D. L. Ferrario. Appunti di. Geometria 1

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1 D. L. Ferrario Universitesto Appunti di Geometria 1

2 D.L. Ferrario, - Appunti del corso di Geometria I (A.A. 2013/2014) D.L. Ferrario Dipartimento di Matematica e Applicazioni Università di Milano-Bicocca [Versione preliminare del ]

3 PREMESSA Queste sono le note per il corso di Geometria I (primo anno del CdL in Matematica), tenuto nel secondo semestre dell A.A. 2013/2014 presso il Dipartimento di Matematica e Applicazioni dell Università di Milano- Bicocca. Gli argomenti presentati a lezione sono riassunti in modo molto schematico (e approssimativo nonché non esente da errori di varia natura * ); approssimativamente ogni settimana viene presentato un elenco di esercizi assegnati (facoltativi ma fortemente consigliati). Tra questi ce ne saranno alcuni da risolvere in gruppi di studio e da consegnare per ottenere un bonus di punti all esame. La parte teorica di queste note non può essere considerata un testo su cui studiare, ma solo un compendio abbastanza dettagliato degli argomenti affrontati. Lo studio deve essere necessariamente svolto sui libri consigliati (o sui numerosi volumi presenti in letteratura e in biblioteca dedicati a questi argomenti) e sui propri appunti, possibilmente confrontando quanto si legge con quanto presentato in queste note. Gli esercizi proposti settimanalmente possono essere semplici, di media difficoltà, oppure presentare difficoltà significative (questi esercizi sono segnalati in genere con uno o più asterischi). A volte l asterisco segnala semplicemente l importanza dell argomento affrontato nell esercizio. Nel tempo le note sono state e saranno modificate, corrette e integrate, per cui si consiglia verso la fine del corso di ristampare o di controllare la nuova versione. Milano, D.L. Ferrario * A proposito di errori: la segnalazione di errori (a lezione, ricevimento, esercitazione o tutoraggio) è ben accetta. Sia di quelli che potrebbero essere stati inseriti involontariamente che quelli volontari. i

4 ii

5 INDICE 1 Richiami, aperti di spazi metrici 1 1 Richiami Richiami di logica matematica Richiami di teoria degli insiemi Spazi metrici e continuità: topologia degli spazi metrici Proprietà dei sottoinsiemi aperti Esercizi Chiusi e topologie 13 3 Sottoinsiemi chiusi di uno spazio metrico Spazi topologici Base di una topologia Topologia indotta (topologia dei sottospazi, sottospazi topologici) Opzionale: Contare le topologie finite Esercizi Omeomorfismi, topologia prodotto e topologia quoziente 25 5 Funzioni continue Topologia prodotto Spazi di identificazione e topologie quoziente Esercizi Compattezza 41 8 Compattezza Spazi di funzioni e convergenza puntuale (opzionale) Esercizi Compattezza negli spazi euclidei 57 9 Compattezza in spazi metrici ed euclidei Spazi metrici completi Opzionale: costruzione di R (Cantor) Esercizi iii

6 iv INDICE 6 Connessione Spazi connessi Spazi connessi per archi Opzionale: construzione di R (Dedekind) Esercizi Gruppi di trasformazioni Gruppi di matrici Gruppi di trasformazioni Esercizi Spazi affini Spazi affini Sottospazi affini Opzionale: piani affini finiti e quadrati latini, greco-latini e magici Esercizi Trasformazioni affini, incidenza e parallelismo Mappe affini Incidenza e parallelismo Proiezioni parallele e non dello spazio su un piano Esercizi Spazi euclidei e isometrie Spazi affini euclidei e isometrie Angoli e proiezioni ortogonali Area e volume negli spazi affini Esercizi Spazi proiettivi e proiettività Spazi proiettivi Isomorfismi proiettivi e proiettività Incidenza di sottospazi Esercizi A Alcuni esercizi svolti Esercizi svolti Seconda parte Alcuni œrrori B Temi d esame A.A A.A A.A A.A

7 INDICE v Bibliografia 275 Indice analitico 277

8 vi INDICE

9 Settimana N 1 RICHIAMI, APERTI DI SPAZI METRICI 1. RICHIAMI 1.1. RICHIAMI DI LOGICA MATEMATICA (Cfr.) * Definire cos è un enunciato, una proposizione (elemento primitivo della logica delle proposizioni). La definizione è data in termini di una proprietà dell enunciato: l essere vero o falso (logica bivalente). Dunque si assume che ogni proposizione abbia un solo valore di verità scelto tra i due: vero oppure falso. Sistemi logici più completi possono averne altri (indeterminato, per esempio). Variabili: Lettere dell alfabeto (maiuscole o minuscole), se serve con sottoscritte (con apici o pedici): A, x, B 1, j, Assegnamento di valore alle variabili. Connettivi logici: : (Operazioni binarie, unarie tra proposizioni). Si formano nuove proposizioni a partire da proposizioni date. - negazione: p. - congiunzione (AND): p q. - disgiunzione (OR, p vel q): p q. - disgiunzione esclusiva (p XOR q, aut p aut q) : p q. - implicazione (materiale) (se p allora q, p implica q): p = q. - doppia implicazione (se e solo se): p q. Valori di verità: Vero (1) e Falso (0). Dato che gli enunciati p, q, assumo valori di verità 0/1, è possibile definire i connettivi logici scrivendo le corrispondenti tabelle di verità. * Cfr: M. Conti, D.L. Ferrario, S. Terracini, G. Verzini: Analisi matematica, Vol I, dal calcolo all analisi, Apogeo, Cap. ℵ. 1

10 2 #1. RICHIAMI, APERTI DI SPAZI METRICI p p p q p = q p q p q p q p q p q p q p q p XOR q Simboli primitivi ed espressioni logiche: A partire da proposizioni date p, q, r, si costruiscono espressioni composte (dette anche forme o espressioni, nel calcolo delle proposizioni), utilizzando le parentesi per esplicitare la precedenza tra le operazioni. Alcune espressioni sono sempre vere (cioè assumono valore di verità 1 per ogni possibile scelta dei valori delle variabili), e si chiamano tautologie. Altre, invece, sono sempre false (cioè assumono valore di verità 0 per ogni possibile scelta dei valori delle variabili): si chiamano contraddizioni. Quando due espressioni hanno le medesime tavole di verità si dicono equivalenti. A e B sono equivalenti se e solo se A B è una tautologia. Le seguenti sono tautologie: (i) A A (terzo escluso); (ii) (A A) (non contraddizione); (iii) ( A) A (doppia negazione); (iv) A A A, A A A; (v) A B B A, A B B A (commutatività); (vi) associatività: (A B) C A (B C); (A B) C A (B C); (vii) Leggi distributive: A (B C) (A B) (A C); A (B C) (A B) (A C); (viii) Leggi di de Morgan: (A B) A B; (A B) B A; Le seguenti tautologie sono uno schema del ragionamento logico formale. Sono esempi di sillogismi, riscritti nei termini della logica matematica delle proposizioni. (i) (A B) = A;

11 1. RICHIAMI 3 (ii) (A = B) ( B = A) (contronominale, contrapposizione, per assurdo); (iii) (A = B) A = B (modus ponens); (iv) (A = B) B = A (modus tollens); (v) (A = B) (B = C) = (A = C) (modus barbara, sillogismo ipotetico); (vi) ((A B) A) = B (sillogismo disgiuntivo). Predicati: Quando una espressione p(x) contiene delle variabili (x) che non sono state assegnate (variabili libere) si dice predicato, proprietà, funzione proposizionale o anche enunciato aperto. Quantificatori: I quantificatori trasformano enunciati aperti in proposizioni (vere o false). Se ci sono più variabili libere, si possono usare più quantificatori. Le variabili con un valore assegnate oppure quantificate da un quantificatore si dicono vincolate. - Quantificatore universale: (per ogni, per tutti). Uso: x, p(x). Significato: Per ogni x (nell universo U), la proprietà p(x) è vera (cioè x gode della proprietà p). Anche: x U, p(x). - Quantificatore esistenziale: (esiste, esiste almeno un x). Uso: x : p(x). Significato: Esiste almeno un x (nell universo U) per cui la proprietà p(x) è vera (cioè x gode della proprietà p). Anche: x U : p(x). - ( x, p(x)) x : p(x) (principio di negazione). - ( x : p(x)) x, p(x) (principio di negazione). - x, y, p(x, y) y,, x p(x, y) (principio di scambio). - x : y : p(x, y) y : : xp(x, y) (principio di scambio). - x : y, p(x, y) = y, x : p(x, y) (principio di scambio) RICHIAMI DI TEORIA DEGLI INSIEMI (Cfr.) * Concetti primitivi (non definiti): - Insieme di oggetti/elementi (anche: collezione, famiglia). - Relazione di appartenenza: x X, x X. * Cfr: Stoll, Robert R.: Set theory and logic, (1961).

12 4 #1. RICHIAMI, APERTI DI SPAZI METRICI In altri termini, in questa teoria intuitiva (naive) degli insiemi * si definisce un insieme come collezione di oggetti definiti e distinguibili (cioè si deve essere in grado di stabilire se x = y oppure x y). Si assumono anche i seguenti principi: (i) Principio di estensione: Due insiemi sono uguali se e solo se hanno gli stessi elementi. (ii) Principio di astrazione: Una proprietà p(x) definisce un insieme A con la convenzione che gli elementi di A sono esattamente gli oggetti x per cui P(x) è vera: (iii) Assioma della Estensioni di questa notazione: Insieme vuoto :. Relazioni tra insiemi: A = {x : p(x)}. {x A : p(x)} Esempio: {x R : x 4} { f (x) : p(x)} Esempio: {x 2 : x Z} {1, 2, 3}, {1, 2} - (Inclusione) A B (anche A B): se x A implica x B. A è un sottoinsieme di B. - A B: se B A. - A = B se e solo se (A B) e (B A). Operazioni con gli insiemi: - Unione A B = {x : x A x B}. - Intersezione A B = {x : x A x B} (due insiemi sono disgiunti quando A B = ). - Prodotto cartesiano (insieme delle coppie ordinate) A B = {(a, b) : a A, b B} = {(a, b) : a A b B}. - Complemento di A in B A (differenza tra insiemi): A (= A c = B A) = {x B : x A}. - Insieme delle parti: P(X) = 2 X = l insieme dei sottoinsiemi di X (cioè l insieme delle funzioni f : X {0, 1}). Operazioni per collezioni/famiglie di insiemi: come il simbolo di sommatoria può essere usato per definire la somma di una serie di numeri, così i simboli di unione e intersezione possono essere usati per famiglie di insiemi. Siano J e U due insiemi non vuoti e f : J 2 U una funzione. Per ogni i J, il sottoinsieme f (i) 2 U può anche essere denotato con X i, per esempio (cf. successioni x i vs. funzioni x = f (i)). - X i := {x U : ( i I : x X i )}, o equivalentemente i J * G. Cantor ( ). Il termine intuitiva è usato anche poiché la sola intuizione dovrebbe essere il criterio per stabilire cosa è un insieme e cosa no; conseguenze di questo approccio sono famosi paradossi (contraddizioni), come il paradosso di Russell (1901): sia X l insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi, cioè che non hanno se stessi come elementi (x x); se X appartiene a se stesso, X X, allora per definizione X X, cioè X non appartiene a se stesso. Viceversa Il concetto complementare di insieme vuoto è quello di insieme universo. S intende che questo viene scelto e sottinteso in dipendenza dal contesto. Per esempio: numeri naturali, numeri reali, Si noti l uso del simbolo := usato per le definizioni o gli assegnamenti.

13 2. SPAZI METRICI E CONTINUITÀ: TOPOLOGIA DEGLI SPAZI METRICI 5 - i J X i := {x U : x X i per qualche i I}. X i := {x U : ( i J, x X i )}, o equivalentemente i J i J X i := {x U : x X i per tutti gli i J}. In ultimo, si ricordi che una funzione f : X Y si dice iniettiva se x X, y Y, (x y = f (q)), suriettiva se y Y, x X : f (x) = y, bijettiva (biunivoca) se è sia iniettiva sia suriettiva. f (x) (1.1) Definizione. Sia f : X Y una funzione. Se B Y è un sottoinsieme di Y, la controimmagine di B è f 1 (B) = {x X : f (x) B}. 2. SPAZI METRICI E CONTINUITÀ: TOPOLOGIA DEGLI SPAZI METRICI (Cfr.) * Ricordiamo alcuni fatti elementari sugli spazi metrici. (2.1) Definizione. Uno spazio metrico è un insieme X munito di una funzione d : X X R tale che per ogni x 1, x 2, x 3 X: (i) x 1, x 2, d(x 1, x 2 ) 0 e d(x 1, x 2 ) = 0 se e solo se x 1 = x 2. (ii) Simmetria: d(x 1, x 2 ) = d(x 2, x 1 ). (iii) Disuguaglianza triangolare: d(x 1, x 3 ) d(x 1, x 2 ) + d(x 2, x 3 ). La funzione d viene chiamata metrica su X. Gli elementi di X vengono anche chiamati punti. (2.2) Esempio. Metrica su R: d : R R R, d(x, y) = x y, ha le proprietà che per ogni x, y R (i) x y 0 e x y = 0 x = y. (ii) x y = y x. (iii) x z x y + y z. Importante concetto associato al concetto di metrica e di distanza: (2.3) Definizione. Palla aperta (intorno circolare) di raggio r e centro in x 0 X (X spazio metrico): (Anche più esplicitamente B r (x 0, X)) * Cfr: Cap I, 1; Sernesi Vol II [1]. B r (x 0 ) = {x X : d(x, x 0 ) < r}.

14 6 #1. RICHIAMI, APERTI DI SPAZI METRICI (2.4) Nota. Una funzione f : A R R è continua nel punto x A se per ogni ϵ > 0 esiste un δ > 0 tale che x y < δ = f (x) f (y) < ϵ. Cioè, equivalentemente, f è continua in x R se per ogni ϵ > 0 esiste δ > 0 tale che y B δ (x) = f (y) B ϵ ( f (x)), cioè f (B δ (x)) B ϵ ( f (x)). In generale, f : A R è continua in A R se è continua per ogni x A, cioè se per ogni ϵ > 0 e per ogni x A esiste δ (dipendente da ϵ e x) tale che f (B δ (x)) B ϵ ( f (x)). Dal momento che f (U) V U f 1 V (esercizio (1.7) a pagina 11), la funzione f è continua in x A se e solo se per ogni ϵ > 0 esiste δ (dipendente da ϵ) tale che B δ (x) f 1 (B ϵ ( f (x))). (2.5) Definizione. Un sottoinsieme * U di uno spazio metrico X si dice intorno di un punto x U se contiene un intorno circolare di x, cioè se esiste δ > 0 tale che Se U è un intorno di x, si dice che x è interno ad U. B δ (x) U (2.6) Nota. Se U è un intorno di x e U V, allora V è un intorno di x. Con questo linguaggio, la definizione di continuità in x diventa: la controimmagine f 1 (B ϵ ( f (x))) di ogni intorno circolare di f (x) è un intorno di x. Notiamo anche il fatto importante che una palla è intorno di ogni suo punto (esercizio (1.10) a pagina 11). (2.7) Se f : A X Y è continua in A, allora la controimmagine di ogni palla B r (y) in Y (intervallo!) è intorno di ogni suo punto. Dim. Se x f 1 B ϵ (y), cioè f (x) B ϵ (y), allora esiste r abbastanza piccolo per cui B r ( f (x)) B ϵ (y). Dal momento che f è continua in x, f 1 (B r ( f (x))) è intorno di x. Ma e quindi f 1 (B ϵ (y)) è un intorno di x. B r ( f (x)) B ϵ (y) = f 1 (B r ( f (x))) f 1 (B ϵ (y)) (2.8) Definizione. Un sottoinsieme A X di uno spazio metrico si dice aperto se è intorno di ogni suo punto (equivalentemente, ogni punto di A ha un intorno circolare tutto contenuto in A, o, equivalentemente, ogni punto di A ha un intorno tutto contenuto in A). (2.9) Una palla aperta B r (x) è un aperto. Dim. (Esercizio (1.10) di pagina 11) (2.10) Una funzione f : X Y è continua in X se e soltanto se la controimmagine in X di ogni palla B r (y) di Y è un aperto. Dim. Per la proposizione precedente se una funzione è continua allora la controimmagine di ogni palla è un aperto. Viceversa, assumiamo che la controimmagine di ogni palla B r (y) è un aperto. Allora, per ogni x X e per ogni ϵ > 0 f 1 (B ϵ ( f (x))) è un aperto, ed in particolare è un intorno di x; per definizione di intorno, quindi per ogni x e ϵ esiste δ > 0 tale che B δ (x) f 1 (B ϵ ( f (x))), cioè f è continua. * U può non essere aperto

15 2. SPAZI METRICI E CONTINUITÀ: TOPOLOGIA DEGLI SPAZI METRICI PROPRIETÀ DEI SOTTOINSIEMI APERTI Se A X è aperto, allora per ogni x A esiste r = r(x) > 0 tale che B r(x) A, e quindi A è unione di (anche infinite) palle aperte A = B r(x) (x). Viceversa, si può mostrare che l unione di una famiglia di palle aperte è un aperto. Quindi vale: (2.11) Un sottoinsieme A X è aperto se e solo se è unione di intorni circolari (palle). (2.12) Corollario. L unione di una famiglia qualsiasi di aperti è un aperto. x A (2.13) Nota. Osserviamo che le dimostrazioni appena viste per funzioni reali non utilizzano null altro che proprietà degli intorni circolari in R. Dato che queste proprietà valgono in generale per spazi metrici, le medesime proposizioni valgono per spazi metrici. (2.14) Sia X uno spazio metrico. Allora l insieme vuoto e X sono aperti. (2.15) Siano A e B due aperti di X spazio metrico. Allora l intersezione A B è un aperto. Dim. Sia x A B. Dato che A e B sono aperti, esistono r A e r B > 0 tali che B ra (x) A e B rb (x) B. Sia r il minimo tra r A e r B : B r B ra, B r B rb, e quindi B r A B r B( B r A B). Quindi A B è intorno di x e la tesi segue dall arbitrarietà di x. Riassumiamo le proprietà degli aperti: consideriamo il sottoinsieme dell insieme delle parti A 2 X che consiste di tutti i sottoinsiemi aperti di X. (2.16) L insieme A di tutti gli aperti (secondo la definizione (2.8) di pagina 6) di uno spazio metrico X verifica le seguenti proprietà: (i) A, X A, (ii) B A = B B B A, (iii) B A, B è finito, allora B B B A. (2.17) Possiamo riassumere le proprietà degli intorni circolari di uno spazio metrico X: (i) Ogni elemento x X ha almeno un intorno (aperto) B x. (ii) L intersezione di due intorni circolari B 1 B 2 è un aperto, e quindi per ogni x B 1 B 2 esiste un terzo intorno circolare B di x per cui x B B 1 B 2. (2.18) Definizione. La topologia di uno spazio metrico X è la famiglia A di tutti i sottoinsiemi aperti definita poco sopra. Si dice anche che A è la topologia di X generata dagli intorni circolari (definiti a partire dalla metrica). (X, d) (X, d, A)

16 8 #1. RICHIAMI, APERTI DI SPAZI METRICI Si possono riassumere tutti i fatti visti sulle funzioni continue nel seguente teorema. (2.19) Teorema. Una funzione f : X Y (spazi metrici) è continua se e solo se la controimmagine di ogni aperto di Y è un aperto di X. Dim. Sia V un aperto di Y. Allora è unione di intorni circolari B j := B r j (y j ) e dunque la sua controimmagine V = j J B j f 1 V = f 1 B j = f 1 B j j J è unione di aperti, e quindi è un aperto. Viceversa, se la controimmagine di ogni aperto in Y è un aperto di X, allora in particolare la controimmagine di ogni intorno circolare di Y è un aperto di X, e quindi f è continua. La continuità di una funzione quindi dipende solo dal comportamento di f sulle famiglie di aperti degli spazi in considerazione, e non dal valore della metrica. Dal momento che per determinare la continuità di una funzione è sufficiente conoscere le famiglie di aperti (nel dominio e codominio) e le controimmagini degli stessi, diciamo che due metriche sono equivalenti se inducono la stessa topologia. (2.20) Definizione. Si dice che due metriche sullo stesso insieme X sono equivalenti se inducono la stessa topologia su X. (2.21) Due metriche d e d su X sono equivalenti se e solo se la seguente proprietà è vera: per ogni x X e per ogni palla Br d (x) (nella metrica d) esiste r > 0 tale che Br d (x) B d r (x) (dove Br d (x) è la palla nella metrica d ) e, viceversa, per ogni r e x esiste r tale che Br d (x) Br d (x). Dim. Supponiamo che le due metriche d e d siano equivalenti e siano x e r > 0 dati. Per (2.9) la palla Br d (x) è aperta nella topologia indotta da d e quindi anche nella topologia indotta da d : pertanto esiste r tale che Br d (x) B d r (x). Analogamente se si scambia il ruolo di d e d. Viceversa, supponiamo A aperto secondo la topologia indotta da d. Per ogni x A esiste, per definizione, r = r(x) > 0 tale che B d r (x) A, j J ed un corrispondente r > 0 tale che Cioè, per ogni x esiste r = r (x) > 0 tale che B d r (x) Bd r (x). Br d (x) A, e quindi A è aperto nella topologia indotta da d. Analogamente, ogni aperto nella topologia indotta da d è anche aperto nella topologia indotta da d e quindi le due topologie coincidono. (2.22) Esempio. Esempi di metriche su R 2 :

17 2. SPAZI METRICI E CONTINUITÀ: TOPOLOGIA DEGLI SPAZI METRICI 9 (i) d(x, y) = (x 1 y 1 ) 2 + (x 2 y 2 ) 2 = x y (metrica euclidea). 0 se x = y (ii) d(x, y) = 1 altrimenti (iii) d(x, y) = x 1 y 1 + x 2 y 2. (iv) d(x, y) = max i=1,2 x i y i. (v) d(x, y) = min i=1,2 x i y i (?). (metrica discreta). (vi) d(x, y) = (x 1 y 1 ) 2 + (x 2 y 2 ) 2 (?). (2.23) Esempio. Sia p N un primo 2. Sappiamo che ogni intero n Z ha una decomposizione in fattori primi, per cui esiste unico l esponente α per cui n = p α k, dove l intero k non contiene il fattore primo p. Si consideri in Z la funzione p definita da p α k p = p α ogni volta che k è primo con p, e n p = 0 quando n = 0. Sia quindi d : Z Z Q R la funzione definita da d(x, y) = x y p. Si può vedere che è una metrica su Z (perché?). (2.24) Esempio. Consideriamo la funzione f : R 2 R, definita da x y f (x, y) = x 2 + y 2 se (x, y) (0, 0); 0 se (x, y) = (0, 0). Osserviamo che per ogni x 0 R la funzione è continua, e che per ogni y 0 R la funzione f (x 0, ) : R R f (, y 0 ) : R R è continua. Si può dedurre che la funzione f è continua, quindi? Se f fosse continua, dovrebbe essere continua anche la funzione φ(t) = f (t, t) = t t 2t 2 = t 2 t, che continua non è, malgrado le apparenze.

18 10 #1. RICHIAMI, APERTI DI SPAZI METRICI ESERCIZI (1.1) Dimostrare che: (i) L insieme vuoto è unico. (ii) per ogni insieme A, A. (iii) per ogni insieme A, A A. (iv) per ogni insieme A, A = A. (1.2) Dimostrare che se A, B, C e X sono insiemi arbitrari: (i) A B = B A. (ii) A B = B A. (iii) (A B) C = A (B C). (iv) (A B) C = A (B C). (v) A (B C) = (A B) (A C). (vi) A (B C) = (A B) (A C). (vii) Se A X, allora X (X A) = A. (viii) Se A, B X, allora X (A B) = (X A) (X B). (ix) Se A, B X, allora X (A B) = (X A) (X B). (1.3) Dimostrare che le seguenti proposizioni sono equivalenti: (i) A B; (ii) A B = A; (iii) A B = B. (1.4) Costruire una bijezione tra l insieme delle parti P(X) di un insieme X e l insieme delle funzioni f : X {0, 1}. *(1.5) Siano A e B due insiemi e X l insieme definito da X = {{{a}, {a, b}} : a A, b B}. Mostrare che {{a}, {a, b}} = {{b}, {b, a}} se e solo se a = b e costruire una bijezione X A B. *(1.6) Sia f : X Y una funzione tra insiemi. Dimostrare che, se A X e B Y sono sottoinsiemi di X e Y: (i) f ( f 1 (B) ) B. (ii) f è suriettiva se e solo se per ogni B Y, f f 1 (B) = B. (iii) A f 1 f (A).

19 Esercizi 11 (1.7) Sia f : X Y una funzione tra insiemi, A X e B Y sottoinsiemi di X e Y. Dimostrare che: f (A) B A f 1 B. (1.8) Sia X un insieme e f : X X R una funzione tale che: (i) f (x, y) = 0 se e solo se x = y. (ii) x, y, z X, f (x, z) f (x, y) + f (z, y). Dimostrare che f è una metrica su X. (1.9) Dimostrare che ogni intervallo aperto di R è intorno di ogni suo punto. *(1.10) Dimostrare che in uno spazio metrico ogni palla è intorno di ogni suo punto (cioè è un aperto). (1.11) Dimostrare che l unione di una famiglia qualsiasi di palle aperte di uno spazio metrico è un aperto. *(1.12) Sia {B j } j J una famiglia di insiemi in Y e f : X Y una funzione. Dimostrare che f 1 B j = f 1 B j (1.13) Quali tra questi sottoinsiemi di R 2 (con la metrica euclidea) sono aperti? (i) {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 < 1} {(1, 0)}. (ii) {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 1}. (iii) {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 > 1}. (iv) {(x, y) R 2 : x 4 + y 4 1}. (v) {(x, y) R 2 : x 4 + y 4 1}. j J *(1.14) È vero che l intersezione di una famiglia qualsiasi di intorni aperti di R è un aperto? Se la famiglia è finita? *(1.15) Dimostrare che, dato uno spazio metrico X e un punto x 0 X, la funzione f (x) = d(x, x 0 ) è continua. (1.16) Dimostrare che una metrica d e la metrica 2d sono equivalenti. Quali delle metriche dell esempio (2.22) sono equivalenti? (1.17) Trovare gli errori inseriti nelle lezioni (valido anche nelle prossime lezioni). j J

20 12 #1. RICHIAMI, APERTI DI SPAZI METRICI

21 Settimana N 2 CHIUSI E TOPOLOGIE 3. SOTTOINSIEMI CHIUSI DI UNO SPAZIO METRICO (3.1) Definizione. Sia A X un sottoinsieme di uno spazio metrico X. Un punto x X si dice di accumulazione (anche: punto limite) per A in X se per ogni r > 0 l intersezione B r (x) A contiene almeno un punto oltre al centro x. Idea: i punti di accumulazione di A dovrebbero essere i punti limite di successioni in A. Se A = {x n } n N X è una successione convergente, allora il limite della successione è punto limite di A. È davvero cosí? (3.2) Se x X è di accumulazione per A X in X, e A B X, allora x è di accumulazione per B in X. Dim. Per ogni r > 0 l intersezione B r (x) A contiene almeno un punto oltre al centro x, e dato che A B si ha B r (x) A B r (x) B, quindi B r (x) B contiene almeno un punto oltre a x, cioè x è di accumulazione per B. (3.3) Definizione. Sia X uno spazio metrico. Un sottoinsieme C X si dice chiuso se contiene tutti i suoi punti di accumulazione. (3.4) Il complementare in X di un chiuso è aperto. Il complementare in X di un aperto è chiuso. Quindi C X è chiuso se e solo se X C è aperto. Dim. Sia C X un chiuso e x X C. Dato che C è chiuso, x non può essere un punto di accumulazione, e quindi esiste r > 0 per cui B r (x) C =. Ma allora B r (x) (X C) e quindi X C è intorno di x. Per l arbitrarietà di x in X C si ha che X C è aperto. Viceversa, sia A X un aperto e sia C il complementare X A. Se x è un punto di accumulazione di C allora non è un punto di A: infatti, A sarebbe intorno di x, per cui ci sarebbe r > 0 tale che B r (x) A, ma allora B r (x) C A C =, cioè x non sarebbe di accumulazione per C. In altre parole, i punti di accumulazione di C sono contenuti in C e dunque C è chiuso. (3.5) L insieme C di tutti i chiusi di uno spazio metrico X verifica le seguenti proprietà: (i) C, X C, 13

22 14 #2. CHIUSI E TOPOLOGIE (ii) B C = C B C C, (iii) B C, B è finito, allora C B C C. Dim. Basta considerare la proposizione (2.16) e il fatto che i chiusi sono i complementari degli aperti (dualità), oppure applicare direttamente la definizione (esercizio). (3.6) Definizione. Sia A X. L unione di A con l insieme di tutti i suoi punti di accumulazione si dice chiusura di A in X e si indica con A. (3.7) Nota. La chiusura A di A contiene A. Inoltre, se A B, si ha che A B (esercizio (2.6)). (3.8) Proposizione. Un sottoinsieme A X è chiuso se e soltanto se A = A. Dim. Se A è chiuso, allora contiene i suoi punti di accumulazione, e quindi A = A. Viceversa, se A = A, allora A contiene i suoi punti di accumulazione, e quindi è chiuso. (3.9) La chiusura A di A è uguale all intersezione di tutti i chiusi che contengono A, ed è un chiuso. È il più piccolo insieme chiuso che contiene A. Dim. Consideriamo un insieme chiuso C che contiene A. Dato che A C, si ha che A C, ed essendo C chiuso si ha: C = C. Ma allora A C, cioè A è contenuto in tutti i chiusi che contengono A. Sia K l intersezione di tutti i chiusi che contengono A. Allora K è chiuso (perché intersezione di chiusi) e A K, da cui A K. Se x A, allora x non è né punto di A né punto di accumulazione, e dunque esiste r > 0 per cui B r (x) A = ; dato che B r (x) è aperto, il suo complementare C = X B r (x) è un chiuso che non contiene x e che contiene A. Ma questo implica che K C (dato che C è un chiuso che contiene A) e che quindi nemmeno K contiene x (dato che C non contiene x). Quindi K non contiene nessun x A, cioè K A. Dunque K = A, A è chiuso ed è uguale all intersezione di tutti i chiusi che contengono A. (3.10) Sia f una funzione f : X Y tra spazi metrici. Le tre proposizioni seguenti sono equivalenti: (i) f è continua (ii) A X, f (A) f (A). (iii) per ogni C Y chiuso, la sua controimmagine f 1 (C) X è chiuso. Dim. Supponiamo che la funzione f sia continua. Mostriamo che 1 = 2. Sia x A. Se x A, allora f (x) f (A) f (A), e quindi f (x) f (A). Se x A A, allora x deve essere di accumulazione per A. Vogliamo mostrare che o f (x) appartiene a f (A) oppure ne è punto di accumulazione. Se f (x) f (A), allora non c è altro da dimostrare. Supponiamo altrimenti che f (x) f (A). Ora, dato che f è continua, per ogni r > 0 la controimmagine dell intorno circolare f 1 (B r ( f (x))) è un intorno di x, e quindi esiste ϵ > 0 (che dipende da r e x) per cui B ϵ (x) f 1 (B r ( f (x))). Ma x è di accumulazione per A, e quindi B ϵ (x) A {x}, cioè esiste un punto z B ϵ (x) A, z x, ed in particolare f (z) B r ( f (x)) Dato che stiamo supponendo f (x) f (A) e che z A, si ha che f (z) f (A) e quindi f (z) f (x). Cioè, per ogni r > 0 l intorno B r ( f (x)) contiene punti di f (A) diversi da f (x), e quindi f (x) è di accumulazione per f (A).

23 3. SOTTOINSIEMI CHIUSI DI UNO SPAZIO METRICO 15 Ora dimostriamo che (ii) = (iii). Sia C Y un chiuso e A = f 1 C la sua controimmagine in X. Dal momento che f (A) f (A), e che f (A) C, f (A) C = C, e quindi A f 1 C. Ne segue che A A, da cui A = A, visto che anche A A. Ora dimostriamo che (iii) = (i). Se A Y è aperto, allora C = Y A è chiuso in Y, e quindi f 1 C è chiuso in X, il che implica che X f 1 C è aperto. Ma X f 1 C = {x X : f (x) C} = f 1 (X C) = f 1 (A), quindi f 1 (A) è aperto. (3.11) Nota. Continuità: f (lim) = lim( f ) Ancora: Tutti i punti di uno spazio metrico sono chiusi. Infatti, se y x X e r = d(x, y), allora r > 0 e y B r/2 (y) x, cioè X {x} è aperto. (3.12) Esempio. Si consideri la funzione f : X = R Y = R definita da f (x) = e x. Se A = X, allora A è chiuso e A = A = R, mentre f (A) = {e x : x R} = (0, + ) Quindi si ha f (A) = [0, + ). f (A) f (A), ma f (A) f (A). (3.13) Esempio. Se A = Z R, allora A non ha punti di accumulazione, dato che se ϵ < 1 e n Z, allora B ϵ (n) Z = {n}. I punti di accumulazione dell insieme { } 1 n : n Z, n > 0 sono dati dall insieme {0}. Perché (esercizio). (3.14) Esempio. Quali sono i punti di accumulazione dell insieme X Q costituito da tutti i numeri che si possono scrivere come somme l 1 k j=1 j per certi interi k j 2 tutti distinti k j N, j = 1,..., l (cioè tali che i j = k i k j )? Esercizio (2.3), google: egyptian fractions. Opzionale: alcuni passi delle soluzione di questo esempio/esercizio. (Passo 1) Se x è di accumulazione per X, allora x 0. Dim. Basta mostrare che se x < 0, allora x non è di accumulazione per X. Se x < 0, allora esiste ϵ > 0 tale che B ϵ (x) è composto da soli numeri < 0; quindi B ϵ (x) non contiene punti di X e x non è di accumulazione. Sia ora x 0. Se x = 0, allora la successione {1/n} converge a x, e quindi 0 è di accumulazione per X. Sia invece x > 0. Per ogni n N, n 2 e per ogni x R, x > 0, sia f (n, x) = min{k N : k n 1 k x},

24 16 #2. CHIUSI E TOPOLOGIE cioè dove la funzione ceiling x è definita da f (n, x) = max(n, 1 ), x x = min{k N : k x}. Quindi si ha che n f (n, x) = 1 x se 1/(n 1) x altrimenti. Definiamo una successione n 1, n 2,..., n l,... di interi e una corrispondente successione x 0 = x, x 1,, x l di reali nel modo seguente. Ricordiamo che f non è definita per x 0. n 1 = f (2, x), x 1 = x 1 n 1 n 2 = f (n 1 + 1, x 1 ), x 2 = x 1 1 n 2 n 3 = f (n 2 + 1, x 2 ), x 3 = x 2 1 n 3. n l = f (n l 1 + 1, x l 1 ). x l = x l 1 1 n l Per definizione si ha (3.15) n k > n k 1, 1 n k x k 1. Se per un certo k si ha x k = 0, la successione termina. Si tratta certamente di x Q, quindi se x Q, la successione non può terminare. * (Passo 2) La successione n k è strettamente crescente. La successione x k è strettamente decrescente e positiva. Dim. Dato che f (n, x) n, si ha n k = f (n k 1 + 1, x k 1 ) n k 1 + 1, per ogni k. Inoltre n k > 0, e quindi x k = x k 1 1 < x k 1, quindi x k è strettamente decrescente. Per la (3.15), x k 0 per ogni k (ed è 0 solo n k quando termina la successione). Osserviamo che se x > 1/2, i primi n termini della successione saranno k 1 = 2, k 2 = 3,, k n = n + 1, ed esiste certamente un n tale che dato che la serie armonica diverge n + 1 x < n n + 2, * Ma quando questa successione termina? Su ogni x razionale positivo o solo su alcuni?

25 3. SOTTOINSIEMI CHIUSI DI UNO SPAZIO METRICO 17 (Passo 3) Sia x > 0, x Q, e n k, x k le successioni corrispondenti. Allora e quindi x è di accumulazione per X. Dim. Le somme parziali verificano per ogni n k=1 S n = 1 n k = x, n 1 n k=1 k x = S n + x n. Basta quindi mostrare che x n 0. Osserviamo che non può essere definitivamente n k = k + 1, perché la serie (armonica) diverge. Quindi devono esserci infiniti k per cui risulta n k+1 = f (n k + 1, x k ) n k + 1, cioè infiniti k per cui x k < 1 n k. Ma 1 n k è una successione monotona decrescente che tende a zero, e 0 < x k, quindi x k 0. (Passo 4) Ogni reale x 0 è di accumulazione per X. Dim. Se x R, x 0, in ogni intorno B ϵ (x) cadono certamente infiniti punti irrazionali positivi, e quindi almeno uno diverso da x, che chiamiamo z. Dato che B ϵ(x) è intorno aperto di z, che è di accumulazione per X, in B ϵ(x) ci sono altri punti di X, e quindi x è di accumulazione per X. Risultato: i punti di accumulazione di X sono (3.16) Nota. Quanti termini servono per scrivere Osserviamo che quindi dovrà essere {x R : x 0} n 100 < n + 1 n + 1? ln(n + 1) ln 2 = cioè più o meno dieci septillioni di termini n+1 2 dx x < n n < dx 1 x ln(n + 1) ln 2 < 100 < ln(n + 1), n (e 100 1, 2e 100 1). = ln n,

26 18 #2. CHIUSI E TOPOLOGIE 4. SPAZI TOPOLOGICI (Cfr.) * Se si analizzano le dimostrazioni delle proprietà finora vista degli aperti, chiusi e funzioni continue di spazi metrici, ci si rende conto che la metrica serve solo per definire la famiglia degli intorni circolari e alcune proprietà caratterizzanti. Sia X un insieme. Una famiglia di sottoinsiemi A 2 X che verifica le proprietà di (2.16) consente di fatto di introdurre una definizione non solo metrica di continuità. (4.1) Definizione. Una famiglia A 2 X di sottoinsiemi di un insieme X si dice topologia se verifica le seguenti proprietà: (i) A, X A, (ii) B A = B B B A, (iii) B A, B è finito, allora B B B A. Uno spazio X munito di una topologia A 2 X (spesso indicata con la lettera τ) viene detto spazio topologico e gli elementi di A si dicono gli aperti di X. È banale verificare che la definizione di aperto di uno spazio metrico consente di associare ad ogni spazio metrico una topologia come nella definizione (2.18), che è detta anche topologia metrica. Sappiamo già che spazi metrici diversi possono avere la stessa topologia metrica (se le metriche sono equivalenti). Non tutti gli spazi topologici però ammettono l esistenza di una metrica che genera la topologia (cioè, non tutti sono metrizzabili). (4.2) Esempio. Consideriamo le due topologie estreme, cioè quella con più aperti possibile e quella con meno aperti possibile. (i) Topologia banale: ha solo i due aperti A = {, X} 2 X (che devono esistere per poter soddisfare tutti gli assiomi della definizione (4.1)). (ii) Topologia discreta: tutti i sottoinsiemi sono aperti A = 2 X. (iii) Topologia metrica: in uno spazio metrico, la topologia generata dalla metrica si chiama topologia metrica. (4.3) Esempio. Su Z sia A la famiglia di tutte le unioni di progressioni aritmetiche (U a,b = {a + kb : k Z} Z). Allora la famiglia A è una topologia di Z, e in questa topologia, le progressioni U a,n sono sia aperti che chiusi. Perché? Questo serve a rilassare il concetto di vicinanza che è intrinseco per gli spazi metrici. (4.4) Definizione. Se X è uno spazio topologico, A X è un sottoinsieme e x A, si dice che A è un intorno di x se contiene un aperto B tale che x B A. Allora x si dice punto interno di A. * Cfr: Cap I 2-3, Sernesi Vol II [1]. Così come uno spazio metrico X è più propriamente una coppia (X, d), anche uno spazio topologico dovrebbe essere indicato come coppia (X, τ) con τ 2 X, ma per brevità la topologia non viene espressamente indicata, se non quando necessario. Alcuni definiscono intorni solo gli aperti che contengono x.

27 4. SPAZI TOPOLOGICI 19 Possiamo anche definire funzioni continue usando la caratterizzazione del teorema (2.19). (4.5) Definizione. Siano X e Y spazi topologici. Una funzione f : X Y si dice continua se per ogni aperto A Y la controimmagine f 1 A è aperto di X. Anche il concetto di sottoinsieme chiuso, di punto di accumulazione e di chiusura può essere esteso agli spazi topologici, utilizzando il fatto che gli aperto sono per definizione intorni dei propri punti. (4.6) Definizione. Sia A X un sottoinsieme di uno spazio topologico X. Un punto x X si dice di accumulazione (anche: punto limite) per A in X se per ogni intorno B di x l intersezione B A contiene almeno un altro punto oltre a x. La chiusura A di A è definita come l unione di A con tutti i suoi punti di accumulazione. (4.7) Sia X uno spazio topologico e C X un suo sottoinsieme. Le seguenti proposizioni sono equivalenti. (i) X C è aperto. (ii) C contiene tutti i suoi punti di accumulazione. Dim. Basta ripetere la dimostrazione di (3.4) sostituendo ovunque intorni aperti invece che intorni circolari. (4.8) Definizione. Un sottoinsieme C X di uno spazio topologico si dice chiuso se una delle due proposizioni equivalenti di (4.7) è verificata. Ancora, cambiando di poco la dimostrazione di (3.9) si può dimostrare che (vedi esercizio (2.9)): (4.9) La chiusura A di un sottoinsieme A X è il più piccolo sottoinsieme chiuso di X che contiene A (in altre parole: l intersezione di tutti i chiusi che contengono A). In particolare, è un chiuso. (4.10) Definizione. Se A X è un sottoinsieme tale che A = X, allora si dice che A è denso in X BASE DI UNA TOPOLOGIA La topologia metrica è generata dalla famiglia di tutti gli intorni circolari, nel senso che gli aperti sono tutti e soli le unioni di intorni circolari. Ci si può chiedere quando una famiglia di insiemi genera una topologia in questo modo. Basta prendere le proprietà degli intorni circolari di spazi metrici di (2.17). (4.11) Definizione. Una famiglia di sottoinsiemi B 2 X di un insieme X si dice base se le seguenti proprietà sono soddisfatte: (i) per ogni x X esiste almeno un elemento della base B B che contiene x (equivalentemente, X = B B B). (ii) Se B 1, B 2 B e x B 1 B 2, allora esiste B x B tale che x B x B 1 B 2 (equivalentemente, B 1 B 2 è unione di elementi della base). Possiamo riscrivere (2.17) dicendo: gli intorni circolari costituiscono una base. Il modo di generare una topologia a partire da una base procede dall osservazione che gli aperti sono le unioni di intorni circolari.

28 20 #2. CHIUSI E TOPOLOGIE (4.12) Sia X un insieme. Data una base B 2 X, sia A 2 X la famiglia di tutte le unioni di elementi di B unita a. Allora A è una topologia per X ed è la più piccola topologia in cui gli elementi della base B sono aperti. Dim. Esercizio. (4.13) Definizione. La topologia generata come in (4.12) si dice topologia generata dalla base B. (4.14) Esempio. In X = N = {1, 2, 3,...} siano B i = {ki : k N} = {n N : n 0 mod i}. Sono una base? La topologia in N è quella metrica? È quella discreta? È metrizzabile (cioè può essere generata da una metrica)? 4.2. TOPOLOGIA INDOTTA (TOPOLOGIA DEI SOTTOSPAZI, SOTTOSPAZI TOPOLOGICI) (Cfr.) * Se X è uno spazio topologico, la topologia τ di X induce una topologia, detta topologia indotta per restrizione sui sottospazi Y X. Cioè, per definizione A Y è aperto se e solo se esiste U X aperto la cui intersezione con Y è A: gli aperti di Y sono tutte e sole le intersezioni A = Y U di aperti di X con Y. Quando si considerano sottoinsiemi di uno spazio topologico, si assume che abbiano la topologia indotta, se non esplicitamente indicato in altro modo. (4.15) Nota. Tutti gli intervalli del tipo [a, b), con a < b costituiscono una base per la retta reale R. La topologia che ne risulta ha piú aperti di quella generata dalla metrica euclidea. Gli intervalli del tipo (, b), con b R sono una base? Se sí, essa genera una topologia con piú o meno aperti di quella euclidea? Esiste una metrica che genera questa topologia? Quando una funzione è semicontinua superiormente? (4.16) Esempio. Se X = R con la topologia metrica (euclidea), Y = [0, 1] X, allora l intervallo [0, 1/2) è un aperto di Y (perché [0, 1/2) = ( 1/2, 1/2) Y), ma non è un aperto di X (dato che 0 non è interno a [0, 1/2) in X, ma lo è in Y). (4.17) Esempio. La topologia indotta da R (con la topologia metrica standard) su Z R è uguale alla topologia discreta su Z. Basta osservare che i punti di Z sono tutti aperti nella topologia indotta da R in Z. Ma non sono aperti della topologia di R! 4.3. OPZIONALE: CONTARE LE TOPOLOGIE FINITE Sia X un insieme: ricordiamo che R una relazione (binaria) su X è una forma proposizionale su X X, cioè una funzione R : X X {0, 1} (o Vero/Falso), indicata nei due modi R(x, y) = xry. La relazione è riflessiva se per ogni x X si ha che xrx = 1 (è vero), e transitiva se per ogni x, y, z X si ha che xry = yrz = 1 = xrz = 1. Una relazione binaria riflessiva e transitiva è detta relazione di preordine parziale. * Cfr: Sernesi, Vol II, Cap II 5 [1].

29 4. SPAZI TOPOLOGICI 21 (4.18) Nota. Sia X un insieme finito, con una topologia A. Allora A definisce una relazione di preordine parziale R su X (che possiamo indicare con R A ) nel modo seguente: se x, y X, si definisce xry ( ) ogni aperto U di X che contiene x contiene anche y che è una relazione riflessiva e transitiva (perché?). (4.19) Nota. Se R è una relazione di preordine parziale su X, allora definiamo una topologia A su X nel modo seguente: sia, per ogni x X, U x l insieme definito da U x = {y X : xry}. Se x 1 e x 2 sono due elementi di X e z U x1 U x2, allora x 1 Rz e x 2 Rz, e quindi U z = {y X : zry} U x1 U x2 = {y X : x 1 Ry x 2 Ry}, dato che zry x 1 Rz = x 1 Ry, zry x 2 Rz = x 2 Ry. Inoltre x U x (perché riflessiva), e dunque gli U x costituiscono una base per una topologia di X, la topologia associata alla relazione R. Utilizzando (4.18) e (4.19), si può mostrare che le topologie su X sono in corrispondenza biunivoca con le relazioni riflessive e transitive su X. Problema: come elencare tutte le relazioni riflessive e transitive su un insieme finito X? È possibile scrivere un algoritmo che le elenca? Vediamo per X = {1, 2} si hanno le seguenti topologie. (i) Matrice (relazione binaria): [ ] (ii) Matrice (relazione binaria): (iii) Matrice (relazione binaria): (iv) Matrice (relazione binaria): [ ] [ ] [ ] A = {{}, {1}, {2}, {1, 2}} 2 X A = {{}, {1}, {1, 2}} 2 X A = {{}, {2}, {1, 2}} 2 X A = {{}, {1, 2}} 2 X

30 22 #2. CHIUSI E TOPOLOGIE ESERCIZI (2.1) Dimostrare che, se A, B X sono sottoinsiemi di uno spazio metrico: (i) A B = A B. (ii) A B A B. (2.2) Trovare i punti di accumulazione dei seguenti sottoinsiemi di R: (i) { 1 n (ii) { k n (iii) { k 2 n : n N, n > 0}. : k, n N, n > 0}. : k, n N} (razionali diadici positivi). (iv) { 1 k + 1 n : k, n N, k, n > 0}. **(2.3) Quali sono i punti di accumulazione in R dell insieme X Q R costituito da tutti i numeri che si possono scrivere come somme l 1 k j=1 j per certi interi positivi tutti distinti k j N, j = 1,..., l (cioè tali che i j = k i k j )? google: egyptian fractions *(2.4) Dimostrare che se A e B sono sottoinsiemi di uno spazio metrico X allora (i) A B = A B; (ii) A A; (iii) (A) = A; (iv) =. Viceversa, si consideri un operatore C : 2 X 2 X con le seguenti proprietà: (i) CA CB = C(A B); (ii) A CA; (iii) CCA = CA; (iv) C =. Dimostrare che, definendo chiusi tutti i sottoinsiemi fissati dall operatore C (C A = A) si ottiene una topologia su X (cioè valgono gli assiomi della definizione (4.1)). Questi assiomi alternativi si chiamano assiomi di Kuratowski ).

31 Esercizi 23 (2.5) Quali sono i punti di accumulazione per la successione { 1 } (per n > 0) nella retta reale R munita della n 0 se x = y metrica discreta d(x, y) = 1 altrimenti? (2.6) Dimostrare che se A B, allora A B. *(2.7) Dimostrare che uno spazio topologico con più di due punti con la topologia banale non è metrizzabile, mentre ogni spazio topologico discreto (con topologia discreta) è metrizzabile. *(2.8) Sia X uno spazio topologico e C X un suo sottoinsieme. Dimostrare che le seguenti proposizioni sono equivalenti. (i) X C è aperto. (ii) C contiene tutti i suoi punti di accumulazione. *(2.9) Dimostrare che la chiusura A di un sottoinsieme A X di uno spazio topologico X è il più piccolo sottoinsieme chiuso di X che contiene A. (2.10) Sia X un insieme e Y X un suo sottoinsieme. Dimostrare che se τ 2 X è una topologia per X, allora τ Y = {U Y : U τ} è una topologia per Y, e che l inclusione i : Y X è una funzione continua. (2.11) Sia X un insieme di tre elementi X = {a, b, c}. Le seguenti sono topologie per X: (i) {{}, {b}, {a, b}, {b, c}, {a, b, c}}. (ii) {{}, {a}, {a, b, c}}. (iii) {{}, {a, b, c}}. Le seguenti non sono topologie (i) {{}, {a, b}, {b, c}, {a, b, c}}. (ii) {{a}, {a, b, c}}. Quante topologie ci sono su X in tutto? Quanti sono i sottoinsiemi di 2 X? *(2.12) (Topologia dei complementi finiti) Sia X un insieme e τ 2 X la famiglia di tutti i sottoinsiemi A di X con complemento finito, cioè tali che X A ha un numero finito di elementi, unita all insieme X (si vuole che sia aperto). Si dimostri che τ è una topologia. (2.13) Consideriamo le seguenti famiglie di sottoinsiemi della retta reale R. (i) Tutti gli intervalli aperti: (a, b) = {x R : a < x < b}. (ii) Tutti gli intervalli semiaperti: [a, b) = {x R : a x < b} (Sorgenfrey line). (iii) Tutti gli intervalli del tipo: (, a) = {x R : x < a}. (iv) Tutti gli intervalli del tipo: (, a] = {x R : x a}.

32 24 #2. CHIUSI E TOPOLOGIE Quali sono basi? Come sono relazionate le topologie che generano (Cioè quando le topologie sono contenute una nell altra)? (2.14) Dimostrare che se f : R R è una funzione continua, allora l insieme {x R : f (x) = 0} è chiuso in R mentre l insieme {x R : f (x) > 0} è aperto in R. *(2.15) Sia A R un insieme e χ A la funzione (detta funzione caratteristica di A) definita da 1 se x A; χ A (x) = 0 se x A; In quali punti di R la funzione χ A è continua? *(2.16) Quale topologia deve avere R affinché tutte le funzioni f : R R siano continue? *(2.17) Dimostrare che una funzione f : R R è continua se e solo se per ogni successione convergente {x n } (cioè per cui esiste x tale che lim n x n x = 0) vale l uguaglianza lim f (x n) f ( x) = 0. n (2.18) Dimostrare che un insieme finito di punti di uno spazio metrico non ha punti limite.

33 Settimana N 3 OMEOMORFISMI DI SPAZI TOPOLOGICI, TOPOLOGIA PRODOTTO E TOPOLOGIA QUOZIENTE 5. FUNZIONI CONTINUE (Cfr.) * Le funzioni continue tra spazi topologici si dicono anche mappe. Si può dimostrare, esattamente come in (3.10) e in (2.10), che vale la seguente proposizione. (5.1) Sia f una funzione f : X Y tra spazi topologici. Le quattro proposizioni seguenti sono equivalenti: (i) f è continua (ii) A X, f (A) f (A). (iii) per ogni C Y chiuso, la sua controimmagine f 1 (C) X è chiuso in X. (iv) Se B è una base per Y, allora per ogni elemento della base B B la controimmagine f 1 B è aperto in X. (5.2) Teorema. La composizione di funzioni continue è continua. Dim. Sia f : X Y una funzione continua e g: Y Z una funzione continua. La composizione gf : X Z è continua se e solo se (gf ) 1 (A) è aperto in X ogni volta che A è aperto in Z. Ora, (gf ) 1 (A) = {x X : g( f (x)) A} = {x X : f (x) g 1 (A)} = f 1 (g 1 (A)) e dunque se A è aperto anche g 1 (A) è aperto in Y (dato che g è continua), e poiché f è continua f 1 (g 1 (A)) è aperto in X. * Cfr: Sernesi vol II, cap I, 4 [1]. 25

34 26 #3. OMEOMORFISMI, TOPOLOGIA PRODOTTO E TOPOLOGIA QUOZIENTE (5.3) Teorema. Sia f : X Y una funzione continua. Se A X ha la topologia indotta, allora la restrizione f A è continua. Dim. Sia B Y un aperto. La controimmagine f 1 (B) è aperta in X, dato che f è continua. La controimmagine di B mediante la funzione ristretta f A è data dall insieme {x A : f (x) B}, e quindi da A f 1 (B). Per definizione di topologia indotta, questo è un aperto di A. (5.4) Definizione. Una funzione f : X Y tra spazi topologici è un omeomorfismo se è biunivoca e sia f che la funzione inversa f 1 sono continue. Si dice allora che X e Y sono omeomorfi (e si indica con X Y). La topologia studia gli spazi a meno di omeomorfismo. Infatti, una biiezione non è altro che un cambiamento di coordinate in uno spazio, e l essere omeomorfismo significa che la famiglia degli aperti viene conservata. (5.5) Esempio. Sia X l insieme delle matrici 2 2 a coefficienti reali. Sia d la metrica munito della metrica d((a i j ), (b i j )) = max( a i j b i j ). i j X è omeomorfo a R 4 con la metrica euclidea 4 d((x i ), (y i )) = (x i y i ) 2 tramite l omeomorfismo Dimostrazione: esercizio. ( a1,1 a 1,2 a 2,1 a 2,2 i=1 ) (5.6) Esempio. La circonferenza meno un punto è omeomorfa alla retta reale (proiezione stereografica). La sfera meno un punto è omeomorfa al piano, analogamente. Esercizio: in coordinate. (5.7) Esempio. La retta reale è omeomorfa ad un segmento aperto: R (a, b) per ogni a < b. Definiamo f : ( 1, 1) R f (x) =. La funzione è continua perché composizione di funzioni continue. x 1 x2 Osserviamo poi che f (x) = f (y) se e soltanto se a 1,1 a 2,1 a 1,2 a 2,2 x(1 y 2 ) = y(1 x 2 ) xy 2 x 2 y + y x = 0 xy(y x) + (y x) = 0 (xy + 1)(y x) = 0, e quindi se x, y ( 1, 1) e f (x) = f (y), allora x = y, dato che certamente xy (perché?). Quindi f è iniettiva *. Mostrare che è suriettiva equivale a mostrare che per ogni y R esiste un x ( 1, 1) tale che f (x) = y, cioè che l equazione yx 2 + x y = 0 * La funzione è iniettiva, anche perché è differenziabile e monotona crescente f (x) = x2 + 1 (1 x 2 ) 2.

35 5. FUNZIONI CONTINUE 27 z,ζ N a φ β P S y, η x, ξ ˆP Figura 3.1: Proiezione stereografica ha una soluzione in x compresa tra 1 e 1. Se y = 0, allora è vero. Se y 0, dato che = 1 + 4y 2, delle due soluzioni dell equazione almeno una deve avere norma minore di 1, visto che il loro prodotto è uguale a 1, Quindi f è suriettiva. Le due soluzioni sono (x x 1 )(x x 2 ) = x 2 + x y 1. x 1 = y 2 2y, x 2 = y 2. 2y Per ogni y > 0 si ha x 2 > 1+2y 2y > 1, e di conseguenza per ogni y < 0 x 2 > 1: quindi necessariamente x 1 ( 1, 1). In altre parole, la funzione inversa di f è 1 + 4y g(y) = 2 1 2y = (1 + 4y2 ) 1 2y( 1 + 4y 2 + 1) 2y = 1 + 4y 2 + 1, e anch essa è continua, dato che è composizione di funzioni continue. Per finire: omeomorfismo lineare (a, b) ( 1, 1) R.

36 28 #3. OMEOMORFISMI, TOPOLOGIA PRODOTTO E TOPOLOGIA QUOZIENTE Figura 3.2: Curva di Peano (5.8) Esempio. La funzione f : [0, 2π) R S 1 C definita ponendo f (t) = e it S 1 per ogni t è continua e biunivoca. Ma non è aperta: f ([0, 1)) non è aperto in S 1, ma [0, 1) [0, 2π) è aperto in [0, 2π). Quindi non è un omeomorfismo. Vedremo in seguito che non possono esistere omeomorfismi tra [0, 2π) e S 1 (cioè i due spazi non sono omeomorfi). (5.9) Esempio. Quali tra i seguenti spazi sono omeomorfi tra di loro? A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z (5.10) Esempio (Curva di Peano). Curva continua e suriettiva f : I = [0, 1] I 2 R 2. Figura 3.2.

37 5. FUNZIONI CONTINUE 29 Figura 3.3: I sette ponti di Königsberg (figura originale di Euler) Figura 3.4: I (sette?) ponti di Kaliningrad

38 30 #3. OMEOMORFISMI, TOPOLOGIA PRODOTTO E TOPOLOGIA QUOZIENTE (5.11) Esempio (I sette ponti di Königsberg). Il grande matematico Leonhard Euler ( ) nel 1735 si trovò ad affrontare il seguente problema: trovare una passeggiata (cammino) nella città di Königsberg (o Regiomontium il latino; ora è chiamata Kaliningrad) che attraversi una e una sola volta tutti i sette ponti (si veda la figura 3.3). La sua soluzione (negativa) fu data nel 1736 e pubblicata nel 1741 in Solutio problematis ad geometriam situs pertinentis (Commentarii academiae scientiarum Petropolitanae 8, 1741, pp ) *. Si parla di questo lavoro come la nascita della topologia. Nella foto da satellite 3.4 è possibile notare che negli anni un certo numero di ponti sono stati distrutti. È possibile ai giorni nostri risolvere in modo positivo il problema dei ponti superstiti di Kaliningrad? (5.12) Definizione. Una funzione f : X Y è (i) aperta se l immagine f (A) di ogni aperto A di X è aperta in Y. (ii) chiusa se l immagine f (C) di ogni chiuso C di X è chiusa in Y. (5.13) Una funzione f : X Y è un omeomorfismo se e solo se almeno una delle due proprietà è vera: (i) f è biunivoca, continua e aperta. (ii) f è biunivoca, continua e chiusa. 6. TOPOLOGIA PRODOTTO (Cfr.) (6.1) Definizione. Siano X e Y spazi topologici. Il prodotto cartesiano X Y ammette una topologia, chiamata topologia prodotto definita a partire dalla base base = {U V X Y : U è aperto in X e V è aperto in Y }. Affinché la definizione sia ben posta dobbiamo verificare che effettivamente l insieme di aperti sopra descritto costituisca una base per X Y: esercizio (3.1). Le funzione p 1 : X Y X e p 2 : X Y Y definite da p 1 (x, y) = x e p 2 (x, y) = y si dicono le proiezioni. (6.2) Se X Y ha la topologia prodotto, allora X Y Y X (sono omeomorfi), e le proiezioni p 1 : X Y X, p 2 : X Y Y sono continue e aperte. Iterando il procedimento, si può definire la topologia prodotto di un insieme finito di spazi topologici X 1,X 2,, X n, che ha come base la famiglia di sottoinsiemi del tipo U 1 U 2 U n X 1 X 2 X n. (6.3) Proposizione. Una funzione f : X Y 1 Y 2 (che si può scrivere quindi come f (x) = ( f 1 (x), f 2 (x))) è continua se e solo se le sue due componenti ( f 1 = p 1 f e f 2 = p 2 f ) sono continue. * Cfr: Sernesi, Vol II, Cap II, 6 [1].

39 7. SPAZI DI IDENTIFICAZIONE E TOPOLOGIE QUOZIENTE 31 Dim. Se f è continua, allora f 1 e f 2 sono continue perché composizioni di f con le funzioni continue p 1 e p 2. Viceversa, se f 1 e f 2 sono continue, allora se V 1 V 2 Y 1 Y 2 è un aperto della base per la topologia (prodotto) di Y 1 Y 2, si ha f 1 (V 1 V 2 ) = {x X : ( f 1 (x), f 2 (x)) V 1 V 2 } = {x X : f 1 (x) V 1 e f 2 (x) V 2 } = f 1 1 (V 1) f 1 2 (V 2), che è aperto perché intersezione di due aperti. (6.4) Esempio. La topologia di R n indotta dalla metrica euclidea (topologia metrica) è uguale alla topologia prodotto. (6.5) Esempio. I I è il quadrato (pieno) di R 2. Analogamente, I n è il cubo di dimensione n. (6.6) Esempio. Le proiezioni p 1 : X Y X e p 2 : X Y Y sono aperte ma possono non essere chiuse. Per esempio, se X = Y = R, C = {(x, y) R 2 : xy = 1} è chiuso, ma p 1 (C) = {x R : x 0} = R {0} non è chiuso. (6.7) Nota. Nell esercizio precedente C è chiuso perché, se si pone f : R 2 R definita da f (x, y) = xy, si ha che f è continua e C = f 1 ({1}), che è chiuso in R 2, dato che {1} è chiuso in R (con la topologia metrica). (6.8) Nota. In generale non è detto che f : X Y continua e biunivoca sia un omeomorfismo (potrebbe non essere una mappa aperta e/o chiusa, cioè l inversa di f potrebbe non essere continua). Per gli spazi euclidei, però, vale il seguente teorema dimostrato da Brouwer nel 1912 (di cui non possiamo dare la dimostrazione Hanc marginis exiguitas non caperet). (6.9) Teorema (Invarianza del dominio). Se X R n è un aperto e f : X R n (lo spazio R n è inteso con la topologia metrica) è una funzione continua e iniettiva, allora f è anche una mappa aperta. (6.10) Corollario. Se f : R n R n è continua e biunivoca, allora è un omeomorfismo. 7. SPAZI DI IDENTIFICAZIONE E TOPOLOGIE QUOZIENTE (Cfr.) * Abbiamo visto la definizione di funzioni continue, proprietà di composizione e restrizione di funzioni continue. Vediamo ora come costruire spazi topologici a partire da spazi dati. * Cfr: Sernesi, Vol II, Cap II, 7 [1].

40 32 #3. OMEOMORFISMI, TOPOLOGIA PRODOTTO E TOPOLOGIA QUOZIENTE Ricordiamo che una relazione su un insieme X è detta relazione di equivalenza se è riflessiva, simmetrica e transitiva. In genere una relazione di equivalenza su X viene indicata con il simbolo. Quindi x x, (x y y x) e (x y y z = x z) Il fatto fondamentale è questo: ad una relazione di equivalenza si associa naturalmente una partizione di X in classi di equivalenza. Cioè, per ogni x si definisce il sottoinsieme di X [x] = {y X : y x} X, e risulta che x y [x] = [y]. Le classi di equivalenza distinte sono a due a due disgiunte [x] [y] = [x] = [y] e X è l unione delle sue classi di equivalenza. L insieme di tutte le classi di equivalenza in X viene indicato con X/, ed è detto anche insieme quoziente. La funzione p: X X/ che associa ad ogni x X la sua classe di equivalnza [x] X/ è chiamata la proiezione sul quoziente. Quindi una relazione di equivalenza determina una funzione suriettiva p: X X/ sull insieme delle classi di equivalenza. Viceversa, data una funzione suriettiva f : X Y, Y è in corrispondenza biunivoca con l insieme delle classi di equivalenza date dalla relazione x, y X, x y f (x) = f (y). Quindi le relazioni di equivalenza su X e le funzioni suriettive con dominio X si corrispondono. Problema: sia una relazione di equivalenza su uno spazio topologico, e f : X X/ = Y la proiezione sull insieme quoziente. Come dare ad X/ una topologia? Le relazioni di equivalenza in un certo senso corrispondono con l operazione di incollamento di punti diversi di uno spazio topologico, cioè identificando tra loro punti diversi (che quando appartengono alla stessa classe di equivalenza, saranno identificati ad un punto dell insieme quoziente). (7.1) Esempio. (i) I 0 1 : incollare tra di loro gli estremi di un segmento. (ii) R con x y x y Z. Cos è l insieme quoziente? La classe di equivalenza di x R è per definizione = {y R : y x Z} = {y R : k Z, y x = k} = {y R : k Z, y = x + k} = {x + k : k Z} = x + Z. Qui usiamo la notazione x + Z = {x + z : z Z}, se Z è un insieme di elementi che si possono sommare a x. (iii) R 2 con x = (x 1, x 2 ) y = (y 1, y 2 ) x y Z 2. (iv) Nastro di Möbius: è possibile costruirlo incollando in modo opportuno gli estremi di un nastro. (7.2) Definizione. Se X è un insieme e A X un sottoinsieme, si scrive X/A (quoziente di X su A) per indicare l insieme ottenuto identificando A ad un punto, che è l insieme ottenuto dalla relazione di equivalenza in cui le classi di equivalenza sono tutti i singoli punti di X A e l intero A.

41 7. SPAZI DI IDENTIFICAZIONE E TOPOLOGIE QUOZIENTE 33 (7.3) Definizione. Sia F : X Z una funzione tra insiemi, e una relazione di equivalenza su X, con proiezione sul quoziente p: X X/, p(x) = [x] X/. Si dice che la funzione F passa al quoziente se è possibile definire una funzione sul quoziente f : X Z con la proprietà che per ogni x X F(x) = f (p(x)). (7.4) Sia X come sopra un insieme con una relazione di equivalenza, e F : X Z una funzione qualsiasi. Allora F passa al quoziente se e soltanto se è costante sulle classi di equivalenza in X. Dim. Supponiamo che F passi al quoziente. Allora esiste f : X/ Z tale che per ogni x X si ha F(x) = f ([x]). Ma allora per ogni y [x] vale p(y) = [y] = [x], e quindi F(y) = f (p(y)) = f ([x]) = F(x), cioè F è costante sulla classe di equivalenza [x]. Viceversa, se F è costante sulle classi di equivalenza, definiamo f : X/ Z ponendo f ([x]) = F(x). La definizione di f è ben posta, perché se [x] = [y], allora F(x) = F(y) per ipotesi, e quindi f ([x]) = f ([y]). E per ogni x si ha F(x) = f (p(x)), per cui F passa al quoziente. (7.5) Esempio. Consideriamo i due esempi I 0 1 e X = R/ definiti nell esempio (7.1). Se indichiamo con I = {0, 1} il bordo di I, allora 0 1 è l insieme ottenuto identificando I I = [0, 1] R ad un punto, secondo la definizione (7.2). Osserviamo che I 0 1 e X sono in corrispondenza biunivoca. Infatti, la funzione F : I X definita ponendo F(t) = [t] = t + Z X passa al quoziente. Per (7.4), basta verificare che F è costante sulle classi di equivalenza in I. Ma visto che c è una sola classe in I con più di un elemento (cioè I = {0, 1}), basta verificare che F(0) = F(1). Infatti, F(0) = Z R, mentre F(1) = 1 + Z = Z R. Dimostriamo anche che la funzione indotta f : I/ 0 1 X è biunivoca. Infatti, siano [s] e [t] due punti distinti di I 0 1, cioè due classi di equivalenza. Dato che sono distinti, almeno uno dei due è diverso dalla classe I. Supponiamo che quindi s (0, 1). Se fosse vero che f ([s]) = f ([t]), allora per definizione dovrebbe essere che s + Z = t + Z, cioè esiste k Z tale che s t = k. Osserviamo che s (0, 1) e t [0, 1], quindi t [ 1, 0] e s t < 1 t 1 0 = 1 s t > 0 t 0 1 = 1, e quindi k = s t è un intero compreso nell intervallo 1 < k < 1. Ma l unico intero possibile è k = 0, e quindi s = t contro l ipotesi che [s] [t]. Quindi f è iniettiva. Verifichiamo che è suriettiva: per ogni x R esistono un intero n (la parte intera di x) e un δ R tali che x = n + δ, n Z, 0 δ < 1. Quindi per ogni x R si ha che esiste δ [0, 1) tale che x δ Z, cioè [x] = [δ]. Ma questo implica che f è suriettiva, dato che esiste t = δ per cui l elemento [t] I 0 1 ha immagine mediante f uguale a [x].

42 34 #3. OMEOMORFISMI, TOPOLOGIA PRODOTTO E TOPOLOGIA QUOZIENTE (7.6) Definizione. Se X è uno spazio topologico e f : X Y una funzione suriettiva, allora si definisce la topologia quoziente su Y come la topologia i cui aperti sono tutti e soli i sottoinsiemi A Y per cui la controimmagine f 1 (A) X è aperto. Lo spazio Y si dice spazio quoziente di X rispetto alla proiezione f. (7.7) La definizione (7.6) è ben posta: la classe di aperti descritta è in effetti una topologia su Y. Dim. Sia f : X Y come nella definizione (7.6). f 1 ( ) = X = aperto di Y. f 1 (Y) = X = Y aperto di Y; i, A i Y aperto, f 1 ( i A i ) = i f 1 A i = i A i aperto di Y. A 1, A 2 Y aperti, f 1 (A 1 A 2 ) = f 1 A 1 f 1 A 2 = A 1 A 2 aperto di Y. (7.8) Se f : X Y è continua e suriettiva, allora la topologia di Y è contenuta nella topologia quoziente (cioè ogni aperto di Y è aperto nella topologia quoziente di X). Dim. Per definizione di continuità, se f : X Y è continua e A Y è aperto nella topologia di Y, allora f 1 (A) è aperto in X, e quindi per definizione di topologia quoziente è aperto nella topologia quoziente. (7.9) Teorema. Sia X uno spazio topologico, e p: X X/ = Y la proiezione sullo spazio quoziente Y. Se una funzione F : X Z è continua e passa al quoziente, allora la funzione indotta sul quoziente f : X/ Z è continua. Dim. La funzione indotta f : Y = X/ Z è continua se e soltanto se per ogni aperto A Z, la controimmagine f 1 A Y è un aperto di Y. Ma gli aperti di Y sono tutti e soli i sottoinsiemi B Y le cui controimmagini p 1 B sono aperti di X. Quindi f 1 A è aperto se e soltanto se p 1 f 1 A X è aperto in X. Ma p 1 f 1 A = F 1 A, dato che F = f p per ipotesi, e dal momento che F è continua F 1 A è un aperto di X. (7.10) Esempio. Il toro (superficie di una ciambella) * : [0, 1] [0, 1] con le identificazioni (i.e. relazione di equivalenza ) (i) (0, 0) (1, 0) (1, 1) (0, 1). (ii) (x, 0) (x, 1) per 0 < x < 1. (iii) (0, y) (1, y) per 0 < y < 1. È omeomorfo a S 1 S 1? (7.11) Esempio. Il disco: D 1 (0, R 2 ) = D 2 = {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 1}, quozientato rispetto alla relazione di equivalenza: x D 2 y D 2 (x e y stanno sul bordo) x y x = y altrimenti Il quoziente risulta essere omeomorfo ad una sfera. Perché? * Si veda per approfondimenti.

43 7. SPAZI DI IDENTIFICAZIONE E TOPOLOGIE QUOZIENTE 35 Figura 3.5: Toro, S 1 S 1 x x Figura 3.6: Identificazione antipodale dei punti sul bordo del disco (7.12) Esempio. Il piano proiettivo * : D 2 quozientato rispetto alla relazione: x = y se x D 2 y D 2 x y x = y altrimenti Analogo: S 2 / dove x y x = ±y (antipodale). Perché le due definizioni sono equivalenti? Lo vedremo meglio più avanti. (7.13) Esempio. Nastro di Möbius: si prenda un nastro sufficientemente lungo, e si incollino i due estremi, dopo aver fatto fare mezzo giro al nastro. Lo spazio che risulta deve avere una faccia sola. Cosa succede se si taglia un nastro di Möbius esattamente a metà, lungo la sua linea mediana? Si ottengono due nastri di Möbius? Due cilindri? Un nastro di Möbius? Un cilindro? E se il taglio inizia a 1/4 dalla linea mediana? * Si veda per approfondimenti. Comunque ritorneremo più avanti sul piano proiettivo. Si veda e polymath/htmls/argoment/matematicae/aprile_07/anellimobius.htm per approfondimenti.

44 36 #3. OMEOMORFISMI, TOPOLOGIA PRODOTTO E TOPOLOGIA QUOZIENTE Figura 3.7: Il nastro di Möbius (7.14) Esempio. La bottiglia di Klein si può ottenere come somma di due nastri di Möbius, incollati lungo i bordi, oppure identificando opportunamente i lati opposti di un quadrato, a due a due, in modo che due siano identificati per il medesimo verso, e due per il verso opposto *. * Si veda per approfondimenti.

45 7. SPAZI DI IDENTIFICAZIONE E TOPOLOGIE QUOZIENTE 37 Figura 3.8: Bottiglia di Klein: somma di due nastri di Möbius, incollati lungo i bordi

46 38 #3. OMEOMORFISMI, TOPOLOGIA PRODOTTO E TOPOLOGIA QUOZIENTE ESERCIZI (3.1) Verificare che la famiglia di sottoinsiemi U V, con U aperto in X e V aperto in Y è una base di intorni nello spazio prodotto (cartesiano) X Y. (3.2) Dimostrare che se X Y ha la topologia prodotto e A X, B Y sono sottospazi, allora A B = A B, e che A B è aperto in X Y se e solo se A è aperto in X e B è aperto in Y. *(3.3) Dimostrare che [0, 1) [0, 1) è omeomorfo a [0, 1] [0, 1). (3.4) Dimostrare che se f : X Y è una funzione, A è un sottospazio di Y con la topologia indotta tale che f X A Y, allora la funzione f : X Y è continua se e solo se lo è la funzione f A : X A, dove f A indica la funzione definita da f A (x) = f (x) A X per ogni x X. (3.5) Dimostrare che Q = R (dove Q denota il campo dei razionali) ma che Q non ha punti interni in R. (3.6) Dimostrare che il quadrato {(x, y) R 2 : max( x, y ) = 1} è omeomorfo alla circonferenza {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 = 1}. (3.7) Dimostrare che la mappa diagonale : X X X definita da x (x, x) è continua. *(3.8) Dimostrare che una mappa suriettiva, continua e chiusa è una mappa quoziente. *(3.9) È vero che la mappa di proiezione p 1 : X Y X è sempre una mappa chiusa? (3.10) Sia p 1 : R 2 = R R R la proiezione sulla prima coordinata. Sia A = {(x, y) R 2 : x 0 y = 0}, e f : A R la restrizione di p 1 a A. La mappa f è aperta/chiusa? (3.11) Dimostrare che se f : X Y è una funzione tra insiemi allora la relazione x y f (x) = f (y) è una relazione di equivalenza, e la funzione f induce una funzione biunivoca tra l insieme delle classi di equivalenza e f (X) Y. *(3.12) Che spazio si ottiene identificando ad un punto il bordo di un nastro di Möbius? (3.13) Classificare in modo intuitivo (a meno di omeomorfismo) i seguenti spazi: (i) Cilindro = {(x, y, z) R 3 : x 2 + y 2 = 1 z 2 1}. (ii) Cono = {(x, y, z) R 3 : z 2 = x 2 + y 2 0 z 1}. (iii) Toro ( S 1 S 1... ). (iv) Cilindro (vedi sopra) con ognuna delle due circonferenze (date da z = 1 e z = 1) di bordo identificate ad un punto. (v) La sfera {(x, y, z) R 3 : x 2 + y 2 + z 2 = 1}.

47 Esercizi 39 (vi) La sfera (vedi sopra) meno un punto. (vii) Il piano R 2. *(3.14) Dimostrare che la somma, il prodotto e la sottrazione sono operazioni continue su R. (3.15) Dimostrare che i seguenti insiemi sono insiemi chiusi di R 2 : (i) {(x, y) : xy = 1}. (ii) (x, y) : x 2 + y 2 = 1}. (iii) {(x, y) : x 2 + y 2 1}. (iv) {(x, y) : x 3 + y 3 = 1} (e in generale, {(x, y) : x n + y n = 1}). *(3.16) Sia f : X Y una funzione continua (mappa). Dimostrare che se esiste una funzione continua g: Y X (inversa destra) tale che f g è l identità di Y, allora f è una mappa quoziente. Se g = i è l inclusione di un sottospazio i : Y = A X (dove A ha la topologia indotta da X), allora il fatto che i sia inversa destra di f si legge f i = 1 Y, e cioè x A, f (x) = x, cioè la restrizione f A è uguale all identità 1 A. In questo caso la mappa f si dice retrazione. *(3.17) Consideriamo in R la relazione di equivalenza x y x y Q (se la differenza è razionale); Qual è la topologia dello spazio quoziente R/? (Dimostrare che è la topologia banale.) (3.18) Dimostrare che la composizione di mappe quoziente è una mappa quoziente. (3.19) Dimostrare che una funzione quoziente è iniettiva se e solo se è un omeomorfismo. *(3.20) Siano X e Y due spazi metrici con metriche d X e d Y. Dimostrare che la funzione d : X Y R definita da d ((x 1, y 1 ), (x 2, y 2 )) = d X (x 1, x 2 ) 2 + d Y (y 1, y 2 ) 2 è una metrica sul prodotto X Y. Dimostrare anche che la topologia indotta da d coincide con la topologia prodotto. *(3.21) (Orecchini delle Hawaii) Sia X l unione delle circonferenze {(x, y) R 2 : (x 1 n )2 + y 2 = ( 1 n )2 }, per n = 1, 2, 3... con la topologia indotta da R 2, e sia Y lo spazio ottenuto identificando tutti gli interi Z R ad un punto. Determinare (in modo intuitivo) se X e Y sono omeomorfi o meno. (3.22) Dimostrare che le due funzioni s : R 2 R e p: R 2 R definite da sono continue. s(x, y) = x + y, p(x, y) = xy

48 40 #3. OMEOMORFISMI, TOPOLOGIA PRODOTTO E TOPOLOGIA QUOZIENTE

49 Settimana N 4 COMPATTEZZA 8. COMPATTEZZA (Cfr.) * Alcune importanti proprietà di R (dove un sottoinsieme viene detto compatto se è chiuso e limitato): (i) L immagine di un compatto mediante una funzione continua è compatta. (ii) L immagine di un intervallo chiuso e limitato mediante una funzione continua è un intervallo chiuso e limitato (teorema del valore intermedio). (È vero anche se l intervallo è chiuso ma non è limitato?) (iii) Una funzione continua ammette massimo e minimo in ogni intervallo chiuso e limitato. (iv) Ogni successione di Cauchy converge. (v) Se A R è compatto, allora ogni successione in A ammette una sottosuccessione convergente. Vedremo in che modo che queste proprietà derivino da certe proprietà topologiche della retta reale. Richiamiamo gli assiomi della retta reale R (un campo ordinato con due ulteriori assiomi): (8.1) Valgono i seguenti assiomi del campo ordinato dei numeri reali R: (i) Assiomi di campo: (a) x, y, z R, (x + y) + z = x + (y + z), (xy)z = x(yz). (b) x, y R, x + y = y + x, xy = yx. (c) 0 R : x Rx + 0 = x; 1 R : x R, x 0 = 1x = x. (d) x R, unico y R : x + y = 0. x R, x 0, unico y R : xy = 1. (e) x, y, z R, x(y + z) = xy + xz. (ii) Assiomi di campo ordinato: la relazione > induce un ordine totale su R in modo tale che * Cfr: Sernesi Vol II, Cap III, 9 [1]. Una relazione R su X si dice relazione d ordine (stretto) se 41

50 42 #4. COMPATTEZZA (a) x > y = x + z > y + z. (b) x > y, z > 0 = xz > yz. (iii) Proprietà dell ordinamento (continuo lineare): (a) (Completezza di Dedekind) La relazione d ordine < ha la proprietà dell estremo superiore (cioè ogni insieme non vuoto superiormente limitato ha l estremo superiore). (b) Se x < y, allora esiste un numero z R tale che x < z < y. (8.2) Teorema. Esiste una unica retta reale, cioè: Esiste uno e un solo campo (R) che soddisfa tutti gli assiomi di (8.1). Dim. In seguito, per esercizio (opzionale). (8.3) Nota. Σημεῖόν ἐστιν, οὗ μέρος οὐ έν, un punto è ciò che non ha parti, Γραμμὴ δὲ μῆκος ἀπλατές, una linea è una lunghezza senza larghezza, Γραμμῆς δὲ πέρατα σημεῖα,e gli estremi di una linea sono punti. Ma cosa è una linea retta? Εὐ εῖα γραμμή ἐστιν, ἥτις ἐξ ἴσου τοῖς ἐφ' ἑαυτῆς σημείοις κεῖται, una linea retta è una linea che giace ugualmente rispetto ai punti su di essa. Elementi di Euclide, pubblicato per la prima volta intorno al III secolo BCE ad Alessandria. * Αἰτήματα α'. Ἠιτήσ ω ἀπὸ παντὸς σημείου ἐπὶ πᾶν σημεῖον εὐ εῖαν γραμμὴν ἀγαγεῖν. β'. Καὶ πεπερασμένην εὐ εῖαν κατὰ τὸ συνεχὲς ἐπ' εὐ είας ἐκϐαλεῖν. γ'. Καὶ παντὶ κέντρῳ καὶ διαστήματι κύκλον γράφεσ αι. δ'. Καὶ πάσας τὰς ὀρ ὰς γωνίας ἴσας ἀλλήλαις εἶναι. (a) x X, (xrx) ( x x); (b) x, y X, xry = (yrx) (x < y = y x); (c) x, y, z X, xry yrz = xrz (x < y y < z = x < z); L ordine è totale se è anche tricotomico, cioè x y X, allora (x < y) (y < x). * La citazione in greco è presa da Euclid. Euclidis Elementa J. L. Heiberg. Leipzig. Teubner Il testo degli Elementi di Euclide è il libro più famoso dell antichità classica, anche perché è stato usato come libro di testo ininterrottamente dal III secolo BCE fino ai giorni nostri. Curiosamente, fino a non molto tempo fa il testo originale (in greco) era disponibile a stampa solo con l edizione di Heiberg e Menge ( ), con testo latino a fronte. Una versione interessante con il testo a fronte in inglese si può trovare a: basata sull edizione di Heiberg. Il filologo danese Heiberg aveva ricostruito il testo originale dei 13 (non 15, come si credeva anticamente) libri degli Elementi, a partire dai manoscritti disponibili. I due principali erano il D Orville 301, ora nella Biblioteca Bodleiana di Oxford (scritto nel 888 CE dal copista Stefano, a Costantinopoli consultabile on-line su o nel sito della Bodleian Library), e il Manoscritto 190 della Biblioteca Vaticana (il Vaticanus graecus 190, che risale al decimo secolo; dal Vaticano Napoleone lo portò a Parigi nel 1810, e lo fece esaminare da F. Peyrard che ne comprese l importanza e lo usò per pubblicare la sua edizione in francese e latino dei primi 12 capitoli degli Elementi, così come fece successivamente Heiberg; il manoscritto fu poi riportato a Roma nel 1815, con la restaurazionei dell Ancien Régime, e non sembra essere consultabile on-line). L importanza del Vaticanus graecus 190 sta nel fatto che il copista aveva avuto a disposizione sia la copia di Teone di Alessandria (IV secolo CE, padre della famosa Ipazia di Alessandria; purtroppo la copia di Teone aveva molto semplificato e alterato il testo di Euclide) che altre versioni precedenti più fedeli all originale. [ : 30 Μαι όυ 2014

51 8. COMPATTEZZA 43 ε'. Καὶ ἐὰν εἰς δύο εὐ είας εὐ εῖα ἐμπίπτουσα τὰς ἐντὸς καὶ ἐπὶ τὰ αὐτὰ μέρη γωνίας δύο ὀρ ῶν ἐλάσσονας ποιῇ, ἐκϐαλλομένας τὰς δύο εὐ είας ἐπ'ἄπειρον συμπίπτειν, ἐφ' ἃ μέρη εἰσὶν αἱ τῶν δύο ὀρ ῶν ἐλάσσονες. Traduzione: Assiomi 1. Per ogni coppia di punti è possibile tracciare un segmento che ha i due punti per estremi. 2. Ogni segmento di retta si può prolungare dai due lati. 3. Dati un punto (centro) e un raggio arbitrari, è possibile tracciare la circonferenza con centro e raggio dati. 4. Tutti gli angoli retti sono uguali tra di loro. 5. Se una linea retta che incontra altre due linee rette ha angoli interni dallo stesso lato minori di due angoli retti, allora le due linee rette si incontreranno (prolungandole indefinitamente) dalla parte dei due angoli citati. Perché la nota (8.3) è stata giustapposta agli assiomi della retta reale R (8.1)? Si tratta di due espressioni molto importanti della presentazione assiomatica della matematica. Gli Elementi di Euclide sono stati la prima e più importante opera matematica in cui una teoria matematica è stata presentata a partire da un insieme di postulati (o assiomi), oltre che certe nozioni comuni e schemi di deduzione (la logica). I risultati (Teoremi, Proposizioni, Lemmi, Corollari) vengono quindi dedotti con il massimo rigore, attraverso un lungo processo di dimostrazione delle affermazioni. È interessante però osservare che proprio l evidenziare quali assiomi si seguono permette poi di creare e confrontare diverse teorie, e di valutare le conseguenze delle scelte. Per esempio, i cinque assiomi di Euclide non sono gli unici, per la geometria del piano: i tredici assiomi per il piano di Hilbert, per esempio, presentati nel Grundlagen der Geometrie, 1899, sono una alternativa più rigorosa. Anche la retta dei numeri reali può essere presentata in modi diversi da (8.1): per esempio con la teoria delle proporzioni di Eudosso, oppure con la versione predicativa di Herman Weyl (che riteneva che la definizione stessa di estremo superiore fosse inaccettabile nella forma attuale, e provò a ragionare su presentazioni più intuitive del continuum), o anche con la versione costruttiva di Errett Bishop, che segue l intuizionismo di L.E.J. Brouwer * e la versione non costruttiva di Abraham Robinson dei numeri reali non standard o iperreali. Non solo gli oggetti matematici possono essere presentati con sistemi di assiomi diversi e non sempre equivalenti: anche il modo di ragionare, cioè la logica stessa, e il linguaggio usato per comunicare sono oggetto di riflessioni. In queste note cercheremo di non toccare mai queste quesioni delicate, ma si tenga conto che questo è un modo di presentare questi argomenti, e non il modo. (8.4) Definizione. Uno spazio topologico X viene detto di Hausdorff se per ogni x, y X, x y, esistono due intorni U x e U y di x e y rispettivamente tali che U x U y =. (8.5) Nota. Ogni spazio metrizzabile è di Hausdorff (vedi esercizio (4.4)). * John Myhill, What is a Real Number? Amer. Math. Monthly 79 (1972), Lightstone, A. H. Infinitesimals. Amer. Math. Monthly 79 (1972),

52 44 #4. COMPATTEZZA Abbiamo già accennato alla definizione di successione convergente (in spazi metrici). Definiamo ora la convergenza di successioni in spazi topologici. (8.6) Definizione. Si dice che una successione {x n } in X converge ad un punto x X se per ogni intorno U x di x esiste un intero n (che dipende da U x ) tale che j n = x j U x. In tal caso si scrive e si dice che x n converge a x. lim n x n = x Se una successione in uno spazio topologico X non è altro che una funzione x : N X, allora una sottosuccessione è la composizione x n: N N X di x con una funzione n: N N monotona (strettamente) crescente (cioè tale che k < k = n k < n k ). (8.7) Se x nk è una sottosuccessione di una successione convergente x n (con limite lim n x n = x), allora la sottosuccessione converge al medesimo limite lim k x nk = x. Dim. Vedi esercizio (4.6). (8.8) (Unicità del limite) Sia X uno spazio di Hausdorff e {x n } una successione in X. Se lim n x n = x e lim n x n = ȳ, allora x = ȳ. Dim. Esercizio (4.7). (8.9) Definizione. Uno spazio topologico X si dice compatto se ogni ricoprimento aperto {U i } i di X (cioè una famiglia di aperti {U i } i J tale che X = i J U i ) ha un sottoricoprimento finito, cioè esiste un sottoinsieme finito di indici J 0 J tale che X = i J 0 U i (8.10) Nota. Uno spazio metrico si dice compatto quando lo spazio topologico associato (con la topologia metrica) è compatto. Se Y X è un sottospazio di uno spazio topologico X, con la topologia indotta da quella di X, allora un ricoprimento di Y può essere inteso come una famiglia di aperti {U i }, con U i X, tali che Y U i. Le intersezioni U i Y sono gli aperti di Y (nella topologia indotta) della definizione (8.9). (8.11) Esempio. Sia X = {x Q : 0 x 1}. L insieme di tutti gli aperti V k,n della forma k V k,n = ( n + 1, k n ), con k, n N, k n non è un ricoprimento di X. Perché? È un ricoprimento di Y = {x Q : 1 3 x 2 3 }? i

53 8. COMPATTEZZA 45 1 (8.12) Esempio. L insieme di tutti gli aperti V n della forma V n = ( n + 2, 1 ), per n N è un ricoprimento n aperto di (0, 1) R. (8.13) Esempio. L insieme di intervalli aperti se n 1: {x Q : V n = se n 1: {x Q : n+1 < x < n < x < con n Z {0} è un ricoprimento dell insieme X = {x Q : 0 < x < 1}. (8.14) Esempio. Sia V n l insieme V n = {x Q : x [ 2 1 n, n ]}, n } n +1, } definito per ogni intero n 1. La famiglia {V n } è un ricoprimento aperto di X = {x Q : 0 < x < 2}, che non ammette sottoricoprimenti finiti. (8.15) Se X è compatto e C X è un sottoinsieme chiuso, allora C è compatto (con la topologia indotta). Dim. Se {U i } i J è un ricoprimento mediante aperti di C, allora, con un abuso di notazione, possiamo considerare un ricoprimento di C mediante aperti dato da {C U i } i J, dove U i sono aperti di X. Dato che C è chiuso X C è aperto, e quindi {X C} {U i } i J è un ricoprimento aperto di tutto X (dato che C i U i ), e quindi esiste un sottoricoprimento finito, che sarà della forma {X C} {U i } i J0 oppure {U i } i J0. In entrambi i casi, risulta e quindi la tesi. C U i, i J 0 (8.16) Un sottospazio compatto di uno spazio di Hausforff è chiuso. Dim. Sia C X sottospazio compatto di uno spazio di Hausdorff X. Dimostriamo che C è chiuso. Sia x X C. Per ogni c C, dato che X è di Hausdorff, esistono due intorni disgiunti U c e V c tali che U c V c =, c U c, x V c. Ora, {U c } c C è un ricoprimento di C di aperti, quindi esiste un sottoricoprimento finito, cioè C U c1 U c2 U cn. L intersezione di un numero finito di aperti è aperto, quindi V = V c1 V c2 V cn è un aperto che contiene x. Dato inoltre che per ogni i = 1... N, l intersezione V ci U ci =, V C =, cioè V X C e quindi X C è aperto per l arbitrarietà di x, cioè C è chiuso.

54 46 #4. COMPATTEZZA (8.17) L immagine di un compatto mediante una funzione continua è compatta. Dim. Sia X compatto e f : X Y una funzione continua. Dobbiamo dimostrare che f (X) è compatto con la topologia indotta da Y. Ogni ricoprimento aperto {U i } i di f (X) in Y induce un ricoprimento aperto { f 1 (U i )} i di X, che ha un sottoricoprimento finito dal momento che X è compatto. La tesi segue dal fatto che per ogni i f ( f 1 (U i )) U i, e quindi gli {U i } corrispondenti al sottoricoprimento finito { f 1 U i } coprono f (X). (8.18) Corollario. Se X e Y sono due spazi topologici omeomorfi, allora X è compatto se e solo se Y è compatto. Dim. Sia f : X Y un omeomorfismo. Se X è compatto, allora f (X) = Y è compatto. Viceversa, se Y è compatto, allora X = f 1 (Y) è compatto dato che f 1 è continua. (8.19) Teorema. Una funzione f : X Y continua tra X compatto e Y Hausdorff è sempre chiusa. Dim. Se C X è un chiuso di X, allora per (8.15) C è compatto. Ma per (8.17) f (C) è compatto di Y, ed un compatto di uno spazio di Hausdorff è chiuso per (8.16), quindi f (C) è chiuso. (8.20) Una funzione continua, suriettiva e chiusa è una mappa quoziente Dim. Esercizio (3.8). (8.21) Corollario. Una funzione continua f : X Y, biunivoca da un compatto X a un Hausdorff Y è un omeomorfismo. Dim. È continua, biunivoca e chiusa, dunque un omeomorfismo. (8.22) Esempio. Mostriamo che I 0 1 (l intervallo [0, 1] con gli estremi identificati ad un punto) è omeomorfo alla circonferenza S 1 = {z C : z 2 = 1}. Sia p: I I 0 1 la proiezione sul quoziente. La funzione f : I S 1 definita da f (t) = e 2πit = cos 2πt + i sin 2πt = (cos 2πt, sin 2πt) è continua se e soltanto se lo sono le sue componenti, per la proposizione (6.3) a pagina 30; ma queste lo sono in quanto composizioni di funzioni continue *. Osserviamo il seguente diagramma: p I I 0 1 f f S 1 La funzione f è indotta dalla funzione f sul quoziente, nel seguente modo: f ([x]) = f (x) * Per poter dimostrare la continuità delle funzioni sin x, cos x occorrerebbe prima definirle: come sono definite?

55 8. COMPATTEZZA 47 per ogni [x] I 0 1, cioè per ogni x I. Essa è ben posta semplicemente perché f (0) = f (1). Ora, osserviamo che f è biunivoca, dal momento che è iniettiva in (0, 1) e f 1 (1) = {0, 1} = [0] I 0 1. Mostriamo che la funzione indotta f è continua: se U S 1 è un aperto, allora f 1 (U) è aperto nella topologia indotta se e soltanto se la sua controimmagine mediante p in I è aperto, cioè se e soltanto se p 1 f 1 U è aperto in I. Ma p 1 f 1 U = {x I : p(x) f 1 U} = {x I : f (p(x)) U = {x I : f (x) U} = f 1 U, che è aperto dato che f è continua. Per poter usare il Corollario (8.21) occorre mostrare che I 0 1 è compatto e che S 1 è Hausdorff. Ma I 0 1 è l immagine di dell intervallo I mediante la proiezione (continua) p, e quindi, visto che I R è compatto (lo dimostreremo direttamente, con il Teorema di Heine-Borel (9.11) a pagina 60), per la proposizione (8.17) anch esso è compatto. Infine, S 1 ha la topologia metrica di C = R 2, e quindi è di Hausdorff (cfr. Esercizio (4.4) a pagina 52). Possiamo quindi usare il Corollario (8.21), e dedurre che f è un omeomorfismo. Rivedremo questo ragionamento nell esempio (13.16). (8.23) Nota (Opzionale). Uno spazio X è compatto se ogni famiglia di chiusi {C i } di X con intersezione vuota ammette una sottofamiglia finita con intersezione vuota (infatti ). Questo consente di esprimere la compattezza nel seguente modo: diciamo che un famiglia J di chiusi di uno spazio topologico X ha la FIP (finite intersection property) se J 0 J, J 0 < = C i i J 0 (l intersezione di ogni sottofamiglia finita di chiusi è non vuota). Si può dimostrare che X è compatto se e solo se ogni famiglia di chiusi con la FIP ha intersezione non vuota (vedi esercizio (4.8)). (8.24) Nota. Se B è una base di intorni per la topologia di X, e X è compatto, allora, in particolare, ogni ricoprimento di X mediante intorni (che sono aperti) di B ammette un ricoprimento finito. Viceversa, se ogni ricoprimento mediante intorni di B ammette un sotto-ricoprimento finito, allora X è compatto (cioè ogni ricoprimento di aperti ammette un sottoricoprimento finito, non solo ogni ricoprimento mediante intorni della base). Infatti, se {U i } è un generico ricoprimento di X, allora (visto che ogni U i è aperto) U i = j B i, j dove i B i, j sono una famiglia di intorni della base B (ogni aperto è unione di intorni aperti della base B). Ma allora X = U i = B i, j = B i, j, i i e quindi {B i, j } i, j è un ricoprimento di X mediante aperti della base, che ammette l esistenza di un sottoricoprimento finito X = B i1, j 1 B i2, j 2 B in, j N. Dal momento che U i = j B i, j, per ogni i, j si ha B i, j U i, e quindi j i, j X = U i1 U i2 U in,

56 48 #4. COMPATTEZZA cioè {U i } i ammette sottoricoprimento finito. In altre parole, se H è l insieme dei B i, j e J l insieme degli U i, allora si può definire una funzione g: H J tale che B h U g(h) per ogni h H. Dato che X h H 0 B h per un certo sottoinsieme finito H 0 H, dovrà essere anche X B h B i, h H 0 dove g(h 0 ) J è l insieme finito di indici cercato. i g(h 0 ) (8.25) Teorema (Tychonoff fin(i)to). Se X e Y sono due spazi topologici compatti, allora il prodotto cartesiano X Y (con la topologia prodotto) è compatto. Dim. Per la nota (8.24), è sufficiente dimostrare che ogni ricoprimento di X Y dato da aperti della base {U V} (con U aperto di X e V aperto di Y) ammette un sottoricoprimento finito. Passo 1: supponiamo che Y sia compatto, x 0 X un punto e N X Y un intorno di {x 0 } Y in X Y. Allora esiste un intorno W di x 0 in X tale che N W Y (l intorno W Y è detto il tubo attorno a {x 0 } Y). Dato che {x 0 } Y è compatto (è omeomorfo a Y!) è possibile estrarre sottoricoprimenti finiti da tutti i ricoprimenti dati dagli elementi della base di intorni (per la topologia prodotto) U V (quelli che generano N con la loro unione ). A meno di scartare qualche intorno della base, si può supporre che U 1 V 1,..., U n V n ricoprono {x 0 } Y. Sia W = U 1 U 2 U n, che è un intorno aperto di x 0 con la proprietà cercata: W Y N. Passo 2: Sia {U i V i } un ricoprimento mediante aperti della base U i V i. Dato che {x} Y è compatto, è contenuto in un sottoricoprimento finito, e l unione degli aperti di tale ricoprimento per quanto visto sopra contiene un aperto del tipo W x Y che contiene {x} Y. Quindi per ogni x X si può trovare un aperto W x di X tale che W x Y è contenuto nell unione di un numero finito di aperti del ricoprimento. Ma dato che X è compatto, esiste una famiglia finita di W i che ricopre X, e quindi il prodotto cartesiano X Y è uguale all unione dei tubi W xi Y, ognuno dei quali è coperto dall unione di un numero finito di aperti del ricoprimento {U i V i } SPAZI DI FUNZIONI E CONVERGENZA PUNTUALE (OPZIONALE) Nella prossima nota introduciamo alcuni esempi di spazi di funzioni, cioè spazi costituiti da tutte le funzioni (non necessariamente continue) da un certo insieme A a un certo spazio topologico X. La topologia che prenderemo in considerazione per questo spazio sarà quella della convergenza puntuale, cioè la topologia per cui una successione f n di funzioni f n : A X converge ad un limite f se e solo se per ogni α A la successione di punti di X definita da f n (α) converge a f (α). Faremo vedere in seguito nella nota (9.16) a pagina 62 che il cubo di Hilbert (cubo di dimensione infinita, che è uno spazio di questo tipo) è compatto rispetto alla topologia della convergenza puntuale ma non è vero che ogni successione di suoi punti ha sottosuccessioni convergenti. (8.26) Nota. Il teorema appena visto non è il teorema di Tychonoff (Ти хонов): il vero teorema stabilisce che il prodotto di una famiglia qualsiasi di compatti è compatto (nella topologia prodotto); se infatti la famiglia è infinita non si può ripetere il ragionamento sopra esposto. La cosa importante, in generale, però è la definizione stessa di topologia prodotto per una famiglia infinita di spazi. Per semplicità, consideriamo il prodotto di infinite copie dello stesso spazio Y, che indichiamo con Y A,

57 8. COMPATTEZZA 49 con A insieme infinito. La notazione Y A è scelta per l analogia con gli interi, dato che Y Y = Y 2, Y Y Y = Y 3, etc. Osserviamo che gli elementi di Y 2 sono le coppie (y 1, y 2 ) con y i Y, e quindi sono le funzioni {1, 2} Y dall insieme con due elementi ad Y (basta porre y 1 = f (1) e y 2 = f (2)). Gli elementi di Y 3 sono le 3-uple (y 1, y 2, y 3 ), cioè le funzioni {1, 2, 3} Y; gli elementi di Y n sono le funzioni {1, 2, 3,..., n} Y. Gli elementi di Y A sono quindi le funzioni, non necessariamente continue, A Y (anche l insieme delle parti 2 X dell insieme X non è altro che l insieme di tutte le funzioni X {0, 1} da X all insieme con due elementi {0, 1}). Un altro simbolo usato è Y A = Y (con questa notazione potremmo definire il prodotto di infiniti spazi arbitrari, non necessariamente copie dello stesso Y). Se x X = Y A è un elemento di X, indicheremo anche con x α = x(α) Y l immagine di α in Y (la componente α-esima di x). Per ogni insieme finito di indici α 1, α 2,..., α n A si possono scegliere n aperti U α1, U α2,, U αn di Y. La topologia prodotto per X = Y A (detta anche topologia di Tychonoff ) è quella che ha per base tutti i sottoinsiemi del tipo { x X : x(α) Uα per ogni α {α 1, α 2,..., α n } } al variare di n N, degli indici α i e delle n-uple U αi. Si tratta cioè degli insiemi del tipo α A dove gli U α sono tutti uguali a Y, tranne per un numero finito di indici α per cui sono aperti di Y. Una successione x n di elementi di X converge a x X se per ogni intorno U di x esiste N tale che n N = x n U. Se quindi x n converge a x, in particolare per un α A arbitrario fissato accade che per ogni aperto U α Y che contiene x(α) l aperto di X α A U α { x X : x(α) Uα } è un intorno di x, e quindi si ha che per n abbastanza grande x n { x X : x(α) U α } e dunque x n (α) U α, cioè x n (α) converge a x(α). Cioè, se x n converge a x in Y A con la topologia prodotto, allora per ogni α A la successione x n (α) converge a x(α) in Y. Viceversa, supponiamo che per ogni α la successione x n (α) converge ad un certo x(α) Y. Questo definisce un elemento x X. Mostriamo che allora x n converge a x in X con la topologia prodotto. Infatti, sia U = { x X : x(α) U α per ogni α {α 1, α 2,..., α k } } un intorno (della base) di x, con k 1 qualsiasi. Dato che per ipotesi x n (α 1 ) converge a x(α 1 ), esiste N 1 tale che n N 1 = x n (α 1 ) U α1. Dato che per ipotesi x n (α 2 ) converge a x(α 2 ), esiste N 2 tale che n N 2 = x n (α 2 ) U α2. Dato che per ipotesi x n (α 3 ) converge a x(α 3 ), esiste N 3 tale che n N 3 = x n (α 3 ) U α3 Dato che per ipotesi x n (α k ) converge a x(α k ), esiste N k tale che n N k = x n (α k ) U αk. Ma allora esiste certamente N (il massimo di tutti gli N i ) per cui vale che n N = x n (α i ) U αi per ogni i = 1,..., k, cioè n N = x n U.

58 50 #4. COMPATTEZZA Possiamo quindi concludere che x n converge a x in X. Per questa ragione la topologia prodotto si chiama anche la topologia della convergenza puntuale. È con questa topologia, che vale il teorema di Tychonoff. Sul prodotto Y A si può definire anche un altra topologia (che coincide con quella prodotto se A è finito): la topologia box. Questa ha per base di aperti la famiglia di tutti i prodotti α A di aperti U α Y, senza la restrizione di finitezza. Al variare delle famiglie di aperti {U α } (le famiglie di aperti di Y sono le funzioni A 2 Y che hanno per immagini degli elementi α di A gli aperti U α 2 Y ), gli insiemi U α { x X : x(α) Uα per ogni α A } sono quindi una base per la topologia box. Ogni aperto nella topologia box è pertanto anche un aperto nella topologia prodotto di Y A, ma in generale può non essere vero il viceversa. Prendiamo infatti A = N e Y = R. Lo spazio X = R N (= R ω ) è lo spazio di tutte le successioni di punti sulla retta reale R. Si può far vedere che la topologia prodotto è metrizzabile (cioè indotta da una certa metrica): si veda l esercizio (4.18). Osserviamo che se x X è una successione limitata in R, allora x è contenuto nell intorno (8.27) { x X : xα B ϵ ( x α ) per ogni α A } per ϵ > 0 arbitrario, cioè l insieme delle successioni limitate di R costituisce un aperto di X (nella topologia box). Analogamente, se la successione x X non è limitata in R, allora x è contenuto nell intorno (8.28) { x X : xα B ϵ ( x α ) per ogni α A }, per ϵ > 0 arbitrario. Allora anche il complementare dell insieme delle successioni limitate è un aperto nella topologia box. D altro canto, nella topologia prodotto, ogni intorno ha solo un numero finito di vincoli del tipo x(α) U α, per cui ogni intorno di una successione convergente x R N con la topologia prodotto contiene certamente successioni non convergenti, e quindi l insieme delle successioni convergenti non è un aperto di R N nella topologia della convergenza puntuale (topologia prodotto). (Non è un aperto nemmeno l insieme delle successioni non convergenti, e quindi l insieme delle successioni convergenti non è nemmeno un chiuso). Il cubo di Hilbert = [0, 1] N R N è compatto nella topologia prodotto (per il teorema di Tychonoff), mentre non lo è nella topologia box. Infatti, se [0, 1] N fosse compatto nella topologia box, allora lo sarebbe anche il sottoinsieme {0, 1} N, che sarebbe un chiuso di un compatto. Infatti, se x [0, 1] N è nel complementare di {0, 1} N, cioè esiste un ᾱ N tale che xᾱ {0, 1}, cioè 0 < xᾱ < 1, allora esiste certamente ϵ > 0 per cui B ϵ ( xᾱ) (0, 1), e quindi l aperto {x [0, 1] N : α, x(α) B ϵ ( x α )} è un intorno di x contenuto nel complementare di {0, 1} N. In altre parole, {0, 1} N è un chiuso di [0, 1] N, e quindi compatto per ipotesi (d assurdo). Ma basta ora osservare che (i) {0, 1} N ha infiniti elementi distinti (sono numerabili?).

59 8. COMPATTEZZA 51 (ii) Per ogni x {0, 1} N, se ϵ < 1 allora {x {0, 1} N : α, x(α) B ϵ ( x α )} = { x}, cioè x ha un intorno aperto che contiene solo x, tra i punti di {0, 1} N. Quindi la topologia indotta dalla topologia box su {0, 1} N è la topologia discreta. I punti stessi di {0, 1} N costituiscono quindi un ricoprimento aperto, che non ammette sottoricoprimento finito: non può essere compatto.

60 52 #4. COMPATTEZZA ESERCIZI *(4.1) Sia A R un sottoinsieme non vuoto. Un numero m R è un maggiorante se a A, a m (per definizione, un insieme limitato superiormente è un insieme con almeno un maggiorante). L insieme di tutti i maggioranti di A è chiuso? È limitato inferiormente (nota: l estremo superiore sup A è il minimo dell insieme dei maggioranti)? *(4.2) Dimostrare che se A R è un sottoinsieme di R (con la metrica euclidea), allora sup A e inf A appartengono alla chiusura A. (4.3) Sia C [a, b] R un sottoinsieme chiuso di [a, b] (chiuso nella topologia indotta su [a, b] da R). Dimostrare che C è chiuso in R. Dimostrare che la stessa proprietà è falsa per gli aperti: trovare un sottoinsieme A [a, b] R aperto nella topologia di [a, b] ma non in quella di R. (4.4) Dimostrare che uno spazio X metrizzabile è di Hausdorff. (4.5) Sia A X un sottoinsieme di X spazio topologico. Dimostrare che x X è un punto di accumulazione di A se e solo se x A {x}. (4.6) Dimostrare che ogni sottosuccessione di una successione convergente converge. (4.7) Dimostrare l unicità del limite di successioni in spazi di Hausdorff: Se X è uno spazio di Hausdorff e {x n } una successione in X, allora lim n x n = x e lim n x n = ȳ implica x = ȳ. *(4.8) Diciamo che un famiglia di chiusi di uno spazio topologico X ha la FIP (finite intersection property) se J 0 J, J 0 < = C i i J 0 (l intersezione di ogni sottofamiglia finita di chiusi è non vuota). Diciamo che X ha la FIP se ogni sua famiglia di chiusi con la FIP ha intersezione non vuota: C i. Dimostrare che X è compatto se e solo se ha la FIP. (Suggerimento: X C i è aperto, e quindi ). i J *(4.9) Dimostrare che l ultimo assioma della lista di assiomi di R è ridondante (si può dedurre dai primi 7). (4.10) È vero che se un insieme X è finito allora è compatto per ogni topologia che si considera? E il viceversa (cioè è vero che se un insieme è compatto rispetto ad ogni possibile topologia, allora ha un numero finito di punti)? (4.11) Si consideri la famiglia τ di tutti i sottoinsiemi di N = {1, 2,... } costitutita dall insieme vuoto, da N e da tutti i sottoinsiemi del tipo {1}, {1, 2}, {1, 2, 3}, {1, 2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4, 5}... È vero che τ è una topologia? Se sì, allora, rispetto a questa topologia, N è compatto?

61 Esercizi 53 (4.12) Determinare se l intervallo I = {x, R : 0 x 1} meno un punto x 0 I è compatto, al variare di x 0. (I x 0 = {x I : x x 0 } ). (4.13) Si consideri il sottoinsieme di R definito da X = {x R : x = pq }, p, q Z, pq Determinare quali delle seguenti affermazioni è vera (nella topologia euclidea di R): (i) X è chiuso; (ii) X è aperto; (iii) X è compatto. (4.14) Sia a n la successione di numeri razionali (n 1) definita come segue: a n = p q se n = 2p q con q dispari. Se n è dispari risulta quindi a n = 0 (dato che l unico modo di scrivere un numero dispari nella forma 2 p q è con p = 0). Quali sono i suoi punti di accumulazione, cioè i punti di accumulazione dell insieme X = {a n : n N, n 1}? Quali sono i punti limite di sottosuccessioni convergenti di a n? (4.15) Sia X R 2 l insieme definito da Quali delle seguenti sono vere? (i) X è un chiuso di R 2. (ii) La parte X {(x, y) R 2 : x 0} è compatta. (iii) L interno di X in R 2 è vuoto. X = {(x, y) R 2 : y 2 = x 3 x}. (4.16) Determinare quali dei seguenti spazi sono tra loro omeomorfi (esibendo gli omeomorfismi, altrimenti dimostrando in modo un po intuitivo non rigoroso quando e se non ne esistono). (i) L intervallo chiuso [0, 1]; (ii) La circonferenza S 1 = {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 = 1}. (iii) Il quadrato: Q = {(x, y) R 2 : (x 2 1)(y 2 1) = 0, x 2 1 y 2 }. (iv) L intervallo aperto (0, 1). (4.17) Si consideri nello spazio R la relazione: x y sin 2 x = sin 2 y. (i) È una relazione di equivalenza?

62 54 #4. COMPATTEZZA (ii) Se sì, si dia a X = R/ la topologia quoziente. Lo spazio così ottenuto è compatto? **(4.18) Sia X = [0, 1] N lo spazio di tutte le successioni di punti dell intervallo unitario della retta reale, cioè lo spazio definito come X = [0, 1] N l insieme di tutte le funzioni x : N [0, 1]. Per ogni famiglia finita di aperti di [0, 1] U 0, U 1, U 2,..., U N [0, 1] (con U i [0, 1] aperto per i = 0, 1,..., N) si consideri in X l insieme Φ(U 0, U 1,..., U N ) := { x X : i {0, 1,..., N}, x(i) U i } X. Sia A la famiglia di tutti i possibili insiemi Φ(U 0, U 1,..., U N ) al variare di N N e degli U i. (i) Dimostrare che A e X A. (ii) Dimostrare che A 1, A 2 A = A 1 A 2 A. (iii) Dimostrare che esistono A 1, A 2 A tali che A 1 A 2 A. (iv) Per ogni N N, sia A N l insieme definito da Dimostrare che A N A. Descrivere l insieme e determinare se A è una topologia per X. A N = { x X : x(n) [0, 1/2) }. A = N N (v) Dimostrare che A è una base per una topologia su X. (vi) Si consideri la funzione d : X X R definita da d(x, y) = n N ben definita e che è una metrica su X. (vii) Dimostrare che gli intorni sferici in X A N B r (z) = { x X : d(x, z) < r } x(n) y(n) 2 n. Dimostrare che d è sono aperti di X rispetto alla topologia generata da A (suggerimento: se y B r (z), allora esiste δ > 0 tale che d(z, y) = r δ. Esistono allora certamente N > 0 e ϵ > 0 tali che n=n+1 2 n < δ/2 e ϵ ( Nn=0 2 n) < δ/2, da cui, con la disuguaglianza triangolare, possiamo costruire un elemento della base A contentente y tale che... ). (viii) Fissati U 0, U 1,..., U N aperti di [0, 1], sia y X tale che y(n) U n per ogni n = 0,..., N. Mostrare che esiste ϵ > 0 tale che per ogni n = 0,..., N si ha per t [0, 1] t y(n) < 2 n ϵ = t U n. Dedurre che l intorno sferico in X con centro in y e raggio ϵ è contenuto nell aperto Φ(U 0, U 1,..., U N ) = { x X : n {0, 1,..., N}, x(n) U n } X.

63 Esercizi 55 (suggerimento si osservi che se a n 0 sono termini positivi o nulli allora n=0 a n 2 n < ϵ = N, a N < 2 N ϵ ). Dedurre che X ha la topologia metrica indotta da d.

64 56 #4. COMPATTEZZA

65 Settimana N 5 COMPATTEZZA NEGLI SPAZI EUCLIDEI 9. COMPATTEZZA IN SPAZI METRICI ED EUCLIDEI (Cfr.) * (9.1) Teorema. Sia X uno spazio metrico e C X un sottoinsieme, con la topologia indotta. Le seguenti proposizioni sono equivalenti: (i) C è compatto (Heine-Borel). (ii) Ogni insieme infinito di punti di C ha un punto di accumulazione in C (Bolzano-Weierstrass). (iii) Ogni successione in C ammette una sottosuccessione che converge in C (i.e. C è compatto per successioni). Dim. Cominciamo a dimostrare che (i) = (ii), cioè che (ii) = (i). Se è vero (ii), esiste un insieme infinito A C di punti di C che non ha nessun punto di accumulazione in C (cioè nessun punto di C è di accumulazione per A, e quindi in particolare nessun punto di A è di accumulazione per A). Questo significa che ogni a A non è di accumulazione, e quindi per ogni a A esiste un intorno aperto U a di a tale che U a A non contiene altri punti oltre ad a, cioè (9.2) U a A = {a} Si consideri ora il ricoprimento aperto di A: A U a. a A Per la (9.2), il ricoprimento {U a } di A non ammette nessun sottoricoprimento, e dato che se A è infinito anche il ricoprimento è infinito, risulta che A non è compatto. Per mostrare che C non è compatto, basta osservare che A è chiuso in C (dal momento che nessun punto di C è di accumulazione per A, la chiusura di A in C è uguale a A): se C fosse compatto anche A dovrebbe essere compatto, per (8.15). Quindi C non è compatto. * Cfr: Sernesi Vol II, Cap III, 9 [1]. Equivalentemente: sia C uno spazio metrico, quindi. 57

66 58 #5. COMPATTEZZA NEGLI SPAZI EUCLIDEI Ora mostriamo che (ii) = (iii). Sia {x i } i J una successione di punti di C e A C l insieme dei punti di {x i } i J. Se A è un insieme finito, allora c è (in modo banale) una sottosuccessione {x i } i J0 con J 0 J che converge in C: basta prendere una successione costante. Altrimenti, A è un insieme infinito, e dunque per (ii) esiste un punto x C che è di accumulazione per A. Per definizione, questo vuol dire che per ogni ϵ > 0 l intersezione B ϵ ( x) (A { x}). Cioè, per ogni ϵ > 0 esiste y A, y x per cui y B ϵ ( x) (ricordiamo anche che y A y = x n per qualche n). Dato che X è uno spazio metrico, segue che per ogni ϵ > 0 B ϵ ( x) A ha infiniti punti (vedi anche esercizio (5.2)). Ora, definiamo la successione {n k } per induzione: si scelga y B 1 ( x) A. Allora esiste n 1 tale che x n1 = y. Supponiamo di aver definito n k. 1 Definiamo ϵ k+1 = k + 1, ed allora esistono infinite scelte per y B ϵ k+1 ( x) A, dunque infinite soluzioni (intere) dell equazione x n B ϵk+1 ( x). Dato che sono infinite, ne esiste una per n > n k, che chiamiamo n k+1. È facile vedere che la sottosuccessione {x nk } converge a x C. Infine mostriamo che (iii) = (i). Questa è la parte più difficile della dimostrazione. Per prima cosa, supponiamo di avere un ricoprimento {U α } di C costituito esclusivamente da intorni circolari U α = B rα (c α ) e mostriamo che (9.3) esiste δ > 0 per cui per ogni x C l intorno B δ (x) è contenuto in qualche U α. Dimostrazione del lemma (9.3). Dobbiamo mostrare che per ogni x C esiste U α = B rα (c α ) tale che B δ (x) B rα (c α ). Se ciò non fosse vero, dovrebbe essere vero che per ogni δ > 0 esiste x = x(δ) C tale che per ogni α B δ (x) B α. Consideriamo la successione δ n = 1 n. Allora, per ogni n 1 si può definire un elemento x n C per cui (9.4) α, B δn (x n ) U α. Di nuovo, consideriamo che per ipotesi (iii) è vera, e quindi la successione {x n } ammette una sottosuccessione {x nk } che converge ad un certo y C. Dal momento che C è ricoperto dagli aperti U i, esiste un aperto U αy del ricoprimento che contiene y, cioè tale che lim k x nk = y U αy. Ma per ipotesi U αy è aperto, quindi esiste un raggio r > 0 tale che B r (y) U αy, e se k è grande abbastanza si ha che x nk B r/2 (y) (dalla convergenza della sottosuccessione) e quindi per la disuguaglianza triangolare che B r/2 (x nk ) B r (y) U αy. Dato che per k abbastanza grande δ nk < r 2, si può trovare un k per cui B δnk (x nk ) B r (y) U αy. Ma questo contraddice la definizione degli {x n } (equazione (9.4)), per cui l ipotesi è falsa. Abbiamo mostrato che esiste δ > 0 per cui per ogni x C l intorno B δ (x) è contenuto in qualche U i del ricoprimento aperto.

67 9. COMPATTEZZA IN SPAZI METRICI ED EUCLIDEI 59 Ora, mostriamo che (9.5) per ogni ϵ > 0 l insieme C può essere ricoperto da un numero finito di intorni circolari di raggio ϵ. * Dimostrazione del lemma (9.5). Se ciò non fosse vero, per un certo ϵ > 0, si scelga x 1 C; dato che B ϵ (x 1 ) non può ricoprire C (per ipotesi), esiste x 2 C tale che x 2 B ϵ (x 1 ). Analogamente, si scelga x 3 C (B ϵ (x 1 ) B ϵ (x 2 )), e per induzione n x n+1 C B ϵ (x i ). La successione (di infiniti punti distinti) esiste perché non può mai coprire C. Inoltre, se h k si ha i=1 n B ϵ (x i ) i=1 d(x h, x k ) ϵ, e quindi la successione {x i } i non può avere sottosuccessioni convergenti. Ma dato che stiamo assumendo (iii) vera, ogni successione in C deve avere almeno una sottosuccessione convergente, e questa proprità è contraddetta dall esistenza della successione {x i }. Quindi l ipotesi era falsa, e per ogni ϵ > 0 l insieme C è ricoperto da un numero finito di intorni circolari di raggio ϵ. Sia quindi C ricoperto da un numero finito di intorni circolari B ϵ (c j ) di raggio ϵ e {U α } il ricoprimento di C di intorni circolari definito sopra, con ϵ < δ. Dato che ϵ < δ, per ogni intorno B ϵ (c j ) (nell insieme finito di intorni che ricopre C) esiste un intorno U α = U α( j) tale che B ϵ (c j ) U α( j). L insieme finito di intorni {U α( j) } j ricopre C, dato che B ϵ (c j ) ricopre C, ed è quindi un sottoricoprimento finito di {U α }. Per concludere la dimostrazione, bisogna trovare sottoricoprimenti finiti per ricoprimenti aperti generici, e non solo per ricoprimenti di intorni della base di intorni circolari. Ma questo segue da (8.24). (9.6) Nota. Osserviamo che abbiamo di fatto dimostrato il seguente lemma (chiamato lemma del numero di Lebesgue): (9.7) Sia X uno spazio metrico compatto, e {U α } un ricoprimento aperto di X. Allora esiste δ > 0 (chiamato numero di Lebesgue del ricoprimento {U α }) tale che per ogni x X esiste α tale che x B δ (x) U α. Dim. Se U α è composto da intorni sferici (palle), allora si tratta esattamente di (9.3). Altrimenti, gli U α sono unioni di intorni circolari perché aperti, e quindi possiamo sostituire ad ogni U α = i B α,i l insieme di B α,i di cui è unione, ed ottenere un ricoprimento per cui vale (9.3). Quindi per ogni x X esiste α, i tale che x B δ (x) B α,i, e quindi esiste α tale che x B δ (x) U α, dato che B α,i U α. (9.8) Nota. Se X non è uno spazio metrico (o metrizzabile), le tre proprietà non sono necessariamente equivalenti. Ci sono esempi di spazi per cui vale (i) ma non vale (iii) (nella nota (9.16) a pagina 62: si dice che è compatto ma non compatto per successioni). Ma ci sono anche spazi per cui vale (iii) ma non (i) (cioè X = ω 1 è compatto per successioni ma non lo è per ricoprimenti; ω 1 è semplicemente un certo insieme con * La proprietà che per ogni ϵ > 0 l insieme C può essere ricoperto da un numero finito di intorni sferici di raggio ϵ ha un nome: si dice che C è totalmente limitato. È chiaro che se C è totalmente limitato, allora è limitato. Purtroppo in generale non è vero il viceversa.

68 60 #5. COMPATTEZZA NEGLI SPAZI EUCLIDEI la topologia degli intervalli, rispetto ad un ordine totale, che però non riusciamo a definire in questo corso; un esempio opzionale si può trovare nella nota (9.17) a pagina 63). In generale, però vale (i) = (ii) (guardare la dimostrazione ), e (iii) = (ii). (9.9) Nota. L intervallo [0, 1] di Q non è compatto. Per (9.1), basta trovare una successione in [0, 1] che converge a un numero irrazionale. Un esempio è quello delle troncate n-esime delle cifre decimali di un irrazionale di [0, 1]. Esempi costruttivi di successioni di questo tipo sono molto interessanti: una cosa è dire che esiste una successione di razionali che converge a q, un altra cosa è definire una funzione (ricorsiva, per esempio) o un algoritmo che genera tali razionali. In altre parole, fissato per esempio q = 2/2 dovrebbe essere possibile scrivere un programma che per k assegnato calcola in modo esatto tutte le prime k cifre decimali di q. È possibile in questo modo scrivere un programma che calcola in modo esatto tutte le prime k cifre decimali anche di π? È vero che per ogni x R esiste un programma che per k assegnato calcola in modo esatto tutte le prime k cifre decimali di x (di qualsiasi irrazionale)? Stiamo parlando naturalmente di programmi in senso astratto. Nei casi concreti, programmi che impiegano anni per terminare non sono di grande utilità (si veda più avanti anche (11.18) a pagina 78). A Spigot Algorithm * for the Digits of π import sys def main(): k, a, b, a1, b1 = 2L, 4L, 1L, 12L, 4L while 1: p, q, k = k*k, 2L*k+1L, k+1l a, b, a1, b1 = a1, b1, p*a+q*a1, p*b+q*b1 d, d1 = a/b, a1/b1 while d == d1: output(d) a, a1 = 10L*(a%b), 10L*(a1%b1) d, d1 = a/b, a1/b1 def output(d): sys.stdout.write(str(d)) sys.stdout.flush() if name == " main ": main() (9.10) Sia X uno spazio metrico e C X un sottoinsieme. Se C è compatto, allora C è chiuso e limitato. Dim. Ogni spazio metrico è di Hausdorff (vedi esercizio (4.4)), e ogni compatto di uno spazio di Hausdorff è chiuso (vedi (8.16)), per cui se C è compatto di X allora C è chiuso. Dobbiamo quindi mostrare che C è limitato. Sia x 0 un punto di X e B n (x 0 ) la successione crescente di intorni circolari di raggio n N. Dato che {B n (x 0 )} n è un ricoprimento aperto di C, deve ammettere un sottoricoprimento finito, cioè deve esistere n 0 N per cui C B n0 (x 0 ), cioè C è limitato. (9.11) Teorema (Heine-Borel). L intervallo unitario [0, 1] R è compatto. Prima dimostrazione. Sia {U i } i J un ricoprimento di [0, 1] e definiamo F = { t I : [0, t] è coperto da una famiglia finita di aperti di {U i } i J } } * A Spigot Algorithm for the Digits of π, S. Rabinowitz, S. Wagon (The American Mathematical Monthly, Vol. 102, No. 3 (Mar., 1995), pp ).

69 9. COMPATTEZZA IN SPAZI METRICI ED EUCLIDEI 61 Si vede che 0 F (e quindi F non è vuoto) e che t F, 0 s < t = s F. Si consideri m = sup F (l estremo superiore di F, che esiste per gli assiomi (8.1)). Allora t < m = t F e t > m = t F. Vediamo se m F oppure no. Dato che m [0, 1] e {U i } ricopre [0, 1], esiste i m J per cui m U im. Ma U im è aperto, e dunque esiste un intorno circolare di raggio ϵ tale che B ϵ (m) U im. Visto che m ϵ F, l intervallo [0, m ϵ] è ricoperto da un numero finito di aperti U i, che uniti ad U im costituiscono un numero finito di aperti che copre [0, m], e dunque m F, cioè F = [0, m]. Ora, se m < 1, allora un ricoprimento finito di [0, m] sarebbe anche ricoprimento finito di [0, m + ϵ] per un certo ϵ abbastanza piccolo, per cui deve essere m = 1, cioè F = [0, 1] (in altre parole, abbiamo trovato il ricoprimento finito di [0, 1]). Seconda dimostrazione. Sia {U i } i J un ricoprimento aperto di I 0 = [0, 1]. Supponiamo per assurdo che non ammetta sottoricoprimenti finiti. Dividiamo I 0 nelle due metà di lunghezza 1 2 : [0, 1] = [0, 1 2 ] [1 2, 1]. Se entrambe le metà fossero ricoperte da un numero finito di U i, cadremmo in contraddizione, per cui almeno una delle due non lo è, e la chiamiamo I 1. Dividendo I 1 in due metà, possiamo di nuovo applicare lo stesso argomento per definire I 2, e così via una successione I n di intervalli chiusi non ricopribili da un numero finito di aperti U i, di lunghezza 2 n, e con la proprietà I n I n 1 per ogni n 1. Ora, se definiamo I 0 I 1 I 2 I n.... I = I n, i=0 osserviamo che I non può avere più di un punto (infatti, x, y I = n 0, x, y I n = n 0, x y 2 n, che implica x y = 0). Come conseguenza dell esistenza dell estremo superiore in R, si può mostrare (vedi esercizio (5.3)) che I non è vuoto, e che I = {inf(max I n ) = sup(min I n )}. Sia p I. Dato che p I, esiste i p J per cui p U ip, e quindi esiste un ϵ > 0 tale che B ϵ (p) U ip. Ma se n è abbastanza grande, I n B ϵ (p), e dunque esiste un n per cui I n B ϵ (p) U ip : ciò contraddice l ipotesi che ogni I n non si può coprire con un insieme finito di U i (un solo U ip è sufficiente!). La seconda dimostrazione (bisezione) può essere modificata in questo modo, dato che grazie al Teorema (9.1) basta mostrare che ogni sottoinsieme infinito A di [0, 1] ha un punto di accumulazione in [0, 1]: in I 0 = [0, 1] ci sono infiniti punti di A, e quindi in una delle due metà [0, 1/2], [1/2, 1] ce ne devono essere infiniti. E così per induzione, si ottiene una catena I 0 I 1... I n... di intervalli di ampiezza 2 n che converge al punto di accumulazione di A (esercizio!).

70 62 #5. COMPATTEZZA NEGLI SPAZI EUCLIDEI (9.12) Corollario. Per ogni a<b R, l intervallo [a, b] è compatto. Dim. Dato che l intervallo [a, b] è omeomorfo all intervallo [0, 1], segue immediatamente da (9.11). (9.13) Teorema (Heine-Borel II). Se X = R n con la metrica euclidea, allora C X è compatto se e solo se chiuso e limitato. Dim. La proposizione (9.10) è la parte solo se. Viceversa, se C R n è limitato, allora è contenuto nel parallelepipedo del tipo C [a, b] n R n, che è compatto per il corollario (9.12) unito al teorema (8.25). Quindi, se C è chiuso in X, è chiuso anche in [a, b] n e quindi è un sottoinsieme chiuso di uno spazio compatto, e quindi è compatto per la proposizione (8.15). (9.14) Corollario (Bolzano-Weierstrass). Ogni insieme infinito e limitato in R n ha almeno un punto di accumulazione. Dim. Un insieme infinito e limitato in R n è anche, come sopra, un sottoinsieme infinito del compatto [a, b] n per qualche a, b. Per (9.1), (ii), esiste quindi un punto di accumulazione. (9.15) Teorema. Una funzione continua f : X R definita su un dominio compatto X ha massimo e minimo. Dim. Dato che X è compatto, f (X) è compatto e quindi chiuso e limitato in R. Dato che è limitato, sia l estremo superiore M = sup( f (X)) che l estremo inferiore m = inf( f (X)) esistono finiti. Gli estremi m e M appartengono alla chiusura f (X) (vedi esercizio (4.2)), che coincide con f (X) dato che f (X) è chiuso, quindi m f (X), M f (X), e quindi sia m che M sono assunti in X, cioè m = min x X f (x), M = max x X f (x). (9.16) Nota (Opzionale). Consideriamo, come nella nota (8.26) a pagina 48, la topologia prodotto di una famiglia qualsiasi di spazi. Per esempio, l insieme delle parti X = 2 [0,1] dell intervallo [0, 1], che possiamo identificare con l insieme di tutte le funzioni f : [0, 1] {0, 1}. Nella topologia (prodotto) di X una successione { f n } converge a f se e soltanto se per ogni α [0, 1] f n (α) converge a f (α). Con la topologia prodotto e il teorema di Tychonoff, dato che {0, 1} è compatto, allora anche X è compatto. Ora costruiamo una successione f n in X che non converge puntualmente, e per cui nessuna sottosuccessione converge puntualmente. Per ogni t [0, 1] sia t = a 0, a 1 a 2 a 3... a n... la rappresentazione in cifre binarie di t, cioè Poniamo t = a j 2 j. j=0 f n (t) = a n, cioè f n (t) è uguale all n-esima cifra nella rappresentazione binaria di t. Ora, se f nk è una sottosuccessione qualsiasi, sia α [0, 1] un numero qualsiasi le cui cifre binarie α = a 0, a 1 a 2... soddisfano a nk = k mod 2.

71 9. COMPATTEZZA IN SPAZI METRICI ED EUCLIDEI 63 Allora f nk (α) = k mod 2, e la sottosuccessione f nk non converge puntualmente. Quindi X è compatto, ma non è vero che ogni successione in X ammette almeno una sottosuccessione convergente. Segue qundi dal Teorema (9.1) che sullo spazio X di tutte le funzioni [0, 1] {0, 1} non è possibile definire una metrica che induca la topologia della convergenza puntuale (non è metrizzabile nella topologia prodotto/della convergenza puntuale). Consideriamo ora in X l insieme D X delle funzioni f : [0, 1] {0, 1} che sono uguali a 1 solo in un numero finito di punti di [0, 1]. Sia x X un punto arbitrario di X; se U X è un aperto della base della topologia prodotto di X, allora esistono k punti α 1,..., α k [0, 1] e k valori y 1,..., y k {0, 1} tali che U = { f X : i = 1... k, f (α i ) = y i }, e quindi gli intorni U di x X sono gli insiemi di funzioni f : [0, 1] {0, 1} che coincidono con x su un insieme finito di punti α 1,..., α k. In ogni intorno quindi cadono sempre punti di D oltre ad x, cioè ogni x è di accumulazione per D (D è denso in X). Però le successioni di punti in D non possono convergere (puntualmente!) che a funzioni x : [0, 1] {0, 1} che sono uguali a 1 al massimo in un insieme numerabile di punti. Quindi ci sono punti di accumulazione per D che non sono limiti di successioni di punti in D. (9.17) Nota (Opzionale). Modifichiamo l esempio della nota (9.16), per ottenere uno spazio che è compatto per successioni ma non compatto. Sia {0, 1} I l insieme di tutte le funzioni (non necessariamente continue) I {0, 1}, dove I = [0, 1] R ha la topologia metrica e {0, 1} I ha la topologia della convergenza puntuale (cioè quella prodotto di una infinità non numerabile (I) di copie di {0, 1}, analogamente alla nota precedente). Per ogni f : I {0, 1}, il supporto di f è definito da Sia ora X {0, 1} I il sottospazio definito da con la topologia indotta. S( f ) = {t [0, 1] : f (t) = 1}. X = { f {0, 1} I : S( f ) è numerabile. } {0, 1} I, (9.18) Per ogni successione { f n } di elementi di X esiste una sottosuccessione f nk convergente in X: X è compatto per successioni. Dim. L unione di tutti i supporti delle f n è unione numerabile di insiemi numerabili, e quindi anch esso è numerabile: S = n S( f n ) N. Ora, le funzioni f n S, le restrizioni delle f n all unione dei supporti S, costituiscono una successione in I S (lo spazio di tutte le funzioni da S a {0, 1}). Ma si può mostrare che {0, 1} S {0, 1} N è metrico (è l insieme di Cantor dell esercizio (6.22) a pagina 90) e compatto (nella topologia prodotto, per il teorema di Tychonoff o per l esercizio (6.22)), e quindi esiste una sottosuccessione f nk S che converge in I S, cioè una sottosuccessione per cui per ogni t S si ha che f nk (t) converge. Ma se t S, f nk = 0 per definizione, e quindi f nk (t) converge per ogni t I, e dunque converge ad una funzione f. Il supporto di f è per forza numerabile (contenuto in S), e quindi f X, dunque X è compatto per successioni. D altra parte vale il seguente lemma. (9.19) X non è compatto (per ricoprimenti).

72 64 #5. COMPATTEZZA NEGLI SPAZI EUCLIDEI Dim. Per ogni t I, l insieme A t = { f X : f (t) = 0 } è un aperto di X (è un elemento della base di aperti nella topologia prodotto di {0, 1} I X). Per ogni f X esiste certamente t I tale che f (t) = 0, perché altrimenti il supporto S( f ) sarebbe non numerabile. Quindi X t [0,1] A t è un ricoprimento aperto. Ma X non può essere coperto da un numero finito di A t : per ogni insieme finito t 1,..., t n esiste certamente f X tale che f (t 1 ) = 1,..., f (t n ) = 1, cioè f A ti per i = 1,..., n. Quindi X non è compatto. 10. SPAZI METRICI COMPLETI (10.1) Definizione. Una successione {x n } n in uno spazio metrico si dice di Cauchy se per ogni ϵ > 0 esiste un intero N = N(ϵ) per cui n, m > N = d(x n, x m ) < ϵ. (10.2) Una successione convergente in uno spazio metrico è di Cauchy. Dim. Se lim n x n = x, allora per ogni ϵ > 0 esiste n 0 > 0 tale che n > n 0 = d( x, x n ) < ϵ. Quindi se n, m > n 0 si ha (per la disuguaglianza triangolare) d(x n, x m ) d(x n, x) + d( x, x m ) < 2ϵ, e quindi la successione è di Cauchy. (10.3) Ogni successione di Cauchy è limitata. Dim. Per definizione, esiste N 1 tale che m, n N n N d(x n, x N ) < 1 e quindi per ogni n 1 = d(x n, x m ) < 1. Ma allora in particolare per ogni d(x n, x 1 ) M = max{d(x 1, x 2 ), d(x 1, x 3 ),..., d(x 1, x N )} + 1, e dunque {x n } B M (x 1 ) è limitata. (10.4) Definizione. Uno spazio metrico X si dice completo se ogni successione di Cauchy in X converge in X. (10.5) Uno spazio metrico X è completo se e solo se ogni successione di Cauchy in X ammette una sottosuccessione convergente. Dim. È ovvio che se è completo allora ogni successione di Cauchy converge, e dunque basta prendere la successione stessa {x n }. Supponiamo invece che ogni successione di Cauchy ammetta una sottosuccessione convergente. Sia {x n } una successione di Cauchy e {x nk } la sottosuccessione convergente a x X. Per ogni ϵ > 0 esiste N tale che m, n > N = d(x n, x m ) < ϵ/2,

73 10. SPAZI METRICI COMPLETI 65 ed un K tale che k > K = n k > N e Ma allora se n > N si ha per ogni k > K d(x nk, x) < ϵ/2. d(x n, x) d(x n, x nk ) + d(x nk, x) < ϵ, cioè {x n } converge a x. (10.6) Corollario. Se X è uno spazio metrico compatto, allora X è completo. Dim. Per (9.1), ogni successione in X ammette una sottosuccessione convergente. In particolare, quindi, ogni successione di Cauchy in X ammette una sottosuccessione convergente. Ma allora per (10.5) lo spazio metrico X è completo. (10.7) Siano X e Y due spazi metrici con metriche d X e d Y. Allora X Y è uno spazio metrico con la metrica prodotto definita da d ((x 1, y 1 ), (x 2, y 2 )) = d X (x 1, x 2 ) 2 + d Y (y 1, y 2 ) 2 Dim. Esercizio (3.20). (10.8) Se X e Y sono spazi metrici completi, allora X Y con la metrica prodotto è uno spazio metrico completo. Dim. Esercizio (-1.1). (10.9) Un sottospazio S X di uno spazio metrico completo è completo se e solo se è chiuso in X. Dim. Esercizio (-1.2). (10.10) Teorema. La retta reale R è uno spazio metrico completo. Per ogni n 1 lo spazio euclideo R n è completo. Dim. Cominciamo a mostrare che R è completo. Se {x n } è una successione di Cauchy, allora per (10.3) è una successione limitata che per (9.14) ha una sottosuccessione convergente ad un limite in R (se non fosse infinita sarebbe immediato trovare il limite ). Ma per (10.5) allora {x n } converge in R, e dunque R è completo. La seconda parte dell enunciato segue da (10.8). (10.11) Nota. Il campo Q non è completo: come sopra, basta trovare successioni di razionali convergenti a numeri irrazionali. (10.12) Nota. Per gli spazi metrici, la compattezza e la completezza sono concetti vicini, ma non equivalenti. Infatti, R è completo, ma non è certamente compatto. Esistono anche spazi metrici compatti che non sono completi? Come visto in (10.6), uno spazio metrico compatto è anche completo. Il legame può essere dato in modo più preciso, dato che vale una generalizzazione del Teorema di Heine-Borel (che si chiama anch esso Teorema di Heine-Borel): uno spazio metrico è compatto se e soltanto se esso è completo e totalmente limitato. Ricordiamo che uno spazio metrico è totalmente limitato quando vale la proprietà della proposizione (9.5) a pagina 59 (si veda la nota a pie di pagina). Comunque, anche se è vero che uno spazio metrico compatto è certamente completo, in generale uno spazio compatto non è necessariamente metrizzabile, e quindi a fortiori può non essere completo.

74 66 #5. COMPATTEZZA NEGLI SPAZI EUCLIDEI (10.13) Esempio. Sia X = N con la metrica discreta. È uno spazio metrico limitato (la distanza tra due punti non è mai maggiore di 1), ma non è uno spazio metrico totalmente limitato. Infatti, se ϵ 1, X non può essere coperto da un numero finito di intorni circolari di raggio ϵ (tali intorni contengono solo un punto, il centro, e N ha infiniti elementi). Le successioni di Cauchy in X sono tutte e sole le successioni definitivamente costanti, che sono convergenti. Pertanto X è uno spazio metrico completo. Ovviamente X non è compatto, dal momento che non ha un numero finito di punti (uno spazio con la topologia discreta è compatto se e soltanto se ha un numero finito di punti).

75 10. SPAZI METRICI COMPLETI OPZIONALE: COSTRUZIONE DI R (CANTOR) *(-1.1) Dimostrare che se X e Y sono spazi metrici completi, allora X Y con la metrica prodotto è uno spazio metrico completo. *(-1.2) Un sottospazio S X di uno spazio metrico completo è completo se e solo se è chiuso in X. *(-1.3) Si consideri Q con la topologia generata dagli intervalli aperti (a, b), con a, b Q, a < b (generata dalla metrica d(x, y) = x y, notiamo che è una metrica a valori razionali). Dimostrare che se {x n } e {y n } sono due successioni di Cauchy in Q, allora la somma {x n + y n } e il prodotto {x n y n } sono successioni di Cauchy in Q. (Suggerimento: per la moltiplicazione usare il fatto che ogni successione di Cauchy è limitata (10.3)) *(-1.4) Consideriamo l insieme R di tutte le successioni di Cauchy su Q. Dimostrare che R è un anello commutativo con unità, cioè che valgono i seguenti assiomi: (i) x, y, z R, (x + y) + z = x + (y + z), (xy)z = x(yz). (ii) x, y R, x + y = y + x, xy = yx. (iii) 0 R : x Rx + 0 = x; 1 R : x R, x 0 = 1x = x. (iv) x R, unico y R : x + y = 0. (v) x, y, z R, x(y + z) = xy + xz. *(-1.5) Sia R come nell esercizio precedente l anello delle successioni di Cauchy, e N R il sottoinsieme definito da N = {{x n } R : lim x n = 0 Q}. n Mostrare che N è un ideale in R, cioè che N è un sottogruppo additivo e se {x n } è una successione di Cauchy e {z n } una successione di Cauchy convergente a zero allora la successione {z n x n } converge a zero. Dedurre che il quoziente (algebrico) R := R/N è un anello (cioè l insieme di classi di equivalenza di successioni di Cauchy, dove {x n } {y n } lim n (x n y n ) = 0). *(-1.6) Dimostrare che R, definito come quoziente nell esercizio precedente, è un campo, che contiene il campo dei razionali Q come sottocampo. (Suggerimento: basta far vedere che se {x n } N, allora esiste ϵ > 0 per cui se n è abbastanza grande x n > ϵ (oppure x n < ϵ), e dunque ) *(-1.7) Dimostrare che la relazione di ordine di Q può essere estesa a R ponendo x < y y x > 0 (e dunque è sufficiente descrivere l insieme dei numeri reali positivi, cioè le classi di equivalenza di successioni di Cauchy che sono definitivamente positive), e cioè che R è un campo ordinato. *(-1.8) Dimostrare che R (definito sopra) è completo (cioè che ogni successione di Cauchy in R converge). (Suggerimento: una successione in R è una successione di classi di equivalenza di successioni: possiamo scrivere la successione {x n } come {[a n,k ]}, dove x n è uguale alla classe di equivalenza [a n,k ] della successione di Cauchy (in k) {a n,k } k ) *(-1.9) Dimostrare che R ha la proprietà dell estremo superiore (cioè che ogni sottoinsieme limitato superiormente ha estremo superiore in R). (Suggerimento: utilizzare un argomento di tipo bisezione di intervalli per associare ad un insieme limitato superiormente una successione decrescente di intervalli chiusi, e quindi la successione di Cauchy degli estremi razionali di questi intervalli; vedi la seconda dimostrazione di (9.10))

76 68 #5. COMPATTEZZA NEGLI SPAZI EUCLIDEI *(-1.10) Se invece della metrica euclidea in Q si ripete il procedimento degli esercizi precedenti partendo dalla metrica discreta su Q, cosa si ottiene? Cosa sono le successioni di Cauchy? Il quoziente R/N è ancora una estensione del campo dei razionali Q? Quale?

77 Esercizi 69 ESERCIZI *(5.1) Si consideri su N la famiglia τ di insiemi formata dall insieme vuoto e dagli tutti i sottoinsiemi di N con complementare finito. Sia X uno spazio topologico e {x n } una successione in X (vista come una funzione f : N X, definita da n N : f (n) := x n ). (i) Dimostrare che τ è una topologia per N. (ii) Dimostrare che se {x n } è una successione convergente, allora la corrispondente funzione f : N X è continua all infinito, cioè la controimmagine di ogni intorno del limite x = lim n x n X è un aperto di N (nella topologia dei complementari finiti). (iii) È vero che f è continua? (iv) La seguente famiglia di sottoinsiemi di N è una topologia per N? L insieme vuoto, N, i sottoinsiemi finiti, e i sottoinsiemi con complementare finito. (5.2) Dimostrare che un punto di accumulazione a di un sottoinsieme A X di uno spazio metrico X ha la seguente proprietà: ogni intorno di a in X interseca A in infiniti punti. *(5.3) Si consideri in un campo totalmente ordinato una famiglia di intervalli chiusi I n = [a n, b n ] decrescenti I n I n+1, per n. Si dimostri che se X ha la proprietà dell estremo superiore (cioè ogni insieme limitato superiormente ammette estremo superiore), allora I n. n (5.4) Dimostrare che il cilindro {(x, y, z) R 3 : x 2 + y 2 = 1 z 2 1} con il bordo su z = 1 identificato ad un punto è omeomorfo al cono {(x, y, z) R 3 : z 2 = x 2 + y 2 0 z 1}. (5.5) Dimostrare che il toro, definito come nell esempio (7.10), è omeomorfo a S 1 S 1 (dove S 1 è la circonferenza di raggio 1). (5.6) Dimostrare che lo spazio dell esempio (7.11) è omeomorfo ad una sfera di dimensione 2. *(5.7) Dimostrare che il piano proiettivo, definito come nell esempio (7.12), è omeomorfo al quoziente S 2 /, dove x y x = ±y (antipodale). (5.8) Dimostrare che incollando lungo il bordo due nastri di Möbius si ottiene una bottiglia di Klein (che cos è una bottiglia di Klein?). (5.9) Quali dei seguenti spazi è compatto? (i) Q. (ii) La sfera S 2. (iii) La sfera S 2 meno un numero finito di punti. (iv) La sfera S 2 meno un disco chiuso.

78 70 #5. COMPATTEZZA NEGLI SPAZI EUCLIDEI (v) La striscia di Möbius. (5.10) Dimostrare che ogni sottospazio di uno spazio di Hausdorff è di Hausdorff. (5.11) Consideriamo il seguente sottoinsieme di R 2 (munito della topologia euclidea): (i) È aperto? È chiuso? X = {(x, y) R 2 : xy Z}. (ii) Consideriamo la circonferenza C di raggio 1 e centro (0, 0) di equazione x 2 + y 2 = 1. L intersezione C X è aperta nella topologia di C? È chiusa? E nella topologia di R 2? (iii) Discutere della compattezza di X e C X. (5.12) Si consideri l intervallo [0, 2) = {x R : 0 x < 2} R. (i) È chiuso nella topologia Euclidea? (ii) Sia X l intervallo ( 2, 2) R con la topologia indotta da quella di R. Dato che [0, 2) è anche un sottoinsieme di X, esso è un chiuso della topologia di X? (iii) Calcolare l insieme di tutti i maggioranti di [0, 2) in R. (iv) Trovare, se esiste, un sottoinsieme Y R tale che l insieme di tutti i maggioranti di Y in R non è un chiuso di R. (5.13) Si consideri il sottoinsieme X di Q definito da (i) Determinare i punti di accumulazione di X. (ii) X è un chiuso di Q? q X = { q + 1 : q N}. (iii) Sia {a n } una successione di frazioni di Q che converge a 2 ( Q!) e Y l insieme dei suoi elementi Y = {a n : n N} Q. In questo caso Y è un chiuso di Q? (5.14) Sia C Q un sottospazio compatto di Q (campo dei numeri razionali con la topologia Euclidea). (i) Dimostrare che C è chiuso in Q. (ii) Dimostrare che C è limitato in Q. (iii) Dimostrare che C è anche un chiuso di R. (Suggerimento: Dato che l inclusione i : Q R è una funzione continua (rispetto alle topologie Euclidee di Q e R) ) (iv) Dedurre che l interno di C è vuoto. **(5.15) Su Z sia B la famiglia di tutte le progressioni aritmetiche (U a,n = {a + kn : k Z} Z, con n 0). Dimostrare che:

79 Esercizi 71 (i) La famiglia B è una base per una topologia di Z. (ii) In questa topologia, le progressioni U a,n sono sia aperti che chiusi. (iii) L unione di un numero finito di progressioni aritmetiche è un chiuso. (iv) Se A p = U 0,p denota l insieme dei multipli del numero p, si dimostri che A = p primo non può essere chiuso, visto che il suo complementare ha un numero finito di elementi. (v) Dedurre che esistono infiniti numeri primi. (Harry Furstenberg: è una topologia metrizzabile!) (5.16) Mostrare che se K 1 e K 2 sono due sottospazi compatti di uno spazio topologico X, allora l unione K 1 K 2 X è un sottospazio compatto di X. *(5.17) Si consideri N = N { }, con N. (i) L insieme vuoto, N, tutti i sottoinsiemi di N e i sottoinsiemi di N con complementare finito e che contengono costituiscono una topologia? A p (ii) N è compatto rispetto a questa topologia? (iii) Quali sono le funzioni continue N X? È vero che sono le successioni convergenti, se si pone x = lim n x n? Cioè, data una successione x n convergente a x X, è vero che la funzione f : N X definita da f (n) = x n, f ( ) = x è continua? Viceversa, data una f : N X continua, allora la successione x n = f (n) converge a f ( )? (iv) Se X è uno spazio topologico di Hausdorff, si consideri l insieme ˆX = X { } (dove X), e la seguente famiglia di sottoinsiemi di ˆX: l insieme vuoto, ˆX, gli aperti di X ˆX e tutti i complementari ˆX K, al variare di K X sottospazio compatto di X ˆX. Mostrare che si tratta di una topologia. ( ˆX è detto compattificazione ad un punto di X, o anche compattificazione di Alexandroff; nel caso in cui X è anche localmente compatto cioè quando ogni punto di X ha un intorno compatto anche ˆX è Hausdorff) (v) Mostrare che la topologia del punto precedente rende ˆX compatto, e l inclusione X ˆX una funzione continua, iniettiva e aperta (omeomorfismo sull immagine/embedding). (5.18) Dimostrare in modo rigoroso l esercizio (3.21) di pagina 39: Sia X l unione delle circonferenze {(x, y) R 2 : (x 1 n )2 + y 2 = ( 1 n )2 }, per n = 1, 2, 3... con la topologia indotta da R 2, e sia Y lo spazio ottenuto identificando tutti gli interi Z R ad un punto. Allora X e Y non sono omeomorfi. Suggerimento: procedere come segue. (i) Mostrare che (x 1 n )2 + y 2 = 1 n 2 X è limitato. x 2 + y 2 = 2x n = x 2 + y 2 2x (x 1) 2 + y 2 1, e quindi (ii) Mostrare che Z = {(x, y, t) R 2 [0, 1] : x 2 + y 2 = 2tx} è (chiuso e limitato in R 3, e quindi) compatto.

80 72 #5. COMPATTEZZA NEGLI SPAZI EUCLIDEI (iii) Usando la continuità della proiezione Z [0, 1], definita da (x, y, t) t, mostrare che il sottospazio ˆX = {(x, y, t) Z : t = 0 t 1 N} è chiuso e limitato in R 3, e quindi compatto. (iv) Dedurre che X è compatto. (v) Sia U Y l insieme definito da U = {[t] Y : min k Z t k < 1 3 }, e per ogni k Z, U k Y l insieme U k = {[t] Y : k < t < k + 1}. Mostrare che U e U k sono aperti nella topologia quoziente di Y. (vi) Mostrare che {U} {U k } k Z è un ricoprimento aperto di Y. (vii) Mostrare che il ricoprimento aperto appena definito non ammette sottoricoprimenti finiti di Y, e quindi Y non è compatto.

81 Settimana N 6 CONNESSIONE (11.7) Definizione. 11. SPAZI CONNESSI (Cfr.) * Il teorema del valore intermedio si può esprimere in termini di connessione: (11.1) Definizione. Uno spazio topologico X è detto connesso se gli unici sottoinsiemi di X simultaneamente aperti e chiusi sono e X. Quando si considera un sottospazio Y X, allora Y è connesso se è connesso nella topologia indotta da X. Osserviamo che se A X è un sottoinsieme sia chiuso che aperto, anche il suo complementare X A è sia chiuso che aperto. Quindi X = A (X A), cioè X è unione disgiunta di due aperti non vuoti. (11.2) Teorema. Uno spazio topologico X è connesso se e solo se X non è unione di due aperti non vuoti e disgiunti X = A 1 A 2. (Equivalentemente: uno spazio topologico X non è connesso se e solo se X è unione di due aperti non vuoti e disgiunti X = A 1 A 2 ). (11.3) Esempio. Sia S 0 = { 1, +1} R la sfera di dimensione 0 (soluzioni dell equazione x 2 = 1). Entrambi i punti sono chiusi in R, e quindi chiusi in S 0 (che è chiuso in R): S 0 non è connesso. (11.4) Esempio. L insieme vuoto e gli spazi con un solo punto sono connessi. (11.5) Esempio. Uno spazio con la topologia discreta è connesso se e soltanto se ha un solo punto. (11.6) Esempio. La retta razionale Q non è connessa. Infatti, consideriamo l intervallo A = ( 2, ) Q. Si tratta di un aperto, che però è anche chiuso, visto che * Cfr: Sernesi Vol II, Cap III, 11 [1]. In inglese: clopen. A = ( 2, ) = {x Q : 2 < x} = {x Q : 2 x} = [ 2, ) 73

82 74 #6. CONNESSIONE Quest ultimo è chuso perché il suo complementare è l intervallo aperto (, 2). Ora, A non è vuoto, e non è uguale a Q, è sia aperto che chiuso, e quindi Q non è connesso. Un intervallo in R (più in generale: in un insieme ordinato) è un insieme I R contenente più di un punto, tale che x, y I, s R, x < s < y = s I. Ricordiamo che m R è un minorante di un insieme di numeri X R se x X, m x (cioè se m X). Analogamente, M R è un maggiorante di X se x X, x M (cioè se X M). Si dice che X è limitato da sotto se esiste un minorante di X. Si dice che X è limitato da sopra se esiste un maggiorante di X. L insieme di tutti i minoranti di X è quindi un insieme non vuoto se e solo se X è limitato da sotto. L insieme di tutti i maggioranti di X è un insieme non vuoto se e solo se X è limitato da sopra. L insieme dei minoranti di X si scrive come minoranti = {m R : x X, m x} = {m R : x X, m (, x]} = {m R : m (, x]} = (, x]. x X Dato che è l intersezione di una famiglia di chiusi, è un sottoinsieme chiuso di R. L insieme dei maggioranti di X si scrive come maggioranti = {M R : x X, M x} x X = {M R : x X, M [x, + )} = {M R : M [x, + )} = [x, + ). x X Dato che è l intersezione di una famiglia di chiusi, è un sottoinsieme chiuso di R. L estremo inferiore è il massimo dei minoranti, l estremo superiore è il minimo dei maggioranti. Dato che R ha la proprietà dell estremo superiore e dell estremo inferiore, gli intervalli sono tutti gli insiemi del tipo (, b],(, b),(a, b),(a, b], [a, b), [a, b], [a, + ), (a, + ), con a < b. Mostreremo che tutti gli intervalli sono connessi. Cominciamo dall intervallo chiuso (compatto) [a, b]. (11.8) Teorema. Ogni intervallo chiuso [a, b] R è connesso. Dim. Per assurdo, supponiamo che l intervallo [a, b] sia unione di due aperti disgiunti non vuoti [a, b] = A 1 A 2 (dove A 1, A 2, A 1 A 2 =, e quindi A 1 e A 2 sono chiusi nella topologia di [a, b]). Essendo [a, b] chiuso in R, A 1 e A 2 sono anch essi chiusi e non vuoti in R (nota: non sono necessariamente aperti! Vedi esercizio (4.3)). Dato che gli estremi superiore e inferiore di un sottoinsieme chiuso di R sono contenuti nell insieme stesso (vedi esercizio (4.2)), risulta sup A i A i, inf A i A i per i = 1, 2. Consideriamo per ogni y [a, b] l insieme chiuso B y = {x A 1 : x y} = [a, y] A 1 A 1. L intersezione x X B = B y = {x A 1 : y A 2, x y}. y A 2

83 11. SPAZI CONNESSI 75 è dunque un chiuso contenuto in A 1 (che consiste di tutti i minoranti di A 2 in A 1 ). Ora, a meno di cambiare gli indici, possiamo supporre che a A 1 (e quindi a A 2, poiché A 1 A 2 = ), e quindi a B. L estremo superiore s 1 = sup B (che esiste perché B ed è limitato) appartiene al chiuso B (e quindi è un minorante di A 2 ), e dunque appartiene a A 1 (che contiene B). D altra parte, consideriamo l estremo inferiore s 2 di A 2, che appartiene a A 2 dato che A 2 è chiuso: si ha che s 2 t per ogni t A 2, e t [a, b] t > s 2 = y A 2 : t > y, (cioè non esistono minoranti di A 2 più grandi di s 2, s 2 è il massimo dei minoranti). Quindi s 1 s 2, dato che gli elementi di B sono minoranti di A 2. In altre parole, B è contenuto nell insieme di tutti i minoranti di A 2, e quindi il massimo di B (cioè s 1 ) non può essere piú grande del massimo dei minoranti (cioè s 2 ). Ora, se s 1 = s 2, si ha A 1 B s 1 = s 2 A 2 = s 1 = s 2 A 1 A 2, che è assurdo visto che A 1 A 2 =. Dunque deve essere s 1 < s 2. Prendiamo dunque un s [a, b] compreso tra s 1 e s 2 : sup B = s 1 < s < s 2 = inf A 2. Dato che per definizione di s 1 (estremo superiore di B) t [a, b] t > s 1 = t B, il punto s non è in B. Inoltre s < s 2 = inf A 2, e quindo s non può essere un elemento di A 2 (e dunque sta in A 1 ), ed è un minorante di A 2. Ma questo significa che s B, il che è assurdo. Un Corollario è il seguente Teorema. (11.9) Teorema. Se J R è un intervallo, allora J è connesso. Dim. Supponiamo che J sia un intervallo, e che per assurdo non sia connesso (nella topologia metrica), cioè che esista A J sia aperto che chiuso, A, A J. Dato che A, esiste a A. Dato che A J, esiste b A, b J. Possiamo supporre senza perdere in generalità che a < b. Per la definizione di intervallo, ogni s tale che a < s < b è in J, e quindi [a, b] J. Ora, osserviamo che A è un chiuso di J, e quindi l intersezione  = A [a, b] è un chiuso di [a, b]. Il suo complementare [a, b]  è l intersezione di J A con [a, b], e quindi è un chiuso di [a, b]. Ma allora  è anche un aperto di [a, b]. Siccome a Â,  non è vuoto. Siccome b Â,  è diverso da [a, b]. Ma questo è assurdo, perché [a, b] è connesso per il Teorema (11.8). Diamo un altra dimostrazione del Teorema (11.9), in cui la prima parte è identica alla prima parte della dimostrazione precedente, e che è indipendente dalla validità del Teorema (11.8). Altra Dimostrazione. Supponiamo che J sia un intervallo, e che per assurdo non sia connesso (nella topologia metrica), cioè che esista A J sia aperto che chiuso, A, A J. Dato che A, esiste a A. Dato che A J, esiste b A, b J. Possiamo supporre senza perdere in generalità che a < b. Per la definizione di intervallo, ogni s tale che a < s < b è in J, e quindi [a, b] J. Ora, osserviamo che A è un chiuso di J, e quindi l intersezione  = A [a, b] è un chiuso di [a, b], che è chiuso in R. Allora  è un chiuso di R, non vuoto. Se poniamo m = sup Â, otteniamo m  A. Dato che  A e b A, si ha m < b. L intervallo (m, b] [a, b] J non può contenere punti di Â, né di A, e quindi è contenuto nel complementare di A in J, che è chiuso in J. Proprio perché J A è chiuso in J, l estremo m di (m, b] J A appartiene a J A, e quindi m A, che contraddice il fatto che m  A.

84 76 #6. CONNESSIONE (11.10) Nota. Vedremo che il teorema precedente può essere generalizzato nel modo seguente: Un sottoinsieme A R con almeno due punti è connesso se e solo se è un intervallo. Per la parte solo se, si cerchi di dimostrare (esercizio (6.5)) che se un insieme ha almeno due punti e non è un intervallo, allora non è connesso (si veda anche la prossima nota). (11.11) Nota. Usando la stessa tecnica di dimostrazione di (11.8), si può dimostrare che A R non è connesso se e solo se esistono x, y A, s A tali che x < s < y (cioè A è connesso se e solo se x, y A, x < s < y = s A). Infatti, se A non fosse connesso, si definiscono A 1, A 2, B, s 1 e s 2 come sopra (s 1 = sup B e s 2 = inf A 2 ), e deve risultare s 1 < s 2. Ma allora esiste s A tale che s 1 < s < s 2 basta prendere s = 1 2 (s 1 + s 2 ). Questo fa seguire dall ultimo assioma di (8.1) la connessione di R. Viceversa, se esistono x, y A e s A tali che x < s < y, allora si possono definire i seguenti sottoinsiemi (chiusi e aperti) di A: la cui intersezione è vuota e la cui unione è A. A 1 = {x A : x s} = {x A : x < s} A 2 = {x A : x s} = {x A : x > s} (11.12) Teorema. Se X è connesso e f : X Y è una funzione continua, allora f (X) Y è connesso (con la topologia indotta da Y si dice che l immagine di un connesso è connessa). Dim. Se f (X) fosse non connesso, esisterebbero A 1 f (X) e A 2 f (X) aperti disgiunti (nella topologia indotta) e non vuoti tali che f (X) = A 1 A 2. Le controimmagini f 1 A 1 e f 1 A 2 sarebbero aperti disgiunti non vuoti in X tali che X = f 1 A 1 f 1 A 2, e dunque X non sarebbe connesso. (11.13) Corollario. Se X e Y sono due spazi topologici omeomorfi, allora X è connesso se e solo se Y è connesso. Dim. Come nella dimostrazione del corollario (8.18) Ricordiamo che S 0 = {±1} è lo spazio con due punti e la topologia discreta. (11.14) Uno spazio X è connesso se e solo se ogni funzione continua f : X S 0 è costante. Dim. Supponiamo che X sia connesso. Allora la sua immagine è un sottospazio connesso di S 0. Dato che S 0 non è connesso, f X non può essere S 0. Dato che f X, f X ha esattamente un elemento, e quindi f è costante. Viceversa, se X non è connesso allora esistono A 1, A 2 aperti disgiunti non vuoti tali che X = A 1 A 2. Si definisca allora la funzione f : X S 0 ponendo +1 if x A 1 f (x) = 1 if x A 2. La funzione è ben definita, dato che A 1 A 2 = e X = A 1 A 2. È continua: basta osservare che gli aperti di S 0 sono tutti i suoi sottoinsiemi, {+1}, { 1}, S 0, e la controimmagine di ognuno di essi è aperto in X: f 1 ( ) = f 1 ({+1}) = A 1 E non è una funzione costante. f 1 ({ 1}) = A 2 f 1 (S 0 ) = X.

85 11. SPAZI CONNESSI 77 (11.15) Esempio. La funzione f : Q { 1, 1}, definita ponendo 1 se x < 2 f (x) = 1 se x > 2 è continua su Q. (11.16) (Teorema del valore intermedio) Sia f : [a, b] R R una funzione continua tale che f (a) < 0 e f (b) > 0. Allora esiste x 0 (a, b) tale che f (x 0 ) = 0. Dim. L intervallo [a, b] è connesso per (11.8), e quindi la sua immagine f ([a, b]) = { f (x) : a x b} è connessa, e dunque un intervallo (vedi anche (11.11)). Cioè, visto che f (a) f ([a, b]) e f (b) f ([a, b]), anche tutti i valori intermedi y [ f (a), f (b)] appartengono all immagine f ([a, b]). In particolare, 0 [ f (a), f (b)], e quindi 0 f ([a, b]), cioè esiste x [a, b] tale che f (x) = 0. (11.17) Esempio (Bisezione). Applichiamo (11.16) ad un caso concreto: determinare in modo costruttivo una successione di razionali che converge a un irrazionale. Osserviamo per esempio che q = 2 2 [0, 1] risolve l equazione 2x 2 = 1, per cui non è un razionale (occorre che si sappia dimostrarlo!). Non solo, è anche l unico punto di [0, 1] che risolve l equazione (perché?). Ora costruiamo per ricorsione una successione di intervalli [a n, b n ] di lunghezza 2 n con la proprietà che 2a 2 n 1 < 0 < 2b 2 n 1 nel modo seguente. Per n = 0, poniamo Si ha < 0 < , e dato che 0 = a 0 < a 0 = 0 b 0 = < b 0 = < 1 2 < 12. Supponiamo di avere definito [a n 1, b n 1 ], entrambi razionali tali che 2a 2 n 1 1 < 0 < 2b2 n 1 1. Allora c = a n 1 + b n 1 2 è ancora razionale, e quindi non può essere uguale a 2 2 che è irrazionale. Ma allora 2c2 1 0, visto che in [0, 1] c è un unica soluzione di 2x 2 1 = 0. Si hanno quindi solo due casi, in cui si pone [c, b n 1 ] se 2c 2 1 < 0; [a n, b n ] = [a n 1, c] se 2c 2 1 > 0. In entrambi i casi la lunghezza è la metà di quella di [a n 1, b n 1 ], cioè la metà di 2 (n 1) (ipotesi di induzione), che è n+1 = 2 n ; inoltre c < 0 2a 2 n 1 = 2c 2 1 < 0 < 2b 2 n 1 1 = 2b2 n 1, c > 0 2a 2 n 1 = 2a 2 n 1 1 < 0 < 2c2 1 = 2b 2 n 1.

86 78 #6. CONNESSIONE Quindi la successione è ben definita. Osserviamo che per ogni n 0 si ha [a n, b n ] [a n 1, b n 1 ]. Dato che per ogni n si ha q [a n, b n ], si ha quindi che sia a n che b n sono numeri che approssimano 2/2 a meno di 2 n, cioè a n < 2 n, 2 b n < 2 n. Questo segue dal fatto che 2/2 [a n, b n ] e che b n a n = 2 n. (11.18) Nota. È possibile implementare facilmente questo algoritmo, per avere approssimazioni dell ordine 2 n, per ogni n, in qualche linguaggio che possa fare operazioni su frazioni senza limiti sulla grandezza dei numeratori/denominatori coinvolti (altrimenti prima o poi per il calcolatore 2 n = 0). Meglio sarebbe se fosse direttamente in grado di eseguire operazioni tra frazioni. Ma anche supponendo di poter eseguire solo operazioni su interi di grandezza arbitraria, è possibile definire in modo semplice somme e prodotti di frazioni (come?); risulta un po più efficiente se si sa come ridurre le frazioni ai minimi termini (dividendo numeratore e denominatore per il massimo comun divisore). In altre parole, fissato per esempio q = 2/2 dovrebbe essere possibile scrivere un programma che per k assegnato calcola in modo esatto tutte le prime k cifre decimali di q (si veda anche la nota (9.9) a pagina 60). * (11.19) Definizione. Definiamo componenti connesse di uno spazio topologico X i sottospazi connessi massimali (cioè i sottospazi connessi di X che non sono contenuti in sottospazi connessi di X). L insieme dei sottospazi connessi di X è parzialmente ordinato, rispetto all inclusione di sottoinsiemi. Un elemento massimale è un sottospazio connesso Y che non è contenuto in nessun sottospazio connesso di X. Ogni elemento x X è contenuto in un tale Y: infatti, {x} è connesso. Se {x} non è contenuto in nessun connesso piú grande, allora {x} stesso è massimale e basta porre {x} = Y. Altrimenti, x appartiene ad un connesso piú grande. È vero che un connesso massimale che contiene x esiste sempre? È vero che ne esiste uno solo? È vero che quindi X si decompone in una unione disgiunta di componenti connesse? (11.20) Esempio. Uno spazio X è connesso se e solo se ha una sola componente connessa. Le componenti connesse di Q sono * Lo studente interessato potrebbe provare a calcolare le prime 200 cifre di π utilizzando per esempio lo sviluppo (è solo uno dei molti metodi possibili) n arctan x = ( 1) k x2k+1 2k r n k=0 con resto r n < x 2n+3 /(2n + 3) e l identità π = arctan Dato che 2n + 3 è minore di quando 2n + 3 > , forse occorrono un po troppi termini. Roadrunner, il supercomputer più potente del mondo, supera il petaflop/s, cioè è in grado di eseguire 1105 teraflop/s (cioè approssimativamente FLoating point Operations Per Second). Ogni termine della somma richiede certamente più di una operazione (e non è detto che si usino float: a volte bastano gli interi), ma in ogni caso con questa formula occorrerebbero a Roadrunner non meno di secondi per terminare, cioè non meno di anni. Tenuto conto che l età stimata dell universo è intorno ai anni, il metodo è destinato al fallimento. Usando invece identità del tipo (formule di Machin) π 4 = arctan arctan 1 3 = arctan arctan arctan 1 8 è possibile sommare un numero ragionevole di termini. Lo studente interessato può provare a calcolare le prime 200 cifre di π con questo metodo, e anche a dimostrare le identità usate.

87 11. SPAZI CONNESSI 79 (11.21) Teorema. Le componenti connesse di Q R sono i suoi punti. (11.22) Siano B X e {Y w } w W sottoinsiemi connessi di uno spazio topologico X tali che w W, B Y w. Allora l unione Y = B Y w è connesso. w W Dim. Basta dimostrare che ogni funzione continua f : Y {±1} è costante. Dato che B è connesso, la restrizione f B è continua e quindi per (11.14) è costante. Quindi esiste y S 0 tale che f (b) = y, per ogni b B. Ora, per ogni w W lo spazio Y w è connesso, e quindi la restrizione f Yw è una funzione costante dato che è continua. Ma Y w B, quindi esiste b Y w B, e deve essere f (Y w ) = { f (b)} = {y}. Quindi per ogni x Y si ha f (x) = y, cioè f è costante. Vediamo un altra dimostrazione. Supponiamo che A 1 e A 2 siano aperti disgiunti tali che Y = A 1 A 2. Per ogni w W, A 1 Y w e A 2 Y w sono aperti disgiunti in Y w, e quindi non possono essere entrambi non vuoti, visto che Y w è connesso: cioè, Y w A 1 oppure Y w A 2. Lo stesso per A 1 B e A 2 B: supponiamo senza perdere in generalità che B A 1. Ma allora, poiché per ipotesi B Y w, deve anche essere w W, Y w A 1, e cioè Y A 1. Ma allora A 2 =. (11.23) Corollario. Siano A w, per w W, sottospazi connessi di uno spazio X tali che w A w. Allora w A w è connesso. Dim. Basta prendere uno degli A w e chiamarlo B: per ogni w W = A w A w B, e quindi si può applicare il lemma precedente. w (11.24) Nota (Componenti connesse). Per ogni x X sia C x l unione di tutti i sottospazi connessi di X che contengono x C x = Y Yconnesso, x Y X Dato che {x} è connesso e contiene x, l insieme C x contiene x. Per (11.22), questa unione è un sottoinsieme connesso di X che contiene x. Non può essere contenuto propriamente in un connesso piú grande, perché se cosí fosse sarebbe contenuto propriamente in un connesso che contiene x, e dunque sarebbe contenuto propriamente in sé stesso. Quindi C x è una componente connessa (secondo la definizione (11.19)). Osserviamo che se z C x, allora C z = C x : infatti se C z è un connesso massimale che contiene z, dato che anche C x C z contiene z (ed è connesso per (11.22)), deve essere C x C z C z, cioè C x C z. Analogamente, C z C x C x, dato che è un connesso e contiene x, e quindi C z C x. Due componenti connesse o sono disgiunte oppure coincidono: infatti se si ha C x C y, esiste z C x C y, e quindi C z = C x e C z = C y, da cui C x = C y. Quindi ogni x X è contenuto in una e una sola componente connessa di X: X è l unione disgiunta delle sue componenti connesse. Diamo una dimostrazione diversa del Teorema (11.9). (11.25) Corollario. Se I R è un intervallo, allora I è connesso. Dim. Per definizione I ha più di un punto, e se x, y I, allora x < s < y = s I. Siano x 1 e x 2 due punti di I, e x 0 = 1 2 (x 1 + x 2 ). Allora x 1 < x 0 < x 2 e quindi x 0 I, da cui segue che I = [a, b], a I, b I, a<x 0 <b

88 80 #6. CONNESSIONE visto che x I = x [x, x 2 ] (se x < x 0 ) oppure x [x 1, x] (se x > x 0 ), oppure x [x 1, x 2 ] (se x = x 0 ). Ora, se a I, b I e a < x 0 < b, allora x 0 [a, b], quindi la tesi segue da (11.22) ponendo B = {x 0 } e Y w = [a, b] con w W = {(a, b) I 2 : a < x 0 < b}. (11.26) Corollario. La retta reale R è connessa. Dim. Basta osservare che si può scrivere R = {0} R>0[ R, R] e applicare (11.22), oppure direttamente il corollario (11.25). (11.27) Teorema. I sottoinsiemi connessi di R sono tutti e soli gli insiemi con un elemento solo e gli intervalli. Dim. Per (11.25) gli intervalli sono connessi, e i punti sono sempre connessi. Ora, un insieme X R con più di due punti che non sia un intervallo è tale che esistono x, y X e s R tali che x < s < y ma s X, e quindi X = [X (, s)] [X (s, + )], cioè unione disgiunta di due aperti non vuoti, e quindi X non è connesso. (11.28) Esempio. R n è connesso: è unione di rette per l origine. R n {0} è connesso per n 2. Perché? Vedi esercizio (6.2). (11.29) Teorema. Due spazi topologici X e Y sono connessi se e solo se il prodotto X Y è connesso. Dim. Se X Y è connesso, allora X e Y, in quanto immagini delle proiezioni canoniche p 1 : X Y X e p 2 : X Y Y, sono connessi (vedi (11.12)). Viceversa, se X e Y sono connessi, allora si scelga y 0 Y: per ogni x X i sottospazi {x} Y X Y e X {y 0 } X Y sono omeomorfi rispettivamente a Y e X, e quindi entrambi connessi. Ma allora X Y = X {y 0 } ({x} Y), e quindi possiamo applicare (11.22) con B = X {y 0 } e Y x = {x} Y. (11.30) Proposizione. Se A X è connesso, allora la chiusura A di A in X è connesso. Dim. Per (11.14), basta mostrare che ogni funzione continua f : A {±1} è costante. Ma la restrizione di f ad A è costante e quindi f (A) è un solo punto: supponiamo che sia uguale a 1 (altrimenti sostituiamo f con f ). Per (3.10)-2 (pagina 14), f (A) f (A), e quindi x X f (A) f (A) = {1} = {1}, cioè f è costante anche sulla chiusura A. (11.31) Corollario. Ogni spazio topologico X è unione disgiunta delle sue componenti connesse. Ogni componente connessa è chiusa in X. Dim. Abbiamo visto sopra che X è unione disgiunta delle sue componenti connesse. Se C x è una componente connessa, allora C x non può essere più grande di C x, e quindi C x = C x.

89 11. SPAZI CONNESSI SPAZI CONNESSI PER ARCHI (Cfr.) * Un arco (oppure un cammino) in uno spazio X è una mappa (funzione continua) γ : [0, 1] X. Si dice che l arco parte da γ(0) e arriva a γ(1). (11.32) Definizione. Si dice che uno spazio X è connesso per archi se per ogni coppia di punti x 0, x 1 X esiste un arco γ tale che γ(0) = x 0 e γ(1) = x 1. (11.33) Se f : X Y è una funzione continua suriettiva e X è connesso per archi, allora Y è connesso per archi. Dim. Siano y 0, y 1 due punti di Y. La funzione è suriettiva, e dunque esistono x 0 e x 1 in X tali che f (x 0 ) = y 0 e f (x 1 ) = y 1. Dato che X è connesso, esiste un cammino γ : [0, 1] X tale che γ(0) = x 0 e γ(1) = x 1. Ma la composizione di funzioni continue è continua, e quindi il cammino ottenuto componendo γ con f : f γ : [0, 1] X Y è un cammino continuo che parte da y 0 e arriva a y 1. (11.34) Corollario. Se due spazi X e Y sono omeomorfi, allora X è connesso per archi se e solo se Y è connesso per archi. Dim. Si dimostra come nel caso della connessione e della compattezza (8.18). (11.35) Teorema. Uno spazio connesso per archi è connesso. Dim. Sia X uno spazio connesso per archi. Supponiamo che non sia connesso, e dunque che esista A X, A, A X sia aperto che chiuso. Dato che A, possiamo scegliere un punto x 0 A. Dato che A X, possiamo scegliere un punto x 1 A. Dato che X è connesso, esiste un cammino γ : [0, 1] X che parte da x 0 e arriva a x 1. La controimmagine γ 1 (A) è un sottoinsieme chiuso di [0, 1] (dato che γ è continua e A è chiuso) ed al tempo stesso un sottoinsieme aperto (dato che γ è continua e A aperto). Ma [0, 1] è connesso, quindi γ 1 A può solo essere oppure tutto [0, 1]. Ma x 0 A, e quindi γ 1 A, e x 1 A, e quindi γ 1 A [0, 1], e questo ci porta ad una contraddizione. (11.36) Teorema. Se X è un sottoinsieme aperto e connesso di R n, allora X è connesso per archi. Dim. Vedi esercizio (6.20) (11.37) Proposizione. I sottoinsiemi connessi di R sono connessi per archi. (11.38) Proposizione. Non è vero in generale che se X è connesso allora è connesso per archi. La dimostrazione (opzionale) è data dal seguente esempio. (11.39) Esempio (La pulce e il pettine). Sia A R 2 il seguente insieme (con la topologia euclidea di R 2 ): A = {( 1, y) : 0 y 1, n 1 intero} {(x, 0) : 0 < x 1}. n Applicando (11.22) si vede che A è connesso. È anche connesso per archi: per esempio c è un cammino che collega tutti i punti di A con (1, 0) A. * Cfr: Sernesi Vol II, Cap III, 12 [1].

90 82 #6. CONNESSIONE (0, 1 2 ) Figura 6.1: La pulce e il pettine dell esempio (11.39). Se P denota il punto di coordinate (0, 1 2 ), allora anche lo spazio X = {P} A è connesso: infatti P è di accumulazione per A in R 2, e quindi la chiusura di A in X coincide con X. Ma per (11.30) la chiusura di A in X è connesso, visto che lo è A, e quindi X è connesso perché coincide con la chiusura di A in X. Non è connesso per archi: sia γ : I X una funzione continua tale che γ(0) = P e γ(1) P. Le componenti di γ sono due funzioni continue (x(t), y(t)). Sia m = sup{t I : x(t) = 0} (l estremo superiore esiste dato che x(0) = 0). Per continuità, si ha x(m) = 0 e y(m) = 1 2 (cioè γ(m) = P). Visto che γ(1) P e P è il solo punto con ascissa nulla, si ha x(1) > 0 e quindi m < 1. Si prenda m tale che m < m 1. Se m m è abbastanza piccolo, si ha che y(t) è abbastanza vicino a 1 2 per ogni t [m, m ]: supponiamo quindi che m m è cosí piccolo (ma positivo) da far sí che per ogni t [m, m ] si abbia y(t) 1 4. Osserviamo che per costruzione comunque x(m ) > 0; l insieme B = {x(t) : m t m } è l immagine dell intervallo chiuso [m, m ] mediante la funzione continua x(t), e quindi è un intervallo (perché connesso) chiuso (perché compatto), cioè è della forma B = {x(t) : m t m } = [0, M], dove M è il massimo di x(t) in [m, m ] e risulta M > 0. Ma ogni punto di γ([m, m ]) ha ordinata maggiore di 1 4, e quindi deve avere ascissa uguale a un valore del tipo 1 n con n intero, e dunque B non può essere un intervallo del tipo [0, M]. È quindi assurdo supporre che γ(1) P, cioè tutti i cammini continui con γ(0) = P sono costanti in P: segue che X non è connesso per archi. (11.40) Esempio. Il sottoinsieme X R 2 definito da X = {(x, y) R 2 : x + y + xy 1} è un aperto di R 2, quindi è connesso per archi se e soltanto se è connesso. Non è connesso, dato che la sua immagine in R mediante la funzione continua f (x, y) = x + y + xy non è un intervallo (e quindi non è connesso) perché contiene i due punti f (2, 0) = 2 e f (0, 0) = 0, ma non 1 che è intermedio. Osserviamo che X è l unione disgiunta dei due aperti A 1 e A 2 non vuoti definiti da A 1 = {(x, y) R 2 : x + y + xy > 1} A 2 = {(x, y) R 2 : x + y + xy < 1}.

91 11. SPAZI CONNESSI Figura 6.2: Figura per l esempio (11.40). Verifichiamo che A 2 è connesso per archi (e quindi connesso): se (x 1, y 1 ) A 2, allora il cammino γ(t) definito per t [0, 1] da γ(t) = ( 1 + t(x 1 + 1), 1 + t(y 1 + 1)) parte da γ(0) = ( 1, 1) e arriva a γ(1) = (x 1, y 1 ). Per ogni t [0, 1] si ha ( 1 + t(x 1 + 1)) + ( 1 + t(y 1 + 1)) + ( 1 + t(x 1 + 1))( 1 + t(y 1 + 1)) = 1 + t 2 (x 1 + y 1 + x 1 y 1 + 1) < 1 + t 2 (1 + 1) = 2t = 1, e quindi γ(t) A 2. Invece A 1 non è connesso: si può scrivere come unione di aperti disgiunti non vuoti A + 1 e A 1 definiti da A + 1 = {(x, y) R2 : x + y + xy > 1 x + y > 0} A 1 = {(x, y) R2 : x + y + xy > 1 x + y < 0}. Sono ovviamente disgiunti, inoltre x + y + xy > 1 = x + y 0 (perché?), e quindi A 1 = A + 1 A 1. Verifichiamo che A + 1 e A 1 sono connessi per archi, e quindi connessi. Cambiamo coordinate in R2, e prendiamo le nuove coordinate a = x + 1, b = y + 1 (è un omeomorfismo R 2 R 2 ). Allora nella coordinate (a, b) si ha Definiamo γ(t) = (a 1 + b 1 tb 1, a 1 + b 1 ta 1 ). Si ha A + 1 {(a, b) R2 : ab > 2 a + b > 2}. γ(0) = (a 1 + b 1, a 1 + b 1 ) γ(1) = (a 1, b 1 ).

92 84 #6. CONNESSIONE Inoltre per ogni t [0, 1] si ha a 1 > 0, b 1 > 0 e quindi (a 1 + b 1 tb 1 )(a 1 + b 1 ta 1 ) a 1 b 1 > 2, a 1 + b 1 tb 1 + a 1 + b 1 ta 1 = (2 t)(a 1 + b 1 ) (a 1 + b 1 ) > 2, quindi γ(t) A + 1. Definiamo ora un altro cammino η(t) ponendo per t [0, 1] Si ha Dato che η(t) = (2 + t(a 1 + b 1 2), 2 + t(a 1 + b 1 2)). η(0) = (2, 2) η(1) = (a 1 + b 1, a 1 + b 1 ). (t, t) {(a, b) R 2 : ab > 2 a + b > 2} se e soltanto se t 2 > 2, per mostrare che η(t) A + 1 occorre mostrare che (2 + t(a 1 + b 1 2)) 2 > 2. Ma questo segue dal fatto che a 1 + b 1 > 2, quindi 2 + t(a 1 + b 2 2) > 2, e quindi il suo quadrato è maggiore di 2. Nelle coordinate a, b, quindi possiamo definire il cammino α(t) in A + 1 ponendo η(2t) se t [0, 1/2] α(t) = γ(2t 1) se t [1/2, t], che collega (2, 2) con qualsiasi punto (a 1, b 1 ) di A + 1. Per A 1 si procede allo stesso modo (esercizio). Concludiamo quindi dicendo che X ha tre componenti connesse: A 2, A + 1 e A 1 (c era una dimostrazione più veloce?).

93 11. SPAZI CONNESSI OPZIONALE: CONSTRUZIONE DI R (DEDEKIND) (-2.1) Consideriamo il sottoinsieme Q Q dei numeri razionali positivi o nulli: Q = {x Q : x 0}. Lo scopo di questo esercizio (e dei seguenti) è di rivisitare la costruzione delle sezioni di Dedekind in termini di connessione (così come la costruzione di Cantor dei numeri reali come completamento di Q è fatta in termine di convergenza di successioni di Cauchy). * Sappiamo che Q e Q non sono connessi (perché?): esistono quindi due aperti-e-chiusi non vuoti A 1,A 2 Q tali che A 1 A 2 = Q. Definiamo le sezioni di Q come segue: una sezione α Q è un intervallo aperto e limitato di Q contenente lo 0, cioè (i) 0 Q; (ii) p α = ϵ > 0, B ϵ (p) α (α è aperto). (iii) p α = [0, p) α (α è un intervallo che contiene lo 0); (iv) α è limitato (equivalentemente, α Q, dal momento che α è un intervallo che contiene 0). Dimostrare che le sezioni (definite come sopra) soddisfano le seguenti proprietà: (i) α non è vuoto e α Q; (ii) Se p α e q Q e q < p allora q α; (iii) Se p α allora p < r per qualche r α. (-2.2) Sia S l insieme di tutte le sezioni di Q. Consideriamo la funzione f : Q {0} S definita da f (q) = α = [0, q), per ogni q Q {0}. Dimostrare che è iniettiva (non è definita in 0). *(-2.3) Dimostrare che la relazione di inclusione α < β α β α β è una relazione di ordine totale su Q, cioè: (i) Se α e β sono sezioni in S, allora una sola delle relazioni seguenti è vera: α < β, β < α, β = α. (ii) (proprietà transitiva): se α, β e γ sono in S, e α < β β < γ, allora α < γ. *(-2.4) Dimostrare che l insieme delle sezioni S ha la proprietà dell estremo superiore: ogni insieme non vuoto e limitato in S ammette estremo superiore. (Suggerimento: se A S è un insieme limitato e non vuoto, allora si può definire l unione U = α A α le sezioni sono sì elementi di S, ma sono anche intervalli di numeri razionali, e quindi è possibile definire l unione poi si dimostra che l unione in effetti è una sezione, e quindi U S è un maggiorante di A, ed è poi possibile vedere che è il minimo dei maggioranti ) *(-2.5) Ora dobbiamo mostrare che la somma e il prodotto, definite in Q, si estendono a S. Definiamo la somma come α + β = {a + b : a α, b β} e il prodotto come αβ = {ab : a α, b β}. Dimostrare che la somma e il prodotto di sezioni sono ancora sezioni. Dimostrare che la funzione f dell esercizio (-2.2) conserva le operazioni di somma, prodotto e la relazione d ordine: f (p + q) = f (p) + f (q), f (pq) = f (pq), p < q = f (p) < f (q). * Questa non è la costruzione dei reali con le sezioni di Dedekind.

94 86 #6. CONNESSIONE *(-2.6) Dimostrare che se α, β S, e α < β, allora esiste un unico γ S tale che β = α + γ. (-2.7) Dimostrare che se α S, allora esiste un unico β tale che αβ = 1 (dove identifichiamo 1 = [0, 1) = f (1). *(-2.8) Ora siano S + e S due copie di S, e sia R = S {0} S +. Se α S, allora indicheremo con +α (o anche semplicemente con α) l elemento corrispondente in S +, e con α l elemento corrispondente di S. Definire operazioni di addizione, moltiplicazione e la relazione d ordine su R in modo che R risulti un campo ordinato. *(-2.9) Mostrare che la funzione f di (-2.2) si estende in modo naturale ad una inclusione di campi (Vale la pena di concludere osservando che R = R ). Q R.

95 Esercizi 87 {{}, {1}, {2}, {3}, {1, 2}, {1, 3}, {2, 3}, {1, 2, 3}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {1, 3}, {1, 2, 3}} {{}, {3}, {1, 3}, {2, 3}, {1, 2, 3}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {1, 2, 3}} {{}, {1}, {1, 2}, {1, 2, 3}} {{}, {1}, {2, 3}, {1, 2, 3}} {{}, {1}, {1, 2, 3}} {{}, {1, 3}, {1, 2, 3}} {{}, {1, 2, 3}} Figura 6.3: Topologie con tre punti ESERCIZI *(6.1) Dimostrare (direttamente) che gli intervalli semiaperti [a, b) sono connessi, così come gli intervalli (, a), (, a], (a, ) e [a, ) (vedi teorema (11.8) e (11.22)). (6.2) Dimostrare che R n {0} è connesso, per n 2. (6.3) Dimostrare che i punti di uno spazio topologico sono connessi. (6.4) Dimostrare che Q non è connesso. Quali sono le sue componenti connesse? (Nota: Q non ha la topologia discreta!) (6.5) Dimostrare che i sottoinsiemi connessi non vuoti di R sono tutti e soli i singoli punti e gli intervalli (dove diciamo che un sottoinsieme A R è un intervallo se contiene almeno due punti distinti e se x, y A, x < s < z = s A). (6.6) Sia X un insieme con almeno due elementi. Quali sono i sottoinsiemi connessi, se X ha la topologia discreta? E se ha la topologia banale? (6.7) Se X è connesso e Y ha meno aperti di X, allora è vero che anche Y è connesso? Utilizzare questo fatto per determinare nel grafo (cfr. figure 6.3 e 6.4 a pagg. 87 e 88) delle classi di omoeomorfismo di spazi topologici finiti su 3 e 4 punti quali sono quelli connessi. Tra tutti gli spazi topologici finiti (a meno di omeomorfismo) con 3 o 4 punti, quanti sono quelli connessi? (6.8) Determinare quali dei seguenti sottospazi di R 2 sono connessi: (i) {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 < 1}.

96 88 #6. CONNESSIONE {{}, {1}, {2}, {3}, {4}, {1, 2}, {1, 3}, {2, 3}, {1, 4}, {2, 4}, {3, 4}, {1, 2, 3}, {1, 2, 4}, {1, 3, 4}, {2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {3}, {1, 2}, {1, 3}, {2, 3}, {1, 4}, {1, 2, 3}, {1, 2, 4}, {1, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {4}, {1, 4}, {2, 4}, {3, 4}, {1, 2, 4}, {1, 3, 4}, {2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {3}, {1, 2}, {1, 3}, {2, 3}, {1, 2, 3}, {1, 2, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {1, 3}, {2, 4}, {1, 2, 3}, {1, 2, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {4}, {1, 4}, {2, 4}, {3, 4}, {1, 2, 4}, {1, 3, 4}, {2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {1, 3}, {1, 2, 3}, {1, 2, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {1, 3}, {1, 2, 3}, {1, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {3}, {1, 2}, {1, 3}, {2, 3}, {1, 2, 3}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {1, 2, 3}, {1, 2, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {4}, {1, 4}, {2, 4}, {1, 2, 4}, {1, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {1, 3}, {1, 2, 3}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {3, 4}, {1, 3, 4}, {2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {3}, {3, 4}, {1, 3, 4}, {2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {1, 2, 3}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {4}, {1, 4}, {2, 4}, {1, 2, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {2}, {1, 4}, {1, 2, 4}, {1, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {1, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {1, 3}, {2, 4}, {1, 2, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {3, 4}, {1, 3, 4}, {2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {1, 2}, {1, 2, 3}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2, 4}, {1, 2, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2}, {1, 2}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {4}, {1, 4}, {2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1, 4}, {1, 2, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {1, 2, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {1, 2}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {2, 3}, {1, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1, 3, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1, 4}, {1, 2, 3, 4}} {{}, {1, 2, 3, 4}} Figura 6.4: Topologie con quattro punti (ii) {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 = 1}. (iii) {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 1}. *(6.9) Supponiamo che f : X Z sia una funzione continua (dove Z, con la topologia indotta da R, ha la topologia discreta) e non costante. Dimostrare che X non è connesso. *(6.10) Dimostrare che R n {0} è connesso per n 2. Dedurne che la sfera di dimensione n S n e il piano proiettivo P 2 (R) sono connessi. (6.11) In uno spazio topologico X si consideri la seguente relazione: x y C X connesso tale che x C y. Mostrare che è una relazione di equivalenza. Mostrare poi che le classi di equivalenza sono le componenti connesse di X. Dedurre che le componenti connesse (definite in (11.19)) di uno spazio topologico sono ben definite e disgiunte (cfr. nota (11.24)). *(6.12) Sia X l unione dei sottospazi A e B di R 2 definiti da A = {(x, y) R 2 : x = 0 1 y 1} e B = {(x, y) R 2 : y = cos 1 x 0 < x 1}. Dimostrare che X è connesso. (Suggerimento: uno è nella chiusura dell altro)

97 Esercizi 89 1 y x *(6.13) Siano A = {(x, y) : 1 2 x 1, y = 0} e B = {(x, y) : y = x n, 0 x 1 per qualche n N}. Dimostrare che X = A B è connesso y x -0.2 (6.14) Sia S n = {x R n+1 : x 2 = 1}. Dimostrare che S n è connesso. (Suggerimento: R n {0} è connesso) *(6.15) Dimostrare che S 1 non è omeomorfo ad un intervallo. (Suggerimento: S 1 meno un punto ) *(6.16) Dimostrare che gli intervalli (0, 1) e [0, 1) non sono omeomorfi. Scrivere una corrispondenza biunivoca tra (0, 1) e [0, 1), però. (6.17) Dimostrare che uno spazio topologico X è connesso se e solo se ogni volta che si scrive come X = A B con A e B allora A B oppure B A. (6.18) Dimostrare che se S R non è un intervallo (cioè se esistono x, y, z con x < s < y, x, y S e s S ) allora S non è connesso.

98 90 #6. CONNESSIONE (6.19) Mostrare che se uno spazio topologico X è unione di aperti connessi disgiunti e non vuoti, allora questi sono le componenti connesse di X. Dimostrare poi che se X ha un numero finito di componenti connesse allora esse sono sia aperte che chiuse e disgiunte. Trovare un esempio di spazio con infinite componenti connesse tutte chiuse ma mai aperte. *(6.20) Dimostrare che se X R n è un sottoinsieme aperto e connesso di R n, allora è anche connesso per archi. (Suggerimento: osservare che i cammini si possono comporre nel seguente modo: se γ : [0, 1] X è un cammino che va da x 0 X a x 1 X, e γ : [0, 1] X un secondo cammino che va da x 1 a x 2, allora γ può essere riparametrizzato (utilizzando un omeomorfismo [0, 1] [1, 2]) come γ : [1, 2] X. Ma allora è possibile definire un nuovo cammino α : [0, 2] X incollando i due cammini e verificare che è ancora continuo. Ora non rimane che dimostrare la seguente cosa: se si sceglie x 0 X, lo spazio di tutti i punti raggiungibili con un cammino che parte da x 0 è un aperto ( incollando al cammino un pezzettino di cammino rettilineo ), ma è anche un chiuso (cioè lo spazio di tutti i punti non raggiungibili con un cammino che parte da x 0 è un aperto) ) (6.21) Sia X uno spazio topologico, e la seguente relazione in X: x y se e solo se esiste cammino γ : [0, 1] X che parte da x e arriva a y. Dimostrare che la relazione è di equivalenza. Cosa sono le classi di equivalenza? Ricordiamo che nel sistema posizionale con base b all allineamento (finito a sinistra) corrisponde il numero reale (a n... a 3 a 2 a 1 a 0.a 1 a 2...) b a n b n a 3 b 3 + a 2 b 2 + a 1 b 1 + a 0 + a 1 b 1 + a 2 b In generale si ha che 0 a n < b, ma ci sono sistemi in cui questo non è richiesto (vedi l esercizio (6.23)). *(6.22) Sia C [0, 1] R l insime di numeri reali compresi tra 0 e 1 che hanno uno sviluppo in base ternaria (con cifre 0, 1, 2) in cui non compare mai la cifra 1 (quando la rappresentazione non è unica, come per esempio quando l ultima cifra è 2 periodica (0. 2) 3 = (1.0) 3 oppure (0.1 2) 3 = (0.2) 3, basta che per una delle due rappresentazioni sia vero che non compare la cifra 1). L insieme C si chiama insieme di Cantor. Mostrare che (i) C è chiuso; (ii) C è compatto; (iii) se x C, allora x è di accumulazione per il complementare di C. (iv) se x C, allora x è di accumulazione per C ma non è interno a C. (v) se Y C è un sottospazio connesso e Y, allora Y ha un solo elemento (cioè l insieme di Cantor è totalmente sconnesso, come Q). (vi) (opzionale) Mostrare che C è omeomorfo allo spazio 2 N (con la topologia prodotto). **(6.23) Nella notazione posizionale ternaria bilanciata invece degli allineamenti in base 3 (con i simboli 0, 1, 2) si considerano gli allineamenti dei tre simboli 1, 0, 1 (che corrispondono agli interi 1,0,1) in base 3. Nel sistema ternario si ha che 0 a n < 3, ma nel sistema ternario bilanciato si pone 1 a n 1, e si indica 1 = 1 per semplicità (negli anni , per un certo periodo il sistema ternario bilanciato è stato preso seriamente in considerazione, insieme al sistema decimale e al sistema binario, per la costruzione di calcolatori elettronici per esempio dal gruppo di S.L. Sobolev a Mosca).

99 Esercizi 91 (i) Quanto valgono (0. 1) 3, (0.0 1) 3, (0. 1) 3 e (0.0 1) 3? (ii) È vero che ogni x R può essere scritto in notazione ternaria bilanciata? (iii) La rappresentazione è unica? L insime degli x che non hanno una rappresentazione unica è chiuso in R? (osservare che se x non ha una rappresentazione unica, allora nemmeno x/3 e x ± 1 hanno una rappresentazione unica e quindi h+1/2 3 k ) (iv) Sia X l insieme dei numeri reali in [ 1 2, 1 2 ] che ha almeno una rappresentazione ternaria bilanciata in cui non compare mai la cifra 1. Ha le stesse proprietà dell insieme di Cantor (dell esercizio precedente, cioè è compatto, totalmente sconnesso e ogni punto è di accumulazione sia per X che per il complementare di X)? *(6.24) Sia f : X R R una funzione continua definita su un intervallo (connesso) X R. (i) Mostrare che se f non è (strettamente) monotona (né crescente né decrescente), allora non è iniettiva. (ii) Dedurre che se f è continua e iniettiva, l immagine di un intervallo aperto è un intervallo aperto (e quindi che f è una mappa aperta). (iii) Dimostrare che se f : X R è continua e biunivoca, allora è un omeomorfismo. (iv) Mostrare che non esistono funzioni continue e iniettive f : S 1 R. (6.25) Utilizzare l esercizio (6.24) per mostrare che (utilizzando il fatto che le funzioni (x, y) x + y e (x, y) xy sono continue su R 2, e che x x 1 è continua R {0} R): (i) Per ogni n N, n 1, la funzione f : [0, ) [0, ) R definita da f (x) = x n è un omeomorfismo. (ii) Per ogni n N, n 1, per ogni x 0, x R, esiste un unico y R tale che x n = y (la radice n-esima di x, indicata con n x) e che la funzione x n x è continua. (iii) La funzione x x p/q := q x p, definita per x 0, x R e p, q Z, q 0, è una funzione continua di x. Nel prossimo esercizio, utilizzare il seguente fatto (provare a dimostrarlo): comunque si scelgano n numeri positivi x 1,..., x n si ha ( x1 + x x ) n n x 1 x 2... x n, n e l uguaglianza è verificata solo quando i numeri sono tutti uguali fra loro. Ovvero: la media geometrica di n numeri positivi è sempre minore o uguale alla loro media aritmetica, e le due medie sono uguali se e solo se i numeri sono tutti uguali tra loro. *(6.26) Per l esercizio (6.25), per ogni numero razionale x = p/q e ogni reale b > 0 abbiamo visto che esiste b x. Dimostrare i seguenti fatti. (i) Per ogni x, y razionali e ogni b > 0 reale si ha b x+y = b x b y e b 0 = 1. (ii) Per ogni numero razionale x = p q dell intervallo (0, 1) e per ogni numero reale b > 0 diverso da 1 vale la disuguaglianza b x < 1 + (b 1)x (utilizzare il confronto tra media geometrica e media aritmetica per n + m numeri, di cui n sono uguali a b e m uguali a 1.) (iii) Se b > 1, funzione x b x è una funzione Q R continua e strettamente monotona crescente. (iv) Se b > 1, la funzione x b x := sup{b y : y Q, y x}, definita R R, è ben definita, monotona e continua, ed estende la funzione x b x definita Q R.

100 92 #6. CONNESSIONE (v) Esiste una funzione continua x log b x, che associa ad x > 0, x R, l unico numero reale y tale che b y = x. (vi) La funzione f : R >0 R R definita da f (b, x) = b x è una funzione continua (rispetto alla topologia prodotto del dominio). (suggerimento: si consideri l omeomorfismo log 2 : (0, ) R)

101 Settimana N 7 GRUPPI DI TRASFORMAZIONI 12. GRUPPI DI MATRICI (Cfr.) * Ricordiamo gli assiomi di gruppo (astratto): un gruppo è un insieme G, munito di operazione binaria (di solito indicata con la moltiplicazione) G G G che sia associativa, in cui esista l elemento neutro 1 G, e per cui ogni g G abbia un inverso g 1 (cioè un elemento g 1 tale che gg 1 = g 1 g = 1). Nella realtà considereremo sempre sottogruppi del gruppo di funzioni biunivoche X X definite su un certo insieme X (permutazioni, se X è finito, oppure ). (12.1) Definizione. Un gruppo topologico è sia un gruppo sia uno spazio topologico di Hausdorff, con in più le seguenti proprietà di continuità: (i) Il prodotto G G G, definito da (g, h) gh è una funzione continua. (ii) L inversione G G definita da g g 1 è una funzione continua. (12.2) Esempio. I campi Q e R (visti come gruppi additivi) sono gruppi topologici rispetto alla somma. I gruppi moltiplicativi Q {0}, R {0} sono gruppi topologici rispetto al prodotto. Per (12.5) sotto, basta dimostralo per R. La funzione f : R 2 R definita da (x, y) x + y è continua: se (x 0, y 0 ) R 2, per ogni ϵ > 0 esiste δ = ϵ/2 tale che max{ s, t } < δ = s + t < ϵ f (x 0 + s, y 0 + t) f (x 0, y 0 ) < ϵ. Quindi f è continua nella topologia prodotto (che è equivalente a quella euclidea). Analogamente (facile) la funzione x x è continua. Per il prodotto, la funzione definita da f (x, y) = xy è continua: se (x 0, y 0 ) R 2, per ogni ϵ > 0 δ x > 0 : s < δ x = sy 0 < ϵ/3 Se si pone quindi * Cfr: Nacinovich, Cap I [2]. δ y > 0 : t < δ y = tx 0 < ϵ/3. δ = min{δ x, δ y, ϵ/3} 93

102 94 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI si ha max{ s, t } < δ = (x 0 + s)(y 0 + t) x 0 y 0 tx 0 + sy 0 + st < ϵ/3 + ϵ/3 + ϵ/3 = ϵ. Per quanto riguarda la funzione x x 1, sia x 0 0. Allora esiste δ 1 > 0 tale che t < δ 1 = x 0 + t > x 0 = x 0 + t 1 < 2. Se poniamo quindi 2 x 0 otteniamo un δ > 0 per cui t < δ = < 2 δ x 0 2 ϵ, e quindi x x 1 è una funzione continua. δ = min{δ 1, ϵ x } 1 x 0 + t 1 x 0 = t x 0 + t x 0 (12.3) Nota. Ogni gruppo, munito della topologia discreta, può essere visto come gruppo topologico. Per esempio, l anello degli interi Z (in cui si considera solo la struttura di somma) è un gruppo discreto infinito. (12.4) Esempio. Z/nZ è gruppo topologico (con la topologia discreta). (12.5) Sia G un gruppo topologico. Allora: Se H G è un sottogruppo di G allora (con la topologia indotta da G) è un gruppo topologico. Dim. Se H G è un sottogruppo, allora la moltiplicazione e l inversa sono mappe ottenute per restrizione: m: H H G G, i : H G H, e quindi sono continue. Questo dimostra (12.5) (insieme al fatto che un sottospazio di uno spazio di Hausdorff è di Hausdorff). (12.6) Siano dati N spazi topologici X 1, X 2, X 3,, X N. Consideriamo il prodotto X = X 1 X 2 X N e le proiezioni sulle componenti p 1 : X X 1, p 2 : X X 2,, p N : X X N. Allora una funzione f : Y X 1 X 2 X N è continua se e solo se lo sono tutte le composizioni p i f : Y X i. (Di solito si scrive, per semplificare, f i = p i f ) Dim. Basta applicare un numero finito di volte (6.3) di pagina 30. (12.7) Lo spazio euclideo R n è gruppo topologico rispetto alla somma (x 1,..., x n ) + (y 1,..., y n ) = (x 1 + y 1,..., x n + y n ). Dim. È una conseguenza del fatto che la somma è una funzione continua (come anche il prodotto), e del lemma (12.6). (12.8) Sia GL(n) = GL(n, R) il gruppo (chiamato gruppo lineare) di tutte le matrici invertibili n n a coefficienti reali (gruppo rispetto alla moltiplicazione di matrici), munito della topologia metrica indotta dalla inclusione GL(n) R n2. Allora GL(n) è un gruppo topologico. Lo stesso vale per il gruppo lineare complesso GL(n, C).

103 12. GRUPPI DI MATRICI 95 Dim. Osserviamo che lo spazio di tutte le matrici n n è isomorfo (come spazio vettoriale, per esempio) a R n2, per cui in questa lezione denoteremo con il simbolo R n2 lo spazio delle matrici n n. L inclusione GL(n) R n2 è indotta dall inclusione di GL(n) nello spazio di tutte le matrici n n. Dal momento che R n2 è metrico, GL(n) è di Hausdorff. Dobbiamo mostrare che la moltiplicazione di matrici e l inversione inducono funzioni continue m: GL(n) GL(n) GL(n) e i : GL(n) GL(n). Osserviamo che, dato che GL(n) ha la topologia indotta da R n2, le funzioni m e i sono continue se e solo se lo sono le corrispondenti funzioni m: GL(n) GL(n) R n2 e i : GL(n) R n2, e quindi, per (12.6) se tutte le composizioni con le proiezioni p i sono continue (cioè, se ogni componente è continua). Ma il prodotto di matrici (righe per colonne) si scrive come N ((a i, j ), (b i, j )) ( a i,k b k, j ), cioè è un polinomio nei coefficienti delle matrici (a i, j ) e (b i, j ). Dal momento che ogni polinomio è funzione continua, la moltiplicazione è continua. Analogamente, il determinante di una matrice è espressione polinomiale dei suoi coefficienti ed è sempre diverso da zero in GL(n), ed anche i cofattori (che compaiono nella definizione di matrice inversa) si esprimono come polinomi dei coefficienti, per cui la funzione di inversione i è continua. Per le matrici con coefficienti complessi vale esattamente lo stesso ragionamento. (12.9) Il gruppo lineare GL(n, R) non è compatto. Dim. Per il teorema (9.13) un sottoinsieme di R n2 è compatto se e solo se chiuso e limitato, e quindi GL(n, R) non è compatto perché non è limitato: contiene tutte le matrici diagonali λi n, con λ R. Non è nemmeno chiuso: infatti, nella dimostrazione di (12.8) abbiamo usato il fatto che la funzione determinante det : R n2 R è continua. Per definizione si ha GL(n, R) = {M : det(m) 0}, cioè GL(n, R) è la controimmagine del sottospazio aperto R {0} R, ed è quindi un aperto di R n2. Ma quest ultimo spazio è connesso, e quindi un aperto non vuoto con complementare non vuoto non può essere chiuso. k=1 Descriviamo ora due sottogruppi importanti di GL(n, R): Gruppo ortogonale: O(n) = {A GL(n, R) : A t A = AA t = I n }. Gruppo speciale ortogonale: SO(n) = {A O(n) : det(a) = 1}. (12.10) Sia O(n) il gruppo ortogonale, costituito da tutte le matrici ortogonali n n a coefficienti reali, e SO(n) il gruppo speciale ortogonale, costituito da tutte le matrici di O(n) con determinante +1. Allora O(n) e SO(n) sono gruppi topologici compatti. Dim. Ricordiamo che O(n) è formato da tutte le matrici A (invertibili) di GL(n) tali che AA t = A t A = I n (dove A t indica la trasposta di A e I n la matrice identica n n). Dato che O(n) GL(n) R n2, per (9.13) dobbiamo mostrare che è chiuso e limitato. La moltiplicazione di matrici è continua, e chiaramente l operazione di trasposizione induce un omeomorfismo R n2 R n2, per cui la funzione f : R n2 R n2 definita da A AA t

104 96 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI si può scrivere come composizione di funzioni continue. Gli insiemi costituiti da singoli punti di R n2 sono tutti chiusi, ed in particolare l insieme {I n } R n2 è chiuso. Dunque f 1 (I n ) è un sottospazio chiuso di R n2 ; ma f 1 (I n ) = {A R n2 : f (A) = I n } = {A R n2 : AA t = I n } = O(n) e dunque O(n) è chiuso. Ora, si indichino con a :,1, a :,2, a :,n i vettori colonna di A O(n). La condizione AA t = I n si può riscrivere come 1 se i = j a :,i a :, j = 0 se i j dove v w indica il prodotto scalare standard in R n, e dunque, considerando la prima equazione, si ha per ogni i a :,i a :,i = a 2 1,i + a2 2,i + + a2 n,i = 1, e quindi a i, j 1 per ogni i, j = 1,..., n. Ne segue che a 2 i, j = n n, i, j e dunque O(n) è limitato nella metrica euclidea di R n2. Non rimane che dimostrare che SO(n) è compatto. Ma, dato che si può scrivere come la controimmagine di 1 mediante la funzione (continua) determinante det : O(n) R, esso è un sottospazio chiuso di O(n). Allora segue da (8.15) che esso è compatto. (12.11) [ (Rotazioni ] e riflessioni) Mostriamo che SO(2) S 1. a c Se SO(2), allora valgono le uguaglianze b d (*) ad cb = 1 a 2 + b 2 = 1 c 2 + d 2 = 1 ac + bd = 0. (il determinante) Osserviamo che se (a, b) 0, allora l uguaglianza ac + bd = 0 vale se e solo se esiste λ R tale che d = λa e c = λb. Infatti, a( λb) + b(λa) = 0. Viceversa, può essere che b 0 oppure che b = 0. Nel primo caso, si ha ac/b + d = 0 e ponendo λ = c/b risulta λa + d = 0, λb = c. Se b = 0, allora deve necessariamente essere a 0 (per l ipotesi (a, b) (0, 0)), e si può porre λ = d/a per avere le uguaglianze c + bd/a = c + λb = 0, d = λa.

105 12. GRUPPI DI MATRICI 97 Dato che a 2 + b 2 = 1 = a, b, λ (**) (a, b) (0, 0), il sistema (*) è dunque equivalente al sistema nelle tre variabili a(λa) ( λb)b = 1 a 2 + b 2 = 1 ( λb) 2 + (λb) 2 = 1 λ = 1 a 2 + b 2 = 1. Quindi c = b e d = a, e la matrice deve avere la forma [ ] [ ] a c a b = b d b a λ(a 2 + b 2 ) = 1 a 2 + b 2 = 1 con a 2 + b 2 = 1. La proiezione sulle due componenti del primo vettore-colonna della matrice [ ] a c (a, b) R 2 b d è una funzione continua p: SO(2) R 2, e per quanto visto sopra è iniettiva, ed ha per immagine S 1 R 2, dato che la circonferenza S 1 R 2 è definita dall equazione a 2 + b 2 = 1. Visto che SO(2) è compatto e R 2 è Hausdorff, la funzione p è un omeomorfismo sull immagine S 1 R 2. La mappa f : S 1 R 2 R 4 definita ponendo [ ] a b (a, b) b a per ogni (a, b) S 1 è l inversa di p (ed è quindi a sua volta un omeomorfismo). Finiamo osservando che O(2) è suddiviso in due classi: le matrici con determinante 1 e quelle con determinante 1. Le prime, che indichiamo con SO(2) + = SO(2) e chiamiamo rotazioni, sono esattamente gli elementi di SO(2). Le seconde, che indichiamo con SO(2) e chiamiamo riflessioni, sono in corrispondenza biunivoca con gli elementi di SO(2): se h SO(2) è una riflessione fissata, allora per ogni r in SO(2) il prodotto hr è una riflessione (ha determinante uguale a det(r) det(h) = det(h) = 1); la mappa r hr è iniettiva (hr 1 = hr 2 = r 1 = r 2 ) e suriettiva (h SO(2) = h = h(hh ) = hr con r = hh SO(2)). Come sopra, si può vedere facilmente che è una funzione continua da un compatto ad un Hausdorff, e quindi anche SO(2) SO(2) S 1. L unione è disgiunta, e possiamo scrivere O(2) = SO(2) + SO(2) S 1 S 1. (12.12) Esempio. Gruppo delle rotazioni di R 3 che fissano l origine: SO(3). È compatto, connesso e connesso per archi. Ogni rotazione non banale fissa una e una sola retta. Dim. Mostriamo prima che esiste una retta fissata. Supponiamo per assurdo che questo non sia vero. Se A SO(3), allora il polinomio caratteristico p A (λ) ha grado 3, e quindi ha un autovalore reale λ 1 con relativo autovettore v 1. Dato che A O(3), si ha Av 1 = v 1 e dunque λ 1 v 1 = v 1 = λ 1 = 1, cioè λ 1 ±1. Dato che per ipotesi d assurdo A non ha autovalore 1, deve essere λ 1 = 1. Gli altri due autovalori λ 2 e λ 3 sono radici (evantualmente coincidenti) di p A (λ), e non possono essere entrambi uguali a λ 1 (altrimenti

106 98 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI det(a) = (λ 1 ) 3 = 1 1). Ci sono due casi: o sono due radici reali, oppure due radici complesse coniugate. Se sono reali, per lo stesso ragionamento di prima dovrebbero essere uguali a 1, e quindi det(a) = 1 1. Quindi sono complesse coniugate λ 3 = λ 2. Ma allora det A = λ 1 λ 2 λ 2 = λ < 1, il che è assurdo. Quindi almeno un autovalore deve essere uguale a 1. Il sottospazio vettoriale ortogonale alla retta fissata è un piano, che rimane invariante: è possibile far vedere che la restrizione di A a questo piano è una rotazione (esercizio), che quindi non fissa altre direzioni. Per vedere che è connesso e connesso per archi, basta trovare una funzione continua e suriettiva X SO(3) con X spazio topologico connesso. Questo sarà fatto nell esercizio (7.31), con X = S 3. Oppure, se R α x, R β y e R γ z denotano le rotazioni di angolo α, β e γ attorno ai tre assi di R 3, si può definire la funzione continua X = S 1 S 1 S 1 SO(3) definita ponendo (e iα, e iβ, e iγ ) R α x R β yr γ z. È continua perché composizione di funzioni continue, ed è suriettiva (si veda il Teorema (12.16) poco sotto). Oppure, per vedere che è connesso per archi, osserviamo che le rotazioni attorno all asse z si scrivono come cos θ sin θ 0 Rz θ = sin θ cos θ e la funzione θ R R θ z SO(3) è continua. Se A SO(3) è una rotazione qualsiasi e x S 2 tale che Ax = x, allora esiste certamente una rotazione Q tale che Qe 3 = x (perché?), e quindi la rotazione Q 1 AQ fissa e 3 (e 3 = (0, 0, 1)), e dunque Q 1 AQ = R θ z, da cui A = QR θ z Q 1. Ma allora la funzione γ : [0, 1] SO(3) definita ponendo γ(t) = QR tθ z Q 1 è continua ed è tale che γ(1) = QR θ z Q 1 = A, e γ(0) = QR 0 z Q 1 = I 3. Quindi SO(3) è connesso per archi. È vero che O(3) = SO(3) + SO(3) (quelle con det 1 e 1)? (12.13) Esempio. Gruppo di simmetrie di un triangolo equilatero: è isomorfo al gruppo di permutazioni sui tre vertici? (12.14) Esempio. Gruppo ciclico {z C : z n = 1}: è il gruppo di simmetrie di un poligono regolare? Perché si chiama ciclico? Perché l equazione z n = 1 si chiama ciclotomica? Per esempio, il gruppo di simmetrie di un quadrato? Un esagono? (12.15) Esempio. Gruppo generato dalle rotazioni di angolo π attorno ai (due) tre assi ortogonali di R 3. (12.16) Teorema. Siano R α x, R β y e R γ z le rotazioni attorno agli assi coordinati di R 3 di angolo α, β e γ rispettivamente. Allora per ogni rotazione R SO(3) esistono α, β e γ tali che R = R α x R β yr γ z, cioè R si scrive come prodotto di tre rotazioni attorno agli assi cartesiani.

107 12. GRUPPI DI MATRICI 99 Dim. Esercizio (7.29). (12.17) Nota. I tre parametri α, β e γ (non esattamente questi) sono anche chiamati gli angoli di Eulero della rotazione A. Una convenzione abbastanza comune è A = BCD, dove D è una rotazione di angolo ϕ attorno all asse z, C una rotazione di angolo θ attorno all asse x, e B una rotazione di angolo ψ attorno all asse z (bastano quindi rotazioni attorno a due assi ortogonali per generare SO(3)). (12.18) Nota. Una norma è una funzione R n R che verifica le seguenti proprietà: (i) x 0 = x > 0, x = 0 x = 0. (ii) cx = c x. (iii) x + y x + y. Una norma su R n induce una metrica (d(x, y) = x y ), la quale induce a sua volta una topologia. Diciamo che due norme sono equivalenti se inducono metriche equivalenti, cioè se le topologie ottenute dalla metriche coincidono (oppure se ). Accade che due norme qualsiasi (che indichiamo con A e B ) su R n sono sempre equivalenti tra di loro: (12.19) Tutte le norme su R n sono tra loro equivalenti. Dimostrazione (opzionale). È sufficiente mostrare che se A è una norma, allora A è equivalente alla norma euclidea. Infatti, la funzione N : R n R definita da N(x) = x A è continua (rispetto alla norma euclidea): se gli e i sono i vettori della base standard e x i le componenti di x, si ha per l omogeneità e la disuguaglianza triangolare n n n N(x) = N x i e i x i N(e i ) M x i, dove M è il massimo degli N(e i ). Ma x i 2 x 2 per ogni i, e quindi i=1 i=1 i=1 M n x i Mn x. i=1 Allora per ogni x e y in R n si ha che N(x) = N(y + (x y)) N(y) + N(x y) = N(x) N(y) N(x y). Analogamente N(y) N(x) N(x y), e quindi N(x) N(y) N(x y). Dunque N(x) N(y) N(x y) Mn x y, e quindi N è una funzione continua R n R. Consideriamo la sfera S = { x R n : x = 1 }, che è uno spazio chiuso (controimmagine di {1} chiuso in R) e limitato, e quindi compatto. Ma allora la funzione N assume un massimo m 2 e un minimo m 1 su S: per ogni x S si ha m 1 N(x) m 2.

108 100 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI Se x 1 S è il punto tale che m 1 = N(x 1 ), si ha m 1 0 dato che x 1 0, e quindi 0 < m 1 m 2. Ma allora se x R n, x 0, si ha x S, e quindi per ogni x 0 per l omogeneità di N x m 1 N ( ) x m 2 x = m 1 N(x) x m 2 = m 1 x N(x) m 2 x. Quindi le due norme sono equivalenti. Alcune norme (tutte tra loro equivalenti) sullo spazio delle matrici Mat n n (R) sono per esempio: (i) (norma di Frobenius) A 2 = i, j a 2 i j = Tr(t AA), dove Tr è la traccia della matrice; (ii) (norma MAX) A = max i, j a i j, dove a i j sono i coefficienti di A; (iii) (norma operatore) A = max{ Ax x norma su R n ). : x R n {0}} (quest ultima a sua volta dipende da una scelta di (12.20) Nota. Sia A una matrice n n tale che t AA = I. Se a 1, a 2,, a n sono i vettori colonna di A, abbiamo visto nella dimostrazione di (12.10) che t AA = I a i a j = δ i j per ogni i, j = 1,..., n, dove 1 se i = j δ i j = 0 se i j e il prodotto scalare è quello standard a i a j = t a i a j. A cosa corrisponde invece l equazione A t A = I? Si può dire che t AA = I = A( t A) = I? Osserviamo che se B è l inversa sinistra di una matrice quadrata A, allora essa ne è anche l inversa destra, cioè per matrici quadrate si ha BA = I AB = I. Ma allora se t A è l inversa sinistra di A, cioè se la trasposta soddisfa l equazione t AA = I, è anche l inversa destra di A, per cui t AA = I = A( t A) = I. 13. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI (Cfr.) * Le matrici, con la moltiplicazione matrice vettore, inducono trasformazioni lineari (cioè funzioni lineari) tra spazi vettoriali. Cioè, se L è una matrice n d con n righe e d colonne, allora la funzione lineare v Lv è una funzione L : R d R n. * Cfr: Sernesi, Vol I, Cap 1, 14 [1].

109 13. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI 101 Quando n = d, cioè quando la matrice è quadrata, e quando la matrice è invertibile, si tratta quindi di una trasformazione invertibile L : R n R n. Il prodotto di matrici corrisponde alla composizione di funzioni biunivoche. Si può cioè far corrispondere ad ogni elemento L del gruppo GL(n, R) una funzione biunivoca R n R n, in modo che il prodotto (nel gruppo) corrisponda alla composizione di funzioni. L identità del gruppo finisce nella funzione identità. Vogliamo fare questo in generale: associare ad ogni elemento g di un gruppo astratto G una trasformazione X X, cioè una funzione biunivoca su un insieme X, con le due proprietà: 1) l elemento neutro di G è associato alla funzione identità 1 X : X X; 2) l operazione di prodotto nel gruppo corrisponde alla composizione di funzioni. Osserviamo che se f : X X è una funzione e x X, allora è possibile definire la valutazione della funzione f in x, definita come f (x) = f x (era il prodotto matrice per vettore prima). In generale, possiamo associare ad ogni funzione f : X X e a ogni elemento x X la valutazione f (x), cioè c è una funzione ( f, x) f (x). Partiamo da qui per definire l azione di un gruppo su un insieme, cioè una corrispondenza tra gli elementi di G e le trasformazioni di X in sé. (13.1) Definizione. Sia G un gruppo e X un insieme. Si dice che G agisce (da sinistra) su X se esiste una funzione ϕ: G X X (la valutazione), denotata da (g, x) g x = gx, per cui (i) x X, 1 x = x (1 G è l elemento neutro). (ii) x X, g, h G, g (h x) = (gh) x. L insieme X si dice anche G-insieme. elemento del gruppo g G trasformazione g: X X elemento neutro 1 G identità 1 X : X X prodotto g 1 g 2 composizione g 1 g 2 : X X. Per esercizio verificare che con questa definizione ogni g G ha associata la funzione x gx, che è biunivoca con inversa x g 1 x. All elemento neutro 1 G corridponderà la funzione identità 1 X : x 1x = x. In questo modo il gruppo non è più astratto, ma è un gruppo di trasformazioni. (13.2) Esempio. (i) GL(n, R), GL(n, C). (ii) Gruppi di permutazioni. (iii) Gruppi di isometrie (simmetrie di oggetti). (iv) Ogni gruppo astratto agisce su sé stesso per moltiplicazione/addizione a sinistra. (v) Ogni sottogruppo H G agisce su G per moltiplicazione/addizione (a sinistra). (13.3) Definizione. Se G agisce su X, allora per ogni x X si definiscono: (i) lo stabilizzatore di x: G x = {g G : g x = x}. (ii) L orbita di x: G x = {gx : g G}.

110 102 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI (13.4) Sia G un gruppo e X un insieme su cui G agisce. Allora la relazione x y g G : gx = y è una relazione di equivalenza, che partiziona X in classi di equivalenza. Le classi di equivalenza sono le orbite di G in X. Dim. Per mostrare che la relazione è di equivalenza, bisogna mostrare che è riflessiva, simmetrica e transitiva. Dato che 1x = x, si ha che x x, per cui è riflessiva. Inoltre, se gx = y (cioè x y) allora g 1 (gx) = g 1 y, e quindi x = g 1 y, cioè y x. Quindi è simmetrica. Infine, è transitiva: se x y e y z, si ha che esistono g 1 e g 2 per cui g 1 x = y e g 2 y = z. Quindi (g 1 g 2 )x = g 2 (g 1 x) = g 2 y = z, cioè x z. Ora, è facile vedere che due punti stanno nella stessa classe di equivalenza se e solo se appertengono alla medesima orbita. (13.5) Definizione. L insieme di tutte le orbite (classi di equivalenza) di X secondo per l azione di un gruppo G su X si indica con X/G e si chiama spazio delle orbite. (13.6) Esempio. Il gruppo (additivo) Z degli interi agisce sulla retta reale R (vedi sotto). Lo spazio quoziente è omeomorfo alla circonferenza S 1. (13.7) Definizione. L azione di G su X si dice fedele se per ogni g G, g 1 G, la mappa indotta g: X X (da x g x) non è l identità 1 X : X X. (13.8) Definizione. L azione di G su X viene detta transitiva se per ogni x, y X esiste g G per cui g x = y. In questo caso si dice che X è uno spazio omogeneo. (13.9) Esempio. L azione di Z su R (traslazioni intere) è fedele ma non è transitiva. L azione di R su R è fedele e transitiva. (13.10) L azione è transitiva se e solo se esiste solo una G-orbita in X. Dim. Supponiamo l azione transitiva. Sia x X un punto fissato. Allora per ogni y esiste g G per cui g x = y, cioè ogni y in X sta nella stessa G-orbita di x, che quindi è unica. Viceversa, supponiamo che esista una sola orbita: allora esiste x X per cui {g x g G} = X, e quindi per ogni y X esiste g G tale che g x = y. Allora, se y 1, y 2 X, esistono g 1, g 2 G tali che g 1 x = y 1, g 2 x = y 2, e quindi y 2 = g 2 x = g 2 g1 1 g 1x = ( g 2 g1 1 cioè y 2 = gy 1 con g = g 2 g1 1, cioè l azione è transitiva. (13.11) Nota. Se G è un gruppo, G agisce su se stesso X = G semplicemente per moltiplicazione a sinistra. L azione è transitiva e fedele. Se H è un sottogruppo di G, anche H agisce su G per moltiplicazione da sinistra. Le orbite sono i laterali (sinistri) di H in G. La notazione G/H quindi è consistente: da un lato indica l insieme (algebrico) dei laterali sinistri di H in G, dall altro l insieme delle orbite dell azione di H su G. (13.12) Definizione. Se G è un gruppo topologico, allora si dice che G agisce su uno spazio topologico X se esiste una funzione ϕ: G X X che induca una azione di G su X (come nella definizione (13.1)) con l ulteriore proprietà che la funzione G X X è continua. Allora X si chiama G-spazio. (13.13) Esempio. È facile vedere che R 2 agisce su R 2 come gruppo (additivo) di traslazioni (x, y) (u, v) = (x + u, y + v). ) y1,

111 13. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI 103 (13.14) Esempio. I gruppi GL(n, R), O(n) e SO(n) agiscono su R n in modo canonico. Come visto sopra, si può vedere facilmente che l azione è continua, cioè che agiscono come gruppi topologici su R n. (13.15) Definizione. Se G è un gruppo topologico che agisce su uno spazio topologico X, lo spazio delle orbite X/G è uno spazio topologico con la topologia quoziente. (13.16) Esempio. In questo esempio, fondamentalmente, ripetiamo parola per parola il ragionamento dell esempio (8.22), tranne alcune piccole differenze (quali?). Sia G = Z (con la topologia discreta) e X = R. Allora G agisce su R mediante la somma (g, t) g + t per ogni g Z e ogni t R. Lo spazio delle orbite è uguale allo spazio R/ dell esempio (7.1). Mostriamo che è omeomorfo a S 1 = {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 = 1}. Sia f : R R 2 la funzione definita da f (t) = (cos(2πt), sin(2πt)). Si vede subito che induce una funzione f (t) : R S 1 R 2, e che è continua (le funzioni trigonometriche sono continue, poi si usa (12.6)). Dal momento che f (g + t) = (cos(2πt + 2gπ), sin(2πt + 2gπ)) = (cos(2πt), sin(2πt)) = f (t), la funzione f induce una funzione sullo spazio delle orbite f : R/Z S 1. La funzione indotta f è continua: infatti, se U S 1 è un aperto di S 1, la sua controimmagine f 1 (U) in R/Z è continua se e soltanto se (per definizione di topologia quoziente) il sottoinsieme p 1 ( f 1 (U) ) R è aperto in R, dove p indica la proiezione sul quoziente p: R R/Z. Ma p 1 ( f 1 (U) ) = {t R : f (p(t)) U} = {t R : f (t) U} = f 1 (U), che è aperto, visto che f è continua. Ora, la funzione indotta f : R/Z S 1 è iniettiva: se f (t 1 ) = f (t 2 ) si ha che cos(2πt 1 ) = cos(2πt 2 ) e sin(2πt 1 ) = sin(2πt 2 ), e quindi t 2 = 2kπ + t 1 per un certo k Z, cioè esiste g Z tale che g t 1 = t 2 : i due punti t 1 e t 2 appartengono alla stessa G-orbita. È facile vedere che f è suriettiva. Osserviamo che l inclusione [0, 1] R è una funzione continua, e quindi la composizione [0, 1] R R/Z è anch essa una funzione continua, e suriettiva. Quindi la sua immagine R/Z, per (8.17), è un compatto. Ora, f è una funzione continua e biunivoca da un compatto ad uno spazio di Hausdorff (S 1 ), e quindi un omeomorfismo per (8.19). (13.17) Esempio. Sia G = Z 2 R 2 il reticolo degli interi (h, k) R 2. Allora R 2 /G è omeomorfo a S 1 S 1. Sappiamo dall esempio precedente che R/Z S 1. Per prima cosa mostriamo che la funzione f : R 2 /Z 2 R/Z R/Z S 1 S 1 definita da (x, y) + Z 2 (x + Z, y + Z)

112 104 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI è ben posta. Se (x, y ) + Z 2 = (x, y) + Z 2 R 2 /Z 2, allora per definizione x x Z e y y Z, e quindi x + Z = x + Z e y + Z = y + Z. È iniettiva: se (x + Z, y + Z) = (x + Z, y + Z), allora x x Z e y y Z, e quindi (x, y ) + Z 2 = (x, y) + Z 2 R 2 /Z 2. Analogamente si può mostrare che è suriettiva. Dimostriamo che è continua: denotiamo con P : R 2 R 2 /Z 2 la proiezione sul quoziente e con p p la mappa p p: R R R/Z R/Z (che è continua). Se U R/Z R/Z è un aperto, allora (p p) 1 (U) è aperto in R R, e quindi è aperto in R 2 (che è identificato con R R tramite la mappa f : R 2 R R che induce f ). Ma il sottoinsieme di R 2 dato da f 1 (p p) 1 (U) coincide con P 1 ( f 1 (U)), che quindi è aperto. Ora, per definizione di topologia quoziente f 1 (U) è aperto se e solo se P 1 (U) è aperto in R 2, e quindi f 1 (U) è aperto. Di nuovo, una funzione biunivoca da uno spazio compatto ad uno spazio di Hausdorff è un omeomorfismo. Lo spazio S 1 S 1 è chiamato toro. (13.18) Esempio. Si consideri l azione di SO(2) sulla circonferenza unitaria S 1. Ogni elemento di SO(2) agisce ruotando la circonferenza su se stessa: ogni punto ha stabilizzatore banale e l azione è transitiva e fedele. Fissiamo e 0 = (1, 0) S 1. L orbita di e 0 è tutto S 1, e quindi c è una funzione continua f : SO(2) S 1 definita da f (g) = g e 0. L azione è transitiva, e quindi f è suriettiva. Inoltre lo stabilizzatore è banale, e quindi f è iniettiva. Dato che SO(2) è compatto e S 1 di Hausdorff, f è un omeomorfismo tra SO(2) e S 1. (13.19) Esempio. Consideriamo ora l azione di SO(3) su S 2 (la sfera di dimensione 2, centro nell origine e raggio 1, contenuta in R 3 ). L azione è ancora transitiva (perché?), fedele, ma ogni punto ha uno stabilizzatore non banale (cosa sono le rotazioni di R 3 che fissano un punto?). Si veda l esercizio (7.29). (13.20) Esempio. Il gruppo Z/2Z agisce su S 2 ponendo g x = x. (13.21) Esempio. Le isometrie di uno spazio metrico X costituiscono un gruppo topologico che agisce su X. Quali sono le isometrie di R? Le isometrie di C = R 2? Di R 3? (13.22) Esempio. Ogni numero complesso a + ib non nullo può essere interpretato come vettore di R 2 con coordinate (a, b) (piano di Argand Gauss), ma anche come elemento di GL(2, R), come segue. Definiamo l azione, per G = C {0} e X = C, (g, w) gw con g G = C {0} e w C = R 2. Per ogni g G, l applicazione indotta g: X X è R-lineare, e quindi c è una funzione f : G GL(2, R). Osserviamo che f (g 1 + g 2 ) = f (g 1 ) + f (g 2 ) e f (g 1 g 2 ) = f (g 1 ) f (g 2 ) e che se c R e g C si ha f (cg) = c f (g) (qui teniamo conto anche degli elementi non invertibili). La funzione f è anche iniettiva: f (g 1 ) = f (g 2 ) = g 1 = g 2. Se g 1 = 1 R C, allora [ ] 1 0 f (g 1 ) = f (1) =. 0 1 Se g 2 = i C, allora per ogni w = w 1 + iw 2 C si ha g 2 w = i(w 1 + iw 2 ) = iw 1 w 2 = w 2 + iw 1 = [ ] [ w1 w 2 ], cioè f (g 2 ) = f (i) = [ ]

113 13. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI 105 Dunque, per l additività se z = a + ib C, si ha f (z) = f (a + ib) = a f (1) + b f (i) = a [ ] [ ] b = [ a b b a [ ] a b In questo modo, le rotazioni (che si scrivono come con a b a 2 + b 2 = 1) corrispondono mediante la f ai numeri complessi di norma 1. Il prodotto di numeri complessi corrisponde al prodotto di matrici, la somma di numeri complessi, alla somma di matrici. Il coniugato del numero complesso z = a + ib è z = a ib, dunque [ ] a b f (z) = = [ f (z)] t, b a ]. cioè la trasposta di [ ] a b f (z) =. b a La norma di un numero complesso z = a + ib è data da z 2 = a 2 + b 2, che è anche zz = (a + ib)(a ib) = a 2 (ib) 2 = a 2 + b 2. Tra matrici, si ha [ ] [ ] [ ] f (z) f (z) = f (z) f (z) t a b a b = = (a 2 + b ). b a b a 0 1 Per ogni numero complesso z C, sia e z = n=0 Dato che z n = z n, è una serie in C convergente (le serie parziali delle norme convergono e quindi ). Osserviamo che e z e w z n w m = n! m! n=0 m=0 z n w m = n!m! k=0 n+m=k k k! z j w k j = k! j!(k j)! k=0 j=0 1 k ( ) k = k! z j w k j j = k=0 k=0 = e z+w j=0 z n n!. 1 (z + w)k k!

114 106 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI e che Quindi e z = (e z ) e 0 = 1. e iθ 2 = e iθ e iθ = e 0 = 1, cioè e iθ è un punto della circonferenza unitaria in C. In altre parole, la mappa R {a + ib C : a 2 + b 2 = 1} C, definita da θ e iθ è ben definita. Ricordiamo che * e iθ = cos θ + i sin θ, quindi dato che Cioè, con un abuso di notazione, e iθ = cos θ = R(e iθ ) = ( 1) k θ2k (2k)! k=0 sin θ = I(e iθ ) = ( 1) k θ 2k+1 (2k + 1)! = = = (iθ) n n=0 n! n=0, n pari (iθ) n + n! k=0 n=1, n dispari (iθ) n n! (i) 2k θ2k (2k)! + (i) 2k+1 θ 2k+1 (2k + 1)! k=0 ( 1) k θ2k (2k)! + i ( 1) k θ 2k+1 (2k + 1)! k=0 k=0 = cos θ + i sin θ. k=0 [ ] e iθ cos θ sin θ = cos θ + i sin θ =. sin θ cos θ Moltiplicare per e iθ un punto del piano complesso significa ruotarlo attorno all origine in senso antiorario di un angolo θ. (13.23) La funzione esponenziale z e z, C C è continua. * Questa potrebbe essere una definizione delle funzioni trigonometriche cos e sin.

115 13. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI 107 Dimostrazione (opzionale). Se z C, allora * dove se z < 1 il resto r(z) verifica e z z n 1 = n! 1 n=0 z n = n! = z + z2 2! + z3 3! +... n=1 z = z( n (n + 1)! ) n=0 = e z 1 = zr(z) z r(z) n = (n + 1)! n=0 z n = r(z) (n + 1)! z n = n=0 = e z 1 z 1 z. n=0 1 1 z. In conseguenza dell ultima disuguaglianza, la funzione C C definita da z e z è continua: se z 0 C e ϵ > 0, definiamo ϵ δ := e z > ϵ Segue che per ogni h C con h < δ si ha h 1 h < δ 1 δ e quindi e z0+h e z 0 = e z 0 e h e z 0 = e z 0 e h 1 e z 0 h 1 h < ez 0 δ 1 δ = ϵ e z 0 ϵ = e z 0 e z 0 + ϵ e ϵ = z 0 + ϵ 1 e z 0 = ϵ. + ϵ ϵ e z 0 + ϵ e z 0 + ϵ e quindi z e z è continua in z 0 C. Di conseguenza anche cos θ e sin θ sono funzioni continue di θ. (13.24) Nota (Opzionale). A questo punto dovremmo essere però finalmente in grado di dimostrare che le funzioni trigonometriche cos e sin, definite a partire da e it, sono periodiche di periodo 2π. Procediamo nel modo seguente. Sia X R definito da X = {t R : e it = 1}. * Si può usare la proprietà distributiva di C anche per somme infinite?

116 108 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI Si ha e 0 = 1 = 0 X, e t 1, t 2 X = t 1 + t 2 X, t 1 X, cioè X è un sottogruppo (additivo) di R, nonché un sottospazio chiuso di R (perché controimmagine del chiuso {1} C mediante la funzione continua z e z ). Ci sono altri elementi in X oltre a 0? Ora, osserviamo che cos 0 = 1, mentre, dato che la successione 4 k (2k)! converge a zero monotonamente (dimostrarlo per induzione!), risulta cos 2 = ( 1) k 4 k (2k)! k=0 = ! 43 6! +... < ! = 1 3 < 0. Per il teorema degli zeri esiste quindi almeno un t 0 (0, 2) tale che cos t 0 = 0. In modo analogo, cos 1 = k=0 ( 1) k 1 (2k)! = > = 1 2 > 0, e quindi esiste t 0 (1, 2) tale che cos t 0 = 0. Ora, se cos t 0 = 0, allora sin 2 t 0 = 1. Ma, sempre per la monotonia, si può mostrare che per t (0, 2) si ha sin t > t t3 6, e quindi sin t 0 > 0, dato che t(1 t2 6 ) è positiva per t (0, 2), cioè non può essere sin t 0 = 1, e dunque Abbiamo dimostrato che e it 0 = i, da cui segue che sin t 0 = 1. e 4t 0i = i 4 = 1. cioè che 4t 0 X, e che perciò X non è il sottogruppo banale di R. Sia quindi t 1 = inf{t > 0 : t X}. Questo numero esiste certamente, perché è l estremo inferiore di un insieme non vuoto (4t 0 verifica e 4it 0 = 1) e limitato dal basso. Può essere uguale a zero, t 1 = 0? Supponiamo che lo sia. Allora per ogni ϵ > 0 esiste t > 0, tale che t X e t < ϵ. Ma X è sottogruppo, e quindi per ogni k Z si ha kt X, cioè per ogni x R ci sono elementi di X ad una distanza al più ϵ. In altre parole, X = R. Ma dato che X è chiuso, si avrebbe X = X = R, cioè per ogni t R e it = 1.

117 13. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI 109 Ma questo è falso: basta prendere t 0 e usare le identità di sopra. Quindi t 1 non può essere uguale a 0: definiamo una costante π > 0 dalla relazione 2π = t 1. In altre parole, 2π è il più piccolo numero reale positivo per cui e it = 1, e ovviamente risulta per ogni k Z e 2kπi = (e 2πi ) k = 1 k = 1. Da cioè segue che le funzioni cos t e sin t sono periodiche di periodo almeno 2π (potrebbe essere un sottomultiplo di 2π, a priori): e i(t+2kπ) = e it e 2kπi = e it. Non solo, vale anche il viceversa: se t X, allora t = 2kπ. Infatti, se così non fosse esisterebbe t X, tale che 2kπ < t < 2(k + 1)π per un certo k Z, ma allora se si pone s = t 2kπ si ha s > 0, s < 2π e e is = e i(t skπ) = e it = 1, cioè non è vero che 2π è il minimo, e questo è assurdo. Deve quindi essere Ancora: osserviamo che i due insiemi X = {t R : e it = 1} = {2kπ : k Z}. A = {t R : t > 0, e it = 1}, B = {t R : t > 0, e it = i} sono legati da 4B A = inf A 4 inf B. Inoltre, (1, 2) t 0 B = B e inf B > 0 dato che e 0 i, e inf B < 2 per quanto visto sopra. Poniamo quindi b = inf B, che quindi deve verificare (13.25) 2π 4b. Per come abbiamo definito b poco sopra, però, è anche il più piccolo reale positivo tale che cos b = 0, da cui segue (senza assumerlo) che sin b = 1. Ora, per definizione se t (0, b) allora cos t > 0 (dato che cos 0 > 0 e la funzione non può cambiare di segno nell intervallo), e sin t > 0 dato che sin t > t t3 3!, da cui segue che se t (0, b] allora cos t 1. Ma cos(t + b) + i sin(t + b) = e i(t+b) = e it e ib = ie it = i cos t sin t, e dunque cos(t + b) = sin t = sin( t) sin(t + b) = cos t = cos( t).

118 110 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI Segue che cos(t + 2b) = sin(t + b) = cos t sin(t + 2b) = cos(t + b) = sin t cos(t + 3b) = cos(t + b) = sin(t) sin(t + 3b) = sin(t + b) = cos t. Quindi nell intervallo [0, 4b] può accadere che cos t = 1 e sin t = 0 solo se t = 0 oppure t = 4b: cos t è negativo in [b, 3b], sin t è non nullo in (0, b] e [3b, 4b). Ma allora non può essere 2π < 4b nella formula (13.25), perché per definizione cos 2π = 1 e sin 2π = 0: deve essere 2π = 4b, cioè b = π 2, e dunque e i π 2 = i. Prendiamo i quadrati di entrambi i membri e li sommiamo: otteniamo l identità di Eulero * e iπ + 1 = 0. * (Dalla pagina di wikipedia sull identità di Eulero) A reader poll conducted by Mathematical Intelligencer named the identity as the most beautiful theorem in mathematics. Another reader poll conducted by Physics World in 2004 named Euler s identity the greatest equation ever, together with Maxwell s equations. The book Dr. Euler s Fabulous Formula [2006], by Paul Nahin (Professor Emeritus at the University of New Hampshire), is devoted to Euler s identity; it is 400 pages long. The book states that the identity sets the gold standard for mathematical beauty. Constance Reid claimed that Euler s identity was the most famous formula in all mathematics. Gauss is reported to have commented that if this formula was not immediately apparent to a student on being told it, the student would never be a first-class mathematician. After proving the identity in a lecture, Benjamin Peirce, a noted nineteenth century mathematician and Harvard professor, said, It is absolutely paradoxical; we cannot understand it, and we don t know what it means, but we have proved it, and therefore we know it must be the truth. Stanford mathematics professor Keith Devlin says, Like a Shakespearean sonnet that captures the very essence of love, or a painting that brings out the beauty of the human form that is far more than just skin deep, Euler s equation reaches down into the very depths of existence.

119 Esercizi 111 ESERCIZI (7.1) Sia G un gruppo e H G un sottogruppo. L insieme G/H è definito come l insieme di tutti i laterali, cioè di tutti gli insiemi del tipo {gh : h H} per qualche g (fissato) in G. Equivalentemente, sia H la relazione in G definita da: x H y x 1 y H. Dimostrare che la relazione H è di equivalenza, e che le classi di equivalenza sono proprio i laterali di H in G. (7.2) Dimostrare che GL(n, R) non è limitato. (7.3) Si scriva la funzione GL(n) GL(n) R n2 definita da A AA t (dove A t indica la trasposta di A) come composizione di funzioni continue. (7.4) Sia G un gruppo topologico e H G un sottogruppo. Dimostrare che la chiusura H di H in G è anch esso un sottogruppo. (7.5) Dimostrare che Z è un sottogruppo topologico (rispetto alla somma) di R. (7.6) È vero che Q è un sottogruppo topologico (rispetto alla somma) di R? (7.7) Dimostrare che GL(n) e O(n) non sono connessi. (Suggerimento: utilizzare il teorema (11.12) con la mappa determinante) *(7.8) Dimostrare che se S R è un sottogruppo discreto (nel senso che ha la topologia discreta), allora è isomorfo a Z (cioè è un gruppo ciclico infinito). (7.9) Sia nz Z il sottogruppo (additivo) di tutti i multipli di un intero n N. L azione da sinistra g x = g + x fa agire G = nz su Z. L azione è fedele? È transitiva? Cosa è l insieme delle classi di equivalenza? (7.10) Mostrare che il quoziente R 2 /Z 2 è compatto. *(7.11) Trovare un gruppo G che agisca sulla striscia X = {(x, y) : y 2 1} R 2 tale che X/G sia omeomorfo al cilindro S 1 [0, 1]. *(7.12) Trovare un gruppo G che agisca sulla striscia X = {(x, y) : y 2 1} R 2 tale che X/G sia omeomorfo al nastro di Möbius. *(7.13) Si consideri S 2 con l azione antipodale di G = Z 2 (gruppo di due elementi) data da g x = x se g 1. Che cosa è S 2 /G? È compatto? È connesso? (7.14) Trovare un azione sul toro che abbia come spazio quoziente un cilindro. (7.15) Dimostrare che lo stabilizzatore di un punto x X rispetto ad un azione di un gruppo topologico G è un sottogruppo chiuso di G. (7.16) Si consideri il gruppo G generato da una rotazione nel piano di angolo θ, che agisce sulla circonferenza S 1 = {(x, y) : x 2 + y 2 = 1} R 2. Studiare, al variare di θ, la topologia dello spazio quoziente S 1 /G. (7.17) Siano r 1 e r 2 riflessioni lungo due rette passanti per l origine in R 2. Mostrare che la composizione r 1 r 2 è una rotazione. *(7.18) Sia G = Q e X = R, con azione data da g x = g + x per ogni g Q e x R. Dimostrare che è un azione di gruppo topologico. È transitiva? Lo spazio quoziente X/G è di Hausdorff?

120 112 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI (7.19) Si consideri l azione di GL(1) = R {0} su R data dalla moltiplicazione g x = gx. Quali sono le orbite? (7.20) Sia G = R (gruppo additivo) e X = R 2, con azione data da g (x, y) = (g + x, g + y) per ogni g G e ogni (x, y) X. Che cosa è lo spazio delle orbite? (7.21) Consideriamo la stessa azione dell esercizio precedente. Che cosa è lo spazio delle orbite per l azione di Z G = R su X? È compatto? È connesso? È Hausdorff? (7.22) Quanti elementi ha il gruppo di simmetrie G di un quadrato Q in R 2? Che cosa è (cioè, descriverlo esplicitamente) lo spazio quoziente Q/G. (7.23) Sia X uno spazio su cui un gruppo topologico X agisca in modo transitivo. Dimostrare che lo spazio è omogeneo, cioè per ogni coppia di punti c è un omeomorfismo f : X X che manda x in y (cioè un cambio di coordinate che manda x in y). Rispetto a quale gruppo R è omogeneo? E R n? (7.24) Trovare un gruppo topologico che agisca in modo transitivo su O(n). Più in generale, se G è un gruppo topologico e H G un sottogruppo, determinare un gruppo che agisce transitivamente sullo spazio quoziente G/H. *(7.25) Dimostrare che se G è un gruppo topologico che agisce su uno spazio X, allora la proiezione sullo spazio delle orbite X X/G è una mappa aperta. Se G è finito, è anche chiusa. (Suggerimento: se U X è un aperto, allora p(u) è aperto (chiuso) se e solo se GU = {g x : g G, u U} è aperto (chiuso) in X.) (7.26) Dimostrare che se G (gruppo topologico) agisce su X, allora per ogni g G la mappa x g x è un omeomorfismo. **(7.27) Sia G un gruppo topologico d N G un suo sottogruppo normale (dal punto di vista algebrico) e chiuso (dal punto di vista topologico) in G. Sia G/N il quoziente (quoziente dal punto di vista algebrico, insieme dei laterali), con la topologia quoziente. (i) Dimostrare che la proiezione p p: G G G/N G/N è una mappa quoziente. (ii) Dimostrare che la moltiplicazione G G G induce una moltiplicazione m: G/N G/N G/N, che è continua. (iii) Dimostrare che G/N è un gruppo topologico. (7.28) Sia l 2 un intero. Sia Z l C l insieme delle radici l-esime dell unità Z l = {z C : z l = 1}. Dimostrare che Z l è un gruppo topologico, che agisce su C per moltiplicazione a sinistra g z = gz (g Z l, z C). Al variare di l, determinare lo spazio quoziente C/Z l. (7.29) (La sfera di Rubik) Sia G = SO(3) che agisce su S 2 R 3 (sfera di raggio uno in R 3 e centro in 0 R 3 ). Dimostrare le seguenti affermazioni. (i) L azione di G su S 2 è transitiva. (ii) Per ogni x S 2 e ogni g G tale che gx = x, g ruota il piano ortogonale al vettore Ox in sé. (iii) Per ogni x S 2, lo stabilizzatore G x = SO(2).

121 Esercizi 113 (iv) Per ogni x, y S 2, il sottospazio G x,y = {g G : gx = y} G è non vuoto ed è omeomorfo a G x mediante la mappa g G x,y g 1 1 g G x, dove g 1 G x,y è un elemento fissato. (v) Lo spazio di tutti gli assi di rotazione degli elementi di G x,y, per x y, descrive un cerchio massimo in S 2. (vi) Se x, y S 2 e Ox Oy = 0 (sono ortogonali), allora per ogni P S 2 esiste una rotazione g G che fissa x (gx = x) e tale che OgP e Oy sono ortogonali (è vero anche se Ox e Oy non sono ortogonali?). (vii) Se x e y sono due punti di S 2 tali che Ox e Oy sono ortogonali, allora per ogni P S 2 esistono due rotazioni R x e R y attorno a x e y rispettivamente tali che R y R x P è ortogonale ad entrambi Ox e Oy. (viii) Se vettori e i sono i tre vettori della base standard di R 3 e e i = Re i le rispettive immagini mediante una rotazione R SO(3), allora esistono tre rotazioni R i attorno a e i tali che: R 3 R 2 R 1 e 3 = e 3 R 3 R 2 R 1 e 2 = e 2 R 3 R 2 R 1 e 1 = e 1. (ix) Dimostrare il teorema (12.16) (pagina 98): ogni rotazione in SO(3) si può scrivere come prodotto R = R α x R β yr γ z di tre rotazioni attorno agli assi coordinati di R 3. Ricordiamo che se A è una matrice n n a coefficienti complessi, allora la trasposta coniugata (aggiunta Hermitiana) di A si indica con A ed è la matrice con coefficienti ā ji, se a i j sono i coefficienti di A. Per ogni intero n 1 siano U(n) (gruppo delle matrici unitarie/gruppo unitario) e SU(n) (gruppo speciale uniterio) i gruppi di matrici definiti da U(n) = {A GL(n, C) : AA = A A = I n }, SU(n) = {A U(n) : det A = 1}. *(7.30) Siano U(n) e SU(n) il gruppo unitario e il gruppo speciale unitario. Dimostrare i seguenti fatti. (i) Per ogni intero n 1 i gruppi U(n) e SU(n) sono compatti. (ii) U(1) S 1 SO(2). [ ] z w (iii) Gli elementi di SU(2) sono tutte e sole le matrici del tipo A = con (z, w) C w z 2, z 2 + w 2 = 1. [ ] [ ] [ ] [ ] 1 0 i i (iv) Siano 1 =, i =, j =, k = i j = SU(2). Allora se z = a + ib, w = c + id i 1 0 i 0 si ha [ ] z w = a1 + bi + c j + d k. w z (Per a, b, c, d R, i numeri che si scrivono come a1 + bi + c j + d k, che corrispondono a coppie di numeri complessi (z, w), costituiscono l algebra H dei quaternioni di Hamilton. In un certo senso sono la complessificazione dei numeri complessi: così come i numeri complessi sono coppie di numeri reali con somma e prodotto, i quaternioni sono coppie di numeri complessi con somma e prodotto. In questo caso il prodotto non è commutativo, però. Gli elementi i, j e k di H sono un po come le unità immaginarie.)

122 114 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI (v) SU(2) S 3 (rivedere la dimostrazione SO(2) S 1 ). *(7.31) Continuando dall esercizio precedente, mostrare le seguenti proposizioni. (i) i j = k = ji, jk = i = k j, ki = j = ik, i 2 = j 2 = k 2 = 1. (ii) Se per ogni matrice del tipo X = a1 + bi + c j + d k si pone X = a1 bi c j d k, allora (XY) = (Ȳ)( X), e X X = a 2 + b 2 + c 2 + d 2 =: X 2 (quest ultima uguaglianza è una definizione). Segue che XY 2 = X 2 Y 2. (iii) Per ogni (a, b, c, d) (0, 0, 0, 0) R 4 la matrice inversa di X = a1 + bi + c j + d k è uguale a X/ X 2 = (a1 bi c j d k)/(a 2 + b 2 + c 2 + d 2 ). (iv) Si consideri la funzione M : R 3 Mat 2 2 (C) definita ponendo M(v) = M v = v 1 i + v 2 j + v 3 k. per ogni vettore v R 3 di componenti v i, e H Mat 2 2 (C) la sua immagine. Si mostri che H è il sottospazio di Mat 2 2 (C) di tutte le matrici Hermitiane a traccia nulla. (v) Per ogni A SU(2) la funzione L A : H H definita ponendo L A (X) = AXA 1 è ben definita e lineare in X rispetto alla somma di matrici (osservare che X H se e solo se la traccia della matrice X è nulla e la traccia ). (vi) Per ogni A SU(2) la funzione L A : H H, tramite la corrispondenza M, è una funzione lineare invertibile R 3 R 3, cioè induce un elemento ρ A GL(3, R). (vii) Per ogni A SU(2), l elemento ρ A del punto precedente è un elemento di O(3) (basta mostrare che ρ A conserva la norma). (viii) La funzione A det(ρ A ) è una funzione continua SU(2) S 3 { 1, 1} = S 0. Dedurre che per ogni A SU(2), si ha ρ A SO(3). (ix) La funzione continua A ρ A è anche un omomorfismo di gruppi π : SU(2) SO(3). (x) Il nucleo di π è uguale all insieme di tutti gli elementi A = a1 + bi + c j + d k SU(2) tali che e quindi ker π = { 1, 1}. Ai = ia, A j = ja, Ak = ka, (xi) Le immagini mediante π in SO(3) dei tre sottogruppi G i = {A SU(2) : Ai = ia} = {a + bi} G j = {A SU(2) : A j = ja} = {a + c j} G k = {A SU(2) : Ak = ka} = {a + d k} sono i gruppi di rotazioni di SO(3) che fissano uno degli assi cartesiani di R 3 (osservare per esempio che se A = 1 cos θ + i sin θ SU(2), allora ρ A è la rotazione attorno al primo asse di R 3 di angolo 2θ).

123 Esercizi 115 (xii) Se B SU(2) è a traccia nulla B = b 1 i + b 2 j + b 3 k, allora B 2 = 1; (xiii) Se B, C SU(2) sono come sopra a traccia nulla, allora BC + CB = 0 se e soltanto se i due vettori corrispondenti in H sono ortogonali (rispetto al prodotto scalare standard di R 3, con l identificazione mediante M). (xiv) Se B SU(2) è come sopra a traccia nulla, allora esistono esistono C, D SU(2) a traccia nulla tali che BC = D, CD = B, DB = C, C 2 = D 2 = 1, BC + BC = 0, BD + DB = 0, CD + DC = 0 (si scelgano due vettori unitari in H che costituiscano, insieme a B, una base ortonormale in H, coerentemente orientata). (xv) Se A = 1 cos θ + B sin θ, con B SU(2) del tipo B = bi + c j + d k, allora ρ A è una rotazione che fissa (b, c, d) R 3, di angolo 2θ (si consideri una base come nel punto precedente ). (xvi) L omomorfismo π : S 3 SU(2) SO(3) è suriettivo ed è una mappa quoziente, dunque e SO(3) è connesso. SU(2) / ker π = SU(2) /{±1} SO(3),

124 116 #7. GRUPPI DI TRASFORMAZIONI

125 Settimana N 8 SPAZI AFFINI 14. SPAZI AFFINI (Cfr.) * Sappiamo come è definita l azione di un gruppo G su un insieme e l azione di un gruppo topologico su uno spazio topologico. Ricordiamo anche che cosa è uno spazio vettoriale su un campo K (per esempio, K = R, K = C). (14.1) Definizione. Uno spazio vettoriale V è un gruppo abeliano (additivo) su cui il campo degli scalari K agisce ; l azione di un campo K su un gruppo abeliano è data in termini di una legge di composizione ( prodotto per uno scalare ) (k, v) K V kv V con le proprietà seguenti. (i) Per ogni k K la funzione indotta v V kv V è un omomorfismo del gruppo additivo V (cioè è additiva, manda lo zero nello zero, ) (ii) Per ogni k 1, k 2 K, v V: (iii) 1v = v. (a) (k 1 + k 2 )v = k 1 v + k 2 v, (b) (k 1 k 2 )v = k 1 (k 2 v) (14.2) Esempio. Sia R n il prodotto diretto di n copie di R. Ha per elementi le n-uple di numeri reali, ed è un gruppo additivo rispetto alla somma componente per componente. Il prodotto di uno scalare per una n-upla è il modello di prodotto di scalare per vettore più in generale. Infatti, in molti contesti non si distingue il concetto di vettore (riga o colonna) dal concetto di n-upla. * Cfr: Nacinovich, Cap V, 1 [2]. 117

126 118 #8. SPAZI AFFINI L idea di spazio affine è l applicazione della omogeneità degli spazi vettoriali (vedi definizione (13.8)) rispetto al gruppo delle traslazioni: a meno di traslazioni, gli intorni dei punti R n sono gli stessi. * Si può dire che uno spazio affine è uno spazio che localmente è come uno spazio vettoriale, e dati due punti c è ben definita una unica trasformazione (traslazione) che manda un punto nell altro (trasporto parallelo). Vedremo poi come da questa idea si deducono i concetti di parallelismo e incidenza. (14.3) Definizione. Uno spazio affine X su un campo K è un insieme X (insieme di punti) su cui agisce in modo fedele e transitivo uno spazio vettoriale X su K (considerato solo come gruppo additivo cioè come il gruppo delle traslazioni). Gli elementi di X si chiamano punti, gli elementi di X si dicono vettori affini o traslazioni, e il campo K viene detto campo dei coefficienti. (14.4) Sia X uno spazio affine e X lo spazio vettoriale (su campo K) associato. Allora esiste (unica) una funzione X X X, indicata da (A, B) AB (indicato anche come AB = B A), con le seguenti proprità: (i) A X, v X, unico B X : AB = v. (ii) A, B, C X, AB + BC = AC. Dim. L azione di X su X è per definizione transitiva: dunque per ogni scelta di A e B in X esiste v X tale che v + A = B. Ora, se v, w X sono due vettori di X tali che v + A = B e w + A = B, allora si ha v + A = w + A, cioè il vettore v w fissa il punto A ((v w) + A = A). Ma se v w fissa il punto A allora, dal momento che (essendo l azione transitiva) ogni punto P di X si può scrivere come P = z + A per qualche z X, per ogni P X si ha (v w) + P = (v w) + (z + A) = (v w + z) + A = (z + (v w)) + A = z + (v w + A) = z + A = P e dunque v w fissa ogni punto P di X. Ma l azione è fedele, e quindi deve essere v = w (cioè per ogni A, B in X esiste unico v X per cui B = v + A). Si può dunque indicare con AB = v. Ora mostriamo che A, B, C X, AB + BC = AC. Infatti, per definizione risulta AB + A = B BC + B = C * La parola affine fu usata per la prima volta da Eulero, ma la geometria affine fu riconosciuta come disciplina soltanto dopo l avvio del programma di Erlangen di Felix Klein ( ) cioè il famoso discorso tenuto nel 1872 da Klein nell Università di Erlangen, in cui Klein propone una unificazione delle geometrie note al tempo (euclidea piana e dello spazio, non-euclidea, proiettiva, affine, ) con una interpretazione in termini di gruppi di simmetria o meglio gruppi di trasformazioni: gli spazi tradizionali sono spazi omogenei rispetto ad una opportuna scelta del gruppo di trasformazioni (le similitudini e le rototraslazioni per la geometria euclidea, le trasformazioni lineari per la geometria affine, ) e le proprietà che si studiano sono quelle invarianti rispetto all azione di tale gruppo (angoli, lunghezze, ). Questo approccio ha avuto una significativa influenza sul modo in cui la geometria è stata insegnata e divulgata nei successivi ( 50) anni.

127 14. SPAZI AFFINI 119 e quindi che per definizione (e commutatività) si legge come C = BC + B = ( BC + AB) + A AC = AB + BC. (14.5) Supponiamo di avere un insieme non vuoto X e uno spazio vettoriale X, insieme con una funzione X X X, indicata da (A, B) AB che soddisfa i due assiomi: (i) A X, v X, unico B X : AB = v. (ii) A, B, C X, AB + BC = AC (assioma di Chasles * ) Allora X è spazio affine rispetto all azione (v, A) X X A + v, dove si definisce A + v l unico punto B X tale che AB = v (primo assioma). Dim. Vedi esercizio (8.1). (14.6) Esempio. X = X = R n. Allora lo spazio affine si indica con A n (R). Analogamente, per K = C, lo spazio affine n-dimensionale si indica con A n (C). (14.7) Definizione. Una retta nello spazio affine X è un sottoinsieme di X che si può scrivere come r = {x 0 + tv : t K} per un certo x 0 X e v X {0}. Si dice che la retta passa per un punto se il punto appartiene alla retta. Lo spazio vettoriale v X di dimensione uno generato da v è la giacitura della retta. (14.8) Definizione. Tre punti A, B, C di uno spazio affine X sono allineati se stanno su una stessa retta. (14.9) Tre punti distinti A, B, C di uno spazio affine X sono allineati se e soltanto se i vettori AB e AC sono linearmente dipendenti (equivalentemente, se BC e BA sono linearmente dipendenti, oppure se CA e CB sono linearmente dipendenti). Dim. Esercizio (8.2). (14.10) Due rette r = {A + tv : t K} e s = {B + tw : t K} coincidono se e solo se i vettori v e w sono linearmente dipendenti (cioè se le giaciture coincidono) e A s B r. * Michel Chasles, matematico francese ( ). In altre parole, una retta è l orbita del punto x 0 X mediante l azione di un sottogruppo 1-dimensionale ( = K) dello spazio di traslazioni X

128 120 #8. SPAZI AFFINI Dim. Supponiamo che r = s. Allora è ovvio che A s B r. Ora, dato che A s, esiste t A K tale che A = B + t A w; analogamente, esiste t B K tale che B = A + t B v. Segue che B A = t A w = t B v, cioè t A w + t B v = 0. Se t A 0 oppure t B 0, allora abbiamo dimostrato che v e w sono linearmente dipendenti. Altrimenti, t A = 0 = t B cioè A = B. Ma allora, dato che A + v r = s, esiste t K tale che A + v = A + t w, e quindi v t w = 0 (ancora, v e w sono linearmente dipendenti). Viceversa, supponiamo che A s e B r e che v e w siano linearmente dipendenti. Segue che A = B + t A w per un certo t A K e che esiste t K, t 0, tale che v = t w; quindi r = {A + tv : t K} = {B + t A w + tv : t K} = {B + t A w + tt w : t K} = {B + (t A + tt )w : t K} = {B + tw : t K} = s (14.11) Corollario. Per due punti distinti A B di uno spazio affine X passa una e una sola retta. Dim. Sia K il campo dei coefficienti. Dato che A B, il vettore AB = B A non è nullo, e quindi è ben definita la retta r = {A + t AB : t K} X. Dato che A r (per t = 0 K) e B r (per t = 1 K), la retta r passa per due punti. Se ce ne fosse un altra dovrebbero esistere t A, t B K tali che s = {x 0 + tv} X, A = x 0 + t A v, B = x 0 + t B v, e quindi AB = B A = (t B t A )v, cioè v e AB sarebbero linearmente dipendenti. Inoltre, sostituendo si otterrebbe x 0 = A t A v = A t A t B t A AB, dunque x 0 r. Dalla (14.10) segue quindi che r = s. Vedremo più avanti come generalizzare (14.11) a insiemi di più di due punti. Un altro importante teorema di geometria affine è il seguente.

129 14. SPAZI AFFINI 121 (14.12) Teorema. Consideriamo il piano affine. Se A A 2 (K) è un punto e r una retta che non passa per A, allora esiste unica la retta per A che non interseca r (che chiamiamo la parallela a r passante per A). Tale retta ha la stessa giacitura di r. * Dim. Per definizione esistono un punto x 0 e un vettore v 0 per cui r = {x 0 + tv : t K}, e non esiste t K per cui x 0 + tv = A (dato che r non passa per A). La retta r = {A + tv : t K} passa certamente per A. Supponiamo che r r. Allora esistono t 1, t 2 K tali che e quindi A + t 1 v = x 0 + t 2 v r r, A = x 0 + (t 2 t 1 )v = A r che è assurdo. Abbiamo mostrato che esiste una retta che non interseca r. Supponiamo di avere due rette s e s tali che s r = e s r = e passanti per A. Allora si possono scrivere con le equazioni s = {A + tw} e s = {A + tw }. Per la proposizione (14.10) le due rette coincidono se e solo se w e w sono linearmente dipendenti. Analogamente a quanto visto sopra, s r = se e solo se non esistono t 1 e t 2 K tali che A + t 1 w = x 0 + t 2 v, cioè se e solo se l equazione vettoriale (nelle incognite t 1 e t 2 ) t 1 w t 2 v = x 0 A non ha soluzioni, il che avviene se e solo se il vettore x 0 A non appartiene al sottospazio di K 2 generato da w e v. Ora, se v e w sono linearmente indipendenti allora tale sottospazio coincide con K 2, per cui la soluzione c è. Affinché la soluzione non esista è necessario che v e w siano dipendenti. Abbiamo quindi mostrato che w è necessariamente multiplo di v. Dato che lo stesso vale per w, risulta che w e w sono linearmente dipendenti e quindi s = s. (14.13) Nota. Osserviamo che valgono le seguenti proprietà: Se X è un piano affine, allora (i) Per ogni due punti distinti passa una unica retta ((14.11)). (ii) Per ogni retta r e punto A r, esiste una unica retta per A che non interseca r (detta parallela). (iii) Esistono almeno 4 punti che non contengono terne di punti allineate. (Osserviamo che le prime due proprietà (ma non la terza) valgono anche per una retta affine.) (14.14) Esempio. Sia F un campo finito di ordine p k (prossimo anno, algebra?). Primo p. Allora, A 2 (F) è un piano affine sul campo F. Per p = 2, k = 1, F 2, A 2 (F 2 ) quanti punti ha? Quante rette? Che legame ha con un tetraedro? Per p = 3, k = 1, con F 3 = Z 3 (si veda l esercizio (8.22))? In generale, se F è un campo finito di ordine n, allora A 2 (F) ha n 2 punti, una retta affine ha n punti, e per un punto passano n + 1 rette (perché? considerare il fascio di rette per un punto e le intersezioni delle rette del fascio con una retta che non passa per il centro del fascio). Per ognuna delle n 2 (n 2 1) coppie (ordinate) di punti distinti di A 2 (F) c è una sola retta, e in una retta ci sono n(n 1) coppie (ordinate) di punti distinti. Quindi in totale le rette sono n 2 (n 2 1) n(n 1) = n 2 + n. * Due rette sono quindi parallele se e solo se hanno la stessa giacitura?

130 122 #8. SPAZI AFFINI (14.15) Nota. Segue che esiste una relazione di equivalenza tra rette (relazione di parallelismo: r s r = s r s = ). In particolare, un piano affine ha una struttura di incidenza, nel senso che si ha un insieme P di punti, un insieme R di rette, e una relazione di appartenenza : P R {0, 1}. È possibile definire il rapporto (ratio) AC : AB di tre punti allineati in uno spazio affine A, B, C come quell unico ρ tale che AC = ρ AB. (14.16) Il rapporto di tre punti allineati in uno spazio affine su campo K esiste ed è unico in K. Dim. Esercizio (8.14). (14.17) Dati tre punti A, B, C di uno spazio affine, il rapporto ρ sopra definito si indica come e con un abuso di notazione si pone ρ = AC AC : AB = AB = AC AB, AC BA = CA AB = CA BA = AC AB (14.18) Teorema (Talete ( )). Siano l i, i = 1, 2, 3 tre rette parallele distinte di un piano affine X, e r 1, r 2 altre due rette non parallele a l i, con intersezioni P i, j = r i l j. Allora Viceversa, se B è un punto di r 1 tale che allora B = P 1,3. P 1,1 P 1,3 : P 1,1 P 1,2 = P 2,1 P 2,3 : P 2,1 P 2,2. P 1,1 B : P 1,1 P 1,2 = P 2,1 P 2,3 : P 2,1 P 2,2, Dim. Per semplicità chiamiamo A i = P 1,i e B i = P 2,i per i = 1, 2, 3, e a = A 1 A 3 : A 1 A 2, b = B 1 B 3 : B 1 B 2. Per prima cosa dobbiamo mostrare che a = b. I tre vettori B i A i, per i = 1, 2, 3, sono tutti multipli di un vettore non nullo v (dato che le tre rette l i sono parallele), cioè B i = A i + β i v per certi β i K, i = 1, 2, 3. Le rette r i d altra parte non sono parallele a v. Per definizione si ha A 3 = A 1 + a(a 2 A 1 ) B 3 = B 1 + b(b 2 B 1 ) = B 3 A 3 = (B 1 A 1 ) + b(b 2 B 1 ) a(a 2 A 1 ). = a(a 2 A 1 ) b(b 2 B 1 ) v. Ma B 2 B 1 = (A 2 + β 2 v) (A 1 + β 1 v) = A 2 A 1 + (β 2 β 1 )v

131 15. SOTTOSPAZI AFFINI 123 e quindi v a(a 2 A 1 ) b[a 2 A 1 + (β 2 β 1 )v] = a(a 2 A 1 ) b(a 2 A 1 ) v, cioè (a b)(a 2 A 1 ) v. Ma r 1 non è parallela a v, quindi deve necessariamente essere a b = 0, cioè la tesi. Viceversa: poniamo B 3 = B (senza supporre B 3 l 3 ), e siano a, b, v, con a = b, e β 1, β 2 come sopra. Non è difficile mostrare che B 3 l 3 B 3 A 3 v. Se ripercorriamo le uguaglianze al contrario possiamo dedurre che B 3 A 3 = (B 1 A 1 ) + b(b 2 B 1 ) b(a 2 A 1 ). = B 1 A 1 + b(b 2 A 2 ) b(b 1 A 1 ) = A 1 + β 1 v A 1 + b(β 2 β 1 )v v Per esercizio provare a completare i dettagli della dimostrazione (o a trovarne un altra): esercizio (8.15) a pagina SOTTOSPAZI AFFINI (Cfr.) * (15.1) Definizione. Sia X uno spazio affine e X lo spazio vettoriale su campo K associato. Se P X è un punto fissato di X e W X è un sottospazio vettoriale, allora il sottospazio S = {x X : x P W} di tutti i punti x per cui x P W si dice sottospazio affine passante per P e parallelo a W. Il sottospazio W si dice giacitura di S. La dimensione di S è per definizione la dimensione di W. (15.2) Nota. I sottospazi affini sono le orbite mediante l azione del sottospazio W, che agisce mediante traslazioni sullo spazio affine. Osserviamo anche che, seguendo la definizione (15.1), le rette sono proprio i sottospazi affini di dimensione 1. Inoltre non è difficile vedere che i punti sono i sottospazi affini di dimensione 0. I sottospazi di dimensione dim(x) 1 (codimensione 1 in X) si dicono iperpiani. I sottospazi di dimensione 2 si dicono piani. Se n = 3, piani e iperpiani coincidono. (15.3) Proposizione. Se S X è un sottospazio affine con giacitura W X, allora è uno spazio affine con spazio vettoriale associato S = W X Dim. Il gruppo additivo X agisce in modo fedele e transitivo su X per definizione, e dunque W X agisce in modo fedele e transitivo sulla sua orbita, che per definizione è S! * Cfr: Nacinovich, Cap I, 2 [2].

132 124 #8. SPAZI AFFINI (15.4) Proposizione. Siano P 1, P 2 X due punti di uno spazio affine X, W 1, W 2 X due sottospazi vettoriali e S 1 = P 1 + W 1, S 2 = P 2 + W 2 i due sottospazi affini passanti per P i con giacitura W i (i = 1, 2). Allora S 1 = S 2 se e solo se W 1 = W 2, P 2 S 1 e P 1 S 2. Cioè, un sottospazio affine è identificato da uno qualsiasi dei suoi punti e dalla giacitura. Dim. Supponiamo che S 1 = S 2. Allora è ovvio che P 1 S 2 e P 2 S 1. Vogliamo dimostrare che W 1 = W 2. Osserviamo che per definizione W 1 = S 1 P 1 e W 2 = S 2 P 2. Dato che P 1 S 1 = S 2, per definizione il vettore P 1 P 2 appartiene a W 2. Inoltre P 2 = P 1 + (P 2 P 1 ) da cui si trae che S 2 = P 2 + W 2 = P 1 + (P 2 P 1 ) + W 2 = P 1 + W 2 dato che w + W 2 = W 2 (come insiemi!) per ogni w W 2 (vedi esercizio (8.7)), ed in particolare per P 2 P 1. Ora, questo implica che S 1 = S 2 se e solo se P 1 + W 1 = P 1 + W 2 ma questo accade se e solo se W 1 = W 2. Viceversa, se P 1 S 2 e P 2 S 1 e W 1 = W 2, allora come sopra si può scrivere S 1 = P 1 + W 1 e S 2 = P 2 + W 2, e quindi S 1 = S 2. (15.5) Per due punti distinti di uno spazio affine passa una unica retta. Per tre punti non allineati di uno spazio affine passa un unico piano. Osserviamo che la proposizione (15.4) generalizza la proposizione (14.10): basta considerare i sottospazi 1-dimensionali generati da v e w. (15.6) Definizione. Consideriamo un insieme di d + 1 punti P 0, P 1, P d in uno spazio affine X. Il più piccolo sottospazio affine S X che contiene tutti i punti P 0,, P d si dice sottospazio affine generato dai d + 1 punti P 0,, P d. (15.7) Nota. Dobbiamo dimostrare che la definizione (15.6) è ben posta, dal momento che potrebbe non esistere un sottospazio con la proprietà cercata. Vediamo come. (15.8) Proposizione. Il sottospazio affine di X generato da d + 1 punti P 0,, P d X è il sottospazio passante per P 0 e con giacitura P 0 P 1, P 0 P 2,... P 0 P d X, e non dipende dall ordine con cui i punti P 0,, P d sono stati scelti. Dim. Sia S il sottospazio affine di X passante per P 0 e con giacitura W = P 0 P 1, P 0 P 2,... P 0 P d X. Si ha ovviamente P 0 S e, inoltre, per ogni i P i S dato che per ogni i = 1,... d si ha P i = P 0 + (P i P 0 ) P 0 + W = S (per definizione P i P 0 W). Quindi S contiene tutti i punti P 0,, P d.

133 15. SOTTOSPAZI AFFINI 125 Supponiamo che S sia un altro sottospazio affine contenente i punti P 0,, P d. In particolare, P 0 S, per cui esiste W X tale che S = P 0 + W. Dal momento che per ogni i = 1,, d P i S, e quindi P i P 0 W, W = P 0 P 1, P 0 P 2,... P 0 P d W. Cioè S è contenuto in ogni sottospazio affine contenente i d + 1 punti. Sia ora S il sottospazio affine costruito a partire da una permutazione dei d + 1 punti esattamente come S. Allora l argomento di sopra si applica sia a S che a S, per cui S S e S S, cioè S = S. (15.9) Nota. Consideriamo d + 1 punti P 0, P 1,, P d nello spazio affine X. A priori non ha senso scrivere la somma d λ i P i =? i=0 per dei coefficienti λ i K, dal momento che non abbiamo definito prodotto di uno scalare λ i per un punto P i (potremmo farlo solo moltiplicando vettori con scalari, non punti con scalari). Però, come nel caso di R n, si potrebbe prendere un punto qualsiasi O X (l origine) e definire tale somma come d λ i P i = O + i=0 d i=0 λ i OPi. Questa definizione però dipende dalla scelta fatta per O. È interessare notare, però, che nel caso d i=0 λ i = 1 la somma non dipende dalla scelta di O: se Q è un altro punto, d i=0 λ i ( OP i ) + O = d i=0 λ i ( QPi ) + Q d λ i (P i O (P i Q)) + O Q = 0 i=0 d λ i (Q O) + O Q = 0 i=0 0 = 0. Possiamo in questo modo definire anche il baricentro di d + 1 punti, interpretando λ i come masse (più propriamente, densità di massa). Se le masse sono uguali, il baricentro affine (geometrico) ha λ i = 1/(n + 1). (15.10) Definizione. In uno spazio affine di dimensione n, si dice che d + 1 punti sono indipendenti se la dimensione del sottospazio affine generato è d, altrimenti si dicono dipendenti. È chiaro che se sono indipendenti, allora d n. Due punti sono dipendenti se e solo se coincidono. Tre punti sono dipendenti se e solo se appartengono ad una stessa retta (e si dicono allineati. Analogamente, quattro punti sono indipendenti se non sono contenuti in un piano, per cui quattro punti sono dipendenti se e solo se appartengono ad uno stesso piano.

134 126 #8. SPAZI AFFINI (15.11) d + 1 punti x 0, x 1,..., x d sono dipendenti se e soltanto se esistono λ 1,, λ d non tutti nulli tali che di=0 λ i x0 x i = 0. Dim. Segue dalla definizione. (15.12) Nota. Due punti distinti nel piano sono sempre allineati. È vero che tre punti nello spazio sono allineati (dipendenti) se e soltanto se il determinante della matrice 3 3 delle loro coordinate è nullo? Quale direzione della doppia implicazione è vera e quale no? (15.13) Definizione. Sia X uno spazio affine su campo K di dimensione n 1. Un riferimento affine in X è (equivalentemente): (i) Una scelta di n + 1 punti di X indipendenti (dal punto di vista affine). (ii) Una scelta di un punto x 0 di X e di n vettori indipendenti di X (cioè, di una base per X, visto che dim( X ) = dim(x) = n). (15.14) (Equazioni parametriche) Sia S X un sottospazio affine. Allora se si sceglie un riferimento affine P 0, P 1,..., P d S si può scrivere S mediante le equazioni parametriche come o anche come S = {P 0 + d i=1 P = P 0 + t i P 0 P 1 : t i K}, d i=1 t i P 0 P 1 (15.15) Nota. Ritroviamo qui le equazioni parametriche di rette (P = P 0 + tv) e piani (P = P 0 + sv + tw). (15.16) Nota. Come abbiamo visto nella nota (15.9), dati d + 1 punti P 0,... P n in uno spazio affine X di dimensione n si possono considerare i punti P che si scrivono come P = d λ i P i, i=0 d λ i = 1 i=0 con λ i K. Questi sono tutti e soli i punti del sottospazio affine generato dai P i, e i coefficienti λ i K sono unici, nel senso che se P = d λ i P i, i=0 d λ i = 1, = i=0 d λ i P i, i=0 d λ i = 1 i=0 allora λ i = λ i per ogni i. I (d + 1) elementi λ i K si chiamano le coordinate baricentriche del punto P. Quando K = R, gli insiemi dei punti con coordinate baricentriche positive o nulle vengono chiamati Segmenti per d = 1 (con estremi P 0 e P 1 ); Triangoli per d = 2 (con vertici P 0, P 1 e P 2, e lati dati dai segmenti ottenuti ponendo λ i = 0, per i = 0, 1, 2).

135 15. SOTTOSPAZI AFFINI 127 In altre parole, il segmento che ha per estremi A, B A n (R) si scrive come AB = {λ 0 A + λ 1 B : λ 0 0, λ 1 0, λ 0 + λ 1 = 1} = {A + λ 1 AB : 0 λ1 1}. I punti del triangolo che ha per vertici A, B, C A n (R) sono gli elementi dell insieme λ 0 A + λ 1 B + λ 2 C : λ 0 0, ABC = λ 1 0, λ 2 0, λ 0 + λ 1 + λ 2 = 1 = {A + λ 1 AB + λ2 AC : λ1 0, λ 2 0, λ 1 + λ 2 1}. I lati del triangolo ABC sono λ 0 A + λ 1 B + λ 2 C : λ 0 0, λ 1 0, AB = λ 2 0, λ 0 + λ 1 + λ 2 = 1, λ 2 = 0 = {λ 0 A + λ 1 B : λ 0 0, λ 1 0, λ 0 + λ 1 = 1} λ 0 A + λ 1 B + λ 2 C : λ 0 0, λ 1 0, BC = λ 2 0, λ 0 + λ 1 + λ 2 = 1, λ 0 = 0 = {λ 1 B + λ 2 C : λ 1 0, λ 2 0, λ 1 + λ 2 = 1} λ 0 A + λ 1 B + λ 2 C : λ 0 0, λ 1 0, CA = λ 2 0, λ 0 + λ 1 + λ 2 = 1, λ 1 = 0 = {λ 0 A + λ 2 C : λ 0 0, λ 2 0, λ 0 + λ 2 = 1} OPZIONALE: PIANI AFFINI FINITI E QUADRATI LATINI, GRECO-LATINI E MAGICI Problema dei 36 ufficiali (L. Euler, 1782): C è una delegazione di 36 ufficiali, ognuno dei quali appartiene ad uno dei 6 reggimenti a, b, c, d, e, f. I 6 gradi sono α, β, γ, δ, ϵ, φ, cioè colonnello, tenente-colonnello, maggiore, capitano, tenente, sottotenente. Possono formare un quadrato 6 6 in modo tale che ogni grado e reggimento è rappresentato in ogni riga e in ogni colonna (equivalentemente, in ogni riga e in ogni colonna non compaiono mai due reggimenti uguali o due gradi uguali)? Un quadrato del genere si chiama anche quadrato greco-latino, perché i 36 elementi possono essere rappresentati da aα, aβ, f ϵ, f φ.

136 128 #8. SPAZI AFFINI Naturalmente lo stesso problema può essere posto per quadrati n n, ed Eulero riuscì a trovare soluzioni per ogni n tranne quelli per cui n 2 mod 4. Quindi congetturò che non possono esserci soluzioni se n 2 mod 4. La congettura fu dimostrata (con qualche errore) da Tarry (1901) per n = 6 (cioè Tarry mostrò che non esiste la soluzione al problema per n = 6), * ma confutata per il caso in generale da Parker nel 1959, con un celebre controesempio con n = 10 (indicato nella figura 8.1 a pagina 134); nel 1960 fu dimostrato che anche negli altri casi la congettura è falsa, cioè che anche per per ogni n > 6, n 2 mod 4 esistono quadrati greco-latini In pratica esistono per ogni n tranne n {2, 6}. Un quadrato magico n n è un quadrato in cui i primi n 2 numeri compaiono in modo tale che la somma delle cifre per colonne e per righe è costante. Osserviamo che se si ha un quadrato greco-latino n n, i cui elementi sono (i, j), con i, j = 0,..., n 1, allora sostituendo al posto di (i, j) il numero 1 + i + n j di ottiene un quadrato magico. Infatti con questa sostituzione la somma dei coefficienti di ogni riga (e quella di ogni colonna) è uguale a (perché?) n 1 n 1 (1 + i) + n j = n n(n 1) n2 (n 1) = n 2 (n2 + 1). i=0 j=0 Per costruire quadrati greco-latini, torniamo per un momento alla geometria affine. (15.17) Nota. Le proprietà della Nota (14.13) possono essere prese come assiomi per una struttura di geometria affine (finita). Più precisamente, una struttura di incidenza è una coppia (X, L), dove X è un insieme finito (di punti), e L un insieme finito di rette, con la relazione di incidenza x l, : X L {0, 1}. Se valgono anche gli assiomi (i) Per ogni due punti distinti di X passa una unica retta. (ii) Per ogni retta r e punto A r, esiste una unica retta per A che non interseca r (detta parallela). (iii) Esistono almeno 4 punti che non contengono terne di punti allineate. allora X è un piano affine. Due rette di X si dicono parallele se non si intersecano, oppure se sono uguali. Si tratta di una relazione di equivalenza: basta dimostrare che è transitiva (dato che è simmetrica e riflessiva). Siano a, b e c tre rette distinte (se due di tre rette coincidono allora evidentemente vale la proprietà transitiva per questo caso particolare), con a b = = b c. Se esistesse un punto P a c, allora P b, e dunque esiste una unica retta ˆb parallela a b passante per P. Ma sia a che c non intersecano b, e passano per P, dunque a = c, cioè non è vero che le tre rette non sono distinte. Quindi P non esiste, cioè a è parallela a c. A proposito degli assiomi, in realtà si può prendere l assioma (iii) Esistono tre punti non collineari. * G. Tarry, Le problème des 36 officiers, C. R. Assoc. Fran. Av. Sci. Vol. 1(1900), p , Vol. 2(1901), p E. T. Parker, Construction of some sets of mutually orthogonal Latin squares, Proc. Amer. Math. Soc., Vol. 10(1959), p Si veda anche R. C. Bose and S.S. Shrikhande, On the construction of sets of mutually orthogonal Latin squares and the falsity of a conjecture of Euler, Trans. Amer. Math. Soc., 95 (1960) R. C. Bose and S. S. Shrikhande, On the falsity of Euler s Conjecture about the non-existence of two orthogonal latin squares of order 4t+2, Proc. Nat. Acad. Sci. U. S. A. Vol. 45(1959), p R.C. Bose, S.S. Shrikhande, and E.T. Parker, Further results on the construction of mutually orthogonal Latin squares and the falsity of Euler s conjecture, Canad. J. Math., 12 (1960) In genere si richiede anche che la somma delle cifre sulle due diagonali sia uguale alla somma costante delle colonne e righe. Alcuni chiamano tali quadrati magici perfetti.

137 15. SOTTOSPAZI AFFINI 129 invece che il (iii). Occorre poi dimostrare che i due insiemi di assiomi sono equivalenti * (15.18) Nota. Consideriamo una struttura di incidenza (X, L) come sopra. Se X ha h elementi x 1, x 2, x h e L ha k elementi l 1, l 2,, l k, allora ogni relazione di incidenza X L {0, 1} può essere descritta come una matrice A di tipo h k in cui i coefficienti a i j sono 0 o 1: per i = 1... h, e j = 1... k si pone 1 se x i l j ; a i j = 0 se x i l j. Nell esercizio (8.25) vedremo come è possibile verificare gli assiomi di piano affine finito su una matrice di incidenza. È possibile teoricamente scrivere un algoritmo a forza-bruta che enumera tutte le possibili 2 hk matrici di incidenza di geometrie affini finite, scarta quelle che non soddisfano gli assiomi, e genera quindi una lista di tutte le geometrie finite (fino ad un certo numero di punti). Un approccio del genere è anche praticabile? Osserviamo che se F ha n elementi, allora A 2 (F) ha n 2 punti, e le rette in A 2 (F) sono costituite da n punti (sono parametrizzate da F, nell equazione parametrica P = A + tv). Quante sono le rette per un punto? Prendiamo un punto P e una retta r che non passa per P. Allora per ognuno degli n punti di r c è una (unica) retta che passa anche per P, e queste n rette sono tutte distinte (perché?). Dato che per P c è anche la parallela a r, in tutto ci sono n + 1 rette per P. Perché non ce ne sono altre? Se s è una retta per P non parallela a r, allora r s, e dato che se s ha più di un punto di intersezione con r allora s = r, l intersezione è costituita da un punto di r. Ma allora s è una delle n rette già contate sopra. Ora contiamo quanti punti e quante rette ci sono in un piano affine finito (non necessariamente un A 2 (F)), definito a partire dalla struttura di incidenza. (15.19) Nota. Supponiamo che una retta di un piano affine X (definito a partire però dagli assiomi della nota (14.13) ) abbia un numero finito di punti, n (deve essere n 2 perché ). Il piano si dice di ordine n. Dimostriamo che tutte le rette hanno n punti, che per ogni punto passano n + 1 rette, e che in totale ci sono n 2 punti e n 2 + n rette. Dim. Sia r la retta con n punti e sia P un punto non su r (che esiste per il (iii) della nota (14.13) a pagina 121). Sia x il numero di rette per P. Delle x rette, una sola è parallela a r (per (ii)); le x 1 rette hanno intersezione con r e passano per P. Let intersezioni delle rette con r sono necessariamente distinte, per cui x 1 n. D altro canto per ogni punto R di r esiste una unica retta passante per R e per P (e queste rette sono tutte distinte): quindi x 1 n, cioè per ogni punto non sulla retta r passano n + 1 rette distinte. Ora, siano P e Q due punti distinti. Per (iii), esiste sicuramente una retta l che non contenga né P né Q (altrimenti, tutte le rette contengono almeno P oppure Q: tutte le rette intersecano la retta per P e Q: non ci possono essere punti al di fuori di questa retta (per l assioma delle parallele): tutti i punti sono allineati). Il numero di rette per P (e il numero di rette per Q) è uno in più del numero di punti di l, e dunque il numero di rette per P è uguale al numero di rette per Q. * È chiaro che (iii) = (iii). Viceversa, se ci sono tre punti non allineati A, B, C, allora esistono le rette r parallela ad AB e passante per C e s parallela a BC e passante per A. Se le rette r e s non si intersecano (cioè, sono parallele), dato che la relazione di parallelismo è una relazione di equivalenza, allora BC (la retta per B e C) è parallela a AB, e BC e AB si intersecano in B certamente, le due rette coincidono, cioè ABC sono allineati (contro ipotesi). Quindi esiste D r s. I quattro punti A, B, C e D non contengono terne di punti allineate. Osserviamo che AB e CD sono parallele e AD e CB sono parallele. Se tre dei quattro punti fossero allineati allora le quattro rette AB, CD e AD e CB sarebbero tutte tra loro parallele, e quindi coincidenti. Ma ABC non sono allineati per ipotesi e questo è assurdo. Stimando molto per eccesso che un computer non può (e non potrà nei prossimi anni) eseguire più di operazioni al secondo.

138 130 #8. SPAZI AFFINI Ora, se l è una seconda retta (e la retta r ha n punti), allora scegliamo un punto P non su l e non su r (ancora, P deve esistere per (iii), altrimenti tutti i punti sono in l r, e non vale l assioma delle parallele ). Segue che r e l hanno lo stesso numero di punti, e per l arbitrarietà di l la tesi. Ora, se x è il numero totale di punti e y il numero totale di rette, abbiamo: (15.20) ny = (n + 1)x (contando i punti al variare delle rette, alla fine ogni punto è stato contato esattamente n + 1 volte). Ma possiamo contare anche le rette con le coppie di punti distinti: per ognuna delle x(x 1)/2 coppie di punti distinti c è una retta, ed ogni retta è contata n(n 1)/2 volte in questo modo. Dunque (15.21) x(x 1) = yn(n 1). Risolviamo le due equazioni (15.20) e (15.21) otteniamo subito x = n 2 e y = n 2 + n. Quindi le matrici (possibili) di incidenza per i piani di ordine n hanno h = n 2 righe e k = n 2 + n colonne, e quindi sono 2 n2 (n 2 +n). Il numero di secondi necessario (con un supercomputer ipotetico, capace di operazioni al secondo) è almeno 2 n3 (n+1) 10 15, cioè Torniamo ora ai quadrati greco-latini, che fondamentalmente sono unioni di due quadrati latini distinti (e con la proprietà che tutte le n 2 coppie compaiono), dove per quadrato latino si intende la parte a lettere latine. Più precisamente, un quadrato latino di ordine n è una matrice n n i cui coefficienti sono i numeri {1, 2,..., n} e in cui ogni riga e ogni colonna contiene ogni numero esattamente una volta. Anche in questo caso si ha un quadrato magico: le somme delle righe e delle colonne sono uguali a n(n + 1)/2, oppure, se si somma k Z ad ogni coefficiente della matrice, n(n + 1)/2 + nk. Non è difficile vedere che la tabella di moltiplicazione di un gruppo G di ordine n è di fatto un quadrato latino: (esercizio!). Due quadrati latini a i, j e b i, j sono ortogonali se le coppie ordinate (a i, j, b i, j ) sono tutte distinte al variare di i, j. Quindi, i quadrati greco-latini non sono altro che coppie di quadrati latini ortogonali. (15.22) Esempio. Un piano affine di ordine n genera n 1 quadrati latini n n nel modo seguente: fissiamo un punto O del piano e due rette x e y distinte e passanti per O. Ci sono n = n 1 altre rette per O distinte, n rette parallele a x e n rette parallele a y. Chiamiamo le rette parallele a x e x 1,..., x n y 1,..., y n le rette parallele a y. Sia z una delle n 1 rette per O diverse da x e y, e z = z 1,..., z n le rette parallele a z. Per ogni i, j le due rette x i e y j non sono parallele, e quindi si intersecano in un unico punto x i y j. Questo punto è contenuto in una sola retta parallela a z, cioè esiste k {1,..., n} tale che x i y j z k. Fissato z, quindi, sia A la matrice n n con coefficienti a i, j determinati da a i, j = k x i y j z k.

139 15. SOTTOSPAZI AFFINI 131 (15.23) La matrice a i, j è un quadrato latino. Dim. Gli elementi della prima riga sono a 1, j = k x 1 y j z k. Fissato k, cioè z k, se x 1 y j z k e x 1 y l z k con j l, allora in z k ci sono due punti distinti (perché appartengono alle due rette y j e y l parallele distinte) che appartengono anche a x 1, cioè x 1 = z k, e questo è assurdo perché x 1 è parallela a x, z k è parallela a z e x non è parallela a z. Lo stesso per le altre righe e per le colonne. Quindi al variare di z nell insieme delle n 1 rette per O non parallele a x o a y otteniamo n 1 quadrati latini (esercizio (8.23)). Non solo sono quadrati latini distinti: sono a due a due ortogonali! (15.24) Se z e w sono due rette distinte per O non parallele a x e a y, e a i, j e b i, j i quadrati latini generati come sopra, allora a i, j e b i, j sono ortogonali. Dim. Occorre mostrare che per ogni coppia (h, k), con h, k 1,..., n esiste una unica coppia di indici (i, j) tale che a i, j = h b i, j = k. Questo è equivalente a chiedere che per ogni retta z h parallela a z e per ogni retta w k parallela a w esiste unica la coppia di rette x i e y j tali che x i y j z h x i y j w k. Ma z h e w k non sono parallele e quindi si intersecano in un unico punto. Esiste una unica x i che passa per questo punto, ed esiste una unica y j che passa per questo punto (sono fasci di rette parallele!). Quindi x i y j z h w k come volevasi dimostrare. Quindi per ogni piano affine finito di ordine n 3 è possibile trovare quadrati greco-latini. Ma per quali n ci sono piani affini finiti? Certamente se n è l ordine di un campo finito (per esempio, se n è primo * ), altrimenti non è una domanda facile. Possiamo stabilire che non ci sono piani affini finiti di ordine 6 (altrimenti ci sarebbe una soluzione per il problema dei 36 ufficiali di Eulero). È un esercizio molto semplice quello di usare la costruzione indicata sopra per costruire quadrati latini e greco-latini (e quindi quadrati magici) rispetto al campo finito Z p, p primo. Basta prendere le due rette del sistema di riferimento standard di A 2 (K), con K = Z p con p primo, e considerare i fasci di rette di equazioni y = x + q e y = kx + q, con k, q K. Allora i due quadrati hanno coefficienti a xy = y x mod p, b xy = y kx mod p con x, y 0... p 1, e il quadrato magico corrispondente ha coefficienti Per esempio, per p = 5 e k = 2 si ottiene m xy = (y kx mod p) + p(y x mod p). * I campi finiti hanno ordine n = p k per p primo e k intero. La Prime Power Conjecture congettura che ci sia un piano affine di ordine n se e soltanto se n è la potenza di un primo.

140 132 #8. SPAZI AFFINI Mentre per p = 11 e k = 2 : Per avere quadrati magici perfetti (cioè tali che anche sulle due diagonali la somma sia la costante magica), occorre cambiare leggermente le formule: m xy = (y kx + q 1 mod p) + p(y x + q 2 mod p) con q 1 e q 2 costanti appropriate. Per p = 5 e k = 2 si ottiene il quadrato magico perfetto: Mentre per p = 11 e k = 2 :

141 15. SOTTOSPAZI AFFINI Un programma (in python) che potrebbe fare questi conti è il seguente: import os import sys N=11 def quad(n,k): M=[[0 for x in range(n)] for y in range(n)] for x in range(n): output="" for y in range(n): M[x][y] = ((y-k*x + (N-1)/2) % N ) +N* ( (y-x +(N-1)/2) % N ) output += (" %3i " % M[x][y] ) output +=(" %3i " % sum(m[x][:])) print output print "\n" + "-" * N*5 output="" for y in range(n): output += (" %3i " % sum(m[:][y]) ) print output print "diagonali:", sum([m[x][x] for x in range(n)]), sum([m[x][n-1-x] for x in range(n)]) print for k in range(2,n-1): print "*"*60 print "N=", N, "k=", k quad(n,k) Se n = p k con k > 1, la faccenda si complica, però... occorre un linguaggio di programmazione che sia in grado di fare i conti con gruppi finiti, e non solo con Z p.

142 134 #8. SPAZI AFFINI Figura 8.1: Raffigurazione del controesempio alla congettura di Eulero per n = 10. È alla base della struttura del romanzo La Vie mode d emploi (1978) di Georges Perec ( ), e di alcuni quadri/decorazioni. Un altro problema matematico, trattato da Eulero, alla base della struttura del romanzo è il problema del percorso del cavallo, per una scacchiera

143 Esercizi 135 ESERCIZI (8.1) Dimostrare la proposizione (14.5): supponiamo di avere un insieme non vuoto X e uno spazio vettoriale X, insieme con una funzione X X X, indicata da (A, B) AB che soddisfa i due assiomi: (i) A X, v X, unico B X : AB = v. (ii) A, B, C X, AB + BC = AC Allora X è spazio affine rispetto all azione (v, A) X X A + v, dove si definisce A + v l unico punto B X tale che AB = v. (8.2) Dimostrare il lemma (14.9) a pagina 119. (8.3) Dimostrare che due rette distinte di uno spazio affine si intersecano in al più un punto. Dedurre che per due punti distinti passa una unica retta. (8.4) Dimostrare che se A e r sono un punto e una retta di uno spazio affine X, con A r, allora esiste un unico piano di X che contiene sia A che r. *(8.5) Sia l una retta del piano affine A 2 (R). Dimostrare che l non può incontrare tutti i lati di un triangolo. * (8.6) Dimostrare che il segmento che unisce i punti medi di due lati di un triangolo è parallelo al terzo lato. (8.7) Dimostrare che, se V è uno spazio vettoriale e v V, V = v + V = {v + w, w V}. (8.8) Dimostrare che se S A n (K) è un sottospazio affine e v K n è un vettore non nullo, allora S è parallelo al suo traslato v + S (S (v + S)). Determinare per quali v K n si ha che S (v + S) =. x 0 1 (8.9) Si consideri la retta r in A 3 (R) di equazioni parametriche y = 1 + t 2. Scrivere l equazione della z parallela s a r passante per 1. 1 (8.10) Determinare il piano/i piani (le equazioni di) che contengono le due rette r e s dell esercizio (8.9). * Legato a questo problema c è l assioma di Pasch, che dice che nel piano euclideo se una retta non passa per nessuno dei vertici, e interseca un lato di un triangolo (internamente), allora interseca uno e un solo altro lato (internamente), e interseca l altro lato in un punto esterno (oppure è parallela all altro lato). Pasch ha mostrato (1882) che questa proprietà non segue dagli assiomi di Euclide (che peraltro considerava vera l affermazione, senza derivarla da assiomi, né esplicitamente aggiungendola come postulato). Questa proprietà è stata considerata un assioma (assioma di ordine nel piano) da Hilbert, nei suoi Fondamenti di Geometria: se A, B e C sono tre punti non allineati, e se r è una retta che non passa per nessuno dei tre punti che passa per il segmento AB, allora passa per un punto del segmento AC oppure per un punto del segmento BC.

144 136 #8. SPAZI AFFINI (8.11) Scrivere l equazione della retta per i due punti A, B A 4 (R) A = 2, B = (8.12) Scrivere l equazione della retta per i due punti A, B A 4 (C) 1 i 1 i A =, B =. i 1 i 1 (8.13) Dimostrare che due rette non parallele nel piano affine si intersecano esattamente in un punto. (8.14) Dimostrare che il rapporto AC : AB di tre punti ABC allineati in uno spazio affine A n (K) su campo K esiste ed è unico in K. Cosa succede se si permutano i tre punti? Se AC : AB = ρ, esprimere in funzione di ρ i rapporti BC : BA =... AB : AC =... CA : CB =... BA : BC =... CA : CB =... *(8.15) (Teorema di Talete) Siano l 1, l 2 e l 3 rette parallele e distinte del piano affine A 2 (R), e r 1, r 2 rette non parallele a l 1, l 2, l 3. Per l esercizio precedente (8.13), le intersezioni l i r j per i = 1, 2, 3 e j = 1, 2 sono sei singoli punti, che chiamiamo P i, j. Dimostrare che esiste ρ R tale che P 1,1 P 3,1 = ρ P 1,1 P 2,1 P 1,2 P 3,2 = ρ P 1,2 P 2,2. (8.16) Determinare quali delle seguenti terne di punti di A 3 (R) sono allineate: , 3, 1 ; 4, 6, 5 ; 0, 1, (8.17) Considerare le tre terne di punti dell esercizio precedente. Siano S 1, S 2 e S 3 i sottospazi affini di A 3 (R) generati da esse. Determinare quali tra S 1, S 2 e S 3 sono parallele, sghembe o incidenti. (8.18) Un piano e una retta in A 3 (R) possono essere sghembi? [ ] [ ] [ ] (8.19) Si considerino i tre punti,, di A (R). Se costituiscono un riferimento affine, scrivere esplicitamente il cambio di coordinate: un punto di coordinate (generiche) x, y si scriverà come

145 Esercizi (8.20) Determinare l equazione del piano di A (R) passante per i tre punti,, /3 (8.21) Determinare se i quattro punti di A /3 (R),,, costituiscono un riferimento affine per un opportuno sottospazio tridimensionale di A 4 (R). Se sì, scrivere le equazioni del piano dell esercizio precedente / (8.20) in queste coordinate. *(8.22) Rappresentare in un grafo la struttura di piano affine per A 2 (GF(3)), dove GF(3) = F 3 (9 punti e 12 rette). *(8.23) Dimostrare che le matrici generate da un piano affine come nell esempio (15.22) di pagina 130 sono quadrati latini. (8.24) Dimostrare che tre punti A = (a 1, a 2 ), B = (b 1, b 2 ) e C = (c 1, c 2 ) di A 2 (K) sono allineati se e solo se il determinante a 1 b 1 c 1 det a 2 b 2 c 2 = (8.25) Sia (X, L) la struttura di incidenza (cfr. nota (15.17) a pagina 128) di un piano affine finito di ordine n e A la sua matrice di incidenza associata (cfr. nota (15.18) a pagina 129). (i) Mostrare che A è una matrice n 2 (n 2 + n) (cfr. nota (15.19) a pagina 129). Dedurre una stima degli n per cui è teoricamente possibile enumerare le geometrie finite a partire dall elenco delle matrici A. (ii) Mostrare che se a e b sono le colonne j-esima e j-esima di A, allora il prodotto scalare standard a b (in R n2 ) è uguale a n se j = j; a b = 1 se l j e l j non sono parallele 0 se l j e l j sono parallele e distinte. (iii) Mostrare che se a e b sono le righe i-esima e ī-esima di A, allora il prodotto scalare standard a b (in R n2 +n ) è uguale a n + 1 se i = ī; a b = 1 se i ī. (iv) Dedurre che (A t indica la matrice trasposta di A, J q indica la matrice q q che ha tutti 1 per coefficienti, I q la matrice identica q q) se P n 2 +n indica la matrice che rappresenta la relazione di parallelismo in L = {l 1,..., l n 2 +n}, allora si ha A t A = ni n 2 +n + J n 2 +n P n 2 +n AA t = ni n 2 + J n 2. (v) Esplicitare l assioma delle parallele in funzione dei coefficienti di A.

146 138 #8. SPAZI AFFINI (8.26) Sia X l insieme di tutte le terne (x 0, x 1, x 2 ) Q 3 tali che x 0 + x 1 + x 2 = 1, e X Q 3 lo spazio vettoriale a coefficienti in Q costituito dai (v 0, v 1, v 2 ) Q 2 tali che v 0 + v 1 + v 2 = 0. (i) Mostrare che X è un piano affine con coefficienti in Q. (ii) Siano (1, 0, 0), (0, 1, 0) e (0, 0, 1) i tre punti del piano X. Dimostrare che non sono allineati. (iii) Mostrare che i punti medi dei lati del triangolo con vertici (1, 0, 0), (0, 1, 0) e (0, 0, 1) sono ( 1 2, 1 2, 0) ( 1 2, 0, 1 2 ) e (0, 1 2, 1 2 ). (iv) Dimostrare che il baricentro del triangolo è ( 1 3, 1 3, 1 3 ). (v) Dimostrare che l area del triangolo ABC, con A = (a 0, a 1, a 2 ), B = (b 0, b 1, b 2 ) e C = (c 0, c 1, c 2 ), è uguale (a meno di segno) a a 0 b 0 c 0 Area(ABC) = det a 1 b 1 c 1 Area( ). a 2 b 2 c 2 (come si definisce l area in un piano affine? Si veda poi in 19.1)

147 Settimana N 9 TRASFORMAZIONI AFFINI, INCIDENZA E PARALLELISMO 16. MAPPE AFFINI (Cfr.) * (16.1) Definizione. Siano X e Y due spazi affini sullo stesso campo K. Una funzione f : X Y si dice affine (anche, mappa affine o trasformatione affine) se per ogni x X la funzione indotta sugli spazi vettoriali sottostanti X Y definita da v X f (x + v) f (x) Y è lineare. (16.2) Esempio. Se X = Y = K = R, allora le mappe affini sono le mappe che si possono scrivere come x ax + b. (16.3) Esempio. Se f : X Y è una mappa costante, allora è affine. L identità è anche una mappa affine. (16.4) Esempio. Tutte le traslazioni x x + v sono mappe affini. (16.5) Una funzione f : X Y tra spazi affini su campo K è una mappa affine se esiste x 0 X per cui la funzione L x0 : v X f (x 0 + v) f (x 0 ) Y è lineare. In questo caso la funzione L x non dipende da x e si indica con f. Dim. Dobbiamo dimostrare che per ogni x X la funzione indotta v f (x + v) f (x) è lineare X Y. Sia dunque x X arbitrario. Supponiamo che esista x 0 come nell enunciato, e quindi sia L : X Y la funzione lineare (omomorfismo di spazi vettoriali) definita da Dal momento che per ogni v X * Cfr: Nacinovich, Cap V, 3 [2]. L(v) = v f (x 0 + v) f (x 0 ). f (x + v) f (x) = f ( x 0 + x0 x + v ) f ( x 0 + x0 x ), 139

148 140 #9. TRASFORMAZIONI AFFINI, INCIDENZA E PARALLELISMO si ha che è quindi lineare in v. f (x + v) f (x) = f ( x 0 + x0 x + v ) f (x 0 ) ( f ( x 0 + x0 x ) f (x 0 ) ) = L( x0 x + v) L( x0 x) = L( x0 x) + L(v) L( x0 x) = L(v) (16.6) Definizione. Una mappa affine f : X Y tra spazi affini su campo K si dice isomorfismo affine se è una mappa affine biunivica. Se X = Y, allora si dice automorfismo affine o anche affinità. (16.7) Se f : X Y è biunivoca, allora deve essere biunivoca anche l applicazione lineare associata f : X Y. Ma allora f è invertibile, e quindi anche l inversa f 1 : Y X è una mappa affine (esercizio!). Dato che l identità è una affinità, la composizione di affinità è una affinità, e l inversa di affinità è una affinità, allora l insieme di tutte le affinità costituisce un gruppo rispetto alla composizione. (16.8) Definizione. Il gruppo di tutte le affinità su uno spazio affine X (con campo K sottostante) si indica con GA(X). (16.9) Teorema. Sia X uno spazio affine su campo K di dimensione n. La scelta di un riferimento affine induce un isomorfismo di spazi affini X = A n (K). Quindi due spazi affini su campo K con la stessa dimensione sono sempre tra loro isomorfi. Dim. Se x 0, x 1, x n è un riferimento affine per X, allora si può definire la mappa f : A n (K) X definita da n (λ 1,..., λ n ) x 0 + λ ix0 x i X. Non è difficile verificare che f è una mappa affine. Dato che i punti x 0,, x n costituiscono un riferimento affine, la giacitura x0 x 1,..., x0 x n ha dimensione n, e quindi la funzione lineare indotta f (0 + v) f (0) è un isomorfismo di spazi vettoriali. Da cui segue che f è bijettiva. (16.10) Teorema. Ogni mappa affine f : A d (K) A n (K) (nel sistema di riferimento affine standard) si scrivere in modo unico come f (x) = Ax + b = A(x 0) + (b 0), dove A è una matrice n d e b un vettore di K n. Dim. Basta considerare il punto z = (0,..., 0) A d (K). Per definizione la mappa f (z + v) f (z) è lineare, e dunque esiste A: K d K n (rappresentata come matrice nella base standard) tale che f (z + v) f (z) = Av. Ponendo f (z) = b 0 si ha f (z + v) = Av + b, i=1 cioè f (x) = Ax + b in coordinate di K d.

149 16. MAPPE AFFINI 141 (16.11) Corollario. Sia X uno spazio affine di dimensione n e Y uno spazio affine di dimensione d. Se p 0, p 1,..., p n sono un riferimento affine per X, allora per ogni scelta di n + 1 punti q 0, q 1,..., q n in Y esiste una unica mappa affine f : X Y tale che f (p i ) = q i per ogni i = 0,..., n. Dim. Sia X = A n (K) l isomorfismo indotto dalla scelta del riferimento affine. Il riferimento corrispondente nello spazio affine A n (K) è 0, e 1,..., e n, dove gli e i sono i versori canonici di K n. Scelto un qualsiasi riferimento affine per Y, l applicazione affine cercata si può scrivere come f (x) = Ax + b, dove A è la matrice che ha per colonne le coordinate dei vettori q 1 q 0,, q n q 0, mentre il termine noto b è il vettore colonna delle coordinate di q 0. Infatti, se A i, j indicano le componenti di A e b i le componenti di b, si ha (nelle coordinate scelte) per ogni i = 1... n A 1,i + b 1 A 2,i + b 2 f (p i ) = Ae i + b =. A d,i + b d e f (p 0 ) = b. Questo determina i coefficienti A i, j in modo unico, come indicato sopra. (16.12) Teorema (Equazioni cartesiane). Sia S X = A n (K) un sottospazio affine di dimensione d. Allora esiste una mappa affine e suriettiva f : X A n d (K) per cui S = {x X : f (x) = 0}. Viceversa, per ogni mappa affine suriettiva f : X A n d (K) l insieme {x X : f (x) = 0} è un sottospazio affine di X di dimensione d. Dim. Sia W la giacitura di S e P un punto di S, in modo tale che S = P + W. È sempre possibile trovare un comple(ta)mento W di W in X, cioè un sottospazio vettoriale W di X tale che X = W W. Se dim(w) = d, allora dim(w ) = n d. Per ogni x X il vettore x P si scrive in modo unico come x P = w + w con w W e w W, ed è possibile definire la proiezione (lineare) L : X W tale che L(w + w ) = w. Il nucleo di L è ker L = W. Scelta una base per W, è dato un isomorfismo W = K n d. Si consideri quindi (mediante l identificazione naturale tra A n d (K) e K n d ) la funzione f : X A n d (K) definita da f (x) = 0 + L(x P) A n d (K) (dove 0 appartiene a K n d ). È facile vedere che è una mappa affine e che f (x) = 0 x P W x P + W x S,

150 142 #9. TRASFORMAZIONI AFFINI, INCIDENZA E PARALLELISMO e dunque S = {x X : f (x) = 0}. Viceversa, sia f : X A n d (K) una mappa affine e suriettiva. Sia S = {x X : f (x) = 0} e x 0 S. L applicazione L : X = K n K n d definita da Lv = f (x 0 + v) f (x 0 ) è lineare e suriettiva, ha quindi un nucleo W K n di dimensione n (n d) = d. Dal momento che x 0 S, per definizione f (x 0 ) = 0, e quindi un elemento x 0 + v appartiene a S se e solo se f (x 0 + v) = 0 Lv = 0 v W, e quindi S = x 0 + W, dove W ha dimensione d. (16.13) Esempio. In dimensione 2 e 3, si ritrovano le equazioni cartesiane delle rette in A 2 (R) (ax + by + c = 0 ), dei piani in A 3 (R) (ax + by + cz + d = 0) e delle rette in A 3 (R) (viste come zeri di una funzione A 3 (R) A 2 (R). ax + by + cz + d = 0 a x + b y + c z + d = 0 (16.14) Proposizione. Se f : X Y è una mappa affine, allora l immagine di una retta è una retta (o un punto). Più in generale, l immagine di un sottospazio affine di X è un sottospazio affine di Y e la controimmagine di un sottospazio affine di Y è un sottospazio affine di X. Dim. Sia S X un sottospazio affine con giacitura S e passante per p X: S = p + S. Allora, se f : X Y denota l omomorfismo indotto da f ( f (v) = f (x 0 + v) f (x 0 )), si ha f (S) = { f (p + s) : s S } = { f (p + s) f (p) + f (p) : s S } = { f (s) + f (p) : s S } = { f (p) + w : w f ( S ) Y }. Dal momento che f è lineare, l immagine f ( S ) Y è un sottospazio vettoriale, da cui segue la tesi. In modo analogo si dimostra la seconda parte (vedi esercizio (9.20)). (16.15) Proposizione. Sia f : X Y una mappa affine. Allora f manda terne di punti allineati in terne di punti allineati. Non solo: se A, B, C X hanno rapporto ρ = AC : AB, allora se A = f (A), B = f (B) e C = f (C) si ha A C : A B = ρ, cioè f conserva il rapporto tra terne di punti affini. Dim. Con una scelta di riferimenti affini, sia f : A n (K) A m (K) definita da f (x) = Fx + b, con F matrice e b vettore. Dato che C = A + ρ(b A), si ha C = F(A + ρ(b A)) + b = FA + b + ρ(fb FA) = (FA + b) + ρ(fb + b FA b) = A + ρ(b A ),

151 16. MAPPE AFFINI 143 cioè C A = ρ(b A ). La seguente proposizione dà la proposizione inversa dalla proposizione (16.15). (16.16) Proposizione. Se f : X Y è una bijezione tra due spazi affini su campo K (di caratteristica 2 * ) che conserva il rapporto di terne di punti allineati, cioè tale che per ogni A, B, C X allineati si ha che A, B, C sono allineati e A C : A B = AC : AB con f (A) = A, f (B) = B e f (C) = C, allora f è una mappa affine. Dim. La funzione f manda rette in rette (per definizione). Sia O X un punto qualsiasi, fissato, cui corrisponde la funzione f (v) = f (O + v) f (O) con v X. Dobbiamo dimostrare che f è una funzione lineare, cioè un omomomorfismo di spazi vettoriali X Y (cioè che è additiva e omogenea di grado 1). Siano α K uno scalare e v X un vettore arbitrari. Allora O, O + v e O + αv sono allineati, e il rapporto è (O + αv O) : (O + v O) = α, quindi deve essere cioè da cui segue che ( f (O + αv) f (O)) : ( f (O + v) f (O)) = α, f (O + αv) = f (O) + α( f (O + v) f (O), f (αv) = f (O + αv) f (O) = α( f (O + v) f (O)) = α f (v). Se v, w X sono due vettori qualsiasi, allora O + 2v, O + v + w e O + 2w sono tre punti allineati di X, con rapporto 2: ((O + 2w) (O + 2v)) : ((O + v + w) (O + 2v)) = 2 Lo stesso rapporto devono avere le loro immagini: O + 2w = (O + 2v) + 2((O + v + w) (O + 2v)). f (O + 2w) f (O + 2v) = 2 ( f (O + v + w) f (O + 2v)), f (O + 2w) f (O) ( f (O + 2v) f (O)) = 2 ( f (O + v + w) f (O) ( f (O + 2v) f (O))), f (2w) f (2v) = 2 f (v + w) 2 f (2v) 2 f (v + w) = f (2v) + f (2w) = 2 f (v) + 2 f (w) f (v + w) = f (v) + f (w), cioè f è lineare, e quindi f è una mappa affine. * Serve davvero questa ipotesi?

152 144 #9. TRASFORMAZIONI AFFINI, INCIDENZA E PARALLELISMO (16.17) Teorema (Teorema fondamentale della geometria affine). Sia d 2. Se f : A d (R) A d (R) è una bijezione che manda terne di punti allineati in terne di punti allineati, allora f è una affinità. Dim. Si veda l esercizio (9.26). (16.18) Nota. Cosa succede in A d (K) con K R? Le cose si complicano, perché la dimostrazione (per passi) data nell esercizio (9.26) non regge. L idea della dimostrazione per K = R è infatti di costruire una funzione φ: K K (che viene chiamata automorfismo del campo), e mostrare che è l identità. Potrebbe capitare che un campo abbia automorfismi non banali (come z z in C), per cui non solo la dimostrazione non regge, ma l enunciato del teorema è falso. Consideriamo infatti K = C, e f : A 2 (K) A 2 (K) definita ponendo f (x, y) = (x, y). Tre punti A = (a 1, a 2 ), B = (b 1, b 2 ), C = (c 1, c 2 ) sono allineati se e soltanto se [ ] b1 a det 1 c 2 a 1 = 0, b 2 a 2 c 2 a 2 e quindi f manda terne di punti allineati in terne di punti allineati. Ma non è un affinità: l applicazione L : C 2 C 2 definita da f (x 0 + v) f (x 0 ), cioè non è C-lineare: per esempio L(v 1, v 2 ) = (v 1, v 2 ) L(i, 0) = ( i, 0) (i, 0) = il(1, 0) = L(i, 0). 17. INCIDENZA E PARALLELISMO (Cfr.) * (17.1) Definizione. Due sottospazi affini S, T X di uno spazio affine X sono paralleli se S T (o T S?), e si indica con S T. I due sottospazi S e T si dicono incidenti se S T. (17.2) Proposizione. Se S X e T X sono due sottospazi affini paralleli e S T, allora S T oppure T S. Dim. Sia P S T. A meno di scambiare S con T, possiamo supporre dim(s) dim(t) e quindi V W se V e W sono le giaciture di S e T rispettivamente. Per ogni x S si ha x P V, e quindi x P W, da cui x T. Cioè S T. * Cfr: Nacinovich, Cap V, 6 [2]. Alcuni definiscono sottospazi paralleli i sottospazi per cui S = T, mentre se S T allora S e T sono paralleli in senso lato. Forse sarebbe meglio, seguendo la tradizione italiana, definire incidenti due rette che si incontrano in un solo punto, due piani dello spazio che si incontrano in una retta, una retta e un piano nello spazio che si incontrano in un punto, etc. etc. Nella tradizione anglosassone questi vengono chiamati concorrenti (invece che incidenti). C è il problema dell uniformità: due piani nello spazio A 3 (R) che si incontrano in una retta sarebbero incidenti, ma lo sarebbero se immersi in A 4 (R), per esempio aggiungendo una coordinata nulla?

153 17. INCIDENZA E PARALLELISMO 145 (17.3) Corollario. Se S X e T X sono due sottospazi affini paralleli, dim(s) = dim(t), e S T allora S = T. Dim. Nella notazione della dimostrazione precedente, risulta V = W, e quindi S = T. (17.4) Corollario. Se S X è un sottospazio affine e x X è un punto di X, allora esiste un unico sottospazio affine T X di dimensione dim(s) che contiene x e parallelo a S. Dim. Due sottospazi T e T con la stessa dimensione, contenenti x e paralleli a S, in particolare sono paralleli tra loro e con intersezione non vuota (x T T ), per cui si può usare il corollario (17.3). (17.5) Nota. Nel caso in cui X = A 2 (R), ritroviamo la proposizione (14.12) (quinto postulato di Euclide assioma delle parallele ). (17.6) Definizione. Due sottospazi affini S, T X si dicono sghembi se non hanno punti in comune e non sono paralleli. (17.7) Proposizione. Siano S, T X sottospazi affini di X. Se l intersezione S T non è vuota, allora è un sottospazio affine di X, la cui dimensione soddisfa la disuguaglianza dim(s) + dim(t) dim(x) + dim (S T) Vale l uguaglianza nella disequazione se e solo se dim( S + T ) = dim( X ). Dim. Sia x 0 S T. Allora risulta da cui si deduce che S = x 0 + S T = x 0 + T S T = x 0 + S T, e quindi S T è un sottospazio affine con giacitura S T = S T. Ora, la formula di Grassmann (dimensioni di sottospazi vettoriali di uno spazio di dimensione finita) dà (17.8) dim( S ) + dim( T ) = dim( S + T ) + dim( S T ), da cui si deduce dim(s) + dim(t) = dim( S + T ) + dim(s T) dim(x) + dim(s T), dato che dim( S + T ) dim( X ) = dim(x). È altresì chiaro che vale l uguaglianza quando vale l uguaglianza in quest ultima disequazione. (17.9) Nota. Osserviamo che dalla dimostrazione di (17.7) si può dedurre un metodo per calcolare la dimensione dell intersezione di due sottospazi affini (calcolando il rango della matrice del sistema di equazioni). (17.10) Proposizione. Siano S, T X sottospazi affini di X tali che S + T = X. Allora l intersezione S T non è vuota.

154 146 #9. TRASFORMAZIONI AFFINI, INCIDENZA E PARALLELISMO Dim. Siano x S e x T punti di S e T rispettivamente. Un punto x X appartiene all intersezione S T se e solo se esistono v S e w T tali che x = x S + v = x T + w, cioè l intersezione è non vuota se e solo se esistono v S e w T tali che x T x S = v w. Ma per ipotesi S + T = X, e dato che x T x S X esistono s S e t T per cui x T x S = s + t. Basta porre v = s S e w = t T per ottenere le soluzioni v e w cercate. (17.11) Definizione. Consideriamo un sottospazio affine S X, S X e un sottospazio W X tale che S W = X (complemento). Allora si può definire la proiezione di X su S parallela a W, indicata con p S,W : X S, come segue: se x X, allora per (15.4) esiste unico il sottospazio affine T = T x,w passante per x con giacitura W. L intersezione S T x,w è non vuota per (17.10), e dato che S + Tx,W = S +W = X per (17.7), la dimensione è dim(s T x,w ) = 0, cioè consiste di un solo punto. Si può dunque definire la proiezione su S parallela a W p S,W mediante la relazione x X, p S,W (x) S T x,w. (17.12) Definizione. In modo analogo definiamo la riflessione r S,W : X X, lungo S parallela a W X (con S W = X ), mediante la formula r S,W (x) = p S,W (x) + xp S,W (x) (17.13) Proposizione. Riflessioni e proiezioni sono mappe affini. Le riflessioni sono affinità con la proprietà che r 2 = r r = 1 X. Se S è il sottospazio su cui si proietta (risp., lungo la quale si riflette), allora S rimane fissata dalla proiezione (risp., dalla riflessione). Dim. Cominciamo a mostrare che le proiezioni sono mappe affini: sia f = p S,W, dove S è un sottospazio affine di X e W un sottospazio vettoriale di X complemento di S. È facile dedurre dalla definizione che se x S, allora f (x) = x. Vogliamo mostrare che per qualche x X la mappa L : X S definita da L(v) = f (x + v) f (x) è lineare in v. Per definizione {p S,W (x + v)} = S T x+v,w e {p S,W (x)} = S T x,w, dove T x,w e T x+v,w sono i sottospazi con giacitura W passanti per x e x + v rispettivamente. Nulla ci vieta di considerare x S, per cui si ha f (x) = x. Dal momento che per ipotesi X = S W, ogni v X si scrive in modo unico come v = s + w con s S e w W. Ora, se w W, allora per ogni y X i sottospazi con giacitura W passanti per y e per y + w coincidono y + W = y + w + W, e quindi T x+v,w = T x+s+w,w = T x+s,w, da cui f (x + v) = f (x + s). Ma dato che x S e s S, anche x + s S, per cui f (x + s) = x + s. Ma allora f (x + v) f (x) = f (x + s) f (x) = x + s x = s,

155 17. INCIDENZA E PARALLELISMO 147 cioè L(v) = s, ovvero L : X = S W S è la proiezione (vettoriale) sul primo fattore, ed è lineare. Passiamo a dimostrare che le riflessioni sono affini: se r = r S,W è una riflessione X X, allora si scrive mediante la formula vista poco sopra r(x) = p(x) + xp(x) = p(x) + (p(x) x) dove p è la corrispondente proiezione parallela. Scelto x X, la corrispondente funzione L(v) = r(x + v) r(x) è quindi uguale a L(v) = p(x + v) + (p(x + v) (x + v)) (p(x) + (p(x) x)) = p(x + v) p(x) + (p(x + v) p(x) (x + v) + x) = 2(p(x + v) p(x)) v, che è lineare in v dato che p(x + v) p(x) lo è (e quindi è somma di funzioni lineari in v). (17.14) Nota. Se K = R oppure K = C (con la topologia metrica), allora ogni spazio vettoriale V = K n ha la topologia data dal prodotto. Quindi, se X è uno spazio affine con spazio vettoriale associato X = K n, è possibile, fissato x 0 X, definire una topologia su X tramite la biiezione X X definita da v x 0 + v. Si può mostrare che la topologia non dipende dalla scelta di x 0 e che tutte le traslazioni sono omeomorfismi. Quando non indicato altrimenti, uno spazio affine si intende munito della topologia di K n. In questo modo si può facilmente vedere che tutte le mappe affini sono continue, e che le affinità sono omeomorfismi. Tutti i sottospazi affini risultano chiusi (dato che sono controimmagini di 0 mediante mappe affini, cioè funzioni continue). (17.15) Esempio. In A 3 (K) con coordinate x, y, z, sia (α, β, 1) un vettore direzione. La proiezione parallela a (α, β, 1) sul piano z = 0 associa a (x, y, z) l intersezione tra la retta x α y + t β z 1 : t K e il piano z = 0, cioè p: x [ ] [ x + αz 1 0 α y = y + βz 0 1 β] x y. z z (17.16) Esempio. Proiettiamo A 4 (K) con coordinate x, y, z, w sul piano di equazioni w = 0, lungo la direzione (a, b, c, 1). Facciamo seguire poi la proiezione di A 3 (K) con coordinate x, y, z (w = 0) sul piano di equazione z = 0 parallelamente a (α, β, 1). Per la prima, si ha x a y b + t z c w 1 : t K {w = 0}

156 148 #9. TRASFORMAZIONI AFFINI, INCIDENZA E PARALLELISMO cioè x x + aw a y y + bw z = b z + cw c w La composizione è quindi descritta dal prodotto di matrici [ 1 0 α 0 1 β] a [ ] 1 0 α a + αc b = 0 1 β b + βc c Consideriamo invece la proiezione di A 4 (K) sul suo piano di equazioni z = w = 0, parallelo alla giacitura generata dai due vettori (a, b, c, 1), (α, β, 1, 0). La proiezione del punto (x, y, z, w) è la soluzione in X, Y, Z, W del sistema X = x + sa + tα Y = y + sb + tβ Z = z + sc t W = w s cioè che è X = x + sa + tα Y = y + sb + tβ s = w t = z + sc W = 0 Z = 0 X = x + wa + (z + wc)α Y = y + wb + (z + wc)β s = w t = z + wc X = x + αz + (a + αc)w Y = y + βz + (b + βc)w. La sua matrice rappresentativa è stata vista poco fa, infatti Può essere un buon modo per proiettare gli spigoli di un cubo di dimensione 4? PROIEZIONI PARALLELE E NON DELLO SPAZIO SU UN PIANO (i) proiezioni parallele: Proiezione ortografica/ortogonale. Proiezione obliqua (assonometrica): proiezione isometrica/monometrica (che non è una isometria!). assonometria cavaliera. (ii) proiezioni non parallele: Proiezione prospettica / prospettiva.

157 17. INCIDENZA E PARALLELISMO 149 O P G K H L C D M N E I F J A B Figura 9.1: Proiezione parallela di un ipercubo di dimensione 4: le facce sono AEMI, BFN J, CGOK, DHPL, ACKI, BDLJ, EGOM, FHPN, ACGE, BDHF, IKOM, JLPN, ABJI, CDLK, EFNM, GHPO, ABFE, CDHG, IJNM, KLPO, ABDC, EFHG, IJLK, MNPO. (iii) proiezioni curvilinee (?)

158 150 #9. TRASFORMAZIONI AFFINI, INCIDENZA E PARALLELISMO ESERCIZI (9.1) Presi due punti p 1 e p 2 in uno spazio affine X, come osservato nelle note (15.9) e (15.16), si può definire il punto p = λ 1 p 1 + λ 2 p 2 ogni volta che λ 1 + λ 2 = 1. Consideriamo il caso in cui il campo K = R. Dimostrare che il punto ottenuto ponendo λ 1 = λ 2 = 1/2 è il punto medio del segmento con estremi p 1 e p 2, cioè è tale che p 1 p = pp 2. (9.2) Proseguendo con l esercizio precedente (spazio affine con coefficienti reali), i punti del segmento di estremi p 1 e p 2 possono essere definiti come tutti i punti per cui esistono λ 1 0, λ 2 0 tali che λ 1 + λ 2 = 1 e p = λ 1 p 1 + λ 2 p 2. Dimostrare che ogni segmento è omeomorfo all intervallo [0, 1] R. (9.3) Dimostrare che se S X = A n (R) è un sottospazio affine (proprio) e W un sottospazio complementare di S in X (cioè S W = X ), allora se p indica la proiezione su S parallela a W e r la riflessione rispetto a S parallela a W, allora per ogni x X il punto p(x) è il punto medio del segmento con estremi x e r(x). (9.4) Dimostrare che la riflessione r rispetto ad un sottospazio affine S fissa tutti i punti di S (cioè, per ogni x S, r(x) = x). 0 [ ] 1 [ ] 0 [ ] (9.5) Determinare, se esiste, la mappa affine da A 3 (R) a A 2 (R) tale che 0, 0 1, 1 0 e [ ] (9.6) Determinare una mappa affine A 2 (R) A 2 (R) che sia zero solo sulla retta di equazione x = y. 1 1/2 1/3 (9.7) Si determinino le equazioni cartesiane del piano di A 3 (R) che passa per i tre punti 0, 1/2, 1/ /3 (9.8) Dare un esempio di due rette sghembe in A 4 (R). È possibile trovare due piani sghembi in A 4? E due sottospazi di dimensione 3? (9.9) Trovare, se esistono, due piani paralleli di A 4 (C). x 1 (9.10) Esiste una retta r parallela alla retta di equazioni parametriche y = t 1 e incidente alle due rette di z 1 x 1 x 0 0 equazioni y = t 0 e y = 1 + t 0? z 0 z 0 1 x 1 0 (9.11) Si scriva l equazione (cartesiana) della retta di A 3 (R) di equazione y = 1 + t 0. z 0 1

159 Esercizi 151 (9.12) Determinare la dimensione dell intersezione dei due piani di A 4 (R) (con coordinate x 1, x 2, x 3, x 4 ) di equazioni x x 1 x 3 = 1 x e = + u + v. x 2 x 4 = 1 x x 4 (9.13) Scrivere le equazioni parametriche (del primo) e le equazioni cartesiane (del secondo) dei due piani dell esercizio precedente (9.12) (9.14) Determinare il valore del parametro k per cui i tre punti di A 3 (R) 1, k, 1. sono allineati. Scrivere k 0 0 l equazione della retta per questi tre punti in forma parametrica e cartesiana. *(9.15) Dimostrare che una affinità manda sottospazi paralleli in sottospazi paralleli, sottospazi incidenti in sottospazi incidenti, sottospazi sghembi in sottospazi sghembi. È vero anche per una mappa affine? (9.16) Sia X è uno spazio affine. Mostrare che se una funzione f : X X è una affinità allora manda terne di punti allineati ABC in terne di punti allineati A B C, e i rapporti sono invarianti AC : AB = A C : A B. Dedurre che le mediane di un triangolo si incontrano in un punto (il baricentro), mandando ABC in un triangolo isoscele (o equilatero). (cfr. proposizione (16.15) a pagina 142) (9.17) Sia GA(n, R) il gruppo affine su X = A n (R), e A A n (R) un punto. Qual è lo stabilizzatore di A in GA(n, R)? Qual è l orbita di A in X? L azione è transitiva? Si consideri l azione di GA(n, R) su X X definita ponendo f (A, B) = ( f (A), f (B)) per ogni f GA(n, R) e per ogni (A, B) X 2. Al variare di (A, B) X 2, quali sono lo stabilizzatore e l orbita di (A, B)? L azione è transitiva? Si consideri l azione di GA(n, R) su X X X definita ponendo f (A, B, C) = ( f A, f B, f C) per ogni f GA(n, R) e per ogni A, B, C X. Al variare di (A, B, C) X 3, quali sono lo stabilizzatore e l orbita di (A, B, C)? (9.18) Trovare una mappa affine A 3 (R) A 2 (R) che manda due rette sghembe in due rette parallele. È possibile mandare due rette parallele in due rette incidenti e distinte? E in due rette coincidenti? Viceversa, è possibile mandare due rette incidenti (distinte) in due rette parallele (distinte)? x 1 0 x 0 0 x 0 1 (9.19) Siano in A 3 (R) date le rette di equazioni: r 1 : y = 0 + t 1, r 2: y = 1 + t 0 e r 3: y = 0 + t 0. z 0 0 z 0 1 z 1 0 Quali di queste rette sono sghembe, parallele, incidenti? Trovare una affinità A: A 3 (R) A 3 (R) tale che A(r 1 ) = r 2, A(r 2 ) = r 3 e A ( r 3 ) = r 1. (9.20) Dimostrare che se f : X Y è una mappa affine e T Y un sottospazio affine di Y, allora f 1 (T) è un sottospazio affine di X (Vedi proposizione (16.14)). (9.21) Siano A, B due punti distinti in uno spazio affine su campo K. Se P è allineato ad A e B, mostrare che (i) AP : AB + BP : BA = 1. (ii) ( AP : AB) ( AB : AP) = 1

160 152 #9. TRASFORMAZIONI AFFINI, INCIDENZA E PARALLELISMO (iii) PA : PB = AP : AB BP : BA (cfr. esercizio (8.14) a pagina 136) (9.22) Siano A, B, C tre punti non collineari in uno spazio affine, e Q un punto di coordinate baricentriche (λ 0, λ 1, λ 2 ) (rispetto ad A, B, C): Q = λ 0 A + λ 1 B + λ 2 C, con λ 0 + λ 1 + λ 2 = 1. Sia Q A. Mostrare che se λ 1 + λ 2 0, allora il punto Q = punto della retta BC allineato con QA. Quando λ 1 + λ 2 = 0 cosa succede? 1 λ 1 + λ 2 (λ 1 B + λ 2 C) è un (Per i prossimi due teoremi, si ragioni come per l esercizio (9.16), cercando una trasformazione affine che manda il triangolo in un triangolo più semplice e osservando che le affinità conservano i rapporti di tre punti; si ricordi anche la definizione di rapporto di tre punti allineati) *(9.23) (Teorema di Ceva * ) Siano A, B e C tre punti non allineati in un piano affine su campo K, e P AB, P BC e P CA tre punti sulle rette AB, BC e CA rispettivamente, distinti da A, B, C. Dimostrare che le tre rette AP BC, BP CA e CP AB si incontrano in un punto se e solo se AP AB BP BC CP CA P AB B P BC C P CA A (osserviamo che come corollario le mediane si incontrano in un punto: il baricentro). Provare anche a dimostrare questo teorema in coordiante baricentriche. *(9.24) (Teorema di Menelao ) Siano A, B e C tre punti non allineati in un piano affine su campo K, e P AB, P BC e P CA tre punti sulle rette per AB, BC e CA rispettivamente, distinti da A, B e C. Dimostrare che i tre punti P AB, P BC e P CA sono allineati se e soltanto se AP AB BP BC CP CA P AB B P BC C P CA A = 1 = 1. *(9.25) Sia φ: R R un automorfismo di anelli, cioè una bijezione tale che per ogni x, y R, si ha φ(xy) = φ(x)φ(y) e φ(x + y) = φ(x) + φ(y). Mostrare i seguenti fatti. (i) Per ogni k Z, φ(k) = k. (ii) Per ogni q Q, φ(q) = q. (iii) Se x < y, allora φ(x) < φ(y) (si consideri t = y x, e si osservi che 0 < φ( t) 2 = φ(t)). (iv) La funzione φ è continua R R. (v) Per ogni x R, si ha φ(x) = x, cioè φ è l identità 1 R. **(9.26) Sia X = A 2 (K) un piano affine a coefficienti in K e sia f : X X è una bijezione che manda terne di punti allineati in terne di punti allineati. Dimostrare le seguenti affermazioni. * Giovanni Ceva ( ). Menelao di Alessandria (~70 140).

161 Esercizi 153 (i) Se A, B, C sono tre punti di X non allineati, siano r la retta passante per A + x AB parallela a AC, e s la retta passante per A + y AC parallela a AB. Allora r e s si intersecano nel punto A + xab + yac X. (ii) Sia D = A + AB + AC. Per (x, y) K 2, sia t la retta passante per A + x AD parallela alla retta che passa per D e A + y AB. Allora t interseca la retta AB nel punto A + xy AB. (iii) La funzione f manda rette di X in rette di X (usare la suriettività di f ). (iv) La funzione f : X X manda rette parallele in rette parallele. (v) Se f (A) = A, f (B) = B e f (C) = C, allora A B C è un riferimento affine per X (cioè A B C non sono allineati). (vi) A meno di comporre f con una affinità g: X X, possiamo suppore, da adesso in poi, che f (A) = A = A, f (B) = B = B e f (C) = C = C. (vii) La funzione f : K 2 K 2 definita ponendo f (v) = f (A + v) f (A) è ben definita e additiva: f (v + w) = f (v) + f (w). (viii) Esistono due funzioni φ e ψ tali che f (A + x AB) = A + φ(x) AB e f (A + y AC) = A + ψ(y) AC, e quindi anche f (x, y) = (φ(x), ψ(y)). (ix) Dato che la retta OD va in sé, risulta φ(x) = ψ(x) per ogni x K, e φ: K K è una bijezione. (x) Per ogni (x, y) K 2, si ha φ(xy) = φ(x)φ(y) e φ(x + y) = φ(x) + φ(y). (xi) Se K = R, la funzione φ(x) è l identità φ(x) = x. (si veda l Esercizio (9.25)) (xii) (Teorema (16.17) a pagina 144): se f : A d (R) A d (R) manda tre punti allineati qualsiasi in tre punti allineati, allora è una affinità. (suggerimento: utilizzare i punti precedenti, oppure cercare un libro in biblioteca in cui la dimostrazione viene svolta )

162 154 #9. TRASFORMAZIONI AFFINI, INCIDENZA E PARALLELISMO

163 Settimana N 10 SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE 18. SPAZI AFFINI EUCLIDEI E ISOMETRIE (Cfr.) * (18.1) Definizione. Uno spazio vettoriale euclideo è uno spazio vettoriale E di dimensione finita su campo R, munito di una forma bilineare definita positiva e simmetrica (cioè b: E E R è simmetrica e bilineare, e x 0, b(x, x) > 0). Scriviamo b(x, y) = x, y = x y e chiamiamo questo numero il prodotto scalare di x con y. (18.2) Definizione. La norma di un vettore x è definita da x = x = x x. (18.3) Definizione. Se x y = 0, allora x e y sono ortogonali. Un insieme di vettori {e 1, e 2,..., e n } E si dice ortogonale se i suoi elementi sono a due a due ortogonali: i, j, i j = e i e j = 0, e ortonormale se è ortogonale e in più i vettori hanno norma uno, cioè i, e i = 1. Se l insieme di vettori {e 1, e 2,..., e n } è una base per E, allora si dice che la base è ortogonale (risp. ortonormale) quando lo è come insieme di vettori. (18.4) Esempio. L esempio standard di spazio vettoriale euclideo è E = R n, con il prodotto scalare canonico dato da x 1 y 1 x 2 y 2 n, = x i y i,.. i=1 ossia e i e j = δ i j. x n (18.5) Esempio. Consideriamo lo spazio E di tutti i polinomi a coefficienti reali di grado al più n: y n p(x) = a 0 + a 1 x + a 2 x a n x n. * Cfr: Sernesi, Vol I, Cap 2 [1]. Una forma bilineare simmetrica non è un prodotto scalare, se non è definita positiva. 155

164 156 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE Figura 10.1: Icosaedro e dodecaedro È uno spazio vettoriale su R rispetto alla somma di polinomi e al prodotto per uno scalare. Se p, q E, sia p, q = 1 0 p(t)q(t) dt. È uno prodotto scalare? È certamente bilineare, simmetrica e definito positivo (per esercizio i dettagli: basta osservare che l integrale di una funzione positiva o nulla p 2 è nullo solo se la funzione è zero, e se un polinomio è zero in [0, 1], allora è il polinomio nullo). Esiste una base ortonormale in E? Come trovarla? (18.6) (Disuguaglianza di Cauchy-Schwartz e disuguaglianza triangolare) Per ogni x, y E si ha: x, y x y x + y x + y. Quindi la norma è una norma nel senso di (12.18) a pagina 99. E la distanza definita su E da d(x, y) = x y è una metrica (che rende E spazio topologico, con la topologia metrica), nel senso di (2.1) a pagina 5. Dim. Esercizio (10.3). (18.7) Il prodotto scalare e la norma sono legate dalle due identità (equivalenti) x + y 2 = x 2 + y x, y x, y = 1 ( x + y 2 x 2 y 2). 2 (18.8) Definizione. Uno spazio affine euclideo è uno spazio affine (X, X ) per cui lo spazio delle traslazioni (dei vettori) X è uno spazio vettoriale euclideo. Un riferimento affine {A 0, A 1,..., A n } di X è ortonormale se ( A 0 A 1, A 0 A 2,..., A 0 A n ) è una base ortonormale per X. Allora X è uno spazio metrico con la metrica definita da d(a, B) = AB, dove la norma è la norma euclidea in X.

165 18. SPAZI AFFINI EUCLIDEI E ISOMETRIE 157 (18.9) Definizione (Spazio euclideo E n ). Se R n ha il prodotto scalare standard, allora lo spazio affine A n (R) è uno spazio affine euclideo, che indichiamo con il simbolo E n. Una isometria tra spazi affini non è altro che una funzione biunivoca che conserva le distanze, e quindi: (18.10) Definizione. Una isometria tra due spazi affini euclidei f : X Y è una biiezione tale che per ogni A, B X, f (A) f (B) Y = A B X (dove la norma X è la norma di X e la norma Y è la norma di Y). Abbiamo visto che per (12.18) tutte le metriche indotte da prodotti scalari di E sono tra loro equivalenti, e quindi inducono la stessa topologia. In realtà due spazi euclidei con prodotti scalari qualsiasi risultano sempre isometrici, come segue dal seguente lemma. (18.11) Ogni spazio affine euclideo di dimensione n è isometrico allo spazio standard E n (con il prodotto scalare standard). Dim. Sia X uno spazio affine euclideo di dimensione n. Scelto un punto O X, si ha la biiezione X = X data da x X Ox X. Ora, lo spazio vettoriale euclideo X ha sicuramente una base ortonormale (per esempio, con il processo di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt) {e 1, e 2,..., e n } E, mediante la quale si può scrivere un isomorfismo f : X = R n definito da v, e 1 v, e f (v) = 2... v, e n La composizione X X R n = E n è una isometria. Vediamo per prima cosa come è definita. Se x X, il vettore associato in X è x O, che viene mandato da f in x O, e 1 x O, e f (x O) = x O, e n Ora, presi x, y X, se definiamo per ogni i = 1,..., n i numeri x i = x O, e i e y i = y O, e i, si ha che n x O = x i e i e quindi y O = i=1 n y i e i, i=1 x 1 x 2 f (x O) = R n. x n

166 158 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE da cui segue che d X (x, y) = x y X y 1 y 2 f (y O) = R n. y n = (x O) (y O) X n = (x i y i )e i X = i=1 n (x i y i )e i, i=1 n (x j y j )e j j=1 n = (x i y i )(x j y j ) e i, e j i, j=1 n = (x i y i ) 2 i=1 = f (x) f (y) R n = d R n( f (x), f (y)). (18.12) Teorema. Siano X e Y spazi affini euclidei e f : X Y una isometria (cioè una biiezione tale che f (x) f (y) Y = x y X per ogni x, y X). Allora f è un isomorfismo affine (una trasformazione affine invertibile). Dim. Cominciamo a mostrare che f è una mappa affine, cioè, per la definizione (16.1), che per ogni x X la funzione indotta sugli spazi vettoriali sottostanti X Y definita da v X f (x + v) f (x) Y è lineare. In realtà, per (16.5), basta farlo vedere per un solo x 0 X. Sia T : X Y la funzione definita da T(v) = f (x 0 + v) f (x 0 ). Per ipotesi si ha che per ogni v X v X = (x 0 + v) x 0 X = f (x 0 + v) f (x 0 ) Y = T(v) Y, e quindi la trasformazione T conserva la norma. Osserviamo anche che per v = 0 questo implica che T(0) = 0, e quindi T(0) = 0 (dove qui con un abuso di notazione usiamo in simbolo 0 sia per indicare 0 X X che 0 Y Y ).

167 18. SPAZI AFFINI EUCLIDEI E ISOMETRIE 159 Se v, w X sono due vettori, allora si ha v w X = (x 0 + v) (x 0 + w) X = f (x 0 + v) f (x 0 + w) Y = f (x 0 + v) f (x 0 ) + f (x 0 ) f (x 0 + w) Y = T(v) T(w) Y, cioè T(v) T(w) 2 = v w 2. Per la formula del parallelogramma (18.7), si ha quindi per ogni v, w X 2 T(v), T(w) = T(v) T(w) 2 T(v) 2 T(w) 2 = v w 2 v 2 w 2 = 2 v, w, cioè T conserva anche il prodotto scalare (non solo la norma). Non rimane che finire dimostrando che T è lineare: siano a, b R due scalari e v, w X due vettori. Allora, per ogni scelta di un terzo vettore e X si ha T(av + bw), T(e) = av + bw, e = a v, e + b w, e, ed anche cioè per ogni e X si ha at(v) + bt(w), T(e) = a T(v), T(e) + b T(w), T(e) = a v, e + b w, e, T(av + bw), T(e) = at(v) + bt(w), T(e). Ora, dato che f è una biiezione, anche T lo è, per cui necessariamente deve essere T(av + bw) = at(v) + bt(w), e quindi T è lineare. Per mostrare che è un isomorfismo, basta notare che è una biiezione, per cui esiste l inversa (che è naturalmente una isometria vedi anche la definizione (16.6)). (18.13) Una isomorfismo affine f : X Y è una isometria se e soltanto se l applicazione lineare associata L : v f (x + v) f (x) è una trasformazione ortogonale (cioè una trasformazione lineare che conserva la norma o, equivalentemente, il prodotto scalare). Dim. Nella dimostrazione della proposizione precedente (18.12) abbiamo di fatto dimostrato anche che la trasformazione L associata ad una isometria conserva il prodotto scalare e le norme (abbiamo usato questa proprietà per mostrare che è lineare), e cioè che è una trasformazione ortogonale. Viceversa, supponiamo che

168 160 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE un isomorfismo affine f : X Y abbia la proprietà che la trasformazione lineare associata L sia ortogonale. Allora L(v w) = L(v) L(w) per ogni v, w X, e quindi per ogni x = x 0 + v e y = x 0 + w in X si ha f (x) f (y) = f (x 0 + v) f (x 0 + w) = f (x 0 + v) f (x 0 ) + f (x 0 ) f (x 0 + w) = L(v) L(w) = v w = x 0 + v (x 0 + w) = x y, cioè f è una isometria. (18.14) Proposizione. Le isometrie tra spazi (affini) euclidei si scrivono, scelti sistemi di riferimenti ortonormali, come x Ax + b, dove A O(n) è una matrice ortogonale e b un vettore. Dim. Come la dimostrazione di (16.10) (esercizio (10.2)). (18.15) Le traslazioni sono isometrie. Dim. Vedi esercizio (10.4). Dato che una matrice ortogonale A O(n) ha determinante uguale a ±1, la parte lineare di una isometria di E n può avere determinante 1 oppure 1 (cioè essere in SO(n) oppure no). (18.16) Definizione. Una isometria E n E n rappresentata in un sistema di riferimento da x Ax + b è detta diretta se det A = 1 (cioè A SO(n) O(n)), altrimenti è detta inversa. Se x è la n-upla di coordinate rispetto ad un sistema di riferimento euclideo (ortonormale) e x è la n-upla di coordinate dello stesso punto rispetto ad un altro riferimento, si ha x = Qx + c per una certa matrice ortogonale Q e un punto/vettore c. Allora la mappa x Ax + b si scrive, ponendo y = Ax + b, e y = Qy + c y = Ax + b Qy + c = A(Qx + c) + b Qy = AQx + Ac + b c y = Q 1 AQx + Q 1 (Ac + b c). Ovviamente, se A è ortogonale, anche Q 1 AQ lo è, dato che si ha Q t = Q 1 e A t = A 1 [Q 1 AQ] t [Q 1 AQ] = Q t A t QQ 1 AQ = = Q t A t AQ = Q t Q = I. Il determinante di Q 1 AQ è uguale al determinante di A, e quindi Q 1 AQ SO(n) A SO(n).

169 18. SPAZI AFFINI EUCLIDEI E ISOMETRIE 161 (18.17) Proposizione. La composizione di due isometrie dirette è una isometria diretta. La composizione di una isometria diretta con una inversa è una isometria inversa. La composizione di due isometrie inverse è una isometria diretta. Dim. L affermazione è equivalente alla seguente: se associamo ad una isometria il determinante della matrice associata, otteniamo un omomorfismo di gruppi (rispetto alla composizione di isometrie e al prodotto di numeri). Osserviamo che la matrice A di cui calcoliamo il determinante è la matrice della trasformazione lineare f associata alla trasformazione affine (isometrica) f : E n E n. Ora, dimostriamo questa proposizione in generale: l applicazione f f che manda una affinità nella sua mappa lineare associata è un omomorfismo di gruppi (dal gruppo affine al gruppo lineare): infatti se si hanno f : X X e g: X X, con corrispondenti f e g, allora g f è definita da g f (v) = g( f (x 0 + v)) g( f (x 0 )) per x 0 X. Tenuto conto che per ogni x X e v X si ha deduciamo che f (x + v) = f (x) + f (v) g(x + v) = g(x) + g (v), g( f (x 0 + v)) = g( f (x 0 ) + f (v)) = g( f (x 0 )) + g ( f (v)) e quindi g f = g f. In particolare, quindi, l applicazione f f è l omomorfismo tra il gruppo delle affinità di A n (R) e il gruppo GL(n, R). La restrizione di questo omomorsfismo alle isometrie è ancora un omomorfismo. La dimostrazione si completa considerando che la funzione determinante è a sua volta un omomorfismo, e questo è il teorema di Binet (det(ab) = det(a) det(b)). (18.18) Esempio. Le isometrie dirette del piano euclideo E 2 si scrivono dunque come [ ] [ ] [ ] [ ] y1 cos θ sin θ x1 b1 = +. sin θ cos θ y 2 Se b 1 = b 2 = 0, si tratta di una rotazione attorno all origine. Altrimenti, cerchiamo i punti fissati dall isometria, cioè le soluzioni dell equazione Ax + b = x (I A)x = b. Dato che, se A I, la rotazione A non ha autovalore 1 (cioè non fissa nessun vettore diverso dallo zero), quindi la matrice I A ha nucleo banale, e dunque è invertibile. La matrice I A risulta quindi invertibile se A I, altrimenti è la matrice nulla. Ma allora se A I esiste un unico punto fissato dalla isometria (la soluzione di (I A)x = b), che chiamiamo q. Trasliamo il sistema di riferimento, portando l origine in q: x = x + q. L isometria si scriverà quindi y = Ax + b y + q = A(x + q) + b x 2 b 2 y = Ax + (A I)q + b = Ax,

170 162 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE cioè è una rotazione attorno a q. Quindi se A I si ha sempre una rotazione (anche se b 0). In particolare, la composizione di una rotazione con una traslazione è ancora una rotazione! Attenzione che la composizione di rotazioni attorno allo stesso centro è commutativa, la composizione di traslazioni è commutativa, ma non la composizione di rotazioni e traslazioni: x Ax Ax + b x x + b A(x + b) = Ax + Ab. Cosa succede per rotazioni con centri diversi (si veda l esercizio (10.22))? Le isometrie del piano euclideo che non sono dirette sono le riflessioni attorno a rette (se fissano una retta, simmetrie assiali) e le glissoriflessioni (se non fissano alcun punto), che sono composizione di una riflessione e di una traslazione lungo la direzione dell asse di simmetria. (18.19) Esempio. In E 3, l isometria di equazione y = Ax + b è una rotazione (attorno ad una retta per l origine) se A I e b = 0, dato che A SO(3). Altrimenti, come sopra un punto x fissato dalla isometria risolve l equazione (I A)x = b. Ma ogni rotazione A SO(3), se non banale, ha un autovettore con autovalore 1 (cioè fissa un vettore di R 3, e quindi tutta la retta generata dallo stesso). Quindi la matrice I A non è mai invertibile. Se A I, il rango sarà 1 o 2. Certamente la direzione parallela all asse di rotazione sarà nel nucleo di I A. È possibile vedere (con un cambio di coordinate: esercizio) che I A ha rango 2 e ha per sottospazio immagine il piano ortogonale all asse di rotazione. Quindi, se b è un vettore ortogonale all asse di rotazione, ci sono punti fissati (una retta di punti fissati). Altrimenti, no. Nel primo caso, si tratta di una rotazione attorno ad una retta (non non necessariamente per l origine), nel secondo caso? Scriviamo b come somma di due vettori b = b 1 + b 2, il primo ortogonale alla direzione fissata (e quindi nell immagine di I A) e il secondo b 2 parallelo alla direzione fissata (e quindi nel nucleo di I A). Allora y = Ax + b = (Ax + b 1 ) + b 2. L isometria y = Ax + b si scrive quindi come composizione x Ax + b 1 (Ax + b 1 ) + b 2, dove la prima è una rotazione attorno ad una retta di E 3, e la seconda è una traslazione lungo la direzione b 2 (che è diversa da zero dato che b per ipotesi non è ortogonale all asse). Si tratta dunque di un avvitamento lungo la direzione b 2. Quindi le isometrie dirette di E 3 sono le traslazioni, le rotazioni e gli avvitamenti (twist). Provare per esercizio a cercare/classificare le isometrie non dirette di E 3 (riflessioni, glissoriflessioni, rotoriflessioni, ). 19. ANGOLI E PROIEZIONI ORTOGONALI (19.1) Definizione. Con il prodotto scalare definito su uno spazio euclideo non solo si possono misurare le distanze tra punti, e quindi in generale lunghezze, ma anche gli angoli (orientati) tra vettori, mediante la formula cos θ = v, w v w. Questo consente di calcolare l angolo, per esempio in A, di un triangolo ABC, moltiplicando (mediante prodotto scalare) i vettori AB e AC.

171 19. ANGOLI E PROIEZIONI ORTOGONALI 163 Occorre notare che l angolo è definito cosí a meno di segno (cioè non è l angolo orientato) e a meno di 2kπ (non c è differenza tra angolo nullo e angolo giro). Non si tratta della definizione della geometria elementare di misura di un angolo. (19.2) Nota. Ricordiamo che in uno spazio metrico X la distanza tra un punto p e un sottoinsieme S X è definita con l estremo inferiore delle distanze d(p, x), al variare di p in S. In particolare, se X è uno spazio euclideo, si può definire la distanza di un punto p X da una retta, da un piano,, da un sottospazio affine S X proprio come l estremo inferiore delle distanze tra punti di S e il punto p. (19.3) Definizione. Due sottospazi U, W di uno spazio vettoriale euclideo E si dicono ortogonali se per ogni u U, per ogni v V i vettori u e v sono ortogonali, cioè il prodotto scalare u, v è nullo. Sia U E un sottospazio, e e 1,..., e k una sua base ortonormale. La funzione π : E U definita da gode delle seguenti proprietà: π(v) = k v, e j e j j=1 (i) π è un omomorfismo di spazi vettoriali (cioè è lineare). (ii) v U = π(v) = v. (iii) ker π = {v E : u U, u, v = 0} (iv) ker π è il complemento ortogonale di U: U ker π = E. Si ha π(av + bw) = = k av + bw, e j e j j=1 k (a v, e j + b w, e j )e j j=1 k k = a v, e j e j + b w, e j e j j=1 j=1 = aπ(v) + bπ(w).

172 164 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE Inoltre se u U, allora u = k i=1 u i e i e quindi π(u) = = = = = k u, e j e j j=1 k k u i e i, e j e j j=1 i=1 k k u i e i, e j e j j=1 i=1 k u i i=1 j=1 k u i e i = u i=1 k e i, e j e j Infine, v ker π se e soltanto se v, e j = 0 per ogni j = 1,..., k. Quindi se u U e v ker π, si ha u = k j=1 u j e j e quindi k v, u = v, u j e j = = j=1 k u j v, e j j=1 k u j 0 = 0, j=1 e dunque v e u sono ortogonali. Cioè se v ker π, allora v è ortogonale a tutti gli elementi di U. Viceversa, se v è ortogonale a tutti gli elementi di U, in particolare è ortogonale ai k elementi e 1,, e k, e quindi π(v) = 0. Per finire: per ogni v E si ha v = π(v) + (v π(v)), dove u = π(v) U e π(v π(v)) = π(v u) = π(v) π(u) = u u = 0. Da questo segue che U + ker π = E. La somma è diretta, perché se ci fosse u U ker π, si avrebbe π(u) = 0 e anche π(u) = u, da cui u = 0. (19.4) Definizione. Sia S E n un sottospazio affine di uno spazio affine euclideo con giacitura S R n. Sia W il complemento ortogonale di S in R n, cioè l unico sottospazio ortogonale a S tale che S W = R n. Allora per ogni x E n si può definire la proiezione su S parallela al complemento ortogonale W, seguendo la definizione (17.11) p S,W : E n S.

173 19. ANGOLI E PROIEZIONI ORTOGONALI 165 Questa proiezione si chiama proiezione ortogonale di E n su S E n. Dal momento che il complemento ortogonale W esiste ed è unico, la proiezione è unicamente determinata da S. (19.5) Sia r E n una retta (sottospazio affine di dimensione 1) di uno spazio affine euclideo con giacitura S = v R n e A un punto di r. Allora la proiezione di un punto x E n sulla retta r si scrive come p S (x) = A + x A, v v. v, v Dim. La proiezione di x su r è un punto Q di r per cui Q x è ortogonale a r. È facile vedere che tale punto Q è unico (altrimenti si formerebbe un triangolo con due lati di 90 ). Dobbiamo trovare un punto Q per cui x Q, v = 0 e quindi, dato che Q = A + tv per un certo t R, tale che x (A + tv), v = 0, ovvero x A, v t v, v = 0. Ma allora per t = x A, v v, v (v 0!) si ottiene il punto cercato p S (x) = Q = A + x A, v v v, v come annunciato. (19.6) Definizione. Se p S è la proiezione ortogonale p S : E n S E n definita sopra, allora si può definire come in (17.12) l isometria (i.e. trasformazione ortogonale) r S : x p S (x) + (p S (x) x), chiamata riflessione attorno a S *. È una involuzione (cioè rs 2 è la trasformazione identica, l identità) che fissa S. (19.7) Sia S E n un sottospazio affine di uno spazio affine euclideo, e p E n un punto non di S. Allora la distanza di p da S è uguale alla distanza di p dall unico punto q di S per cui il vettore p q è ortogonale a S (cioè la proiezione ortogonale di p su S dove q è il punto di S con minima distanza da p). Dim. Supponiamo che la distanza di p sulla sua proiezione q sia maggiore di quella tra p e un terzo punto A. Dal momento che qp per definizione è ortogonale a S, è ortogonale anche al vettore qa, che appartiene a S * Di solito si chiama riflessione una trasformazione isometrica di questo tipo solo quando la dimensione di S è uguale a n 1 come se S fosse uno specchio. Per esempio, se S è un punto, quello che si trova è una inversione centrale, per cui la scelta del nome non sembrerebbe appropriata. Se S è un punto e n = 2 si ottiene la rotazione di 180.

174 166 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE (dato che sia q che A appartengono a S). Ma allora, visto che Ap = Aq + qp, d(a, p) 2 = Ap 2 = Ap, Ap = Aq + qp, Aq + qp = Aq, Aq + Aq, qp + qp, Aq + qp, qp = Aq qp 2 qp 2 = d(q, p) 2, cioè q realizza la minima distanza (è facile vedere che il minimo si ottiene per Aq 2 = 0, cioè quando A = q). Ripetendo la dimostrazione del teorema (16.12), si può dimostrare il seguente teorema: (19.8) Teorema. Se S E n è un sottospazio affine passante per A, allora esiste un sottospazio vettoriale W R n (il complemento ortogonale di S in R n ) per cui i punti di S sono tutti e soli i punti x di E n tali che x A è ortogonale a W. Se S è un iperpiano (cioè un sottospazio di dimensione n 1 in E n ), allora la dimensione di W è 1, per cui i punti di S sono tutti i punti tali che x A è ortogonale ad un vettore fissato non nullo n di W (che si può chiamare vettore normale a S): S = {x E n : x A, n = 0}. (19.9) Nota. Dato che x A, n = 0 se e solo se x, n = A, n, ritorniamo a vedere che l equazione di un iperpiano è a 1 x 2 + a 2 x a n x n = b, dove b = A, n. Per sottospazi generici (cioè non solo di dimensione n 1, basta prendere una base del complemento ortogonale W (e questi saranno vettori ortogonali a S) e, nello stesso modo, scrivere S come luogo delle soluzioni di un sistema di equazioni. (19.10) Esempio. Torniamo all esempio (18.5): qual è il polinomio di grado 2 a coefficienti reali che è più vicino (nel senso della distanza tra funzioni indotta dalla norma indotta dal prodotto scalare p, q = 1 p(t)q(t) dt) 0 alla funzione e x? Qual è quello di grado n? AREA E VOLUME NEGLI SPAZI AFFINI Abbiamo definito la lunghezza e gli angoli a partire da un prodotto scalare definito sui vettori di E n. Possiamo fare lo stesso con la definizione di volume? Qual è la definizione assiomatica di volume? Proponiamo al lettore di discutere e riflettere sulla validità e naturalezza dei seguenti assiomi, per una funzione di area con segno A di un triangolo ABC (o equivalentemente di un parallelogramma ABCD), in cui a = CA e b = CB: (A1) A(ca, b) = ca(a, b) = A(a, cb); per ogni c R. (A2) A(a, b + c) = A(a, b) + A(a, c); A(a + c, b) = A(a, b) + A(c, b);

175 19. ANGOLI E PROIEZIONI ORTOGONALI 167 (A3) A(a, a) = 0; (disegnare le figure corrispondenti agli assiomi) Analogamente, una funzione di volume con segno V di un parallelepipedo con i tre spigoli concorrenti a = DA, b = DB, c = DC probabilmente dovrebbe soddisfare gli assiomi (V1) V(ca, b, c) = cv(a, b, c) = V(a, cb, c) = V(a, b, cc); per ogni c R. (V2) V(a + d, b, c) = V(a, b, c) + V(d, b, c); V(a, b + d, c) = V(a, b, c) + V(b, d, c); V(a, b, c + d) = V(a, b, c) + V(a, b, d); (V3) (se due vettori coincidono, il volume è nullo) V(a, a, b) = 0 = V(a, b, b) = V(a, b, a); In generale, per uno spazio affine X reale, una funzione di volume con segno (chiamiamola forma di volume) sarà una funzione ω: X n R ω(v 1, v 2,..., v n ), v i X, i = 1,..., n che sia multilineare (cioè lineare in ogni sua variabile) e tale che ω(v 1, v 2,..., v n ) = 0 quando almeno due dei v i coincidono. Osserviamo che da questa proprietà segue che Infatti ω(v 1,..., v i,..., v j,..., v n ) + ω(v 1,..., v j,..., v i,..., v n ) = 0. 0 = ω(v 1,..., v i + v j,..., v i + v j,..., v n ) = ω(v 1,..., v i,..., v i,..., v n ) + ω(v 1,..., v i,..., v j,..., v n )+ + ω(v 1,..., v j,..., v i,..., v n ) + ω(v 1,..., v j,..., v j,..., v n ) = ω(v 1,..., v i,..., v j,..., v n ) + ω(v 1,..., v j,..., v i,..., v n ). Quindi se si scambiano due variabili v i la funzione ω cambia di segno, cioè ω è alternante. Ora, quante sono le funzioni con queste due proprietà (multilineari e alternanti)? Nello spazio euclideo standard ce n é una, a meno di costante, e cioè il determinante, che viene presa come unità di misura per il calcolo delle aree e dei volumi. Lo studio dei determinanti di fatto non è altro che lo studio della misura (nel senso di area/volume) con segno dei corrispondenti parallelogrammi/parallelepipedi. Provare a dimostrare che le isometrie di E n conservano le aree (vs. volumi) dei parallelogrammi (vs. parallelepipedi): occorre osservare che se v 1,..., v n sono vettori di R n e L è una applicazione lineare R n R n (che è la parte lineare della mappa affine corrispondente), allora per la formula di Binet (19.11) ω(lv 1,..., Lv n ) = det(l)ω(v 1,..., v n ). Ma per una isometria si ha L O(n), e quindi det(l) = ±1. Quindi, a meno di segno,... (19.12) Nota. La definizione di volume data sopra si riferisce ai parallelogrammi/parallelepipedi. Come è possibile usarla per definire il volume per i triangoli/tetraedri (o in generale gli inviluppi convessi di n + 1 punti in R n? Più precisamente, dato che il parallelogramma che ha per spigoli i vettori v 1,..., v n si può scrivere come P = {O + t 1 v t n v n : t i [0, 1]} E n,

176 168 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE come calcolare il volume del solido T = {O + t 1 v t n v n : t i [0, 1], n t i 1}? Assumiamo che la funzione volume di poliedri in E n soddisfi l equazione (19.11), e se un poliedro è unione di poliedri con interni disgiunti allora il suo volume è la somma dei volumi. Vediamo come da questo calcolare il volume di un tetraedro n-dimensionale. Per prima cosa osserviamo che basta calcolare il volume di un solo n-tetraedro (con i vertici indipendenti dal punto di vista affine, cioè con i v i indipendenti come vettori): il volume di ogni altro n-tetraedro si ottiene con un cambio di coordinate e un calcolo di determinante. Cominciamo con l ipercubo che ha per spigoli i vettori v i = e i (i vettori della base standard) i=1 I n = {(x 1, x 2,..., x n ) : x i [0, 1]} E n. Il suo volume è (nella forma di volume standard) uguale a 1. Gli n + 1 vertici dell n-tetraedro T 0 I n definito da n T 0 = {(x 1, x 2,..., x n ) : x i [0, 1], x i 1} sono O = (0, 0,..., 0) e E i = e i, con i = 1,..., n. Ora consideriamo altri (n + 1) vertici di I n (comunque indipendenti dal punto di vista affine) Il solido che ha gli A i per vertici si scrive come A 0 = (0, 0,..., 0, 0) A 1 = (0, 0,..., 0, 1) A 2 = (0, 0,..., 1, 1). A n 1 = (0, 1,..., 1, 1) A n = (1, 1,..., 1, 1).. i=1 T = {A 0 + t 1 A t n A n : t i [0, 1], n t i 1} i=1 = {(x 1,..., x n ) : 0 x 1 x 2... x n 1}. Osserviamo ora che il gruppo simmetrico Σ n di tutte le permutazioni di n indici (di ordine n!) agisce su E n permutando le coordinate, e per ogni g Σ n, g 1, si ha che gt e T hanno interni disgiunti (perché?). Inoltre I n = g Σ n gt, da cui segue che g Σ n ω(gt) = 1.

177 19. ANGOLI E PROIEZIONI ORTOGONALI 169 Figura 10.2: Icosaedro, di Piero Della Francesca (nel De Divina Proportione di Luca Pacioli) Ma gt e T hanno lo stesso volume (±1), dato che g è una isometria, e quindi n! ω(t) = ω(i n ) = 1 = ω(t) = 1 n!. Per la formula (19.11), si ha quindi che se LP è un n parallelepipedo e LT l n-tetradro corrispondente a T si ha ω(lt) = det(l). n! Ora, osserviamo che la trasformazione lineare che manda O in A 0 e E i in A n i, per i = 1,..., n ha la matrice L della forma triangolare inferiore L = e quindi det(l) = 1. Segue che ω(t 0 ) = 1 n!, e anche in generale l n-tetraedro con spigoli v i ha volume uguale a ω(v 1, v 2,..., v n ). n! (19.13) Esempio (Solidi platonici). Come vedremo nell esercizio (10.25), è possibile classificare i sottogruppi finiti di rotazioni in SO(3), che sono legati ai gruppi di simmetrie dei poliedri regolari, i solidi platonici.

178 170 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE Figura 10.3: Leonardo Da Vinci, Dodecaedro (dal De Divina Proportione di Luca Pacioli)

179 Esercizi 171 ESERCIZI *(10.1) Dimostrare che se {e 1, e 2,..., e n } sono un insieme di vettori ortogonali di uno spazio vettoriale euclideo E, allora sono linearmente indipendenti. È vero anche il viceversa (cioè che se si considerano n vettori linearmente indipendenti in uno spazio vettoriale euclideo E allora sono ortogonali)? (Suggerimento: se sono linearmente dipendenti allora si possono trovare n coefficienti non tutti nulli λ 1, λ 2,, λ n tali che λ 1 e 1 + λ 2 e λ n e n = 0. Ma se λ i 0 e si moltiplicano entrambi i membri per e i con il prodotto scalare si ottiene. Per il viceversa: in A 2 (R) trovare due vettori linearmente indipendenti ma non ortogonali. *(10.2) Dimostrare che le isometrie tra spazi (affini) euclidei si scrivono, scelti sistemi di riferimenti ortonormali, come x Ax + b, dove A è una matrice ortogonale e b un vettore. (Suggerimento: come nella dimostrazione (16.10)) (10.3) Dimostrare il lemma (18.6) a pagina 156. (10.4) Dimostrare che le traslazioni di uno spazio euclideo sono isometrie. *(10.5) Determinare una formula per la proiezione ortogonale di uno spazio euclideo E n su un suo sottospazio affine S di dimensione d < n, dato un punto di S e una base ortonormale per S. (Suggerimanto: si veda la dimostrazione di (19.5), in cui si proietta su un sottospazio di dimensione 1 una retta. Proiettare sulle rette generate dagli elementi della base e sommare ) (10.6) Siano A, B, C E n tre punti di uno spazio euclideo. Dati altri tre punti A, B, C E n, dimostrare che esiste una isometria f : E n E n tale che f (A) = A, f (B) = B e f (C) = C se e solo se f conserva le distanze tra i punti, cioè A B = A B, B C = B C, A C = A C (10.7) Siano A = 0, B = 1, C = 0 tre punti di E3. Esiste una isometria f : E 3 E 3 tale che f (A) = B, f (B) = C e f (C) = A? Se sì, quale (scriverla in forma matriciale)? (10.8) Siano r 1 e r 2 due rette di E 3. Sotto quali condizioni esiste una isometria che manda r 1 in r 2? (10.9) Calcolare la distanza tra il punto 1 di E3 e il piano passante per 2 ortogonale al vettore (10.10) Determinare un vettore ortogonale al piano di E 4 di equazione x 1 + 2x 2 + 3x 3 + 4x = 0. *(10.11) Una similitudine f : E n E n è una funzione che conserva i rapporti tra le distanze, cioè una funzione per cui esiste una costante k > 0 tale che f (x) f (y) = k x y per ogni x, y E n. Dimostrare che le similitudini conservano gli angoli: se A, B, C E n sono tre punti, allora l angolo tra B A e C A è uguale (a meno di orientazione) a quello tra f (B) f (A) e f (C) f (A).

180 172 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE *(10.12) È vero che una similitudine, come definita nell esercizio precedente (10.11), è sempre una mappa affine? E una isometria? (Suggerimento: si veda la dimostrazione di (18.12)) (10.13) Si consideri il piano affine euclideo E 2. Dimostrare che ogni isometria del piano si può scrivere componendo un numero finito di riflessioni lungo rette. (Suggerimento: anche le traslazioni e le rotazioni si possono scrivere come composizione di due riflessioni lungo due rette parallele oppure no ) (10.14) Dimostrare che se S E n è un sottospazio e p S è la proiezione ortogonale p S : E n S, allora la funzione f : E n E n definita da f (x) = p S (x) + (p S (x) x) è una isometria che fissa tutti e soli i punti di S (cioè tale che f (x) = x se e solo se x S). [ ] [ ] [ ] (10.15) Scrivere una isometria del piano che manda i punti, ad una distanza dall origine di almeno unità. [ ] [ ] [ ] x1 0 1 (10.16) Sia S la retta di equazione parametrica = + t in E x Scrivere le equazioni della riflessione (ortogonale) di E 2 attorno a S. [ ] [ ] [ ] x1 p1 v1 *(10.17) Sia S la retta di equazione parametrica = + t in E 2. Determinare i valori dei coefficienti a i, j e b i per cui la trasformazione affine è la riflessione (ortogonale) attorno a S. [ x1 x 2 x 2 p 2 v 2 ] [ ] [ ] a1,1 a 1,2 x1 + a 2,1 a 2,2 x 2 (10.18) Determinare tutte le isometrie del piano euclideo che fissano almeno un punto. (Suggerimento: usare (18.13) e trovare tutte le trasformazioni ortogonali di O(2).) (10.19) Dimostrare che ogni rotazione di E 2 è composizione di due riflessioni (lungo due rette) (si considerino tre punti A, B, C di un sistema di riferimento affine euclideo per E 2, e le tre immagini f (A) = A, f (B) = B, f (C) = C : quali sono le riflessioni che mandano A in A?). (10.20) Dimostrare che ogni isometria del piano può essere scritta come la composizione di al più tre riflessioni (lungo rette). (Suggerimento: se A, B e C sono tre punti linearmente indipendenti del piano, cioè non allineati, allora le immagini A, B e C sono anch esse tre punti non allineati del piano. Con una riflessione (quale?) si può mandare A in A. Poi si può mandare B in B riflettendo lungo una retta passante per A = A, e quindi trovarsi con A = A, B = B ) *(10.21) Dimostrare che le isometrie (non banali) del piano sono tutte e sole le seguenti: rotazioni, traslazioni, riflessioni, glissoriflessioni. (10.22) Siano A e B due punti distinti di E 2, e f, g le rotazioni attorno ad A e B (rispettivamente) di angolo π/2. Determinare l angolo e il centro delle rotazioni f g e gf. Che cos è il gruppo di isometrie di E 2 generato da f e g? Determinare l orbita di A, di B e del punto medio del segmento AB. [ b1 b 2 ]

181 Esercizi 173 (10.23) Dimostrare che se G è un gruppo finito di isometrie di E 2, allora esiste Q E 2 fissato da G. Nel prossimo esercizio si dimostra il Teorema Fondamentale dell Algebra. Questa dimostrazione si basa su proprietà elementari dei polinomi, principalmente della funzione norma, e sul fatto che una funzione su un compatto di C ha certamente minimo. **(10.24) Dimostrare le seguenti affermazioni. (i) Sia p(x) un polinomio a coefficienti in R di grado dispari. Allora p(x) ha una radice reale (cioè esiste x 0 R tale che p(x 0 ) = 0). (ii) Se p(x) è un polinomio a coefficienti in C p(x) = a n z n + a n 1 z n a 1 z + a 0, e p(x) indica il polinomio i cui coefficienti sono i complessi coniugati ā i, p(x) = ā n z n + ā n 1 z n ā 1 z + ā 0, allora p(x) ha coefficienti reali se e soltanto se p = p, e per ogni z C si ha p(z) = p( z). (iii) Per ogni p, q polinomi a coefficienti in C, se r = pq, allora r = p q. (iv) Per ogni polinomio p(z) a coefficienti in C il polinomio r(z) = p(z) p(z) ha coefficienti in R. (v) Se z 0 è una radice di r(z) = p(z) p(z), allora z 0 o z 0 è una radice per p(z). (vi) Sia p(z) un polinomio a coefficienti reali. Allora per ogni m > 0 esiste r > 0 tale che z > r = p(z) > m. (vii) Per ogni r > 0, esiste z 0 tale che z 0 r e z r = p(z) p(z 0 ). (viii) La funzione p(z), C R, ammette un minimo globale z 0, tale che z C, p(z) p(z 0 ). (ix) Se z 0 C è il punto di minimo globale, e se z 0 0, allora la funzione definita da f (z) = p(z 0 + z) è un p(z 0 ) polinomio di grado n (il grado di p(z)) tale che f (0) = 1 e f (z) = 1 + z k r(z) con r(z) polinomio di grado n k tale che r(0) 0, e k 1. Inoltre il minimo globale per f (z) è in 0 C. (x) Esiste z 1 C tale che z1 k r(0) = 1. (xi) La funzione g(z) = f (z 1 z) è un polinomio in z di grado n che si scrive come g(z) = 1 z k + z k+1 ˆr(z) dove ˆr(z) è un polinomio in z. Il minimo globale di g(z) è in z = 0. (xii) Per ogni z C, si ha g(z) 1 z k + z k+1 ˆr(z). (xiii) Esiste t R tale che 0 < t < 1 e t g(t) < 1, e quindi g(t) 1 t k + t k+1 g(t) = 1 t k (1 t g(t) ) < 1.

182 174 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE (xiv) Se p(z) è un polinomio a coefficienti reali di grado n 1, allora esiste z 0 C tale che f (z 0 ) = 0 (si consideri che la funzione p(z) ha minimo in z 0, e questo punto non può essere tale che p(z 0 ) = 0). (xv) Se p(z) è un poliniomio a coefficienti complessi di grado n 1, allora esiste z 0 C tale che p(z 0 ) = 0. Nel prossimo esercizio dimostriamo un pezzo del teorema di classificazione dei sottogruppi finiti di SO(3): C n, D k, T, O, I. **(10.25) Sia G SO(3) un gruppo finito e S = S 2 E 3 la sfera unitaria. Dimostrare le seguenti proposizioni. (i) Per ogni x S lo stabilizzatore G x G è un gruppo ciclico finito. (ii) Per ogni g G {1}, lo spazio fissato da g in S, cioè S g = {x S : gx = x}, è un insieme di due punti antipodali {x, x}. (iii) L insieme X dei poli, cioè degli x S con stabilizzatore non banale X = {x S : G x > 1} è invariante rispetto all azione di G su S: g G, gx = X (per ogni insieme finito Y si denota con Y il numero di elementi di Y). (iv) Sia p: X X/G la mappa di proiezione sullo spazio quoziente. Se x è un orbita in X/G, allora x ha G / G x elementi. Se x e y stanno nella medesima orbita, allora G x = G y. Sia n x l intero definito da n x = G x per un elemento x dell orbita x. Il G-insieme X è unione disgiunta delle sue orbite, e quindi X = (v) Sia X l insieme X dei poli quozientato rispetto alla relazione di equivalenza data da x x. Allora 2 X = X. (vi) Sia f : G {1} X l applicazione che associa ad ogni g G, g 1, la coppia di poli {x, x} X fissata da g in S. Mostrare che f è suriettiva, e dedurre che X è finito. (vii) Se [x] X è una classe di equivalenza di poli, allora G x = G y per ogni y [x], e l insieme f 1 ([x]) ha G x 1 elementi. (viii) Valgono le uguaglianze (ix) Vale l uguaglianza x X/G G n x. 2( G 1) = 2 ( G x 1) = ( G x 1) [x] X 2( G 1) = x X/G x X G n x (n x 1). (x) Se G non è il gruppo banale, valgono le disuguaglianze 1 (1 1 ) < 2. n x (xi) Valgono le disuguaglianze da cui x X/G 1 2 X/G x X/G (1 1 n x ) < X/G, 2 X/G 3.

183 Esercizi 175 (xii) Ci sono 2 o 3 orbite di poli in X/G. Se X/G = { x 1, x 2 }, allora posto n 1 = n x1 e n 2 = n x2 si ha 2 G = 1 n n 2, e questo implica n 1 = n 2 = G (osserviamo che se n = G, allora n/n i è intero per i = 1, 2 e che n/n 1 + n/n 2 = ). Quindi G è il gruppo ciclico generato da una rotazione, indicato con il simbolo C n. (xiii) Se X/G = { x 1, x 2, x 3 }, allora posto n = G, n 1 = n x1, n 2 = n x2 e n 3 = n x3 si ha n = 1 n n n 3. Allora se supponiamo n 1 n 2 n 3 > 1, deve essere n 3 = 2, e quindi n = 1 n n 2. (xiv) Dalla disequazione precedente e da n 1 n 2 2, si deduce che n 2 {2, 3}. (xv) Se n 2 = 2, allora 2n 1 = n, quindi (n 1, n 2, n 3 ) = ( n, 2, 2). Il gruppo G è (deve essere! perché?) il gruppo 2 generato da due rotazioni di angolo π attorno a due assi che si intersecano nell origine con angolo 2π/n (gruppo diedrale di ordine n = 2n 1, indicato con il simbolo D n1 ). (xvi) Se n 2 = 3, allora e quindi 3 n 1 5, da cui n = 1 n 1. n 1 = 3 = n = 12; n 1 = 4 = n = 24; n 1 = 5 = n = 60. (xvii) Esistono gruppi con n 3 = 2, n 2 = 3 e n 1 {3, 4, 5}: sono i gruppi delle rotazioni che sono simmetrie del tetraedro (T), esaedro/ottaedro (cubo) (O), icosaedro/dodecaedro (I). Descriverne gli assi di rotazione. Ci sono solo questi gruppi in SO(3) con questi insiemi di poli? (10.26) Sia G GL(n, R) un sottogruppo finito di ordine G > 1, e x y denoti il prodotto scalare standard di R n. Allora: (i) Il prodotto x, y, definito per x, y R n da è un prodotto scalare. (ii) Per ogni A G, per ogni x, y R n si ha x, y = 1 G (Ax) (Ay) A G Ax, Ay = x, y. (iii) Esiste una base b 1,..., b n di R n ortonormale rispetto al prodotto,.

184 176 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE (iv) Se Q è la matrice del cambio di base, tale che Qb i = e i per ogni i = 1,..., n (e i vettori della base standard), allora x, y = (Qx) (Qy) = x t Q t Qy. (v) Per ogni A G la matrice coniugata QAQ 1 è ortogonale. (vi) L applicazione G O(n) definita da A QAQ 1 è un omomorfismo di gruppi, ed è iniettiva. (vii) Se G è un sottogruppo finito di GL(n, R), allora G è isomorfo ad un sottogruppo finito di O(n). Abbiamo visto nella proposizione (18.12) che una isometria tra spazi euclidei è sempre un isomorfismo affine. Ma cosa succede se si considerano spazi la cui metrica viene da una norma arbitraria (non quella standard di E n )? Mostriamo nel prossimi esercizi come le cose cambiano, ma non di molto. *(10.27) Sia R con la metrica euclidea, e V = R 2 con la metrica indotta dalla norma del massimo x = (x 1, x 2 ) R 2, x = max{ x 1, x 2 }, per cui la distanza tra x e y in V è data da x y. Dimostrare i seguenti fatti. (i) La funzione f : R V definita da f (t) = (t, sin t) conserva la distanza, cioè per ogni t 1, t 2 R si ha f (t 1 ) f (t 2 ) = t 1 t 2. (ii) La funzione f definita sopra non è una mappa affine. **(10.28) (Teorema di Mazur-Ulam) Siano X e Y spazi vettoriali reali con norme X e Y. Si considerino come spazi affini, con la struttura di spazio affine standard. Sia f : X Y una isometria (biunivoca). Dimostrare le seguenti proposizioni. (i) La funzione f è continua. (ii) Se f conserva i punti medi dei segmenti, allora è una mappa affine; cioè, se per ogni A, B X si ha f ( A + B ) = 2 f (A) + f (B), 2 allora f è affine. (Suggerimento: usare la proposizione (16.16), la densità dei razionali diadici dell esercizio (2.2) a pagina 22 e la continuità) (iii) Se Q X è un punto qualsiasi, allora la riflessione centrale attorno a Q (definita da φ(x) = Q + (Q x)) è una isometria tale che φ 1 = φ e φ(x) = x x = Q. (iv) Mostrare che se φ è una riflessione centrale attorno a Q X, allora per ogni x X si ha φ(x) Q X = x Q X, φ(x) x X = 2 x Q X. (v) Siano A, B X due punti distinti A B, e Q = A + B il punto medio. Se g: X X è una isometria tale 2 che g(a) = A e g(b) = B, allora g(q) A X = Q A X e g(q) Q X 2 A Q X.

185 Esercizi 177 (vi) Sia W l insieme di tutte le isometrie (biunivoche) g di X (in X) tali che g(a) = A e g(b) = B; esiste l estremo superiore λ = sup g(q) Q X. g W (vii) Sia φ: X X la riflessione centrale attorno a Q (punto medio di AB). Se g W, allora φg 1 φg W. (viii) Per ogni g W, (ix) Per ogni g W e quindi per ogni g (x) λ = 0, e quindi g W = g(q) = Q. φg 1 φgq Q X = g 1 φgq φq X = φgq gq X. φ(gq) gq X = 2 gq Q X, 2 gq Q X = φg 1 φgq Q X λ. (xi) Siano A = f (A) e B = f (B) le immagini di A, B in Y mediante l isometria f, e Q = A + B, 2 Q = A + B i punti medi. Sia φ : Y Y la riflessione centrale attorno a Q. Allora la mappa 2 h = φ f 1 φ f : X X è un elemento di W. (xii) Dedurre che h(q) = Q e che f (Q) = Q. (xiii) (Teorema di Mazur-Ulam) * : ogni isometria biunivoca f : X Y tra spazi normati è una mappa affine. * Lo schema di questa dimostrazione è di Jussi Väisälä, che a sua volta è basata su idee di A. Vogt.

186 178 #10. SPAZI EUCLIDEI E ISOMETRIE

187 Settimana N 11 SPAZI PROIETTIVI E PROIETTIVITÀ 20. SPAZI PROIETTIVI (Cfr.) * (20.1) Definizione. Sia V uno spazio vettoriale su campo K. Lo spazio proiettivo generato da V (il proiettivizzato di V, denotato con P(V)), è il quoziente di V {0} con la relazione di equivalenza v w λ K = K {0} : w = λv. La dimensione di P(V) è uguale a dim(v) 1. (20.2) Esempio. L esempio standard si ottiene considerando lo spazio vettoriale K n+1 di dimensione n + 1. Il proiettivo associato si indica con P n (K) (dunque P n (R) e P n (C) indicano lo spazio proiettivo reale e complesso di dimensione n). Se K ha una topologia (metrica), così come A n (K) ha la topologia generata da quella di K, anche P n (K) ha una topologia naturale: la topologia quoziente. (20.3) Nota. Osserviamo che la definizione (20.1) può essere data anche in termini di gruppi di trasformazioni: l insieme degli scalari non nulli K = K {0} è un gruppo rispetto all operazione di moltiplicazione (gruppo moltiplicativo), che agisce su V {0} (moltiplicazione per uno scalare). Allora semplicemente il proiettivizzato P(V) è uguale allo spazio delle K -orbite P(V) = V {0}/ K. Se V ha dimensione 1, allora V = K e V {0} = K {0}; non è difficile vedere che quindi P(V) è costituito da un elemento solo. (20.4) Nota. Una definizione equivalente di spazio proiettivo è la seguente: P(V) è l insieme di tutti i sottospazi di dimensione 1 di V. Come esercizio, dimostrare che questa definizione coincide con la definizione (20.1) (cioè che i due insiemi ottenuti sono in corrispondenza biunivoca). (20.5) Esempio. La retta proiettiva P 1 (R) = P(R 2 ): è omeomorfa a una circonferenza quozientata rispetto alla relazione di equivalenza x x, oppure ad un segmento con gli estremi identificati (cfr. esercizio (11.2) a pagina 193). Quanti punti ha la retta proiettiva P 1 (Z p ), con p N primo? E a cosa è omeomorfa la retta proiettiva P 1 (C) = P(C 2 ). Osserviamo che (z 0, z 1 ) (z 0, z 1 ) se e soltanto se esiste λ C tale che z i = λz i * Cfr: Sernesi, Vol I, cap 3 [1]. 179

188 180 #11. SPAZI PROIETTIVI E PROIETTIVITÀ Figura 11.1: Piero Della Francesca ( ), Pala di Brera / Pala Montefeltro per i = 0, 1. Se z 0 = 0, allora z 1 0 e quindi (0, z 1 ) (0, 1) dato che z 1 = λ 1 con λ = z 1. Se z 0 0, allora nello stesso modo (z 0, z 1 ) (1, z 1 z 0 ). Quindi in P 1 (C) ci sono i punti del tipo [(1, w) con w C e il punto [(0, 1)]. Con la proiezione stereografica possiamo definire una funzione S 2 {(0, 0, 1)} R 2, come Questa si estende ad una funzione (x, y, z) S 2 {(0, 0, 1)} R 3 x ( 1 z, y 1 z ) R2. (x, y, z) S 2 [(1, x + iy 1 z )] P1 (C)? Per rispondere a questa domanda, osserviamo che per ogni x, y, z R con x 2 + y 2 + z 2 = 1 ((x, y, z) S 2 R 3 ) e z 1 (da cui segue che x 2 + y 2 = 1 z 2 0) si ha (1, x + iy ) (1 z, x + iy) 1 z (1 z 2, (1 + z)(x + iy)) (x 2 + y 2, (1 + z)(x + iy)) ((x iy)(x + iy), (1 + z)(x + iy)) (x iy, 1 + z).

189 SPAZI PROIETTIVI Figura 11.2: Raffaello Sanzio ( ), La Scuola di Atene

190 182 #11. SPAZI PROIETTIVI E PROIETTIVITÀ Da questo segue che la risposta è affermativa (lo si svolga per esercizio: (11.2) a pagina 193). Nello stesso esercizio dimostrare che la funzione appena definita è un omeomorfismo. (20.6) Definizione. Consideriamo lo spazio proiettivo P n (K) di dimensione n su campo K. Un punto di x K n+1 si scrive come (n + 1)-upla con coordinate x i K (x 0, x 1,..., x n ). Se x 0 (cioè non tutte le coordinate x i sono nulle), la classe di equivalenza di x si può indicare con [x] P n (K). Le coordinate x i di x si chiamano coordinate omogenee di [x], e si scrive [x] = [x 0 : x 1 : : x n ] (20.7) Siano p = [p 0 : p 1 : : p n ] e q = [q 0 : q 1 : : q n ] due punti di P n (K). Allora p = q se e solo se esiste λ K {0} tale che i = 0,... n, q i = λp i. Dim. È una conseguenza immediata della definizione (20.1). (20.8) La funzione definita da è iniettiva. La sua immagine è j 0 : A n (K) P n (K), (x 1, x 2,..., x n ) [1 : x 1 : x 2 : : x n ] e si può definire l applicazione inversa j 0 (A n (K)) = {[p 0 : p 1 : : p n ] P n (K) : p 0 0}, {[p 0 : p 1 : : p n ] P n (K) : p 0 0} A n (K) [p 0 : p 1 : : p n ] ( p 1 p 0, p 2 p 0,..., p n p 0 ). Dim. È ovvio che j 0 è ben definita. Per mostrare che è iniettiva, basta mostrare che l applicazione definita sopra è la sua inversa (definita su {p 0 0}). Infatti, la composizione (x 1, x 2,..., x n ) [1 : x 1 : x 2 : : x n ] ( x 1 1, x 2 1,..., x n 1 ) è chiaramente l identità di A n (K), mentre la composizione [p 0 : p 1 : : p n ] ( p 1 p 0, p 2 p 0,..., p n p 0 ) è l identità dato che esiste λ = p 0 0, λ K {0} tale che [1 : p 1 p 0 : p 2 p 0 : : p n p 0 ] λ(1, p 1 p 0, p 2 p 0,..., p n p 0 ) = (p 0, p 1,..., p n ).

191 20. SPAZI PROIETTIVI 183 (20.9) Nota. È chiaro che avremmo potuto definire una funzione come la j 0 considerando non la prima coordinata (p 0 ), ma una qualsiasi delle n + 1 coordinate di K n+1. In questo modo possiamo includere lo spazio affine A n (K) nello spazio proiettivo P n (K) in almeno n + 1 modi distinti. Più in generale, cambiando le coordinate in K n+1 e in A n (K) si possono trovare infiniti modi di definire tale inclusione. (20.10) Definizione. Per ogni i = 0,..., n il sottoinsieme di P n (K) definito da {[p 0 : p 1 : : p n ] P n (K) : p i 0} si chiama la i-esima carta affine, e si indica con il simbolo A n i (K). È il complementare del sottospazio definito dall equazione p i = 0, che si dice iperpiano dei punti impropri, o punti all infinito. I punti della i-esima carta affine hanno, oltre che le coordinate omogenee, anche coordinate affini relative a i, mediante l applicazione inversa ji 1. j 1 i : [p 0 : p 1 :... : p n ] = [ p 0 : : p i 1 : 1 : p i+1 p i p i p i ( p 0,..., p i 1 p i p i, p i+1 p i : : p n p i ],... p n p i ) (20.11) Nota. Abbiamo quindi che P n (K) è l unione disgiunta dei due sottospazi P n (K) = {[x] P n (K) : x 0 0} {[x] P n (K) : x 0 = 0} = A n 0 (K) Pn 1 0 (K), dove A n 0 (K) è la parte affine e Pn 1 0 (K) è il sottospazio dei punti all infinito, o punti impropri di P n (K). La scelta della coordinata x 0, x i in realtà può essere vista come la scelta di un iperpiano (di codimensione 1) di punti impropri per P n (K). (20.12) Definizione. Sia V K n+1 un sottospazio vettoriale dello spazio vettoriale K n+1. Allora è ben definita l inclusione P(V) P n (K). Il sottospazio P(V) P n (K) si dice sottospazio proiettivo (o sottospazio lineare) di P n (K) di dimensione dim(p(v)) = dim(v) 1. (20.13) Nota. I sottospazi di dimensione 0 si dicono punti, quelli di dimensione 1 rette, quelli di dimensione 2 piani, quelli di dimensione n 1 (codimensione 1) iperpiani. (20.14) Proposizione. Se L è un sottospazio proiettivo di P n (K) di dimensione d, allora per ogni carta affine A n i (K) Pn (K) l intersezione A n i (K) L, se non vuota, è un sottospazio affine di An i (K) = A n (K) di dimensione d. Viceversa, per ogni sottospazio affine S A n i (K) di dimensione d esiste un sottospazio proiettivo L P n (K) di dimensione d tale che S = A n i (K) L. Dim. Sia V K n il sottospazio vettoriale per cui P(V) = L. Senza perdere in generalità, a meno di cambi di variabili, possiamo supporre che i = 0. Come abbiamo già notato nella dimostrazione di (16.12), è sempre possibile scrivere V come luogo degli zeri di una applicazione lineare (suriettiva) K n+1 K n d, cioè come

192 184 #11. SPAZI PROIETTIVI E PROIETTIVITÀ sistema di n d equazioni (omogenee e indipendenti) nelle n + 1 incognite (le coordinate di K n+1, cioè le coordinate omogenee dello spazio proiettivo associato); quindi esiste una matrice (n d) (n + 1) (una funzione lineare M : K n+1 K n d ) di rango n d tale che V = {v K n+1 : M(v) = 0}. L intersezione A n 0 (K) L è quindi l insieme di tutti i punti [1 : x 1 : x 2 : : x n ] di A n 0 (K) tali che 1 x 1 M( x 2 ) = x n Ma M è lineare, per cui si può scrivere (scelte le basi) come moltiplicazione di una matrice per un vettore, e quindi esistono coefficienti b i, a i, j tali che i punti di A n 0 (K) L sono tutti e soli i punti di coordinate (x 1, x 2,..., x n ) tali che 1 b 1 a 1,1 a 1,2... a 1,n 0 x b 2 a 2,1 a 2,2... a 1 2,n 0. x 2 = b n d a n d,1 a n d,2... a n d,n 0 il che è equivalente a scrivere che b 1 b 2. b n d a 1,1 a 1,2... a 1,n x 1 0 a 2,1 a 2,2... a 2,n x = a n d,1 a n d,2... a n d,n x n 0 L insieme di soluzioni, se non vuoto, è uno spazio affine. Per verificare che si tratta di uno spazio affine di dimensione d, basta osservare che il rango della matrice (a i, j ) è proprio n d. Infatti, il rango della matrice (a i, j ) può essere uguale soltanto a n d e n d 1, dal momento che la matrice (a i, j ) si ottiene cancellando la prima colonna della matrice completa (b i, a i, j ) (che ha rango n d per ipotesi). Ma se il rango è uguale a n d 1, allora il vettore (b i ) non è combinazione lineare dei vettori colonna di (a i, j ), e quindi il sistema non ha soluzioni. Quindi deve necessariamente essere uguale a n d, e l insieme di soluzioni ha dimensione d. Abbiamo dimostrato la prima parte della proposizione. Ora, supponiamo di avere un sottospazio affine S di dimensione d, e quindi l insieme di soluzioni di Ax + b = 0. Proseguendo come sopra, ma al contrario, possiamo osservare che la matrice M = (b i, a i, j ) ha rango n d e che individua il sottospazio vettoriale V di dimensione d + 1 tale che P(V) = L cercato. (20.15) Nota. Come segue da (20.14), lo spazio proiettivo P n (K) può essere pensato come l unione di uno spazio affine A n 0 (K) con coordinate [1 : x 1 : x 2 : : x n ] più un iperpiano di punti all infinito (i punti impropri) di coordinate [0 : x 1 : x 2 : : x n ] (cfr. la nota (20.11) a pagina 183). I sottospazi proiettivi di P n (K) sono quindi i sottospazi affini in A n 0 (K) cui sono stati aggiunti i loro punti all infinito. x n

193 20. SPAZI PROIETTIVI 185 (20.16) Definizione. Se S A n (K) è un sottospazio affine e A n (K) = A n i (K) Pn (K) è una carta affine, il sottospazio proiettivo L P n (K) tale che A n i (K) L = S della proposizione appena dimostrata si dice il completamento proiettivo (o anche chiusura proiettiva) di S. (20.17) Esempio. Determiniamo la chiusura proiettiva e i punti all infinito della retta S di A 2 (R) di equazione x 1 + x 2 = 1. Per prima cosa, aggiungendo una coordinata, scriviamo A 2 (R) come carta affine di P 2 (R), con coordinate [1 : x 1 : x 2 ]. Per trovare la chiusura proiettiva di S in P 2 (R) dobbiamo trovare una (sola) equazione lineare omogenea nelle coordinate [z 0 : z 1 : z 2 ], che definisca un sottospazio vettoriale di R 3 di dimensione 2 (che corrisponde alla retta proiettiva L cercata). Cioè in modo tale che b 1 z 0 + a 1 z 1 + a 2 z 2 = 0 b a 1 x 1 + a 2 x 2 = 0 sia l equazione di S nella carta affine. Basta riscrivere l equazione come 1 + x 1 + x 2 = 0, e quindi definire b 1 = 1, a 1 = 1, a 2 = 1. La retta proiettiva L ha quindi equazione z 0 + z 1 + z 2 = 0 nelle coordinate omogenee [z 0 : z 1 : z 2 ] di P 2 (R). I punti all infinito sono le intersezioni di L con la retta impropria di equazione z 0 = 0, e quindi sono le soluzioni (omogenee) del sistema z 0 + z 1 + z 2 = 0 z 0 = 0 che ha come soluzione tutti l unico punto di coordinate omogenee [0 : 1 : 1] (che possiamo scrivere come [0 : t : t] per ogni con t 0). (20.18) Definizione. Così come nella definizione (15.6), presi d + 1 punti [p 0 ], [p 1 ],, [p d ] di P n (K) si può definire il sottospazio proiettivo generato dai punti stessi come l insieme di tutte le combinazioni lineari [λ 0 p 0 + λ 1 p λ d p d ] con i coefficienti λ i K non tutti nulli. I punti [p i ] P n (K) si dicono linearmente dipendenti se i corrispondenti vettori p i K n+1 sono linearmente dipendenti, e linearmente indipendenti se lo sono i vettori. (20.19) Proposizione. Per due punti distinti di P n (K) passa una e una sola retta. Per tre punti non allineati di P n (K) passa uno e un solo piano ISOMORFISMI PROIETTIVI E PROIETTIVITÀ (20.20) Definizione. Siano P(V) e P(W) due spazi proiettivi. Una funzione f : P(V) P(W) si dice proiettiva se esiste un omomorfismo iniettivo di spazi vettoriali F : V W tale che per ogni v V si ha f ([v]) = [F(v)]. V {0} F W {0} P(V) f P(W)

194 186 #11. SPAZI PROIETTIVI E PROIETTIVITÀ Si dice che F induce la funzione f. Se f ammette una inversa proiettiva g (cioè una funzione g: P(W) P(V) indotta da un omomorfismo iniettivo G : W V tale che gf = 1 P(V) e f g = 1 P(W) ), allora è detto un isomorfismo proiettivo. In questo caso si dice che P(V) e P(W) sono isomorfi. Se V = W (e quindi P(V) = P(W), allora un isomorfismo proiettivo si dice proiettività. Osserviamo che diverse F possono indurre la stessa funzione proiettiva f : P(V) P(W): infatti se F : V W induce f, allora anche λf, per λ 0, λ K, induce la stessa f. (20.21) Due omomorfismi F, G : V W iniettivi inducono la medesima f : P(V) P(W) se e soltanto se esiste λ K tale che G = λf. La funzione f è un isomorfismo se e soltanto se F : V W è un isomorfismo di spazi vettoriali, per una qualsiasi F che induce f. Dim. Abbiamo già visto che se G = λf, allora inducono la stessa f. Viceversa, se F e G inducono la medesima f, allora per ogni v V deve esistere λ v K tale che Se v e w sono due vettori di V, allora e dunque G(v) = λ v F(v). G(v + w) = λ (v+w) F(v + w), G(v) + G(w) = λ (v+w) (F(v) + F(w)). Ma G(v) = λ v F(v), G(w) = λ w F(w), e quindi deve essere λ v F(v) + λ w F(w) = λ (v+w) F(v) + λ (v+w) F(w). Se v e w sono linearmente indipendenti, allora anche F(v) e F(w) lo sono, e quindi λ v = λ (v+w) = λ w. Se v e w sono linearmente dipendenti, allora è facile vedere che λ v = λ w. Quindi esiste λ (che non dipende da v) tale che G(v) = λf(v) per ogni v V. Ora, se f è un isomorfismo proiettivo (indotta da F), allora esiste la sua inversa g (indotta da G). La composizione GF induce l identità di P(V), la composizione FG induce l identità di P(W), e quindi devono esistere λ e λ tali che GF = λ1 V, FG = λ 1 W, e F deve essere un isomorfismo di spazi vettoriali. (20.22) Nota. Due spazi vettoriali della stessa dimensione (su campo K) sono isomorfi, per cui due spazi proiettivi sullo stesso campo e con la stessa dimensione sono isomorfi. Quindi senza perdere in generalità si può sempre pensare che uno spazio proiettivo su campo K sia P n (K). Se indichiamo con GL(V) il gruppo di tutti gli isomorfismi dello spazio vettoriale V in sé e PGL(V) il gruppo di tutte le proiettività di P(V) in sé, si ha un omomorfismo (di gruppi) GL(V) PGL(V) suriettivo (per definizione) ma non necessariamente iniettivo. Come abbiamo visto prima, il suo nucleo è proprio dato dall insieme di tutti i multipli di 1 V (identità di V) del tipo λ1 V, con λ K. Possiamo ripetere passo per passo l argomento usato: se A: V V induce

195 20. SPAZI PROIETTIVI 187 l identità P(V) P(V), allora per ogni v V si ha Av = λ v v per un certo λ v K (che potrebbe dipendere da v), λ v 0: cioè tutti i vettori di V sono autovettori per A. Ora, se v = v + w, si ha Av = Av + Aw = λ v v = λ v v + λ w w = λ v (v + w) = λ v v + λ w w = (λ v λ v )v + (λ v λ w )w = 0, e quindi quando v e w sono linearmente indipendenti deve essere λ v = λ v = λ w. Dato che autovettori linearmente dipendenti hanno sempre lo stesso autovalore, deduciamo che λ v non dipende da v, e quindi che Av = λv, cioè A = λ1 V. Le matrici del tipo λ1 V costituiscono il centro di GL(V). Il centro di GL(n, K) = GL(V) è il sottogruppo di tutte le matrici A tali che AB = BA per ogni B GL(V). Sia ora E i j una matrice con coefficienti ovunque 0 tranne 1 al posto i j, con i j. La matrice I + E i j ha determinante 1, e quindi è invertibile. In particolare, se A è nel centro di GL(V), deve essere A(I + E i j ) = (I + E i j )A per ogni scelta di i j, e quindi AE i j = E i j A. Ma AE i j è una matrice che ha zeri ovunque tranne nella colonna j-esima (dove compare la i-esima colonna di A). Invece, E i j A ha zeri ovunque tranne nella riga i-esima (dove compare la j-esima riga di A). Quindi la matrice AE i j = E i j A ha tutti zeri tranne nel posto i j; nella j-esima colonna c è la i-esima colonna di A, che quindi deve avere tutti zero tranne il coefficiente a ii, che compare in AE i j al posto i j; nella i-esima riga di AE i j c è la j-esima riga di A, che quindi deve avere tutti zero tranne il coefficienti a j j, che compare in AE i j al posto i j. Quindi A è una matrice diagonale con a 11 = a 22 =... = a nn, cioè A = λi. (20.23) Definizione. Si dice che sottoinsiemi S, S P n (K) sono proiettivamente equivalenti se esiste una proiettività f : P n (K) P n (K) tale che f (S) = S. (20.24) Esempio. Quali insiemi di due punti sono proiettivamente equivalenti in P 1 (R)? Quali in P 1 (C)? (20.25) Esempio. Siano (x A, y A ) e (x B, y B ) le coordinate di due punti A, B A 2 (K). Se A B, l equazione cartesiana della retta per A e B si può trovare ragionando come segue: un punto X = (x, y) sta sulla retta per A e B se e soltanto se è allineato con A e B, cioè se e soltanto se il sottospazio affine generato dai tre punti A, B e X ha dimensione 1. La sua chiusura proiettiva deve anche avere dimensione 1, e questo succede se e soltanto se i tre punti di P 2 (K) [x A : y A : 1], [x B : y B : 1], [x : y : 1] sono allineati in P 2 (K). Ma questo capita se e soltanto se x A y A x det y A y B y = INCIDENZA DI SOTTOSPAZI (20.26) Se S, T P n (K) sono due sottospazi proiettivi e dim(s) + dim(t) n, allora S T, cioè S e T sono incidenti.

196 188 #11. SPAZI PROIETTIVI E PROIETTIVITÀ Dim. Siano V e W i due sottospazi vettoriali di K n tali che P(V) = S P(K n+1 ) e P(W) = T P(K n+1 ). Per definizione si ha dim(s) = dim(v) 1, dim(t) = dim(w) 1. Per la formula di Grassmann si ha dim(v + W) + dim(v W) = dim(v) + dim(w), e quindi dim(v) + dim(w) dim(v W) n + 1 = dim(k n+1 ). Dato che dim(s T) + 1 = dim(v W), i due sottospazi hanno punti in comune se e solo se dim(v W) 1 (per la definizione di spazio proiettivo); inoltre, se dim(s) + dim(t) n si ha dim(s T) = dim(v W) 1 (dim V + dim W n 1) 1 = (dim S dim T + 1 n 1) 1 0, e quindi la tesi. (20.27) Corollario. Due rette distinte nel piano proiettivo P 2 (K) si incontrano sempre in un unico punto. Una retta e un piano che non la contiene, nello spazio proiettivo P 3 (K), si incontrano sempre in un unico punto. Dim. Per (20.26) in entrambi i caso l intersezione non è vuota. A questo punto osserviamo che esiste una unica retta (proiettiva) passante per due punti distinti di uno spazio proiettivo, per cui due rette non possono avere due punti in comune senza essere coincidenti. Per quanto riguarda la retta e il piano, si procede in modo analogo (vedere anche esercizi (11.12) e (11.15)). (20.28) Nello spazio proiettivo P n (K) comunque scelti n iperpiani, essi hanno almeno un punto in comune. Dim. Di fatto si tratta di n sottospazi di K n+1 di dimensione n (codimensione 1), cioè di n equazioni (omogenee) nelle n + 1 coordinate di K n+1. La dimensione dello spazio di soluzioni è sempre almeno 1. (20.29) Se H P n (K) è un iperpiano e P un punto non in H, allora ogni retta passante per P incontra H esattamente in un punto. Dim. Sia H = P(V) per il sottospazio vettoriale V K n+1. Dire che P = [p] P n (K) non appartiene a H significa dire che il vettore (non nullo) p non appartiene a V. Sia l una retta per P, cioè l = P(W), con W K n+1 sottospazio vettoriale di dimensione 2, e P = [p] l, cioè p W. Dato che la somma delle dimensioni dim(l) + dim(h) è esattamente n, per (20.26) la retta e l iperpiano devono avere necessariamente almeno un punto in comune. Se ne avessero due distinti, risulterebbe che la dimensione dell intersezione V W sarebbe 2, e quindi W V = l H. Ma questo non può essere dato che P H (si veda anche l esercizio (11.15)). (20.30) Nota. Mediante (20.29) si può dimostrare che è possibile definire la proiezione proiettando non solo parallelamente (come abbiamo visto fare per spazi affini e euclidei), ma anche proiettando da un punto di P n (K). Vediamo come: se Q P n (K) è un punto fissato e H e H due iperpiani di P n (K) che non contengono Q, per ogni [x] H esiste una (unica) retta passante per [x] e per Q; questa retta interseca H in un unico punto, che chiamiamo f ([x]). Abbiamo definito quindi una funzione f : H H (chiamata anche proiezione prospettica, o prospettiva, di H su H ). È un isomorfismo proiettivo tra H e H. Per mostrare questo, osserviamo che H = P(V) e H = P(V ) con V e V sottospazi di K n+1 di dimensione n. La funzione f è un isomorfismo proiettivo se esiste F : V V lineare (isomorfismo di spazi vettoriali) che induce f. Ora, sia q K n+1 un

197 20. SPAZI PROIETTIVI 189 vettore per cui [q] = Q. Dal momento che q V, si può scrivere K n+1 come somma (diretta) di sottospazi vettoriali K n+1 = q V e di conseguenza si può definire la proiezione π : K n+1 V lungo la direzione del vettore q (meglio, del sottospazio vettoriale generato da q, di dimensione 1). La restrizione di π a V è anch essa un omomorfismo di spazi vettoriali, e quindi lo è la composizione F : V K n+1 V, che è un isomorfismo dato che q V. Non rimane che mostrare che per ogni x V si ha [F(x)] = f ([x]). La retta per [x] e Q è il sottospazio (di dimensione 2) generato da x e da q. È chiaro che la sua intersezione con V coincide con la sua proiezione mediante π definita sopra (che proietta su V ), dato che la proiezione è parallela a q e [q] = Q è un punto della retta (e quindi del piano che stiamo considerando), cioè che l intersezione è generata da F(x). (20.31) Nota. A patto di aggiungere i punti all infinito, possiamo definire una proiezione prospettica anche tra iperpiani affini (e quindi non sarà definita in alcuni punti degli iperpiani affini). (20.32) Esempio. Proiettività P 1 (R) P 1 (R) (circonferenza): in coordinate affini sono Proiettività P 1 (C) P 1 (C) (sfera di Riemann): corrispondono in coordinate affini alle trasformazioni di Möbius z az + b cz + d per ad bc 0. Sottogruppo modulare: con coefficienti interi. (20.33) Esempio. Siano A una matrice n n a coefficienti in K, b e c due vettori di K n, e K il campo degli scalari. La proiettività (ricordare il prodotto di matrici a blocchi) [ ] [ ] [ ] [ ] x A b x Ax + ub u c t = d u c t x + ud in coordinate affini si scrive [ ] 1 x 1 c t x + d (Ax + b), 1 cioè x Ax + b c t x + d. Quando c = 0 (deve essere d 0 dato che la matrice completa è invertibile), non è altro che una trasformazione affine. Altrimenti, manda l iperpiano (affine) di equazione c t x + d = 0 all infinito. In generale, una proiettività f di P(V) in sé induce una corrispondenza biunivoca tra gli iperpiani di V (o, equivalentemente, gli iperpiani di P(V)) in sé. Se f manda l iperpiano all infinito in sé, allora deve essere c = 0. Se invece c 0, non può mandare l iperpiano all infinito in sé. Cioè, manda l iperpiano all infinito in sé se e solo se c = 0. In altre parole, le trasformazioni affini di A n 0 (K) Pn (K) sono le restrizioni alla parte affine A n 0 (K) di tutte quelle proiettività di Pn (K) che mandano l iperpiano all infinito in sé (si veda l esercizio (11.26)). (20.34) Esempio. Proiettiamo con una prospettiva E 3 sul piano z = 0, con fuoco in (0, 0, 1): la linea 0 x 0 + t y 1 z 1

198 190 #11. SPAZI PROIETTIVI E PROIETTIVITÀ passa per (x, y, z) e (0, 0, 1), e incontra il piano z = 0 per t = 1, quindi la proiezione è 1 z x x y 1 z y z 1 z In coordinate omogenee diventa la funzione lineare [x : y : z : u] [x : y : 0 : u z]. (20.35) Esempio. Proviamo a invertire la funzione S 2 P 1 (C) definita nell esempio (20.5), (x, y, z) S 2 [1 z : x + iy] = [x iy : 1 + z] P 1 (C). Se [w 1 : w 2 ] P 1 (C), con w i C, se poniamo w = w 2 (per w 2 0) si ha [1 : w] = [1 : w 2 w w 1 ] e quindi basta 1 invertire la proiezione stereografica ed ottenere x = 2R(w) w y = 2I(w) w z = w 2 1 w x = 2R(w 2/w 1 ) w 2 /w y = 2I(w 2/w 1 ) w 2 /w z = w 2/w w 2 /w x = 2R(w 2/w 1 ) w 1 2 w w 1 2 = 2R(w 2w 1 ) w w 1 2 y = 2I(w 2/w 1 ) w 1 2 w w 1 2 = 2I(w 2w 1 ) w w 1 2 z = w 2 2 w 1 2 w w 1 2 Se quindi scriviamo w 1 = a + ib, w 2 = c + id, la mappa si scrive h(a, b, c, d) = = 1 a 2 + b 2 + c 2 + d 2 1 a 2 + b 2 + c 2 + d 2 2R((c + id)(a ib)) 2I((c + id)(a ib)) c 2 + d 2 a 2 b 2 2(ac + bd) 2(ad cb) c 2 + d 2 a 2 b 2 Osserviamo che di fatto è una mappa definita su C 2 {0} che passa al quoziente con l azione di C, e quindi si può restringere ad una mappa sulla sfera S 3 R 4 definita da a 2 + b 2 + c 2 + d 2 = 1 come h: S 3 S 2. Questa è una mappa molto importante in geometria e topologia, chiamata la mappa di Hopf, o anche fibrazione di Hopf. Provare a dimostrare che le controimmagini dei punti di S 2 sono circonferenze disgiunte in S 3.

199 20. SPAZI PROIETTIVI 191 Figura 11.3: Immersione (non regolare e con auto-intersezioni) del piano proiettivo in E 3. r := 1; plot3d([r*(1+cos(v))*cos(u), r*(1+cos(v))*sin(u), -tanh(2/3*(u-pi))*r*sin(v)], u = 0.. 2*Pi, v = 0.. 2*Pi);

200 192 #11. SPAZI PROIETTIVI E PROIETTIVITÀ Figura 11.4: Immersione (regolare senza auto-intersezioni: superficie di Boy) del piano proiettivo in E 3. X := (sqrt(2)*cos(2*u)*cos(v)^2 + cos(u)*sin(2*v)) / (2-sqrt(2)*sin(3*u)*sin(2*v)); Y := (sqrt(2)*sin(2*u)*cos(v)^2 - sin(u)*sin(2*v)) / (2-sqrt(2)*sin(3*u)*sin(2*v)); Z := 3*cos(v)^2/(2-sqrt(2)*sin(3*u)*sin(2*v)); plot3d([x, Y, Z], u = -(1/2)*Pi.. (1/2)*Pi, v = 0.. Pi);

201 Esercizi 193 ESERCIZI (11.1) Dimostrare che la definizione (20.1) di spazio proiettivo come spazio delle orbite mediante l azione del gruppo moltiplicativo del campo è equivalente (nel senso che gli insiemi ottenuti sono in corrispondenza biunivoca) alla definizione della nota (20.4), cioè P(V) è l insieme di tutti i sottospazi di dimensione 1 di V. (11.2) Dimostrare che P 1 (R) è omeomorfo alla circonferenza S 1. *(11.3) Dimostrare che P 1 (C) è omeomorfo alla sfera S 2. *(11.4) Dimostrare che tutti gli spazi proiettivi P n (R) e P n (C), per n 1, sono compatti. (Suggerimento: invece che considerare lo spazio proiettivo come quoziente di R n+1 {0} con l azione del gruppo moltiplicativo R, si può considerare il quoziente solo della sfera S n R n+1 di equazione x x x2 n, che è compatta e quindi l immagine di un compatto mediante la mappa (continua) quoziente è ) (11.5) Dimostrare che A 2 (R) è omeomorfo ad un disco aperto, e che quindi P 2 (R) si può scrivere come unione disgiunta di un disco aperto (la carta affine) e la retta di punti all infinito (che, siccome è omeomorfa a P 1 (R), è omeomorfa a una circonferenza S 1 ). (11.6) Dimostrare che ogni sottospazio proiettivo L P n (K) di dimensione d è omeomorfo allo spazio proiettivo P d (K). (11.7) Si considerino i punti [1 : 2 : 3], [2 : 3 : 1] e [3 : 1 : 2] di P 2 (R). Dimostrare che non sono allineati (cioè che non c è una retta proiettiva che passa per i tre punti). Sono punti impropri per la carta affine {[1 : x : y] : x, y R} P 2 (R)? (11.8) Si consideri il piano proiettivo P 2 (R) con carta affine A 2 (R) = {[1 : x : y]} come nell esercizio precedente. Esiste una retta in A 2 (R) che ha come punti impropri [0 : 1 : 0] e [0 : 0 : 1]? (11.9) Dimostrare che ogni retta del piano affine ha uno e uno solo punto all infinito, in qualsiasi chiusura proiettiva. (11.10) Dimostrare che due rette distinte del piano proiettivo P 2 (K) hanno sempre uno e un solo punto in comune (e quindi non ci sono rette parallele). (11.11) Dimostrare che due rette parallele di A 2 (K) hanno lo stesso punto all infinito in qualsiasi chiusura proiettiva di A 2 (K) (cioè dimostrare che due rette con punti all infinito distinti si devono incontrare). (11.12) Dimostrare che per due punti distinti di P n (K) passa e una sola retta (sottospazio proiettivo di dimensione 1). (11.13) Sia S P n (K) il sottoinsieme di P n (K) definito come segue: presi in P n (K) d + 1 punti [p 0 ], [p 1 ],..., [p d ], i punti di S sono quelli che si possono scrivere (in coordinate omogenee) come combinazioni lineari [λ 0 p 0 + λ 1 p λ d p d ] per certi coefficienti λ i K non tutti nulli. Dimostrare che S è un sottospazio proiettivo e che ogni sottospazio proiettivo di P n (K) si può scrivere in questo modo. (Vedi la definizione (20.18)) (11.14) Dimostrare che il sottospazio (proiettivo) di P n (K) generato da d + 1 punti è il più piccolo sottospazio proiettivo che contiene tutti i d + 1 punti.

202 194 #11. SPAZI PROIETTIVI E PROIETTIVITÀ (11.15) Dimostrare che esiste uno ed un unico sottospazio proiettivo di dimensione d che passa per d + 1 punti di P n (K) linearmente indipendenti. (11.16) Dimostrare che una retta proiettiva è generata da due suoi punti distinti. (11.17) Dimostrare che se un sottospazio proiettivo S di P n (K) passa per d + 1 punti, allora S contiene il sottospazio proiettivo generato dai d + 1 punti (cioè l unico spazio proiettivo di dimensione d dell esercizio (11.15)). [ ] 1 (11.18) Scrivere la proiezione prospettica con centro nel punto A 1 2 (R), dalla retta di equazione {(x, y) A 2 (R) : y = 0} alla retta di equazione (x, y) A 2 (R) : x = 0}. (11.19) Si scriva in coordinate affini (rispetto ad una carta) la proiezione prospettica di P 2 (R) dove Q = [0 : 1 : 1], H = {[x 0 : x 1 : x 2 ] P 2 (R) : x 1 = 0} e H = {[x 0 : x 1 : x 2 ] P 2 (R) : x 2 = 0}. È una trasformazione affine di H in H? (11.20) Determinare le equazioni omogenee (in P 2 (R)) della retta di A 2 (R) di equazione x + y = y 1. Qual è il suo punto all infinito? (11.21) Si considerino le rette di A 2 (R) di equazione y = x + b, con b R. Calcolare, al variare di b, le coordinate (omogenee) del punto all infinito della retta. (11.22) Si considerino le rette di A 2 (R) di equazione y = mx, con m R, m 0. Calcolare, al variare di m, le coordinate (omogenee) del punto all infinito della retta. *(11.23) Determinare le proiettività : P 2 (R) P 2 (R) che fissano la retta (impropria) {x 0 = 0} (cioè ogni punto della retta impropria viene mandato in sé). (11.24) È possibile scrivere una traslazione di A 2 (R) come restrizione ad una carta affine di una proiettività di P 2 (R)? [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] [ ] (11.25) Esiste una proiettività che manda i punti,, di una carta affine in, e? *(11.26) Sia A n (K) P n (K) una carta affine e T : A n (K) A n (K) una affinità. Determinare (in un sistema di riferimento fissato, se si crede) una proiettività P che manda A n (K) in sé (e quindi l iperpiano dei punti impropri in sé) e che ristretta a A n (K) sia proprio uguale a T. (Suggerimento: Si scriva T come x Ax + b per una matrice A e un vettore b. Nel cercare la matrice F corrispondente della proiettività (che sarà una matrice (n + 1) (n + 1)), si osserva che se l iperpiano dei punti impropri va in sé, allora la prima riga di F ha un solo termine non zero e a meno di moltiplicare F per una costante si può supporre questo termine uguale a 1 poi si utilizzano b e A per riempire la matrice. Provare con matrici 3 3 all inizio, per avere un idea più concreta. ) *(11.27) Mostrare che SO(3) P 3 (R). (utilizzare l esercizio (7.30) a pagina 113)

203 Appendice A ALCUNI ESERCIZI SVOLTI [[url: 1. ESERCIZI SVOLTI (1) Determinare gli elementi dei seguenti insiemi: (i) {x Z : z Z, y Z : xz = y}; (ii) {x Z : y Z : z Z, xz = y}; (iii) {x R : y Z : z Q, xz = y}. Sol: 195

204 196 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI (i) Osserviamo che si può scrivere {x Z : z Z, y Z : xz = y} = {x Z : z Z, xz Z}, e dato che il prodotto di interi è sempre un numero intero si ha {x Z : z Z, xz Z} = Z. (ii) Fissto un x Z, definiamo l insieme Allora si può scrivere S x = {xz : z Z}. /// X = {x Z : y Z : z Z, xz = y} = {x Z : y Z : S x = {y}}. Ora, si può facilmente vedere che {0} se x = 0 S x = l insieme dei multipli di x se x 0. Quindi se x 0 sicuramente x X, mentre se x = 0 si ha x X. Segue che X = {0}. (iii) Ora calcoliamo l insieme Y = {x R : y Z : z Q, xz = y}. Si può procedere come sopra, oppure nel modo seguente: se x 0 Y, allora per definizione esiste y Z tale che x 0 z = y per ogni z Q. Se x 0 0, allora questo significa che esiste un certo intero y (fissato) per cui ogni z QQ è uguale a y x 0, ma questo è falso. Quindi necessariamente deve essere x 0 = 0, cioè Y {0}. Mostriamo che {0} Y, cioè che 0 Y, ovvero y Z : z Q, 0z = y. Come sopra, basta prendere y = 0. Questo significa che Y = {0}. (2) Determinare se i seguenti insiemi sono aperti della topologia indicata. Quali sono chiusi? (i) {x Q : x 2} (nella topologia di Q). (ii) {x Q : x 2} (nella topologia di R). (iii) {x Q : x 2 2} (nella topologia di Q). (iv) {x Q : x 2 2} (nella topologia di R). (v) {x R : x 2 2} (nella topologia di R). Sol: Sappiamo che nelle topologie di R e Q gli intervalli del tipo (, b), (a, ) sono aperti. Questo implica che gli intervalli del tipo [b, ), (, a] sono chiusi (complementari di aperti). (i) {x Q : x 2} (nella topologia di Q): è chiuso (perché si può scrivere come intervallo (, 2]) e non è aperto (perché il punto 2 non è interno).

205 1. ESERCIZI SVOLTI 197 /// (ii) {x Q : x 2} (nella topologia di R): non è chiuso (se fosse chiuso dovrebbe contenere tutti i suoi punti di accumulazione; ma basta prendere opportunamente una successione di razionali che converge a 2 < 2 per notare che questo non è vero) e non è aperto (non solo 2 non è interno: nessun punto è interno in R!). (iii) {x Q : x 2 2} (nella topologia di Q): Dal momento che 2 Q, si può scrivere {x Q : x 2 2} = [ 2, 2] Q = ( 2, 2) Q e quindi l insieme preso in considerazione è sia chiuso che aperto. (iv) {x Q : x 2 2} (nella topologia di R): come sopra, non è né chiuso né aperto. (v) {x R : x 2 2} (nella topologia di R): qui l insieme è uguale a [ 2, 2], che è chiuso e non è aperto (gli estremi non sono interni ma appartengono all intervallo). (3) È vero che se un insieme X è finito allora è compatto per ogni topologia che si considera? E il viceversa (cioè è vero che se un insieme è compatto rispetto ad ogni possibile topologia, allora ha un numero finito di punti)? Sol: Mostriamo che se un insieme X è finito allora è compatto per ogni topologia che si considera, cioè ogni ricoprimento mediante aperti di X ammette un sottoricoprimento finito. Infatti, se {U i } è un ricoprimento di X, dal momento che X, essendo finito, ha un numero finito di sottoinsiemi, solo un numero finito degli aperti che costituiscono il ricoprimento {U i } sono distinti. Basta quindi eventualmente eliminare le ripetizioni nel sottoricoprimento (cioè cancellare gli aperti U i che compaiono più volte) per ottenere il sottoricoprimento finito cercato. Viceversa: mostriamo che se un insieme è compatto rispetto ad ogni possibile topologia, allora ha un numero finito di punti. In particolare, deve essere compatto rispetto alla topologia discreta (dato che è compatto rispetto ad ogni possibile topologia), che ha per aperti tutti i sottoinsiemi di X. Ma allora deve esistere un sottoricoprimento finito di ogni ricoprimento: prendiamo come ricoprimento di X la famiglia di insiemi contenenti un solo elemento di x: X = {x}. x X Ma questo ricoprimento non ha sottoricoprimenti (se togliamo uno qualsiasi degli aperti {x} il punto x non è coperto da un aperto del ricoprimento), e quindi deve essere necessariamente finito. Ma se tale ricoprimento è finito, allora X ha un numero finito di punti. /// (4) Determinare se i seguenti sottospazi di R 2 (con la topologia metrica di R 2 ) sono connessi oppure no. (i) X = {(x, y) R 2 : xy = 1}; (ii) Y = {(x, y) R 2 : (xy 1)(x y) = 0}; (iii) Z = {(x, y) R 2 : x 2 y xy 2 x + y = 0}. Sol:

206 198 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI /// (i) X = {(x, y) R 2 : xy = 1}: consideriamo in R 2 i due aperti U = {(x, y) R 2 : x > 0 e V = {(x, y) R 2 : x < 0}. Le intersezioni A = X U e B = X V sono non vuote (infatti (1, 1) A e ( 1, 1) B), disgiunte (dato che U V = ), tali che X = A B (dato che (x, y) X xy = 1 = x 0) e sono aperti nella topologia indotta di X (visto che U e V sono aperti nella topologia di R 2 ). Questo significa che X non è connesso. (ii) Y = {(x, y) R 2 : (xy 1)(x y) = 0}: per la legge di annullamento del prodotto, (xy 1)(x y) = 0 se e solo se uno dei due fattori (xy 1) e (x y) si annulla. Cioè, se indichiamo con R la retta {(x, y) R 2 : x y = 0}, si ha Y = X R, (Y è l unione dell iperbole X con la retta R). Ma osserviamo che X è unione dei suoi due rami A e B (vedi sopra), che sono connessi (non è difficile trovare due funzioni continue e suriettive f : (, 0) B e g: (0, ) A). Quindi Y è unione dei tre spazi connessi A, B e R, e A R, B R. Possiamo dedurre (per esempio, dalla proposizione 12.9) che Y è connesso (in questo caso basta una giustificazione intuitiva). (iii) Z = {(x, y) R 2 : x 2 y xy 2 x + y = 0}: risulta Z = Y. (5) Si consideri la famiglia τ di tutti i sottoinsiemi di N = {0, 1, 2,... } costitutita dall insieme vuoto, da N e da tutti i sottoinsiemi del tipo {1}, {1, 2}, {1, 2, 3}, {1, 2, 3, 4}, {1, 2, 3, 4, 5}... È vero che τ è una topologia? Se sì, allora, rispetto a questa topologia, N è connesso? È compatto? Sol: Per mostrare che è una topologia dobbiamo mostrare che τ, N τ, che l unione di una famiglia qualsiasi di elementi di τ è ancora un elemento di τ e che l intersezione di una famiglia finita di elementi di τ è ancora un elemento di τ. Osserviamo quindi che ogni elemento di τ diverso da e da N si può scrivere come U n = {k N : 1 k n} per un certo n 1. Consideriamo quindi una famiglia (finita o infinita) di aperti U ni. Sia X l unione X = U ni. i Vogliamo mostrare che X τ. Osserviamo che se x X e 1 y x, allora y X. Infatti, se x X, allora esiste U ni per cui x U ni (oppure X = N, ma questo caso lo escludiamo perché banale). Ma dato che U ni contiene tutti gli interi k 1 e k n i, deve essere x n i, e quindi U ni (e di conseguenza X) contiene tutti i numeri y x, y 1. Ma questo significa che se X è limitato, allora esiste U M tale che X = U M, e quindi è aperto. Ma se X non è limitato? Allora, per lo stesso argomento, risulta X = {k N : 1 k} = {1, 2,... } C è quindi un problema: l unico insieme di τ non limitato è N = {0, 1, 2,... }, che contiene in più l elemento 0 Quindi τ non è una topologia. Per chi vuole proseguire togliendo lo 0 da N /// (6) Se X è uno spazio topologico con due sottospazi A e B non vuoti e disgiunti tali che A B =, allora è vero che X di certo non è connesso?

207 1. ESERCIZI SVOLTI 199 Sol: No, basta prendere per esempio X = R, A = {0} e B = {1}. I due sottoinsiemi A e B sono non vuoti e disgiunti, e A = A, per cui A B =. Ma X = R è connesso. /// (7) Determinare se l intervallo I = {x, R : 0 x 1} meno un punto x 0 I è compatto e connesso, al variare di x 0. (I x 0 = {x I : x x 0 } ). Sol: Per prima cosa dimostriamo che I {x 0 } non è mai compatto. Per il teorema di Heine-Borel, basta dimostrare che per ogni x 0 I lo spazio I {x 0 } non è chiuso nella topologia di R. Infatti, fissato x 0 esiste una successione {x n } in I {x 0 } che converge a x 0, cioè x 0 è di accumulazione per I {x 0 }. Ma x 0 I {x 0 }, e quindi abbiamo trovato un punto di accumulazione di I {x 0 } non contenuto in I {x 0 } (cioè esso non contiene tutti i suoi punti di accumulazione, ovvero non è chiuso). Per quanto riguarda la connessione, sappiamo che i sottoinsiemi connessi di R sono tutti e soli gli intervalli. Ma I {x 0 } è un intervallo se x 0 = 0 oppure x 0 = 1 (infatti, rispettivamente si ha (0, 1] e [0, 1) ), mentre non lo è se 0 < x 0 < 1. Se ne deduce immediatamente che: connesso se x 0 = 0 oppure x 0 = 1; I {x 0 } è: non connesso se 0 < x 0 1. /// (8) Si consideri il sottoinsieme di R definito da X = {x R : x = pq }, p, q Z, pq Determinare quali delle seguenti affermazioni è vera (nella topologia euclidea di R): (i) X è chiuso; (ii) X è aperto; (iii) X è compatto. Sol: L insieme X consiste di tutti i numeri reali che si possono scrivere come quoziente di due interi il cui modulo del prodotto non supera (e quindi ha al più 100 cifre). Siano p e q due interi positivi (e quindi p 1, q 1). Se pq , allora q p , dato che p 1. Lo stesso vale per q. Ne segue che ci sono un numero finito di coppie (p, q), con p 1, q 1 e tali che pq e quindi solo un insieme finito di numeri (che chiamiamo X >0 che si possono scrivere come x = f racpq, con p 1 e q 1. Ora, se p = 0 ci sono infiniti q tali che pq , ma tutti danno luogo allo stesso elemento 0 X. Invece, non può essere q = 0. Da ciò si deduce che X può essere quindi scritto come l unione di tre insiemi finiti: l insieme X >0 definito sopra, l insieme {0} e X <0 = X >0, cioè l insieme degli opposti di tutti gli elementi di X <0. Quindi X è finito. Ogni punto di R è chiuso; ogni unione finita di chiusi è chiusa; dunque ogni insieme finito di R è chiuso. Pertanto X è chiuso. Dato che R è connesso, non può contenere sottoinsiemi sia chiusi che aperti diversi da e R, quindi X non è aperto. X è anche compatto: da ogni ricoprimento mediante aperti di X si può estrarre un sottoricoprimento finito come segue. Se {U i } i J è la famiglia di aperti del ricoprimento, allora X U i. i J

208 200 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI Per ogni x X, esiste quindi almeno un i(x) J tale che x U i(x) (non è necessariamente unico). Fatta la scelta per i(x), si ottiene facilmente che X U i(x), e quindi esiste un sottoricoprimento finito di X, dato che X è finito. /// (9) Si consideri nel piano euclideo E 2 (con la topologia metrica) il sottoinsieme Determinare quali delle seguenti affermazioni è vera: (i) X è chiuso; (ii) X è aperto; (iii) X è compatto; (iv) X è connesso. x X X = {(x, y) E 2 : x 2 y 2 1}. Sol: Osserviamo che la funzione f : E 2 R definita da f (x, y) = x 2 y 2 è una funzione continua. Ma allora la controimmagine di un chiuso di R è un chiuso di E 2, e la controimmagine di un aperto di R è un aperto di E 2. La controimmagine dell intervallo (, 1] (che è un chiuso di R) è uguale a f 1 ((, 1]) = {(x, y) E 2 : f (x) (, 1]} = X, e quindi X è chiuso. X non è aperto: consideriamo per esempio il punto di coordinate (1, 0). Ogni suo intorno circolare contiene punti del tipo (1 + ϵ, 0) e (1 ϵ, 0), con ϵ > 0 piccolo a piacere. Ma (1 + ϵ) 2 1 accade solo per ϵ = 0, e quindi (1, 0) non è interno a X. Per il teorema di Heine-Borel, X è compatto se e solo se è chiuso e limitato. Dato che è chiuso, è compatto se e solo se è limitato. Non è limitato: per ogni R R il punto di coordinate (0, R) appartiene a X, dato che per ogni R accade che R 2 1. Quindi non è compatto. Per mostrare che è connesso, basta osservare che è connesso per archi: osserviamo che dal punto O = (0, 0) si può raggiungere un qualsiasi punto (x 0, y 0 ) di X mediante un cammino rettilineo. Infatti, se x0 2 y2 0 1, allora per ogni t [0, 1] si ha (tx 0 ) 2 (ty 0 ) 2 = t 2 (x0 2 y2 0 ) t2 1, e quindi il punto γ(t) = (tx 0, ty 0 ) sta in X. Quindi γ(t) definisce un cammino continuo che parte da (0, 0) (per t = 0) e arriva a (x 0, y 0 ) (per t = 1), e X è connesso per archi. /// (10) Determinare i punti di accumulazione in R del sottoinsieme di Q definito da È vera o no la seguente uguaglianza? { p : p, q Z}. 10q { p 10 q : p, q Z} = { p : p, q Z} 100q

209 1. ESERCIZI SVOLTI 201 Sol: Sia X = { p : p, q Z} il sottoinsieme di Q in questione. Si tratta di tutti i numeri razionali che 10q hanno rappresentazione decimale con un numero finito di cifre (anche dopo la virgola). Prima di procedere, osserviamo che non tutti i numeri razionali si possono scrivere in forma decimale con un numero finito di cifre: 1 3 e tutte le frazioni con gruppi di cifre periodiche non possono. Ma per ogni numero reale x (razionale o no) esiste una successione di numeri decimali canonica (con numero di cifre crescente) che converge a x: quella che si ottiene troncando alla q-esima cifra la parte decimale. Ciascuno dei termini della successione è un elemento di X, per cui ogni numero reale è limite di una successione di elementi di X; segue che la chiusura di X è uguale a R. Ora, i punti di R X sono sicuramente di accumulazione. Rimane da vedere quali punti di X sono di accumulazione o, equivalentemente, quali punti di X sono isolati. Se esistesse un punto x 0 X isolato (cioè tale che esiste ϵ > 0 per cui nell intervallo (x 0 ϵ, x 0 + ϵ) non ci sono altri elementi di X all infuori di X), allora per un certo ϵ > 0 dovrebbe essere che nessun numero dell intervallo ( p 10 q, p ) 10 q + ϵ è di X. Ma la somma di due frazioni in X è ancora in X (perché?), e quindi basta prendere un l intero abbastanza 1 p grande per cui 10 l < ϵ ed ottenere l elemento 10 q l di X che verifica le disuguaglianze p p < 10 q 10 q l < p + ϵ. 10 q Dunque tutti i numeri reali sono di accumulazione per X. Ora, consideriamo i due insiemi X = { p : p, q Z} 10q e p Y = { : p, q Z}. 100q Dato che 10 2 = 100, ogni elemento di Y si può scrivere come p 100 q = p 10 2q, e quindi Y X. Ma, viceversa, ogni elemento di X si può scrivere come e quindi X Y. Segue che X = Y. /// p 10 q = p 10q 10 q 10 q = 10q p 100 q, (11) Quali tra i seguenti insiemi sono aperti (nelle topologie corrispondenti)? Quali chiusi? Quali compatti? (i) {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 2xy + 1}; (ii) {(z, w) C 2 : z 2 w 3 = 1 = z 2 w 3 }; (iii) {xe ix : x > 0} C = R 2 ; (iv) {(x, y) R 2 : max( x + y, x y ) 1}.

210 202 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI Sol: L insieme X = {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 2xy + 1} è anche l insieme di soluzioni dell equazione x 2 + y 2 2xy = (x y) 2 1, cioè le controimmagini dell intervallo chiuso [ 1, 1] mediante la funzione continua f (x, y) = x y. Dunque X è chiuso. Si tratta della striscia compresa tra le rette di equazioni y = x 1 e y = x + 1. Non è vuoto ((0, 0) X) e non è tutto R 2 ( (0, 2) X ), e quindi non è aperto (dato che gli unici aperti-chiusi di R 2 sono l insieme vuoto e R 2 stesso). Il punto (n, n), per ogni n Z, è in X e quindi X non è limitato: X non è compatto. L insieme X{(z, w) C 2 : z 2 w 3 = 1 = z 2 w 3 } è chiuso, perché la funzione f : C 2 C 2 definita da f (z, w) = (z 2 w 3, z 2 w 3 ) ha componenti continue e quindi è continua. Pertanto la controimmagine di (1, 1) C 2, che è un chiuso di C 2, è un chiuso. Osserviamo che se (z, w) X, allora z 2 = z 2 z 2 = zz z(z z) = 0 e quindi z è reale. Dunque X C 2. Il sistema ha soluzioni? Per esempio (z, w) = (1, 0) è una soluzione, e quindi X. Ne segue che X non può essere sia aperto che chiuso, e quindi non è aperto (dato che è chiuso). Ora, è compatto se e solo se è limitato. Ora, per ogni t R esistono sicuramente dei w C tali che w 3 = t 2 1 t 2 w 3 = 1, e quindi X non è limitato. Passiamo a X = {xe ix : x > 0} C = R 2, come è rappresentato in figura:

211 1. ESERCIZI SVOLTI 203 Il punto 0 C è di accumulazione per X: infatti, nell l intorno circolare B ϵ (0) ci sono sempre infiniti punti di X B ϵ (0) X = {xe ix : 0 < x < ϵ}. Dato che 0 X, X non è chiuso. Non è nemmeno aperto: in coordinate polari, X si scrive come {(r, θ) : r = θ},che non è un aperto di (0, ) S 1. Non è limitato, dato che xe ix = x, e quindi non è compatto. Finiamo con l insieme X = {(x, y) R 2 : max( x + y, x y ) 1}. Come sopra, risulta chiuso (dato che controimmagine dell intervallo chiuso (, 1] mediante la funzione f (x, y) = max( x + y, x y ). È il quadrato (chiuso) di R 2 con vertici nei punti (±1, 0), (0, ±1), e quindi non è né vuoto né R 2 : non è aperto. È limitato: se max( x + y, x y ) 1, allora x + y 1, x y 1 e quindi 1 x + y 1, 1 x y 1, 1 y x 1. Sommando le prime due si ha 2 2x 2 = 1 x 1. Sommando la prima e la terza si ha 2 2y 2 e quindi y 1. /// Nota 1. Per favore usare l italiano e la punteggiatura correttamente: «Considero quindi i punti tali che f (x, y) x y allora questi punti devono essere {1} = sono tutti punti di accumulazione e sono contenuti nel nostro insieme quindi il nostro insieme è chiuso ma non è aperto perché se considero i punti (x, y) che sono uguali al {1} allora questi avranno un intorno che non è completamente contenuto nel nostro insieme inoltre non è compatto perché non è limitato» Nota 2. È vero che la controimmagine di un aperto (risp. chiuso) mediante una funzione continua è un aperto (risp. chiuso). Ma non è vero che la controimmagine di un non-aperto è per forza un non-aperto! (12) Quali sono i punti di accumulazione dei seguenti insiemi di punti: (i) {(1 + 1 t )eit C : t R, t > 0} C; (ii) { p q : p, q Z, 1 q2 1000} R; (iii) { p q : p, q Z, q 1, p2 1000} R; (iv) { p q : p, q Z, q 1000, p 1000} R. Sol: Se X = {(1 + 1 t )eit C : t R, t > 0} C, allora X è l immagine della funzione definita da f : (0, ) C f (t) = (1 + 1 t )eit.

212 204 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI Tutti i punti di A = (0, ) sono di accumulazione per il dominio A = (0, ), e quindi le immagini f (t) sono di accumulazione per X = f (A). Mostriamo che anche tutti i punti della circonferenza unitaria S 1 = {z C : z = 1} sono di accumulazione per X. Infatti, se z 0 = e iθ 0 è un punto della circonferenza, per ogni ϵ > 0 si ha B ϵ (z 0 ) X = {(1 + 1 t )eit : (1 + 1 t )eit e iθ 0 < ϵ, t > 0}, che contiene tutti i punti (con k Z, k > 0) (1 + 1 θ 0 + 2kπ )ei(θ 0+2kπ) tali che 1 θ 0 + 2kπ < ϵ. Questi sono infiniti, se k. Vogliamo mostrare che se y X, allora y = 1. Infatti, sia y = 1 e y X un punto di accumulazione: se y < 1, y non può essere di accumulazione (perché?), quindi y > 1. Ora, sia y = r 0 e it 0, con r 0 > 1 e t 0 > 0. L intorno B ϵ (y) contiene l aperto U ϵ,ϵ = {zeit : z z 0 < ϵ, t t 0 < ϵ }, se ϵ e ϵ sono abbastanza piccoli. Ma dato che y X, r /(t 0 + 2kπ) per tutti i k, e quindi per ϵ e ϵ abbastanza piccoli U ϵ,ϵ non interseca X: y non può essere di accumulazione. Veniamo a X = { p q : p, q Z, 1 q2 1000} R; in ogni intervallo [a, b] di R cadono un numero finito di elementi di X, e quindi X non ha punti di accumulazione. Se invece X = { p : p, q Z, q 1, p2 1000} R, se x è di accumulazione, allora ci devono q essere infiniti p n /q n X distinti che formano una successione convergente a X. Ma i p n possono assumere solo valori tra 1000 e 1000, mentre la successione q n necessariamente deve tendere a : l unico punto di accumulazione è 0. L ultimo, X = { p q : p, q Z, q 1000, p 1000} R, chiaramente ha tutta la semiretta R 0 = [0, ) di accumulazione. Infatti, se p n /q n è una successione di razionali positivi, 1000p n /(1000q n ) X per ogni n. /// (13) Sia C Q un sottospazio compatto di Q, con la topologia della metrica euclidea.

213 1. ESERCIZI SVOLTI 205 (i) C è chiuso (in Q)? (ii) C è limitato? (iii) Può essere connesso? (iv) Si dia, se esiste, un esempio di un tale C che abbia un numero infinito (numerabile) di punti. (v) Esiste un tale C con un insieme non numerabile di punti? Sol: Ogni compatto in un Hausdorff (e quindi in un metrico) è chiuso, e quindi C è chiuso. Ogni compatto in un metrico è limitato, e quindi C è limitato. Può essere connesso: basta che abbia un punto solo! Un compatto di Q è l insieme X = {0} n 1 {1/n}. I razionali sono numerabili, e quindi non possono avere sottoinsiemi non numerabili. /// (14) Sia Q la retta razionale con la topologia della metrica euclidea. (i) Dimostrare che Q non è connesso, e determinarne le componenti connesse. (ii) Si consideri l insieme di tutti gli intervalli di Q del tipo Dimostrare che è una base per una topologia di Q. U h,k = {x Q : h < x < k, con h e k in Z}. (iii) Q è connesso rispetto alla topologia generata dalla base degli U h,k? Sol: Le componenti connesse di Q sono i singoli punti: è un esercizio già svolto (quale?). Per mostrare che l insieme degli intervalli U h,k è una base, basta osservare che ogni razionale è contenuto in qualche U h,k, e che l intersezione di U h,k con U h,k, quando non vuota, è uguale a U max(h,h ),min(k,k ). Rispetto alla topologia generata da questa base, Q è connesso: infatti, supponiamo che A Q sia un insieme aperto e chiuso che contiene n Z Q. Allora, se n + 1 A, deve esistere un intorno U h,k di n + 1 che non interseca A (dato che A è anche chiuso). Ma ogni intorno della base di n ha intersezione non vuota con ogni intorno della base di n + 1, e quindi deve essere necessariamente n + 1 A. Nello stesso modo si dimostra che se n A, allora n 1 A. Ma allora A, se A contiene 0 (e deve esistere un aperto chiuso che contiene 0!), contiene tutti i punti interi Z, e quindi A = Q. /// (15) Determinare quali dei seguenti sottoinsiemi sono aperti, chiusi, e compatti (nelle rispettive topologie). (i) {(x, y) R 2 : x 3 + 3x 2 y + 3xy 2 + y 1}; (ii) {z C : z 3 = z}; (iii) {(z, w) C 2 : z 2 = w(w 1)} ; (iv) {(x, y) R 2 : (x 2 + y 2 1) 1 Z}; (v) {t + 1t cos 1 t : t R {0}}. Sol: L insieme X = {(x, y) R 2 : x 3 + 3x 2 y + 3xy 2 + y 1} è la controimmagine dell intervallo chiuso [1, ) mediante la funzione continua f (x, y) = (x + y) 3 y 3 + y.

214 206 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI Quindi è chiuso. Rato che R 2 è connesso, per mostrare che non è aperto basta vedere che non è né né R 2. Infatti, f (0, 0) = 0 < 1 = X R 2. Analogamente, f (0, 2) = 2 > 1 = X. Il sottoinsieme chiuso X è compatto se e solo se è limitato (per il teorema di Heine Borel): non è limitato, dato che contiene tutti i punti (0, n), con n 1. Passiamo ora a X = {z C : z 3 = z}. In coordinate polari, z = re iθ, dunque X è il sottoinsieme di tutti i punti di C che soddisfano l equazione r 3 e 3iθ = re (π θ)i, da cui segue r 3 = r (r 0) 3θ = π θ + 2kπ con k Z, r {0, 1} θ = π 4 + k π con k Z. 2 Si tratta quindi di cinque punti 0, e π/4+kπ/2, con k = 0, 1, 2, 3. È un insieme finito di punti: è chiuso, compatto e non aperto. L insieme X = {(z, w) C 2 : z 2 = w(w 1)} è la controimmagine in C 2 di {0} (chiuso di C) mediante la funzione C 2 C definita da f (z, w) = z 2 w(w 1). Si tratta quindi di un chiuso. Per mostrare che non è aperto, come sopra, mostriamo che X e che X C 2. Infatti (0, 0) X = X ; (1, 0) X = X C 2. Per la compattezza, occorre vedere se è limitato. Basta prendere, per n grande, la coppia (z, w) = ( n(n 1), n) e osservare che è un elemento di X per ogni n: quindi non è limitato. L insieme X = {(x, y) R 2 : (x 2 + y 2 1) 1 Z} è la controimmagine di Z mediante la funzione f (x, y) = (x 2 + y 2 1) 1, che però non è definita su R 2 ma sui punti di R 2 per cui x 2 + y 2 1 (cioè tutti i punti tranne quelli della circonferenza unitaria). Si ha che (x, y) X se e solo se esiste k Z tale che 1 x 2 + y 2 1 = k dove k Z. L intero k non può essere zero, e quindi si tratta dell unione di tutte le circonferenze di raggio 1 + 1, con k 0 (per k = 1 si ha la circonferenza degenere di raggio nullo). L insieme X è chiuso nel sottospazio U = R 2 {x 2 + y 2 = 1}, ma non è chiuso in R 2 : la successione di punti di X definita da ( 1 + 1/n, 0) k converge a (1, 0) che non è in X. Non è nemmeno limitato, e quindi non è compatto. Se X è un aperto di U, allora esiste V R 2 aperto di R 2 tale che V U = X, e quindi X sarebbe aperto di R 2 perché intersezione di due aperti U e V. Viceversa, se X è aperto di R 2, allora è aperto di U dato che X = U X. L insieme non è un aperto di R 2 (e quindi non è aperto di U): basta mostrare che l intersezione con l asse delle x non è un aperto di R (per lo stesso motivo). Si tratta di Y = {x R : x = ± 1 + 1/k}.

215 1. ESERCIZI SVOLTI 207 Non è aperto perché, per esempio, il punto 2 non è interno: ogni intorno circolare di 2 di raggio piú piccolo di 2 3/2 non contiene altri punti di Y. Sia X = {t + 1t cos 1 t : t R {0}}. Per n 1 intero, il punto z n = 1 n + 1 cos n n è di X; la successione converge a 0, e quindi 0 è di accumulazione per X ma non è di X: dunque X non è chiuso di C. Se X fosse aperto, sarebbe aperta l intersezione con l asse reale, cioè l insieme cioè {t R : t 0, cos 1 t = 0} = {t R : t 0, 1 t = π + kπ, con k Z}, 2 1 { π/2 + kπ : k Z}. Come sopra, questo non è un insieme aperto di R (basta osservare che per esempio 2/π non è interno). /// (16) Dimostrare le seguenti proposizioni, quando sono vere. Altrimenti mostrare che sono false. Per ogni x R, denotiamo con [x] la classe di equivalenza di x rispetto alla relazione x y x y Z. Sullo spazio quoziente X = R/ (omeomorfo alla circonferenza S 1 ) definitamo la funzione (i) La funzione d : X X R è ben definita. d([x], [y]) = inf{ s t : s [x], t [y]}. (ii) La funzione d : X X R è una metrica, tale che per ogni x, y, z R si ha d([x], [y]) = d([x + z], [y + z]). (iii) La distanza tra due punti di X non può essere maggiore di 1/2. (iv) Presi n punti a caso su X, ce ne sono sempre almeno due con distanza d([x 1 ], [x 2 ]) 1 n. (v) Per n 1 intero, e α R qualsiasi, esiste un intero q [1, n] tale che d([qα], [0]) 1 n + 1. (vi) Dedurre il Teorema di approssimazione di Dirichlet: per ogni n 1 intero e α R, esiste una coppia di interi p, q Z tali che qα p 1 n + 1 e q n. Sol: (a), (b) sono facili, tenuto conto che d([x], [y]) = inf{ x y + k : k Z} = min{ x y + k : k Z}. Osserviamo che dalla proprietà d([x + z], [y + z]) = d([x], [y]) segue che d([x], [y]) = d([x y], [0]). Ogni classe [x] ha un unico rappresentante t [x] con 0 t < 1, e X è uguale all intervallo [0, 1] con gli estremi identificati (una circonferenza). L omeomorfismo con la circonferenza è dato dalla funzione θ e 2πiθ. Punto (c): Se t [0, 1/2], allora d([t], [0]) = t. Se t [1/2, 1], allora d([t], [0]) = 1 t. Cioè d([t], [0]) = min(t, 1 t). Dato che t + (1 t) = 1, il minimo tra t è 1 t è certamente minore di 1/2. Il massimo si ha per t = 1/2, cioè d([1/2], [0]) = 1/2. In generale, dati due punti qualsiasi [x] e [y], si ha d([x], [y]) = d([x y], [0]) 1/2, e dunque la distanza tra due punti di X non può essere maggiore di 1/2.

216 208 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI Punto (d): Siano [x 1 ],[x 2 ], [x n ] gli n punti arbitrari di X. Le distanze reciproche sono le stesse dei punti [x 1 x 1 ], [x 2 x 1 ],, [x n x 1 ] traslati di x 1, cioè possiamo sempre supporre che x 1 = 0. Possiamo naturalmente supporre che x i [0, 1) per ogni i. Supponiamo per assurdo che non esistano due punti con distanza minore o uguale a 1/n, cioè tutte le coppie di punti distano almeno 1/n. Riordinando gli indici, si ha 0 = x 1 x 2... x n < 1. Dato che per ipotesi d([x i+1 ], [x i ]) > 1 n, per ogni i = 1..., (n 1), si ha 1 n < d([x i+1 x i ], [0]) = min(x i+1 x i, 1 x i+1 + x i ) = x i+1 x i > 1 n (dato che il minimo di due numeri in [0, 1) è piú grande di 1/n, entrambi lo devono essere, e quindi in particolare uno dei due). Ma allora x n = x n x 0 = (x 1 x 0 ) + (x 2 x 1 ) (x n x n 1 ) > 1 n + 1 n n = 1, assurdo. Il punto (e) segue dal (d), prendendo in considerazione gli n + 1 punti di X Esistono i e j in 0, 1,..., n tali che e dunque (supponendo i < j) [x 0 ] = [0], [x 1 ] = [α],..., [x n ] = [nα]. d([iα], [ jα]) 1 n + 1, d([( j i)α], [0]) 1 n + 1, cioè l asserto con q = j i. Se i, j [0, n] e i < j, allora j i = q [1, n]. Passo emph(f): se α R e n 1, sappiamo che esiste q Z, 1 q n tale che d([qα], [0]) 1 n + 1. Ma dato che esiste p Z tale che d([qα], [0]) = qα p, si ha che esistono p, q Z tali che 1 q n e qα p 1 n + 1. /// (17) Utilizzando eventualmente il risultato dell esercizio precedente, calcolare i punti di accumulazione dei seguenti sottoinsiemi di R. (i) {a + b 3 : a, b Q}; (ii) {a + b 3 : a, b Z}; (iii) {a + b log 2 3 : a, b Z} (perché log 2 3 è irrazionale?); (iv) { 2h : h, k Z}. 3k

217 1. ESERCIZI SVOLTI 209 Sol: Passo (a): X = {a + b 3 : a, b Q}; dato che X Q, i punti di accumulazione di Q sono anche punti di accumulazione di X. Ma tutti i punti di R sono di accumulazione per Q, e quindi tutti i punti di R sono di accumulazione per X. Passo (b): una dimostrazione completa (senza presupporre altro) è la seguente. Sia X = {a + b 3 : a, b Z}; il numero 3 è irrazionale (perché?). Mostriamo che tutti i punti di R sono di accumulazione per X, cioè che per ogni ϵ > 0 e per ogni x R esistono punti di X in B ϵ (x), cioè che per ogni ϵ, per ogni x R esistono a, b Z tali che a + b 3 x < ϵ. Sia n un intero fissato. Per l esercizio precedente, esistono una coppia di interi p, q tali che q 3 p < 1 n, con 1 q n, e cioè (dividendo per q) 3 p q < 1 nq. Supponiamo, senza perdere in generalità, che p e q siano privi di fattori comuni (altrimenti ) e positivi. Per ogni a, b si ha quindi a + b 3 x = a + b( p q + 3 p q ) x a + b p q x + b( 3 p q ) a + b p q x + b nq. Osserviamo ora che (nella notazione dell esercizio precedente) i q punti [0], [ p q ],..., [ j p q ]... con j = 0,..., (q 1) sono tutti distinti: infatti se esistono 0 i < j < q tali che [i p q ] = [ j p q ] allora esiste k Z tale che j p = ip + kq ( j i)p = kq, e questo non è possibile se p e q non hanno divisori in comune. Ma allora i punti [0], [ p q ],..., [ j p q ]... non sono altro che i q punti [0], [ 1 q ],... [ j 1 ],... [q q q ]. Ogni x R, a meno di somma con un intero, dista certamente meno di 1 da uno di questi punti, cioè esistono q a,b, con 0 b q, tali che a + b p q x < 1. Ma allora esistono esistono a, b tali che q a + b p q x + b nq 1 q + 1 n 2 q. La tesi segue se al crescere di n, il corrispondente q = q n tende all infinito. Supponiamo di no: allora la successione p n (definita dalla coppia p, q del teorema di Dirichlet al variare di n) è una successione di numeri q n razionali con denominatore q n limitato.ma per ogni n si ha 3 p n q n < 1 nq n 0, e dunque la successione converge a 3 (che non è razionale). Dato che la successione dei denominatori q n è limitata (ipotesi di assurdo), esiste una sottosuccessione q ni costante. Ma la sottosuccessione p n i q ni è sottosuccessione di una successione convergente (a 3), e quindi è convergente. Dato che il denominatore q ni è costante, anche il numeratore p ni è

218 210 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI definitivamente costante: cioè la sottosuccessione p n i q ni da un certo i in poi è costante (e quindi è uguale al suo limite, che è il limite di p n /q n ). Questo è assurdo, perché vorrebbe dire che 3 è razionale. Passo (c): Come sopra, dato che log 2 3 è irrazionale, tutti numeri reali sono di accumulazione. Perché è irrazionale? Perché p/q = log p = 3 q, e 2 e 3 sono coprimi. Passo (d): consideriamo il logaritmo di X = { 2h : h, k Z}, cioè 3k Y = {log 2 2 h : h, k Z}. 3k Si può scrivere anche Y = {h + k log 2 3h, k Z} R. I punti di accumulazione di Y in R sono tutti i punti di R, e dunque i punti di accumulazione di X sono tutti i punti di R il cui logaritmo è un punto di accumulazione di Y, cioè la semiretta [0, ). /// (18) Sia X uno spazio topologico. Dimostrare (o falsificare) le seguenti affermazioni. (i) Le componenti connesse di X sono sottoinsiemi sia aperti che chiusi di X. (ii) Se X ha un numero finito di componenti connesse, allora queste sono sia aperte che chiuse. (iii) Se A è un sottoinsieme denso di X (cioè la cui chiusura è X), e B X è un altro sottoinsieme tale che B A, allora B è denso in X. (iv) Se X è connesso, allora ogni sottoinsieme denso di X è connesso. (v) Se X è omeomorfo a [0, 1), allora X è omeomorfo anche a [0, 1]. Sol: Sono tutti esercizi assegnati in precedenza: le componenti connesse non sono sia aperti che chiusi (esempio: Q). Se ce ne sono un numero finito, allora sí (dato che sono comunque dei chiusi). Se A è denso in X e B contiene A, allora A B = A B, e dunque B = X (da cui segue che B è denso). Non è vero che se X è connesso, allora i sottoinsiemi densi sono connessi (si pensi a Q R oppure a R {0} R. I due intervalli [0, 1) e [0, 1] non sono omeomorfi, dato che uno è compatto e l altro no, e quindi non è vero che se X è omeomorfo all uno deve essere omeomorfo all altro. /// (19) Si determinino i punti di accumulazione dei seguenti sottoinsiemi di R o di C (nella topologia della metrica euclidea di R o di C rispettivamente), e determinarne la chiusura (in R o in C). Quali sono compatti? Quali sono chiusi? (i) X 1 = { p q : p, q Z, q 0, p = q mod 100}; (ii) X 2 = { p2 : p, q Z, q 0}; q p (iii) X 3 = { q 2 : p, q Z}; + 1 (iv) Z 1 = {z C : 1 + z 2 Q}; (v) Z 2 = {z C : z(1 z) Z}.

219 1. ESERCIZI SVOLTI 211 Sol: (a): Si ha che X 1 = { q + 100k q : q 0, (q, k) Z 2 } = { k q : q 0, (q, k) Z2 } = 1 + {100x : x Q} = Q = Q, e dunque tutti i punti di R sono di accumulazione per X 1 ; la chiusura è X 1 = Q = R. Non è né chiuso né limitato, e dunque non è compatto. (b) Osserviamo che se a Q, con a, b Z e b 0, allora se anche a 0 si ha b a b = a2 ab. Altrimenti, se a = 0, 0 = a b = a2 b. Quindi Q X 2 Q, cioè X 2 = Q. Ne segue che X 2 non è chiuso, non è compatto, e ha tutti i numeri reali come punti di accumulazione. Osserviamo che la distanza tra i due quadrati (p 1) 2 e p 2 successivi è 2p 1: p 2 (p 1) 2 = 2p 1. Allora per ogni q la distanza tra p2 (p 1)2 e è uguale a 2p 1 q q q. Allora se si ha una successione p2 n q n α R con q n, deve essere 2p n 1 q n = 2 p n q n 1 q n 0, e quindi p n q n 0, cioè l unico punto di accumulazione di X 2 è 0. Dato che sopra abbiamo mostrato che i punti di accumulazione di X 2 sono tutti i punti di R, possiamo concludere che R = {0}, e dunque che R non è una estensione di Q, come si è soliti credere. (Dove è l errore nel ragionamento appena visto?) p (c) Veniamo ora a X 3 = { q 2 : p, q Z}. Per ogni α R, per ogni q Z, per ogni p Z, la distanza + 1 p tra q 2 +1 e p+1 q 2 +1 è 1 p, quindi per ogni α R e per ogni q Z esiste p Z tale che la distanza tra α e q 2 +1 q non superi q 2 + 1, cioè per r = 1 q 2 si ha + 1 B r (α) p q Ma allora ogni α R è di accumulazione per X 3, dato che per ogni ϵ > 0 esiste r Z tale che 1 q 2 +1 < ϵ. Dunque X 3 non è chiuso, non è compatto, e ha per chiusura R. (d) Osserviamo che se w C si ha che w Q w + 1 Q, e dunque Se z = a + ib, con a, b R, allora Z 1 = {x C : z 2 Q}. (a + ib) 2 = a 2 b 2 + 2iab.

220 212 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI Quindi (a + ib) 2 Q se e solo se ab = 0 e a 2 b 2 Q. Dunque z Z 1 è del tipo a oppure ib, con a, b R. L insieme dei reali a tali che a 2 Q contiene in particolare i razionali, e quindi Z 1 contiene Q. L insieme dei complessi ib, con b R, tali che (ib) 2 Q come sopra contiene una copia di Q, e quindi Z 1 contiene iq. Dunque i punti di accumulazione per Z 1 sono i numeri reali (di accumulazione per la copia Q) oppure l asse dei numeri puramente immaginari ir (di accumulazione per la copia iq). Non è chiuso, non è compatto. La sua chiusura è (e) Si ha Z 1 = {a + ib C : a, b R, ab = 0}. Z 2 = {z C : z 2 z Z} = {z C : z 2 z = k, per qualche k Z} = { 1 ± 1 + 4k 2 : k Z} Per ogni R > 0, l insieme dei punti di Z 2 nell intorno B 0 (R) è finito, e quindi Z 2 non ha punti di accumulazione in C. È un sottospazio chiuso di C, perché controimmagine di Z C (che è chiuso) mediante la funzione continua z z(1 z). Non è limitato, per quanto visto sopra, e quindi non è compatto. Non avendo punti di accumulazione (anche, essendo chiuso), si ha Z 2 = Z 2. /// (20) Determinare quali dei seguenti sottospazi (se ben definiti e rispetto alle topologie dello spazio ambiente) sono chiusi, connessi, compatti o limitati. (i) {(x, y) R 2 : x 3 + 3x 2 y + 2xy 2 + y 3 = 1}; (ii) {(x, y) C 2 : x 2 2y 0}; (iii) {(x, y) C 2 : x 2 2y 2 4xy = 0}; (iv) {(x, y) R 2 : x 2 + 2y 2 4xy = 0}; (v) {(x, y) R 2 : x 2 2y 2 4xy = 0}. Sol: (a) L insieme è chiuso (perché?). Sia s = x y. Se y = 0, si ha x3 = 1 = x = 1. Altrimenti, per y 0, si ha che c è un omeomorfismo X ={(x, y) R 2 : x 3 + 3x 2 y + 2xy 2 + y 3 = 1, y 0} = {(s, y) R 2 : s 3 + 3s 2 + 2s + 1 = 1 y 3, y 0}. Nelle (s, y) con y 0, si scrive anche y = 1 3 s 3 + 3s 2 + 2s + 1, e dunque certamente non è limitato. L insieme originale non può quindi essere compatto né limitato (perché?). La funzione s 3 + s 2 + 2s + 1 ha un solo zero, che chiamiamo s 0 (basta calcolarne i valori positivi nei punti in cui la derivata prima si annulla: 1 ± 1 33); la curva di equazione y = 3 ha un asintoto s 3 + 3s 2 + 2s + 1

221 2. SECONDA PARTE 213 verticale in s 0 ; è di grado dispari, quindi è negativa prima di s 0 e positiva dopo s 0 ; Si ha {(x, y) R 2 : x 3 + 3x 2 y + 2xy 2 + y 3 = 1} = {(x, y) R 2 : x = ys, y 0, y = (s 3 + 3s 2 + 2s + 1) 1/3, per s R, s s 0 } {(1, 0)} = { ( s(s 3 + 3s 2 + 2s + 1) 1/3, (s 3 + 3s 2 + 2s + 1) 1/3) : s R, s s 0 } {(1, 0)} Per s ± si ha ( s(s 3 + 3s 2 + 2s + 1) 1/3, (s 3 + 3s 2 + 2s + 1) 1/3) (1, 0), e dunque il sottoinsieme è connesso. (b) L insieme non è ben definito, dato che il campo C non è ordinato (la disequazione x 2 2y 0 non ha senso). (c) La forma quadratica ha matrice associata [ ] 1 2, 2 2 il cui determinante è negativo: dunque esiste una trasformazione lineare (su C) che trasforma l equazione in una equazione del tipo x 2 y 2 = 0: l unione di due rette incidenti in C 2. È chiuso, non limitato, non compatto, connesso (perché unione unione di due connessi con intersezione uguale a un punto). (d) La forma quadratica ha matrice associata [ ] 1 2, 2 2 il cui determinante è negativo. Come sopra, esiste una trasformazione lineare (questa volta su R) che trasforma l equazione in una equazione del tipo x 2 y 2 = 0. È chiuso, non limitato, non compatto, connesso (perché unione unione di due connessi con intersezione uguale a un punto). (e) Come per il punto (c). /// 2. SECONDA PARTE [[url:

222 214 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI [ ] a b (21) Sia X = GL(2, R) il gruppo delle matrici invertibili 2 2 e G il sottogruppo delle matrici c d [ ] α 0 diagonali di GL(2, R) (e quindi con αβ 0). Consideriamo l azione di G su X data da 0 β (g, x) g x = gx per ogni g G e x X (dove gx indica il prodotto righe per colonne delle matrici g e x). Determinare quali delle seguenti matrici appartengono alla medesima G-orbita. [ ] [ ] [ ] ,, [ ] [ a b a b Sol: Due matrici e ] c d c d appartengono alla medesima G-orbita se esistono α, β in R {0} tali che [ ] [ ] [ α 0 a b a b = ] 0 β c d c d. Osserviamo quindi che [ ] [ ] [ α α = 0 β 1 0 β 0 [ ] [ ] α = 0 β 0 1 ], [ α 0 0 β Dal momento che non è possibile trovare α e β tali che [ ] [ ] 0 α 1 0 =, β la prima e la seconda non stanno nella stessa orbita. Invece la prima e la terza stanno nella stessa orbita, dato che per α = 1 e β = 1 si ha [ ] [ ] 0 α 0 1 =. β La seconda e la terza quindi non stanno nella stessa orbita: se così fosse se ne dedurrebbe che anche la prima e la seconda stanno nella stessa orbita, ma abbiamo visto che questo è falso. /// (22) Si consideri l insieme X di tutte le rette del piano affine A 2 (R). Per ogni punto p A 2 (R) sia B p X l insieme di tutte le rette che passano per p. La famiglia di sottoinsiemi composta da tutti gli elementi di X e dai B p è una base per una topologia? Se sì, qual è la topologia generata? Sol: Ricordiamo che una famiglia di sottoinsiemi B 2 X di un insieme X si dice base se le seguenti proprietà sono soddisfatte: (i) per ogni x X esiste almeno un elemento della base B B che contiene x (equivalentemente, X = B B B). (ii) Se B 1, B 2 B e x B 1 B 2, allora esiste B x B tale che x B B 1 B 2 (equivalentemente, B 1 B 2 è unione di elementi della base). ].

223 2. SECONDA PARTE 215 Per definizione tutti i punti (visti come insiemi di un elemento solo sono rette affini, conunque) di X sono elementi della base, per cui sicuramente la prima delle due condizioni è soddisfatta. Per quanto riguarda la seconda, siano B 1, B 2 B e x B 1 B 2. Se B 1 e B 2 sono entrambi punti di X (cioè rette di A 2 ), allora esiste x nell intersezione se e solo se i punti coincidono, e quindi è verificata. Se B 1 è un punto di X (cioè una retta) e B 2 è un fascio di rette (per un certo punto p di A 2 (R)), allora l intersezione è vuota, e non c è niente da verificare, se la retta non è del fascio; altrimenti l intersezione è B 1 stesso ed anche in questo caso la condizione è soddisfatta. In ultimo, se B 1 e B 2 sono fasci di rette per i punti p 1 e p 2, allora se p 1 = p 2 la condizione è verificata, dato che B 1 = B 2. Altrimenti B 1 B 2 è l insieme di tutte le rette che passano sia per p che per q. Questo è un insieme con un solo elemento, e per definizione è della base. L insieme B è quindi una base di intorni per X. Dato che tutti i punti di X sono elementi della base, in particolare sono aperti: uno spazio topologico i cui punti sono aperti ha necessariamente la topologia discreta. /// (23) Nello spazio proiettivo di dimensione 3 reale P 3 (R) si consideri l insieme X di tutte le rette passanti per un punto fissato A. Si dimostri che l insieme X è (in corrispondenza biunivoca con) uno spazio proiettivo (reale) di dimensione 2: determinare una biiezione tra X e un iperpiano di P 3 (R) che non contiene A. Sol: Dal momento che un iperpiano di P 3 (R) è uno spazio proiettivo di dimensione 2, basta determinare la biiezione tra X e un iperpiano π non contenente A. Sia r X una retta per X. Questa ha uno e un solo punto di intersezione con π. Infatti, se ne avesse due l intera retta dovrebbe essere contenuta in π, ma questo è assurdo dato che A π. Questo definisce una funzione f : X π. La funzione f è iniettiva: se due rette r 1 e r 2 passanti per A intersecano π nel medesimo punto, allora (dato che la retta per due punti è unica) le due rette coincidono. Se invece x π è un qualsiasi punto di π, allora esiste (unica) la retta per x e A, e quindi esiste un elemento di X che viene mandato da f in x: f è suriettiva. /// (24) Nel piano euclideo E 2 = R 2 (con la topologia euclidea) si consideri la circonferenza C di equazione (x 2) 2 + (y 2) 2 = 1 e la retta r di equazione x + y = 1. Si determini la distanza d(c, r) di C da r, dimostrando (o assumendo) che d(c, r) = inf{ p q : p C, q r}. Sol: Siano p m C e q m r i punti che realizzano il minimo. Fissato p m, quindi q m è il punto di minima distanza da p m e quindi il vettore q m p m è ortogonale alla retta r. Ogni altro punto della retta ha distanza maggiore strettamente. Ancora, fissato q m sulla retta, il punto p m sulla circonferenza deve appartenere alla retta passante per il centro della circonferenza e q m ed ogni altro punto ha distanza strettamente maggiore. Quindi, bisogna trovare la retta per il centro della circonferenza ortogonale a r: essa è la bisettrice del primo quadrante. I due punti sono quindi q m = (1/2, 1/2) e p m = (2 2/2, 2 2/2) e la loro distanza 11/2 3 2 = ///

224 216 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI (25) Si consideri la funzione definita ponendo per ogni k Z e x R. (i) La funzione ϕ definisce una azione di Z su R? (ii) L azione è fedele? (iii) L azione è transitiva? (iv) Qual è lo stabilizzatore di 0 R? E di x 0? ϕ: Z R R ϕ(k, x) = 2 k x, (v) Lo spazio quoziente (con la topologia quoziente) è compatto? Connesso? (vi) Quali sono gli intorni aperti (nella topologia quoziente) della classe [0] dello spazio quoziente? Sol: La funzione ϕ definisce una azione: basta osservare che ϕ(0, x) = 2 0 x = x per ogni x e che ϕ(h + k, x) = ϕ(h, ϕ(k, x)), visto che 2 h+k x = 2 h 2 k x. L azione è fedele: la mappa x 2 k x è la mappa identica solo se k = 0. L azione non è transitiva. Per esempio, k 0 = 2 k 0 = 0 per ogni k Z. Lo stabilizzatore di 0 è Z, mentre lo stabilizzatore di un punto x 0 è k Z : 2 k x = x 2 k = 1 k = 0. Lo spazio quoziente è compatto, perché immagine continua dell intervallo [ 1, 1] mediante la proiezione sul quoziente q : X X/G, dove X = R e G = Z. Infatti, basta mostrare che q([ 1, 1]) = X/G, cioè che ogni orbita di un punto di R ha intersezione non vuota con [ 1, 1]. Ma per ogni x, esiste certamente k tale che 2 k x 1: basta prendere k. Analogamente, X/G è connesso perché immagine continua mediante la mappa quoziente q del connesso X = R. Gli intorni aperti della classe [0] X/G sono tutti gli insiemi U X/G tali che q 1 (U) è aperto di X. Ora, q 1 ([0] = {0}, dato che 0 costituisce una G-orbita a sé. Ma se q 1 (U) contiene 0 ed è aperto, allora contiene un intervallo ( ϵ, ϵ), con ϵ > 0. Ma, come per l intervallo [ 1, 1], ogni G orbita in X interseca l intervallo ( ϵ, ϵ), e quindi U per essere aperto in X/G deve contenere ogni orbita di X: l unico intorno aperto di [0] in X/G è X/G. /// (26) Si consideri lo spazio G di tutte le matrici della forma [ ] 1 t M t =, 0 1 al variare di t R, con la topologia (metrica) di GL(2, R). (i) Si dimostri che G è omeomorfo a R, e che è un gruppo topologico rispetto al prodotto di matrici. (ii) Si determini G O = G O(2) (cioè l insieme di tutte le matrici M t con M t ortogonale). (iii) Si faccia agire G su R 2 con la moltiplicazione ( [ ]) x M t, y Cosa sono le orbite di questa azione? [ ] 1 t 0 1 [ ] x. y

225 2. SECONDA PARTE 217 [ ] 1 t Sol: L omeomorfismo cercato è f (t) =. È una isometria e quindi un omeomorfismo. È anche un 0 1 omomorfismo di gruppi (uno additivo, l altro moltiplicativo): G è un gruppo topologico isomorfo a R, rispetto al prodotto di matrici. Le matrici ortogonali sono solo l identità. Le orbite dell azione sono gli insiemi del tipo [ ] [ ] [ ] [ ] 1 t x0 x0 y0 = + t, y 0 quindi sono rette di R 2, se y 0 0. Altrimenti, sono i singoli punti dell asse delle x (autospazio della matrice). /// (27) Una omotetia con centro Q e ragione q R è una mappa f : A 2 (R) A 2 (R) definita da y 0 P Q + q(p Q). Siano A, B, C tre punti nel piano affine A 2 (R) e l una retta di A 2 (R). Quali delle seguenti affermazioni sono vere? (Dimostrare quelle vere, fornire controesempi per quelle false.) 1 Se la retta l non passa per A, B, C, allora incontra due dei lati del triangolo ABC, oppure nessuno. 2 Supponiamo che la retta l passi per un punto A del lato AC e per un punto B del lato BC. La retta l è parallela al lato AB se e soltanto se il triangolo ABC è immagine del triangolo A B C mediante una omotetia. 3 Date due costanti q A e q B, la composizione delle omotetie di centro A e ragione q A e di centro B e ragione q B è una traslazione. Sol: Supponiamo che l non passi per A, B e C e che incontri almeno uno dei lati in un punto Q. Supponiamo che Q AB. Deve essere A B (altrimenti Q = A = B), e quindi esiste un sistema di riferimento affine che contiene i due punto A e B. Nel sistema di riferimento si ha A = (0, 0), B = (1, 0) e C = (a, b) per certi a, b R. Allora Q = (q, 0), con q (0, 1). I tre punti sono allineati se e solo se b = 0, e la proposizione è facilmente verificabile in questo caso. Altrimenti, possiamo considerare il riferimento affine formato dai punti A, B e C, in cui a = 0, b = 1. Se l è parallela a uno dei lati, per il teorema di Talete la proposizione è vera. Altrimenti, dato che in particolare non è parallela a BC, supponiamo che l incontri la retta per BC, che ha equazione parametrica in un certo punto di coordinate [ ] x y = [ ] h (1 h, h), per un certo h R. Allora il punto sulla retta AC della retta l è quello (di coordinate (0, k) per un certo k R) tale che (q, 0), (0, k), (1 h, h) sono allineati, cioè [ 1 1 q 0 1 h det 0 k h = ]

226 218 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI Con qualche conto si deduce che quindi qk qh k + kh = 0 = k = qh q 1 + h. qx Per ogni q (0, 1), la funzione f q (x) = è monotona decrescente (calcolare la derivata!), ha un q 1 + x asintoto verticale in x = 1 q > 0 e tende a q se x ±. Inoltre f q (1) = 1. Quindi f q (x) (0, 1) se e solo se x (0, 1), cioè l incontra BC (cioè h (0, 1) ) se e solo se l non incontra AC (cioè k (0, 1)). Punto (b): la retta l è parallela a AB se e solo se B A = q(b A) per un certo q. L omotetia (che necessariamente ha centro in C) esiste se e solo se esiste q tale che A = C + q(a C), B = C + q(b C). Esistono certamente q A e q B compresi tra 0 e 1 tali che A = C + q A (A C), B = C + q B (B C). Quindi e l è parallela a AB se e solo se B A = q B (B C) q A (A C), q B (B C) q A (A C) = q(b A) = q(b C) q(a C) per un q R. Ma B C e A C sono linearmente indipendenti, e quindi questo accade solo se q B = q = q A, cioè se e soltanto se è possibile definire l omotetia. Per il (c): in generale la composizione di due omotetie non è una traslazione: basta prendere due omotetie con lo stesso centro. Una traslazione non banale non ha punti fissati, mentre ogni omotetia fissa il centro. Se i centri A e B sono diversi, può essere che la composizione sia una traslazione: P A + q A (P A) = P B + q B (P B) = B + q B (A + q A (P A) B) e basta che sia q A q B = 1 per avere la traslazione /// = B + q B (A B) + q B q A (P A) = P + (B P + q B A q B B + q B q A P q B q A A) P P + (1 q A )(B A). (28) In E 3, si consideri il piano p passante per i tre punti A = (1, 2, 0), B = (2, 0, 1) e C = (0, 1, 2). 1 Scrivere l equazione cartesiana e parametrica del piano. 2 Calcolarne la distanza dall origine e dal punto (1, 2, 3). 3 Determinare le proiezioni su piano p dei punti (1, 0, 0), (0, 1, 0) e (0, 0, 1).

227 2. SECONDA PARTE 219 Sol: L equazione parametrica è l equazione cartesiana è 1 + s t 2 2 s t s + 2 t x + y + z = 3. La distanza dall origine e dal punto (1, 2, 3) è 3. Le proiezioni su p dei punti (1, 0, 0), (0, 1, 0) e (0, 0, 1) sono 1/3(5, 2, 2) e le sue permutazioni cicliche (perché?). /// (29) Sia r la retta di E 2 passante per (1, 0) e (0, 2). Si scrivano le equazioni delle seguenti isometrie: 1 Riflessione attorno a r. 2 Le traslazioni che mandano r in sé. 3 Le rotazioni che mandano r in sé. 4 Descrivere, se possibile, il gruppo di tutte le isometrie che mandano r in sé, e il suo sottogruppo di tutte le isometrie che mandano ogni punto di r in sé. Sol: a) L equazione parametrica della retta r è [ ] x = y Quindi la proiezione di un punto P = ( x, ȳ) su r è Allora il punto riflesso è [ ] 1 + t 0 [ ] 1 proj r (P) = + 0 = 1 [[ ] [[ ] x ȳ, [ ] 1. 2 [ ]] [ [ ] 1 2 ] [ x ȳ ]] [ ] 1 2 P = proj r (P) + (proj r (P) P) = 2 [[ ] [ ] [ ]] [ ] x x ȳ ȳ = 2 [ ] [ [ ] [ ]] [ ] x ȳ [ ] [ ] [ ] 8/5 3/5 4/5 x = +. 4/5 4/5 3/5 ȳ b) Sia A = (1, 0) e B = (0, 2). Una traslazione che manda r in sé deve mandare A in un punto A della retta, e quindi le traslazioni sono tutte e sole quelle che si scrivono come P P + c(b A)

228 220 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI per un certo c R, e quindi si scrivono come [ ] x y [ ] x + c y [ ] 1. 2 c) Se una rotazione R (non banale) manda la retta r in sé, allora il centro della rotazione deve essere sulla retta. Infatti, per assurdo, supponiamo che una rotazione non banale con centro in C r mandi r in sé. Sia Q il punto di r con distanza minima da C (cioè la proiezione ortogonale di C su r), e Q la sua immagine mediante la rotazione. Dato che una rotazione conserva le distanze, la distanza di Q da C è uguale alla distanza di Q da C, e quindi deve essere Q = Q, visto che il punto con distanza minima è unico. Quindi la rotazione R fissa i due punti distinti C e Q, e questo è assurdo perché rotazioni non banali fissano solo il centro di rotazione. Ora, supponiamo che C sia sulla retta r. Un punto P r deve andare in un altro punto P di r tale che P C = k(p C) (dato che C, P e P sono allineati) e P C 2 = P C 2 (dato che una rotazione è una isometria). Quindi k = 1 (altrimenti la rotazione è banale) e la rotazione è di angolo π. Scriviamo la rotazione di angolo π attorno a un punto C: è la riflessione rispetto a C, quindi si scrive come P C + (C P). Dato che C = (1 t, 2t) per un certo t R, la rotazione si scrive come [ ] x 2 y [ ] 1 t 2t d) Le isometrie che mandano r in sé contengono la riflessione a), le traslazioni b) e le rotazioni c), piú tutte le loro composizioni. Ce ne sono altre? Supponiamo che f : E 2 E 2 sia una isometria che manda r in sé. Sia A = f (A) r. Allora la composizione [ ] x y P f (P) f (P) (A A) è una isometria f che manda A in f (A) A + A = A. La matrice associata M è ortogonale (dato che è una isometria). Se det(m) = 1 (cioè se M SO(2)), allora f è una rotazione attorno ad A di angolo π. Se det(m) = 1, allora f è una riflessione lungo una retta: può essere la riflessione lungo r o lungo la retta r ortogonale a r passante per A. Se G è quindi il gruppo generato dalle riflessioni lungo le due rette r e r (gruppo con 4 elementi), necessariamente f è un elemento del gruppo G. Ne segue che il gruppo cercato ha per elementi le isometrie P g A (P) + c(b A), dove g A G e c R. L unico elemento che manda ogni punto di r in sé è la riflessione lungo r, ed è un sottogruppo del gruppo di tutte le isometrie. Esercizio: dimostrare che è un gruppo. /// (30) In P 3 (R) con coordinate omogenee [x 0 : x 1 : x 2 : x 3 ], sia Q il punto [0 : 1 : 1 : 1], H e H i piani H = {x 1 = 0} e H = {x 2 = 0}. 1 Si scriva, in coordinate affini (rispetto a opportune carte) la proiezione prospettica f da H a H con centro in Q. 2 Si consideri in H (con coordinate proiettive [x 0 : x 2 : x 3 ]) la retta di equazione x 2 = x 3. Qual è la sua immagine in H?

229 2. SECONDA PARTE Si consideri in H la conica di equazione x 0 x 2 = x 2 3. Qual è la sua immagine in H? Sol: Si consideri il piano all infinito x 0 = 0, e le coorispondenti coordinate affini (x, y, z) di A 3 (R) P 3 (R). a) Siano (y, z) le coordinate affini della parte affine di H (che è il piano yz) e (x, z) la coordinate affini della parte affine di H (che è il piano xz). Se P = (0, y, z) è un punto di H, la retta per P e Q ha punti 0 1 y + t 1, z 1 e passa per H se y + t = 0. La proiezione prospettica è quindi 0 x y y 0 = 0. z z z y Ora, da x = y e z = z y deduciamo che y = x e z = z x, e quindi: b) l equazione dell immagine della retta y = z in H è /// x = z x z = 0. c) Analogamente, l equazione dell immagine della conica di equazione y = z 2 (è una parabola) è x = (z x ) 2 z 2 + x 2 2z x + x = 0. (31) Sia G = GL(2, R) il gruppo delle matrici 2 2 invertibili a coefficienti reali, e X lo spazio di tutte le matrici 2 2 a coefficienti reali. Sia φ: G X X la funzione definita per ogni A G e ogni M X. (i) Mostrare che è una azione di G su X. φ(a, M) = AMA 1, (ii) L azione è transitiva? [ ] 1 0 (iii) Si calcoli lo stabilizzatore della matrice identica, e si dica se è un sottogruppo compatto. 0 1 [ ] 0 1 (iv) Lo stabilizzatore di J = è un sottogruppo compatto? 1 0 Sol: (a): Occorre verificare le due proprietà (esercizio). (b): L azione non è transitiva, dato che, per esempio det(ama 1 ) = det(m) (e quindi matrici in una stessa orbita hanno lo stesso determinante). Non tutte le matrici hanno lo stesso determinante (di conseguenza non sono tutte simili tra loro), e quindi non c è una sola orbita. Due matrici sono nella stessa orbita se e solo se sono simili. (c) Lo stabilizzatore della matrice identica è tutto G. (d) Lo [ stabilizzatore ] di J non è un sottogruppo c 0 compatto, dato che contiene tutti i multipli della matrice identica, con c R. /// 0 c

230 222 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI 1 0 t (32) Si consideri lo spazio G di tutte le matrici 3 3 della forma M t = 0 1 0, al variare di t R, con la topologia (metrica) di GL(3, R). (i) Si dimostri che G è omeomorfo a R, e che è un gruppo topologico rispetto al prodotto di matrici. (ii) Si determini G O = G O(3) (cioè l insieme di tutte le matrici M t con M t ortogonale). (iii) Si faccia agire G su R 3 con la moltiplicazione matrice/vettore. Cosa sono le orbite di questa azione? 1 0 t Sol: L om(e)omorfismo è t Le matrici ortogonali sono quelle (quella) con t = 0. Le orbite sono rette di R 3, oppure punti (del piano z = 0). /// (33) Sia Y l insieme di tutte le rette affini di A 2 (R). Si consideri la mappa g: Y P 2 (R) che associa alla retta di equazione ax + by + c = 0 la terna di coordinate omogenee [a : b : c]. (i) Mostrare che la funzione g è ben definita e iniettiva. (ii) Determinare l immagine di g in P 2 (R). (iii) Sia A un punto qualsiasi di A 2 (R), e X Y l insieme delle rette per A (fascio di rette per un punto). Mostrare che l immagine di X in P 2 (R) è una retta proiettiva. (iv) Mostrare che tre punti P = (x, y), A = (x A, y A ) e B = (x B, y B ) di A 2 (R) sono allineati se e soltanto se il determinante della matrice x x A x B y y A y B è uguale a zero. Sol: (a) La funzione g è ben definita: i coefficienti di una equazione non possono essere tutti nulli, e se ax + by + c = 0 e a x + b y + c = 0 sono due equazioni della medesima retta r, allora se A e B sono due punti distinti di r, di coordinate (x A, y A ) e (x B, y B ), si ha ax A + by A + c = 0 ax B + by B + c = 0 a x A + b y A + c = 0 a x B + b y B + c = 0. Ora, A B se e soltanto se (x A, y A, 1) e (x B, y B, 1) sono linearmente indipendenti. Quindi il rango della matrice [ ] xa y M = A 1 x B y B 1 è uguale a due, e il nucleo dell applicazione lineare indotta da M : R 3 R 2 ha dimensione uguale a 1. Ma [ xa y A 1 x B y B 1] a b = 0 c

231 2. SECONDA PARTE 223 se e soltanto se ax A + by A + c = 0 ax B + by B + c = 0, e quindi se (a, b, c) e (a, b, c ) sono entrambe nel nucleo di M sono linearmente dipendenti, cioè esiste λ tale che a = λa, b = λb e c = λc, cioè [a : b : c] = [a : b : c ]. La funzione è anche iniettiva: infatti se r e r sono due rette di equazioni ax + by + c e a x + b y + c rispettivamente, allora g(r) = g(r ) se e soltanto se [a : b : c] = [a : b : c ]. Ma la retta r di equazione λax + λby + λc = 0 coincide con la retta r, dunque r = r. (b) Se ax + by + c = 0 è l equazione di una retta, allora (a, b) (0, 0). L immagine di g in P 2 (R) è quindi l insieme dei punti [a : b : c] tali che (a, b) (0, 0), cioè il complementare del punto [0 : 0 : 1] P 2 (R). (c) Il fascio di rette X per un punto A di coordinate (x A, y A ) ha per immagine l insieme dei punti [a : b : c] di Y tali che ax A + by A + c = 0, cioè è l intersezione di Y con una retta proiettiva di P 2 (R) (l equazione in a, b, c è omogenea di primo grado). (d) Supponiamo che i tre punti P, A, B siano distinti. Essi sono allineati se e soltanto se esiste t R tale che P = A + t(b A), se e soltanto se P A e B A sono linearmente dipendenti. Ma dato che x x A x B x x A x A x B x A [ x det y y A y B = det y y A y A y B x A = det xa y y A ] x B x A y B y A questo accade se e soltanto se il determinante in questione è zero. Se invece i tre punti non sono distinti, allora sono certamente allineati e il determinante è certamente zero. Allo stesso risultato si perviene se si considera che nella chiusura proiettiva i punti A = [x A : y A : 1], B = [x B : y B : 1] e P = [x : y : 1] sono allineati se e soltanto se i tre vettori delle coordinate omogenee sono linearmente dipendenti. /// (34) Sia S 1 E 2 una circonferenza di raggio 1 nel piano euclideo, e Y l insieme di tutte le rette di E 2, come nell esercizio precedente. Si dia a Y la topologia indotta da quella di P 2 (R), mediante l inclusione g(y) P 2 (R). Sia X = {(A, B) S 1 S 1 : A B} e f : X Y la mappa che associa alla coppia di punti (A, B) la retta che passa per A e B. Allora: (i) La funzione f è ben definita e continua. (ii) Esiste una funzione continua f : S 1 S 1 Y di cui f è la restrizione. (iii) Per ogni punto A della circonferenza la retta f (A, A) è tangente alla circonferenza in A (cioè interseca S 1 in un solo punto). (iv) L immagine di f in Y (e quindi in P 2 (R) mediante g) è un sottospazio chiuso? Sol: (a) La funzione f è ben definita perché per due punti distinti di E 2 esiste unica la retta r Y per questi punti. Per mostrare che è continua, consideriamo la composizione con g, gf : X P 2 (R). Se A = (x A, y A ) e B = (x B, y B ), allora la retta f (A, B) ha equazione x x A x B det y y A y B = (y A y B )x (x A x B )y + (x A y B y A x B ) = 0, e quindi gf (A, B) = [y A y B : x B x A : x A y B y A x B ].

232 224 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI Le componenti sono tutte polinomi (di primo e secondo grado) e quindi f (e quindi gf ) è continua. (b) La funzione continua f è definita semplicemente da f (A, B) = g 1 [y A y B : x B x A : x A y B y A x B ]. Poniamo x A = cos α, y A = sin α, x B = cos β, y B = sin β. Quindi f (A, B) = g 1 [sin α sin β : cos β cos α : cos α sin β cos β sin α] = [sin α sin β : cos β cos α : sin(β α)] Ricordiamo le formule di prostaferesi? Le usiamo per il prossimo passaggio. = [2 cos α + β 2 = [2 cos α + β 2 sin α β 2 : 2 sin α + β 2 : 2 sin α + β sin α β : sin(β α)] 2 2 sin(β α) : sin( α β ] 2 ) Ora, se poniamo β α = δ, si ha che A B se e soltanto se δ 0, e quindi occorre considerare il limite per δ 0 del punto in P 2 (R) [2 cos 2α + δ : 2 sin 2α + δ sin δ : 2 2 sin( δ ], 2 ) che tende a [2 cos α : 2 sin α : 2] = [cos α : sin α : 1]. Quindi f è ben definita e continua. (c) Se A = (cos α, sin α), per quando visto sopra l equazione della retta f (A, A) è x cos α + y sin α = 1, che è ortogonale alla direzione (cos α, sin α) e incontra la circonferenza nel solo punto A, dato che x cos α + y sin α = 1 x 2 + y 2 = 1 sin2 αx x 2 cos 2 α 2x cos α = sin 2 α cioè La soluzione è unica dato che x 2 2x cos α + cos 2 α = 0. = 4 cos 2 α 4 cos 2 α = 0, ed è A dato che cos 2 α + sin 2 α = 1. (d) L immagine di f in Y è l immagine di S 1 S 1 mediante una funzione continua. Dato che S 1 è compatto, anche S 1 S 1 è compatto, e quindi l immagine di f è compatto. Un compatto in uno spazio di Hausdorff è chiuso, e perciò l immagine è un chiuso dato che P 2 (R) è Hausdorff. /// (35) Si considerino in A 2 (C) i tre punti A = (1, i), B = (1, i), C = (i, 1).

233 2. SECONDA PARTE 225 (i) Determinare se i punti A, B e C sono allineati. (ii) Siano r AB, r AC e r BC le tre rette per A, B, per A, C e per B, C rispettivamente. Si scrivano le equazioni cartesiane delle tre rette. (iii) Si consideri la funzione biunivoca f : E 4 A 2 (C), definita ponendo (x, y, u, v) (x + iy, u + iv). Mostrare che f 1 (r) è un sottospazio affine (un piano) di E 4, se r è una retta di A 2 (C). (iv) Determinare l area del triangolo con vertici f 1 A, f 1 B, f 1 C. (v) È vero che tre punti di A 2 (C) sono allineati (in A 2 (C)) se e soltanto se le rispettive controimmagini in E 4 mediante f sono allineate? Sol: (a) I punti sono allineati se e solo se 1 i 1 0 i 1 0 = det 1 i 1 = det 0 i 1 = 2i(i 1) 0, i 1 1 i e quindi non sono allineati. (b) Utilizziamo il punto (d) del primo esercizio (nel caso complesso la dimostrazione è identica). Le equazioni cercate sono r AB : x 1 = 0 r AC : (1 + i)x (1 i)y r BC : (1 i)x (1 i)y. (c) Sia r la retta di A 2 (C) di equazione az + bw + c = 0, se (z, w) sono le coordinate di A 2 (C). I coefficienti a, b, c sono complessi, e (a, b) (0, 0). La controimmagine f 1 (r) è uguale all insieme {(x, y, u, v) : a(x + iy) + b(u + iv) + c = 0}. Se a = a 1 + ia 2, b = b 1 + ib 2 e c = c 1 + ic 2, con a j, b j e c j coefficienti reali, si ha che a(x + iy) + b(u + iv) + c = (a 1 + ia 2 )(x + iy) + (b 1 + ib 2 )(u + iv) + c 1 + ic 2 ) = a 1 x a 2 y + b 1 u b 2 v + c 1 + i (a 1 y + a 2 x + b 1 v + b 2 u + c 2 ). Quindi f 1 r è l insieme dei punti (x, y, u, v) che soddisfano le equazioni a 1 x a 2 y + b 1 u b 2 v + c 1 = 0 a 1 y + a 2 x + b 1 v + b 2 u + c 2 = 0, e quindi è un sottospazio affine. Certamente ci sono soluzioni, dunque si tratta di un piano se il rango della matrice dei coefficienti [ ] a1 a 2 b 1 b 2 a 2 a 1 b 2 b 1 è uguale a due. Se fosse uno, il determinante di tutti i minori 2 2 sarebbe zero, e dunque si avrebbe [ ] [ ] a1 a 0 = det 2 = a 2 a 2 a 1 + a2 2 = b1 b a 2, 0 = det 2 = b 2 1 b 2 b 1 + b2 2 = b 2 1

234 226 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI da cui segue che a = b = 0, il che contraddice l ipotesi (a, b) (0, 0). (d) I tre punti hanno coordinate Il triangolo è quindi definito dai due vettori f 1 0 A =, f 1 0 B =, f 1 1 C = a = =, b = = Il quadrato dell altezza è dove b è la proiezione di b su a, cioè Quindi b 2 b 2, b = b a a a a = 2 a = (0, 0, 0, 1). 4 b 2 b 2 = 4 1 = 3. L area è quindi = 3. In realtà è facile vedere che si tratta di un triangolo equilatero con lato 2, anche solo calcolando le distanze tra punti, che quindi ha area 3. (e) I due vettori B A, C A sono dipendenti su C se esiste un λ C tale che B A = λ(c A). D altro canto f 1 B f 1 A, f 1 C f 1 A sono allineati se esiste un λ R tale che f 1 B f 1 A = λ( f 1 C f 1 A). Quindi se sono allineati in A 4 (R), allora lo sono anche in A 2 (C). Viceversa, potrebbero essere allineati con un λ C R, come per esempio i tre punti A = (0, 0), B = (1, 0) e C = (i, 0), e non esserlo i corrispondenti punti in A 4 (R), che in questo ultimo esempio sarebbero /// ,, (36) Siano A, B, C e D punti indipendenti (dal punto di vista affine) di A 3 (K), dove K è R oppure C. (i) Mostrare che ogni sottoinsieme di 3 punti scelti tra i quattro punti A, B, C, D è indipendente (dal punto di vista affine). (ii) Siano π BCD, π ACD, π ABD e π ABC i piani per B, C, D, per A, C, D, per A, B, D e per A, B, C rispettivamente, e X la loro unione X = π BCD π ACD π ABD π ABC. Determinare l ordine del gruppo G formato da tutte le affinità di A 3 (K) che mandano X in sé.

235 2. SECONDA PARTE 227 (iii) Quanti elementi di G fissano almeno uno dei 4 punti? Quanti esattamente uno? (iv) Si determini l insieme dei punti di A 3 (K) fissati da tutti gli elementi di G, cioè {x A 3 (K) : g G, gx = x}. Sol: (a) Quattro punti sono indipendenti dal punto di vista affine se il piú piccolo sottospazio affine che li contiene ha dimensione 3. Se per assurdo esistesse un sottoinsieme di tre punti non indipendenti, per esempio A, B e C, allora A, B e C sarebbero allineati, cioè esisterebbe una retta l che li contiene. Ma data la retta l e il punto D al di fuori da essa, esiste unico il piano che le contiene, e questo sarebbe un sottospazio affine che contiene tutti i punti (A, B, C perché contiene tutti i punti di l, e D per costruzione). (b) Le affinità mandano piani in piani. Sia g: A 3 (K) A 3 (K) una affinità. Dato che A, B, C sono indipendenti, anche le immagini ga, gb, gc sono indipendenti, e generano il piano affine π che è immagine del piano π ABC. Se g manda X in sé, deve mandare il piano π ABC in un piano π che è tutto contenuto in X. Ora, se il piano π è contenuto in X, allora π è uguale a uno dei quattro piani π BCD, π ACD, π ABD e π ABC. Infatti, se per assurdo cosí non fosse, si dovrebbe avere che l intersezione di π con ognuno dei quattro piani ha dimensione al massimo 1, e quindi il piano π sarebbe l unione di quattro sottospazi affini di dimensione al piú uno, e questo è assurdo. Quindi g induce una corrisondenza biunivoca tra i quattro piani. Segue che manda l intersezione di due piani nell intersezione di due piani, e l intersezione di tre piani nell intersezione di tre piani. Dato che i punti A, B, C, D sono intersezioni di tre piani distinti (per esempio A = π ACD π ABD π ACD ), g induce una permutazione tra i punti A, B, C, D. Ora, per ogni permutazione dei punti A, B, C, D esiste una unica affinità f che induce tale permutazione, e tale f manda X in sé. Abbiamo appena mostrato che le affinità che mandano X in sé sono in corrispondenza biunivoca con le permutazioni dei quattro punti A, B, C, D (è un isomorfismo di gruppi, dato che la composizione di permutazioni corrisponde alla composizione di affintà), che sono 4! = = 24. (c) Le permutazioni di quattro elementi A, B, C, D che fissano esattamente uno dei punti sono tante quante il numero dei punti moltiplicato per le permutazioni di tre elementi che non fissano alcun punto, cioè le otto seguenti: ACDB, ADBC, CBDA, DBAC, BDC A, DACB, BC AD, C ABD. Quelle che fissano almeno un punto sono tutte meno quelle che non fissano nessun punto, cioè tali che ga A, gb B, gc C e gd D. Queste sono le nove seguenti: BADC, BCDA, BDAC, C ADB, CDAB, CDBA, DABC, DC AB, DCBA. Quindi ci sono in tutti 24 9 = 15 permutazioni che fissano almeno un punto. Oppure sono tutte quelle che fissano un punto (le 8 di prima), piú quelle che ne fissano esattamente due (quelle che ne fissano tre ne fissano per forza quattro). Quelle che ne fissano esattamente due sono tante quante i sottoinsiemi di due elementi dell insieme {A, B, C, D}, cioè ( 4 2 ) = 4! = 24 = 6. Quindi in totale sono = 15. Problema: quante sono in 2!2! 4 generale le permutazioni di n punti che non ne fissano nessuno? Quante quelle che ne fissano almeno uno? Che ne fissano esattamente uno? (d) L insieme Y dei punti di A 3 (K) fissato da tutti gli elementi di G si trova come segue. Si prendano i punti A, B, C, D come riferimento affine. Se A è l origine, essere invariante rispetto alle permutazioni dei tre punti B, C, D significa che le tre coordinate dei punti fissati da G in questo sistema di riferimento sono uguali, cioè che i punti di Y stanno sulla retta che congiunge A con il baricentro di BCD. Lo stesso deve valere per ogni altro punto, e quindi Y è contenuto nelle intersezioni delle rette che congiungono i vertici con i baricentri delle facce opposte: ma queste si incontrano nel baricentro di ABCD, cioè nel punto di coordinate A + B + C + D 4 (coordinate baricentriche). (Come nell esercizio precedente, è possibile cercare qualcosa di computazionale per aiutarsi un esempio è il codice che segue)

236 228 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI lettere=['a','b','c','d'] def permutazioni(seq) : if len(seq) == 0 : yield () else : for i in range(0, len(seq)) : for rest in permutazioni(seq[:i] + seq[i+1:]) : yield (seq[i],) + rest def fissa_almeno_uno(p): for i in range(len(p)): if p[i] == lettere[i]: return True return False def fissa_esattamente_uno(p): numero_fissi=0 for i in range(len(p)): if p[i] == lettere[i]: numero_fissi += 1 return numero_fissi == 1 def fissa_nessuno(p): for i in range(len(p)): if p[i] == lettere[i]: return False return True def stampa(p): return ''.join(p) for p in permutazioni( lettere ): s= ''.join(p) + ": " if fissa_almeno_uno(p): s += " *" if fissa_esattamente_uno(p): s += "!" if fissa_nessuno(p): s += "-" print s /// A proposito di componenti connesse: in posizione generale (cioè supponendo che le rette si intersechino sempre due per volta), sia f (n) il numero di componenti connesse del complementare dell unione di n rette nel piano. Si ha f (1) = 2, f (2) = 4 e f (3) = 7. Si veda la figura A.1 a pagina 229. Può essere che il numero di componenti f (n) è uguale a n2 + n + 2 (a patto che le rette si incontrino sempre due a due)? Perché? 2 (37) Descrivere le orbite e lo spazio quoziente delle seguenti azioni di G su X (quando e se sono azioni). (i) G = C = {z C : z 0}, X = C, per g G e z X si ponga poi g z = gz (moltiplicazione di numeri complessi); (ii) G = R, X = C, con prodotto t z = e t+it z per ogni t G e per ogni z X. (iii) G = Z, X = C, con prodotto k z = e k z per ogni k Z e per ogni z X. (iv) G = Z, X = R, con prodotto k x = k + x per ogni x X e k G. (v) G = Z, X = R, con prodotto k x = kx per ogni x X e k G.

237 2. SECONDA PARTE 229 Figura A.1: Il complementare dell unione di n rette ha... componenti connesse.

238 230 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI Sol: (a) Se z 1 e z 2 sono due numeri complessi e z 2 = gz 1 per un g 0, g C, allora o sono entrambi uguali a zero, oppure entrambi diversi da zero. L orbita di 0 è chiaramente {0}. L orbita di 1 è C {0}. Quindi ci sono esattamente due orbite. Lo spazio quoziente X/G ha perciò due punti: [0] e [1]. La topologia di X/G: U X/G è aperto se e soltanto se la sua controimmagine in X = C è aperta. Sappiamo che e X/G sono aperti, per definizione. La controimmagine di [0] è l orbita di 0, che è {0}, che non è aperto: {[0]} non è aperto. La controimmagine di [1] è l orbita di 1, che è C {0} = C, che è aperto in C, e quindi {[1]} è aperto in X/G. Quindi gli aperti sono: = {}, {[1]}, {[0], [1]} = X/G. (b) Se z = 0, l orbita {e t+it 0} è {0}. Altrimenti, se z 0, la mappa t e t+it z è iniettiva, e descrive una spirale in C (perché?). Osserviamo che se Y X è una orbita, allora esiste sempre uno e un solo numero complesso di norma 1 in Y. Infatti, si ha (per z 0) e t+it z = e t z, e dunque e t z = 1 se e soltanto se e t = z 1 t = ln z. Quindi le orbite sono in corrispondenza biunivoca con i punti di ( S 1 {0} ) C, dove S 1 = {z C : z = 1}. Lo spazio quoziente contiene una copia (omeomorfa?) di S 1, e un punto extra (l orbita [0]). Consideriamo un intorno U X/G di [0]. La sua controimmagine Ũ mediante la proiezione del quoziente è un aperto di C che contiene 0, e dunque contiene un disco di raggio ϵ > 0. Ora, per ogni z C {0} esiste un t R tale che e t+it z < ϵ, e quindi l intersezione di Ũ con ogni orbita è non vuota. Ma se Ũ contiene un punto di una orbita, allora contiene anche tutta l orbita di questo punto: segue che Ũ = C. Cioè l unico intorno (aperto) di X/G che contiene l orbita [0] è tutto X/G. Segue che X/G non è Hausdorff. (c) Le orbite di punti z 0 sono insiemi discreti di punti, che si accumulano in 0 C, allineati lungo semirette per l origine e per z. Invece 0 ha per orbita sé stesso. Due punti z 1 e z 2, scritti in coordinate polari z 1 = r 1 e iθ 1 z 2 = r 2 e iθ 2 stanno nella stessa orbita se e soltanto se r 2 e iθ 2 = e k r 1 e iθ r 1 2 = e k r 1 θ 2 = θ 1 mod 2π. ln r 2 = k + ln r 1 θ 2 = θ 1 mod 2π. Quindi X/G contiene una copia (perché? è copia omeomorfa?) di un toro, e la orbita [0]. Analogamente al punto precedente, [0] X/G non ha altri intorni aperti a parte X/G. (d) Le orbite sono traslati a coordinatre intere, il quoziente è S 1 (già visto a lezione). (e) Non è una azione. /// (38) Siano A = (1, 1, 1), B = ( 1, 1, 1), C = (1, 1, 1) e D = ( 1, 1, 1) quattro punti dello spazio euclideo E 3. (i) Sono indipendenti (dal punto di vista affine)?

239 2. SECONDA PARTE 231 (ii) Sia G il gruppo di tutte le isometrie che mandano l insieme dei 4 punti {A, B, C, D} in sé. Dimostrare che G è finito. (iii) Determinare le ( 4 2 ) distanze reciproche. (iv) Calcolare il volume del tetraedro ABCD e la sua area laterale. Sol: (a) Si ha con determinante della matrice A D = (2, 0, 2) B D = (0, 2, 2) C D = (2, 2, 0), det = 16 0, dunque sono indipendenti dal punto di vista affine. (b) Ogni isometria è in particolare una affinità. Le affinità che mandano l insieme dei 4 punti in sé costituiscono un gruppo finito di ordine 24 = 4! (isomorfo al gruppo di permutazioni di quattro elementi si veda il compito del mese di giugno 2008). Quindi G è un sottogruppo di un gruppo finito, ed è a sua volta finito. (c) Le ( 4 2 ) = 4! 2!2! = 6 distanze reciproche sono A D = (2, 0, 2) = 2 2 B D = (0, 2, 2) = 2 2 C D = (2, 2, 0) = 2 2 A B = 2 2 B C = 2 2 C A = 2 2. Si tratta quindi di un tetraedro regolare, e quindi ogni affinità che manda l insieme dei vertici {A, B, C, D} in sé è anche una isometria (perché?). (d) Il volume è det = 16 6 = L area di una delle sue facce (triangoli equilateri) è uguale a 2 3. La superficie laterale è quindi 6 3, la superficie totale 8 3. Il baricentro della faccia ABC è = , quindi l altezza del tetraedro è la norma del vettore 1 1 4/ = 4/3, 1 1 4/3

240 232 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI che è uguale a 4 3. Il volume è quindi uguale a = 8 3, come sopra. /// (39) Si consideri in E 2 la conica γ di equazione x 2 y 2 = 1. Sia G il gruppo di tutte le affinità che mandano γ in sé. (i) Determinare quali elementi di G sono anche isometrie. (ii) G è un sottogruppo chiuso di GL(2, R)? (iii) G è compatto? (iv) L azione di G su A 2 (R) è transitiva? G contiene traslazioni? (v) G è connesso? (vi) Determinare se G agisce transitivamente su γ. Sol: Osserviamo che i due asintoti di γ (le rette di equazioni x ± y = 0) sono le uniche rette di E 2 che non intersecano γ e che passano per i punti all infinito di γ: infatti il sistema si riduce all equazione x 2 y 2 = 1 y = ax + b. = x 2 (ax + b) 2 = 1 (1 a 2 )x 2 2abx + b 2 1 = 0. Questa, se a 2 = 1, ha certamente soluzioni se b 0. Altrimenti, se b = 0, non ha soluzioni. Ora, se una affinità manda γ in sé, allora deve mandare anche i suoi due asintoti in sé. In particolare, l intersezione dei due asintoti deve rimanere fissa, e quindi l affinità si scrive come x Ax [ ] a b con A = matrice invertibile. Nel sistema di riferimento dato dai due asintoti, l equazione di γ risulta c d st = 1, dove le coordinate sono 2 s = 1 2 (x + y) t = 1 2 (x y) [ ] s = 1 [ ] [ ] 1 1 x. t y Lavoriamo nelle coordinate (s, t), invece che nelle (x, y). (a) Le rotazioni che mandano i due assi s e t in sé sono le quattro rotazioni di angolo 0, π/2, π e π/2. Solo le rotazioni di angolo 0 (l identità) e di angolo π mandano γ in sé. Le riflessioni che mandano gli assi in sé

241 2. SECONDA PARTE 233 sono le due riflessioni lungo gli assi (che però non mandano l iperbole in sé), e le riflessioni lungo le bisettrici (che mandano γ in sé). In totale quindi le isometrie di G sono rappresentate dalle quattro matrici 1 = [ ] [ ] , 1 =, R = [ ] [ ] , R Le prime due sono rotazioni (e quindi in SO(2)), le seconde riflessioni (con determinante 1). (b) Il gruppo G è formato da tutte le matrici A tali che Si tratta quindi della controimmagine di [ ] A t 0 1 A = 1 0 [ ] [ ] 0 1 mediante la funzione (continua) 1 0 [ ] A A t 0 1 A. 1 0 La controimmagine di un punto (che è chiuso) è un chiuso, e dunque G è chiuso. Sia K G il sottogruppo di G formato dalle isometrie di G. Ora, se A è una matrice tale che Aγ = γ, A induce una permutazione tra i quattro quadranti del piano (s, t) (dato che manda gli assi in sé, manda anche il complementare degli assi in sé). Sia H G il sottogruppo formato da tutte le affinità con determinante 1 che mandano il primo quadrante in sé. Sia K che H sono sottogruppi di G. Si ha che H K = 1. Se g è un elemento di G, allora esiste certamente a K tale che ga ha determinante 1. Ora, ga oppure ga hanno entrambi determinante 1, e uno dei due manda il primo quadrante in sé. Dunque, dato che sia a che a sono in K, esiste un elemento k K tale che gk H. In altre parole, HK = G, cioè G è l unione disgiunta dei laterali di H G = 1H 1H R 1 H R 2 H. Per mostrare che G è chiuso, basta mostrare che H è chiuso. (c) Osserviamo che G contiene tutte le matrici del tipo [ ] t 0, 0 1/t con t 0 arbitrario. Il sottogruppo H di sopra (quelle che mandano il primo quadrante in sé) è formato da quelle con t > 0. Quindi, G = {[ ] } {[ ] } t 0 t 0 : t > 0 : t > 0 0 1/t 0 1/t {[ ] } 0 t : t > 0 1/t 0 {[ ] } 0 t : t > 0. 1/t 0 Dato che G non è limitato, non è compatto. Deduciamo anche che il determinante di ogni elemento di G è uguale a ±1. (d) L azione di G su A 2 (R) non può essere transitiva, dato che manda γ in sé. Dato che manda l origine in sé, non può contenere traslazioni, come abbiamo visto prima. (e) G non è connesso, dato che la funzione determinate det : G {±1} è continua e suriettiva. È possibile (ma non facciamo ora) vedere che ha quattro componenti connesse, omeomorfe a R.

242 234 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI [ ] 1 t 0 (f) L azione è transitiva: se α 0, allora il punto (α, 2α ) viene mandato da in 0 1/t [ t 0 0 1/t] α tα 1 = 1. 2α 2tα 1 Chiaro quindi che con t 0 è possibile mandare (α, 2α ) in un qualsiasi altro punto di γ. /// (40) In A 3 (R) siano dati i tre punti A = 1, B = 0, C = (i) A B e C sono allineati? Dipendenti? (ii) Dimostrare che esiste un unico piano π che contiene A, B e C, e scriverne una equazione. (iii) Si trovi un riferimento affine che contiene i tre punti A, B, e C e si riscriva l equazione del piano π in questo riferimento. Sol: Ricordiamo che tre punti sono allineati se e solo appartengono ad una stessa retta o, equivalentemente, se sono dipendenti. Quindi sono allineati se e solo se i due vettori u = B A e v = C A generano uno sottospazio di R 3 di dimensione al più 1. Basta quindi calcolare il rango della matrice [u, v]: 0 1 (2.1) Rank 1 0 = che è uguale a due per concludere che non sono allineati e che generano uno spazio di dimensione massima (2). In un altro modo è possibile procedere come segue: se fossero allineati, allora il rango della matrice [A O, B O, C O] dovrebbe essere al più 2 (dal momento che i tre vettori sono contenuti nel piano contenente la retta e l origine O), e quindi il suo determinante dovrebbe essere nullo. Ma dato che det = 2 0, i tre punti non possono essere allineati. Notiamo che invece è possibile avere tre punti A,B,C non allineati tali che il determinante della matrice [A O, B O, C O] è nullo (basta che il piano che li contiene passi per l origine O). Esiste un unico piano π passante per tre punti indipendenti: basta osservare che il sottospazio affine generato da un insieme finito di punti è unico, e che tre punti indipendenti generano un piano (in generale, d + 1 punti sono indipendenti se e solo se generano uno spazio di dimensione d). È richiesto di scrivere una equazione di π: la più semplice è il sistema di equazioni parametriche x = A + s(b A) + t(c A),

243 2. SECONDA PARTE 235 con s, t R, cioè o equivalentemente x y = 1 + s 1 + t 0. z x = 1 t y = 1 s z = s + t. Eliminando i parametri s e t si ottiene l equazione cartesiana x + y + z = 2. Ora ricordiamo cosa è un riferimento affine per uno spazio affine X di dimensione d: equivalentemente, d + 1 punti in X indipendenti oppure un punto x 0 X e d vettori di X indipendenti. Nel nostro caso X = A 3 (R), quindi un riferimento affine consiste di 4 punti oppure un punto e tre vettori di R 3. Dal momento che il riferimento affine deve contenere i tre punti A, B, C, non può che essere quindi pensato come un insieme di quattro punti che contenga i punti A, B e C. Osserviamo che A, B e C sono indipendenti, per cui per ottenere un riferimento affine basta aggiungere un quarto punto O non contenuto nel piano generato da A, B e C. Dato che l origine non appartiene a π, si può considerare il riferimento affine {O, A, B, C}. I punti A, B e C in questo riferimento hanno coordinate affini , 1, 0, ed è chiaro quindi che il piano π ha equazione x + y + z = 1, dove x, y, z sono le coordinate affini nel nuovo sistema di riferimento. /// (41) Si dimostri che se r e s sono due rette distinte passanti per l origine di R 2 (cioè r e s sono due sottospazi vettoriali di dimensione 1 dello spazio vettoriale R 2 ) allora R 2 = r + s. Sol: Dato che r R 2 e s R 2, si ha r + s R 2. Bisogna quindi mostrare che ogni vettore di R 2 si può scrivere come somma di due vettori v r e v s tali che v r r e v s s. Supponiamo invece per assurdo che r + s sia un sottospazio vettoriale proprio di R 2 (dal momento che la somma di sottospazi vettoriali è un sottospazio vettoriale). Non può avere dimensione 0 (dato che contiene r e s), e non può avere dimensione 2 (dato che esiste un solo sottospazio vettoriale di R 2 di dimensione 2), per cui deve avere dimensione 1. Ma questo implica che r = r + s (dato che r è sottospazio di r + s ed hanno la medesima dimensione) e analogamente s = r + s, cioè che r = s. Ma questo contraddice l ipotesi. /// (42) Siano r e s la due rette dello spazio affine A 3 (R) di equazioni x 1 0 y = 0 + t 1 e z 1 0 x 1 1 y = 1 + s 0 z 1 1

244 236 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI (i) Sono parallele? Sghembe? Incidenti? (ii) Qual è il più piccolo sottospazio affine che contiene sia r che s (scriverne l equazione, se esiste). Sol: Le due rette sono parallele se e soltanto se le loro giaciture coincidono, cioè se e soltanto se i vettori e 0 sono linearmente dipendenti. Il rango della matrice è 2, per cui le rette non sono parallele. 0 1 Le due rette sono sghembe quindi se e soltanto se non sono incidenti: determiniamo quindi se esistono soluzioni in s e t del sistema di equazioni t 1 = 1 + s 0, che si può riscrivere come 1 = 1 + s t = 1 1 = 1 + s. È chiaro che (s, t) = (0, 1) è una soluzione, e dunque le due rette sono incidenti (si incontrano nel punto 1 A = 1 ). Se B e C denotano due punti distinti da A appartenenti rispettivamente alla prima e alla seconda delle rette (per esempio, per t = 0 si ha B = 0 e per s = 1 si ha C = 1 ), allora il piano generato da A, B e 1 0 C contiene le due rette, ed è il più piccolo sottospazio affine con questa proprietà (perché ). L equazione parametrica di un piano per tre punti si ottiene come nel primo esercizio. /// (43) Si considerino i punti 1, 0, 1 e 1 di A3 (R). Sono indipendenti (come punti dello spazio affine)? I corrispondenti vettori di R 3 sono indipendenti? Possono essere scelti come riferimento affine? Sol: Osserviamo che le differenze = 0, 0 1 = 1, 1 1 = sono di certo linearmente indipendenti (sono gli opposti dei vettori della base canonica di R 3 ), e quindi i quattro punti sono indipendenti e possono essere scelti come riferimento affine di A 3 (R). I corrispondenti 1 0 vettori 1 0, non possono esserlo, dato che in R3 il numero massimo di vettori linearmente indipendenti 0 0 è 3. ///

245 2. SECONDA PARTE 237 (44) Sia Γ la conica affine piana di equazione x 2 + y 2 = 1 e T : A 2 (R) A 2 (R) la trasformazione affine definita da [ ] [ ] [ ] [ ] x 1 1 x 1 T = +. y 1 1 y 1 Determinare l equazione della conica T(Γ) A 2 (R). Sol: Siano (x, y) le coordinate affini di A 2 (R), e siano (X, Y) le coordinate affini della seconda copia di A 2 (R) indotte dalla trasformazione T. La trasformazione T può essere scritta in coordinate come [ ] X = T Y [ ] x = y [ ] [ ] x y [ ] 1 +, 1 o anche X = x + y + 1 Y = x + y 1. Calcolando T 1 si ottiene x = X + Y 2 y = X Y 2. 2 Sostituendo nell equazione x 2 + y 2 = 1 si ottiene e semplificando (X + Y) (X Y 2)2 4 X 2 + Y 2 2X + 2Y = 0. = 1, Un altro modo è il seguente: la conica, se si suppone A 2 (R) dotato della metrica euclidea standard, è la circonferenza di raggio unitario e centro nell origine. La trasformazione T è uguale alla composizione di una rotazione di angolo π/4, una dilatazione di fattore [ ] 1 2 e una traslazione di vettore. La rotazione lascia la 1 circonferenza invariata, la dilatazione ne cambia il raggio (da 1 a [ ] 0 2) e la traslazione sposta il centro da a 0 [ ] [ ] 1 1. Quindi T(Γ) è la circonferenza di A 1 2 (R) di centro e raggio 2, che ha equazione 1 (X 1) 2 + (Y + 1) 2 = 2. Semplificando si ottiene cioè l equazione sopra riportata. /// X 2 2X Y 2 + 2Y + 1 = 2, (45) Sia in A 2 (R) data la retta r di [ ] equazione x + y = 1. Scrivere (nelle coordinate (x, y) del piano affine) 0 la proiezione su r parallela al vettore e la corrispondente riflessione. 1

246 238 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI [ ] 0 Sol: Sia (x 0, y 0 ) un punto di A 2 (R). La retta parallela a e passante per (x 1 0, y 0 ) ha equazione x = x 0. La sua intersezione con la retta r si ottiene risolvendo il sistema x = x 0 x + y = 1, ed è quindi il punto di coordinate (x 0, 1 x 0 ). Ne segue che se p r indica la proiezione cercata essa sarà definita da ([ ]) [ ] x x p r =. y 1 x La riflessione corrispondente R : A 2 (R) A 2 (R) si ottiene ricordando che deve essere R ([ ]) ([ ]) ([ ]) x x x p y r = p y r y [ ] x, y e dunque /// R ([ ]) [ ] x x = 2 y 1 x [ x, y ] [ = x 2 2x y ]. (46) Si calcoli la distanza dall origine (in E 3 con il prodotto scalare standard) delle rette r e s di equazioni x 0 1 y = 0 + t 1 e z 1 0 x 0 1 y = 1 + s 0 z 0 1 Qual è la distanza tra le due rette? Sol: La distanza di un punto da un sottospazio è la minima delle distanze tra il punto e i punti del sottospazio. È chiaro che il minimo delle distanze si ottiene considerando il minimo delle distanze al quadrato (perché?). Per la prima retta si ha x 2 + y 2 + z 2 = t 2 + t = 2t 2 + 1, che ha minimo per t = 0. Dato che la seconda retta si ottiene ruotando la prima attorno all asse di rotazione 1 1 di un angolo di 2π/3 (perché?), la distanza è uguale 1 anche per essa. 1 La distanza al quadrato tra il punto A(t) con parametro t della retta r e il punto B(s) con parametro s della seconda retta (con abuso di notazione è stata chiamata s) è uguale a (t s) 2 + (t 1) 2 + (1 s) 2. Deve essere che il vettore A(t) B(s) sia ortogonale sia a r che a s, cioè t s 1 t 1, 1 = 0 1 s 0

247 2. SECONDA PARTE 239 t s 1 t 1, 0 = 0. 1 s 1 Il sistema di equazioni in (s, t) da risolvere può essere scritto come t s + t 1 = 0 = s = 2t 1 t s + 1 s = 0 = t = 2s 1, ed ha soluzione s = t = 1: il che implica che la distanza non è 2, ma 0 (le rette sono incidenti). /// (47) Nel piano proiettivo si considerino i tre punti A = [1 : 0 : 1], B = [1 : 1 : 0] e C = [0 : 1 : 1]; siano r AB, r AC e r BC le tre rette passanti per due dei tre punti. Dimostrare che il complementare P 2 (R) (r AB r AC r BC ) (cioè il piano proiettivo meno le tre rette) ha quattro componenti connesse. Quante componenti ha il piano proiettivo meno tre rette distinte passanti per un punto? Sol: A meno di un cambio di coordinate possiamo supporre che r BC sia la retta dei punti impropri. Quindi il complementare P 2 (R) (r AB r AC r BC ) risulta omeomorfo a A 2 (R) ( ˆr AB ˆr AC ), dove ˆr AB e ˆr AC denotano le tracce affini delle due rette proiettive r AB e r AC. Le due rette affini si intersecano nel punto affine A (per definizione) e non sono parallele (dal momento che le loro intersezioni con la retta impropria sono due punti distinti: B e C, entrambi punti di r BC ). A meno di trasformazioni affini si può supporre che r AB e r AC siano i due assi di un sistema di riferimento cartesiano (x, y). Le componenti connesse sono quindi 4. Infatti, consideriamo lo spazio topologico S = {+, } con topologia discreta, e la mappa s : R 2 xy = 0 S S definita ponendo s(x, y) = (Segno(x), Segno(y)). Dal momento che s risulta una funzione continua (perché?), lo spazio in questione ha almeno quattro componenti connesse. Per concludere che sono esattamente quattro basta mostrare che i quadranti sono connessi, ma questo segue facilmente dal fatto che sono connessi per archi (anche, sono connessi per archi rettilinei!). Per quanto riguarda il piano proiettivo meno tre rette per un punto, si prosegue come sopra, ma ottenendo due rette affini distinte con il medesimo punto all infinito (e quindi parallele). Le componenti connesse sono quindi 3. /// 3. ALCUNI ŒRRORI

248 240 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI [[url: (48) Consideriamo il seguente sottoinsieme di R 2 (con la topologia euclidea): (i) È aperto? È chiuso? X = {(x, y) R 2 : xy Z}. (ii) Consideriamo l iperbole C di equazione x 2 y 2 = 1. L intersezione X C è aperta nella topologia di C? È chiusa nella topologia di C? E nella topologia di R 2? (iii) X e X C sono compatti? sono connessi? (iv) Si consideri la funzione φ: Z X R 2 definita ponendo È vero che l immagine di φ è contenuta in X? Soluzioni: a) [...] L insieme X è infatti composto da φ(k, (x, y)) = (2 k x, 2 k y). X = R 2 (Z Z) {(x, y) R 2 : x, y Q, e xy Z}, quindi X = R 2 una infinità numerabile di punti. Dato che tra un numero razionale ed uno irrazionale infiniti n reali, segue che infinite coppie di numeri (x 3, y 3 ) con x 3, y 3 R. Questo vale per ogni coppia (x, y) R 2 e quindi a maggior ragione in ogni coppia (x, y) R 2 una infinità numerabile di punti. [...] X non è aperto, per x R y R tale che xy Z (un numero per il reciproco). [...] X è aperto perché è l unione di tutte le palle aperte di raggio 1 e centro in (x, y) R 2 tali che x Z, y Z. [...] Un insieme è aperto il suo complementare è chiuso o equivalentemente se non contiene tutti i suoi punti di accumulazione. [...] X è un sottoinsieme chiuso di R 2. Infatti X c = {(x, y) R 2 : xy Z} = Z 2. Z 2 è composto da punti isolati, ed è quindi un insieme aperto. [...] X non contiene (0, 0), allora X R 2 ma anche il suo complementare non contiene (0, 0). quindi y (X?) non è chiuso. [...] X = f 1 (R Z) = la controimmagine tramite la f continua di un chiuso è un chiuso.

249 3. ALCUNI ŒRRORI 241 b) [...] C non è connesso perché la sua immagine attraverso una funzione continua è {1} che non è connesso. [...] C X è aperto; poiché è aperto non può essere anche chiuso poiché C X non è connesso. [...] la controimmagine di uno SCONNESSO è SCONNESSA (se f è continua) [...] X C è l intersezione di 2 insiemi non limitati X C è non limitato X C è non compatto (49) Dimostrare che: (i) S 1 non è omeomorfo ad un intervallo. (ii) Gli intervalli (0, 1) e [0, 1] non sono omeomorfi. (iii) Se uno spazio topologico X è connesso e X = A B con A e B, allora o A B oppure B A. (iv) Se X R non è un intervallo, allora non è connesso. Soluzioni: a) [...] S 1 è compatto = è omeomorfo a un intervallo chiuso e non a un intervallo aperto. [...] S 1 non è omeomorfo a un intervallo; S 1 = {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 1}. Sappiamo che I C = circonferenza con C = {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 = 1}. C S 1 e C S 1 = I S 1. [...] Supponiamo per assurdo S 1 I Allora esisterebbe f : S 1 I biunivoca, continua t.c. f 1 continua. Ma applicando f a S 1 si perde l iniettività della funzione, il che è assurdo. Allora S 1 I. [...] Sia f : [0, 1] S 1 f (ϑ) = e 2πiϑ S 1 f ({0, 1}) = (1, 0) S 1 f è continua {0, 1} non connesso, (1, 0) S 1 connesso = S 1 e [0, 1] non possono essere omeomorfi. [...] S 1 [0, 1] infatti f : [0, 1] S 1 t.c. f (t) e i2πt = (cos 2πt, sin 2πt) f è continua, f (1) = (1, 0) è iniettiva [...] è suriettiva e f 1 è continua infatti f 1 : S 1 1 [0, 1] t.c. f (y) = log e (y) 2iπ. b) [...] non una funzione biunivoca continua [0, 1] (0, 1) prendiamo f : (0, 1) [0, 1] tale che x y = x vediamo subito che non è iniettiva in quanto y = 1, y = 0 non hanno controimmagine tramite f [...] se per assurdo f : (0, 1) [0, 1] t.c. f omeomorfismo, significherebbe che f è biunivoca, continua, con inversa continua. In particolare, si avrebbe che f 1 (0) = 0, f 1 (1) = 1. Ma {0} (0, 1) e {1} (0, 1), quindi siamo giunti ad un assurdo. Questo dimostra che (0, 1) e [0, 1] non sono omeomorfi. [...] l immagine di un aperto attraverso una funz. continua è aperto, invece [0, 1] è chiuso. [...] X = (0, 1) [0, 1] = Y = esisterebbe una funzione continua e biunivoca da (0, 1) a [0, 1] = f (X) = Y e dato che è continua la controimmagine di [0, 1] essendo chiuso dovrebbe essere un chiuso essendo f continua ma f 1 (Y) = X è aperto = assurdo (0, 1) [0, 1] c) [...] X = A B è connesso A, B poiché X è connesso, esso non può essere unione di due aperti non vuoti disgiunti (o rispettivamente chiusi) quindi se A, B sono aperti A B per definizione = allora anche Ā B e B A sono se A è aperto e B è chiuso (o viceversa) per forza B = X A e X = A B poiché X = A B = quindi Ā B (o B A se B aperto e A chiuso) d) [...] Se X R non è un intervallo allora non è connesso se X non è un intervallo = presi a, b X s X t.c. a < s < b possiamo quindi supporre X = (a, b) {s} = X risulta essere l unione disgiunta di due aperti: (a, s), (s, b) ossia X = (a, s) (s, b) = X non è connesso per definizione. [...] Se X R non è un intervallo, o è l insieme vuoto, o è un insieme di punti isolati, o è un unione disgiunta di intervalli. In tutti e tre i casi siamo di fronte a esempi di insiemi non connessi.

250 242 #A. ALCUNI ESERCIZI SVOLTI

251 Appendice B TEMI D ESAME Questi alcuni temi d esame per il corso di Geometria 1, per il Corso di Laurea in Matematica dell Università di Milano-Bicocca. 4. A.A SCRITTO # (14:30-16:30, U9-05) (1) [6u] Sia K un campo finito, e sia X = A n (K), n > 0. Dati due punti x = (x 1,..., x n ), y = (y 1,..., y n ) di X, si denoti con d(x, y) = {i x i y i } il numero di indici i, 1 i n tali che x i y i. (i) Dimostrare che d è una distanza. (ii) Determinare se (X, d) è uno spazio metrico completo, e se è compatto. (iii) Sia G il gruppo delle permutazioni di n elementi, con la topologia discreta. Dimostrare che l applicazione G X X, (σ, x) (x σ 1 (1),..., x σ 1 (n)) è un azione, e che G agisce come un gruppo di isometrie. (iv) Determinare se la topologia del quoziente X/G è metrizzabile. (v) Mostrare che le traslazioni sono isometrie, e per n = 1, 2, determinare se esistono affinità di X = A n (K) in sé che non siano isometrie. 243

252 244 #B. TEMI D ESAME (vi) Mostrare che se f : X X è una affinità tale che f (O) = O che sia anche una isometria, allora esiste una permutazione σ G tale che per ogni i {1,..., n} si ha f (e i ) = a i e σ(i) per certi a i K, dove gli e i sono i vettori della base canonica di K n. (2) [4u] Sia I 3 il cubo I 3 E 3 definito da I 3 = [0, 1] [0, 1] [0, 1]. (i) Si mostri che il volume del tetraedro T 0 I 3 con vertici e quello del tetraedro T 1 I 3 con vertici coincidono. (0, 0, 0), (1, 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1) (0, 0, 0), (0, 0, 1), (0, 1, 1), (1, 1, 1) (ii) Si mostri che il gruppo simmetrico Σ 3 (di ordine 6) delle permutazioni di tre elementi agisce su I 3 permutando le coordinate, e che I 3 = gt 1. g Σ 3 Si deduca che il volume di T 0 e T 1 è uguale a 1 6. (iii) Sia ρ l isometria (x, y, z) ( y, z, x) di E 3. È una rotazione? Si mostri che genera un gruppo ciclico G di ordine 6. (iv) Si determini per quale valore φ R, φ > 0, le G-orbite dei due punti (1, φ, 0), (1, φ, 0) di E 3 sono vertici di un icosaedro regolare. (suggerimento: per quale valore di φ i tre punti (1, φ, 0), (1, φ, 0) e (φ, 0, 1) sono equidistanti? Si guardi la figura, in cui l icosaedro è inscritto nel cubo [ 1, 1] 3 ). (3) [4u] Si consideri in P 2 (C) (con coordinate [x : y : u]) il gruppo G di tutte le proiettività che mandano la retta u = 0 (retta impropria) in sé. (i) Mostrare che per ogni coppia di punti distinti A, B nella retta u = 0, esiste almeno una proiettività in G che manda [1 : 0 : 0] e [0 : 1 : 0] in A e B. (ii) La proiettività del punto precedente è unica?

253 4. A.A (iii) Descrivere il sottogruppo di G formato dalle proiettività che fissano ogni punto della retta impropria u = 0. Agisce in modo transitivo sulla carta affine {u 0} P 2 (C)? (iv) Scrivere le equazioni omogenee di tutte le possibili coppie di rette r 1 e r 2 i cui punti all infinito siano rispettivamente [1 : 0 : 0] e [0 : 1 : 0], e tali che r 1 r 2 {x = y} P 2 (C). SCRITTO # (14:30-16:30, U1-10) (4) [6u] Per ogni n N, n > 0, sia X n = {z C : z n = 1} S 1 l insieme delle radici n-esime dell unità, e X = la loro unione, con la topologia metrica di C. Dimostrare i seguenti fatti. (i) La chiusura di X in C è uguale a S 1 : X = S 1. (ii) X non è connesso. (iii) X non è compatto. n=1 (iv) Esiste una successione {z j } di punti di X che non ammette sottosuccessioni convergenti ad alcun elemento di X. (v) Non esiste una successione {z j } di punti di X che non ammette sottosuccessioni convergenti ad alcun elemento di S 1 C. (vi) Se f 1, f 2 : S 1 R sono due funzioni continue tali che x X, f 1 (x) = f 2 (x), allora x S 1, f 1 (x) = f 2 (x). X n (5) [4u] Posto X = R 3 \ {0}, G = R, si consideri l applicazione ρ: G X X, ρ(λ, (x 0, x 1, x 2 )) = (λx 0, λ 2 x 1, λ 3 x 2 ). (i) Dimostrare che ρ è un azione. (ii) Determinare se il quoziente X/G è compatto, e se è connesso. (iii) Si considerino le applicazioni ϕ 0, ϕ 1, ϕ 2 : R 2 X/G ϕ 0 (z, w) = [(1, z, w)], ϕ 1 (z, w) = [(z, 1, w)], ϕ 2 (z, w) = [(z, w, 1)]. Si dimostri che ϕ 0, ϕ 1, ϕ 2 sono continue e aperte. Sono omeomorfismi con l immagine? (iv) Determinare se X/G è di Hausdorff.

254 246 #B. TEMI D ESAME (6) [5u] Siano A, B e C tre punti non allineati di un piano affine A 2 (K) su campo finito K, e P AB, P BC e P CA tre punti allineati rispettivamente con AB, BC e CA. Si supponga anche che P AB {A, B}, P BC {B, C}, P CA {C, A}. (i) Dimostrare che esiste un riferimento affine in A 2 (K) per cui A = (0, 0), B = (1, 0) e C = (0, 1), e che esistono ρ A, ρ B, ρ C K, tali che (P AB A) = ρ C (B P AB ) (P BC B) = ρ A (C P BC ) (P CA C) = ρ B (A P CA ). (ii) Dimostrare che A P BC, B P CA, C P AB, e quindi esistono uniche tre rette a per A e P BC, b per B e P CA, c per C e P AB. (iii) Mostrare che A 1 B 1 P 1 A 1 C 1 P 1 a = P A2 (K) : det A 2 B 2 P 2 + ρ A det A 2 C 2 P 2 = Scrivere le analoghe equazioni per b e c. (iv) Mostrare che se a b c, allora ρ A ρ B ρ C = 1. (v) Viceversa, mostrare che se ρ A ρ B ρ C = 1, allora a b c.

255 4. A.A SCRITTO # (14:30-16:30, U9-04) (7) [8u] Si dice che uno spazio topologico X è irriducibile se per ogni coppia di chiusi F, G con X = F G vale X = F o X = G. Si dice che un sottospazio A X è irriducibile se lo è nella topologia indotta. (i) Dimostrare che se X è irriducibile e A X è aperto, allora A è irriducibile. (ii) Dato uno spazio topologico X, si consideri la famiglia F X = {F X chiuso F 1,..., F k chiusi irriducibili di X, F = F 1 F k } dei sottoinsiemi chiusi di X che non si possono scrivere come unione finita di chiusi irriducibili. Dimostrare che F X non contiene alcun elemento minimale Y, cioè tale che A F X A Y = A = Y. (iii) Sia X uno spazio topologico con la proprietà che per ogni catena discendente di chiusi F 1 F 2... F n... esiste N tale che F n = F N per n N. Dimostrare che F X è vuoto. (iv) Sia X uno spazio topologico con la proprietà che ogni suo sottospazio è compatto. Dimostrare che X è unione di un numero finito di chiusi irriducibili. (8) [4u] Sia G SO(2) un sottogruppo finito. Sia p: R SO(2) la funzione definita da [ ] cos t sin t p(t) = sin t cos t (i) Mostrare che G = p 1 (G) R è un sottogruppo additivo discreto di R. (ii) Si mostri che p induce un omeomorfismo tra i due spazi quozienti R/ G SO(2)/G. (iii) Si dimostri che G non può agire in modo transitivo su SO(2). (iv) Mostrare che per ogni G di ordine l > 1 si ha G = Z l = {z C : z l = 1} C. (9) [6u] Sia X = P 2 (C) il piano proiettivo complesso, con coordinate omogenee [x : y : u], e retta impropria u = 0. Dimostrare i seguenti fatti. (i) Ogni retta di X diversa dalla retta impropria ha uno e un solo punto all infinito. (ii) Il punto [1 : 1 : 1] non è allineato a nessuna coppia di punti scelti tra [1 : 0 : 0], [0 : 1 : 0] e [0 : 0 : 1]. (iii) Una proiettività f : X X manda terne di punti allineati in terne di punti allineati, e terne di punti non allineati in terne di punti non allineati. (iv) Per ogni scelta di tre punti A, B, C X non allineati, esiste almeno una proiettività f : X X tale che f ([1 : 0 : 0]) = A, f ([0 : 1 : 0]) = B, f ([0 : 0 : 1]) = C. (v) Fissati A, B, C non allineati, sia F l insieme formato da di tutte e sole le proiettività f : X X che mandano [1 : 0 : 0], [0 : 1 : 0], [0 : 0 : 1] in A, B, C rispettivamente. L insieme T = { f ([1 : 1 : 1]) : f F } X è uguale all insieme dei punti P X che non sono allineati a due dei tre punti A, B, C, comunque presi.

256 248 #B. TEMI D ESAME (vi) Nella topologia indotta dalla topologia quoziente di X, T è omeomorfo a (C {0}) (C {0}), ed è connesso. SCRITTO # (14:30-16:30, U1-10) (10) [6u] Si consideri la topologia euclidea standard su Q. Per ogni x Q si indichi con Z x l insieme definito da Z x = {kx : k Z {0}} Q. (i) Determinare per quali x Q risulta che Z x è chiuso in Q. (ii) Per quali x Q risulta che Z x è compatto? Per quali risulta connesso? (iii) Dimostrare che per ogni x Q l insieme Z x N è chiuso in Q, e che il suo estremo inferiore è un elemento di Z x. Chiamiamo tale estremo inferiore b(x). (iv) Si consideri la funzione f : Q Q definita da 1 f (x) = b( 1, se x 0; x ) 0, se x = 0. Mostrare che la funzione f è ben definita. (v) Mostrare che f è continua in 0. (vi) Esiste x 0 Q, x 0 0, tale che la funzione f è continua in x 0? (11) [6u] Sia X = P 2 (C) e si consideri la mappa ρ: R X X, ρ(t, [x : y : u]) = [e it x : y : u]. (i) Dimostrare che ρ definisce un azione di R su X. (ii) Deteminare lo stabilizzatore di ogni punto di X. (iii) Determinare se lo spazio quoziente X/R è compatto e se è connesso. (iv) Determinare se lo spazio quoziente X/R è di Hausdorff. (12) [6u] Sia γ E 2 una circonferenza nel piano euclideo E 2, con centro A e raggio r. Per ogni P E 2 si definisca la quantità w(p; γ) = P A 2 r 2. (i) Mostrare che se P è un punto esterno alla circonferenza γ, allora w(p; γ) è il quadrato della distanza tra P ed i due punti in cui le due tangenti a γ passanti per P toccano γ.

257 4. A.A (ii) Date due circonferenze distinte γ e Γ in E 2, dimostrare che il luogo dei punti R(γ, Γ) = {P E 2 : w(p; γ) = w(p; Γ)} è una retta se γ e Γ hanno centri distinti, ed è vuoto se esse sono concentriche. (iii) Mostrare che se A e B sono i centri di γ e Γ, e se A B, allora R(γ, Γ) è ortogonale alla retta passante per A e B. (iv) Mostrare che γ Γ R(γ, Γ). (v) Mostrare che se A, B e C sono tre punti non allineati in E 2, e γ A, γ B e γ C tre circonferenze con centri rispettivamente in A, B e C, allora esiste un unico punto Q E 2 tale che Q R(γ A, γ B ) R(γ B, γ C ) R(γ C, γ A ). (vi) Dedurre dai punti precedenti che se tre circonferenze sono mutuamente tangenti e con centri non allineati, allora le tre tangenti comuni si incontrano in un punto. SCRITTO # (14:30-16:30, U9-09) (13) [6u] Sia X E 2 la scala infinita X = {(x, y) E 2 : (x [0, 1] y Z) (x {0, 1})}, e g: E 2 E 2 l isometria definita da g: (x, y) (1 x, y + 3). (i) Mostrare che g(x) = X. (ii) Sia G il gruppo generato da g, cioè G = {g k : k Z}. Mostrare che G agisce su X mediante isometrie. (iii) Mostrare che l azione di G su X è libera. (iv) Si consideri lo spazio topologico quoziente X/G: dimostrare che è compatto e connesso. (v) Si dia una descrizione (anche grafica) del quoziente X/G. È possibile disegnarlo su un piano? (14) [6u] Sia G l insieme di tutte le trasformazioni affini g: R R che si scrivono come g(x) = ax + b, con a > 0. (i) Mostrare che G è un gruppo, rispetto alla composizione di funzioni. (ii) Mostrare che la funzione Φ: (0, + ) R G definita da (a, b) Φ((a, b)) = (x ax + b) G è una bijezione.

258 250 #B. TEMI D ESAME (iii) Per ogni z R e ogni intervallo aperto U R si indichi con W(z, U) G l insieme W(z, U) = {g G : g(z) U}. Cos è Φ 1 (W(z, U))? Mostrare che la famiglia di tutti i W(z, U), al variare di z e U, non è una base per una topologia di G (sotto quali condizioni W(z, U) W(w, V)? ) (iv) Mostrare che la famiglia W formata da tutte le intersezioni finite W(z 1, U 1 ) W(z 2, U 2 )... W(z n, U n ), al variare di z i R e U i R aperti, con i = 1,..., n, è una base per una topologia τ di G. (v) Dimostrare che G, con la topologia τ, è uno spazio topologico di Hausdorff. (15) [6u] Sia K un campo, e E un piano affine su campo K. Se OXY è un riferimento affine di E, per ogni a x b x c x terna ordinata A, B, C di punti di E si indichi con (ABC) OXY il determinante della matrice a y b y c y i cui coefficienti a x, a y, b x, b y, c x, c y sono le coordinate (rispettivamente) di A, B, C nel riferimento OXY. Ricordiamo che per tre punti allineati (con A B) si indica anche con AC il rapporto AC : AB, cioè AB l unico ρ K tale che AC AC = ρab; si ponga per semplicità BA = CA AB = CA BA = AC AB. (i) Si mostri che tre punti A, B, C E sono allineati se e soltanto se (ABC) OXY = 0 in un qualsiasi sistema di riferimento OXY. (ii) Si mostri che, date due terne ordinate A, B, C e A, B, C di punti di E, il rapporto (ABC) OXY (A B C non ) OXY dipende dal sistema di riferimento OXY. In questo caso quindi si può omettere di scrivere OXY nell espressione del rapporto. (iii) (Teorema del lato comune) Si mostri che se A, B, P, Q E sono quattro punti, con A B e P Q tali che la retta AB e la retta PQ si intersecano in un unico punto M, allora (ABP) (ABQ) = MP MQ. Quando succede che M = Q oppure M = P la formula è valida? (iv) Siano A, B, C tre punti non allineati nel piano affine E, e P, Q e R tre punti rispettivamente sulle rette AB, BC e CA. Mostrare che se P, Q, R sono allineati, per ogni coppia X, Y di punti distinti allineati con P, Q, R si ha (XY A) (XY B) = PA PB, (XY B) (XYC) = QB QC, (XYC) (XY A) = RC RA. Dedurre che vale il Teorema di Menelao: se P, Q, R sono allineati, allora AP BQ CR PB QC RA = 1. (v) Vale anche il viceversa, cioè se AP BQ CR = 1 allora P, Q, R sono allineati? PB QC RA 5. A.A

259 5. A.A SCRITTO # (15:00-17:00, U9-07) (16) [4u] Si consideri la funzione F : R 2 {0} R 2, definita ponendo ( 2xy F(x, y) = x 2 + y 2, x2 y 2 ) x 2 + y 2. Dimostrare i seguenti fatti. (i) La funzione F induce una funzione continua f : P 1 (R) R 2. (ii) L immagine di f in R 2 è la circonferenza unitaria S 1 = {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 = 1}. (iii) La funzione f : P 1 (R) R 2 è iniettiva. (iv) Dedurre che lo spazio proiettivo P 1 (R) è omeomorfo alla circonferenza S 1. (17) [6u] Sia F la matrice 2 2 definita da F = [ ] e φ: Z R 2 R 2 la funzione definita da φ (k, x) = F k x per ogni x R 2, dove F k indica il prodotto di k copie di F (se k > 0), oppure il prodotto di k copie dell inversa F 1 (se k < 0), oppure l identità quando k = 0. Dimostrare i seguenti fatti. (i) La funzione φ è ben definita ed è una azione di Z su R 2. (ii) I due punti (1, 0) e (0, 1) appartengono alla medesima orbita in R 2. (iii) L azione φ induce una azione ϕ di G = Z su P 1 (R), definita ponendo [ ] [ ] ϕ(k, [x : u]) = [x : u x ], con u = F k x. u (iv) Esistono esattamente due punti p 0 e p 1 in P 1 (R) fissati dall azione di G = Z su P 1 (R) (cioè fissati da ogni g G). Come si scrive l azione di G su R 2 (e quindi su P 1 (R)) in una base di R 2 che contiene i due vettori p 0 e p 1, se [ p i ] = p i per i = 0, 1? (v) Se il punto p P 1 (R) non è fissato, p {p 0, p 1 }, allora il suo stabilizzatore G p è banale e la sua orbita Gp in P 1 (R) ha p 0 e p 1 per punti di accumulazione. (usare il punto precedente) (vi) Lo spazio quoziente P 1 (R)/G non è di Hausdorff. (18) [5u] Siano a, b, c > 0 tre parametri positivi fissati. Sia T il tetraedro in E 3 di vertici O = (0, 0, 0), A = (a, 0, 0), B = (0, b, 0), C = (0, 0, c), e S la sua sfera inscritta, di raggio r e centro X. Dimostrare i seguenti fatti.

260 252 #B. TEMI D ESAME (i) Per ogni spigolo s di T, il piano bisettore dell angolo diedro tra le due facce che insistono su s, passa per X. (ii) Il centro X appartiene alla retta per O di giacitura (1, 1, 1), e la distanza del punto di coordinate (t, t, t) dal piano che contiene A, B e C è uguale a (iii) L area d del triangolo ABC è uguale a t(ab + ac + bc) abc a 2 b 2 + a 2 c 2 + b 2 c 2. d = 1 2 a 2 b 2 + a 2 c 2 + b 2 c 2. (Si consideri che il volume di un tetraedro di lati a, b e c è per definizione uguale a 1/6V, dove V è il volume del parallelogramma di lati a, b, e c, con a, b, c R 3, e che il volume di un tetraedro è uguale a 1/3Ah, dove A è l area di una sua faccia e h l altezza corrispondente) (iv) Il centro della sfera S ha coordinate baricentriche (rispetto ai vertici O, A, B e C del tetraedro) proporzionali a 2d : bc : ac : ab, dove d indica l area del triangolo ABC. In altre parole, X = 2dO + bca + acb + abc 2d + bc + ac + ab = abc 2d + bc + ac + ab (v) Determinare per quali valori di a, b, c il centro X coincide con il baricentro di T. SCRITTO # (14:30-16:30, U9-07) (19) [4u] Su X = R 2 con la topologia standard, sia la relazione definita da (x, y) (x, y ) (a, b) Z Z : (x, y ) = (a + ( 1) b x, b + y). (i) Dimostrare che è una relazione di equivalenza. (ii) Dire se il quoziente X/ è compatto; dire se è connesso. (iii) Dire se la proiezione π : X X/ è aperta; dire se è chiusa. (iv) Dire se il quoziente X/ è di Hausdorff. (20) [5u] Sia ρ: P 1 (C) P 1 (C) l applicazione ρ([z 0 : Z 1 ]) = [Z 1 : Z 0 ]. (i) Dimostrare che ρ è ben definita. (ii) Dire se ρ è continua, aperta, chiusa.

261 5. A.A (iii) Dire se ρ è una mappa proiettiva. (iv) Dimostrare che l applicazione f : P 2 (R) P 1 (C), f ([X : Y : Z]) = [X : Y + iz] è ben definita, suriettiva e continua. (v) Determinare quali sono le rette proiettive l P 2 (R) per cui esiste una retta proiettiva l P 2 (R) tale che ρ( f (l)) = f (l ). (21) [6u] Si consideri la funzione d : P 1 (R) P 1 (R) R, definita ponendo d([x : u], [ ˆx : û]) = Sia π : R 2 {0} P 1 (R) la proiezione sul quoziente. (i) Dimostrare che d è ben definita e continua. (xû u ˆx) 2 (x 2 + u 2 ) ( ˆx 2 + û 2 ). (ii) Mostrare che d(p, q) = 0 se e soltanto se p = q, per ogni p, q P 1 (R). (iii) Fissati a, b P 1 (R), a b, si consideri la funzione definita da f : P 1 (R) R f (z) = d(a, z) + d(z, b). Dimostrare che f ha massimo M e minimo m strettamente positivi M m > 0. Si dimostri poi che nel caso in cui a = [1 : 0] e b = [1 : 1] il minimo m è strettamente minore di 1, calcolando il valore 2 f ([2 : 1]). (iv) Determinare se d è una metrica su P 1 (R). Qual è il valore di d([1 : 0], [1 : 1])? (v) Se A, B S 1 E 2 = R 2 sono due punti tali che π(a) = a e π(b) = b, con a, b P 1 (R) qualsiasi, si determini (se esiste) una formula che lega il valore di d(a, b) e l area del triangolo OAB. (vi) Fissati a, b P 1 (R), a b, si determini il luogo di tutti i punti P E 2, P 0, tali che d(a, π(p)) = d(b, π(p)). SCRITTO # (14:30-16:30, U1-08) (22) [6u] Al variare di λ R, sia X λ = {(x, y) R 2 max{ x, y } = λ};

262 254 #B. TEMI D ESAME si considerino i seguenti sottospazi di R 2 con la topologia indotta dalla topologia euclidea: X = X λ = {(x, y) R 2 : 1 max{ x, y } 2}, (i) Dimostrare che X è compatto. λ [1,2] D = {(x, y) R 2 x 2 + y 2 1}, S 1 = {(x, y) R 2 x 2 + y 2 = 1}. (ii) Costruire una mappa continua e suriettiva f : X D, tale che f sia iniettiva sul complementare di X 1, f (X 1 ) = {0} e f (X 2 ) = S 1. (iii) Dimostrare che f è una mappa quoziente. (iv) Determinare se X/(X 1 X 2 ) è omeomorfo a S 2 oppure no (non si richiede una dimostrazione completa, ma solo una argomentazione intuitiva, anche grafica). (23) [5u] Si consideri R 2 con la topologia euclidea, e sia (i) Dimostrare che ρ definisce un azione. ρ: Z R 2 R 2, ρ(k, (x, y)) = (x + k, e k y). (ii) Determinare quali orbite sono sottospazi chiusi di R 2. (iii) Sia φ: R 2 R la mappa definita da φ(x, y) = ye x. Dimostrare che φ induce una mappa continua e suriettiva definita sullo spazio quoziente X = R 2 /Z a valori in R, φ: X R. Determinare poi se lo spazio quoziente X è connesso e/o compatto. (iv) Sia Y lo spazio quoziente di R 2 rispetto alla relazione di equivalenza Mostrare che la mappa F : R 2 R 2 definita da (x, y) (x, y ) x x Z. F(x, y) = (x, φ(x, y)) è un omeomorfismo, che induce un omeomorfismo f : X Y tra gli spazi quozienti X e Y. (Suggerimento: scrivere esplicitamente una inversa per F, e quindi per f ) (v) Determinare se X e Y sono di Hausdorff. (24) [4u] Si considerino quattro punti A, B, C, D in E 3. Siano a = A O, b = B O, c = C O, d = D O i vettori delle loro coordinate in R 3. Per ogni vettore x = x 1 e 1 + x 2 e 2 + x 3 e 3 R 3 (dove e i sono i vettori della base standard di R 3 ), si indichi con ˆx il vettore e 0 + x 1 e 1 + x 2 e 2 + x 3 e 3 dello spazio vettoriale R R 3 con base e 0, e 1, e 2, e 3. (i) Dimostrare che la misura del volume V del tetraedro ABCD è uguale a V = 1 6 det(â, ˆb, ĉ, ˆd) = 1 6 det a 1 b 1 c 1 d 1 a 2 b 2 c 2 d 2 a 3 b 3 c 3 d 3

263 5. A.A (Si ricordi che la misura del volume del tetraedro è per definizione uguale a 1 det(b A, C A, D A)) 6 (ii) Dimostrare che per ogni k R si ha 1 a b 2 c 2 d a k 3 a det 1 b 1 c 1 d 2 b 2 c 2 d 2 1 = det 0 ka a 2 b 2 c 2 d 1 kb 1 kc 1 kd 1 = det 0 ka 1 kb 1 kc 1 kd ka a 3 b 3 c 3 d 3 2 kb 2 kc 2 kd 2 0 ka 2 kb 2 kc 2 kd 2 0 ka 3 kb 3 kc 3 kd 3 0 ka 3 kb 3 kc 3 kd 3 e dedurre che 1 a 2 b 2 c 2 d a 2 b 2 c 2 d 2 288V 2 = det 0 a 1 b 1 c 1 d 1 det 0 2a 1 2b 1 2c 1 2d 1 0 a 2 b 2 c 2 d 2 0 2a 2 2b 2 2c 2 2d 2 0 a 3 b 3 c 3 d 3 0 2a 3 2b 3 2c 3 2d 3 (iii) Dedurre che * a b 2 a c 2 a d 2 288V 2 = det 1 b a 2 0 b c 2 b d 2. 1 c a 2 c b 2 0 c d 2 1 d a 2 d b 2 d c 2 0 (Si ricordi che se H e K sono due matrici, det((h t )K) = det(h) det(k)) (iv) Sia T s un tetraedro (non degenere) in E 3 con cinque spigoli lunghi 1 e uno spigolo lungo s R. Calcolare il volume di T s ; dimostrare che il tetraedro T s non esiste se s 2 3. Esiste certamente se 0 < s 2 < 3? SCRITTO # (14:30-16:30, U1-09) (25) [4u] Sia f : R C la funzione definita da f (t) = t 2 (1 + eit ), e j : R P 1 (R) l inclusione definita da j(t) = [1 : t]. (i) Dimostrare che esiste una unica funzione continua F : P 1 (R) C tale che F j = f. (ii) Dimostrare che f (R) = F(P 1 (R)) C. (iii) Dimostrare che f (R) C è compatto. (iv) Dimostrare che f (R) C è connesso. * Formula di Tartaglia, con il determinante di Cayley-Menger

264 256 #B. TEMI D ESAME (26) [5u] Sia X E 3 il cubo X = [ 1, 1] [ 1, 1] [ 1, 1], e G il gruppo di tutte le rotazioni di SO(3) che mandano X in sé. (i) Dimostrare che gli elementi di G sono tutti rotazioni di angolo 2kπ/n, con k Z e n = 1, 2, 3, 4 attorno ad assi di rotazione passanti per l origine (0, 0, 0). (ii) Determinare il numero di elementi delle orbite di (1, 1, 1), (1, 1, 0) e (1, 0, 0). (iii) Determinare il numero di elementi dello stabilizzatore dei punti (1, 1, 1) (1, 1, 0 e (1, 0, 0). (iv) Quanti elementi ha G? (v) Dimostrare che lo spazio quoziente X/G è connesso e compatto. (27) [4u] Si considerino nel piano proiettivo P 2 (C) tre rette distinte h, r 1 e r 2 che non passino tutte per uno stesso punto e due punti Q 1, Q 2 tali che Q i h r 1 r 2 per i = 1, 2. (i) Per i = 1, 2, si dimostri che per ogni x r i esiste un unico punto f i (x) h tale che i tre punti x, Q i e f i (x) sono allineati. (ii) Mostrare che f i : r i h è una corrispondenza biunivoca, per i = 1, 2. (iii) Al variare di x r 1, sia g(x) r 2 il punto definito da g(x) = f 1 2 ( f 1(x)) r 2. Mostrare che se r 1 r 2 non è allineato con Q 1 e Q 2, allora per ogni x si ha g(x) x. (iv) Se h è la retta all infinito, r 1 = {(x, 0) : x C} e r 2 = {(0, y) : y C} gli assi cartesiani nella carta affine A 2 0 (C), determinare l espressione di g(x) nelle coordinate x e y, con le coordinate di Q i come parametri. È una proiettività? (28) [8u] Sia x n la successione in R definita per n 1 da x n = n k=1 e sia p: R X = R/Z la proiezione sul quoziente, dove X è il quoziente rispetto alla relazione di equivalenza x y x y Z. 1 k, (i) Dimostrare che l insieme Y = {p(x n ) : n 1} X ha infiniti elementi. (ii) Dimostrare che la successione {p(x n )} ha almeno un punto di accumulazione in X. (iii) Dimostrare che la chiusura di Y in X è uguale a X. (Attenzione: molto difficile)

265 5. A.A SCRITTO # (14:30-16:30, U9-07) (29) [4u] Si consideri la funzione σ : P 1 (R) P 1 (R) P 3 (R) definita ponendo per ogni ([x 0 : x 1 ], [y 0 : y 1 ]) P 1 (R) P 1 (R). σ([x 0 : x 1 ], [y 0 : y 1 ]) = [x 0 y 0 : x 0 y 1 : x 1 y 0 : x 1 y 1 ] P 3 (R) (i) Dimostrare che σ è ben definita e continua. (ii) Sia X P 3 (R) l immagine di σ, cioè X = σ(p 1 (R) P 1 (R)). Dimostrare che X è compatto e connesso. (iii) Dimostrare che X è chiuso in P 3 (R) e che la funzione σ è iniettiva. (iv) Dimostrare che per ogni A = [x 0 : x 1 ] P 1 (R) fissato, la funzione P 1 (R) P 3 (R) definita da [y 0 : y 1 ] σ((a, [y 0 : y 1 ])) P 3 (R) è la parametrizzazione di una retta proiettiva in P 3 (R). Dedurre che per ogni punto P X esistono due rette l, r di P 3 (R) passanti per P e interamente contenute in X. Per il prossimo esercizio, si ricordi che se A è una matrice 2 2 a coefficienti complessi, allora la trasposta coniugata (aggiunta Hermitiana) di A si indica con A ed è la matrice con coefficienti a ji, se a i j sono i coefficienti di A. (30) [5u] Sia SU(2) il gruppo delle matrici unitarie con determinante 1 SU(2) = { A GL(2, C) : AA = A A = I, det(a) = 1 }. [ ] [ ] [ ] [ ] 1 0 i i Consideriamo in SU(2) le quattro matrici: u =, i =, j =, k = i 1 0 i 0 (i) Dimostrare che SU(2) è compatto. (ii) Dimostrare che SU(2) è omeomorfo alla sfera S 3 = {x R 4 : x 2 = 1}. (iii) Dimostrare che G = {±u, ±i, ± j, ±k} SU(2) è un sottogruppo compatto di SU(2). (iv) Si consideri l azione di G su SU(2) data da g x = gx per ogni g G e ogni x SU(2), dove il prodotto è il prodotto di matrici. Determinare la cardinalità dell orbita di x in SU(2), al variare di x in SU(2). (v) Determinare al variare di x in SU(2) il gruppo di isotropia di x in G, con l azione definita sopra. Il quoziente SU(2)/G è compatto nella topologia quoziente? (31) [6u] Sia [0, 1] R l intervallo unitario, N = {0, 1, 2..., n,...} e X = [0, 1] N l insieme di tutte le funzioni x : N [0, 1]. Per ogni famiglia finita di aperti di [0, 1] U 0, U 1, U 2,..., U N [0, 1]

266 258 #B. TEMI D ESAME (con U i [0, 1] aperto per i = 0, 1,..., N) si consideri in X l insieme Φ(U 0, U 1,..., U N ) := { x X : i {0, 1,..., N}, x(i) U i } X. Sia A la famiglia di tutti i possibili insiemi Φ(U 0, U 1,..., U N ) al variare di N N e degli U i. (i) Dimostrare che A e X A. (ii) Dimostrare che A 1, A 2 A = A 1 A 2 A. (iii) Siano A 1 = {x X : x(0) < 1/2, x(1) > 1/2} e A 2 = {x X : x(0) > 1/2, x(1) < 1/2}. Dimostrare che A 1, A 2 A, e che A 1 A 2 A. Determinare se A è una topologia per X. (iv) Per ogni N N, sia A N l insieme definito da Dimostrare che A N A. Descrivere l insieme A N = { x X : x(n) [0, 1/2) }. A = N N (v) Dimostrare che A è una base per una topologia su X. (vi) Si consideri la funzione d : X X R definita da d(x, y) = n N ben definita, che è una metrica su X, e che gli intorni sferici in X A N. B r (z) = { x X : d(x, z) < r } sono aperti di X rispetto alla topologia generata da A. x(n) y(n) 2 n. Dimostrare che d è (32) [4u] Sia E 2 il piano euclideo. (i) Dimostrare che ogni isometria di E 2 è composizione di un numero finito di riflessioni (lungo rette). (ii) Sia R : E 2 E 2 la rotazione con centro C = ( 1, 1) di angolo θ = π : si scriva la sua equazione e la si 3 decomponga come composizione di due riflessioni. (iii) Al variare di g nel gruppo di tutte le isometrie del piano, determinare se la decomposizione di g nel numero minimo di riflessioni è unica o meno (iv) Sia f : E 2 E 2 la funzione definita da [ ] x y [ ] [ ] x + y Dimostrare che è una isometria; determinarne il centro, se è una rotazione; scriverla come composizione di riflessioni. [ ] 2 0

267 6. A.A A.A GIU 2010 (14:30, U1-01) (33) [4u] Si consideri la seguente funzione f : C C, definita da z z f (z) = z 2 z 2 se z 2 z 2 0 se z 2 = z 2. (i) Per quali w C la controimmagine f 1 (w) = {z C : f (z) = w} è compatta? (ii) Per quali w C la controimmagine f 1 (w) è connessa? (iii) È vero che per ogni w C la controimmagine f 1 (w) è un chiuso di C? (iv) Esiste un chiuso K C la cui controimmagine f 1 (K) non è un chiuso di C? (34) [6u] Sia X lo spazio di tutte le matrici 2 2 a coefficienti in R non tutti nulli, con la metrica euclidea (i.e. identificando X con R 4 {0}), e G = SO(2) il gruppo di tutte le matrici ortogonali con determinante 1. Si consideri l azione di G su X definita dal prodotto di matrici, cioè se g G e x X, allora g x è il prodotto righe-per-colonne di g con x. (i) Si determini lo stabilizzatore di x, al variare di x in X. (ii) Si determini se la mappa X R definita da [ ] a c X b d induce una mappa continua r : X/G (0, + ) R. (iii) Si determini se la mappa X P 1 (C) definita da induce una mappa continua h: X/G P 1 (C). a 2 + b 2 + c 2 + d 2 R [ ] a c X [a + ib : c + id] P 1 (C) b d (iv) La funzione f : X/G (0, + ) P 1 (C) definita da f ([x]) = (r(x), h(x)) è continua? (v) La funzione g: (0, + ) C 2 {0} X definita da [ r a (r, (a + ib, c + id)) a 2 + b 2 + c 2 + d 2 b induce una mappa continua g: (0, + ) P 1 (C) X/G? ] c d

268 260 #B. TEMI D ESAME (35) [4u] Al variare dei parametri s, t Q, siano A, B, C i tre punti di A 3 (Q) di coordinate A = (1, 2, 3t), B = (1, 2s, 3t), C = (s, 2s, 3). (i) Determinare i valori di s, t Q per cui i tre punti sono allineati e distinti. (ii) Si scriva l equazione cartesiana del luogo dei baricentri dei tre punti A, B, C, al variare di s, t Q. (iii) Trovare, se esiste, l equazione di un piano di A 3 (Q) che contenga A, B, C per ogni s, t Q. (iv) Per i valori di s, t Q per cui i tre punti sono allineati, trovare una mappa affine A 3 (Q) A 3 (Q) tale che (1, 0, 0) A (0, 1, 0) B (0, 0, 1) C. (36) [4u] Sia E 2 il piano euclideo. (i) Dimostrare che ogni rotazione di E 2 è composizione di due riflessioni (lungo rette). (ii) Sia R : E 2 E 2 la rotazione con centro C = (1, 1) di angolo θ = π : si scriva come composizione di 3 due riflessioni. (iii) Dimostrare che ogni isometria del piano euclideo E 2 può essere scritta come la composizione di al più tre riflessioni (lungo rette). (iv) Sia f : E 2 E 2 la funzione definita da [ ] x y Scriverla come composizione di riflessioni. [ ] [ ] x + y [ ] 2 0 (#2) - 20 LUGLIO 2010, 14:30-16:30, AULA U9-07 (37) [4u] Sia f : R 2 R 2 la mappa definita da f (x, y) = (x + y, xy), dove R 2 ha la topologia della metrica euclidea. (i) Dimostrare che f è continua. (ii) Per quali valori di w R 2 la controimmagine f 1 (w) è un sottospazio compatto non vuoto di R 2? (iii) Per quali valori di w R 2 si ha che f 1 (w) è connesso? (iv) La mappa f è una mappa aperta? (38) [6u] Sia X SO(3) l insieme di tutte le rotazioni di SO(3) di angolo π, cioè X = {g SO(3) : g 2 = I, g I},

269 6. A.A dove I è la matrice identità 3 3. (i) Mostrare che la funzione A Traccia (A t A) è il quadrato di una norma definita sullo spazio vettoriale delle matrici quadrate 3 3. (ii) Dimostrare che la funzione d : SO(3) SO(3) R definita da d(a, B) = Traccia [(A t B t )(A B)] è una metrica (distanza) su SO(3). (iii) L insieme X {I} è un sottogruppo di SO(3)? È chiuso? (iv) Dimostrare che se g X, allora la distanza di g dall identità I è uguale a 2 2. (v) Dimostrare che X è compatto. (39) [4u] Siano A, B, C, D quattro punti indipendenti dal punto di vista affine in A 3 (Q), e T il tetraedro con vertici ABCD. (i) Sia Q il baricentro di T. Dimostrare che se una affinità f : A 3 (Q) A 3 (Q) manda T in sé f (T) = T, allora f (Q) = Q. (ii) Determinare quando i punti medi M e N degli spigoli AB e CD sono allineati con il baricentro Q. (iii) Quando il tetraedro ˆT che ha per vertici i baricentri delle facce di T è immagine di T con una affinità? (iv) Scrivere in un sistema di riferimento affine (opportuno) le coordinate di A, B, C, D, M, N, Q. (40) [4u] Siano in P 2 (C) fissati i quattro punti A = [1 : 0 : 0], B = [0 : 1 : 0], C = [0 : 0 : 1], D = [1 : 1 : 1]. (i) Esistono tre punti (distinti) allineati in {A, B, C, D}? (ii) Quante sono le proiettività f : P 2 (C) P 2 (C) tali che f (A) = A, f (B) = B e f (C) = C? (iii) Quante sono le proiettività f : P 2 (C) P 2 (C) tali che f (A) = B, f (B) = C, f (C) = D, f (D) = A? (#3) - 7 SETTEMBRE 2010, 14:30-16:30, AULA U1-08 (41) [4u] Sia f : C 2 C la mappa definita da f (x, y) = xy, dove C 2 e C hanno la topologia della metrica euclidea e y indica il complesso coniugato di y C. (i) Dimostrare che f è continua. (ii) Per quali valori di w C la controimmagine f 1 (w) è un sottospazio compatto non vuoto di C 2? (iii) Per quali valori di w C si ha che f 1 (w) è connesso e non vuoto?

270 262 #B. TEMI D ESAME (iv) Determinare cosa è l immagine f (X) C, dove e x 2 = xx e y 2 = yy. X = {(x, y) C 2 : x 2 + y 2 = 1} C 2, (42) [6u] Sia X GL(2, R) l insieme di tutte le matrici 2 2 invertibili (a coefficienti reali) a traccia nulla e determinante 1, cioè {[ ] } a c X = a, b, c, d R, ad bc = 1, a + d = 0, b d con la topologia metrica dello spazio di matrici ( = R 4 ). (i) Lo spazio X è compatto? (ii) Quali sono gli elementi del sottoinsieme Y X formato dalle matrici ortogonali di X (cioè elementi di Y = X O(2))? E quali sono gli elementi che sono matrici simmetriche? (iii) Sia G = GL(2, R) il gruppo delle matrici invertibili 2 2. Dimostrare che la funzione G X X definita da (S, A) S A = SAS 1, per ogni S G e ogni A X, dove il prodotto SAS 1 è il prodotto di matrici, è una azione di G su X. (iv) Determinare se gli elementi di Y sono contenuti in una sola orbita di G oppure no. (v) Sia A X. Sia f A : R 2 R la funzione definita per ogni v R 2,v 0, da f A (v) = Dimostrare che f A ammette massimo e minimo. Av v. v (vi) Determinare se lo spazio X e lo spazio quoziente X/G sono connessi o no. (suggerimento: si ricordi il punto sulle matrici simmetriche) (43) [4u] Sia G l insieme di tutte le affinità di A 2 (Q) in sé che fissano tutti i punti della retta di equazione x + y = 1. (i) Determinare se G è un gruppo o no. (ii) Determinare se G è finito o no. (iii) Sia f : G A 2 (Q) la funzione definita ponendo f (g) = g O, dove O = (0, 0) A 2 (Q) è l origine. Determinare se f è iniettiva e/o suriettiva. (iv) Determinare quali elementi di G sono traslazioni e/o omotetie. (44) [4u] Sia P 2 (C) il piano proiettivo complesso, con la topologia quoziente.

271 6. A.A (i) Si dimostri che due rette distinte in P 2 (C) si incontrano in uno e un solo punto. (ii) Si mostri che lo spazio costituito da tutte le rette di P 2 (C) è a sua volta un piano proiettivo, che indichiamo con P 2 (C). (iii) Sia = { (r, r) : r P 2 (C) } P 2 (C) P 2 (C). Si consideri la funzione f : P 2 (C) P 2 (C) P 2 (C) definita da { f (r, r )} = r r, se r e r sono due rette distinte. Mostrare che è ben definita e continua. (#4) - 28 SETTEMBRE 2010, 14:30-16:30, AULA U9-07 (45) [4u] Sia f la mappa definita da f (z) = z2 + z 2 z + z, dove z C, C ha la topologia metrica e z indica il complesso coniugato di z C. (i) Determinare il dominio di f e dimostrare che f è ivi continua. (Si ponga z = a + ib con a, b R, ) (ii) Determinare l immagine di f, { f (z) : z C} = {w C : z C : f (z) = w}. (iii) Determinare per quali w C la controimmagine f 1 (w) è un sottospazio compatto e non vuoto di C. (iv) Determinare per quali valori di w C la controimmagine f 1 (w) è un sottospazio connesso e non vuoto di C. (46) [6u] Sia G GL(2, R) l insieme di tutte le matrici 2 2 con determinante 1, cioè {[ ] a c G = a, b, c, d R, ad bc = 1 b d con la topologia metrica dello spazio di matrici ( = R 4 ). (i) Lo spazio G è un gruppo topologico compatto? (ii) La funzione traccia Tr : G R definita da [ ] a c Tr = a + d b d è continua? È un omomorfismo di gruppi? },

272 264 #B. TEMI D ESAME (iii) Si consideri la funzione φ: G P 1 (R) P 1 (R) definita da ([ ] ) a b φ :, [x : u] [ax + bu : cx + du] P 1 (R) c d Dimostrare che è ben definita e che è una azione continua di G su X = P 1 (R). (iv) Dimostrare che gli elementi A di G che fissano uno e un solo punto di X sono quelli la cui traccia Tr(A) = ±2. Dedurre che il sottospazio Y G formato da tutti questi elementi è chiuso in G. (v) Se P X è un punto generico, dire se lo stabilizzatore G P G è un sottogruppo chiuso. (vi) Determinare se Y è compatto. (47) [4u] Sia G l insieme di tutte le affinità di A 2 (Q) in sé che fissano tutti i punti della retta di equazione x + y = 2. (i) Determinare se G è un gruppo o no. (ii) Determinare se G è finito o no. (iii) Sia f : G A 2 (Q) la funzione definita ponendo f (g) = g O, dove O = (0, 0) A 2 (Q) è l origine. Determinare se f è iniettiva e/o suriettiva. (iv) Determinare quali elementi di G sono traslazioni e/o omotetie. (48) [4u] Sia E 2 il piano euclideo. (i) Dimostrare che ogni isometria di E 2 è composizione di un numero finito di riflessioni (lungo rette). (ii) Sia R : E 2 E 2 la rotazione con centro C = (1, 1) di angolo θ = π : si scriva come composizione di 5 due riflessioni. (iii) Determinare se la decomposizione di una isometria g nel numero minimo di riflessioni è unica o meno, al variare di g nel gruppo di tutte le isometrie del piano. (iv) Sia f : E 2 E 2 la funzione definita da [ ] x y [ Dimostrare che è una isometria; determinarne il centro, se è una rotazione; scriverla come composizione di riflessioni. ] [ x y ] + [ ] 1 0 (#5) - 1 FEB 2011, 14:30-16:30, AULA U9-07

273 6. A.A (49) [4u] Sia f la mappa f : P 1 (R) P 1 (R) definita da f ([x : u]) = [x + u : x u] dove [x : u] P 1 (R), e P 1 (R) ha la topologia quoziente. (i) Dimostrare che f è una mappa ben definita e continua. (ii) Determinare se f è biunivoca. (iii) Determinare per quali [x : u] P 1 (R) si ha f ([x : u]) = [x : u]. (iv) Dimostrare che P 1 (R) è uno spazio di Hausdorff e che ogni sottoinsieme chiuso di P 1 (R) è compatto. (50) [6u] Sia G GL(2, R) l insieme di tutte le matrici 2 2 definito da {[ ] a c G = a, b, c, d R, ac + bd = 0, a 2 + b 2 = c 2 + d 2 0 b d }, con la topologia metrica dello spazio di matrici ( = R 4 ). Per ogni g C = R 2, si consideri la matrice L g associata alla funzione R-lineare R 2 = C C = R 2 definita da nella base canonica {1, i} di C su R. z C gz C (i) Mostrare che per ogni g C = C {0}, si ha L g G. (ii) La funzione C g L g G è iniettiva? È suriettiva? È continua? (iii) Dato g C, si consideri l insieme X g = {(L g ) n : n Z}. Mostrare che X g G, e che è un gruppo rispetto al prodotto di matrici. (iv) Determinare per quali g C si ha che X g è limitato. (v) Determinare per quali g C si ha che X g è compatto. (51) [4u] Sia G l insieme di tutte le affinità di A 2 (C) in sé che fissano tutti i punti della retta di equazione x + 2y = 3. (i) Determinare se G è un gruppo o no. (ii) Determinare se G è finito o no. (iii) Sia f : G A 2 (C) la funzione definita ponendo f (g) = g O, dove O = (0, 0) A 2 (C) è l origine. Determinare se f è iniettiva e/o suriettiva. (iv) Determinare quali elementi di G sono traslazioni e/o omotetie.

274 266 #B. TEMI D ESAME (52) [4u] Sia T E 3 il tetraedro di vertici A = (0, 0, 0), B = (1, 1, 0), C = (1, 0, 1), D = (0, 1, 1). (i) Mostrare che T è un tetraedro regolare. (ii) Determinare raggio e centro delle sfere inscritta e circoscritta di T. (iii) Determinare le coordinate delle proiezioni dei vertici di T, proiettate sul piano z = 0 con proiezione parallela alla direzione (1, 2, 3). (iv) Calcolare il volume di T. 7. A.A SCRITTO #1-23 GIU 2009 (14:30, U1-03) (53) Consideriamo il seguente sottoinsieme di R 2 (con la topologia euclidea): (i) È aperto? È chiuso? X = {(x, y) R 2 : xy Z}. (ii) Consideriamo l iperbole C di equazione x 2 y 2 = 1. L intersezione X C è aperta nella topologia di C? È chiusa nella topologia di C? E nella topologia di R 2? (iii) X e X C sono compatti? sono connessi? (iv) Si consideri la funzione φ: Z X R 2 definita ponendo È vero che l immagine di φ è contenuta in X? φ(k, (x, y)) = (2 k x, 2 k y). (54) Dimostrare che: (i) S 1 non è omeomorfo ad un intervallo. (ii) Gli intervalli (0, 1) e [0, 1] non sono omeomorfi. (iii) Se uno spazio topologico X è connesso e X = A B con A e B, allora o A B oppure B A. (iv) Se X R non è un intervallo, allora non è connesso. (55) Sia G SO(2) un sottogruppo di SO(2) e X = S 1 R 2, con l azione standard di G su X. Mostrare che: (i) Per ogni g G, la mappa x S 1 gx S 1 è un omeomorfismo.

275 7. A.A (ii) Se G è un gruppo ciclico finito, allora X/G S 1. (iii) Se l orbita di x X non è un insieme finito, allora G non è un gruppo finito. (iv) Per n 2 fissato, quali sono gli elementi di SO(2) di ordine n? π. (56) Siano A e B due punti distinti di E 2, e f, g le rotazioni attorno ad A e B (rispettivamente) di angolo (i) Determinare i punti fissati dalle composte f g e gf. (ii) Descrivere tutti gli elementi del gruppo di isometrie di E 2 generato da f e g. È un gruppo abeliano (commutativo)? (iii) Determinare l orbita di A, di B e del punto medio del segmento AB. (57) Si considerino in P 2 (R) le rette H = {[x 0 : x 1 : x 2 ] P 2 (R) : x 1 = 0} e H = {[x 0 : x 1 : x 2 ] P 2 (R) : x 2 = 0}. (i) Al variare di P H, si scriva l equazione della retta l P passante per P e per il punto Q, dove Q = [0 : 1 : 1] è fissato. (ii) Si determini l intersezione di l P con H in funzione di P. (iii) La funzione indotta H H manda punti all infinito in punti all infinito, se la retta all infinito ha equazione x 0 = 0)? (iv) Si scriva in coordinate affine (la retta all infinito ha equazione x 0 = 0) la trasformazione indotta da H ad H. SCRITTO #2-14 LUG 2009 (14:30, U1-03) (58) Sia GA(n, R) il gruppo affine su X = A n (R), e A A n (R) un punto. (i) Qual è lo stabilizzatore di A in GA(n, R)? Qual è l orbita di A in X? L azione è transitiva? (ii) Si consideri l azione di GA(n, R) su X X definita ponendo f (A, B) = ( f (A), f (B)) per ogni f GA(n, R) e per ogni (A, B) X 2. Al variare di (A, B) X 2, quali sono lo stabilizzatore e l orbita di (A, B)? L azione è transitiva? (iii) Si consideri l azione di GA(n, R) su X X X definita ponendo f (A, B, C) = ( f A, f B, f C) per ogni f GA(n, R) e per ogni A, B, C X. Al variare di (A, B, C) X 3, quali sono lo stabilizzatore e l orbita di (A, B, C)? (59) Sia X un insieme e τ 2 X la famiglia formata da tutti i sottoinsiemi A di X che hanno complemento finito, cioè tali che X A ha un numero finito di elementi, più l insieme.

276 268 #B. TEMI D ESAME (i) Dimostrare che τ è una topologia su X. (ii) Mostrare che se X è finito, allora con la topologia τ è di Hausdorff. (iii) Mostrare che se X non è finito e A, B X sono due aperti non vuoti di τ, allora A B : dedurre che se τ è di Hausdorff, allora X è finito. (iv) Determinare per quali cardinalità di X lo spazio topologico (X, τ) è connesso. (60) Si consideri il sottoinsieme di R definito da X = { p q : p Z, q N, q > 0, p2 q }, con la topologia indotta da quella metrica di R. (i) X è chiuso? (ii) X è compatto? (iii) X è connesso? (61) Determinare quali dei seguenti sottospazi di R 2 sono compatti e quali sono connessi. (i) {(x, y) R 2 : x 10 + y 10 < 10}. (ii) {(x, y) R 2 : n N : x n + y n = n}. (iii) {(x, y) R 2 : n N, n 1 : 1 + x + x x n = y}. (62) Siano A, B, C tre punti non allineati dello spazio affine A n (R). (i) Dimostrare che la retta r che passa per i punti medi di AB e BC è parallela alla retta per AC. (ii) Si consideri la chiusura proiettiva X del piano affine che contiene ABC. Scrivere, in un sistema di riferimento proiettivo opportuno, l equazione della retta r. (iii) Determinare il punto all infinito di r. (iv) Scrivere, in un opportuno sistema di riferimento proiettivo su X, una proiettività che permuti ciclicamente i tre punti ABC. SCRITTO #3-29 SET 2009 (14:30, U1-11) (63) Determinare tutti i punti di accumulazione dei seguenti insiemi: (i) {x Z : x 2 Q}. (ii) {z C : z 2 Z}.

277 7. A.A (iii) {z C : z 2 Q}. (iv) {x R : x 2 Z}. (64) Dei seguenti sottoinsiemi (rispetto alla topologia metrica), si determini se sono aperti, chiusi, connessi, compatti. (i) {(x, y) R 2 : e x+y Z}. (ii) {z C : e z Z}. (iii) {t R : e it = e 2it }, dove i = 1. (iv) {(z, w) C 2 : z 2 + w 2 = 1}, dove z 2 = z z. (65) Siano A, B, C, D quattro punti indipendenti dal punto di vista affine di A 3 (R), e G il gruppo di tutte le affinità che mandano l insieme {A, B, C, D} in sé. (i) Determinare il numero di elementi di G. (ii) Determinare il numero di elementi degli stabilizzatori rispetto all azione del gruppo G di A, di B, di C, e di D. (iii) L azione di G è transitiva su {A, B, C, D}? (iv) Determinare l insieme dei punti dello spazio affine fissati da tutti gli elementi di G. (66) Siano A B due punti di E 4, v e w due vettori indipendenti e r, l le rette per A, B e con giacitura v, w rispettivamente. (i) Determinare il numero di rette ortogonali (e incidenti) a r e l. (ii) Discutere la dimensione del più piccolo sottospazio affine che contiene le due rette r e l. (iii) Se r e l non si intersecano, determinare il numero di piani che contengono sia r che l. (67) Siano A = [1 : 0], B = [0 : i] e C = [1 : i] tre punti di P 1 (C). (i) Trovare, se esiste, una proiettività f : P 1 (C) P 1 (C) tale che f (A) = A, f (B) = B e f (C) C. (ii) Dimostrare che se f : P 1 (C) P 1 (C) è una proiettività che fissa almeno tre punti distinti, allora f è l identità. (iii) Determinare se esistono matrici F GL(2; C) che inducono una proiettività f = [F] : P 1 (C) P 1 (C) con un unico punto fisso. SCRITTO #4-20 NOV 2009 (14:30, U2-02)

278 270 #B. TEMI D ESAME (68) Determinare tutti i punti di accumulazione dei seguenti sottoinsiemi di R: (i) { k 3 h : h, k Z}. (ii) {(2 m ) 1/n : m, n Z, n dispari}. (iii) { h k : h, k Z, hk 1, k 0}. (iv) {cos nπ 2009 : n Z}. (69) Dei seguenti sottoinsiemi di R 2 C (rispetto alla topologia metrica), si determini se sono aperti, chiusi, connessi, compatti. (i) {(x, y) R 2 : x + 2y + xy 1}. (ii) {(x, y) R 2 : x 3 y 3 3}. (iii) {z C : zz z + z N z = 0}. (iv) {z C : z + z z 10 = 0}. (70) In A 2 (R) sian P 0, P 1 e P 2 i tre punti P 0 = (1, 0), P 1 = (3, 1), P 2 = (2, 2). (i) Si determinino le coordinate x, y del baricentro Q del triangolo P 0, P 1, P 2. (ii) Siano u, v le coordinate affini rispetto al riferimento affine P 0, P 1, P 2. Si scrivano u, v in funzione di x, y. (iii) Si determinino le coordinate u, v di Q. (iv) Si scriva l equazione della proiezione sulla retta P 0 P 1 parallela alla direzione P 0 P 2, nelle coordinate più convenienti. (71) Siano date in A 2 (C) le due rette r e s di equazione rispettivamente ix + y = 1 e x + iy = i. (i) Determinare le coordinate dei punti di intersezione di r e s. (ii) Trovare, se esiste, un sistema di riferimento affine in cui le due rette r e s siano gli assi cartesiani. (iii) Sia P 2 (C) la chiusura proiettiva di A 2 (C). Scrivere le equazioni dei completamenti proiettivi di r e s in un sistema di riferimento opportuno. (iv) Esiste una proiettività che manda r in s? Se sì trovarne una, altrimenti dimostrare che non è possibile. (72) Sia P 1 (R) la retta proiettiva reale, e f : S 1 P 1 (R) la funzione definita da f ((cos t, sin t)) = [cos t : sin t]. Dimostrare che: (i) f è ben definita e continua.

279 7. A.A (ii) f è suriettiva. (iii) f è una funzione chiusa. (iv) Determinare se f è un omeomorfismo. SCRITTO #5-19 GEN 2010 (14:30, U1-14) (73) Determinare tutti i punti di accumulazione dei seguenti sottoinsiemi degli spazi topologici (metrici) indicati: (i) {e h+ik : h, k Z} C. (ii) {e nπ/4i : n Z} C. 1 (iii) 1 h + 1 : h, k Z, hk 0 R. k (iv) {sin(kπ/5) cos(hπ/5) : h, k Z} R. (74) Dei seguenti sottoinsiemi di R 2 C (rispetto alla topologia metrica), si determini se sono aperti, chiusi, connessi, compatti. (i) {(x, y) R 2 : y 2 x 3 }. (ii) {(x, y) R 2 : (x 12 + y 12 ) 3 (x 3 + y 3 ) 12 }. (iii) {z C : z 4 = z + z}. (75) Sia F 5 il campo con 5 elementi, e A = (1, 2), B = (0, 0) i due punti di A 2 (F 5 ). (i) Scrivere l equazione della retta per A e B in A 2 (F 5 ). (ii) Quanti elementi ha l insieme X = {(x, y) A 2 (F 5 ) : x 2 + y 2 = 1}? (iii) Determinare il numero e le equazioni delle rette per (1, 0). (iv) Calcolare il numero totale di rette in A 2 (F 5 ). (76) Sia G il gruppo di tutte le proiettività P 1 (C) P 1 (C) che fissano il punto [1 : 0] P 1 (C). (i) Per ogni proiettività g, descrivere g in forma di matrice 2 2, e determinare la condizione g([1 : 0]) = [1 : 0]. (ii) Sia A 1 (C) P 1 (C) la retta affine con la carta [x : 1]. Mostrare che per ogni g G, g manda A 1 (C) in sé.

280 272 #B. TEMI D ESAME (iii) Scrivere la restrizione di g G sulla parte affine A 1 (C) in coordinate affini. SCRITTO #6-16 FEB 2010 (14:30, U1-06) (77) Sia X un insieme e τ 2 X la famiglia formata da tutti i sottoinsiemi A di X che hanno complemento finito, cioè tali che X A ha un numero finito di elementi, più l insieme. (i) Dimostrare che τ è una topologia su X. (ii) Mostrare che se X è finito, allora con la topologia τ è di Hausdorff. (iii) Mostrare che se X non è finito e A, B X sono due aperti non vuoti di τ, allora A B : dedurre che se τ è di Hausdorff, allora X è finito. (iv) Determinare per quali cardinalità di X lo spazio topologico (X, τ) è connesso. (78) Determinare tutti i punti di accumulazione dei seguenti insiemi: (i) {x Z : x 3 Q}. (ii) {z C : z 3 Z}. (iii) {z C : z 3 Q}. (iv) {x R : x 3 Z}. (79) Dei seguenti sottoinsiemi (rispetto alla topologia metrica), si determini se sono aperti, chiusi, connessi, compatti. (i) {(x, y) R 2 : e x y Z}. (ii) {z C : e z Z}. (iii) {t R : e it = e 3it }, dove i = 1. (iv) {(z, w) C 2 : z 2 w 2 = 1}, dove z 2 = z z. π. (80) Siano A e B due punti distinti di E 2, e f, g le rotazioni attorno ad A e B (rispettivamente) di angolo (i) Determinare i punti fissati dalle composte f g e gf. (ii) Descrivere tutti gli elementi del gruppo di isometrie di E 2 generato da f e g. È un gruppo abeliano (commutativo)? (iii) Determinare l orbita di A, di B e del punto medio del segmento AB.

281 7. A.A (81) In A 2 (R) siano P 0, P 1 e P 2 i tre punti P 0 = (1, 0), P 1 = (2, 1), P 2 = (2, 2). (i) Si determinino le coordinate x, y del baricentro Q del triangolo P 0, P 1, P 2. (ii) Siano u, v le coordinate affini rispetto al riferimento affine P 0, P 1, P 2. Si scrivano u, v in funzione di x, y. (iii) Si determinino le coordinate u, v di Q. (iv) Si scriva l equazione della proiezione sulla retta P 0 P 1 parallela alla direzione P 0 P 2, nelle coordinate più convenienti. (82) Siano A = [1 : 0], B = [0 : i] e C = [1 : i] tre punti di P 1 (C). (i) Trovare, se esiste, una proiettività f : P 1 (C) P 1 (C) tale che f (A) = A, f (B) = B e f (C) C. (ii) Dimostrare che se f : P 1 (C) P 1 (C) è una proiettività che fissa almeno tre punti distinti, allora f è l identità. (iii) Determinare se esistono matrici F GL(2; C) che inducono una proiettività f = [F] : P 1 (C) P 1 (C) con un unico punto fisso.

282 274 #B. TEMI D ESAME

283 O Binômio de Newton é tão belo como a Vênus de Milo. O que há é pouca gente para dar por isso. óóóó óóóóóó óóó óóóóóóó óóóóóóóó (O vento lá fora.) Il binomio di Newton è bello come la venere di Milo. Peccato che pochi se ne accorgano. óóóó óóóóóó óóó óóóóóóó óóóóóóóó (Il vento là fuori.) Poesias de Álvaro de Campos (1935) Fernando Pessoa ( ) (a + b) n = n k=0 ( ) n a k b n k k

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