PROSPERA. Osservatorio Agroalimentare del Piemonte. Relazione di filiera CARNE SUINA

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1 PROSPERA Osservatorio Agroalimentare del Piemonte Relazione di filiera CARNE SUINA Aprile 2012

2 PRESENTAZIONE Le moderne politiche di sviluppo rurale sono piuttosto complesse e richiedono alle Regioni di dotarsi di adeguati strumenti conoscitivi. La Regione Piemonte e l IRES Piemonte, pertanto, hanno sottoscritto una convenzione pluriennale sulla base della quale l Istituto assicura un ampia gamma di attività volte a supportare le diverse fasi (programmazione, attuazione e valutazione) delle politiche rurali. Questo insieme di attività è stato denominato con l acronimo PROSPERA (Progetto Supporto alle Politiche Rurali e Agroalimentari). Rientrano nel progetto interventi di consulenza alle strutture regionali responsabili delle politiche in oggetto, l esecuzione di studi e l implementazione dell Osservatorio Agroalimentare del Piemonte. L attività dell Osservatorio è finalizzata, in primo luogo, a fornire elementi utili allo sviluppo delle politiche di settore, senza trascurare tuttavia le possibili ricadute più generali in termini di contributo conoscitivo rivolto a diverse tipologie di utenti (dalle organizzazioni di categoria agli enti locali, dal settore della comunicazione a quello della formazione). L attività dell Osservatorio Agroalimentare del Piemonte opera in modo continuativo ed è strutturata per fornire i seguenti servizi: realizzazione di analisi congiunturali annuali sull andamento del settore agricolo e agroalimentare, elaborate in diversi step di avanzamento in relazione alla disponibilità di dati aggiornati; realizzazione e aggiornamento periodico delle Relazioni di filiera, per ciascuna delle principali filiere agro-industriali operanti in Piemonte; elaborazione di studi monografici e analisi di scenario. Le Relazioni di filiera nascono in occasione dell istituzione dei Tavoli di Filiera, uno dei momenti concertativi voluti dalla Regione Piemonte nell ambito della definizione delle politiche rurali. In tale occasione (2006) fu redatta dall IRES una prima serie di report creati per supportare l attività dei Tavoli, utilizzando anche il prezioso contributo dei soggetti partecipanti. Le attuali Relazioni di filiera attingono a questo patrimonio informativo e lo aggiornano periodicamente, in modo da fornire un panorama articolato e completo sulle dinamiche in atto nel settore. La presente versione della Relazione si riferisce all annata 2011 ed è stata elaborata nei primi mesi del Pertanto, a causa della nota lentezza del rilascio dei dati statistici ufficiali, potrebbe presentare alcune informazioni incomplete o non aggiornate. 2

3 INDICE 1 Le dimensioni della filiera e gli andamenti recenti Il mercato mondiale ed europeo Italia e Piemonte 7 2 Politiche e aspetti normativi 18 3 Conclusioni e analisi SWOT 22 3

4 Consumo di carne procaptie in Kg/anno Report di filiera - Suini Le dimensioni della filiera e gli andamenti recenti 1.1 Il mercato mondiale ed europeo Circa Il 42% della carne consumata nel mondo è di origine suina. Oltretutto, considerando Il costante incremento dei consumi a livello globale (fig. 1) appare evidente l importanza di questo settore. Figura 1 - Consumo di Kg di carne pro capite all anno Corea del Sud Giappone Arabia Saudita Brasile Portogallo Italia Spagna Vietnam Angola Cile Filippine Messico Iran Egitto Russia USA Cina Fonte: Elaborazione IRES su dati FAO Il principale paese allevatore è la Cina (tab. 1), con una produzione stimata nel 2011 di milioni di capi. Gli altri grandi allevatori sono l Europa (circa 260 milioni di capi) e Stati Uniti (114,8 milioni di capi). In Europa (fig.2) i principali stati allevatori sono Germania, Spagna, Polonia, Danimarca e Olanda; negli Stati Uniti la fase di allevamento si concentra in Iowa, Illinois e Minnesota, attorno alla cosiddetta western corn belt. 4

5 migliaia di capi Report di filiera - Suini Tabella 1 - Numero di capi nelle principali aree di produzione mondiale Paese 2010 migliaia di capi 2011 migliaia di capi Diff % export di animali vivi Cina , EU , USA ,98 15 Brasile ,11 0 Russia ,55 1 Canada , Giappone ,86 0 Messico ,62 0 Repubblica di Corea ,74 0 Ucraina ,60 1 Bielorussia ,00 0 Australia ,37 0 Fonte: Elaborazione IRES Piemonte su dati USDA-PSD Figura 2 - Numero di capi allevati in Europa. Anno Fonte: Elaborazione IRES su dati Eurostat Gli scambi internazionali degli animali vivi sono limitati a scala macroregionale e si concentrano tra i paesi dell Unione Europea o tra il Canada (dove la suinicoltura è ben organizzata e storicamente orientata all export) e gli Stati Uniti. Il mercato della carne suina, invece, è piuttosto sviluppato a livello globale ed ha caratteristiche di tipo commodity. Ai vertici della produzione mondiale si ritrova stabilmente la Cina con circa 50 milioni di tonnellate, seguita dall Europa con 22 milioni, più del doppio degli Stati Uniti (tabella 2). Riguardo agli scambi commerciali (tab.3 e 4) i maggiori esportatori sono Stati Uniti, Europa e Canada ed i primi due, nell ultimo anno, hanno incrementato i volumi esportati rispettivamente del 17 e del 14%. (USDA-PSD) 5

6 Tabella 2 produzione di carne di maiale in migliaia di tonnellate e confronto tra il 2010 ed il 2011 (Fonte: Elaborazione IRES Piemonte sui dati USDA-PSD) Paese Produzione 2010 (migliaia di t.) Produzione 2011 (migliaia di t.) Δ% Cina ,07 EU ,10 Stati Uniti ,90 Brasile ,00 Russia ,34 Vietnam ,55 Canada ,07 Filippine ,40 Giappone ,86 Messico ,43 Tabella 3 Esportazioni di carne di maiale per alcuni paesi selezionati e confronto tra il 2010 ed il 2011 Paese export 2010 (migliaia di t.) export 2011 (migliaia di t.) Δ% Stati Uniti ,22 EU ,03 Canada ,09 Brasile ,98 Cina ,47 Cile ,69 Messico ,85 Australia ,44 Bielorussia ,33 Vietnam ,57 Ucraina ,00 Fonte: Elaborazione IRES Piemonte sui dati USDA-PSD Tabella 4 Importazioni di carne di maiale per alcuni paesi selezionati e confronto tra il 2010 ed il 2011 Paese import 2010 import 2011 (migliaia di t.) (migliaia di t.) Δ% Giappone ,00 Russia ,68 Messico ,30 Cina ,53 Stati Uniti ,82 Corea del Sud ,61 Hong Kong ,75 Australia ,37 Canada ,56 Ucraina ,36 Filippine ,46 Singapore ,88 Fonte: Elaborazione IRES Piemonte sui dati USDA-PSD 6

7 prezzo mais e soia prezzo lean hogs Report di filiera - Suini I mercati finanziari quotano due tipologie di carne suina: pork bellies (la pancia) che serve per ottenere la pancetta e il lean hog, cioè il resto della carcassa. La principale sede degli scambi è la Borsa Merci di Chicago. Il prezzo della carne è legato principalmente al costo delle materie prime utili all alimentazione (soia e mais), ma anche da turbamenti della domanda legati ad avvenimenti quali ad esempio epizoozie. Figura 3 - andamento dei prezzi internazionali della carne di maiale (lean hog) a confronto con i principali componenti dell alimentazione (mais e soia). Lean Hogs: centesimi a libbra; Soia e mais: dollari US a tonnellata Soia Mais Carne di maiale (lean hogs) Fonte: elaborazione IRES su dati Fondo Monetario Internazionale. 1.2 Italia e Piemonte Nella prima metà del decennio scorso il settore ha risentito di alcuni shock ma anche di fasi congiunturali particolarmente positive imputabili alle difficoltà di altre filiere (es. BSE per la carne bovina, l influenza aviaria nel comparto avicolo). A partire dalla fine del 2006 ad oggi, al contrario, la filiera suina sta attraversando a livello europeo, nazionale e regionale, una grave crisi di mercato dovuta sia a un eccesso di offerta che a un aumento dei costi di produzione. Le difficoltà per le aziende allevatrici sono state aggravate dalla piena entrata in vigore di normative come la Direttiva nitrati e il Benessere Animale, ma anche dalla crisi dei consumi effetto della crisi economica globale che ha cominciato a manifestarsi a fine

8 L allevamento italiano si distingue per l orientamento verso il suino pesante (165 kg e oltre, contro una media europea di kg), idoneo alla produzione di trasformati tipici, a elevato valore aggiunto. Il comparto presenta caratteri di filiera quasi industriale con aspetti di forte integrazione verticale e di concentrazione. Inoltre, l attività è ad alta intensità di capitale e richiede investimenti elevati: 350 / posto suino ingrasso; / posto scrofa. Questi aspetti hanno in genere alimentato la tendenza al ricorso alla soccida che è attualmente in aumento. La suinicoltura in Italia si concentra principalmente in Lombardia, dove si trova più del 40% dei capi nazionali, con una prevalenza nelle province di Cremona, Mantova e Brescia. Insieme ala Lombardia sono ben rappresentate, per ciò che riguarda l allevamento l Emilia Romagna, con circa il 28% dei capi, ed il Piemonte con circa l 11%. Fornire un quadro preciso sulle consistenze e gli allevamenti suini non è cosa semplice anche perché tra le fonti statistiche a disposizione si rileva una certa disomogeneità. Gli ultimi dati disponibili forniti dall ISTAT si riferiscono al 1 giugno 2011 e indicano 9,324 milioni di capi contro gli 8,994 milioni censiti dall Anagrafe Zootecnica nazionale istituita dal Ministero della Salute presso il CSN dell IZS Abruzzo e Molise. Per scelta, in questo report si farà riferimento, quando possibile, a entrambe le fonti privilegiando quella ritenuta più completa, seppur consci delle possibili o incongruenze. Al 31 dicembre 2011, in Italia risultavano attivi allevamenti (tab. 5), il 75% dei quali ( ) di tipo familiare. In termini congiunturali tra il 2010 ed il 2011 il numero generale di allevamenti è cresciuto del 4,2%, ma è molto importante notare che tale incremento è stato provocato solo dagli allevamenti familiari 1, che sono passati da a (+ 6,69%). Tra le tipologie d allevamento nell ultimo anno c è stata una contrazione del 5,1% degli allevamenti da ingrasso che sono scesi a , mentre quelli da riproduzione sono aumentati del 2,3% passando da al 31 dicembre 2010 a al 31 dicembre Riguardo alle consistenze (tab.6) l Anagrafe Zootecnica Nazionale ha censito al 31 dicembre 2011 un totale di 8,9 milioni di capi, il 3% in meno rispetto allo scorso anno. In particolare si osserva un deciso calo nel numero di scrofette (-13%) e di lattonzoli (-14%). Tabella 5 Allevamenti suini aperti in Italia per tipo di allevamento ITALIA 31/12/ /12/2011 Δ% Totale allevamenti suini aperti ,2 Allevamenti aperti familiari ,7 Allevamenti aperti da ingrasso ,1 Allevamenti aperti da riproduzione ,3 di cui a ciclo aperto ,9 di cui con vendita riproduttori ,4 di cui a ciclo chiuso ,7 senza indicazione della modalità d'allevamento ,6 Fonte: Elaborazione IRES su dati Anagrafe zootecnica nazionale 1 Per allevamenti familiari si intendono allevamenti da ingrasso con un numero massimo di quattro animali destinati all autoconsumo. 8

9 Tabella 6 - Consistenza capi suini in Italia ITALIA 31/12/ /12/2011 Δ% Totale capi suini ,03 Numero lattonzoli ,99 Numero magroncelli ,44 Numero magroni ,10 Numero grassi ,29 Scrofe ,63 Scrofette ,05 Verri ,93 Cinghiali ,87 Fonte: Elaborazione IRES su dati Anagrafe zootecnica nazionale Secondo i dati ISTAT (tab. 7) al mese di ottobre 2011 erano stati macellati 10,7 milioni di capi. Rispetto allo stesso periodo del 2010 sono in aumento le macellazioni di lattonzoli (+14%) e diminuiscono quelle di grassi (-1,9%) e soprattutto di magroni (-33,6%). Per l Anagrafe Zootecnica nazionale, invece, tra gennaio e ottobre le macellazioni avevano riguardato solo 7,2 milioni di capi. Tabella 7 Suini macellati in Italia tra gennaio e ottobre 2011 Capi Peso vivo Peso morto Numero Variazio ne % sul 2010 Totale (q) Medio (kg) Totale (q) Variazione % sul 2010 Resa media (%) Lattonzoli , , ,9 77,7 Magroni , , ,3 78,1 Grassi , , ,8 80,2 Suini , , ,0 80,1 Fonte: Istat A prescindere dai numeri, è importante considerare come il 90% delle macellazioni abbia riguardato suini grassi (ISTAT) e che l 88% dei suini macellati provenisse da allevamenti italiani (BDN). Questi dati forniscono la misura di quanto assorba il circuito dei prosciutti DOP sul settore suinicolo nazionale e fanno facilmente intuire che la domanda dell industria di trasformazione non DOP, allo stato attuale non possa essere soddisfatta dalla produzione nazionale e debba, necessariamente, approvvigionarsi all estero. A questo proposito si nota come le importazioni italiane di suini vivi (tab. 8) siano aumentate del 4,4% rispetto al Come accennato in precedenza, il mercato degli scambi rispetto agli animali vivi si svolge a scala macro regionale e per l Italia i principali paesi fornitori sono Paesi bassi, 9

10 Danimarca, Spagna e Francia. Tra questi, rispetto all anno scorso, si registra un calo delle importazioni da Paesi bassi (-2,5%) e Spagna (-4,7%), mentre sono in forte aumento le importazioni dalla Danimarca (+31,5%). Infine è da notare il costante e importante aumento dei rapporti commerciali con l Ungheria, sia per gli animali vivi sia per le carni (tab. 9). Tabella 8 - Importazioni in volume per area e paese di suini vivi. Gennaio-Ottobre 2011 PAESI IMP 2009 IMP 2010 IMP 2011 Δ% 2010/11 Paesi Bassi ,51 Danimarca ,53 Spagna ,69 Francia ,84 Germania ,48 Ungheria ,19 Belgio ,96 Austria ,83 [Unione europea 27] ,45 [EUROPA] ,44 Fonte: Elaborazione IRES su dati ISTAT Dal lato dell export di suini l Italia ha una posizione sostanzialmente nulla, i dati segnalano un incremento del 2,3% rispetto lo scorso anno, ma le quantità sono davvero limitate (1.396 tonnellate nel 2011). Osservando i dati sugli interscambi commerciali dell Italia rispetto alle carni suine - fresche, refrigerate o congelate - (tab.9), si registra una maggiore vivacità rispetto allo scorso anno. In volume, le quantità importate sono aumentate dell 1,12% (+4,4% in valore). Le importazioni nazionali provengono soprattutto da Germania (+9,9 in volume; +11,6 in valore), Ungheria (+33% in volume; +34% in valore) che sta diventando un partner importante, e soprattutto Polonia (+96% in volume ; +94% in valore) che può offrire cosce particolarmente idonee per i prosciutti cotti. A ottobre 2011 l Italia aveva esportato circa 74 mila tonnellate di carni suine, un aumento del 10,2% rispetto allo stesso periodo del La crescita delle esportazioni, sebbene i numeri assoluti continuino a tenere l Italia in una posizione marginale all interno della competizione globale, sono state favorite dal forte aumento delle importazioni operato dalla Corea che, colpita da una grave epidemia di Afta Epizootica, ha dovuto abbattere circa un terzo del patrimonio suinicolo. 10

11 Tabella 9 Interscambio commerciale in valore per area e paese di Carni di suini, fresche, refrigerate o congelate - Gennaio-Ottobre 2011 IMPORTAZIONI VOLUME (in t) VALORE (in.000 ) PAESI Δ% Δ% Germania , ,60 Paesi Bassi , ,80 Francia , ,57 Spagna , ,79 Danimarca , ,56 Belgio , ,55 Austria , ,07 Polonia , ,21 Ungheria , ,43 Irlanda , ,08 Regno Unito , ,03 [UE-27] , ,57 [EUROPA] , ,57 [MONDO] , ,41 ESPORTAZIONI Paese VOLUME (in t) VALORE (in.000 ) Δ% Δ% Germania , ,3 Hong Kong , ,9 Slovenia , ,4 Francia , ,9 Ungheria , ,8 Austria , ,3 Romania , ,0 Regno Unito , ,5 Giappone , ,4 Russia , ,0 [UE 27] , ,2 [EUROPA] , ,2 [MONDO] , ,4 Fonte: Elaborazione IRES su dati ISTAT 11

12 Sono i trasformati la voce importante per le esportazioni suine del nostro paese. I dati del primo semestre 2011, diffusi dall ISTAT, ma rielaborati e aggregati da ASSICA (tabella 10), indicano una crescita dell export rispetto allo stesso periodo del 2010 del 9,5% in peso ( tonnellate) e del 10% in valore (490 milioni di euro). A trainare le esportazioni sono stati in primo luogo i prosciutti crudi, arrivati a tonnellate, il 10,9% in più rispetto allo scorso anno, fatturando milioni di euro. L export dei salumi italiani è principalmente orientato al mercato europeo con Francia, Germania e Regno Unito come principali destinazioni. Sul fronte extra europeo i principali importatori sono la Croazia, la Svizzera, gli USA ed il Giappone. Tabella 10 Export salumi I semestre I valori sono espressi in tonnellate e migliaia di euro. Δ% Tipologia PESO VALORE Quantità valore Prosciutti crudi ,9% +10,6% Mortadelle, wurstel, cotechini e zamponi ,6% 12,6% Salsicce e salami stagionati ,5% +6,8% Prosciutti cotti ,2% +10,1% Pancette ,7% +13,7% Bresaole % +10% Altri salumi ,1% +10,8% Totale ,5% +10% Fonte: elaborazioni ASSICA su dati ISTAT Rispetto alle quotazioni e alla redditività della fase di allevamento nella prima parte del 2011 le quotazioni dei suini da macello pesanti e leggeri sono tornate a crescere dopo la leggera flessione avvenuta nell ultima parte del Nonostante ciò, a causa degli elevati costi dei principali fattori di produzione, mais e soia in particolare, non hanno permesso alla fase di allevamento l uscita dalla crisi che perdurava già da lungo tempo. L indice di redditività della fase di allevamento calcolato dal Crefis 2, infatti, indicava una contrazione media europea dell 8,4% tra gennaio e marzo 2011, rispetto allo stesso periodo del In questa crisi generalizzata la situazione italiana era una delle peggiori con l indice diminuito del 12,4% nello stesso periodo dell anno. Ancora nel corso del primo trimestre 2011 si evidenziano valori inferiori, se rapportati allo stesso periodo del 2010, di cosce fresche destinate alla produzione di prosciutti tipici. Questa riduzione era comunque da imputare sostanzialmente al deprezzamento delle cosce leggere (10-12 Kg) che hanno fatto registrare una flessione del 3% a Modena e dello 0,1% a Parma. Le cosce pesanti 2 Che rapporta il prezzo delle carcasse a quello del mais calcolato utilizzando una media ponderata del prezzo negli ultimi mesi 12

13 (12-15 Kg), invece, hanno subito un calo solo a Modena, facendo registrare un lieve aumento a Parma (+0,6%). 3 Per gli stessi motivi elencati in precedenza, durante il secondo trimestre 2011 la redditività della fase di allevamento ha continuato a diminuire sebbene le quotazioni medie del suino pesante siano aumentate (in media 1,34 Euro/kg; +5,8% rispetto al periodo precedente). Gli aumenti hanno interessato anche i suini da macello leggeri e i suini d allevamento da 30 Kg: per i primi c è stata una crescita del 5% presso la CUN di Mantova, rispetto al primo trimestre e del +15,5% in rapporto allo stesso periodo del 2010 (prezzo medio del periodo 1,117 Euro/Kg). Riguardo ai suini d allevamento da 30Kg l aumento di prezzo si riscontra solo rispetto al primo trimestre (+6%), mentre, se si confronta con lo stesso periodo del 2010, si osserva un calo del 4%. Durante il III Trimestre sono arrivati i primi segnali positivi sul fronte della redditività della fase di allevamento. Infatti, il relativo indice Crefis è aumentato di circa il 6% rispetto al II trimestre. Questo andamento positivo è correlato con il prezzo del mais che, sebbene a livello internazionale continui ad essere elevato, sul mercato italiano ha avuto un deciso calo. Le quotazioni dei suini da macello sia pesanti che leggeri, anche in questo periodo dell anno, hanno ripreso ad aumentare: +10,8% e +8,7% rispettivamente, in riferimento al II trimestre e +17,2% e +11,4% a confronto con il III trimestre In controtendenza i suini da allevamento da 30Kg il cui prezzo s è contratto del 10,9% rispetto al II trimestre e dello 0,2% rispetto al III trimestre 2010 presso la CUN. Riguardo alle quotazioni delle cosce fresche destinate alla produzione di prosciutti tipici, la CUN (vedi in seguito) che si sta affermando come riferimento nazionale, ha quotato in media a 4,017 euro/kg le cosce da 12,5 a 15,5 Kg ed 3,736 Euro/kg quelle da 10,5-12,5 Kg. Nel IV trimestre grazie all apprezzamento del suino pesante e alla riduzione del prezzo del mais (in particolare sui mercati nazionali) l indice Crefis della fase d allevamento è progressivamente aumentato da Ottobre a Dicembre fino ad un valore tale da permettere alla redditività della suinicoltura nazionale di tornare su livelli comparabili a quelli medi degli altri paesi europei e degli Stati Uniti (CREFIS, 2011). Le quotazioni dei suini da macello pesanti e leggeri sono cresciute in ottobre e novembre per subire un calo a dicembre rispettivamente del 4,2% e 5,2% alla CUN rispetto al mese precedente. I suini da allevamento di 30Kg, invece, hanno fatto registrare costanti aumenti nelle quotazioni raggiungendo i 2,362 euro a Kg a Mantova ed i 2,398 euro a Kg a Modena. In termini congiunturali, nel IV trimestre si registra un aumento delle quotazioni del 23,5% sul suino da macello pesante; dello 0,85% sul suino da macello leggero e del 21,3% sui suini da allevamento di 30 Kg, rispetto allo stesso periodo dell anno precedente. Rispetto alle cosce fresche destinate alla produzione di prosciutti tipici, le quotazioni nel IV trimestre sono rimaste inizialmente sui livelli di fine II trimestre. A novembre la CUN quotava leggermente in rialzo, ma l anno s è chiuso all insegna della flessione: a dicembre, infatti, le cosce 3 Crefis, Rapporto trimestrale sulle filiere suinicole. 13

14 della categoria più pesante sono scese del 3,6% (4,016 euro/kg), mentre e quelle della categoria inferiore sono scese del 2,4% (3,82 /Kg) rispetto a novembre. In ogni caso anche il mercato delle carni fresche, se confrontato con il 2010, segnala un apprezzamento piuttosto importante, intorno al 10-12% per le cosce pesanti e al 21-23% per quanto riguarda quelle leggere. In Piemonte, il comparto è stato caratterizzato negli anni recenti da un processo di crescita quantitativa e di rilevante concentrazione strutturale. Il Piemonte è la terza regione suinicola italiana (11% della produzione nazionale), dopo Lombardia ed Emilia Romagna. La produzione regionale è sostanzialmente indirizzata all'allevamento di suini pesanti macellati oltre gli otto mesi, utilizzando razze selezionate per l attitudine a ottenere cosce e spalle ben sviluppate e carne tendenzialmente magra, caratteristiche necessarie per produrre insaccati di elevata qualità (prosciutti DOP). Gli allevamenti interessati sono sottoposti a un Disciplinare, specie per gli aspetti di alimentazione del bestiame; inoltre, esiste un sistema di tracciabilità delle cosce, anche sul prodotto finito. La maggioranza dei capi allevati in regione è destinata alla trasformazione in insaccati, mentre il mercato delle carni fresche viene alimentato soprattutto attraverso le importazioni. E importante sottolineare che la trasformazione in prosciutti DOP delle carni suine piemontesi avviene in altre regioni, dove si concentra di conseguenza il valore aggiunto. Tabella 11 Consistenza capi suini in Piemonte 31/12/ /12/2011 Δ% Numero allevamenti suini attivi ,25 Di cui allevamenti familiari ,84 Numero lattonzoli ,89 Numero magroncelli ,11 Numero magroni ,16 Numero grassi ,34 Scrofe ,12 Scrofette ,02 Verri ,81 Cinghiali ,64 Fonte: Elaborazione IRES su dati Anagrafe zootecnica nazionale I dati del VI censimento dell agricoltura confermano tendenzialmente quelli forniti dall Anagrafe zootecnica nazionale evidenziando una sostanziale stabilità del numero dei capi (tab.11) anche se sono da segnalare forti riduzioni nel numero di scrofette (-24,02%) che si riflette anche sulla presenza dei lattonzoli che diminuiscono del 10,89% la loro presenza nelle stalle piemontesi. Il settore tende sempre più a polarizzarsi: da un lato continua la concentrazione degli allevamenti professionali, dall altro si verifica un sensibile incremento degli allevamenti familiari (+23,8) che rappresentano circa il 40% di tutti gli allevamenti piemontesi, comunque in linea con il dato 14

15 nazionale. Tra le varie tipologie d allevamento sono in calo sia quelli da ingrasso professionali, sia quelli da riproduzione, e si sta assistendo alla lenta e progressiva scomparsa dal territorio regionale degli allevamenti che vendono i riproduttori. La riduzione delle scrofaie in Piemonte è parzialmente compensato da un miglioramento della loro efficienza. Gli allevamenti che avevano un tasso più basso di produttività sono anche quelli che hanno chiuso prima per problemi di rimuneratività. Oggi mediamente una scrofa produce 24 suinetti all anno, risultato buono ma ancora inferiore alla produzione di alcuni paesi del Nord (in particolare la Danimarca). Tabella 12 Allevamenti suini aperti in Piemonte per tipo di allevamento 31/12/ /12/2011 Δ% TOTALE ALLEVAMENTI SUINI APERTI ,36 ALLEVAMENTI APERTI FAMILIARI ,84 ALLEVAMENTI APERTI DA INGRASSO ,26 ALLEVAMENTI APERTI DA RIPRODUZIONE ,99 di cui a ciclo aperto ,06 <> di cui con vendita riproduttori ,00 di cui a ciclo chiuso ,82 di cui senza indicazione della modalità di allevamento 0 10 ALLEVAMENTI APERTI SENZA INDICAZIONE DELL'ORIENTAMENTO PRODUTTIVO Fonte: Elaborazione IRES su dati Anagrafe zootecnica nazionale 3 3 0,00 La fase della macellazione è molto concentrata. Tuttavia la capacità di macellazione del Piemonte è oggi ampiamente insufficiente, anche a causa della chiusura di alcune grandi strutture avvenuta alcuni anni fa. La fase di trasformazione locale è invece frammentata; questa parte della filiera è caratterizzata principalmente da laboratori artigianali o PMI orientate al mercato locale. Il progetto relativo al lancio del prosciutto crudo di Cuneo DOP continua a non trovare riscontri positivi da parte del mercato e di conseguenza i trasformatori hanno perso quasi completamente interesse per tale prodotto. Sono comunque presenti in regione alcune imprese industriali produttrici di insaccati quali Raspini Spa, Rugger Spa, operanti anche sul mercato extraregionale e in possesso di marchi noti ed affermati, ma spesso il fabbisogno aziendale è soddisfatto dall importazione della materia prima dall estero, in quanto gli allevamenti piemontesi sono troppo legati al circuito delle DOP, la cui fase industriale si colloca fuori regione (tab. 13). 15

16 Tabella 13 - I principali gruppi industriali nazionali e regionali della filiera della carne ( ) Rank Aziende Provincia Fatturato Dipendenti Fatturato/ dipendenti (mln Euro) (n.) (migliaia Euro) Grandi Salumifici Italiani MO Cesare Fiorucci RM Salumificio Fratelli Beretta spa LC Rovagnati spa MI Giuseppe Citterio Salumificio spa MI Ferrarini BO Levoni spa MN Ma.Ge.Ma scarl pa RA Parmacotto spa PR Rigamonti Salumificio SO Principali gruppi piemontesi 19 Aimaretti Industria Salumi Spa TO Raspini Spa TO Rugger spa TO Salumificio Borgo Dora S spa TO Salumificio Benese srl CN Fonte: Elaborazione I.Rur su dati AIDA, 2010 Per quanto riguarda, infine, la rete distributiva, la forma tradizionale (il negozio) è stata in parte consistente sostituita dalla grande distribuzione, che in Piemonte è stata caratterizzata da una marcata connotazione di tipo francese. Oltre alla GDO, si stanno sviluppando circuiti commerciali e distributivi che puntano a promuovere prodotti territoriali e di qualità: Eataly, punto vendita di prodotti enogastronomici di qualità localizzato a Torino, è sicuramente il caso più conosciuto, a cui si stanno cominciando ad affiancare altre esperienze quali ad esempio l iniziativa dell APS Piemonte (l Associazione Produttori Suini del Piemonte) di commercializzare direttamente presso la propria sede di Fossano il paniere dei salumi del Piemonte. Le organizzazioni di categoria, inoltre, stanno esplorando il canale dei gruppi d acquisto, soluzione che abbatterebbe i costi di trasporto e quindi permetterebbe di vendere un prodotto di qualità a prezzi concorrenziali. Relativamente agli aspetti organizzativi, il comparto si distingue per un elevato livello di integrazione verticale, anche attraverso lo strumento contrattuale della soccida. Alcune stime indicano la misura di questo fenomeno nell ordine del 40-50% della produzione regionale. Tale aspetto può essere messo in relazione con gli elevati investimenti necessari ad avviare e sostenere un allevamento, da un lato, e con la crescente tendenza degli allevatori a operare come soggetto passivo della filiera, vista la difficoltà che sta attraversando il settore negli ultimi anni. In termini di organizzazione orizzontale in regione operano, nella fase primaria, alcuni soggetti collettivi come l Associazione Produttori Suini del Piemonte (APS Piemonte) che, oltre a agire per la valorizzazione delle produzioni locali, spesso si occupano anche dei problemi di 16

17 commercializzazione e tracciabilità dei prodotti, mentre è scarsamente rappresentata la cooperazione. Si possono ricordare, inoltre, l ARAP (Associazione Regionale Allevatori del Piemonte), le A.P.A. (Associazioni Provinciali Allevatori del Piemonte), l'a.i.a. (Associazione Italiana Allevatori) e infine il CON.SA.TI, Consorzio per la tutela e la valorizzazione della Salumeria Tipica Cuneese che ha la finalità di tutelare e valorizzare la produzione, la trasformazione e il commercio dei prodotti suinicoli e della salumeria tipica Cuneese. Di seguito viene schematizzato il diagramma di flusso della filiera suinicola: alleva 100% altro (scarti) 15% Salumifici locali 15% cosci 70% Taglio carne fresca 15% Piemonte 8% Fuori regione 62% Consorzio 14,5% altro 0,5% GDO 14,5% Fonte: I.rur 17

18 2 Politiche e aspetti normativi Gli ultimi anni sono stati decisamente difficili per la suinicoltura italiana ed i particolare per le fasi a monte della filiera, in ogni caso molti sono stati gli sforzi per riorganizzare il comparto e l impressione è che si stia andando in una direzione positiva. Il 2011 è stato un anno di grandi cambiamenti per la suinicoltura italiana; i due principali eventi sono stati l Istituzione delle Commissioni Uniche Nazionali Tagli e Grassi e Strutto ed il completamento del quadro normativo sulla classificazione delle carcasse. Il 5 dicembre 2007 è stato firmato il Protocollo d'intesa della filiera suinicola. A seguito di ciò, l 11 giugno 2008 è stato firmato il Piano impegni esecutivi per il settore suinicolo all interno del quale è stata prevista l'istituzione di un mercato unico nazionale con lo scopo di monitorare, tutelare e rendere trasparente il mercato dei suinetti, dei suini da macello e dei tagli di carne suina fresca. Tutto ciò ha comportato la creazione della Commissione Unica Nazionale (CUN) dei suini da macello che si è insediata il 10 dicembre La Commissione opera una vera e propria determinazione dei prezzi dei suini per la settimana successiva direttamente in seno alla borsa merci di Mantova, costituendo di fatto l unico mercato di riferimento per la determinazione futura dei prezzi dei suini da macello gestito direttamente dagli operatori interessati. La CUN dopo un avvio turbolento, ha retto bene e sta quotando con continuità. La quotazione CUN è ormai presa a riferimento da quasi tutti gli attori della filiera. Industria e macelli hanno preso esempio dal buon funzionamento della CUN per i suini da macello e il 15 aprile 2011 sono state insediate, agli stessi fini, la CUN dei tagli di carne suina fresca e la CUN di grassi e strutto. In seguito sarà insediata anche la Commissione Unica Nazionale dei suinetti 4. La base normativa sul sistema di classificazione obbligatoria delle carcasse suine e la comunicazione dei prezzi è stata completata quest anno attraverso la circolare del MiPAAF n 832 a proposito delle linee guida per la rilevazione dei prezzi di mercato delle carcasse di suino e con le disposizioni, sempre del Ministero, alle strutture di macellazione in merito alla trasmissione del prezzo tramite il portale Tali elementi, uniti al Decreto MiPAAF dell 8 maggio 2009 sulle norme concernenti la classificazione delle carcasse bovine e suine, vanno a completare il quadro normativo nel rispetto del regolamento comunitario N 1249/2008 recante modalità di applicazione delle tabelle comunitarie di classificazione delle carcasse. La tabella di classificazione identifica le carcasse con le lettere delle categorie di peso (L e H) e di carnosità (E,U,R,O,P):

19 I disciplinari delle Denominazioni Prosciutti Parma, San Daniele, Toscano, Carpegna, Veneto Euganeo, Sauris, Modena Jambon de Bosses prevedono che le cosce debbano derivare da carcasse classificate pesanti (H) e nelle carnosità centrali (U,R,O). I disciplinari delle Denominazioni Salamino italiano alla cacciatora, Salame Brianza, Salame Cremona, Lard d Arnard e Culatello di Zibello prevedono che le carni derivino da carcasse classificate pesanti (H). Dal le carcasse non classificate e prive dei timbri H U, R, O così come quelle classificate L e H E,P saranno escluse dal primo gruppo di produzioni tutelate, mentre le carcasse non classificate, ovvero classificate e timbrate L, saranno escluse dalla seconda categoria di prodotti tutelati. Secondo alcune stime di Coldiretti sembrerebbe che in media il 7-8% delle carcasse pesanti (H) non abbia i requisiti di carnosità e che l 1-2% di suini certificati per le DOP abbia carcasse inferiori ai 110 Kg, quindi leggere (classificate L). La non ammissibilità delle carcasse non conformi avrà un sicuro impatto dal lato dell offerta e forse sul mercato, ma avrà anche un effetto positivo sul lato della qualità delle produzioni DOP nazionali. Secondo quanto riportato da Davide Barchi, responsabile del servizio produzioni animali della Regione Emilia- Romagna, in occasione del Meat Day 2011, sul territorio nazionale su 55 macelli che operano la classificazione, 45 alimentano il portale, mentre i restanti 10 sono in fase di collegamento e di messa a regime della trasmissione dei dati. Il 3 agosto 2011 è entrato in vigore il Decreto legislativo n.122 del 7 luglio 2011 in attuazione della Direttiva 2008/120 della Commissione europea, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini. Le novità introdotte, che si iscrivono all interno della Strategia comunitaria per il benessere e la salute degli animali promossa dalla Commissione europea, riguardano diversi aspetti inerenti all allevamento in gruppo durante la gestazione e alle superfici libere totali a disposizione di scrofe e scrofette dopo la fecondazione; all accesso a materiale manipolabile per scrofe e scrofette; alle caratteristiche della pavimentazione per ciascuna categoria di suino e ai recinti individuali destinati agli animali che per motivi veterinari o di aggressività non possono stazionare temporaneamente insieme ad altri suini. Le aziende adibite all allevamento suino dopo il 2003 sono immediatamente tenute a osservare i requisiti citati nel decreto, per quanto riguarda le altre, quelle precedenti al 2003, il termine di applicazione slitta al 1 gennaio Lo scorso 20 settembre è stato pubblicato, sulla Gazzetta ufficiale dell Unione Europea, il Regolamento di esecuzione relativo ai requisiti di rintracciabilità fissati dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio per gli alimenti di origine animale, che si applicherà a partire dal 1 luglio Il Regolamento introduce requisiti supplementari per i soli prodotti di origine animale, siano essi non trasformati (es. carni) o trasformati (es. prodotti a base di carne). Sono esclusi dal campo di applicazione i cosiddetti prodotti composti, cioè gli alimenti 19

20 che contengono sia prodotti di origine animale trasformati che prodotti di origine vegetale. All Articolo 3 si introduce l obbligo per gli operatori alimentari di comunicare all operatore del settore alimentare al quale gli alimenti vengono forniti e dell autorità competente le seguenti informazioni: descrizione dettagliata degli alimenti il volume o la quantità degli alimenti il nome o l indirizzo dell operatore del settore alimentare che ha spedito gli alimenti il nome e l indirizzo del destinatario (proprietario) se diverso dall operatore del settore alimentare che ha spedito gli alimenti il nome e l indirizzo dell operatore del settore alimentare al quale gli alimenti sono stati spediti il nome e l indirizzo del destinatario (proprietario) se diverso dall operatore del settore alimentare al quale gli alimenti sono stati spediti un riferimento di identificazione del lotto o della partita, se necessario la data di spedizione Questo provvedimento s inserisce sul più ampio discorso sulla qualità, termine poliedrico che se da un lato abbraccia, tra le altre cose, la necessità di tutelare e informare il consumatore sulla salubrità dei prodotti, dall altro è intimamente connesso alla difesa delle produzioni d eccellenza di cui l Italia è protagonista. A ottobre 2011, infine, il Comitato Nitrati della CE aveva il compito di pronunciarsi sulla richiesta dell Italia di ottenere una deroga al limite imposto di 170 kg di azoto per ettaro annuo in tutte le aree dichiarate vulnerabili. Le istanze italiane sono state accolte e sulla Gazzetta ufficiale europea n. 281 del 4 novembre 2011 è stata pubblicata la Decisione di esecuzione della Commissione del 3 novembre 2011 che concede una deroga richiesta dall Italia con riguardo alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto a norma della direttiva 91/676/CEE del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. Sono specificate alcune colture ad alto fabbisogno di azoto sulle quali le aziende potranno spandere un massimo di 250 kg/ha annuo. Si tratta di mais a ciclo lungo, mais seguito da erbaio invernale, cereali vernini seguiti da erbaio estivo e prati permanenti o temporanei con un massimo del 50% di leguminose. Le aziende hanno avuto tempo fino al 15 febbraio 2012 per aderire alla deroga. La questione dei nitrati e, in generale, lo smaltimento dei reflui rimangono un problema gravoso e molti allevatori per riuscire a smaltirli li conferiscono ai digestori delle centrali a biogas che si stanno moltiplicando sul territorio. Conferire i reflui nei digestori, infatti, permette uno smaltimento che non abbatte la quantità di azoto ma ne diluisce di molto i tempi. Mentre un allevamento dovrebbe disfarsi settimanalmente di grossi quantitativi di letame, grazie ai digestori questo tempo diventa di circa 6 mesi eliminando il problema dello 20

21 stoccaggio, con in più una separazione tra sostanza liquida e solida che ne permette un riutilizzo più efficiente nel periodo successivo. 21

22 3. Scenario L allevamento suino, dopo avere attraversato nel corso degli ultimi anni una fase di notevole crescita, nel biennio 2007/2008 è entrato in una profonda e prolungata fase di crisi. Attualmente, sebbene ci siano timidi segnali di ripresa grazie alla momentanea flessione dei costi di produzione ed all apprezzamento delle carcasse, dei tagli e dei trasformati, il settore è posizionato in una situazione di equilibrio precario e nuovi rialzi dei prezzi di soia e mais farebbero ricadere il settore nella stessa situazione di crisi, sfiduciando gli operatori. La suinicoltura piemontese,inoltre, si configura spesso come una sorta di subfornitura per attività di trasformazione ad elevato valore aggiunto collocate in altre regioni e da parte di soggetti che risultano pertanto controllare, di fatto, la produzione regionale. La crisi del settore ha amplificato questo carattere di filiera eterodiretta, conducendo gli allevamenti più piccoli alla chiusura o alla scelta di continuare l attività con l ausilio della soccida. Questo particolare strumento contrattuale è già largamente diffuso in regione, ma si osservano segnali di una maggiore espansione, soprattutto da parte di grandi gruppi imprenditoriali. In sostanza, la filiera suina sta assumendo un organizzazione sempre più simile a quella avicola, molto integrata verticalmente, nella quale gli allevatori hanno a disposizione ridotti margini strategici e di valore aggiunto, nonostante la qualità intrinseca delle produzioni locali. Il legame stretto nei confronti di un solo prodotto (i prosciutti DOP) può essere un punto di forza dal momento che può offrire la giusta remunerazione agli allevatori, ma può rappresentare anche un elemento di criticità per la filiera. Come strategia d uscita da questa situazione si potrebbe profilare l opportunità di innovare e differenziare le produzioni. Tra le alternative emerse, si ricorda quella di orientare le attività di allevamento verso un suino di medio peso, per sostituire parzialmente il tipico suino pesante particolarmente colpito dalla crisi. Le carni del suino mediopesante potrebbero essere destinate alla produzione di carne fresca e di salumi di qualità come il prosciutto cotto e lo speck. Oltre a ciò, la parola d ordine, su cui soprattutto gli operatori del settore insistono, è quella di fare sistema fra le diverse fasi della filiera (allevamento, macellazione, trasformazione e commercializzazione) così da pianificare la produzione e puntare su prodotti di qualità che vengano trasformati anche in regione e facciano rimanere sul territorio il valore aggiunto realizzato. Per sostenere ciò è necessario nei prossimi anni sviluppare piani di comunicazione che facciano conoscere i prodotti piemontesi, legando la loro qualità al territorio di provenienza e, sfruttando la buona reputazione di cui godono i prodotti della salumeria italiana, tentare di guadagnare quote di mercato sull export. Di seguito si propone una matrice SWOT del comparto. 22

23 Minacce Opportunità Punti di forza Crescita della pressione concorrenziale estera, soprattutto sui trasformati; Vincoli ambientali e difficoltà degli allevatori di investire nei necessari adeguamenti; Crisi economica e conseguente crisi dei consumi. Attuazione della normativa del Benessere Animale nel 2013 per gli allevamenti suinicoli Crescita generale dei consumi di carni suine e trasformati; Maggiore segmentazione dell offerta e sviluppo dei prodotti con elevato contenuto di servizio; Ottima reputazione internazionale della salumeria italiana Innovazione nel prodotto locale (suino medio); Fare sistema degli allevatori e costituzione di un polo trasformativo locale. Diversificazione nella produzione così da alimentare sia il circuito DOP che quello della produzione del prosciutto cotto, anch esso presente in Regione Forte concentrazione strutturale; Integrazione verticale della filiera (efficienza); Alcune forme di integrazione orizzontale molto efficienti. Know how sia da parte della fase di allevamento, sia di quella di trasformazione Ottimo patrimonio genetico Punti di debolezza Elevato impatto ambientale e problematiche legate al benessere degli animali; Modesta valorizzazione della materia prima locale (il valore aggiunto si crea soprattutto fuori regione attraverso la trasformazione in prosciutti DOP); Insufficiente capacità di macellazione locale. Possibile incremento dei costi di alimentazione legati ai prezzi dei cereali. 23

24 Fonti consultate Rassegna stampa Per il presente rapporto sono state consultate le seguenti testate: AGRISOLE IL SOLE24ORE NORDOVEST LARGOCONSUMO L INFORMATORE AGRARIO TERRA E VITA Siti ANAS (Associazione nazionale allevatori suini) - APS Piemonte (Organizzazione produttori suini Piemonte) - ASSICA (Associazione industriali delle carni e dei salumi) - BPEX - CIA (Confederazione italiana agricoltori) - COLDIRETTI - COLDIRETTI Piemonte - COMMISSIONE EUROPEA (AGRICOLTURA) - CONFAGRICOLTURA - CONFAGRICOLTURA PIEMONTE - CREFIS - CRPA (Centro Ricerche Produzioni Animali) EUROPARLAMENTO EUROSTAT - FAO (Food and Agriculture Organization), servizio statistico - faostat.fao.org INDEX MUNDI 24

25 INTERNATIONAL GRAIN COUNCIL - IPQ INEQ (Istituto Parma Qualità Istituto Nord Est Qualità) - ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) ISN (Interessengemainschaft der Schweinehalter Deutschland e V) - ISTAT REGIONE PIEMONTE (Direzione Agricoltura) SISTEMA PIEMONTE USDA (United States Department of Agriculture) - USDA, Foreign Agricultural Service

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