per l operazione di somma in definita dalla (1), valgono le seguenti

I Numeri Complessi. Si verifica facilmente che, per l operazione di somma in definita dalla (1), valgono le seguenti Y T T I Numeri Complessi Operazioni di somma e prodotto su Consideriamo, insieme delle coppie ordinate di numeri reali, per cui si ha!"# $&% '( e )("+* Introduciamo in tale insieme una operazione di somma,/0"#123045"#

Dettagli

definizione e notazione (direzione,verso modulo), v V, lo spazio ( insieme)

definizione e notazione (direzione,verso modulo), v V, lo spazio ( insieme) 1 Spazi vettoriali 1.1 Richiami ai vettori freccia definizione e notazione (direzione,verso modulo), v V, lo spazio ( insieme) dei vettori esiste la operazione binaria sul sostegno V che chiameremo somma(regola

Dettagli

ESAME DI STATO DI LICEO SCIENTIFICO CORSO SPERIMENTALE P.N.I. 2004

ESAME DI STATO DI LICEO SCIENTIFICO CORSO SPERIMENTALE P.N.I. 2004 ESAME DI STAT DI LICE SCIENTIFIC CRS SPERIMENTALE P.N.I. 004 Il candidato risolva uno dei due problemi e 5 dei 0 quesiti in cui si articola il questionario. PRBLEMA Sia la curva d equazione: ke ove k e

Dettagli

Funzioni funzione dominio codominio legge argomento variabile indipendente variabile dipendente

Funzioni funzione dominio codominio legge argomento variabile indipendente variabile dipendente Funzioni In matematica, una funzione f da X in Y consiste in: 1. un insieme X detto dominio di f 2. un insieme Y detto codominio di f 3. una legge che ad ogni elemento x in X associa uno ed un solo elemento

Dettagli

GIROSCOPIO. Scopo dell esperienza: Teoria fisica. Verificare la relazione: ω p = bmg/iω

GIROSCOPIO. Scopo dell esperienza: Teoria fisica. Verificare la relazione: ω p = bmg/iω GIROSCOPIO Scopo dell esperienza: Verificare la relazione: ω p = bmg/iω dove ω p è la velocità angolare di precessione, ω è la velocità angolare di rotazione, I il momento principale d inerzia assiale,

Dettagli

risulta (x) = 1 se x < 0.

risulta (x) = 1 se x < 0. Questo file si pone come obiettivo quello di mostrarvi come lo studio di una funzione reale di una variabile reale, nella cui espressione compare un qualche valore assoluto, possa essere svolto senza necessariamente

Dettagli

MATEMATICA. { 2 x =12 y 3 y +8 x =0, si pone il problema di trovare, se esistono, un numero x ed un numero y che risolvano entrambe le equazioni.

MATEMATICA. { 2 x =12 y 3 y +8 x =0, si pone il problema di trovare, se esistono, un numero x ed un numero y che risolvano entrambe le equazioni. MATEMATICA. Sistemi lineari in due equazioni due incognite. Date due equazioni lineari nelle due incognite x, y come ad esempio { 2 x =12 y 3 y +8 x =0, si pone il problema di trovare, se esistono, un

Dettagli

3 Applicazioni lineari e matrici

3 Applicazioni lineari e matrici 3 Applicazioni lineari e matrici 3.1 Applicazioni lineari Definizione 3.1 Siano V e W dei K spazi vettoriali. Una funzione f : V W è detta applicazione lineare se: i u, v V, si ha f(u + v = f(u + f(v;

Dettagli

Forme bilineari e prodotti scalari. Definizione Dato lo spazio vettoriale V (K) sul campo K, una funzione. b :

Forme bilineari e prodotti scalari. Definizione Dato lo spazio vettoriale V (K) sul campo K, una funzione. b : Forme bilineari e prodotti scalari Definizione Dato lo spazio vettoriale V (K) sul campo K, una funzione b : { V V K ( v, w) b( v, w), si dice forma bilineare su V se per ogni u, v, w V e per ogni k K:

Dettagli

CONI, CILINDRI, SUPERFICI DI ROTAZIONE

CONI, CILINDRI, SUPERFICI DI ROTAZIONE CONI, CILINDRI, SUPERFICI DI ROTAZIONE. Esercizi x + z = Esercizio. Data la curva x, calcolare l equazione del cilindro avente γ y = 0 come direttrice e con generatrici parallele al vettore v = (, 0, ).

Dettagli

L EQUILIBRIO UNIVERSALE dalla meccanica celeste alla fisica nucleare

L EQUILIBRIO UNIVERSALE dalla meccanica celeste alla fisica nucleare L EQUILIBRIO UNIVERSALE dalla meccanica celeste alla fisica nucleare Cap.4 giroscopio, magnetismo e forza di Lorentz teoria del giroscopio Abbiamo finora preso in considerazione le condizionidi equilibrio

Dettagli

Lezioni del corso di Geometria e Algebra. prof. Michele Mulazzani dott. Alessia Cattabriga

Lezioni del corso di Geometria e Algebra. prof. Michele Mulazzani dott. Alessia Cattabriga Lezioni del corso di Geometria e Algebra prof Michele Mulazzani dott Alessia Cattabriga AA 20001/2002 Indice 1 Equazioni e sistemi lineari 4 11 Alcune strutture algebriche 4 12 Operazioni standard su K

Dettagli

MATEMATICA DEL DISCRETO elementi di teoria dei grafi. anno acc. 2009/2010

MATEMATICA DEL DISCRETO elementi di teoria dei grafi. anno acc. 2009/2010 elementi di teoria dei grafi anno acc. 2009/2010 Grafi semplici Un grafo semplice G è una coppia ordinata (V(G), L(G)), ove V(G) è un insieme finito e non vuoto di elementi detti vertici o nodi di G, mentre

Dettagli

Matrice rappresent. Base ker e img. Rappresentazione cartesiana ker(f) + im(f).

Matrice rappresent. Base ker e img. Rappresentazione cartesiana ker(f) + im(f). Due Matrici A,B. Ker f = ker g. 1- Ridurre a scala A e B e faccio il sistema. 2 Se Vengono gli stessi valori allora, i ker sono uguali. Cauchy 1 autovalore, 1- Metto a matrice x1(0),x2(0),x3(0) e la chiamo

Dettagli

R X X. RELAZIONE TOTALE Definizione: Si definisce relazione totale tra x e y se dati X,Y diversi dall'insieme vuoto

R X X. RELAZIONE TOTALE Definizione: Si definisce relazione totale tra x e y se dati X,Y diversi dall'insieme vuoto PRODOTTO CARTESIANO Dati due insiemi non vuoti X e Y si definisce prodotto cartesiano: X Y ={ x, y x X, y Y } attenzione che (x,y) è diverso da (y,x) perchè (x,y)={x,{y}} e (y,x)={y,{x}} invece sono uguali

Dettagli

Trasformazioni Geometriche 1 Roberto Petroni, 2011

Trasformazioni Geometriche 1 Roberto Petroni, 2011 1 Trasformazioni Geometriche 1 Roberto etroni, 2011 Trasformazioni Geometriche sul piano euclideo 1) Introduzione Def: si dice trasformazione geometrica una corrispondenza biunivoca che associa ad ogni

Dettagli

Lezione 6 Nucleo, Immagine e Teorema della Dimensione. 1 Definizione di Nucleo e Immagine

Lezione 6 Nucleo, Immagine e Teorema della Dimensione. 1 Definizione di Nucleo e Immagine Lezione 6 Nucleo, Immagine e Teorema della Dimensione In questa lezione entriamo nel vivo della teoria delle applicazioni lineari. Per una applicazione lineare L : V W definiamo e impariamo a calcolare

Dettagli

LEZIONE 14. a 1,1 v 1 + a 1,2 v 2 + a 1,3 v 3 + + a 1,n 1 v n 1 + a 1,n v n = w 1

LEZIONE 14. a 1,1 v 1 + a 1,2 v 2 + a 1,3 v 3 + + a 1,n 1 v n 1 + a 1,n v n = w 1 LEZIONE 14 141 Dimensione di uno spazio vettoriale Abbiamo visto come l esistenza di una base in uno spazio vettoriale V su k = R, C, permetta di sostituire a V, che può essere complicato da trattare,

Dettagli

Lezione 1. Gli Insiemi. La nozione di insieme viene spesso utilizzata nella vita di tutti i giorni; si parla dell insieme:

Lezione 1. Gli Insiemi. La nozione di insieme viene spesso utilizzata nella vita di tutti i giorni; si parla dell insieme: Lezione 1 Gli Insiemi La nozione di insieme viene spesso utilizzata nella vita di tutti i giorni; si parla dell insieme: degli iscritti ad un corso di laurea delle stelle in cielo dei punti di un piano

Dettagli

LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE

LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE La sequenza costituisce un esempio di SUCCESSIONE. Ecco un altro esempio di successione: Una successione è dunque una sequenza infinita di numeri reali (ma potrebbe

Dettagli

Spazi lineari - PARTE II - Felice Iavernaro. Dipartimento di Matematica Università di Bari. 9 e 16 Marzo 2007

Spazi lineari - PARTE II - Felice Iavernaro. Dipartimento di Matematica Università di Bari. 9 e 16 Marzo 2007 Spazi lineari - PARTE II - Felice Iavernaro Dipartimento di Matematica Università di Bari 9 e 16 Marzo 2007 Felice Iavernaro (Univ. Bari) Spazi lineari 9-16/03/2007 1 / 17 Condizionamento dei sistemi lineari

Dettagli

Esistenza di funzioni continue non differenziabili in alcun punto

Esistenza di funzioni continue non differenziabili in alcun punto UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA Esistenza di funzioni continue non differenziabili in alcun punto Relatore Prof. Andrea

Dettagli

Esponenziali elogaritmi

Esponenziali elogaritmi Esponenziali elogaritmi Potenze ad esponente reale Ricordiamo che per un qualsiasi numero razionale m n prendere n>0) si pone a m n = n a m (in cui si può sempre a patto che a sia un numero reale positivo.

Dettagli

8 - Analisi della deformazione

8 - Analisi della deformazione 8 - Analisi della deformazione ü [A.a. - : ultima revisione 6 ottobre ] Esercizio n. Si supponga di voler conoscere sperimentalmente lo stato di deformazione in un punto M di un solido. A tal fine, si

Dettagli

Appunti sul corso di Complementi di Matematica - prof. B.Bacchelli. 03 - Equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti.

Appunti sul corso di Complementi di Matematica - prof. B.Bacchelli. 03 - Equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti. Appunti sul corso di Complementi di Matematica - prof. B.Bacchelli 03 - Equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti. Def. Si dice equazione differenziale lineare del secondo ordine

Dettagli

Equazioni alle differenze finite (cenni).

Equazioni alle differenze finite (cenni). AL 011. Equazioni alle differenze finite (cenni). Sia a n } n IN una successione di numeri reali. (Qui usiamo la convenzione IN = 0, 1,,...}). Diremo che è una successione ricorsiva o definita per ricorrenza

Dettagli

Funzioni. Parte prima. Daniele Serra

Funzioni. Parte prima. Daniele Serra Funzioni Parte prima Daniele Serra Nota: questi appunti non sostituiscono in alcun modo le lezioni del prof. Favilli, né alcun libro di testo. Sono piuttosto da intendersi a integrazione di entrambi. 1

Dettagli

Rette e piani con le matrici e i determinanti

Rette e piani con le matrici e i determinanti CAPITOLO Rette e piani con le matrici e i determinanti Esercizio.. Stabilire se i punti A(, ), B(, ) e C(, ) sono allineati. Esercizio.. Stabilire se i punti A(,,), B(,,), C(,, ) e D(4,,0) sono complanari.

Dettagli

2 Argomenti introduttivi e generali

2 Argomenti introduttivi e generali 1 Note Oltre agli esercizi di questa lista si consiglia di svolgere quelli segnalati o assegnati sul registro e genericamente quelli presentati dal libro come esercizio o come esempio sugli argomenti svolti

Dettagli

Applicazioni del calcolo differenziale allo studio delle funzioni

Applicazioni del calcolo differenziale allo studio delle funzioni Capitolo 9 9.1 Crescenza e decrescenza in piccolo; massimi e minimi relativi Sia y = f(x) una funzione definita nell intervallo A; su di essa non facciamo, per ora, alcuna particolare ipotesi (né di continuità,

Dettagli