ESERCITAZIONI DI CAMPI ELETTROMAGNETICI I

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1 Università "La Sapienza" di Roma Dipartimento di Ingegneria Elettronica ESERCITAZIONI DI CAMPI ELETTROMAGNETICI I Anno accademico

2 Prefazione Le dispense delle Esercitazioni di Campi elettromagnetici I sono state suddivise in una sezione trascritta al calcolatore (Parte I, pp ) e in una manoscritta (Parte II, pp. 1-72): tutti gli argomenti presentati sono parte integrante del programma d'esame. La Parte I è stata curata dall'ing. Fabrizio Frezza con la collaborazione degli ingg. Alessandro Galli, Frank Silvio Marzano e Giuseppe Schettini: essa racchiude la maggior parte degli argomenti svolti nelle esercitazioni a partire dall'a.a La Parte II seleziona alcuni argomenti da una raccolta di esercitazioni di anni precedenti. Si ringrazia Maurizio Fascetti per la sua assistenza tecnica. 2

3 INDICE PARTE I Algebra e analisi vettoriale pag. 5 Operatore nabla. Identità vettoriali " 7 Coordinate curvilinee, cilindriche, sferiche " 1 2 Coefficienti metrici " 1 7 Trasformazioni di coordinate: versori, componenti, prodotti " 2 1 Operatori differenziali in coordinate curvilinee, cilindriche, sferiche " 3 2 Equazione di Poisson " 4 1 Teorema di Helmholtz " 5 0 Applicazione del teorema di Poynting ad un cavo coassiale in continua " 5 4 Vettori complessi " 6 1 Polarizzazione dei vettori " 6 5 Scomposizione di una polarizzazione generica " 7 0 3

4 L'ellisse di polarizzazione " 7 3 Costanti secondarie dei mezzi. Costanti di fase e di attenuazione per onde piane uniformi. Perdite dei mezzi. Relazioni di Kramers-Kronig " 7 6 Onde piane uniformi " 8 5 Onde piane TE, TM e TEM " 9 1 Vettore di Poynting per onde piane " 9 3 Vettore di Poynting per incidenza normale di onde piane uniformi " 9 6 Carta di Smith per le ammettenze " Adattamento con uno stub " Adattamento con doppio stub " Rapporto di onda stazionaria " BIBLIOGRAFIA "

5 Algebra e analisi vettoriale Algebra vettoriale Il prodotto scalare è, come è noto, commutativo: A BB A * * Il prodotto vettoriale invece è anticommutativo: A B-B A e non è associativo, per cui in generale: A (B C) (A B) C Si noti però che se A C si ha: C (B C) (C B) CC B C In particolare se C è un versore v o si ha: v o B v o B ove B è la componente (vettoriale) di B ortogonale a v o. La componente (vettoriale) parallela a v o sarà B // ( B * v o ) v o. Si può quindi scrivere, per un qualsiasi vettore B ed un qualsiasi versore v o : Bv o B v o +(B * v o ) v o Si ricordi infine che dalla A B x C segue sempre: A * B0 e A * C0 anche per vettori complessi. Permutazioni cicliche del prodotto misto: A * (B C) B * (C A) C * (A B) Scambio punto-croce: A * (B C) (A B) * C Doppio prodotto vettoriale: A (B C) (A * C)B-(A * B)C 5

6 Si ha infine: (A B) * (C D) (A * C) (B * D) - (A * D) (B * C) Infatti il primo membro si può vedere come un prodotto misto, nel quale si può scambiare il punto con la croce. Per cui: A B * (C D) A * B (C D) A * [(B * D)C-(B * C)D] (A * C) (B * D) - (A * D) (B * C) ove si è applicata la regola del doppio prodotto vettoriale. Analisi vettoriale La formula per la derivata di un prodotto di funzioni di una variabile: d dt (fg) df dt g + f dg dt si estende anche al prodotto di una funzione scalare per una vettoriale: d dt (ϕa) dϕ dt A + ϕ da dt al prodotto scalare: d dt (A B) da B + A db * dt * * dt e al prodotto vettoriale: d dt (A B) da dt B + A db dt Attenzione al fatto che qui è importante l'ordine dei fattori. Si definisce poi il differenziale totale di un vettore A(q 1, q 2, q 3 ) in perfetta analogia: da A q 1 dq 1 + A q 2 dq 2 + A q 3 dq 3 6

7 Operatore nabla. Identità vettoriali Nabla è un operatore lineare, per cui: (ϕ + ψ) ϕ + ψ * (A + B) * A + * B (A + B) A + B Si considerano ora alcune identità vettoriali di uso frequente. 1) (ϕψ) ϕ ψ + ψ ϕ del tutto analoga alla regola di derivazione di un prodotto. La dimostrazione si può fare per semplicità passando attraverso le coordinate cartesiane, con la definizione: x 0 x + y 0 y + z 0 z ma il risultato che si raggiunge è valido in generale. 2) * (ϕa) ϕ * A + ϕ * A Per ricavarla, si può pensare di applicare simbolicamente la regola di derivazione di un prodotto. Si ha: (ϕa) * ϕ (ϕa) + * A (ϕa) * ove ϕ opera solo su ϕ e A solo su A. D'altra parte, per un generico vettore C si ha: C * (ϕa) C ϕ * A ϕ C * A Sostituendo ora al vettore C l'operatore e ricordando che il deve avere a destra la quantità su cui opera si ha: ϕ (ϕa) ϕ A * * A * (ϕa) ϕ * A Ne segue allora: * (ϕa) ϕ * A + ϕ * A 7

8 3) * (A B) B * A - A * B anche qui si può porre: (A B) * A (A B) + * B (A B) * ove il A opera solo sul vettore A e il B solo sul vettore B. Per un generico vettore C si ha peraltro: C * (A B) B * C A A * B C - A * C B Sostituendo l'operatore nabla si ha per confronto: A * (A B) B * A B * (A B) - A * B Per cui: * (A B) B * A - A * ( B) 4) ( A) * A - 2 A Ricordando la formula: C (C A) C(C * A) - (C * C)A sostituendo il si ottiene: ( A) * A - 2 A Attenzione alla differenza fra l'operatore di Laplace che opera su una funzione scalare, definito come la divergenza del gradiente, e l'operatore di Laplace su una funzione vettoriale, definito appunto dalla: 2 A A - ( A) * Il primo ( 2 ϕ ) è uno scalare, il secondo ( 2 A ) un vettore, e soltanto in coordinate cartesiane è vero che il laplaciano vettoriale ha come componenti i laplaciani scalari delle componenti. Ossia: 2 A x 0 2 A x + y 0 2 A y + z 0 2 A z 2 A x + 2 A 2 y + 2 A 2 z 2 5) ϕ 0 rot grad ϕ 0 8

9 Simbolicamente si tratta del prodotto vettoriale tra due vettori paralleli, che è nullo: C Cϕ 0. Peraltro si può dimostrare passando attraverso le coordinate cartesiane (per semplicità, ma il risultato che si ottiene ha valore in generale). Si ha: x 0 y 0 z 0 ϕ x y z ϕ x ϕ y ϕ z x 0 ( 2 ϕ z y - 2 ϕ y z ) + y 0 ( 2 ϕ x z - 2 ϕ z x ) + z 0 ( 2 ϕ y x - 2 ϕ x y ) 0 tenendo conto del teorema di Schwarz di inversione dell'ordine di derivazione. 6) A 0 div rot A 0 * Simbolicamente il prodotto vettore A è ortogonale ad entrambi i fattori, per cui il prodotto scalare è nullo: C * C A0 In coordinate cartesiane si ha: x 0 y 0 z 0 A x y z A x A y A z x 0 ( A z y - A y z ) + y 0 ( A x z - A z x ) + z 0 ( A y x - A x y ) Per cui: 9

10 * A x (A z y - A y z ) + y (A x z - A z x ) + z (A y x - A x y ) 2 A z y x - 2 A y z x + 2 A x z y - 2 A z x y + 2 A y x z - 2 A x y z 0 sempre per il teorema di Schwarz. 7) * (ϕ ψ) ϕ * ψ + ϕ 2 ψ E' un caso particolare della 2), ossia di * (ϕ A), con A ψ. Si ha pertanto: * (ϕ ψ) ϕ * ψ + ϕ * ψ ϕ * ψ + ϕ 2 ψ Attenzione al fatto che le identità vettoriali sono valide solo per funzioni continue, e con derivate parziali (esistenti e) continue fino all'ordine utilizzato. Si ricordi in proposito (Analisi I) che, diversamente dal caso di funzioni di una variabile, per funzioni di più variabili l'esistenza in un punto di tutte le derivate parziali non implica la continuità della funzione nel punto stesso. Per implicarlo tali derivate devono essere continue. Inoltre il teorema di Schwarz vale solo se le derivate scambiate sono continue. Ad esempio, con riferimento all'identità ϕ 0, si consideri la seguente funzione: ϕ(x, y, z) xy(x 2 -y 2 ) x 2 +y 2 0 (x,y) (0,0) (x,y) (0,0) (punti dell'asse z) Tale funzione è continua (x, y, z). 10

11 Inoltre le derivate parziali prime ϕ x (x,y), ϕ y (x,y) e ϕ z 0 sono continue (x, y, z). Si ha: x 0 y 0 z 0 ϕ x y 0 z 0 (ϕ yx - ϕ xy ). ϕ x ϕ y 0 Le derivate parziali seconde ϕ xy (x,y) e ϕ yx (x,y) sono continue (x, y) (0,0), ma non sono continue sull'asse z. Per cui il teorema di Schwarz sull'asse z non vale, e infatti sull'asse z si ha: ϕ xy - 1 e ϕ yx 1 ϕ xy, per cui sull'asse z ϕ z o

12 Coordinate curvilinee, cilindriche, sferiche Nella risoluzione di particolari problemi l'uso delle coordinate cartesiane non è sempre il più conveniente, ed in generale è opportuno scegliere il sistema di coordinate in modo che esso si adatti bene alle caratteristiche geometriche della struttura in studio. Per esempio, se si tratta di un parallelepipedo si adopererà un sistema cartesiano, se si considera un cilindro circolare si useranno coordinate cilindriche, se si considera una sfera si useranno coordinate sferiche. Generalmente le equazioni differenziali sono più facili da risolvere in coordinate cartesiane, ma le condizioni al contorno sono più semplici da esprimere nel sistema che meglio si adatta alla struttura geometrica. Ad esempio una superficie cilindrica o sferica ha equazioni molto semplici in coordinate cilindriche o sferiche, mentre in coordinate cartesiane le espressioni sono relativamente complicate. Più in generale si possono definire le cosiddette coordinate curvilinee ortogonali. Un sistema di coordinate curvilinee è definito, con riferimento ad un sistema cartesiano, da tre funzioni del tipo: q 1 q 1 (x, y, z) q 2 q 2 (x, y, z) q 3 q 3 (x, y, z) Le funzioni stabiliscano (sotto opportune condizioni, vedi Analisi II) una corrispondenza biunivoca, per cui ad ogni terna (x,y,z) corrisponda una ed una sola terna (q 1, q 2, q 3 ) e viceversa. Si definiscono poi le cosiddette superfici coordinate, rappresentate dalle equazioni: 12

13 q 1 (x, y, z) c 1 q 2 (x, y, z) c 2 q 3 (x, y, z) c 3 equazioni che rappresentano delle superfici generiche che si intersecano nel punto di coordinate curvilinee (c 1, c 2, c 3 ). Su una superficie coordinata variano solo due coordinate. Si definiscono le cosiddette linee coordinate, date dall'intersezione di due superfici coordinate. Lungo tali linee varia solo una coordinata. Sono infine definiti i versori fondamentali q 10, q 20 e q 30 che sono nel punto generico P tangenti alle tre linee coordinate passanti per P. q 3 ds 1 ds 2 q 1 q 3o q 1o q 2o ds 3 q 2 q 10 q 10 (P) q 10 (q 1, q 2, q 3 ) q 20 q 20 (P) q 20 (q 1, q 2, q 3 ) q 30 q 30 (P) q 30 (q 1, q 2, q 3 ) I versori dunque sono in generale delle funzioni di punto, cioè da punto a punto la loro direzione e il loro verso variano. Questo a 13

14 differenza delle coordinate cartesiane, dove i versori fondamentali sono costanti, cioè hanno sempre la stessa direzione e lo stesso verso. Un sistema di coordinate curvilinee q 1, q 2, q 3 si dice ortogonale se i versori q 10, q 20 e q 30 sono mutuamente ortogonali in ogni punto. Se inoltre tali versori formano nell'ordine una terna ortogonale destra, cioè: q 10 x q 20 q 30 si parlerà di sistema ortogonale destro. Esempi particolari di coordinate curvilinee ortogonali (destre) sono ovviamente quelle cartesiane (o rettangolari), le coordinate cilindriche e quelle sferiche. Tali sistemi sono i più usati nelle applicazioni. Nel caso delle coordinate cartesiane si ha banalmente: q 1 x ; q 2 y ; q 3 z Si considerano poi le coordinate cilindriche ρ (chiamato anche r), ϕ (detto azimut o longitudine e chiamato anche θ) e z, con: q 1 ρ ; q 2 ϕ ; q 3 z ove si ha: ρ x 2 + y 2 0 ρ < + ; ϕ arctan y x tan-1 y x 0 ϕ < 2 π ; z z z linee coordinate per P z o P ϕ o 0 ϕ z ρ ρ o y x 14

15 Valgono inoltre le formule inverse: x ρ cos ϕ y ρ sin ϕ z z Le superfici coordinate sono dei cilindri a sezione circolare aventi per asse l'asse z (ρcost), dei semipiani per l'asse z (ϕcost) e dei piani ortogonali all'asse z (zcost). Infine si considerano le coordinate sferiche (o polari nello spazio) r, θ (detta elevazione o colatitudine) e ϕ, con: q 1 r ; q 2 θ ; q 3 ϕ ove si ha: r x 2 + y 2 + z 2 0 r < + ; θ arctan x2 + y 2 z 0 θ π ; ϕ arctan y x 0 ϕ < 2 π (come in coordinate cilindriche) z linee coordinate per P r o θ P ϕ o 0 ϕ r θ o y x Valgono poi le formule inverse (si noti che ρ r sinθ): 15

16 x r sin θ cos ϕ y r sin θ sin ϕ z r cos θ Le superfici coordinate sono delle sfere con centro nell' origine (rcost), dei coni aventi per asse l'asse z (θcost) e dei semipiani per l'asse z (ϕcost). Attenzione infine al fatto che nell'origine i versori ρ o e ϕ o, in coordinate cilindriche, e i versori r o, θ o e ϕ o in coordinate sferiche non sono definiti. Per cui in questi sistemi non ha senso pensare i vettori applicati nell'origine. 16

17 Coefficienti metrici In un sistema di coordinate ortogonale generico, se si incrementa la coordinata q 1 di un dq 1, senza cambiare le altre due, il punto P si sposterà lungo la corrispondente linea coordinata di un arco la cui lunghezza ds 1 in generale non sarà uguale a dq 1 (come avviene in coordinate cartesiane), ma sarà ad esso proporzionale. Si potrà porre (cfr. figura a pag. 13): ds 1 h 1 dq 1 ds 2 h 2 dq 2 ds 3 h 3 dq 3 h i s i q i i1,2,3 Ad esempio in coordinate cilindriche, se ci si sposta di un dϕ lungo una circonferenza ortogonale all'asse z e con centro sull'asse (linea coordinata lungo la quale varia solo ϕ), l'arco che si percorre è lungo ds 2 ρ dϕ, e h 2 ρ. In coordinate sferiche lo stesso arco è ds 3 r sinθ dϕ, e h 3 r sinθ. I coefficienti h 1, h 2, h 3, detti coefficienti metrici, saranno in generale funzione di q 1, q 2, q 3. Per lo spostamento infinitesimo d r si ha: d r q 10 ds 1 + q 20 ds 2 + q 30 ds 3 q 10 h 1 dq 1 + q 20 h 2 dq 2 + q 30 h 3 dq 3 Per cui, ricordando anche l'espressione del differenziale totale: dr r q 1 dq 1 + r q 2 dq 2 + r q 3 dq 3 si ha: r h q 1 q 10 1 ossia: r q 2 h 2 q 20 r q 3 h 3 q 30 17

18 r q i h i q i0 i1,2,3 Dunque esprimendo il vettore posizione r in coordinate cartesiane: h i q i0 x 0 x q i + y 0 y q i + z 0 z q i i1,2,3 Allora il modulo h i del vettore h i q i0 sarà dato dalla: h i x q i 2 + y q i 2 + z q i 2 s i q i i1,2,3 Questo risultato coincide con le formule per l'ascissa curvilinea (Analisi I). In coordinate cartesiane si ha banalmente: h 1 1 h 2 1 h 3 1. In coordinate cilindriche si ha invece: h 1 1 h 2 ρ h 3 1. Infatti applicando la formula precedente: h 1 x ρ 2 + y ρ 2 + z ρ 2 cos 2 ϕ + sin 2 ϕ 1 h 2 x ϕ 2 + y ϕ 2 + z ϕ 2 -ρsin ϕ 2 + ρcos ϕ 2 ρ h 3 x z 2 + y z 2 + z z 2 1 In coordinate sferiche: h 1 1 h 2 r h 3 r sin θ. Infatti: h 1 x r 2 + y r 2 + z r 2 sin θ cos ϕ 2 + sin θ sin ϕ 2 + cos 2 θ sin 2 θ + cos 2 θ 1 18

19 h 2 x θ 2 + y θ 2 + z θ r 2 cos 2 θ + r 2 sin 2 θ r 2 2 h 3 x + y + z ϕ ϕ ϕ r sin θ 2 2 r cos θ cos ϕ 2 + r cos θ sin ϕ r sin θ 2 - r sin θ sin ϕ 2 + r sin θ cos ϕ 2 L'elemento di volume dv in coordinate ortogonali generiche sarà: dv ds 1 ds 2 ds 3 h 1 h 2 h 3 dq 1 dq 2 dq 3 Una tale espressione va adoperata quando si risolve un integrale di volume in un sistema di coordinate generico, f(q 1,q 2,q 3 )dv. V In coordinate cartesiane banalmente si avrà dv dx dy dz. In coordinate cilindriche: dv ρ dρ dϕ dz. In coordinate sferiche: dv r 2 sinθ dr dθ dϕ. Per quanto riguarda gli elementi di area ds, nel calcolo degli integrali di superficie, si ricordi che in coordinate polari nel piano si ha ds ρ dρ dϕ h 1 h 2 dq 1 dq 2. Invece in coordinate sferiche si ha, su una sfera centrata nell'origine: ds r 2 sinθ dθ dϕ h 2 h 3 dq 2 dq 3. Si ricordi inoltre (dal corso di Analisi II) che l'elemento di volume dv poteva scriversi in termini del cosiddetto (determinante) jacobiano della trasformazione, definito dalla: J (q 1,q 2,q 3 ) Si aveva infatti: x q 1 x q 2 x q 3 y q 1 y q 2 y q 3 z q 1 z q 2 z q 3 dv J (q 1,q 2,q 3 ) dq 1 dq 2 dq 3 19

20 Dal confronto fra le due espressioni del dv risulta: J (q 1,q 2,q 3 ) h 1 h 2 h 3 D'altra parte, ricordando l'espressione del prodotto misto come determinante (in coordinate cartesiane): A B C A x A y A z B x B y B z ne segue che: C x C y C z J (q 1,q 2,q 3 ) r q 1 r q 2 r q 3 h 1 h 2 h 3 q 10 q 20 q 30 Lo scalare q 10. q 20 x q 30 vale +1 se la terna è destra (come si è supposto), -1 se la terna è sinistra. Nel nostro caso si ha dunque: J (q 1,q 2,q 3 ) h 1 h 2 h 3 (la verifica può essere fatta in coordinate cilindriche o sferiche). Si noti infine che l'esprimere l'elemento di volume dv per mezzo di un prodotto misto è in accordo col significato geometrico di tale prodotto (il modulo del prodotto misto è pari al volume del parallelepipedo costruito sui tre vettori). 20

21 Trasformazioni di coordinate: versori, componenti, prodotti Consideriamo ora le formule che esprimono i versori generici q 10, q 20, q 30 in termini dei versori cartesiani x 0, y 0 e z 0. Dalla relazione: r q 1 h 1 q 10 segue che: q 10 1 h 1 r q 1 per cui si ha: q 10 1 h 1 e analogamente: q 20 1 h 2 x x q 0 + y y 1 q 0 + z z 1 q 0 1 x x q 0 + y y 2 q 0 + z z 2 q 0 2 q 30 1 h 3 x x q 0 + y y 3 q 0 + z z 3 q 0 3 Le trasformazioni viste possono essere scritte simbolicamente in forma matriciale: q 10 q 20 q 30 1 x 1 y 1 z h 1 q 1 h 1 q 1 h 1 q 1 1 x 1 y 1 z h 2 q 2 h 2 q 2 h 2 q 2 1 x 1 y 1 z h 3 q 3 h 3 q 3 h 3 q 3 x 0 y 0 z 0 21 A E' importante notare che in un sistema ortogonale la matrice di trasformazione [A] gode della proprietà che la sua inversa [A] -1 coincide con la sua trasposta [A] T. Del resto si noti che le righe di [A] (che sono le colonne di [A] T ) non sono altro, vista la formula precedente, che le componenti cartesiane dei versori q 10, q 20, q 30. Pertanto se si esegue il prodotto [A] [A] T righe per colonne, si eseguono in realtà tutti i possibili x 0 y 0 z 0

22 prodotti scalari fra i versori q 10, q 20, q 30 mutuamente ortogonali. Quindi la matrice risultante avrà tutti gli elementi nulli, tranne quelli della diagonale principale che saranno pari a 1. Si tratta pertanto della matrice unitaria [I]. Espressioni particolari si possono ottenere per i versori ρ 0, ϕ 0, z 0 in coordinate cilindriche, e per r 0, θ 0, ϕ 0 in coordinate sferiche, sostituendo le espressioni opportune per le coordinate e per i coefficienti metrici. In coordinate cilindriche, eseguendo i calcoli: ρ 0 ϕ 0 z 0 cos ϕ sin ϕ 0 -sin ϕ cos ϕ x 0 y 0 z 0 A c x 0 y 0 z 0 ossia: ρ 0 cos ϕ x 0 + sin ϕ y 0 ϕ 0 - sin ϕ x 0 + cos ϕ y 0 z 0 z 0 In coordinate sferiche: r 0 θ 0 ϕ 0 sin θ cos ϕ sin θ sin ϕ cos θ cos θ cos ϕ cos θ sin ϕ - sin θ -sin ϕ cos ϕ 0 x 0 y 0 z 0 A s x 0 y 0 z 0 (la terza riga doveva essere uguale alla seconda delle coordinate cilindriche). Ossia: r 0 sin θ cos ϕ x 0 + sin θ sin ϕ y 0 + cos θ z 0 θ 0 cos θ cos ϕ x 0 + cos θ sin ϕ y 0 - sin θ z 0 ϕ 0 - sin ϕ x 0 + cos ϕ y 0 Per ottenere le trasformazioni inverse, ossia per esprimere i versori cartesiani x 0, y 0, z 0 in termini dei versori generici q 10, q 20, q 30 è 22

23 necessario invertire la matrice vista. Come già visto, però, per tale matrice l'inversa coincide con la trasposta (proprietà di unitarietà, caratteristica delle matrici che in uno spazio vettoriale trasformano una base ortonormale, cioè costituita da versori mutuamente ortogonali, in un'altra ortonormale). Si ha dunque, trasponendo: x 0 y 0 z 0 ovvero: x 0 1 h 1 y 0 1 h 1 z 0 1 h 1 1 x 1 x 1 x h 1 q 1 h 2 q 2 h 3 q 3 1 y 1 y 1 y h 1 q 1 h 2 q 2 h 3 q 3 1 z 1 z 1 z h 1 q 1 h 2 q 2 h 3 q 3 x q 1 q h 2 y q 1 q h 2 z q 1 q h 2 x q 2 q h 3 y q 2 q h 3 z q 2 q h 3 q 10 q 20 q 30 x q 3 q 30 y q 3 q 30 z q 3 q 30 A T q 10 q 20 q 30 Particolarizzando alle coordinate cilindriche si ha: x 0 y 0 z 0 cos ϕ -sin ϕ 0 sin ϕ cos ϕ ρ 0 ϕ 0 z 0 A c T ρ 0 ϕ 0 z 0 ossia: x 0 cos ϕ ρ 0 - sin ϕ ϕ 0 y 0 sin ϕ ρ 0 + cos ϕ ϕ 0 z 0 z 0 In coordinate sferiche: x 0 y 0 z 0 sin θ cos ϕ cos θ cos ϕ - sin ϕ sin θ sin ϕ cos θ sin ϕ cos ϕ cos θ - sin θ 0 r 0 θ 0 ϕ 0 A s T r 0 θ 0 ϕ 0 ossia: 23

24 x 0 sin θ cos ϕ r 0 + cos θ cos ϕ θ 0 - sin ϕ ϕ 0 y 0 sin θ sin ϕ r 0 + cos θ sin ϕ θ 0 + cos ϕ ϕ 0 z 0 cos θ r 0 - sin θ θ 0 Per completezza si può considerare la trasformazione che permette di passare dai versori in coordinate cilindriche a quelli in coordinate sferiche. Si può ad esempio passare attraverso le coordinate cartesiane. Si ha infatti: r 0 θ 0 ϕ 0 sin θ cos ϕ sin θ sin ϕ cos θ cos θ cos ϕ cos θ sin ϕ - sin θ - sin ϕ cos ϕ 0 sin θ cos ϕ sin θ sin ϕ cos θ cos θ cos ϕ cos θ sin ϕ - sin θ - sin ϕ cos ϕ 0 x 0 y 0 z 0 cos ϕ -sin ϕ 0 sin ϕ cos ϕ ρ 0 ϕ 0 z 0 A s A c T ρ 0 ϕ 0 z 0 Svolgendo il prodotto matriciale si ha: r 0 θ 0 ϕ 0 sin θ 0 cos θ cos θ 0 -sin θ ρ 0 ϕ 0 z 0 (questa terza riga era evidente). Trasponendo si ha la trasformazione inversa: ρ 0 ϕ 0 z 0 sin θ cos θ cos θ -sin θ 0 r 0 θ 0 ϕ 0 Le trasformazioni dei versori possono essere utilizzate per vedere come cambiano le componenti di un generico vettore A, nel passaggio da un sistema di coordinate ad un altro. Essendo, come già visto, i versori delle funzioni di punto, tale vettore dovrà essere pensato sempre applicato in un ben preciso punto P. Del resto i vettori che si considerano in questo 24

25 corso sono in generale campi vettoriali funzioni di punto, e quindi è ben naturale applicarli nel punto cui si riferiscono. In un sistema cartesiano si ha: A A x x 0 + A y y 0 + A z z 0 mentre in un generico sistema curvilineo si scriverà: A A 1 q 10 + A 2 q 20 + A 3 q 30 Con simbolismo matriciale si potrà scrivere: A A x A y A z A 1 A 2 A 3 Dal confronto segue: x 0 y 0 z 0 q 10 A x A y A z A T q 20 q 30 q 10 q 20 q 30 A 1 A 2 A 3 A x A y A z A T Per passare ai vettori colonna si devono trasporre i due membri, ricordando che se [B] [C] [D], ne segue [B] T [D] T [C] T. Per cui: A 1 A 2 A 3 A A x A y A z 1 x 1 y 1 z h 1 q 1 h1 q 1 h1 q 1 1 x 1 y 1 z h 2 q 2 h2 q 2 h2 q 2 1 x 1 y 1 z h 3 q 3 h3 q 3 h3 q 3 A x A y A z Si noti che la trasformazione coincide con quella usata per i versori. In particolare in coordinate cilindriche si ha: A A ρ ρ 0 + A ϕ ϕ 0 + A z z 0 ove: 25

26 A ρ A ϕ A z A c A x A y A z In coordinate sferiche si ha: cos ϕ sin ϕ 0 -sin ϕ cos ϕ A x A y A z A A r r 0 + A θ θ 0 + A ϕ ϕ 0 ove: A r A θ A ϕ A s A x A y A z sin θ cos ϕ sin θ sin ϕ cos θ cos θ cos ϕ cos θ sin ϕ -sin θ -sin ϕ cos ϕ 0 A x A y A z (la terza riga doveva essere uguale alla seconda in coordinate cilindriche). In modo analogo si può passare dalle componenti in coordinate cilindriche a quelle in coordinate sferiche. Le varie trasformazioni inverse si ottengono trasponendo le matrici. Si noti dagli esempi visti che in un sistema di coordinate curvilinee generico le componenti di uno stesso vettore dipendono dal punto di applicazione, mentre in coordinate cartesiane esse sono delle costanti. Come esempio si consideri il vettore posizione r, che in coordinate cartesiane ha l'espressione: r x x 0 + y y 0 + z z 0 In coordinate curvilinee generiche sarà: r r 1 q 10 + r 2 q 20 + r 3 q 30 ove però r è pensato applicato nel punto P cui si riferisce, e non nell'origine, dove i versori non sono in generale definiti. r 1 r 2 r 3 Si ha: A x y z 26

27 r ρ r ϕ rz In particolare in coordinate cilindriche: A c x y z ρcos 2 ϕ + ρsin 2 ϕ -ρcos ϕ sin ϕ + ρsin ϕ cos ϕ z cos ϕ sin ϕ 0 -sin ϕ cos ϕ ρ 0 z ρcos ϕ ρsin ϕ z per cui r ρ ρ 0 + z z 0, come doveva essere. r r r θ r ϕ In coordinate sferiche: A s x y z sin θ cos ϕ sin θ sin ϕ cos θ cos θ cos ϕ cos θ sin ϕ -sin θ - sin ϕ cos ϕ 0 rsin 2 θcos 2 ϕ + rsin 2 θsin 2 ϕ + rcos 2 θ rsin θcos θcos 2 ϕ + rsin θcos θsin 2 ϕ - rsin θcos θ -rsin θsin ϕcos ϕ + rsin θsin ϕcos ϕ rsin 2 θ + rcos 2 θ r rsin θcos θ - rsin θcos θ per cui r r r 0 come doveva essere. r sin θ cos ϕ r sin θ sin ϕ r cos θ Si elencano ora i sistemi di coordinate curvilinee ortogonali nei quali l'equazione di Helmholtz è risolvibile per separazione di variabili: 1) coordinate cartesiane ortogonali; 2) coordinate cilindriche circolari; 3) coordinate cilindriche ellittiche; 4) coordinate cilindriche paraboliche; 5) coordinate paraboliche di rotazione; 6) coordinate paraboloidali; 7) coordinate sferiche; 8) coordinate sferoidali prolate; 27

28 9) coordinate sferoidali oblate; 10) coordinate coniche; 11) coordinate ellissoidali. Quest'ultimo caso comprende come sottocasi tutti i precedenti. In un sistema di coordinate curvilinee ortogonali generico il prodotto scalare si esegue nello stesso modo che in coordinate cartesiane (somma di prodotti di componenti omonime), e si ottiene sempre lo stesso risultato, come deve essere per coerenza. Considerando infatti i vettori: A A 1 q 10 + A 2 q 20 + A 3 q 30 B B 1 q 10 + B 2 q 20 + B 3 q 30 si ha: A. B (A 1 q 10 + A 2 q 20 + A 3 q 30 ).(B 1 q 10 + B 2 q 20 + B 3 q 30 ) A 1 B 1 + A 2 B 2 + +A 3 B 3 per la proprietà distributiva del prodotto scalare, e la mutua ortogonalità fra i versori. In termini matriciali: B 1 A B A 1 A 2 A 3 B 2 B 3 In particolare si ha in coordinate cilindriche: A. B A ρ B ρ + AϕBϕ + A z B z e in coordinate sferiche: A. B A r B r + A θ B θ + AϕBϕ che: Ricordando ora la matrice di trasformazione delle componenti, tale A 1 A x B 1 B x A 2 A 3 A A y, A z B 2 B 3 A B y B z 28

29 e ricordando la regola di trasposizione del prodotto fra due matrici, per cui: A 1 A 2 A 3 A x A y A z A T si ha infine per il prodotto scalare: B 1 T A B x A 1 A 2 A 3 B 2 A x A y A z A B y A x A y A z B y B 3 B z B z A x B x + A y B y + A z B z essendo [A] T [A] -1, per cui il prodotto [A] T [A] dà la matrice unitaria. Si è dunque ottenuto lo stesso valore del prodotto scalare in coordinate cartesiane, come doveva essere. Del resto al prodotto scalare è legata la definizione stessa di modulo di un vettore. Si ha infatti, se A è un vettore reale (cioè le cui componenti sono numeri reali): A A A A x 2 +Ay 2 + Az 2 A1 2 +A2 2 + A3 2 B x Attenzione al fatto che tale definizione non si estende automaticamente al caso dei vettori complessi. Per quanto riguarda il prodotto vettoriale, si eseguirà anch'esso allo stesso modo, ossia: Ax B (A 1 q 10 + A 2 q 20 + A 3 q 30 )x(b 1 q 10 + B 2 q 20 + B 3 q 30 ) q 10 q 20 q 30 A 1 A 2 A 3 B 1 B 2 B 3 poiché q 10, q 20, q 30 sono una terna destra di versori ortogonali. 29

30 In particolare si ha in coordinate cilindriche: A B ρ 0 ϕ 0 z 0 A ρ A ϕ A z B ρ B ϕ B z e in coordinate sferiche: r 0 θ 0 ϕ 0 A B A r A θ A ϕ B r B θ B ϕ Per verificare l'invarianza del risultato ottenuto, si ricordi la proprietà che una matrice e la sua trasposta hanno lo stesso valore del determinante, per cui si ha: A B q 10 A 1 B 1 q 20 A 2 B 2 q 30 A 3 B 3 Osservando ora le colonne di tale matrice e ricordando le formule di trasformazione: q 10 q 20 q 30 A x 0 y 0 z 0, A 1 A 2 A 3 A A x A y, A z B 1 B 2 B 3 A B x B y B z ne segue che per l'intera matrice si ha: q 10 A 1 B 1 q 20 A 2 B 2 A q 30 A 3 B 3 x 0 A x B x y 0 A y B y z 0 A z B z Passando ai determinanti, ricordando che il determinante di un prodotto è pari al prodotto dei determinanti, si ha: 30

31 q 10 A 1 B 1 q 20 A 2 B 2 det A q 30 A 3 B 3 x 0 A x B x y 0 A y B y det A z 0 A z B z x 0 y 0 z 0 A x A y A z B x B y B z Per quanto riguarda il determinante di [A], si osservi che dalla proprietà [A] T [A] -1 segue che det[a] T det[a] -1, ove però det[a] T det[a], mentre det[a] -1 1/det[A], essendo il determinante dell'inversa pari all'inverso del determinante. Risulta quindi che deve essere: det[a] 1/det[A], da cui {det[a]} 2 1, det[a] ±1. Ricordando però la relazione di trasformazione: q 10 q 20 q 30 A x 0 y 0 z 0 si ha che le righe di [A] non sono altro che le componenti cartesiane di q 10, q 20, e q 30 rispettivamente. Pertanto il determinante di [A] non è altro che il prodotto misto q 10. q 20 x q 30. Se allora la terna q 10, q 20, q 30 è destra (come si è ipotizzato) si ha det[a] +1, e segue l'invarianza della regola del prodotto vettoriale. Dalle considerazioni precedenti segue infine anche la validità generale della regola del prodotto misto: A B C A x A y A z B x B y B z C x C y C z A 1 A 2 A 3 B 1 B 2 B 3 C 1 C 2 C 3 31

32 Operatori differenziali in coordinate curvilinee, cilindriche, sferiche Si tratta ora di vedere quali sono le espressioni che i vari operatori differenziali introdotti assumono in coordinate curvilinee generalizzate, ed in particolare in coordinate cilindriche e sferiche. Si vedrà che tali espressioni sono abbastanza diverse da quelle per le coordinate cartesiane. Un'espressione generale per l'operatore, che può essere usata per formare i vari prodotti, e quindi i vari operatori, è la seguente: 1 h 1 h 2 h 3 1 h 1 h 2 h 3 q 1 h 1 h 2 h 3 h 1 q 10 + q 2 h 1 h 2 h 3 h 2 q 20 + q 3 h 1 h 2 h 3 h 3 q 30 q 1 h 2 h 3 q 10 + q 2 h 3 h 1 q 20 + q 3 h 1 h 2 q 30 Si presti attenzione alla regolarità nella distribuzione dei pedici. Ricordando poi le espressioni particolari delle coordinate e dei coefficienti metrici si ottengono le formule per il caso cilindrico o sferico (o ovviamente cartesiano). q 10 h 1 Un'espressione alternativa è la: q 1 + q 20 h 2 q 2 + q 30 h 3 equivalente alla precedente. q 3 Nell'uso di queste formule occorre tener presente che, in coordinate curvilinee generalizzate, anche i versori devono essere derivati. Nel seguito si userà quella delle due espressioni che semplifica maggiormente i calcoli. Applicando le formule precedenti è possibile ricavare le espressioni del gradiente, della divergenza, del rotore e del laplaciano in coordinate curvilinee generalizzate. Si ha nell'ordine: 32

33 f q 10 h 1 f q 1 + q 20 h 2 f q 2 + q 30 h 3 f q 3 A 1 h 1 h 2 h 3 q 1 h 2 h 3 A 1 + q 2 h 3 h 1 A 2 + q 3 h 1 h 2 A 3 A 1 h 1 h 2 h 3 h 1 q 10 h 2 q 20 h 3 q 30 q 1 q 2 q 3 h 1 A 1 h 2 A 2 h 3 A 3 q 10 h 2 h 3 h 3 h 1 h 1 h 2 q 20 q 30 q 1 q 2 q 3 h 1 A 1 h 2 A 2 h 3 A 3 q 10 h 2 h 3 q 2 h 3 A 3 q 3 h 2 A q 20 h 3 h 1 q 3 h 1 A 1 q 1 h 3 A 3 + q 30 h 1 h 2 q 1 h 2 A 2 q 2 h 1 A 1 Dunque la componente generica del rotore di un vettore dipende in generale dalle altre due componenti del vettore, ma non dipende dalla componente omonima. Si ha infine per l'operatore di Laplace: 2 1 h 1 h 2 h 3 1 h 1 h 2 h 3 q 1 h 2 h 3 h 1 q 1 h 1 h 2 h 3 h 1 2 q 1 q 1 + q 2 h 3 h 1 h 2 + q 2 h 1 h 2 h 3 h 2 2 q 2 q 2 + q 3 h 1 h 2 h 3 + q 3 h 1 h 2 h 3 h 3 2 q 3 La formula precedente è utilizzabile sia per il laplaciano applicato a uno scalare ( 2 f), sia per quello applicato a un vettore ( 2 A). In questo ultimo caso si tenga però presente che i versori non sono in generale delle costanti e quindi vanno derivati. Si riportano ora le formule per le coordinate cilindriche (h 1 1, h 2 ρ, h 3 1): f ρ 0 f ρ + ϕ 0 1 ρ f ϕ + z 0 f z q 3 33

34 A 1 ρ ρ ρa ρ + 1 ρ A ϕ ϕ + A z z ρ 0 ρ ϕ 0 z 0 ρ A ρ ϕ z ρ 0 ρ A z ϕ - z ρa ϕ + ϕ A ρ 0 z - A z ρ + z ρa 0 ϕ ρ ρ - A ρ ϕ A ρ ρa ϕ A z ρ 0 1 ρ A z ϕ - A ϕ z + ϕ A ρ 0 z - A z ρ + z 0 1 ρ ρa ϕ ρ - 1 ρ A ρ ϕ 2 f 1 ρ ρ ρ f ρ + 1 ρ 2 2 f ϕ f z 2 2 f ρ ρ f ρ f ρ 2 ϕ + 2 f 2 z 2 Espressione analoga per 2 A, con A in luogo di f. Mediante alcune manipolazioni si può anche ottenere l'espressione: 2 A ρ 0 2 A ρ - A ρ ρ - 2 A ϕ 2 ρ 2 ϕ + ϕ 0 2 A ϕ - A ϕ ρ + 2 A ρ 2 ρ 2 ϕ + z 0 2 A z Si noti come le componenti del laplaciano di un vettore non coincidano in generale con i laplaciani delle componenti, come avviene in coordinate cartesiane, per cui bisogna prestare attenzione quando si proietta un'equazione in cui compaia 2 A (ad esempio l'equazione di Helmholtz) in coordinate generiche. Passando al caso sferico (h 1 1, h 2 r, h 3 r sinθ) si ha: f r 0 f r + θ 0 1 r A 1 r 2 f θ + ϕ 0 1 r sinθ r r2 A r + 1 r sinθ f ϕ θ sinθ A θ + 1 A ϕ r sinθ ϕ 34

35 r 0 r 2 sinθ θ 0 r sinθ ϕ 0 r A r θ ϕ A r ra θ r sinθ A ϕ r 0 r 2 sinθ θ r sinθ A ϕ - ϕ ra θ + θ 0 r sinθ A r ϕ - r r sinθ A ϕ + ϕ 0 r ra θ r - A r θ r 0 rsinθ θ sinθ A ϕ - ϕ A θ + θ 0 1 A r r sin θ ϕ - r r A ϕ + ϕ 0 r ra θ r - A r θ 2 f 1 r 2 2 f r r f r r2 r + 1 r 2 sinθ f r f r 2 θ + 1 θ 2 r 2 tanθ sinθ f θ + 1 r 2 sin 2 θ f θ + 1 r 2 sin 2 θ 2 f ϕ 2 2 f ϕ 2 Espressione analoga per A, con A in luogo di f. Oppure, con alcune manipolazioni, si ottiene l'espressione: 2 A r 0 2 A r - 2A r r 2 + θ 0 2 A θ - + ϕ 0 2 A ϕ + 2 r 2 sinθ per cui: - 2A θ r 2 tanθ - 2 r 2 A θ θ - 2 A θ r 2 sinθ + 2 r 2 A r θ - 2 A r ϕ - r 2 sinθ A ϕ ϕ + r 2 sinθ tanθ A ϕ + 2 rsinθ 2 r 2 sinθ tanθ A θ ϕ A ϕ ϕ + Come si è detto, i versori in coordinate cartesiane sono delle costanti, x 0 y 0 z 0 0 x 0 y 0 z x 0 2 y 0 2 z 0 0 Si ha poi: 35

36 x x 0 y y 0 z z 0 Con queste formule si può verificare la relazione di trasformazione: x 0 y 0 z 0 1 x 1 x 1 x h q 1 1 h q 2 2 h q y 1 y 1 y h q 1 1 h q 2 2 h q z 1 z 1 z h q 1 1 h q 2 2 h q 3 3 q 10 q 20 q 30 A T Infatti per ottenere x o, y o e z o non si fa altro che sfruttare le espressioni di x, y, e z in coordinate generiche. Si ha inoltre: 2 x 2 y 2 z 0 r x x + y y + z z x 0 y 0 z 0 q 10 q 20 q 30 r x y z x y z x 0 z y - y z + y 0 x z - z x + z 0 y x - x y 0 Queste due formule si potevano vedere in coordinate sferiche, per cui ad esempio: r 1 r 2 r r3 1 r 2 3r2 3 In coordinate sferiche si vede anche la r 0 0. r x 0 r x + y 0 r y + z 0 r z x 0 x 0x + y 0 y + z 0 z x 2 + y 2 +z 2 r r r 0 2x 2 x 2 + y 2 +z 2 + y 0 (più semplicemente si poteva vedere in coordinate sferiche). 2y 2 x 2 + y 2 +z 2 + z 0 2z 2 x 2 + y 2 +z 2 36

37 relazioni: 2 r 1 r 2 Ragionando in coordinate sferiche si possono poi dimostrare altre r r2 1 r 2 2r 2 r oppure anche: 2 r r r 0 1 r 2 r r2 2 r Si ha poi: 2 r r 0 2 r - 2r r 2 r 0 2 r - 2 r 0 mentre invece: 2 r 0 r 0-2 r 2 0 Inoltre: r n r 0 r n r n r n-1 r 0 n r n-1 r 1 r r 0 1 r r - r 0 1 r 2-1 r 2 r Queste ultime due formule sono dei casi particolari di una proprietà più generale del gradiente di funzioni composte: f ξ q 1,q 2,q 3 df dξ ξ (per esempio, per mezzi non omogenei: ln ε 1 ε ε). Una proprietà analoga vale per la divergenza: A ξ q 1, q 2, q 3 da dξ ξ Si ha invece per il rotore: 37

38 A ξ q 1, q 2, q 3 ξ da dξ (in questo caso è importante l'ordine dei fattori). Tali proprietà sono facilmente dimostrabili in coordinate cartesiane. Si ha poi (coordinate sferiche): 2 1 r 1 r 2 r - 1 r 2 r2 0 (per r 0) Quest'ultima formula si può scrivere in modo più completo facendo uso della funzione (o meglio distribuzione) di Dirac tridimensionale (in coordinate cartesiane): δ( r ) δ(x, y, z) δ(x) δ(y) δ(z), detta anche impulso matematico. Tale funzione gode delle proprietà: δ( r )0 per r 0; V δ(r)dv { 1 se l'origine appartiene a V 0 se l'origine non appartiene a V Introducendo poi un altro vettore posizione r ' si ha: δ( r - r ') δ(x-x') δ(y-y') δ(z-z') con: δ( r - r ')0 per r r ' V V δ(r-r')dv { 1 se r' V 0 se r' V Vale inoltre la proprietà, considerata una generica funzione f( r ): f(r) δ(r-r')dv { f(r') se r' appartiene a V 0 se r' non appartiene a V La relazione cercata è: 38

39 2 1 r - 4π δ(r) Si può verificare infatti che, preso un volume sferico V centrato nell'origine e di raggio a, si ha: V 2 1 r dv - 4π Infatti: V 2 1 r dv 1 r dv V (applicando il teorema della divergenza) n 1 r ds S (derivata secondo una direzione) 1 r r ds (coincidendo la direzione normale con quella radiale) S - 1 r 2 ds S - 1 ds (essendo r costante sulla sfera, e pari ad a) a 2 S - 1 a 2 4πa2-4π Più in generale si ha la formula: 2 1 r-r' - 4π δ(r-r') Si è visto che in coordinate generiche i versori non sono in generale delle costanti (per cui le loro derivate non sono in generale nulle). Per individuare un vettore è necessario quindi precisarne anche il punto di applicazione, e si hanno due terne di numeri: le coordinate del punto di applicazione e le componenti del vettore. Ulteriori relazioni in coordinate sferiche: 39

40 θ 0 1 rsin θ θ sin θ 1 rsin θ cos θ 1 rtan θ θ 0 ϕ 1 0 r r r ϕ 1 0 r θ θ 0 1 r Relazioni in coordinate cilindriche: ρ 0 ρ 1 ρ ρ ρ 1 ρ ρ 0 ρ 0-1 ρ 2 ρ ρ 0 ϕ 0 0 ϕ 0 z 1 0 ρ ϕ ϕ 0 1 ρ ρ ρ z 0 1 ρ 40

41 Equazione di Poisson Si ricordi (Fisica II) l'equazione di Poisson per l'elettrostatica (equazione scalare): 2 V - ρ ε (mezzo omogeneo) (con E - V) ove ρ è la densità delle cariche libere, non di quelle di polarizzazione nei dielettrici. Si noti per inciso che nel caso di mezzi non omogenei, i fenomeni elettrostatici sono regolati da un'equazione diversa da quella di Poisson. Infatti dall'equazione generale D ρ, ossia, per mezzi isotropi ε E ρ, e ricordando l'identità vettoriale: ε E ε E + ε E segue: - ε V - ε V ρ ossia, dividendo per ε: 2 V + ε ε V - ρ ε oppure: 2 V + (ln ε) V - ρ ε Per la magnetostatica si ha invece l'equazione di Poisson vettoriale: 2 A - J (mezzo omogeneo e A 0) (con H A) ove J è la densità delle correnti libere, non di quelle di magnetizzazione presenti nei materiali magnetici. 41

42 E' noto (dal corso di Fisica II) che l'equazione scalare ammette una soluzione del tipo: V(r) 1 4π r - r' ρ(r') ε d' essendo il volume occupato dalla distribuzione di carica ρ, r ' il vettore posizione del generico punto P' in tale volume (punto di sorgente), r il vettore posizione del punto P dello spazio in cui si vuole il potenziale V (punto di osservazione). Il fatto che l'espressione vista rappresenti una soluzione dell'equazione di Poisson può essere direttamente verificato. Si ha infatti: 2 V 2 1 4π r - r' ρ(r') ε d' ρ(r') 4πε 2 1 r - r' d' ove l'operatore di Laplace, che opera su r, è stato portato dentro l'integrale, che è rispetto a r '. Si ricordi inoltre che è: 2 1 r - r' per cui: - 4π δ(r-r') 2 V - ρ(r') ε {- ρ(r)/ε δ(r-r') d' 0 se r se r per cui se il volume è quello nel quale ρ è diversa da zero (come si è assunto) l'integrale considerato è soluzione r. Nel caso invece in cui fosse un sottoinsieme del dominio D ove ρ 0, la soluzione non sarebbe valida nell'insieme D -. Si noti come la soluzione che si sta considerando abbia la forma di un integrale di convoluzione spaziale, ove la funzione 1/4π r - r' gioca il 42

43 ruolo di risposta impulsiva spaziale. In elettromagnetismo si parla più spesso di "funzione di Green", in questo caso per l'equazione di Poisson e per lo spazio libero. Infatti tale soluzione è utile nel caso in cui la distribuzione di carica ρ sia immersa in uno spazio senza superfici di contorno (spazio libero), riempito di un dielettrico omogeneo di costante dielettrica ε, ed in cui si voglia conoscere la distribuzione del potenziale elettrostatico. Nel caso in cui fossero presenti delle superfici di contorno, come si vedrà, all'integrale di volume andrebbe aggiunto un integrale di superficie, in cui intervengano le condizioni al contorno. Inoltre tale soluzione è utile nell'ipotesi che la distribuzione di carica ρ sia spazialmente limitata, ossia tutte le cariche si trovino a distanza finita dall'origine. In questo caso è naturale assumere come condizione al contorno (all'infinito) per il potenziale la seguente: lim V(r) r l < r Questa condizione ha il significato che al crescere di r la funzione V debba andare a zero almeno come 1/r. La soluzione considerata soddisfa evidentemente tale condizione, visto il tipo di dipendenza da r. Si può vedere inoltre che essa è l'unica che soddisfi una tale condizione al contorno. Infatti si ricordi che una qualsiasi soluzione dell'equazione di Poisson può essere espressa mediante la sovrapposizione di una (arbitraria) soluzione di essa (ad esempio quella considerata) ed un'opportuna soluzione dell'equazione omogenea corrispondente (nel nostro caso l'equazione di Laplace 2 V 0). Per avere un'altra soluzione, diversa da quella considerata, ma che soddisfi anch'essa la condizione al contorno all'infinito, si dovrebbe aggiungere alla nostra soluzione una soluzione dell'equazione di Laplace 43

44 che soddisfi anch'essa tale condizione. Pertanto una tale soluzione dell'equazione di Laplace dovrebbe andare a zero all'infinito. Peraltro si può dimostrare che ogni soluzione dell'equazione di Laplace non possiede punti di massimo o di minimo nei punti interni del dominio di interesse. Per cui se all'infinito (ossia sulla frontiera) vale zero, essa dev'essere identicamente nulla, e pertanto la soluzione dell'equazione di Poisson che soddisfi la predetta condizione al contorno è unica. Il fatto che una soluzione dell' equazione di Laplace non possieda punti di massimo o di minimo (nei punti interni) può essere visto nel modo seguente. Supponendo ad esempio che vi sia un punto P di minimo per la funzione V, si potrà individuare una (piccola) superficie chiusa S che contenga P, per tutti i punti della quale la derivata normale (esterna) di V sia (strettamente) positiva, essendo la funzione crescente intorno al minimo. Sarà dunque: V n ds n V ds > 0 S S Ma applicando il teorema della divergenza si ha: n V ds V d 2 V d > 0 S conclusione assurda, essendo per ipotesi 2 V 0 in tutto il volume racchiuso dalla superficie S. Per quanto riguarda il caso magnetostatico, proiettando l'equazione per A sui tre assi cartesiani si ottengono tre equazioni di Poisson scalari per le tre componenti di A. Ad esempio per A x si ha: 44

45 A x r 1 4π r - r' J x r' d' Moltiplicando le tre componenti per i versori cartesiani corrispondenti (che essendo costanti si possono introdurre nell'integrale) e sommando si ha: A r 1 4π r - r' J r' d' Per tale formula si possono ripetere le stesse osservazioni fatte a proposito del potenziale scalare elettrostatico V. La condizione al contorno all'infinito sarà: lim A(r) r l con l < r Si esamini ora il problema dell'equazione di Poisson in presenza di contorni, ossia all'interno di un certo volume racchiuso da una superficie chiusa S. Si consideri allo scopo il lemma di Green nella sua seconda forma: ϕ 2 ψ - ψ 2 ϕ d ϕ ψ n - ψ ϕ n ds S Si applichi tale teorema per la funzione: ϕ G(r, r') 1 4π r - r' cioè per la funzione di Green (per l'equazione di Poisson) per lo spazio libero. Si era visto che: 2 G - δ r-r' da cui si osserva come la funzione di Green sia proprio la risposta (cioè il potenziale scalare V) ad una eccitazione (la funzione ρ/ε) di tipo impulso matematico. 45

46 Si prenda inoltre: Ψ V. Applicando il lemma si ha: G 2 V - V 2 G d G V n - V G n ds S per cui: - G ρ ε + V δ(r-r') d - G ρ ε d + V (r') G V n - V G n ds S avendo supposto r'. Si ha quindi: V (r') G ρ ε d + G V n - V G n ds S Invertendo i ruoli delle variabili r ed r ' ed osservando che G( r ', r )G( r, r ') si ha: V(r) G r, r' ρ(r') ε d' + G r, r' V n S - V r' G n ds' se r. Se invece r è esterno al volume considerato occorre porre zero a primo membro della formula precedente. Su questa espressione si possono fare alcune osservazioni. Se la superficie S viene portata all'infinito e si suppone che il potenziale V su di essa decresca come 1/r, l'integrale di superficie va a zero. Ciò può vedersi in modo semplice se si considera una sfera con centro nell'origine (per cui la derivata normale coincide con quella radiale) e di raggio crescente, e si ricorda che G va a zero come 1/r e che il ds è proporzionale a r 2. Si ritorna quindi alla soluzione per lo spazio libero. Si osservi inoltre che nell'integrale superficiale compaiono le condizioni al contorno dette di Cauchy, che richiedono la conoscenza sul contorno sia del potenziale che della sua derivata normale. Se si richiede la conoscenza del solo potenziale sul contorno si parla di condizioni di 46

47 Dirichlet; se si richiede la sola derivata normale si parla di condizioni di Neumann. Ora, si può vedere che ciascuna delle due ultime condizioni è sufficiente da sola a determinare univocamente la soluzione dell'equazione di Poisson. Pertanto le condizioni di Cauchy sono sovrabbondanti, e non conducono in generale a nessuna soluzione, a meno che i valori del potenziale e della derivata normale non siano scelti accuratamente, ossia non siano più indipendenti. E allora la formula precedente non va vista come la soluzione dell'equazione di Poisson che soddisfa certe condizioni al contorno (di Cauchy) assegnate, ma è in realtà essa stessa un'equazione (integrale, cioè nella quale la funzione incognita compare sotto il segno di integrale) cui deve soddisfare la funzione V( r ), soluzione dell'equazione di Poisson all'interno del volume. Il fatto che assegnando condizioni al contorno di Dirichlet o di Neumann sulla superficie chiusa S la soluzione sia determinata univocamente può esser visto per assurdo, supponendo che esistano due soluzioni diverse V 1 e V 2 (che soddisfino alle stesse condizioni al contorno) e considerandone la differenza V 0 V 2 -V 1. Si avrà che V 0 è soluzione dell'equazione di Laplace, soddisfacente le condizioni V 0 0, oppure V 0 /n 0, su S nei due casi rispettivamente. Si consideri ora il lemma di Green nella sua prima forma: ϕ ψ + ϕ 2 ψ d ϕ ψ n ds S ove si ponga ϕψv 0. Ne segue: V 0 V 0 + V 0 2 V 0 d V V 0 0 n ds 0 S 47

48 per le condizioni al contorno in entrambi i casi. Si ha inoltre 2 V 0 0. Ne segue: V 2 0 d 0 da cui V 0 0 in, ossia V 0 è costante in. Nel caso del problema di Dirichlet si ha allora V 0 0 in e l'unicità è dimostrata, mentre nel caso di Neumann l'unicità è dimostrata a meno di una costante additiva arbitraria, che peraltro non è importante, essendo il potenziale sempre definito a meno di una costante arbitraria, che non altera il valore del campo elettrico. Si ha inoltre l'unicità anche per condizioni al contorno miste, in cui sia assegnato il potenziale su una parte di S, e la sua derivata normale sulla parte restante. Calcolando invece V( r ) mediante condizioni di Cauchy assegnate e la formula vista, si ottengono in generale valori al contorno diversi da quelli assegnati. Si noti infine che la formula vista poteva essere ricavata non soltanto per la funzione 1/4π r- r', ma per qualsiasi funzione G( r, r ') soddisfacente la 2 G - δ(r-r'), e che si può ottenere dalla precedente aggiungendo un'arbitraria soluzione dell'equazione di Laplace in. Si può sfruttare tale arbitrarietà per eliminare nella formula vista l'uno o l'altro degli integrali di superficie ed ottenere così soluzioni formali dell'equazione di Poisson per condizioni di Dirichlet o di Neumann. Si può ad esempio scegliere una funzione di Green G D ( r, r ') tale che G D ( r, r ') 0 per r' S, e allora segue che: V(r) G D r, r' ρ(r') ε d' - V r' G D n S ds' 48

49 e questa è ora effettivamente l'espressione per la soluzione (unica) dell'equazione di Poisson per assegnate condizioni al contorno di Dirichlet per la funzione V. Analogamente si può scegliere una funzione di Green G N ( r, r ') tale che G N /n 0 per r' S, e allora: V(r) G N r, r' ρ(r') ε d' + G N r, r' V n S ds' ottenendo l'espressione per la soluzione (unica) dell'equazione di Poisson per assegnate condizioni al contorno di Neumann per la funzione V. Si noti tuttavia che tali soluzioni sono per lo più formali, perché la determinazione effettiva di queste nuove funzioni di Green presenta spesso difficoltà notevoli. 49

50 Teorema di Helmholtz enunciati: Il teorema di Helmholtz è generalmente noto sotto forma di due 1) un campo vettoriale A è completamente determinato assegnandone la divergenza ed il rotore; 2) ogni campo vettoriale A è scomponibile univocamente nella somma di una parte irrotazionale (a rotore nullo) ed una parte solenoidale (a divergenza nulla). In particolare si tratta rispettivamente di un gradiente e di un rotore. Per dimostrare la prima parte si consideri l'identità vettoriale: 2 A A - A - - A + A Se la divergenza ed il rotore di A sono noti, tale relazione diventa un'equazione di Poisson vettoriale, che ammette nelle ipotesi viste la soluzione unica: A(r) - A(r') 4π r - r' d' + A(r') 4π r - r' ove gli operatori sono stati contrassegnati con un apice per indicare che operano su r ' e non su r. Si noti tuttavia per inciso che assegnare divergenza e rotore determina la funzione A quasi completamente, cioè a meno del gradiente di una funzione scalare f che soddisfi l'equazione di Laplace: 2 f 0. Infatti il vettore B A + f è tale che B A, essendo f0 sempre. E inoltre B A, essendo f 2 f0 per l'ipotesi che f soddisfi l'equazione di Laplace. Il secondo enunciato del teorema equivale a dire che per qualsiasi A si può scrivere: 50 d'

51 A A i + A s, con: A i 0, per cui A A s A s 0, per cui A A i. Supponendo noto A, sono noti anche A e A, per cui A s è assegnato (come pure A s 0 per ipotesi), e così anche A i (come pure A i 0 per ipotesi). Quindi, per la prima parte del teorema, A i e A s risultano determinati. Se ne vogliono ora trovare le espressioni esplicite. Se il dominio considerato è a connessione lineare semplice, sarà: A i - ϕ per cui: A i - ϕ - 2 ϕ A e quindi 2 ϕ - A, equazione di Poisson scalare, che ha la soluzione: ϕ(r) A(r') 4π r - r' d' da cui: A i (r) - A(r') 4π r - r' d' Se poi il dominio è a connessione superficiale semplice (ad esempio l'intero spazio), si ha: A s F. Il vettore F è completamente determinato assegnandone rotore e divergenza. Qui interessa solo il rotore, che deve essere A s ; la divergenza rimane arbitraria, e si può prendere nulla. Per cui: A s F F - 2 F - 2 F A e quindi si ha l'equazione di Poisson vettoriale 2 F - A, che ha la soluzione: 51

52 F(r) A(r') 4π r - r' d' per cui (e la seconda parte risulta così dimostrata): A s (r) A(r') 4π r - r' d' Da quanto precede si ricava l'espressione per A: A(r) A i (r) + A s (r) - A(r') 4π r - r' d' + A(r') 4π r - r' Si noti che la parte irrotazionale è un gradiente che dipende solo dalla divergenza di A, mentre la parte solenoidale è un rotore che dipende solo dal rotore di A. Si noti infine la somiglianza tra questa formula e quella stabilita in precedenza: con le ipotesi supplementari di connessione del dominio è stato possibile portare fuori (per così dire) dall'integrale il gradiente ed il rotore, rendendo più agevole la determinazione di A a partire dalla sua divergenza e dal suo rotore. Può essere inoltre derivata una formula più generale, valida per una arbitraria funzione vettoriale A (purché ovviamente derivabile), all'interno di un volume arbitrario delimitato da una superficie chiusa S. La relazione è: d' A(r) - A(r') 4π r - r' d' - S n A(r') 4π r - r' ds' + + A(r') 4π r - r' d' - S n A(r') 4π r - r' ds' In questa espressione intervengono i valori sul contorno S. Da essa si vede fra l'altro che la condizione A 0 nel volume considerato non è 52

53 sufficiente da sola per poter esprimere A come un rotore di una certa funzione vettoriale. Se però a tale condizione si aggiunge (ad esempio) la condizione al contorno n A 0 sulla superficie, ciò è sufficiente. In modo analogo, la condizione A 0 nel volume non è sufficiente da sola per poter esprimere A come il gradiente di una certa funzione scalare. Lo diventa se si aggiunge (ad esempio) la condizione nx A0 al contorno. 53

54 Applicazione del teorema di Poynting ad un cavo coassiale in continua Si consideri una struttura coassiale (di raggi r 1 e r 2 ) con pareti perfettamente conduttrici e che racchiuda un dielettrico perfetto, omogeneo, isotropo e non dispersivo. Tra i due conduttori sia mantenuta una differenza di potenziale costante nel tempo V 0 ed il cavo sia chiuso su una resistenza R. Nei conduttori scorrerà allora una corrente costante nel tempo I 0 V 0 /R. r 2 l S' S" r 0 θ 0 z 0 + r 1 ' S 1 S 3 n 0 V 0 S 2 Si applichi ora il teorema di Poynting nel dominio del tempo al volume dielettrico, limitato dalle superfici S 1, S 2, S' e S''. Trattandosi di una situazione statica (indipendenza dal tempo) i termini p E E D e p t H B H, in cui compaiono delle derivate t rispetto al tempo, si annullano. In termini di energia (essendo il mezzo non dispersivo) si ha che l'energia elettromagnetica immagazzinata nel volume non varia: p H + p E d d dt W H + W E d 0 54

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