Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 1
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- Gianmarco Beretta
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1 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti Spazio tangente Lo spazio tangente ad un sottoinsieme S R n in un suo punto P 0 è un approssimazione di S come un unione di rette vicino al punto scelto. La natura dello spazio tangente in un punto dà informazioni sul sottoinsieme S nell intorno di tale punto (per esempio permette di distinguere sottoinsiemi molto differenti tra loro) ed è uno strumento fondamentale in geometria algebrica e differenziale. Definizione (Vettori tangenti) Sia S R n un sottoinsieme, e sia P 0 S. Un vettore unitario û R n si dice un versore tangente ad S in P 0 se esiste una P 0P n P 0P n = û. successione di punti P n S, P n P 0, tale che lim n Qualsiasi vettore del tipo u = λû si dirà allora un vettore tangente ad S in P 0. Lo spazio tangente ad S in P 0 è l insieme T P0 S = {u R n u vettore tangente ad S in P 0 } ed è anche detto il cono tangente ad S in P 0 (per quanto spiegato sotto in 1.4.3(i)). Notare che T P0 S è vuoto se e solo se P 0 non è un punto di accumulazione per S. Il sottoinsieme T aff P 0 S = P 0 + T P0 S è detto spazio affine tangente ad S in P 0. Esercizio Verificare che: (i) Se S = Q 2, allora T O S = R 2. (ii) Se S = {F (t) = (e t cos t, e t sin t) t R } {O} è una spirale logaritmica, allora T O S = R 2. (iii) Se L = {F (t) = (sin t, sin 2t) t [0, 2π] } R 2 è la curva di Lissajous, allora T O L = r + r, dove r ± sono le rette di equazioni y = ±2x. (iv) Se C + = {(x, y, z) R 3 x 2 + y 2 = z 2, z 0} è la falda superiore del cono C = {(x, y, z) R 3 x 2 + y 2 = z 2 }, allora T O C + = C I risultati che seguono aiutano a calcolare T P0 S in molti casi: Proposizione Sia S R n e P 0 S: (i) T P0 S (rispettivamente T aff P 0 S) è un cono di vertice O (risp. di vertice P 0 ); (ii) se U S P 0 è un intorno di P 0 in S, si ha T P0 S = T P0 U S P 0 ; (iii) se S = S 1 S 2 e P 0 S 1 S 2, allora T P0 S = T P0 S 1 T P0 S 2. Dimostrazione. (i) Sia TP 1 0 S l insieme dei versori unitari tangenti a S in P 0. T P0 S è il cono di vertice O e base B = TP 1 0 S. Si noti inoltre che un cono traslato è un cono. (ii) Evidentemente T P0 UP S 0 T P0 S; poichè d altra parte ogni û TP 1 0 S è ottenuto da una successione di punti P n S tali che P n P 0, e ogni tale successione è contenuta definitivamente in UP S 0, vale anche l inclusione inversa. (iii) Anche in questo caso si ha chiaramente T P0 S i T P0 S, dunque l inclusione T P0 S 1 T P0 S 2 T P0 S. D altra parte, se û TP 1 0 S è ottenuto da una successione di punti P n S tali che P n P 0, esiste una sottosuccessione P nk dei P n che è tutta contenuta in un S i, quindi û T P0 S i ; da cui l inclusione inversa.
2 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 2 Teorema (Spazio tangente per parametrizzazioni regolari) (i) Sia F : D R d R n un embedding, P 0 = F (Q 0 ), S = ImF : allora T P0 S è uno spazio vettoriale di dimensione d uguale a Im(dF ) Q0 ; (ii) sia F: D R d R n una parametrizzazione qualsiasi regolare in P 0 = F (Q 0 ), e sia S Q0 = F (V Q0 ), per un intorno V Q0 di Q 0 : allora T P0 S Q0 è uno spazio vettoriale di dimensione d uguale a Im(dF ) Q0, purché V Q0 sia abbastanza piccolo. In particolare, se S = F (D) è una d-sottovarietà parametrizzata regolare in P 0, lo spazio tangente T P0 S contiene uno spazio vettoriale di dimensione d. Dimostrazione. (i) Mostriamo che Im(dF ) Q0 T P0 S. In effetti, sia v = (df ) q0 (û), dove possiamo supporre û = 1. Allora v = lim 0+t nu) F (Q 0) F (Q n t n, per qualsiasi successione t n 0. Detti Q n = Q 0 + t n u, si ha t n = Q 0 Q n, e dunque F (Q n ) F (Q 0 ) F (Q 0 )F (Q n ) v = lim = lim n Q 0 Q n n F (Q 0 )F (Q n ) F (Q 0)F (Q n ) Q 0 Q n Poiché F (Q n ) S e F (Q n ) F (Q 0 ) = P 0 (per la continuità di F ), il primo quoziente nel limite tende a un versore tangente ˆv T 1 P 0 S; dunque il secondo tende necessariamente a v, sicché (1) mostra che v T P0 S. Viceversa, sia ˆv T P0 S, che possiamo supporre unitario. Esistono allora punti P n = F (Q n ) S con P n P 0 tali che ˆv = lim n P 0 P n P 0 P n = lim n F (Q 0 )F (Q n ) F (Q 0 )F (Q n ) = lim n F (Q 0 )F (Q n ) Q 0 Q n (1) Q 0 Q n F (Q 0 )F (Q n ) Poiché F è almeno C 1, si ha F (Q n ) = F (Q 0 ) + (df ) Q0 ( Q 0 Q n ) + o( Q 0 Q n ), dunque v = lim n (df ) Q0 ( Q 0 Q n ) + o( Q 0 Q n ) Q 0 Q n (df ) Q0 ( Q 0 Q n Q 0 Q n ) + o( Q 0 Q n ) Poiché P n = F (Q n ) P 0 = F (Q 0 ), si ha che Q n Q 0 e quindi i versori (2) Q 0Q n Q 0Q n tendono a un versore tangente û T Q0 D = R 2. Da (2) e dall ipotesi che F sia C 1 e regolare segue allora che (df ) Q0 (û) 0 e ˆv = (df ) Q 0 (û) (df ) Q0 (û) Im(dF ) Q 0. (ii) La dimostrazione è identica ad (i). L unica difficoltà supplementare è nel punto in cui si dice che se P n = F (Q n ) P 0 = F (Q 0 ) allora Q n Q 0. Ciò è evidente nel caso in cui F sia una parametrizzazione-grafico perché F 1 esiste ed è continua; nel caso di una parametrizzazione regolare in Q 0, la continuità di F 1 segue dal Teorema inverso del Dini Corollario 2.14, che assicura che F VQ0 è un embedding (e dunque un omeomorfismo sull immagine) se V Q0 è un intorno di Q 0 abbastanza piccolo.
3 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 3 Osservazioni (Retta e piano tangente a curve e superfici) (i) Sia C una curva regolare parametrizzata da F : D R R n, e P 0 = F (Q 0 ). Il teorema precedente assicura che esiste un intorno V Q0 = (Q 0 ɛ, Q 0 + ɛ) tale che T P0 F (V Q0 ) = Im(dF ) Q0 = F (Q 0 )R; da qui il nome di retta tangente per la retta passante per P 0 e avente vettore direzione F (Q 0 ). Ma attenzione: mentre per una curva-grafico C si ha sempre T P0 C = F (Q 0 )R, in generale per una curva regolare qualsiasi si ha solo T P0 C F (Q 0 )R. Per esempio, nel caso della curva di Lissajous L, fatta ad, dell Esercizio (ii), la proposizione precedente e la Proprietà 1.4.3(iii) mostrano che T O L è l unione delle due rette y = ±2x. (ii) Se S è una superficie regolare parametrizzata da F : D R 2 R n e P 0 = F (Q 0 ). Il teorema precedente assicura che esiste un intorno V Q0 di Q 0 tale che T P0 F (V Q0 ) = Im(dF ) Q0 = Span{F x (Q 0 ), F y (Q 0 )}, da cui il nome di piano tangente per il piano passante per P 0 e avente questa giacitura. Di nuovo, se per una superficie-grafico S si ha T P0 S = Span{F x (Q 0 ), F y (Q 0 )}, per una superficie regolare qualsiasi si ha solo T P0 S Span{F x (Q 0 ), F y (Q 0 )}. Per esempio, se S è il cilindro in R 3 di base la curva L di Lissajous ed asse il vettore ẑ = (0, 0, 1), la proposizione precedente e la Proprietà 1.4.3(iii) mostrano che T O S è l unione dei due piani y = ±2x. Teorema (Spazio tangente per equazioni cartesiane regolari) Sia S = ker(g), con G = (G i ) : D R n R m regolare in P 0 S: allora, T P0 S è uno spazio vettoriale di dimensione n m uguale a ker(dg) P0. Dimostrazione. Per il Teorema del Dini esiste un intorno VP S 0 di P 0 in S che è un grafico: esiste cioè un embedding F : U Q0 R d R n con d = n m, F (Q 0 ) = P 0 e F (U Q0 ) = V P0. Per la Proposizione e il Teorema sappiamo che T P0 S = T P0 V P0 = Im(dF ) Q0. Resta da vedere che Im(dF ) Q0 = ker(dg) P0. Ma poiché G(F (U Q0 )) = 0, differenziando si ottiene (dg) P0 (df ) Q0 = 0, quindi Im(dF ) Q0 ker(dg) P0. D altronde, poiché (df ) Q0 ha rango d e (dg) P0 ha rango m, gli spazi Im(dF ) Q0 e ker(dg) P0 hanno entrambi dimensione uguale a d, e pertanto coincidono. Nota Nel caso di un insieme S definito da una equazione cartesiana regolare G(x 1,..., x n ) = 0 (per esempio una curva in R 2 o una superficie in R 3 ), dg = (G x1,..., G xn ) può essere identificato, in ogni punto, ad un vettore detto il gradiente di G, denotato grad(g). Allora T P0 S = ker(dg) P0 = grad P0 (G), ovvero: grad(g) è un vettore normale allo spazio tangente, in ogni punto di S.
4 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 4 Esercizio (i) Sia u un punto della sfera S di centro l origine e raggio r: verificare che T u S = u. Fare un disegno. (ii) Sia Q la vostra quadrica non degenere preferita, e P 0 = (x 0, y 0, z 0 ) un suo punto: determinare l equazione del piano tangente a T P0 Q, e le coordinate di un vettore N(P 0 ) normale a tale piano. (iii) Per ognuna della quadriche dell Esercizio 1.8, si trovino i punti P in cui lo spazio tangente è un piano verticale. (iv) Si trovi un equazione cartesiana per il cilindro Cil(L, ẑ) di base la curva di Lissajous L e asse ẑ. L equazione trovata è regolare nell origine? Esiste un equazione per Cil(L, ẑ) regolare nell origine? Definizione (Punti singolari di varietà parametrizzate) Sia S una d-sottovarietà parametrizzata di R n. Un punto P S si dice singolare se P non ha un intorno in S che è una sottovarietà-grafico, di classe almeno C 1. (In particolare, ogni punto P non singolare ha un intorno U S P omeomorfo a Rd ). Corollario Sia S una d-sottovarietà parametrizzata, e P un suo punto: (i) se S è embedded, o è una sottovarietà, allora ogni suo punto è non singolare, e T P S è sempre uno spazio vettoriale di dimensione d; (ii) se T P S non è uno spazio vettoriale di dimensione d, allora P è singolare, ed esso non è regolare per alcuna equazione cartesiana di S; Dimostrazione. Il punto (i) segue dal fatto che se S è embedded, ogni punto di S ha un intorno UP S che è una d-sottovarietà-grafico (Corollario 2.9); la Proposizione 1.4.3(ii) e il Teorema assicurano dunque che T P S = T P UP S è uno spazio vettoriale di dimensione d. Il punto (ii) segue subito dai Teoremi & 1.4.4, che assicurano che in un punto di una sottovarietà-grafico, o in un punto regolare di un equazione cartesiana di S, T P S è un sottospazio vettoriale di dimensione d. Viceversa, si noti che: se una parametrizzazione F : D S non è regolare in un punto Q, non è detto che P = F (Q) sia singolare per S; se T P S è un sottospazio vettoriale di dimensione d, non è detto che P sia non singolare per S. Per esempio: Esercizio (i) Mostrare che la parametrizzazione naturale della sfera S 2 tramite angoli di latitudine e longitudine non è regolare in tutti i punti corrispondenti al polo nord e al polo sud. Eppure tali punti non sono singolari per S 2! (ii) Mostrare che se C è l unione di due circonferenze tangenti in O, oppure è la curva parametrizzata da F (t) = (t 2, t 3 ), allora T O C è una retta. Eppure tali punti sono singolari per C! (iii) Per ognuna delle quadriche dell Esercizio 1.8 si trovino gli eventuali punti singolari e lo spazio tangente in tali punti.
5 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 5 Osservazione (Esplicitare variabili e posizione del tangente) (i) Giustificare le Osservazioni 2.5 (i)&(ii). Mostrare che se G : D R 3 R 2 con P 0 C = G 1 (0), la condizione per esplicitare x i, x j rispetto a x k vicino a P 0 è che T P0 C sia una retta non parallela al piano Ox i x j. (ii) In generale, se G : D R n R m con m n e P 0 S = G 1 (0), la condizione di poter esplicitare x 1,..., x m rispetto alle altre d = n m variabili, ovvero det î ó i=tutte G i x 0 equivale a dire che T j P j=1,...m 0 S Span( x 1,..., x m ) = R n. Al momento, abbiamo definito lo spazio tangente esclusivamente per sottovarietà di R n. In effetti, la formula stessa che definisce un versore tangente ad S in un suo punto P 0 perde di senso se S R n : cos è, infatti, il vettore P 0 P n se P 0, P n non sono punti di R n? Il modo più intuitivo per introdurre lo spazio tangente ad una varietà differenziabile astratta è pensare che un vettore tangente in P 0 S può identificarsi alla direzione di tutte le curve di S uscenti da P 0 con ugual velocità: Definizione (Spazio tangente a una varietà differenziabile) Una curva (parametrizzata) di S è un applicazione α : D R S di classe almeno C 1 ; diremo che la curva passa per P 0 S al tempo t 0 se α(t 0 ) = P 0. Diremo che due curve α 1, α 2 di S, passanti per P 0 al tempo t 0 hanno la stessa velocità in P 0 se, per una qualsiasi carta φ : UP S 0 R d di S attorno a P 0 si ha (φ α 1 ) (0) = (φ α 2 ) (t 0 ). Si dice anche che α 1 ed α 2 coincidono al primo ordine, e si scrive α 1 t0 α 2. Lo spazio tangente ad una varietà differenziabile S in un suo punto P 0 è: T P0 S = {α curva di S passante per P 0 al tempo t 0 }/ t0 sicché ogni v T P0 S è una classe di curve per P 0 che coincidono al I ordine. Tale definizione non dipende ovviamente dalla scelta di t 0 R. Denoteremo con [α] t0 la classe di α per la relazione t0, e diremo che α rappresenta v T P0 S se v = [α] t0 ; scriveremo semplicemente v = [α] se t 0 = 0. Tre verifiche si impongono: (i) se due curve α 1, α 2 passanti per P 0 al tempo t 0 hanno stessa velocità rispetto ad una carta φ, la hanno anche rispetto a qualsiasi altra carta ψ attorno a P 0 ; (ii) T P0 S così definito ha una naturale struttura di spazio vettoriale; (iii) se S R n è una sottovarietà differenziabile, lo spazio T P0 S così definito è isomorfo (come spazio vettoriale) allo spazio tangente precedentemente definito. Farle. In particolare notare che l isomorfismo è dato da [α] t0 α (t 0 ). (Come si costruisce il vettore [α 1 ] t0 + [α 2 ] t0?) Osservazione Sia φ : U R d S una carta locale per la d-varietà differenziabile S. Allora φ induce un isomorfismo naturale (dφ) P : R d T φ(p ) S per ogni P U, dato da (dφ) P (v) := [α v ], dove α v (t)=φ(p + tv) è una curva di S passante per φ(p ) per t = 0. Nel capitolo 5 studieremo più approfonditamente la mappa (dφ) P.
6 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti Campi vettoriali Strettamente connessa alla nozione di spazio tangente è la nozione di campo vettoriale tangente a una sottovarietà differenziabile o parametrizzata S: Definizione (Campi vettoriali) Sia S R n una sottovarietà differenziabile: un campo vettoriale (C k ) su S è un applicazione V = (V i ) : S R n (di classe C k ); le funzioni V i si dicono le sue componenti, e spesso si scrive V P = V (P ). Se P S := (T P S) in R n (detto spazio normale ad S in P ), il campo V si dirà: tangente ad S se V (P ) T p S per ogni P ; normale ad S se V (P ) p S per ogni P. Sia invece ora S = F (D) una sottovarietà parametrizzata da F : D R d R n : un campo vettoriale lungo F è un applicazione 1 V : D R n. Analogamente, un campo V lungo una parametrizzazione F si dirà tangente ad F (rispettivamente normale ad F ) se V (P ) Im(dF ) P per ogni P D (risp. V (P ) Im(dF ) P ). Esempi di campi lungo parametrizzazioni sono il campo delle velocità γ (t) e il campo accelerazione γ (t) di una curva γ : I R n. Il campo delle velocità è chiaramente tangente a γ; e il campo accelerazione? Esempi di campi tangenti/normali lungo una superficie S parametrizzata da F : D R 2 S R 3 sono i campi F x1 = F x 1 e F x2 = F x 2 (tangenti), ed il campo N = F x1 F x2 (normale), che F sia regolare o meno. Esercizio (Campi vettoriali su sottovarietà differenziabili) (i) Cosa si intende per il campo r su Rn? Quali sono le sue componenti? È definibile in modo C 0 su tutto R n? Stesse domande per il campo ϑ su R2. (iii) Se ϑ e ϕ sono le funzioni latitudine e longitudine sulla sfera S 2, cosa si intende per i campi ϑ e ϕ? Quali sono le loro componenti? Sono definibili in modo C 0 su tutta la sfera? Si possono estendere in modo C 0 a tutto R n? (iv) Trovare le componenti di un campo unitario normale alle superfici differenziabili S = E a,b,c, I ip a,b,c, Iell a,b,c, Pip a,b, Pell a,b. Esercizio (Lossodromiche) (i) Trovare una curva parametrizzata γ in R 2 il cui campo tangente γ faccia angolo costante ϑ 0, π 2 con tutti i raggi uscenti dall origine. (ii) Trovare un campo V su R 2 {O} che faccia angolo costante ϑ 0, π 2 con tutti i raggi uscenti dall origine. (iii) Sia π n : S 2 {n} R 2 la proiezione stereografica dal polo nord: mostrare che esiste λ : S 2 {n} R tale che (dπ n ) P (u) = λ(p) u, P S 2 {n} e u T P S 2. Dedurre che dπ n preserva gli angoli tra vettori tangenti. (iv) Trovare una curva parametrizzata su S 2 {n} che faccia angolo costante con tutti i meridiani che incontra. Nota. Una curva del genere su S 2 si dice una lossodromica: le lossodromiche sono molto importanti per la navigazione (perché secondo voi?). 1 Notate che se F non è iniettiva, V non definisce un campo vettoriale su S = F (D); ed anche se F è iniettiva, ma non un embedding, ˆV (P ) = V (F 1 (P )) non è in generale un campo continuo su S.
7 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 7 Esercizio (Elicoide) Sia F : R 2 R 3 definita da f(t, s) = (t cos s, t sin s, s). La superficie E = ImF è detta elicoide circolare di asse z. Mostrare che: (i) E è una superficie regolare rigata che ammette una retta verticale r per direttrice (detta il pilastro dell elicoide); (ii) determinare, l equazione del piano tangente T P E in ogni punto P, ed un campo unitario N normale alla superficie, e studiare come variano N(P ) e T P E quando P varia lungo una generatrice (si spieghi perché su tale superficie, lontano dal pilastro, ci si può camminare...); (L elicoide è infatti un modello matematico di scala a chiocciola, si veda la figura sopra; però in realtà E è una doppia scala a chiocciola perché?) (iii) si trovi un equazione cartesiana per E e si mostri che è una superficie differenziabile omeomorfa ad un piano; (iv) Si mostri che E non è una superficie algebrica. (Una superficie si dice algebrica se ammette un equazione cartesiana di tipo polinomiale, come per esempio le quadriche). Esercizio Sia S una superficie differenziabile rigata, con p. r. f(s, t) = α(s) + tv(s). Notare che la funzione vettoriale v(s) è un campo lungo α. Sia r s0 la generatrice passante per α(s 0 ) e sia P = f(s 0, t) r s0. (i) Dare una base di T P S, e verificare che T aff P S contiene la generatrice r s0. (ii) Mostrare che il piano tangente a S è costante lungo la generatrice r s0 (i.e. T P S = T per ogni P r s0 ) se e solo se i tre campi {α, v, v } sono linearmente dipendenti per s = s 0. (iii) Dare tre esempi di superfici rigate in cui il piano tangente è costante lungo le generatrici, e tre esempi in cui il piano tangente non è costante lungo le generatrici.
8 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 8 Cos è un campo vettoriale su una d-varietà differenziabile astratta S? Se pensiamo a un campo come a una freccia su ogni punto di S, la definizione naturale è: un applicazione V : S T S := P S T P S, tale che V (P ) T P S. L unica difficoltà è definire la regolarità di V in un punto P 0 S, considerato che lo spazio di arrivo T S è solo (a priori) un insieme. Per questo ci sono due modi equivalenti: 1) (rustico) V si dice C k in P 0 se, per una qualsiasi carta φ : U R d S intorno a P 0 = φ(0), il campo su R d dato da Ṽ (P ) = (dφ) 1 P (V (P )) lo è. 2) (sofisticato) L insieme T S ha una struttura naturale di varietà differenziabile di dimensione 2d: provare a definirla. Allora V : S T S si dice C k in P 0 se lo è come mappa tra varietà differenziabili. Suggerimento per definire su T S una struttura di varietà differenziabile: si ricordi l osservazione ; allora, data una carta φ : U R d S con coordinate locali x = (x 1,..., x d ), e detto y = (y 1,..., y d ), ogni punto (x, y) U R d si identifica a un punto di T S tramite l applicazione (x, y) (φ(x), (dφ) x(y). Si noti che su una varietà astratta, un campo vettoriale è per definizione tangente, e non esistono campi normali a S (in quanto S non è contenuta in alcuno spazio ambiente più grande). Definizione (Pull-back e push-forward di campi vettoriali) Se F : S S è un diffeomorfismo, è possibile trasportare campi da S a S e viceversa. Dato infatti U campo su S, si definisce il push-forward di U tramite F come il campo (F U) su S dato da: (F U) P = (df ) F 1 (P )U F 1 (P ). Analogamente, dato V campo su S, si definisce il pull-back di V tramite F come il campo (F V ) su S dato da: (F V ) P = (df 1 ) F (P ) V F (P ). Sia φ : U R n S una carta locale, e sia B = {e i } una base di R n, che definisce coordinate (x i ) e campi paralleli E i su R n : i campi coordinati φ = φ (E i ) sono particolari casi di campi push-forward, definiti su U = φ(ũ) S. Se V è un campo su S, il suo pullback tramite φ si scrive φ (V ) = i V i E i, ovvero V = i V i φ su U. Le funzioni V i (viste indifferentemente come funzioni su Ũ Rd o su U S) si dicono le componenti di V nella carta φ, e si scrive: V (V i ) rispetto a (o sulla carta) φ.
9 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti Calcolo differenziale al I ordine su varietà. Lo spazio tangente è il prerequisito fondamentale per fare del calcolo differenziale su una varietà, in quanto le funzioni in più variabili si derivano lungo direzioni. Definizione (Derivate direzionali) Sia f : S R funzione C 1 su una sottovarietà differenziabile di R n, oppure su una varietà differenziabile astratta. Se P S e v T p S si definisce la derivata direzionale di f nella direzione v (o rispetto a v) in P è v[f] = (f α) (0) = lim t 0 f(α(t)) f(p ) t dove α : I S è una curva di S che rappresenta v. Concretamente, se S R n, α è una qualsiasi curva su S tale che α(0) = P e α (0) = v. Un altra notazione comune per la derivata di f nella direzione v è f v. Osservazioni (Proprietà delle derivate direzionali) (i) La definizione di v[f] non dipende dalla curva α scelta per rappresentare v. Per dimostrarlo, basta notare che f v si calcola concretamente come segue. Presa una carta φ : U S intorno a P con d Q φ(u) = v, si ha: v[f] = u[f φ] dove u[f φ] = (f φ) u è l usuale derivata direzionale di f φ in R d (verificarlo!). Ciò mostra che v[f] dipende solo dalla classe [α] della curva α. (ii) Per ogni v T P S valgono le usuali formule (come per funzioni su R n ): v[a 1 f 1 + a 2 f 2 ] = a 1 v[f 1 ] + a 2 v[f 2 ] v[f 1 f 2 ] = v[f 1 ]f 2 (P ) + f 1 (P )v[f 2 ] Definizione (Differenziale) Se f : S R è una funzione C 1 sulla varietà differenziabile S, il differenziale di f in un punto P S è l applicazione lineare d P f : T P S R (d P f)(v) = v[f] Se F = (F i ) : S S R n è una mappa C 1 verso una sottovarietà S R n, il differenziale di F in P S l applicazione lineare d P F : T P S T F (P ) S definita da (d P F )(v) = (F α) (0) = (v[f 1 ],, v[f n ]) (3) per una qualsiasi curva α : I S tale che α(0) = P e α (0) = v. Infine, se F : S S è una mappa verso una varietà differenziabile S qualsiasi (non sottovarietà di R n ), il differenziale di F è definito in modo leggermente più astratto, poiché F non si esprime come una n-upla di funzioni (F 1,..., F n ). In tal caso, si definisce d P F : T P S T F (P ) S come T P S v := [α] (d P F )(v) := [F α] T F (P )S cioè come la classe della curva immagine su S.
10 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 10 Notiamo che, a meno di identificare i vettori v T P R d con (classi di equivalenza di) curve α passanti per P con velocità v, questa definizione coincide con il d P F definito per mappe a valori in d-sottovarietà S R n, come mostra la seconda uguaglianza in (3). Inoltre, se F = φ : U S è una carta locale per S, d P φ è proprio l isomorfismo R d T P S di cui abbiamo parlato nell osservazione Nota. La definizione di df, quando lo spazio di arrivo è una varietà S R n, può sembrare molto astratta. Per le applicazioni, è perlopiù sufficiente conoscere le proprietà di d pf (iniettività, rango etc.), piuttosto che scriverla esplicitamente. Per questo, data una mappa F : S S, per studiare d P F in genere si prendono carte φ : UP S R d e ψ : U S F (P ) Rd intorno a P S ed a F (P ) S, e si calcola piuttosto d(ψ F φ 1 ) : V = φ(up S ) R d V = ψ(u S F (P ) ) Rd che è una mappa tra aperti di R n ; tanto dφ e dψ sono degli isomorfismi (cf. oss (iv))! Osservazioni (Proprietà del differenziale) (i) Il differenziale d P F ha valori in T F (P ) S, in quanto Im(F α) S. (ii) Il differenziale d P F : T P S T F (P ) S è un applicazione lineare, perché (a 1 v 1 + a 2 v 2 )[f] = a 1 v 1 [f] + a 2 v 2 [f] (iii) Se F 1 : S 1 S 2 ed F 2 : S 2 S 3 sono mappe C 1, si ha: d P (F 2 F 1 ) = (d F1(P )F 2 ) (d P F 1 ). Proposizione (Derivate e differenziali di restrizioni da R n a S) Se P S e la funzione f : S R n R si estende ad una funzione F : U P R (almeno C 1 ) definita in un intorno di P in R n, allora v[f] = v[f ] per ogni v T P S Cioè, se f si estende (o è restrizione ad S di una definita su un aperto di R n ), la derivazione su S coincide con la derivazione usuale, per vettori tangenti 2 ad S. Stesso discorso per mappe f : S S R m : se f si estende ad F : U R n R m intorno a P, allora d P f = (d P F ) TP S. In virtù della definizione di derivata direzionale, i vettori tangenti v T P S possono essere visti come operatori di derivazione sullo spazio delle funzioni definite su (almeno un intorno di P in) S. Le seguenti definizioni (pedanti) rendono precisa tale asserzione: Definizione (Spazio tangente operatoriale) Sia S una varietà differenziabile, e P 0 S. Si dice che due funzioni f 1, f 2 definite intorno a P 0 definiscono lo stesso germe in P 0 (f 1 P0 f 2 ) se esiste un intorno UP S 0 di P 0 in S su cui f 1 U S = f P 2 U S. 0 P 0 Lo spazio dei germi di funzioni C in P 0 è l insieme CP (S) delle funzioni definite in un qualsiasi intorno di P 0 su S, modulo tale relazione di equivalenza: si tratta, com è ovvio, di uno spazio vettoriale. 2 Attenzione: se f : S R, ha senso derivare f solo rispetto a vettori tangenti ad S!
11 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 11 Una derivazione su CP 0 (S) è un operatore D : CP (S) R tale che: (i) Df = 0 se f è il germe di una funzione costante intorno a P 0 ; (ii) è lineare, i.e. D(f + g) = Df + Dg; (iii) verifica la proprietà di Leibnitz, i.e. D(fg) = fdg + gdf. Lo spazio tangente operatoriale di S in P 0 è lo spazio vettoriale: T op P (S) = Der[C P 0 (S)] = {D derivazione su C P 0 (S)} Proposizione Gli spazi T op P 0 S e T P0 S sono naturalmente isomorfi. Dimostrazione. È immediato verificare che se S ha dimensione d, entrambi gli spazi hanno dimensione d: infatti, se φ : V S è una carta intorno a P 0 = φ(0), le classi delle curve α i (t) := φ(te i ) e le derivazioni D i (f) := e i [f φ](0) generano rispettivamente T P0 S e T op P 0 S. L applicazione D : T P0 S T op P 0 S che associa ad una classe [α] la derivazione D [α] f = (f α) (0) è lineare, iniettiva, ed è dunque l isomorfismo cercato. Una difficoltà (iniziale) maggiore in geometria differenziale sono le notazioni. Per esempio, sia φ : U R d S una carta locale per S, e sia B = (v i ) una base di R d, che dà luogo a campi paralleli V i su R d, e con coordinate associate x = (x i ). Le notazioni: φ φ (V i ) V i indicano tutte la stessa cosa: il campo coordinato X i che in P=φ(x) vale X i (P )=(d xφ)(v i ). Analogamente, se X i = φ è un campo coordinato, per la derivata direzionale di una funzione f : S R rispetto a X i si trovano le notazioni più disparate: X i [f] X i f f X i f f xi df(x i ) che significano, dal punto di vista computazionale, tutte la stessa cosa: e cioè, fare (f φ). È chiaro come ci si può confondere se si guardano solo le formule : per esempio, se φ e f φ sono come sopra, significa tutt altro che f, benché la notazione usata sia la stessa... Abituiamoci: il segreto consiste nell avere bene in mente quali oggetti stiamo utilizzando (φ è una carta di S, f una funzione su S) e cosa stiamo facendo. Noi cercheremo di utilizzare sempre le notazioni: φ o la notazione abbreviata (qualora la carta φ e le coordinate locali (x ) siano chiare i dal contesto), per il campo coordinato X i rispetto a φ; f oppure X i [f] per la derivata direzionale di f : S R rispetto al campo X i =.
12 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 12 Breviario di Teoremi Elementari di Calcolo Differenziale su Varietà. Ora che abbiamo le nozioni di classe almeno C k, derivate e differenziale per funzioni e mappe tra varietà differenziabili, possiamo estendere definizioni e teoremi di calcolo differenziale per funzioni F : R n R m a funzioni e mappe F : S S. Una mappa F : S S di classe C 1 tra varietà di dimensioni d d, si dice: 3 regolare se rk(d P F ) = d (cioè massimo) P S; un immersione C k, se è regolare e iniettiva; un embedding C k, se è un immersione e un omeomorfismo su Im(F ); un diffeomorfismo C k, se è invertibile con inversa ancora C k. Invece, una mappa G : S S, tra sottovarietà di dimensioni rispettivamente d d, si dice una summersione se rk(d P G) = d (cioè massimo) per ogni P. Corrispondentemente, un sottoinsieme S 0 di una varietà differenziabile S si dirà una sottovarietà immersa se è l immagine di un immersione F :S S, e si dirà una sottovarietà embedded (o semplicemente una sottovarietà) se è l immagine di un embedding 4. Due varietà S, S si diranno diffeomorfe se esiste un diffeomorfismo tra di esse. I seguenti sono generalizzazioni immediate (in quanto ad essi riconducibili, usando carte locali) dei risultati su parametrizzazioni e funzioni implicite visti su R n : Teoremi (Funzioni implicite e equazioni su sottovarietà di R n ) Siano S, S varietà differenziabili di dimensione rispettivamente d e d. 1) (T F I) Supponiamo d = d e sia F : S S mappa C k, k 1. Se F è regolare in P (cioè d P F : T P S T F (P ) S isomorfismo) allora esistono intorni U P S e V F (P ) S di P, F (P ) tali che F UP : U P V F (P ) sia un C k -diffeomorfismo. 2) (Immersioni) Supponiamo d d e sia F : S S mappa C k, k 1. Se F è regolare in P (cioè d P F : T P S T F (P ) S è iniettivo) allora esistono carte (U P, φ) e (V F (P ), ψ) intorno a P e F (P ) tali che ψ 1 F φ : U P V F (P ) si scrive: (ψ 1 F φ)(x 1,..., x d ) = (x 1,..., x d, 0,...0) (4) (per brevità, si scrive spesso: localmente F (x 1,..., x d ) = (x 1,..., x d, 0,...0) ). Se in più F è un embedding, allora F (φ(u P )) è un intorno di F (P ) in S. 3) (Summersioni) Supponiamo d d e sia G : S S mappa C k, k 1. Se F è regolare in P (cioè d P F : T P S T F (P ) S è suriettivo) allora esistono carte (U P, φ) e (V F (P ), ψ) intorno a P e F (P ) tali che ψ 1 F φ : U P V F (P ) si scrive: (ψ 1 F φ)(x 1,..., x d ) = (x 1,..., x d ) (5) (per brevità, si scrive spesso: localmente F (x 1,..., x d ) = (x 1,..., x d ) ). 4) (Embeddings) Se F : S S è un immersione e d = d, allora F è un embedding. 5 I teoremi (2)&(3) hanno come conseguenza (o riformulazione) i seguenti: 3 Attenzione: in geometria spesso il termine differenziabile è usato come sinonimo di C, e il termine diffeomorfismo (senza specificazione C k ) come C -diffeomorfismo. Di fatto, incontreremo quasi sempre solo funzioni C. 4 Si noti che (analogamente al caso di sottovarièta di R n ), un sottoinsieme S 0 S è una sottovarietà di S se e solo se S 0 è lei stessa una varietà e l inclusione S 0 S è C. 5 Nota: qui è importante l ipotesi d = d e S sottovarietà! Altrimenti, il teorema è falso (come lo mostra l esempio della curva di Lissajous).
13 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 13 2bis) (Inverso del Dini) Supponiamo d d e sia F : S S mappa C k, k 1. Se F è un immersione, allora per ogni P S esiste un intorno U P S di P tale che S P = F (U P ) S è una C k -sottovarietà di dimensione d. Se F è un embedding, allora F (S) è una C k -sottovarietà di dimensione d. 3bis) (Dini) Supponiamo d m e sia G : S S mappa C k, k 1. Sia S Q = G 1 (Q) S: se G è regolare P S, allora S Q è una C k -sottovarietà di dimensione d = d m. In tal caso, lo spazio tangente T P S Q = Ker(d P G) T P S. Sia f : S R una funzione almeno C 2 su una varietà differenziabile. Vedremo più in là che il calcolo oltre il I ordine su una varietà differenziabile S necessita di una struttura aggiuntiva: una connessione. f u v Esercizio Si provi per esempio a definire la derivata seconda per una funzione f : S 2 R e u, v T P0 S 2, utilizzando delle carte locali in P 0: la sorpresa è che, al contrario delle derivate prime, una tale derivata seconda dipende non solo da f, u, v, ma anche dalla carta scelta (ergo non è ben definita)! C è un caso molto particolare in cui si può parlare di derivate seconde di una funzione su una varietà S senza ambiguità: ciò avviene se P S è un punto non regolare per f, ovvero in cui d P f = 0. In tal caso è possibile definire l Hessiano di f in P come una forma bilineare simmetrica su T P S nel modo seguente: se φ : U S è una carta locale intorno a P, con φ(o) = P e campi tangenti associati V i = φ, poniamo (Hess P f)(v i, V j) = 2 (f φ) (O) (6) x j quindi definiamo (Hess P f)(u, v) per ogni u, v T P S per estensione bilineare. Questa forma non dipende dalla scelta della carta φ, ma solo da f, u e v, in modo apparentemente miracoloso (la Proposizione del prossimo capitolo ne spiegherà la ragione; per ora rifare il calcolo dell Esercizio nell ipotesi d P0 f = 0). Ecco allora altri esempi di generalizzazioni immediate a varietà di risultati dell usuale calcolo differenziale in R n : Teoremi (Estensione di teoremi di calcolo su una varietà di R n ) Siano f : S R una funzione almeno C 2 su una varietà differenziabile connessa: 1) (Criterio per funzioni costanti) Se d P f = 0 P S, allora f è costante. 2) (Punti critici) Se P 0 è un massimo o un minimo locale per f, allora d P0 f = 0. 3) (Criterio per massimi e minimi) Se d P0 f = 0 e Hess P0 f è definita positiva (risp. negativa), allora f ha un minimo (risp. massimo) locale in P 0; se Hess P0 f è indefinita, allora P 0 non è né un massimo né un minimo locale per f. Sia ora f : S R una funzione almeno C 2 su una sottovarietà di R n : 4) (Lagrange) Sia M = max v =1 v[f] : allora f(p ) f(q) M d S(P, Q) dove la distanza d S(P, Q) è definita come la lunghezza della (o delle) curve rettificabili più corte che uniscono P a Q. 5) (Moltiplicatori di Lagrange) Supponiamo che f sia restrizione ad S di una funzione F definita su un aperto di R n. Se S ammette un equazione cartesiana regolare g(x 1,..., x n) = 0 allora f ha un punto critico (massimo, minimo o sella) in P 0 se e solo se d P0 f = 0 su T P0 S, i.e. grad P0 f = λ grad P0 g, per qualche λ R. Attenzione: 4) e 5) hanno senso (per il momento) solo per sottovarietà S R n. Infatti non sappiamo cosa sia la lunghezza di una curva o il gradiente di una funzione su una varietà differenziabile astratta S!
14 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 14 Nota sul calcolo al II ordine sulle varietà. Per calcolo al secondo ordine si intende la possibilità di definire derivate e operatori di ordine superiore al primo per funzioni f : S R. È importante capire che un calcolo differenziale al secondo ordine, per funzioni di più variabili, è equivalente alla possibilità di derivare i campi vettoriali (e oggetti più complessi, quali operatori lineari, forme bilineari etc). Difatti, la nozione di derivata di una funzione f, per una funzione in più variabili, non è una semplice nuova funzione, ma una famiglia di operatori lineari d P f : T P S R, uno per ogni P su cui è definita f, poiché derivare in più variabili dipende, oltre che dal punto, anche dalla direzione scelta; questa famiglia di operatori, a sua volta, può identificarsi a un campo vettoriale, il gradiente di f, tramite la formula: (d P f)(v) = (grad P f) v almeno per sottovarietà S R n, in cui abbiamo il prodotto scalare. Quindi, la derivata prima di una funzione in più variabili f è un campo vettoriale, e le sue derivate successive si ottengono derivando tale campo... Da qui l interesse a saper derivare (sempre lungo direzioni) i campi vettoriali. Per sottovarietà S R n è possibile definire, in modo del tutto analogo a quanto fatto per le funzioni, le derivate direzionali di un campo vettoriale C 1 V : S R n. Se u T P S e V = (V i ) la derivata di V rispetto a u è V u = (u[v V (γ(t)) V (P ) 1],, u[v n ]) = lim (7) t 0 t per una qualsiasi curva γ(t) su S tale che γ(0) = P e γ (0) = u. Tale definizione ha però due sostanziali lacune rispetto alla derivata di una funzione su S: (i) se V è un campo vettoriale tangente ad S, non è affatto detto che D v V sia ancora un vettore tangente ad S. È come se, derivando un campo di R 2, ottenessimo un campo di R 3 ; In questo senso, la derivazione appena definita di un campo su una sottovarietà S non è un operazione naturale per S; (ii) la differenza V (γ(t)) V (P ) in (7) ha senso perché stiamo implicitamente identificando T γ(t) R n, in cui vive V (γ(t)), con T P R n, in cui vive V P. Però questo processo di identificazione tra T γ(t) R n e T P R n, ottenuto trasportando parallelamente un vettore in R n dal punto γ(t) al punto P, non ha nulla a che fare con S: anzi, così facendo, un vettore appartenente ad S, cioè in T P S, in genere fuoriesce dallo spazio tangente a S. Proprio per questa ragione, tale procedimento non si estende a sottovarietà differenziabili astratte S, per le quali la derivazione dei campi vettoriali richiede una struttura aggiuntiva (il dato di una connessione, o di una struttura riemanniana).
15 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 15 La definizione corretta di derivata di un campo V su una sottovarietà (e anche su una varietà riemanniana) S verrà data in un prossimo capitolo; precisamente per distinguerla dall operazione di derivazione appena definita useremo, per la nuova derivazione, la notazione D S u V. La possibilità di definire una derivata di campi di S, che porti campi tangenti in campi tangenti, con tutte le usuali proprietà delle derivate, e senza utilizzare il parallelismo euclideo, è un risultato fondamentale dovuto a Gauss e Riemann che hanno aperto la strada al calcolo differenziale sulle varietà astratte. Esercizio (Saper fare i calcoli geometricamente) Fare un esempio di una superficie S, e di due campi U e V, rispettivamente tangente e normale ad S, tali che: (i) si abbia U z non tangente, per qualche vettore z T P S; (ii) si abbia V z non normale, per qualche vettore z T P S; (iii) si abbia V u U v, per u = U(P ) e v = V (P ). Suggerimento: prendere due campi U, V ben visualizzabili, sulla più semplice superficie curva... Esercizio (Saper fare i calcoli esplicitamente) Sia S = {g(x, y, z) = x 2 + y 2 + z2 4 1 = 0} un ellissoide rotondo, ed S2 la sfera. Consideriamo il campo normale unitario (esterno) N di S: (i) scrivere esplicitamente N(x, y, z); dimostrare che è un campo C ; (ii) si scelga una carta φ(x 1, x 2 ), intorno al polo nord P = (0, 0, 2) di S, e N si calcolino i campi cioè le derivate di N rispetto ai campi coordinati, precisandone le componenti nella base B = { x 1, x 2, N}; (iii) mostrare che D u N T P S per ogni u T p S; qual è la ragione geometrica di ciò? È un caso particolare dell ellissoide, o un fatto generale? Vediamo ora N come una mappa S S 2 : (iv) Si scelga una carta ψ per S 2 intorno al polo nord n = N(P ), con coordinate (y 1, y 2 ); si esprima N in coordinate locali rispetto alle carte φ, ψ, e si trovi la matrice di d P N rispetto alle relative basi B P = { x 1, x 2 } e B n = { y 1, y 2 }. Cosa rappresentano le colonne della matrice? Se v = (v 1, v 2, 0) T P S quanto fa (d P N)(v)? (v) Ripetere il punto precedente per Q = (1, 0, 0), e v = (0, v 2, v 3 ) T Q S. Suggerimento per (iv): (d P N)(v) si può calcolare: - tramite una carta locale di S intorno a P ; - oppure, se Ñ : U S2 è una qualsiasi estensione di N ad un intorno aperto U R 3 contenente P, si può utilizzare la Proposizione
16 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti Brackets e traiettorie di campi vettoriali Un importante branca della geometria, la teoria dei sistemi dinamici, si occupa dello studio delle traiettorie dei campi vettoriali sulle varietà. Dato un campo vettoriale V su una varietà S (tangente, se S è una sottovarietà), una traiettoria, o curva integrale, di V è una curva α : I S tale che α (t) = V (α(t)) t I. Uno dei primi teoremi della teoria è: Teorema Sia V un campo vettoriale su una varietà differenziabile S. Allora per ogni P 0 S passa una e una sola curva integrale di V. Dimostrazione. Sia φ : Ũ S una carta locale su un intorno U = φ(ũ) di P in S, con coordinate locali ( x i ). Poiché (dφ) Q : R d T Q S è un isomorfismo per ogni Q Ũ, ad ogni campo tangente V di classe Ck su U corrisponde un campo Ṽ di classe Ck su Ũ, tale che (dφ) Q(Ṽ (Q)) = V (Q). È inoltre chiaro che ad ogni curva integrale α di Ṽ su Ũ corrisponde una curva integrale α = φ α di V su U, per la regola della derivazione delle funzioni composte: α (t) = (φ α) (t) = (dφ) α(t) ( α (t)) = (dφ) α(t) (Ṽ ( α(t))) = V (α(t)) Pertanto è sufficiente mostrare il teorema in R d. Ma se Ṽ = (Ṽ1,..., Ṽd) è un campo vettoriale intorno a un punto P 0 = ( x 0 1,..., x 0 d ) Rd, una curva integrale α per P è una d-upla di funzioni ( x 1 (t),..., x d (t)) che soddisfa il sistema di d equazioni differenziali ordinarie del primo ordine x 1 = Ṽ1( x 1,..., x d ) x 2 = Ṽ2( x 1,..., x d ) x d = Ṽd( x 1,..., x d ) tali che x i (0) = x 0 i. Come si è sicuramente visto in un corso di base di Analisi, questo problema (detto problema di Cauchy per x 1,... x d ) ammette soluzione unica almeno per t [0, ɛ], se le Ṽi sono funzioni C 1 in un intorno di P 6 0. Esercizio (Curve integrali) (i) Trovare le curve integrali dei seguenti campi di R 2 : V (x, y) = (x, y) V (x, y) = ( y, x) V (x, y) = (y, x) In particolare: disegnare il campo in un insieme ampio e significativo di punti (x, y) di R 2, trovare la parametrizzazione della curva integrale passante per il generico punto P 0 = (x 0, y 0 ), determinarne l equazione cartesiana e disegnarle. (ii) Disegnare le curve del campo V λ dell Esercizio 1.7.3(iv) su S 2. 6 Per l esistenza è sufficiente che le Ṽi siano C 0, e per l unicità che V i siano Lipschitziane.
17 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 17 Esercizio Trovare due campi vettoriali U, V su R 2 O le cui curve integrali uscenti dall asse x abbiano un andamento come nelle figure qui sotto (esplicitarne le componenti). Descrivere il procedimento che si è seguito per arrivare alla definizione di U = (U 1, U 2 ) e V = (V 1, V 2 ). Si tratta di campi completi? Nota: un campo si dice completo se ogni sua traiettoria è definita su tutto R. È naturale chiedersi quanto un campo vettoriale X sia differente da un campo coordinato x 1 rispetto a delle coordinate locali (x i ). Il primo punto dell esercizio sotto mostra che ogni campo non nullo può essere visto, localmente, come un campo coordinato. D altra parte, dati più campi X 1,.., X k (con k inferiore o uguale alla dimensione di S), la condizione che tutti contemporaneamente si identifichino a campi coordinati rispetto a un sistema di coordinate (x i ) non è certamente sempre verificata: una condizione necessaria per questo è che le traiettorie dei campi X 1,..., X k commutino. Questo significa che seguire da un qualsiasi punto P la traiettoria di un X i per il tempo t, e poi, dal punto ove si è arrivati, la traiettoria di X j per il tempo s, dia lo stesso risultato che seguire prima per t la traiettoria di X j e poi per s quella di X i : tale condizione è necessaria in quanto è verificata da tutti i campi coordinati! Il secondo punto dell esercizio seguente mostra che essa è anche sufficiente: Esercizio (Campi coordinati) (i) Sia X un campo C 1 su S tale che X(P ) 0. Dimostrare che esiste sempre una carta φ : Ũ Rd U = φ(ũ) S intorno a P tale che φ X = x 1 su Ũ. (ii) Siano ora X 1,..., X k campi vettoriali C 1 linearmente independenti in un punto P S. Mostrare che se le traiettorie di questi campi commutano, allora esiste una carta φ : Ũ Rd U = φ(ũ) S intorno a P con coordinate (x i) tali che φ X i =, per i = 1,.., k. Suggerimento per (i): integrare il campo X a partire da punti iniziali che stanno su una (d 1)-sottovarietà S S con T P S V (P ); quindi usare il TFI. Suggerimento per (ii): - definire un embedding da un aperto di R k in S utilizzando le traiettorie dei campoi X 1,..., X k ; - quindi estendere tale embedding a un diffeomorfismo da un aperto di R d a S.
18 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 18 Una condizione analitica equivalente alla commutazione delle traiettorie, per due campi vettoriali X 1, X 2, è l azzerarsi del bracket di X 1, X 2 : Definizione (Bracket di campi) Siano U, V due campi vettoriali tangenti a una sottovarietà S R n. Notare che, U V e U V non avrebbero senso se U, V non fossero tangenti (perché?); notare inoltre che, in genere, U V U V, già per campi di Rn, purché non coordinati (dare qualche esempio!). Il bracket (o derivata di Lie) di U, V è il campo vettoriale tangente ad S [U, V ] := V U U (8) V (che in genere quindi è non nullo), e si dice che U, V commutano se [U, V ] = 0. Se U, V sono campi su una varietà astratta S, la definizione (8) non ha senso (in quanto non si sanno derivare i campi vettoriali, cf. Nota a fine pagina 14), quindi il campo [U, V ] è definito in senso operatoriale: [U, V ](f) := U[V [f]] V [U[f]] per ogni f C (S) (9) il che ne fa, per ogni P S, un elemento di T op P S. Spesso Il bracket [U, V ] è anche detto derivata di Lie di V rispetto a U, e denotato L U V. Alcune verifiche si impongono (farle!): (i) capire che, se u, v T P S sono vettori e non campi, non ha senso scrivere [u, v]; (ii) mostrare che la formula (8) definisce un campo ancora tangente ad S; (iii) mostrare che (9) definisce una derivazione (dunque un vettore tangente); (iv) mostrare che, se S R n, il campo [U, V ] agisce su f come nella formula (9); (v) mostrare che se φ : D R d S è una carta per S intorno a P con coordinate locali (x i), e se U = φ i Ui (U i), V = φ i Vi (V i) allora: (vi) la derivata di Lie L U V non ha le proprietà usuali della derivata di un campo in una direzione: infatti non è né puntuale, né C (S)-lineare in U. ( ) V i U i [U, V ] (U[V i ] V [U i ]) = U j V j (10) x j x j j j Suggerimenti: (ii). Segue dal punto (ii) del Teorema qui sotto. Un alternativa è utilizzare il fatto che, dato un qualsiasi campo unitario N normale a S (definito intorno a un punto P 0), l operatore di Weingarten WP N 0 : T P0 S T P0 S associato a N, definito da WP N 0 (v) = N è simmetrico. Questo lo vedremo più in là, v quando studieremo la curvatura, quindi non scervellatevici. (iii). Mostrare che Df := U[V [f]] V [U[f]] è una derivazione (straightforward). (iv). È un esercizio di puro srotolamento delle definizioni. Se U = (Ui) e V = (Vi), il vettore U corrisponde per definizione alla derivazione U i v i v e idem V, pertanto u Å ã V i f 2 f Å ã U i f 2 f u[v [f]] v[u[f]] = u j + u j V i v j + v j U i x j x j i,j i,j ( Ui = v V ) ( i f U = u v V ) (f) u i (v). Come (iv), per puro srotolamento.
19 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 19 Teorema (Interpretazione geometrica del bracket) Siano U, V due campi su un aperto di una varietà differenziabile S. i) Se le traiettorie di U, V commutano, allora [U, V ] = 0. Viceversa, se [U, V ] = 0 allora le traiettorie di U e V commutano. ii) Sia γ P (t) il punto ottenuto seguendo, come in figura, la curva integrale di U per il tempo t partendo da P, poi la curva integrale di V per t, quindi la curva integrale di U per t, ed infine la curva integrale di V per t. Allora: [U, V ](P ) = γ (0). Dimostrazione. (i). La prima cosa di cui convincersi è che le traiettorie commutano se e solo se commutano localmente, cioè se ogni punto ha un intorno su cui ciò è vero (basta scomporre il prodotto di due intervalli chiusi I J in un numero finito di quadratini arbitrariamente piccoli). Quindi notiamo che se le traiettorie di U e V commutano, allora U, V sono localmente una coppia di campi coordinati, per l Esercizio 1.7.4(ii), e pertanto le loro traiettorie commutano localmente. Viceversa, siano U, V campi con [U, V ] = 0, e sia P S. Esiste una carta φ intorno a P, con coordinate (x i ), tale che Ũ = φ U = x 1 (per l Esercizio 1.7.4(i)) e Ṽ = φ V = i V i. Poiché 0 = [U, V ] ( Vi x 1 ), segue che le componenti V i (x 1,.., x d ) di V, espresse nelle coordinate locali (x i ), non dipendono da x 1, ovvero Ṽ = φ V è invariante per traslazioni nella direzione x 1. Ma allora anche le traiettorie di Ṽ su Rd sono invarianti per traslazioni nella direzione di x 1, il che significa precisamente che le traiettorie di Ṽ e di Ũ = di V, U) commutano. x 1 (dunque quelle (ii). Questa dimostrazione è un esempio di calcolo che è semplice, se si segue passo passo il significato geometrico delle formule che si stanno usando, ma che risulta un incubo da seguire se si cerca di applicare meccanicamente le formule. È inoltre un ottimo esempio di applicazione del calcolo differenziale su una varietà, per dedurre una proprietà geometrica. Denotiamo, per rapidità di scrittura, con D u V la derivata del campo V nella direzione u T Q R n, e con u t Q e v t Q le curve integrali di U e V con punto iniziale Q; sicché, v t u s Q indicherà il punto ottenuto partendo da Q, seguendo la curva integrale di U per il tempo s, quindi la curva di V per t.
20 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 20 Dobbiamo calcolare lim h 0 γ(h) γ(0) h. Consideriamo allora (per avere incrementi indipendenti su ogni lato del quadrilatero in figura e calcolare bene le derivate) il punto γ(s, t, s, t ) = v t u s v t u s P, che per s = s = t = t = h dà proprio γ(h). L idea è di scrivere γ(s, t, s, t ) P come: ( v t u s v t u s P u s v t u s P ) + ( u s v t u s P v t u s P ) + ( v t u s P u s P ) + ( u s P P ) e stimare ogni riga sviluppando con Taylor la differenza dei valori delle curve v t, u s tra due vertici del quadrilatero. Il primo addendo, per esempio, è la differenza tra il valore della curva integrale v t di V con origine Q = u s v t u s P tra 0 e t. Prima di procedere, per chiarezza, scriviamo cosa ci dice la formula di Taylor per una curva α che sia una curva integrale di un campo X, con punto iniziale α(0) = Q: α(t) α(0) = α (0)t α (0)t 2 + o(t 2 ) = X(Q)t D X(Q)Xt 2 + o(t 2 ) (11) poiché α (t) = X(α(t)), ed α (0) = d dt X(α(t)) = D α (0)X = D X(Q) X. Quindi, applicando (11) al primo addendo per X = V : ( v t u s v tu sp u s v tu sp ) = V (u s v tu sp )t D V (u s v t u sp )V t 2 + o(t 2 ) Il secondo addendo è la variazione della curva integrale u s di U, con punto iniziale R = v t u s P, tra 0 ed s ; riusando (11) per X = U troviamo quindi ( u s v tu sp v tu sp ) = U(v tu sp )s D U(v t u sp )Us 2 + o(s 2 ) Il terzo addendo è l opposto di (u s P v t u s P ), che vediamo invece come variazione della curva integrale di V di origine R = v t u s P, tra 0 ed t (difatti u s P = v t R); di nuovo per (11) applicata a X = V otteniamo ( ( v tu sp u sp ) = V (v tu sp )t + 1 ) 2 D V (v t u sp )( V ) t 2 + o(t 2 ) = V (v tu sp )t 1 2 D V (v t u sp )V t 2 + o(t 2 ) Infine il quarto addendo è l opposto di (P u s P ), variazione della curva integrale di U di origine T = u s P, tra 0 ed s (difatti P = u s T ), quindi ( ( u sp P ) = U(u sp )s + 1 ) 2 D U(u sp )( U) s 2 + o(s 2 ) = U(u sp )s 1 2 D U(u sp )Us 2 + o(s 2 ) Sommando ora i quattro addendi e ponendo s = s e t = t otteniamo: γ(s, s, t, t ) P = tv (v tu sp ) t V (u s v tu sp ) + su(u sp ) s U(v tu sp ) î ó t 2 D V (u s v 2 t u sp )V t 2 D V (vt u sp )V + 1 [ s 2 D U(vt u 2 sp )U s 2 D U(usP )U ] a meno di vettori di ordine o(s 2 ) e o(t 2 ).
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