h = 0 per ogni i I allora h = 0 2. dati degli h i H(U i ) tali che per ogni i, j I con U ij = U i U j si abbia r Ui

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "h = 0 per ogni i I allora h = 0 2. dati degli h i H(U i ) tali che per ogni i, j I con U ij = U i U j si abbia r Ui"

Transcript

1 Nelle pagine seguenti descriviamo sommariamente alcuni fatti di algebra omologica, utilizzando (con qualche riluttanza) il linguaggio delle categorie. Non sono date dimostrazioni: esse sono tutte di carattere elementare nel senso che di norma non richiedono di inventarsi artifici speciali; infatti la maggior parte di esse consiste solo nella verifica (spesso lunga e ripetitiva) della legittimità di un unico possibile percorso dimostrativo. Non si chiede di trovare né imparare le dimostrazioni mancanti; esistono un sacco di libri che trattano l argomento in modo completo e che potranno essere consultati se e quando si rendesse utile farlo. Oltretutto è possibile che nello scrivere queste pagine sia incorso qua o la in qualche definizione o risultato dato in modo un pò confuso o addirittura errato. Quel che mi sono prefisso scrivendo queste brevi note è solo delineare un tipo di linguaggio che può apparire abbastanza astratto ma che permette in molte circostanze di vedere dall alto con una panoramica globale l intricata foresta di costruzioni enunciati e dimostrazioni con cui sono costruite molte teorie matematiche del nostro tempo. Del resto la sintesi è figlia dell astrazione. Il linguaggio delle categorie. Essenzialmente una categoria consiste di: - una classe di oggetti C - per X, Y C di un insieme Hom(X, Y ) di morfismi i cui elementi scriveremo f : X Y - per X, Y, Z C di una legge di composizione che ad f : X Y ed a g : Y Z associa una g f : X Z il tutto in modo che siano verificate alcune semplici proprietà (associatività della composizione, esistenza dell identità da un oggetto a se stesso). Molte delle categorie che considereremo saranno categorie di insiemi ; ciò significa che gli oggetti sono insiemi con qualche struttura supplettiva di tipo precisato, come una topologia e/o una o più operazioni (di gruppo, anello,...) e che i morfismi sono particolari applicazioni tra tali insiemi, quelle che rispettano tali strutture. Si hanno così oltre alla categoria degli insiemi, quella degli spazi topologici, dei gruppi, degli spazi vettoriali su un corpo fissato, ma anche quelle delle varietà differenziabili o analitiche complesse o vari tipi di categorie di varietà algebriche (affini, proiettive, su quale corpo base, irriducibili,...). Un esempio di uso del linguaggio delle categorie per compattificare enunciati o definizioni è il seguente. Sia (X, ) un insieme semiordinato; ossia è una relazione sull insieme X che verifica le proprietà transitiva (x y e y z x z), riflessiva (x x per ogni x) ed antisimmetrica (x y e y x x = y). Essa può essere considerata come una categoria prendendo come oggetti gli elementi di X e prendendo come insieme di morfismi tra due oggetti x, y X un insieme Hom(x, y) costituito da un solo elemento se x y ed il vuoto altrimenti (non cè bisogno di precisare la composizione perchè per ragioni insiemistiche ve ne è una sola possibile). Ad esempio se T è uno spazio topologico, considereremo le categorie associate a: a) l insieme di tutti gli aperti non vuoti di T, semiordinato da b) l insieme di tutti gli intorni di un punto t T, semiordinato da c) l insieme di tutti i sottoinsiemi compatti di T, semiordinato da Vorremmo anche considerare l insieme dei ricoprimenti aperti di T come semiordinato dalla relazione U V se il secondo è più fine del primo; questa relazione 1

2 però non è antisimmetrica: ad esempio il ricoprimento di R 2 costituito da tutti i dischi aperti e quello costituito da tutti i quadrati aperti sono distinti ed ognuno più fine dell altro: un modo per estrarne un insieme semiordinato è quello di identificare tra loro ricoprimenti che siano ciascuno più fine dell altro. Nella teoria della coomologia di Cech considereremo anche: d) la categoria i cui oggetti sono i ricoprimenti di un dato spazio topologico e i morfismi di U = (U i ) i I in V = (V j ) j J sono le mappe di raffinamento ossia le ν : J I tali che V j U ν(j) per ogni j J. Un insieme parzialmente ordinato (X, ) è detto diretto se per ogni x, y X esiste z X tale che x z ed y z; così è ad esempio nei casi b),c) e d) appena descritti. Un funtore da (X, ) in una categoria A è allora detto un sistema diretto in A indicizzato da (X, ). Ad esempio se A è la categoria dei gruppi, significa aver assegnato per ogni x X un gruppo G(x), per ogni coppia x, y X con x y un omomorfismo ry x : G(x) G(y) in modo tale che ogni rx x sia l identità su G(x) e che se x y z allora rz y ry x = rz x. Un oggetto di questo tipo compare ad esempio quando si vuole associare ad uno spazio complicato un invariante algebrico che si sa definire per spazi più semplici che lo approssimano in qualche modo. Chiariamo questo punto con un esempio. Sia T un sottoinsieme connesso di R n ; scelto un punto base T è definito π 1 (T, ). Se T è topologicamente complicato (ad esempio non è connesso per archi), tale invariante può dare scarse informazioni. Consideriamo allora l insieme diretto U degli aperti connessi di R n che contengono T semiordinato da ed associamo ad ogni suo elemento U il gruppo π 1 (U, ). Se U V ossia U V si ha un omomorfismo naturale ru V : π 1(V, ) π 1 (U, ); ciò non dà però un sistema diretto perché le frecce vengono invertite: in effetti abbiamo costruito un funtore da U in {Gruppi} ma esso invece che covariante è controvariante. In tal caso si parla di sistema inverso indicizzato da U: tale tipo di sistemi sono più complicati di quelli diretti e non verranno utilizzati nel corso. Per far divenire covariante il funtore π 1 si può comporlo con uno contravariante in modo da ristabilire il giusto verso delle frecce : ad esempio, fissato un gruppo abeliano A, si può associare ad U U il gruppo H(U) = Hom(π 1 (U, ), A) (si noti che si sceglie A abeliano per avere una struttura di gruppo su H(U): un sistema diretto sarebbe definito comunque, ma non a valori nella categoria dei gruppi). Facendo divenire U U sempre più piccolo, ossia sempre più stretto attorno a T, l invariante H(U) varierà trasformato per un omomorfismo: certi elementi distinti diverranno uguali ed altri ne potranno comparire. Si può parlare di un gruppo limite che dia quindi un inviante definitivo di T, indipendente dal grado di approssimazione dato dai vari elementi di U ma che si ricorda il più possibile di essi? Traducendo formalmente tale richiesta si arriva alla seguente definizione: Sia (X, ) un insieme diretto e G la categoria dei gruppi. Un omomorfismo di un sistema diretto (G(x)) x X a valori in G in un gruppo G è un sistema di omomorfismi σ(x) : G(x) G tali che per x y l omomorfismo σ(x) sia la composizione di σ(y) con l omomorfismo (del sistema) G(x) G(y); in pratica significa aver trasformato in modo naturale il sistema variabile in uno costante (tecnicamente si parla di trasformazione naturale del funtore dato in uno costante ). Diremo che esso è un limite diretto del sistema dato se per ogni altro omomorfismo di G(x) x X in un gruppo W è ottenibile componendo gli 2

3 omomorfismi σ(x) con un univocamente determinato omomorfismo di G in W. Si dimostra facilmente che un tale limite esiste sempre e che è univocamente determinato a meno di isomorfismi: si prende l unione disgiunta di tutti i G(x) per x X; si identifica quindi ogni g G(x) con un g G(y) se e solo se esiste uno z X preceduto sia da x che da y e nel quale g e g vanno nello stesso elemento. Si definisce quindi una operazione sul quoziente G associando alla classe di un g G(x) e di un y G(y) la classe del prodotto delle loro immagini in un G(z) con x z e y z e si verifica tutto quel che c è da verificare. Stessa cosa accade per sistemi diretti di anelli, spazi vettoriali ecc.... Nel caso descritto sopra di un sottospazio T R n il gruppo trovato sarà indicato con Ȟ1 (T, A) e detto primo gruppo di coomologia di Cech a coefficienti in A. Prefasci. Altre nozioni che vengono introdotte rapidamente utilizzando il linguaggio delle categorie sono le seguenti. Un prefascio di gruppi su uno spazio topologico X è un funtore dalla categoria degli aperti (non vuoti) di X nella categoria dei gruppi. Analoga definizione per prefasci di anelli od altra categoria. Ad esempio associando ad ogni aperto di X l anello delle funzioni continue a valori reali su esso si ottiene un prefascio di anelli (o megio di R algebre) che viene indicato con C(X); se X è una varietà differenziabile, si può considerare il prefascio delle funzioni differenziabili, indicato con E(X). Eventualmente si possono considerare le funzioni (continue, differenziabili,...) a valori complessi ottenendo fasci di C algebre. Ad ogni prefascio associamo un altro oggetto che si dice fascio associato nel modo che segue. Sia F un prefascio sullo spazio topologico X. Per ogni x X consideriamo l insieme diretto degli intorni aperti di x in X; il prefascio F ristretto ad esso dà un sistema diretto il cui limite F x sarà detto la spiga su x; per U intorno aperto di x in X l immagine di f F(U) in F x sarà detta il suo germe in x e sarà indicato con f x. Se si ha un prefascio di gruppi od anelli od altra simile struttura algebrica, anche la spiga sarà dotata di una struttura dello stesso tipo. Introduciamo ora sull unione disgiunta ˆF degli (F x ) x X una topologia assegnando come base gli insiemi del seguente tipo: per U X ed f F(U) prendiamo l insieme dei germi determinati da f nei punti di x. Con tale topologia la proiezione canonica π : ˆF X che ad ogni germe associa il punto in cui risiede è un omeomorfismo locale. (Attenzione al fatto che anche se X è di Hausdorff, non è detto che ˆF, che è a lui localmente omeomorfo, sia anch esso di Hausdorff: ad esempio per X = R il prefascio delle funzioni continue o quello delle differenziabili non danno spazi di Hausdorff; lo dà invece quello delle analitiche reali, perchè vale il principio di identità). Se sul prefascio F sono definite delle operazioni (cioè è un prefascio di gruppi o anelli...) esse sono definite su ˆF solo parzialmente: sono eseguibili solo tra elementi che appartengono alla stessa spiga; ciononostante ha senso chiedersi se sono continue: ed in effetti lo sono automaticamente e ciò completa le proprietà caratterizzanti i fasci. Infatti diremo fascio di gruppi su uno spazio topologico X il dato di: - uno spazio topologico G con una applicazione π : G X che sia un omeomorfismo locale - una struttura di gruppo su ogni fibra G x = π 1 (X) che sia continua per la topologia di G. Analoga definizione per fasci di anelli od altre strutture algebriche. Mostriamo ora come dato un fascio π : F X si possa ottenere un prefascio su X con una costruzione quasi inversa della precedente: sia U un sottoin- 3

4 sieme di X; una sezione di F su U è una applicazione continua s : U F tale che π s(x) = x per ogni x U (insomma s associa, in modo continuo, ad ogni x U un elemento della spiga di F su x). L insieme di tali sezioni viene indicato con Γ(U, F) e se V U si ha un ovvio omomorfismo di restrizione rv U ; se delle operazioni sono definite sul fascio, esse si trasportano poi su tali oggetti e le restrizioni suddette sono omomorfismi. Associando ad ogni aperto U di X le sezioni su esso di F si ha quindi un prefascio con lo stesso tipo di strutture algebriche date su F e che indicheremo con Γ(F). E facile verificare che il fascio associato a Γ(F) è isomorfo al fascio F da cui siamo partiti; ciò permette di identificare un fascio col prefascio delle sue sezioni; un prefascio H sarà (isomorfa a uno) di questo tipo, e sarà allora detto canonico, se e solo data comunque una famiglia di aperti (U i )i I la cui unione è U è vero che: 1. se h H(U) verifica ru U i h = 0 per ogni i I allora h = 0 2. dati degli h i H(U i ) tali che per ogni i, j I con U ij = U i U j si abbia r Ui U ij h i = r Uj U ij h j, esiste allora h H(U) tale che ru U i h = h i per ogni i I Queste condizioni potrebbero essere sinteticamente espresse dicendo che gli elementi globali sono determinati da proprietà locali. Nota bene Nella discussione appena svolta, abbiamo indicato come si possano identificare i fasci con i prefasci canonici. Bisogna però fare attenzione al seguente fatto: una successione corta di fasci di gruppi 0 F F F 0 su uno spazio topologico X è esatta se e solo se per ogni x X è esatta la associata successione di gruppi costituita dalle spighe sul punto x di tali fasci. Passando al prefascio (canonico) delle sezioni si ottiene una successione di prefasci che in generale non è esatta. Ora a livello di prefasci è normale definire esatte le successioni che lo sono per ogni fissato aperto dello spazio base. Quindi nella identificazione tra fasci e prefesci canonici le nozioni di successione esatta sono generalmente diverse. Anzi è proprio questo fenomeno che viene analizzato dalla coomologia dei fasci. Le verifiche che abbiamo tralasciato di fare sono tutte di tipo elementare; ma è evidente come questo linguaggio tende ad essere logorroico (ciò accade del resto spesso nella sistematizzazione dei linguaggi di base); una volta fatto lo sforzo di essersi assuefatti ad esso si acquista però in concisione ed anche precisione nel descrivere cosa si fa. Basta stare attenti a non farsi prendere la mano: ognuno deve approfondire questo linguaggio nei modi che sono a lui più soddisfacienti. In ogni caso, se si vuole avere accesso alla letteratura moderna su argomenti di geometria algebrica, almeno un pò va sicuramente imparato. Il linguaggio dei fasci in geometria analitica Sia X una varietà analitica complessa di dimensione n che supporremo connessa e sia O(X) = O il fascio dei germi di funzioni olomorfe su essa. Esso è un fascio di anelli locali noetheriani regolari, infatti ognuno di essi isomorfo all anello C{z 1,..., z n } delle serie convergenti in n variabili. A partire da esso costruiamo una serie di altri fasci : - il fascio dei germi di funzioni meromorfe M: per ogni aperto U X sia M(U) l anello dei quozienti dell anello O(U) delle funzioni olomorfe su U rispetto all insieme moltiplicativamente chiuso dei non divisori di zero, ossia degi elementi che non sono identicamente nulli su alcuna componente connessa di X. 4

5 In generale esso non è un prefascio canonico: non è detto infatti che una funzione meromorfa su X possa scriversi come quoziente di due funzioni olomorfe definite su tutto U. Ad esempio per X = P n, ogni rapporto φ = F/G tra polinomi F, G omogenei dello stesso grado d, con G non identicamente nulla, può essere interpretata come una funzione meromorfa su P n : infatti sull aperto U i ove l i esima coordinata z i è non nulla, f i = F/z d i e g i = G/z d i sono funzioni olomorfe con g i non divisore di zero e su U i U j si ha f i g j = f j g i. Ma essa è un rapporto tra funzioni olomorfe globali solo se è costante, perché P n è compatta ed ha quindi solo le costanti come funzioni olomorfe globali. - i fasci O e M sono definiti come i fasci moltiplicativi dei due precedenti; ossia i fasci di gruppi degli elementi localmente invertibili di O e M: ad ogni aperto U associamo i gruppi moltiplicativi degli elementi invertibili negli anelli O(U) e rispettivamente in M(U). - introduciamo altri due fasci definendoli per mezzo delle successioni esatte: 0 O M P 0 0 O M D 0 intese rispettivamente come successioni di gruppi additivi e moltiplicativi: P è in fascio delle ripartizioni e D quello dei divisori su X. Il significato geometrico di D può essere descritto nel seguente modo: la spiga in un punto x X è il gruppo degli ideali frazionari invertibili del corpo M x (è sostanzialmente la definizione); un elemento D Γ(U, D) è rappresentabile dando un ricoprimento aperto (U i ) i I di U, per ogni i I una coppia di funzioni olomorfe f i, g i su U i non identicamente nulle su alcuna componente connessa di U i e tali dati soddifacienti su ogni intersezione non vuota U i U j la relazione f i g j = f j g i, modulo un fattore moltiplicativo olomorfo invertibile. Tali coppie possono essere cambiate per introduzione o eliminazione di un fattore moltiplicativo comune anche non invertibile purché non divisore di zero. Per ogni fissato x U i possiamo quindi supporre che f i, g i siano scelte in modo da non avere fattori primi a comune nell anello dei germi olomorfi in x; ma ciò potrebbe non essere vero in qualche altro punto di tale aperto. Si può comunque dimostrare che se due funzioni olomorfe sono prime tra loro in un punto, allora lo sono anche in tutti i punti di un qualche suo intorno (ciò è immediato se dim(x) = 1 ma richiede l uso del teorema di preparazione di Weierstrass in dimensione maggiore). Ne segue che tale dato può essere trovato, su un ricoprimento eventualmente più fine di quello dato, di modo ché per ogni i I le funzioni f i e g i siano prime tra loro in ogni x U i. Allora dalla relazione f i g j = f j g i modulo invertibili, si deduce che f i e f j si dividono l un l altra come funzioni olomorfe e lo stesso accade per le g i, g j ; ciò equivale a dire che i dati (f i, 1) e (g i, 1) sul ricoprimento assegnato definiscono due divisori positivi D + e D che sono primi tra loro in ogni punto di X di cui D è la differenza. Proseguendo con queste considerazioni si arriva ad interpretare un divisore come una somma formale n λ Y λ con gli n λ interi relativi e le Y λ una famiglia di ipersuperfici irriducibili (eventualmente singolari) in X che sia localmente finita nel senso che ogni compatto può intersecare solo un numero finito di esse. - sia D un divisore su X dato su un ricoprimento (U i ) da un sistema di dati (f i ) con f i meromorfa su U i. Per U aperto in X consideriamo l insieme delle funzioni olomorfe h O(U) tali che h f i sia olomorfa su U U i per ogni i I. Si ottiene così un fascio di O moduli che indichiamo con O(D); si verifica direttamente 5

6 che esso è localmente libero di rango uno: ossia che gli aperti U di X per i quali esiste un isomorfismo tra le restrizioni di O e O(D) ad esso, costituiscono un ricoprimento di X. Esattezza di funtori Considereremo solo categorie abeliane, ossia quelle in cui i morfismi hanno nucleo, conucleo, immagine... (e si può quindi parlare di successioni esatte) e nelle quali sono possibili certe costruzioni come ad esempio il prodotto tra due oggetti. Ne sono esempi la categoria dei moduli su un anello commutativo e quella dei fasci di gruppi abeliani su uno spazio topologico X (o quella dei fasci di moduli su un fascio di anelli fissato, come il fascio dei germi di funzioni differenziabili, o analitiche o algebriche...). Sono escluse tra le altre quella dei moduli liberi su un dato anello (a meno che esso non sia un corpo) e quella dei fibrati vettoriali su un dato spazio (topologico, analitico...); infatti su esse certe costruzioni necessarie allo sviluppo della teoria (come ad esempio quella di passaggio al quoziente) non sono sempre definite. Sia φ : A B un morfismo in una tale categoria e supponiamo che esso abbia una inversa sinistra, ossia che esista un morfismo f : B A tale che f φ sia l identità su A. Allora non solo φ è iniettiva, ma tale rimane applicando un qualunque funtore (covariante) T : infatti T (φ) avrà T (f) come inversa sinistra. Questa condizione è quindi più forte della semplice iniettività, la quale può essere persa applicando un funtore (ad esempio il morfismo tra Z moduli φ : Z Z dato dalla moltiplicazione per 2 è iniettivo ma tale non rimane tensorizzando (su Z) per Z/2Z). Un oggetto A è detto iniettivo se ogni morfismo φ : A B che è iniettivo è anche fortemente iniettivo nel senso che possiede una inversa sinistra. Dualmente supponiamo che φ : A B abbia una inversa destra, ossia che esista f : B A tale che φ f sia l identità su B; allora non solo essa è surgettiva ma tale rimane anche trasformando con un qualsiasi funtore T (covariante) perché T (φ) avrà T (f) come inversa destra. Un oggetto B è detto proiettivo se ogni morfismo surgettivo φ : A B è automaticamente fortemente surgettivo nel senso che ha una inversa destra. Possiamo riformulare ciò nel modo che segue. Sia data in una categoria C una successione esatta corta : (1) (1) H j G σ W (1) Uno spezzamento a destra di (1) è un morfismo ν : W G tale che σ ν = id W, ossia una inversa destra di σ; uno spezzamento a sinistra di (1) è un morfismo τ : G H tale che τ j = id H. Supponiamo che C sia la categoria dei gruppi, non necessariamente abeliani. Asserzione 1. Se (1) spezza a sinistra, esiste un isomorfismo di G con H W per il quale la j diviene l inclusione H h (h, 1) H W e σ diviene la proiezione H W (h, w) w W. Dim. Siano H = ker(σ) e W = ker(τ). Si ha: 1. H W = (1) Infatti sia x kerσ; esiste allora h H tale che j(h) = x. Se x è anche in ker(τ) si ha 1 = τ(x) = τ j(h) = h; quindi x = j(1) = Per ogni z G esistono h H e w W tali che z = h w 6

7 Infatti si prenda h = j(τ(z)) e w = j(τ(z 1 )) z. 3. Per h H e w W si ha h w = w h. Dim. Per quanto visto in 1. basta verificare che x = hwh 1 w 1 viene mandato in 1 sia da σ che da τ. Asserzione 2. Se la (1) spezza a destra e G è abeliano (quindi anche H e W lo sono) allora (1) è equivalente alla somma diretta tra H e W, ossia esiste un isomorfismo tra G e H W per il quale j diviene l inclusione H h (h, 0) H W e σ diviene la proiezione H W (h, w) w W. Nel caso generale (G non abeliano) si può solo dire che ogni elemento di G si scrive in uno ed un solo modo come prodotto di un j(h) per h H e di un ν(w) per un w W ottenendo così una bijezione tra H W e G, ma questa non sarà generalmente un isomorfismo. Infatti il prodotto esistente in G, trasportato su H W tramite tale bijezione, sarà in genere torto da una azione di W su H (precismente: quella data dagli automorfismi interni determinati in G da elementi del tipo ν(w) per w W, per i quali H,o meglio: la sua immagine tramite j, è stabile). Quanto visto per gruppi abeliani vale poi in ogni categoria abeliana: una successione esatta corta che spezzi a sinistra o a destra è isomorfa a quella associata ad una somma diretta. Un oggetto P di una categoria abeliana è detto proiettivo se e solo se ogni successione esatta corta che termina con lui spezza a destra. Un oggetto I è detto iniettivo se ogni successione esatta corta che inizia con lui spezza a sinistra. Si hanno le seguenti caratterizzazioni: Proposizione 1 Per un modulo P su un anello commutativo A le seguenti proprietà sono tra loro equivalenti: 1. per ogni morfismo φ : P N ed ogni morfismo surgettivo σ : M N esiste un morfismo ψ : P M tale che σ ψ = φ 2. ogni morfismo surgettivo M P ha inversa destra 3. esiste un A modulo Q tale che P Q è libero Dimostriamo solo che (le altre implicazioni sono più ovvie). Costruiamo il prodotto fibrato tra σ e φ. In termini funtoriali ciò significa costruire una terna (W, α, β) ove W è un oggetto della categoria, α : W P e β : W M sono morfismi tali che σ β = φ α e tale terna deve verificare la seguente proprietà: per ogni altra terna (W, α, β ) dello stesso tipo della (W, α, β) (ossia morfismi α : W M e β : W P tali che σ β = φ α ) esiste uno ed un solo morfismo χ : W W tale che α = α χ e β = β χ. Nella categoria degli A moduli tale prodotto fibrato si trova prendendo in P M il sottomodulo delle coppie (p, m) tali che φ(p) = σ(m) prendendo poi come α, β le restrizioni delle proiezioni canoniche sui fattori. E facile verificare nelle ipotesi di 1. che α : W P è surgettiva, quindi per la 2. ha una inversa destra ν. Allora il morfismo ψ = β ν verifica quanto richiesto: infatti σ (β ν) = (σ β) ν = (φ α) ν = φ (α ν) = φ. Il prodotto fibrato esiste anche in ogni categoria abeliana; che sia unico, a meno 7

8 di isomorfismi, è formalmente implicito nella sua definizione. Si osservi che la definizione data di prodotto fibrato è un pò lunga (e apparentemente pedante) ma ha una connotazione che la caratterizza come definizione di tipo funtoriale: gli oggetti sono definiti non in se ma solo per come interagiscono con gli altri; c è una analogia col modo in cui certa fisica è costruita: non interessa tanto ciò che c è dentro una scatola quanto il modo in cui la scatola interagisce con le altre. In una categoria abeliana qualsiasi, le proprietà 1. e 2. della proposizione precedente rimangono equivalenti. Si noti invece che la terza non ha in genere significato: non sono infatti definiti in generale cosa sono gli oggetti liberi. Per quanto riguarda la caratterizzazione degli iniettivi vale la seguente proposizione duale della precedente (non c è la corrispondente della 3. perché tra gli A moduli non c è la nozione duale di A modulo libero): Proposizione 2 Per un A modulo I sono equivalenti le seguenti proprietà: 1. per ogni morfismo iniettivo ν : N M e per ogni morfismo φ : N I esiste un morfismo ψ : M I tale che ψ ν = φ (ossia ogni omomorfismo definito su un sottomodulo di M ed avente valori in I si estende a tutto M) 2. Ogni morfismo iniettivo I M ha inversa sinistra La dimostrazione di si fa costruendo la somma amalgamata di ν e φ: nozione duale di quella di prodotto fibrato. Nella categoria dei moduli su un anello A si ottiene prendendo la somma diretta tra I e M e quozientando per il sottomodulo formato dagli elementi del tipo (ν(n), φ(m) per n N e prendendo per morfismi I W e M W le composizioni delle immersioni canoniche nella somma diretta composte con il passaggio al quoziente. Allora I W è iniettiva, quindi spezza quindi... (la dimostrazione è la duale di quella fatta per i proiettivi). Omologia di un complesso Un complesso A in una categoria abeliana A è una coppia (X, d) ove X è in A e d : X X verifica d d = 0. Allora H(X) = ker(d)/im(d) è detto l omologia del complesso. Un morfismo di un complesso (X, d) in un altro (Y, d) è un morfismo φ : X Y per cui d φ = φ d; in tal caso si ha un morfismo naturale φ : H(X) H(Y ). Il passaggio all omologia è un funtore da C = {complessi in A} in A. Due morfismi φ, ψ di (X, d) in (Y, d) sono detti omotopi se esiste un morfismo Σ : X Y (come oggetti di A, non come complessi) tale che Σ d+d Σ = φ ψ. Se ciò accade allora φ = ψ : H(X) H(Y ). L omotopia è una relazione di equivalenza tra morfismi di (X, d) in (Y, d) che è compatibile con le composizioni; si può quindi considerare la categoria C h dei complessi in A a meno di omotopia. Un funtore T da A in un altra categoria abeliana B trasforma un complesso (X, d) in A in un complesso (T (X), d) in B. Se φ, ψ : (X, d) (Y, d) sono due morfismi tra complessi in A ed è φ = ψ : H(X) H(Y ), non è detto che si abbia T (φ) = T (ψ) ; ciò accade però se φ, ψ sono omotopicamente equivalenti, perché allora anche T (φ) e T (ψ) lo sono. In particolare la condizione di equivalenza omotopica tra complessi è stabile per trasformazioni funtoriali. Teorema 3 Per ogni successione esatta corta 0 X j X α X 0 esiste 8

9 un morfismo δ : H(X ) H(X ) tale che sia esatta la successione:... H(X ) H(X) H(X ) δ H(X )... tale δ è naturale nel senso che ha le proprietà funtoriali sulla categoria delle successioni esatte corte; precisamente è una trasformazione naturale del funtore H(X ) nel funtore H(X ) Graduazioni Siano X = + X n e Y = + Y n oggetti graduati; se φ : X Y è un morfismo esso è detto omogeneo di grado l se φ(x n ) Y n per ogni n. Un complesso di catene è un complesso graduato X = + X n in cui d è omogeneo di grado 1 ed X n = (0) per ogni n < 0. Allora si ha una graduazione anche sull omologia H(X) = + 0 H n (X). Un complesso di catene è aciclico se H n (X) = (0) per ogni n > 0, ossia se è esatta la successione X 0 X 1... Un complesso di cocatene è un complesso graduato X = + Xn in cui d ha grado +1 ed X n = (0) per ogni n < 0; si ha in tal caso una decomposizione H(X) = n 0 H n (X) ove H n (X) viene detta coomologia di grado n. Nota. Se 0 X X X 0 è una successione esatta di complessi di catene in cui i morfismi sono omogenei di grado zero, si ha una successione esatta lunga:... H n (X ) H n (X) H n (X ) δ H n 1 (X )... ossia la trasformazione naturale δ è omogenea di grado 1. Analoga situazione per i complessi di cocatene nel qual caso il grado di δ è +1. Dato un complesso (X, d) nella categoria dei moduli su un anello (commutativo) A si ha un complesso duale (X, d) ove X = Hom(X, A), l operatore di differenzazione essendo il trasposto di quello su X. Attenzione: quasi sempre X sarà graduato, quindi la somma diretta di vari A moduli. in tal caso come complesso duale si prende la somma diretta dei duali dei fattori di X. In tal modo anche X sarà graduato ma con frecce rovesciate: se X è un complesso di catene allora X sarà un complesso di cocatene. Si osservi che con questa definizione, generalmente X coincide con Hom(X, A) se e solo se il modulo graduato X ha solo un numero finito di componenti non nulle. La coomologia H (X) di un complesso (X, d) è definita come l omologia del complesso duale di X. La coomologia può apparire una sorta di duale dell omologia. Diamo qualche precisazione su questo punto. Si ha (per definizione di X ) un accoppiamento di dualità che è una applicazione bilinare X X A; come si verifica facilmente questa induce una applicazione bilineare H (X) H(X) A che corrisponde (per contrazione) ad una applicazione lineare ν : H (X) (H(X)). Se l anello A è un corpo tale ν è sempre un isomorfismo, cioè le operazioni di passaggio al duale e passaggio all omologia sono tra loro intercambiabili. Ma se A non è un corpo ciò non è più vero. 9

10 Un esempio con A = Z: sia 0 Z α Z Z/2 Z 0 la successione esatta in cui α è la moltiplicazione per 2; essa può essere pensata come un complesso X di catene ove X 2 = X 1 = Z, X 0 = Z/2 Z) e tutti gli altri fattori sono nulli. La sua omologia è nulla (la successione è esatta) ma dualizzando (cioè passando al complesso duale) essa non è più esatta: si ha così che H (X) è non nulla (ha la componente di grado due isomorfa a Z/2 Z). Risoluzioni proiettive e iniettive Una successione esatta 0 A X 0 X 1... è detta una risoluzione destra di A; essa può essere pensata come un complesso di catene aciclico X = X n con una identificazione fissata di H 0 (X) con A. Essa è detta una risoluzione proiettiva se ogni X n è proiettivo. Teorema 4 Sia φ : A B un morfismo e siano P = (P n ) e Q = (Q n ) due risoluzioni a destra di A, B. Se P è proiettiva, esistono morfismi φ n : P n Q n per i quali è commutativo il diagramma: (0) A P 0 P 1... φ φ 0 φ 1 (0) B Q 0 Q 1... (ossia (φ n ) : P Q è un morfismo di complessi di catene che induce φ sull omologia di grado zero). Inoltre tali (φ n ) sono univocamente determinate a meno di omotopia. Corollario 5 Sia P la categoria dei complessi di catene P = P n che sono aciclici e proiettivi e P 0 l associata categoria delle classi di omotopia di tali complessi. Il funtore che associa ad ogni P P la sua omologia H 0 (P ) di grado zero, induce una equivalenza di categorie tra P 0 e la categoria degli oggetti che ammettono una risoluzione proiettiva. Proposizione 6 Ogni successione esatta corta 0 A A A 0 si solleva ad una successione esatta corta di loro risoluzioni proiettive. Anzi comunque scelte risoluzioni proiettive P, P di A, A, esiste una struttura di complesso di catene su P = P P, per la quale l iniezione P P P e la proiezione P P P sono morfismi di complessi; la struttura su P è univocamente determinata a meno di omotopia da tale condizione Una risoluzione a sinistra di un A A è un complesso di cocatene aciclico per il quale sia stata fissata una identificazione tra H 0 (X) ed A; una risoluzione X di A è iniettiva se ogni X n è iniettivo. Valgono le analoghe delle proprietà sopra enunciate per le risoluzioni proiettive. Una categoria ha abbastanza iniettivi (risp. proiettivi) se ogni oggetto ha una risoluzione iniettiva (risp. proiettiva). Per la categoria dei moduli su un anello R è facile verificare che ha abbastanza proiettivi: infatti gli R moduli liberi sono anche proiettivi ed ovviamente ogni modulo è quoziente di un libero; è anche vero che vi sono abbastanza iniettivi, ma ciò è un pò meno ovvio (corrispondono 10

11 ai moduli divisibili ). Al contrario, per la categoria dei fasci di gruppi abeliani si hanno abbastanza iniettivi ma non abbastanza proiettivi. Funtori esatti a sinistra o a destra Un funtore da A ad un altra categoria abeliana B è esatto se porta successioni esatte in successioni esatte; per verificare che ciò accade è sufficiente verificare che ogni successione esatta corta viene trasformata in una esatta corta (si spezzi A A A in tre successioni esatte corte). Se X è un complesso in A (graduato o no) e T è un funtore esatto allora si ha un isomorfismo naturale T (H(X)) H(T (X)). Un funtore è esatto a destra se trasforma morfismi surgettivi in surgettivi; è esatto a sinistra se trasforma morfismi iniettivi in iniettivi. Ad esempio sia A la categoria dei moduli su un anello R e fissato un R modulo B consideriamo il funtore T (A) = B R A; esso è esatto a destra ma in generale non è esatto: infatti ad esempio la moltiplicazione per 2 di Z in se è iniettiva ma non lo rimane se tensorizzata per Z/2Z. Invece il funtore Hom(B, ) che applica A in Hom(B, A) è esatto a sinistra ma in generale non a destra: ad esempio sugli Z moduli si consideri B = Z/2Z ed il morfismo surgettivo Z Z/2Z. Per funtori contravarianti, diremo esatto a destra un funtore che trasforma morfismi surgettivi in iniettivi ed esatto a sinistra uno che porta morfismi iniettivi in surgettivi. Ad esempio sulla categoria dei moduli su un anello R sia fissato un B; allora il funtore Hom(, B) che ad A associa Hom(A, B) è esatto a destra ed in generale non esatto a sinistra. Funtori associati Sia T : A B un funtore covariante tra categorie abeliane e supponiamo che A abbia abbastanza proiettivi. Per ogni oggetto A si scelga una sua risoluzione proiettiva P = (P n ); quindi T (P ) = (T (P n )) è un complesso di catene in B. essendo P univocamente determinata da A a meno di omotopia, anche T (P ) lo è; in particolare l omologia H n (P ) per n 0 dipende solo da A: per quanto visto sopra esso costituisce un funtore che indichiamo con T n. Si noti che si ha un morfismo ɛ : T (A) T 0 (A) (o meglio una trasformazione naturale del funtore T nel funtore T 0 ); Se T è esatto a sinistra ɛ è un isomorfismo e scriveremo T = T 0. Sia 0 A A A 0 una successione esatta in A e siano P, P risoluzioni proiettive di A, A. Con un facile argomento induttivo si mostra che esistono morfismi P n P n P n 1 P n 1 per i quali P = P P sia una risoluzione (proiettiva) di A. La successione lunga di omologia di 0 P P P 0 dà quindi una successione esatta: T n(a ) T n (A) T n (A ) T n 1 (A ).. T 0 (A ) T 0 (A) T 0 (A ) Se T è esatto a destra in tale successione si possono sostituire i T 0 con T e la successione rimane esatta aggiungendo uno zero a destra. In tal caso i T n possono essere chiamati funtori di omologia di T. Dualmente si definiscono per n 0 funtori associati T n a T se in A vi sono abbastanza iniettivi, con una successione esatta lunga indotta da ogni successione esatta corta in A. Se T è esatto a sinistra si hanno identificazioni T (A) T 0 (A) e la successione esatta lunga è completabile con uno zero (a sinistra); i funtori T n saranno in tal caso detti funtori di coomologia di T. Proposizione 7 (Teorema di de Rham astratto) Sia T un funtore esatto a destra e X = (X n ) una risoluzione a destra aciclica 11

12 di un oggetto A. Allora si hanno isomorfismi H n (X) T n (A) per n 0 Analogo risultato per funtori esatti a sinistra e coomologia. Coomologia di Cech Vediamo un altro modo di affrontare la non esattezza a destra del funtore delle sezioni globali di un fascio. Sia 0 F j σ F F 0 una successione esatta di fasci su uno spazio topologico X. Allora: 0 Γ(X, F) j Γ(X, F) σ Γ(X, F ) è esatta ma in generale l ultimo morfismo non è surgettivo. Dato f Γ(X, F ) cerchiamo di vedere quando è possibile costruire un f con σ(f) = f, sperando di esplicitare delle condizioni che possano essere interpretate come ostruzioni a tale sollevamento. Sappiamo che localmente tale f è sollevabile su F: esiste quindi un ricoprimento U = (U i ) i I e degli elementi f i di F su U i con σ(f i ) uguale alla restrizione di f ad U i. In generale f i non coinciderà con f j su U i U j ; essi possono essere cambiati aggiungendo ad f i un j(f i ) appartenete ad F su U i ; si avrà f i + j(f i ) = f j + j(f j ) su U i U j se avviene che j(f i ) j(f j ) = f j f i ; siccome f i f j va a zero in F, anche esso può essere scritto come j di un elemento di F su U i U j, eventualmente restringendo il ricoprimento dato. Quanto sopra può servire come giustificazione delle definizioni che seguono. Siano X uno spazio topologico (per ora qualsiasi) ed F un fascio di gruppi abeliani su esso. Sia fissato un ricoprimento aperto U = (U i ) i I di X (anche per esso, per il momento, non facciamo nessuna richiesta particolare). Per ogni dato p N, diremo p cocatena su U a coefficienti in F ogni ω che assegni ad ogni (p+1) upla (i 0, i 1,..., i p ) di elementi di I tali che U i0... U ip una sezione ω(i 0,..., i p ) di F sull aperto U i0... U ip. L insieme di tali cocatene costituisce un gruppo che indicheremo con C p (U, F). Definiamo inoltre degli omomorfismi da p cocatene a (p + 1) cocatene (che per ragioni di semplicità grafica indicheremo tutti con lo stesso simbolo δ, senza distinguerli con qualche indice) definiti nel modo seguente: data ω C p (U, F) la (p + 1) cocatena δω associa ad una (p + 2) upla i 0,..., i p+1 in I tale che U i0... U ip+1 la sezione ω(i 0,..., i p+1 ) di F su U i0... U ip+1 somma per h = 0,..., p + 1 delle restrizioni a tale aperto delle ( 1) h ω(i 0,..., iˆ h,..., i p+1 ) (ove il simbolo ˆ significa eliminare quello scritto sotto di lui ). Si verifica che δ δ : C p 1 C p+1 è l omomorfismo nullo, ossia che quanto definito costituisce un complesso (di cocatene). La sua coomologia (ossia le misure dei difetti di esattezza del complesso) sono detti gruppi di coomologia del fascio F sul ricoprimento U e sono indicati con la notazione H p (U, F). Sia V = (V j ) j J un altro ricoprimento aperto di X, che sia più fine di U: esistono cioè applicazioni ν : J I tali che per ogni j J sia V j U ν(j). Per ogni fissata tale ν, si hanno omomorfismi ν : C p (U, F) C p (V, F) ove se ω è una p cocatena su U allora ν (ω)(j 0,..., j p ) è la restrizione a V i0... V ip della sezione che ω definisce su U ν(j0)... U ν(jp). Tale ν commuta con gli operatori di bordo (ossia è un morfismo di complessi di cocatene) ed induce quindi momorfismi H p (U, F) H p (V, F); si verifica che questi ultimi morfismi non dipendono dalla particolare mappa di raffinamento ν utilizzata (infatti le varie ν sono tutte omotope tra loro). Ciò significa che gli H p (U, F) costituiscono dei sistemi 12

13 diretti sull insieme semiordinato dei ricoprimenti aperti di X: i limiti di tali sistemi vengono detti gruppi di coomologia di Cech del fascio F sullo spazio topologico X e sono indicati con Ĥp (X, F). Coomologia per spazi paracompatti Supponiamo che lo spazio X sia paracompatto, ossia che i suoi ricoprimenti localmente finiti costituiscano un sistema cofinale nell insieme diretto di tutti i ricoprimenti aperti (e quindi la coomologia di Cech sia calcolabile come limite sui ricoprimenti localmente finiti). Allora i gruppi di coomologia di Cech (di ogni fascio su X) coincidono con i funtori di coomologia definiti avanti tramite risoluzioni iniettive. In particolare ogni successione esatta di fasci induce una successione esatta lunga di coomologia. Per tali spazi potremo quindi indicare la coomologia senza l accentoˆ. I fatti seguenti permettono in molti casi di calcolare la coomologia di Cech. - Diremo che un fascio F ha partizioni dell unità se per ogni ricoprimento aperto U = (U i ) i I localmente finito di X esistono endomorfismi (φ i ) i I di F tali che: 1. il supporto di φ i è contenuto in U i per ogni i I (ossia per x al di fuori di un sottoinsieme chiuso contenuto in U i, φ i annulla ogni elemento della spiga di F su x) 2. la somma degli endomorfismi φ i è l automorfismo identità. Ad esempio i fasci di moduli sul fascio delle funzioni continue (a valori reali o complessi) o su quello delle funzioni differenziabili se X è una varietà, hanno partizioni del unità: gli endomorfismi φ potendo essere costruiti mediante moltiplicazione per funzioni continue (o differenziabili) formanti una partizione dell unità usuale per il dato ricoprimento. Teorema 8 Ogni fascio F che ha partizioni dell unità è aciclico, ossia si ha H p (X, F) = (0) per ogni p > 0. Ad esempio sia X una varietà differenziabile il cui fascio delle funzioni differenziabili indicheremo con E. Per p 0 il fascio delle p forme differenziabili su X, che indicheremo con A p, è un fascio di E moduli (ovviamente A 0 coincide con E); quindi ha partizioni dell unità e quindi è aciclico. Il seguente risultato del calcolo differenziale è probabilmente già conosciuto per p = 1: Teorema 9 (Lemma di Poincaré) Su R n una p forma è integrabile (ossia è il differeniale di una (p 1) forma) se e solo se ha differenziale nullo Corollario 10 (Teorema di de Rham) La successione di fasci R A 0 A 1... (ove il primo morfismo è l inclusione delle funzioni localmente costanti in quelle differenziabili ed i successivi sono gli operatori dei differenzazione) è una risoluzione aciclica del fascio R. Dal teorema di de Rham astratto si ottiene quindi che per ogni p N il gruppo (anzi: lo spazio vettoriale) H p (X, R) è isomorfo al quoziente delle p forme chiuse modulo le p forme esatte. 13

14 Un ricoprimento aperto U di X è detto aciclico per un fascio F se accade che H p (U, F) = (0) per ogni p > 0 ed ogni aperto U che sia una intersezione finita di elementi di U. Sia ha: Teorema 11 (Leray) Sia U aciclico per il fascio F. Allora per ogni p N l omomorfismo canonico H p (U, F) H p (X, F) è un isomorfismo Nella prossima dispensa mostreremo che su ogni aperto Ω di C, il fascio O delle funzioni olomorfe è aciclico. Di conseguenza se U è un ricoprimento aperto di una superficie di Riemann X fatto di aperti biolomorfi ad aperti di C allora la coomologia del fascio O su X coincide con quella calcolata su U. Esempi di utilizzo della coomologia dei fasci Siano X una superficie di Riemann ed O, M risp. i fasci dei germi di funzioni olomorfe risp. meromorfe su essa. Il quoziente P di O modulo M è detto fascio delle ripartizioni; esso è quindi definito dalla successione esatta: 0 O M P 0 La successione esatta di coomologia indotta contiene i termini: 0 Γ(O) Γ(M) Γ(P) H 1 (O)... Caratterizzare l immagine di Γ(M) Γ(P) è precisamente una riformulazione del problema di Cousin additivo. Quindi H 1 (O) apare come la sede dell ostruzione alla risolubilità di tale problema. Siano O, M risp. i fasci moltiplicativi degli elementi invertibilidei fasci O, M (quindi il primo è costituito dai germi di funzioni olomorfe a valori in C = C {0} mentre il secondo ta tutti i germi di funzioni meromorfe salvo quelle identicamente nulle). Il quoziente D del fascio M modulo O è detto fascio dei divisori; esso è caratterizzato dalla successione esatta: 0 O M D 0 cui è associata la successione di coomologia: 0 Γ(O ) Γ(M ) Γ(D) H 1 (O )... Caratterizzare l immagine di Γ(M ) Γ(D) è precisamente il problema di Cousin moltiplicativo. Il gruppo H 1 (O ) appare quindi come la sede dell ostruzione alla risolubilità di tale problema. I fasci O, O sono correlati da un morfismo surgettivo exp : O O ottenuto associando ad ogni germe di funzione olomorfa f il germe di e f. Il nucleo di tale omomorfismo può essere identificato all immagine del morfismo del fascio Z (ossia dei germi delle funzioni che sono localemente una costante intera) nel fascio O che ad n associano (il germe della funzione) 2πn. Si ha quindi una successione esatta di fasci: 0 Z O O 0 14

15 che fornisce la successione esatta di coomologia:.. Γ(O) Γ(O ) H 1 (Z) H 1 (O) H 1 (O ) H 2 (Z) H 2 (O).. Il gruppo H 1 (Z) appare quindi come sede dell ostruzione all esistenza di un logaritmo per funzioni olomorfe (globali) mai nulle; se X è compatta, essendo ogni funzione olomorfa globale costante, l ostruzione è identicamente nulla; di conseguenza l omomorfismo H 1 (Z) H 1 (O) è iniettivo. Dalla classificazione topologica delle superfici compatte si ottiene che salvo quelle omeomorfe a P 1, tutte le altre dovranno avere H 1 (O) 0. Infatti non è difficile mostrare che per spazi X buoni (ad esempio connessi e localmente contrattili) il gruppo H 1 (X, Z) è isomorfo al gruppo Hom(π 1 (X), Z) degli omomorfismi del gruppo fondamentale in Z; quindi per una superficie di Riemann compatta è isomorfo a Z 2g ove g è il genere di X. Mostriamo ora che elementi linearmente indipendenti di H 1 (X, Z) vanno in elementi linearmente indipendenti di H 1 (X, O); ne seguirà che quest ultimo è uno spazio vettoriale complesso di dimensione almeno g (in realtà, si può dimostrare che ha esattamente dimensione g su C). Infatti supponiamo che (n λµ ) rappresenti un elemento di H 1 (X, Z) su un ricoprimento U = (U λ ) λ Λ fatto di aperti connessi e che esso vada a zero in H 1 (U, O); quindi esistono funzioni olomorfe f λ : U λ C tali che 2πi n λµ = f µ f λ. Allora le parti reali delle f λ definiscono una funzione globale che è armonica (essendo localmente parte reale di una olomorfa): essa è quindi costante (per il principio del massimo) nel caso X sia compatta ; di conseguenza anche le parti immaginarie devono essere costanti e quindi la classe data dagli (n λ µ) va a zero in H 1 (U, R). D altra parte l omomorfismo H 1 (Z) H 1 (R) è iniettivo come mostra la successione di coomologia associata alla succesione esatta dei fasci di germi localmente costanti a valori risp. in Z, R, e S 1 = R/Z. Mostreremo tra poco che se X è un aperto di C allora H i (X, O) (0) per ogni i 1; si può anche dimostrare che in tal caso H 2 (X, Z) (0) (in realtà entrambi questi fatti sono veri per ogni superficie di Riemann che non sia compatta). Ne segue che in tal caso anche H 1 (X, O ) (0); quindi i problemi di Cousin, sia quello additivo che quello moltiplicativo sono sempre risolubili. Interpretazione di H 1 (X, O ) Sia F un fascio di O moduli, ossia un fascio di gruppi abeliani ogni cui spiga F x sia un modulo sulla spiga O x del fascio dei germi di funzioni olomorfe (con ipotesi di continuità dei prodotti per le topologie esistenti sui fasci); ad esempio O stesso o il fascio M dei germi di funzioni olomorfe. Diremo che esso è localmente libero di rango 1 se ogni punto di X possiede un intorno aperto sul quale F è isomorfo ad O. Dato un tale fascio, si fissino su un ricoprimento aperto U = (U i ) i I di X isomorfismi φ i tra le restrizioni F Ui e O Ui ; su ogni U i U j non vuoto, avremo quindi un automorfismo della restrizione del fascio O su U i U j. Esso deve essere deterinato da una sezione f ij di O su U i U j (il cambio di generatore del fascio O come modulo su se stesso. Avremo anche che su ogni U i U j U k (se non vuoto) sia f ij f jk = f ik e quindi tale sistema di f ij determina un elemento di H 1 (U, O ); in questo modo (dopo alcune verifiche elementari) si arriva a stabilire una corrispondenza biunivocatra H 1 (X, O) e i fasci localmente liberi di rango 1 sul fascio O (modulo isomorfismo). La struttura di gruppo esistente 15

16 su H 1 (X, O ) corrisponde a livello di tali fasci con l operazione di prodotto tensoriale di (fasci di) moduli. La successione esatta che definisce il fascio D dei divisori contiene la successione esatta:.. H 0 (M ) H 0 (D) H 1 (O ) H 1 (M ).. (la notazione H 0 equivale alla Γ che indica il gruppo delle sezioni globali). Descriviamo tali gruppi ed omomorfismi. - H 0 (M) è il gruppo moltiplicativo del corpo delle funzioni meromorfe su X. - H 0 (D) è il gruppo dei divisori di X: per definizione un elemento di esso è dato assegnando delle funzioni meromorfe (invertibili) f i su un ricoprimento (U i ) tali che su ogni U i U j le restrizioni di f i ed f j differiscano moltiplicativamente per un fattore olomorfo invertibile. Ne segue che i punti di zero e di polo delle varie f i e le molteplicità di queste sono le stesse. Quindi un divisore individua un insieme di punti in X (quelli di tali zeri e poli) che è privo di punti di accumulazione e su ogni elemento del quale è assegnato un intero (la molteplicità di zero in tale punto (contando i poli come zeri con molteplicità negativa). Se X è compatta quindi H 0 (D) coincide col gruppo libero abeliano generato sui punti di X. - come detto sopra, gli elementi di H 0 (O ) corrispondono ai fasci di O moduli localmente liberi di rango 1. - l omomorfismo H 0 (M ) H 0 (D) è quello che ad ogni funzione meromorfa (non identicamente nulla) associa la somma (formale) dei suoi punti di zero o di polo contati con le loro molteplicità. - l omomorfismo H 0 (D) H 1 (O ) sarà ora descritto associando ad ogni divisore D (interpretato come combinazione formale di punti di X a coefficienti interi che sia localmente finita) un ben preciso sottoprefascio O(D) del prefascio delle funzioni meromorfe su X e passando poi al fascio associato. Precisamente si dato un divisore D assegnando un sottoinsieme S X privo di punti di accumulazione ed una funzione n : S Z. Ad ogni aperto U X associamo l insieme delle funzioni meromorfe f su U tali che o f 0 o altrimenti il divisore (f) che f determina su U, sommato al divisore D (ristretto a U) sia positivo, ossia abbia coefficienti interi non negativi. In altre parole il prefascio O(D) assegna ad ogni aperto U, la funzione meromorfa identicamente nulla più quelle che hanno solo poli nei punti di S U in cui il divisore ha coefficiente positivo avendo ordine di polo non superiore al coefficiente di D in tal punto. Le sezioni globali del fascio associato a O(D) saranno quindi costituite dalla funzione nulla e dalle meromorfe globali tali che (f) + D è un divisore a coefficienti tutti non negativi: il gruppo da esse formato (anzi: lo spazio vettoriale) sarà indicato con la notazione L(D). Più in generale sia F un fascio di O moduli localmente libero di rango 1; il suo prodotto tensoriale col fascio M dei germi di funzioni meromorfe, è un fascio localmente isomorfo ad M: in pratica, le sue sezioni su un aperto U di X sul quale sia fissato un isomorfismo tra F ed O si scrivono come funzioni meromorfe su U, tenedo presente che cambiando isomorfismo tra F ed O tramite moltiplicazione per una funzione olomorfa su U priva di zeri, lo stesso cambiamento si ha per le sezioni meromorfe. Se D è un divisore su X si può quindi definire F(D) in modo analogo a quello usato per O(D). 16

17 La nozione di divisore è nata (in geometria algebrica) studiando le intersezioni di una curva algebrica X con un altra C: in genere le intersezioni sono in sottoinsieme fatto di punti isolati; se in un punto la X e la C sono tangenti, si può parlare di punto multiplo di intersezione e considerere quindi gruppi di punti con assegnate molteplicità intere positive. Come poi in molte altre circostanze è apparso utile parlare anche di intersezioni con molteplicità negative (da considerarsi, dapprima, come virtuali, che era anche la parola usata dai vecchi geometri, per poi divenire anch esse concrete dopo un uso ripetitivo della nozione). Mostreremo più avanti che nel caso X sia compatta, ogni elemeto di H 1 (X, O ) è rappresentabile in questo modo; in altri termini che nella successione di coomologia sopra descritta, l omomorfismo H 1 (X, O ) H 1 (X, M ) è nullo (in effetti accade che il codominio di essa è nullo). Nel caso non compatto, come detto avanti, si può mostrare che H 1 (X, O ) = (0), cosa che dimostreremo se X è un aperto di C. Calcolo di alcune coomologie Sia T uno spazio vettoriale complesso. Indichiamo con T 1,0 il suo duale su C e con T 0,1 il suo antiduale ossia lo spazio delle φ per φ T 1,0. E facile verificare che Hom R (T, C) è somma diretta di tali due spazi. In particolare su una superficie di Riemann X, il modulo A 1 delle 1 forme a coefficienti complessi è somma diretta dei sottomoduli A 1,0 e A 0,1 delle 1 forme che sono in ogni punto C lineari o, rispettivamente, C antilineari; se poi f A 0, ossia è una funzione differenziabile su X a valori complessi, il suo differenziale df sarà somma del suo differenziale olomorfo f col suo differenziale antiolomorfo f. Quindi il fascio A 1 delle 1 forme differenziali complesse su X è somma diretta dei fasci A 1,0 e A 0,1 di tali forme e è un omomorfismo di A 0 in A 0,1 che si annulla su fascio O delle funzioni olomorfe su X. Proposizione 12 Per ogni superficie di Riemann X la successione : 0 O A 0 A 0,1 0 è una successione esatta di fasci, quindi una risoluzione del fascio O, fatta con fasci che hanno partizione delle unità e quindi aciclici Dim. Che il nucleo di sia il fascio O è precisamente la caratterizzazione delle funzioni olomorfe come quelle il cui differenziale è C lineare, ossia quella tramite le equazioni di Cauchy-Rieman. Per la surgettività, essendo il problema locale, è sufficiente il seguente lemma per aperti di C, caso nel quale le forme di tipo (0, 1) sono precisamente quelle del tipo h(z)d z con h A 0, e può quindi essere considerato come un operatore da A 0 a se stesso: Lemma 13 Sia K un compatto in un aperto Ω di C. Per ogni g A 0 (Ω) esiste f A 0 (Ω) tale che f = g in un intorno di K Dim. Moltiplicando eventualmente per una funzione test che valga 1 in un intorno U di K possiamo supporre che g sia definita su tutto C ed abbia supporto compatto contenuto in Ω. Poniamo: f(w) = 1 dz d z g(w + z) 2πi z C 17

18 Utilizzando coordinate polari z = re iθ, si ha z 1 (dz d z) = 2ie iθ dr dθ e ciò mostra che f è differenziabile e che f può essere calcolato differenziando l integrando. Si ha quindi: f(w) = 1 2πi dz d z g(w + z) z ove è un disco contenente il supporto di g. Calcoliamo tale valore come il limite dgli integrali su ɛ per ɛ il disco di centro 0 e raggio ɛ. Si ha d(g(w + z)dz/z) = g(w + z)d z dz/z. Applicando la formula di Stokes, siccome g 0 su, si ha: 1 2πi dz d z g(w + z) = 1 z 2πi e questo per ɛ che tende a zero tende a g(w). g(w + z) dz ɛ z Corollario 14 per ogni superficie di Riemann X si ha H p (X, O) = 0 per ogni p 2 e H 1 (X, O) è identificabile al conucleo di : A 0 (X) A 01 (X) Il corollario segue dal teorema di de Rham astratto. Mostreremo di più: Proposizione 15 Se Ω è un aperto di C l operatore di A 0 in se è surgettivo La dimostrazione utilizzerà il seguente teorema di Runge, che sarà dimostrato più avanti: Teorema 16 Siano Ω Ω aperti di C tali che nessuna componente connessa di Ω Ω sia compatta. Allora la restrizione da O(Ω) a O(Ω ) ha immagine densa per la topologia della convergenza uniforme sui compatti Dim. (della prop.4) Costruiamo una successione di domini aperti a frontiera liscia (D n ) n N che ricoprano Ω e tali che per ogni n N si abbia: - D n è compatto e contenuto in D n+1 - D m D n non ha componenti connesse compatte per m > n Una tale successione può essere costruita partendo da una funzione differenziabile propria f : Ω [0, + [, scegliendo una successione λ n di suoi valori regolari che tende a + e definendo D n come il completamento compatto di f 1 ([0, λ n [), ossia questo riunito a tutte le componenti connesse compatte del complementare in C (si utilizzi il fatto che se U V sono aperti di uno spazio X ed H è una componente connessa compatta di V U, allora (essendo V U aperto in X U) esso deve anche essere una componente connessa di X U). Per il precedente lemma per ogni n esiste una funzione differenziabile f n su D n tale che f n = g su D n 1 e ciò rimane vero se le addizioniamo una qualsiasi funzione olomorfa su D n. Possiamo anche supporre che su D n 1 si abbia f n+1 f n 2 n : fatta una scelta qualunque di esse, si lasci invariata la f 1 e si cambino induttivamente le successive sommando ad f n+1 una funzione olomorfa h su D n+1 che differisca su D n 1 da f n f n+1 meno di 2 n : una tale h esiste per il teorema di Runge. Mostriamo ora che in tali condizioni, la successione delle f n definisce per passaggio al limite una funzione f con le proprieà richieste nell enunciato: infatti ogni f n+1 f n è olomorfa per n abbastanza alto su ogni D N prefissato e su esso la serie 18

19 da esse formata è totalmente convergente ad una funzione olomorfa, quindi uniformemente convergente assieme a tutte le sue derivate; quanto asserito segue allora dalla relazione: f n+p = f n +(f n+1 f n )+(f n+2 f n+1 )+...+(f n+p f n+p 1 ) Corollario 17 Per ogni aperto Ω di C si ha H 1 (Ω, O) = (0) e H 1 (Ω, O ) = (0) Dim. La prima asserzione è precisamente la surgettività di. Per la seconda si utilizzi la successione esatta di fasci 0 Z O O 0; la successione esatta associata contiene la 0 H 1 (Ω, O ) H 2 (Ω, Z). Quest ultimo gruppo è nullo come potrebbe essere verificato in un corso di topologia algebrica. Corollario 18 Se U è un ricoprimento di una superficie di Riemann fatto con aperti biolomorfi ad aperti di C, allora H 1 (U, O) coincide con H 1 (Ω, O) il teorema di Runge Siano K un compatto di C e µ : C 0 (K) C un funzionale lineare e continuo per K. Per w C K sia φ w C 0 (Ω) definita da φ w (z) = (z w) 1. Definiamo quindi una funzione F : C K C con la formula F (w) = µ(φ w ). Proposizione 19 F è olomorfa e tende a zero quando w tende all infinito. Dim. Sia a C K e sia r > 0 inferiore alla distanza di a da K. Per w a < r e z K si ha: φ w (z) = (z a (w a)) 1 = (z a) 1 (1 w a z a ) 1 = (w a) n (z a) n+1 n 0 Essendo tale serie uniformemente convergente (come funzioni su K) si deduce che F (w) è la somma della serie di potenze n 0 µ((z a) n 1 )(w a) n. Infine per w si ha che φ w 0 in C 0 (K) ed essendo µ continua se ne deduce anche che µ(φ w ) = F (w) 0. Supponiamo ora che f sia una funzione olomorfa in un qualche intorno U di K. Possiamo scegliere un dominio compatto T a frontiera differenziabile contenuto in U e contenente K all interno. Allora per z K si ha: Si ha allora (Fubini): µ(f) = 1 2πi f(z) = 1 2πi D D f(t) t z dt f(t)µ(φ t )dt = 1 f(t)f (t)dt 2πi D Teorema 20 Sia K C un compatto tale che C K sia connesso. Allora ogni funzione continua f su K che sia traccia di una funzione olomorfa su un qualche intorno di K è limite uniforme di (restrizioni a K di) funzioni polinomiali Dim. Per il teorema di Hahn-Banach è sufficiente mostrare che ogni funzionale lineare e continuo µ su C 0 (K) che sia nullo sulle restrizioni dei polinomi si annulla anche sulla restrizione di una qualsiasi funzione f che è olomorfa in un intorno di K. Per l espressione integrale di µ(f) trovata sopra basterà mostrare 19

20 che la funzione olomorfa F associata a µ è identicamente nulla su C K; siccome questo è connesso, per il principio di identità delle funzioni analitiche basterà mostrare che esso è nullo per w > r con r abbastanza grande. Sia r il massimo degli z per z K. Per w > r si ha: φ w (z) = (z w) 1 = n 0 z n w n+1 Tale serie converge uniformemente per z K: applicando µ si ottiene che F (w) = n 0 µ(zn )w n 1 = 0 perché µ è nulla sui polinomi. Teorema 21 (Runge) Siano Ω Ω aperti di C tali che nessuna componente connessa di Ω Ω sia compatta. Allora la restrizione da O(Ω) a O(Ω ) ha immagine densa per la topologia della convergenza uniforme sui compatti Dim. Sia K un compatto di Ω. Possiamo trovare un dominio compatto T in Ω avente frontiera differenziabile, contenente K all interno e tale che le componenti connesse di Ω meno la parte interna U di T siano tutte non compatte. Sia γ 0 il bordo della componente connessa A 0 di C T non limitata e γ 1,..., γ r i bordi di quelle non limitate A 1,..., A r, dotati delle orientazioni date da tali aperti. La formula di Cauchy permette di scrivere ogni funzione f olomorfa su U come una somma f 0 + f f r ove ogni f i è restrizione di una funzione olomorfa su P 1 Āi. La f 0 è approssimabile con polinomi; scelto a i A i Ω per i > 0 la f i è approssimabile con polinomi nella struttura di P 1 in cui a i è il punto all infinito, ossia con un polinomio in (z a i ) 1. Ogni tale approssimante è in particolare una funzione olomorfa su Ω e ciò conclude la dimostrazione. Finitezza della coomologia Sia X una superficie di Riemann e O il fascio moltiplicativo degli elementi invertibili del fascio O dei germi di funzioni olomorfe. Gli elementi di H 1 (X, O ) sono interpretabili come le classi di isomorfismo di fibrati in rette (fibrati vettoriali complessi di dimensione uno) o equivalentemente come il gruppo dei fasci localmente liberi di rango uno, ossia i fasci di O-moduli localmente isomorfi ad O (identificando quelli isomorfi tra loro). Proposizione 22 Se X è compatta, per ogni fascio F H 1 (X, O ), gli spazi vettoriali complessi H p (X, F) sono di dimensione finita e nulli per p > 1 Dim. La nullità della coomologia di grado maggiore di 1 è stata già dimostrata per il fascio O utilizzando la risoluzione del ; tensorizzando tale risoluzione per F si deduce in generale. Fissiamo ora un ricoprimento finito V = (V i ) i I di X fatto di aperti per ognuno dei quali siano fissati un biolomorfismo con un aperto di C ed una banalizzazione su esso di F ; Sia inoltre U = (U i ) i I un suo restringimento (ossia un ricoprimento aperto ove ogni U i è relativamente compatto in V i ). Ogni p cocatena α C p (U, F) è quindi data da funzioni olomorfe α i0...i p : U i0... U ip C. Se queste sono a quadrato sommabile (considerando il loro domino come aperto di C utilizzando la coordinata su uno qualsiasi dei V ih ), diremo che α è a quadrato sommabile; l insieme di queste costituisce uno spazio di Hilbert che indichiamo con C p 0 (U, F), ottenendo così un complesso di cocatene la cui coomologia indichiamo con H p 0 (U, F). Osserviamo che la coomologia di F sul ricoprimento 20

Per lo svolgimento del corso risulta particolarmente utile considerare l insieme

Per lo svolgimento del corso risulta particolarmente utile considerare l insieme 1. L insieme R. Per lo svolgimento del corso risulta particolarmente utile considerare l insieme R = R {, + }, detto anche retta reale estesa, che si ottiene aggiungendo all insieme dei numeri reali R

Dettagli

1 Convessità olomorfa

1 Convessità olomorfa 1 Convessità olomorfa Esercizio 1 Sia f O(C n ) e sia X = {f = 0}; dimostrare che, per ogni K compatto di X, l inviluppo K O(Cn ) è contenuto in X. Esercizio 2 Fissato un reale δ (0, 2π), consideriamo

Dettagli

Dimensione di uno Spazio vettoriale

Dimensione di uno Spazio vettoriale Capitolo 4 Dimensione di uno Spazio vettoriale 4.1 Introduzione Dedichiamo questo capitolo ad un concetto fondamentale in algebra lineare: la dimensione di uno spazio vettoriale. Daremo una definizione

Dettagli

Prodotto libero di gruppi

Prodotto libero di gruppi Prodotto libero di gruppi 24 aprile 2014 Siano (A 1, +) e (A 2, +) gruppi abeliani. Sul prodotto cartesiano A 1 A 2 definiamo l operazione (x 1, y 1 ) + (x 2, y 2 ) := (x 1 + x 2, y 1 + y 2 ). Provvisto

Dettagli

LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE

LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE La sequenza costituisce un esempio di SUCCESSIONE. Ecco un altro esempio di successione: Una successione è dunque una sequenza infinita di numeri reali (ma potrebbe

Dettagli

10. Insiemi non misurabili secondo Lebesgue.

10. Insiemi non misurabili secondo Lebesgue. 10. Insiemi non misurabili secondo Lebesgue. Lo scopo principale di questo capitolo è quello di far vedere che esistono sottoinsiemi di R h che non sono misurabili secondo Lebesgue. La costruzione di insiemi

Dettagli

Geometria Superiore. A.A. 2014/2015 CdL in Matematica Università degli Studi di Salerno. March 2, 2015

Geometria Superiore. A.A. 2014/2015 CdL in Matematica Università degli Studi di Salerno. March 2, 2015 Geometria Superiore A.A. 2014/2015 CdL in Matematica Università degli Studi di Salerno Luca Vitagliano March 2, 2015 Programma Prerequisiti. Spazi affini. Anelli commutativi con unità. Ideali. Anelli quoziente.

Dettagli

1. PRIME PROPRIETÀ 2

1. PRIME PROPRIETÀ 2 RELAZIONI 1. Prime proprietà Il significato comune del concetto di relazione è facilmente intuibile: due elementi sono in relazione se c è un legame tra loro descritto da una certa proprietà; ad esempio,

Dettagli

1 Serie di Taylor di una funzione

1 Serie di Taylor di una funzione Analisi Matematica 2 CORSO DI STUDI IN SMID CORSO DI ANALISI MATEMATICA 2 CAPITOLO 7 SERIE E POLINOMI DI TAYLOR Serie di Taylor di una funzione. Definizione di serie di Taylor Sia f(x) una funzione definita

Dettagli

Capitolo 2. Operazione di limite

Capitolo 2. Operazione di limite Capitolo 2 Operazione di ite In questo capitolo vogliamo occuparci dell operazione di ite, strumento indispensabile per scoprire molte proprietà delle funzioni. D ora in avanti riguarderemo i domini A

Dettagli

Corrispondenze e funzioni

Corrispondenze e funzioni Corrispondenze e funzioni L attività fondamentale della mente umana consiste nello stabilire corrispondenze e relazioni tra oggetti; è anche per questo motivo che il concetto di corrispondenza è uno dei

Dettagli

STRUTTURE ALGEBRICHE

STRUTTURE ALGEBRICHE STRUTTURE ALGEBRICHE Operazioni in un insieme Sia A un insieme non vuoto; una funzione f : A A A si dice operazione binaria (o semplicemente operazione), oppure legge di composizione interna. Per definizione

Dettagli

1 Applicazioni Lineari tra Spazi Vettoriali

1 Applicazioni Lineari tra Spazi Vettoriali 1 Applicazioni Lineari tra Spazi Vettoriali Definizione 1 (Applicazioni lineari) Si chiama applicazione lineare una applicazione tra uno spazio vettoriale ed uno spazio vettoriale sul campo tale che "!$%!

Dettagli

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI Capitolo I LE FUNZIONI A DUE VARIABILI In questo primo capitolo introduciamo alcune definizioni di base delle funzioni reali a due variabili reali. Nel seguito R denoterà l insieme dei numeri reali mentre

Dettagli

4. Operazioni elementari per righe e colonne

4. Operazioni elementari per righe e colonne 4. Operazioni elementari per righe e colonne Sia K un campo, e sia A una matrice m n a elementi in K. Una operazione elementare per righe sulla matrice A è una operazione di uno dei seguenti tre tipi:

Dettagli

CAPITOLO 16 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI

CAPITOLO 16 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI CAPITOLO 16 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI Abbiamo studiato successioni e serie numeriche, ora vogliamo studiare successioni e serie di funzioni. Dato un insieme A R, chiamiamo successione di funzioni

Dettagli

u 1 u k che rappresenta formalmente la somma degli infiniti numeri (14.1), ordinati al crescere del loro indice. I numeri u k

u 1 u k che rappresenta formalmente la somma degli infiniti numeri (14.1), ordinati al crescere del loro indice. I numeri u k Capitolo 4 Serie numeriche 4. Serie convergenti, divergenti, indeterminate Data una successione di numeri reali si chiama serie ad essa relativa il simbolo u +... + u +... u, u 2,..., u,..., (4.) oppure

Dettagli

CONCETTO DI LIMITE DI UNA FUNZIONE REALE

CONCETTO DI LIMITE DI UNA FUNZIONE REALE CONCETTO DI LIMITE DI UNA FUNZIONE REALE Il limite di una funzione è uno dei concetti fondamentali dell'analisi matematica. Tramite questo concetto viene formalizzata la nozione di funzione continua e

Dettagli

Applicazioni lineari

Applicazioni lineari Applicazioni lineari Esempi di applicazioni lineari Definizione. Se V e W sono spazi vettoriali, una applicazione lineare è una funzione f: V W tale che, per ogni v, w V e per ogni a, b R si abbia f(av

Dettagli

Matematica generale CTF

Matematica generale CTF Successioni numeriche 19 agosto 2015 Definizione di successione Monotonìa e limitatezza Forme indeterminate Successioni infinitesime Comportamento asintotico Criterio del rapporto per le successioni Definizione

Dettagli

2.1 Definizione di applicazione lineare. Siano V e W due spazi vettoriali su R. Un applicazione

2.1 Definizione di applicazione lineare. Siano V e W due spazi vettoriali su R. Un applicazione Capitolo 2 MATRICI Fra tutte le applicazioni su uno spazio vettoriale interessa esaminare quelle che mantengono la struttura di spazio vettoriale e che, per questo, vengono dette lineari La loro importanza

Dettagli

APPUNTI DI MATEMATICA ALGEBRA \ INSIEMISTICA \ TEORIA DEGLI INSIEMI (1)

APPUNTI DI MATEMATICA ALGEBRA \ INSIEMISTICA \ TEORIA DEGLI INSIEMI (1) ALGEBRA \ INSIEMISTICA \ TEORIA DEGLI INSIEMI (1) Un insieme è una collezione di oggetti. Il concetto di insieme è un concetto primitivo. Deve esistere un criterio chiaro, preciso, non ambiguo, inequivocabile,

Dettagli

15 febbraio 2010 - Soluzione esame di geometria - 12 crediti Ingegneria gestionale - a.a. 2009-2010 COGNOME... NOME... N. MATRICOLA...

15 febbraio 2010 - Soluzione esame di geometria - 12 crediti Ingegneria gestionale - a.a. 2009-2010 COGNOME... NOME... N. MATRICOLA... 15 febbraio 010 - Soluzione esame di geometria - 1 crediti Ingegneria gestionale - a.a. 009-010 COGNOME.......................... NOME.......................... N. MATRICOLA............. La prova dura

Dettagli

Parte 6. Applicazioni lineari

Parte 6. Applicazioni lineari Parte 6 Applicazioni lineari A Savo Appunti del Corso di Geometria 203-4 Indice delle sezioni Applicazioni fra insiemi, 2 Applicazioni lineari tra spazi vettoriali, 2 3 Applicazioni lineari da R n a R

Dettagli

19. Inclusioni tra spazi L p.

19. Inclusioni tra spazi L p. 19. Inclusioni tra spazi L p. Nel n. 15.1 abbiamo provato (Teorema 15.1.1) che, se la misura µ è finita, allora tra i corispondenti spazi L p (µ) si hanno le seguenti inclusioni: ( ) p, r ]0, + [ : p

Dettagli

Anello commutativo. Un anello è commutativo se il prodotto è commutativo.

Anello commutativo. Un anello è commutativo se il prodotto è commutativo. Anello. Un anello (A, +, ) è un insieme A con due operazioni + e, dette somma e prodotto, tali che (A, +) è un gruppo abeliano, (A, ) è un monoide, e valgono le proprietà di distributività (a destra e

Dettagli

5. La teoria astratta della misura.

5. La teoria astratta della misura. 5. La teoria astratta della misura. 5.1. σ-algebre. 5.1.1. σ-algebre e loro proprietà. Sia Ω un insieme non vuoto. Indichiamo con P(Ω la famiglia di tutti i sottoinsiemi di Ω. Inoltre, per ogni insieme

Dettagli

EQUAZIONI DIFFERENZIALI. 1. Trovare tutte le soluzioni delle equazioni differenziali: (a) x = x 2 log t (d) x = e t x log x (e) y = y2 5y+6

EQUAZIONI DIFFERENZIALI. 1. Trovare tutte le soluzioni delle equazioni differenziali: (a) x = x 2 log t (d) x = e t x log x (e) y = y2 5y+6 EQUAZIONI DIFFERENZIALI.. Trovare tutte le soluzioni delle equazioni differenziali: (a) x = x log t (d) x = e t x log x (e) y = y 5y+6 (f) y = ty +t t +y (g) y = y (h) xy = y (i) y y y = 0 (j) x = x (k)

Dettagli

4 3 4 = 4 x 10 2 + 3 x 10 1 + 4 x 10 0 aaa 10 2 10 1 10 0

4 3 4 = 4 x 10 2 + 3 x 10 1 + 4 x 10 0 aaa 10 2 10 1 10 0 Rappresentazione dei numeri I numeri che siamo abituati ad utilizzare sono espressi utilizzando il sistema di numerazione decimale, che si chiama così perché utilizza 0 cifre (0,,2,3,4,5,6,7,8,9). Si dice

Dettagli

Esercizi su lineare indipendenza e generatori

Esercizi su lineare indipendenza e generatori Esercizi su lineare indipendenza e generatori Per tutto il seguito, se non specificato esplicitamente K indicherà un campo e V uno spazio vettoriale su K Cose da ricordare Definizione Dei vettori v,,v

Dettagli

Lezione 9: Cambio di base

Lezione 9: Cambio di base Lezione 9: Cambio di base In questa lezione vogliamo affrontare uno degli argomenti piu ostici per lo studente e cioè il cambio di base all interno di uno spazio vettoriale, inoltre cercheremo di capire

Dettagli

ESERCIZI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA

ESERCIZI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA ESERCIZI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Francesco Bottacin Padova, 24 febbraio 2012 Capitolo 1 Algebra Lineare 1.1 Spazi e sottospazi vettoriali Esercizio 1.1. Sia U il sottospazio di R 4 generato dai

Dettagli

Prova parziale di Geometria e Topologia I - 5 mag 2008 (U1-03, 13:30 16:30) 1/8. Cognome:... Nome:... Matricola:...

Prova parziale di Geometria e Topologia I - 5 mag 2008 (U1-03, 13:30 16:30) 1/8. Cognome:... Nome:... Matricola:... Prova parziale di Geometria e Topologia I - 5 mag 2008 (U1-03, 13:30 16:30) 1/8 Cognome:................ Nome:................ Matricola:................ (Dare una dimostrazione esauriente di tutte le

Dettagli

Teoria in sintesi 10. Attività di sportello 1, 24 - Attività di sportello 2, 24 - Verifica conclusiva, 25. Teoria in sintesi 26

Teoria in sintesi 10. Attività di sportello 1, 24 - Attività di sportello 2, 24 - Verifica conclusiva, 25. Teoria in sintesi 26 Indice L attività di recupero 6 Funzioni Teoria in sintesi 0 Obiettivo Ricerca del dominio e del codominio di funzioni note Obiettivo Ricerca del dominio di funzioni algebriche; scrittura del dominio Obiettivo

Dettagli

E naturale chiedersi alcune cose sulla media campionaria x n

E naturale chiedersi alcune cose sulla media campionaria x n Supponiamo che un fabbricante stia introducendo un nuovo tipo di batteria per un automobile elettrica. La durata osservata x i delle i-esima batteria è la realizzazione (valore assunto) di una variabile

Dettagli

Iniziamo con un esercizio sul massimo comun divisore: Esercizio 1. Sia d = G.C.D.(a, b), allora:

Iniziamo con un esercizio sul massimo comun divisore: Esercizio 1. Sia d = G.C.D.(a, b), allora: Iniziamo con un esercizio sul massimo comun divisore: Esercizio 1. Sia d = G.C.D.(a, b), allora: G.C.D.( a d, b d ) = 1 Sono state introdotte a lezione due definizioni importanti che ricordiamo: Definizione

Dettagli

APPUNTI DI MATEMATICA LE FRAZIONI ALGEBRICHE ALESSANDRO BOCCONI

APPUNTI DI MATEMATICA LE FRAZIONI ALGEBRICHE ALESSANDRO BOCCONI APPUNTI DI MATEMATICA LE FRAZIONI ALGEBRICHE ALESSANDRO BOCCONI Indice 1 Le frazioni algebriche 1.1 Il minimo comune multiplo e il Massimo Comun Divisore fra polinomi........ 1. Le frazioni algebriche....................................

Dettagli

Prodotto elemento per elemento, NON righe per colonne Unione: M R S

Prodotto elemento per elemento, NON righe per colonne Unione: M R S Relazioni binarie Una relazione binaria può essere rappresentata con un grafo o con una matrice di incidenza. Date due relazioni R, S A 1 A 2, la matrice di incidenza a seguito di varie operazioni si può

Dettagli

L espressione torna invece sempre vera (quindi la soluzione originale) se cambiamo contemporaneamente il verso: 1 < 0.

L espressione torna invece sempre vera (quindi la soluzione originale) se cambiamo contemporaneamente il verso: 1 < 0. EQUAZIONI E DISEQUAZIONI Le uguaglianze fra espressioni numeriche si chiamano equazioni. Cercare le soluzioni dell equazione vuol dire cercare quelle combinazioni delle lettere che vi compaiono che la

Dettagli

Parte 2. Determinante e matrice inversa

Parte 2. Determinante e matrice inversa Parte. Determinante e matrice inversa A. Savo Appunti del Corso di Geometria 013-14 Indice delle sezioni 1 Determinante di una matrice, 1 Teorema di Cramer (caso particolare), 3 3 Determinante di una matrice

Dettagli

Parte 3. Rango e teorema di Rouché-Capelli

Parte 3. Rango e teorema di Rouché-Capelli Parte 3. Rango e teorema di Rouché-Capelli A. Savo Appunti del Corso di Geometria 203-4 Indice delle sezioni Rango di una matrice, 2 Teorema degli orlati, 3 3 Calcolo con l algoritmo di Gauss, 6 4 Matrici

Dettagli

Le funzioni continue. A. Pisani Liceo Classico Dante Alighieri A.S. 2002-03. A. Pisani, appunti di Matematica 1

Le funzioni continue. A. Pisani Liceo Classico Dante Alighieri A.S. 2002-03. A. Pisani, appunti di Matematica 1 Le funzioni continue A. Pisani Liceo Classico Dante Alighieri A.S. -3 A. Pisani, appunti di Matematica 1 Nota bene Questi appunti sono da intendere come guida allo studio e come riassunto di quanto illustrato

Dettagli

MATEMATICA DEL DISCRETO elementi di teoria dei grafi. anno acc. 2009/2010

MATEMATICA DEL DISCRETO elementi di teoria dei grafi. anno acc. 2009/2010 elementi di teoria dei grafi anno acc. 2009/2010 Grafi semplici Un grafo semplice G è una coppia ordinata (V(G), L(G)), ove V(G) è un insieme finito e non vuoto di elementi detti vertici o nodi di G, mentre

Dettagli

Capitolo I STRUTTURE ALGEBRICHE ELEMENTARI

Capitolo I STRUTTURE ALGEBRICHE ELEMENTARI Capitolo I STRUTTURE ALGEBRICHE ELEMENTARI In matematica, per semplificare la stesura di un testo, si fa ricorso ad un linguaggio specifico. In questo capitolo vengono fornite in maniera sintetica le nozioni

Dettagli

ESERCIZI APPLICAZIONI LINEARI

ESERCIZI APPLICAZIONI LINEARI ESERCIZI APPLICAZIONI LINEARI PAOLO FACCIN 1. Esercizi sulle applicazioni lineari 1.1. Definizioni sulle applicazioni lineari. Siano V, e W spazi vettoriali, con rispettive basi B V := (v 1 v n) e B W

Dettagli

Anno 1. Le relazioni fondamentali (equivalenza, d'ordine, inverse, fra insiemi)

Anno 1. Le relazioni fondamentali (equivalenza, d'ordine, inverse, fra insiemi) Anno 1 Le relazioni fondamentali (equivalenza, d'ordine, inverse, fra insiemi) 1 Introduzione In questa lezione imparerai a utilizzare le diverse tipologie di relazione e a distinguerle a seconda delle

Dettagli

MODULI INIETTIVI. Definizione: Un inclusione di A-moduli ι : M N si dice estensione essenziale di M se per ogni sottomodulo non nullo P N, P ι(m) 0.

MODULI INIETTIVI. Definizione: Un inclusione di A-moduli ι : M N si dice estensione essenziale di M se per ogni sottomodulo non nullo P N, P ι(m) 0. MODULI INIETTIVI Definizione: Un inclusione di A-moduli ι : M N si dice estensione essenziale di M se per ogni sottomodulo non nullo P N, P ι(m) 0. Esempio: Supponiamo che A sia un dominio e chiamiamo

Dettagli

risulta (x) = 1 se x < 0.

risulta (x) = 1 se x < 0. Questo file si pone come obiettivo quello di mostrarvi come lo studio di una funzione reale di una variabile reale, nella cui espressione compare un qualche valore assoluto, possa essere svolto senza necessariamente

Dettagli

Equazioni alle differenze finite (cenni).

Equazioni alle differenze finite (cenni). AL 011. Equazioni alle differenze finite (cenni). Sia a n } n IN una successione di numeri reali. (Qui usiamo la convenzione IN = 0, 1,,...}). Diremo che è una successione ricorsiva o definita per ricorrenza

Dettagli

Ottimizazione vincolata

Ottimizazione vincolata Ottimizazione vincolata Ricordiamo alcuni risultati provati nella scheda sulla Teoria di Dini per una funzione F : R N+M R M di classe C 1 con (x 0, y 0 ) F 1 (a), a = (a 1,, a M ), punto in cui vale l

Dettagli

Lezioni di Matematica 1 - I modulo

Lezioni di Matematica 1 - I modulo Lezioni di Matematica 1 - I modulo Luciano Battaia 16 ottobre 2008 Luciano Battaia - http://www.batmath.it Matematica 1 - I modulo. Lezione del 16/10/2008 1 / 13 L introduzione dei numeri reali si può

Dettagli

LEZIONE 23. Esempio 23.1.3. Si consideri la matrice (si veda l Esempio 22.2.5) A = 1 2 2 3 3 0

LEZIONE 23. Esempio 23.1.3. Si consideri la matrice (si veda l Esempio 22.2.5) A = 1 2 2 3 3 0 LEZIONE 23 231 Diagonalizzazione di matrici Abbiamo visto nella precedente lezione che, in generale, non è immediato che, data una matrice A k n,n con k = R, C, esista sempre una base costituita da suoi

Dettagli

Capitolo 1 ANALISI COMPLESSA

Capitolo 1 ANALISI COMPLESSA Capitolo 1 ANALISI COMPLESSA 1 1.4 Serie in campo complesso 1.4.1 Serie di potenze Una serie di potenze è una serie del tipo a k (z z 0 ) k. Per le serie di potenze in campo complesso valgono teoremi analoghi

Dettagli

f(x) = 1 x. Il dominio di questa funzione è il sottoinsieme proprio di R dato da

f(x) = 1 x. Il dominio di questa funzione è il sottoinsieme proprio di R dato da Data una funzione reale f di variabile reale x, definita su un sottoinsieme proprio D f di R (con questo voglio dire che il dominio di f è un sottoinsieme di R che non coincide con tutto R), ci si chiede

Dettagli

APPLICAZIONI LINEARI

APPLICAZIONI LINEARI APPLICAZIONI LINEARI 1. Esercizi Esercizio 1. Date le seguenti applicazioni lineari (1) f : R 2 R 3 definita da f(x, y) = (x 2y, x + y, x + y); (2) g : R 3 R 2 definita da g(x, y, z) = (x + y, x y); (3)

Dettagli

A i è un aperto in E. i=1

A i è un aperto in E. i=1 Proposizione 1. A è aperto se e solo se A c è chiuso. Dimostrazione. = : se x o A c, allora x o A = A o e quindi esiste r > 0 tale che B(x o, r) A; allora x o non può essere di accumulazione per A c. Dunque

Dettagli

Appunti sulla Macchina di Turing. Macchina di Turing

Appunti sulla Macchina di Turing. Macchina di Turing Macchina di Turing Una macchina di Turing è costituita dai seguenti elementi (vedi fig. 1): a) una unità di memoria, detta memoria esterna, consistente in un nastro illimitato in entrambi i sensi e suddiviso

Dettagli

INTEGRALI DEFINITI. Tale superficie viene detta trapezoide e la misura della sua area si ottiene utilizzando il calcolo di un integrale definito.

INTEGRALI DEFINITI. Tale superficie viene detta trapezoide e la misura della sua area si ottiene utilizzando il calcolo di un integrale definito. INTEGRALI DEFINITI Sia nel campo scientifico che in quello tecnico si presentano spesso situazioni per affrontare le quali è necessario ricorrere al calcolo dell integrale definito. Vi sono infatti svariati

Dettagli

3 GRAFICI DI FUNZIONI

3 GRAFICI DI FUNZIONI 3 GRAFICI DI FUNZIONI Particolari sottoinsiemi di R che noi studieremo sono i grafici di funzioni. Il grafico di una funzione f (se non è specificato il dominio di definizione) è dato da {(x, y) : x dom

Dettagli

Siamo così arrivati all aritmetica modulare, ma anche a individuare alcuni aspetti di come funziona l aritmetica del calcolatore come vedremo.

Siamo così arrivati all aritmetica modulare, ma anche a individuare alcuni aspetti di come funziona l aritmetica del calcolatore come vedremo. DALLE PESATE ALL ARITMETICA FINITA IN BASE 2 Si è trovato, partendo da un problema concreto, che con la base 2, utilizzando alcune potenze della base, operando con solo addizioni, posso ottenere tutti

Dettagli

Proof. Dimostrazione per assurdo. Consideriamo l insieme complementare di P nell insieme

Proof. Dimostrazione per assurdo. Consideriamo l insieme complementare di P nell insieme G Pareschi Principio di induzione Il Principio di Induzione (che dovreste anche avere incontrato nel Corso di Analisi I) consente di dimostrare Proposizioni il cui enunciato è in funzione di un numero

Dettagli

G. Pareschi ALGEBRE DI BOOLE. 1. Algebre di Boole

G. Pareschi ALGEBRE DI BOOLE. 1. Algebre di Boole G. Pareschi ALGEBRE DI BOOLE 1. Algebre di Boole Nel file precedente abbiamo incontrato la definizione di algebra di Boole come reticolo: un algebra di Boole e un reticolo limitato, complementato e distributivo.

Dettagli

Limiti e continuità delle funzioni reali a variabile reale

Limiti e continuità delle funzioni reali a variabile reale Limiti e continuità delle funzioni reali a variabile reale Roberto Boggiani Versione 4.0 9 dicembre 2003 1 Esempi che inducono al concetto di ite Per introdurre il concetto di ite consideriamo i seguenti

Dettagli

Le equazioni. Diapositive riassemblate e rielaborate da prof. Antonio Manca da materiali offerti dalla rete.

Le equazioni. Diapositive riassemblate e rielaborate da prof. Antonio Manca da materiali offerti dalla rete. Le equazioni Diapositive riassemblate e rielaborate da prof. Antonio Manca da materiali offerti dalla rete. Definizione e caratteristiche Chiamiamo equazione l uguaglianza tra due espressioni algebriche,

Dettagli

2 FUNZIONI REALI DI VARIABILE REALE

2 FUNZIONI REALI DI VARIABILE REALE 2 FUNZIONI REALI DI VARIABILE REALE 2.1 CONCETTO DI FUNZIONE Definizione 2.1 Siano A e B due insiemi. Una funzione (o applicazione) f con dominio A a valori in B è una legge che associa ad ogni elemento

Dettagli

Il principio di induzione e i numeri naturali.

Il principio di induzione e i numeri naturali. Il principio di induzione e i numeri naturali. Il principio di induzione è un potente strumento di dimostrazione, al quale si ricorre ogni volta che si debba dimostrare una proprietà in un numero infinito

Dettagli

Due dimostrazioni alternative nella teoria di Ramsey

Due dimostrazioni alternative nella teoria di Ramsey Due dimostrazioni alternative nella teoria di Ramsey 28 Marzo 2007 Introduzione Teoria di Ramsey: sezione della matematica a metà tra la combinatoria e la teoria degli insiemi. La questione tipica è quella

Dettagli

ALGEBRA I: CARDINALITÀ DI INSIEMI

ALGEBRA I: CARDINALITÀ DI INSIEMI ALGEBRA I: CARDINALITÀ DI INSIEMI 1. CONFRONTO DI CARDINALITÀ E chiaro a tutti che esistono insiemi finiti cioè con un numero finito di elementi) ed insiemi infiniti. E anche chiaro che ogni insieme infinito

Dettagli

Il concetto di valore medio in generale

Il concetto di valore medio in generale Il concetto di valore medio in generale Nella statistica descrittiva si distinguono solitamente due tipi di medie: - le medie analitiche, che soddisfano ad una condizione di invarianza e si calcolano tenendo

Dettagli

I sistemi di numerazione

I sistemi di numerazione I sistemi di numerazione 01-INFORMAZIONE E SUA RAPPRESENTAZIONE Sia dato un insieme finito di caratteri distinti, che chiameremo alfabeto. Utilizzando anche ripetutamente caratteri di un alfabeto, si possono

Dettagli

RELAZIONI E FUNZIONI. Per ricordare. Figura 1. Figura 2. Figura 3. Figura 4

RELAZIONI E FUNZIONI. Per ricordare. Figura 1. Figura 2. Figura 3. Figura 4 RELAZIONI E FUNZIONI 3 Per ricordare H Dati due insiemi A e B e una proposizione aperta px,y, con x 2 A e y 2 B, si dice che x eá in relazione con y, e si scrive x R y, sepx,y eá vera; si parla allora

Dettagli

Rette e curve, piani e superfici

Rette e curve, piani e superfici Rette e curve piani e superfici ) dicembre 2 Scopo di questo articolo è solo quello di proporre uno schema riepilogativo che metta in luce le caratteristiche essenziali delle equazioni di rette e curve

Dettagli

La Programmazione Lineare

La Programmazione Lineare 4 La Programmazione Lineare 4.1 INTERPRETAZIONE GEOMETRICA DI UN PROBLEMA DI PROGRAMMAZIONE LINEARE Esercizio 4.1.1 Fornire una rappresentazione geometrica e risolvere graficamente i seguenti problemi

Dettagli

Indice. 1 Introduzione alle Equazioni Differenziali 1 1.1 Esempio introduttivo... 1 1.2 Nomenclatura e Teoremi di Esistenza ed Unicità...

Indice. 1 Introduzione alle Equazioni Differenziali 1 1.1 Esempio introduttivo... 1 1.2 Nomenclatura e Teoremi di Esistenza ed Unicità... Indice 1 Introduzione alle Equazioni Differenziali 1 1.1 Esempio introduttivo............................. 1 1.2 Nomenclatura e Teoremi di Esistenza ed Unicità.............. 5 i Capitolo 1 Introduzione

Dettagli

x 1 + x 2 3x 4 = 0 x1 + x 2 + x 3 = 0 x 1 + x 2 3x 4 = 0.

x 1 + x 2 3x 4 = 0 x1 + x 2 + x 3 = 0 x 1 + x 2 3x 4 = 0. Problema. Sia W il sottospazio dello spazio vettoriale R 4 dato da tutte le soluzioni dell equazione x + x 2 + x = 0. (a. Sia U R 4 il sottospazio dato da tutte le soluzioni dell equazione Si determini

Dettagli

Algebra Lineare e Geometria

Algebra Lineare e Geometria Algebra Lineare e Geometria Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica A.A. 2013-2014 Prova d esame del 16/06/2014. 1) a) Determinare la matrice associata all applicazione lineare T : R 3 R 4 definita da

Dettagli

Massimi e minimi vincolati di funzioni in due variabili

Massimi e minimi vincolati di funzioni in due variabili Massimi e minimi vincolati di funzioni in due variabili I risultati principali della teoria dell ottimizzazione, il Teorema di Fermat in due variabili e il Test dell hessiana, si applicano esclusivamente

Dettagli

Numeri naturali numeri naturali minore maggiore Operazioni con numeri naturali

Numeri naturali numeri naturali minore maggiore Operazioni con numeri naturali 1 Numeri naturali La successione di tutti i numeri del tipo: 0,1, 2, 3, 4,..., n,... forma l'insieme dei numeri naturali, che si indica con il simbolo N. Tale insieme si può disporre in maniera ordinata

Dettagli

CRITERI DI CONVERGENZA PER LE SERIE. lim a n = 0. (1) s n+1 = s n + a n+1. (2) CRITERI PER LE SERIE A TERMINI NON NEGATIVI

CRITERI DI CONVERGENZA PER LE SERIE. lim a n = 0. (1) s n+1 = s n + a n+1. (2) CRITERI PER LE SERIE A TERMINI NON NEGATIVI Il criterio più semplice è il seguente. CRITERI DI CONVERGENZA PER LE SERIE Teorema(condizione necessaria per la convergenza). Sia a 0, a 1, a 2,... una successione di numeri reali. Se la serie a k è convergente,

Dettagli

DOMINI A FATTORIZZAZIONE UNICA

DOMINI A FATTORIZZAZIONE UNICA DOMINI A FATTORIZZAZIONE UNICA CORSO DI ALGEBRA, A.A. 2012-2013 Nel seguito D indicherà sempre un dominio d integrità cioè un anello commutativo con unità privo di divisori dello zero. Indicheremo con

Dettagli

SPAZI METRICI. Uno spazio metrico X con metrica d si indica con il simbolo (X, d). METRICI 1

SPAZI METRICI. Uno spazio metrico X con metrica d si indica con il simbolo (X, d). METRICI 1 SPAZI METRICI Nel piano R 2 o nello spazio R 3 la distanza fra due punti è la lunghezza, o norma euclidea, del vettore differenza di questi due punti. Se p = (x, y, z) è un vettore in coordinate ortonormali,

Dettagli

EQUAZIONI DIFFERENZIALI Esercizi svolti. y = xy. y(2) = 1.

EQUAZIONI DIFFERENZIALI Esercizi svolti. y = xy. y(2) = 1. EQUAZIONI DIFFERENZIALI Esercizi svolti 1. Determinare la soluzione dell equazione differenziale (x 2 + 1)y + y 2 =. y + x tan y = 2. Risolvere il problema di Cauchy y() = 1 2 π. 3. Risolvere il problema

Dettagli

Sommario. Definizione di informatica. Definizione di un calcolatore come esecutore. Gli algoritmi.

Sommario. Definizione di informatica. Definizione di un calcolatore come esecutore. Gli algoritmi. Algoritmi 1 Sommario Definizione di informatica. Definizione di un calcolatore come esecutore. Gli algoritmi. 2 Informatica Nome Informatica=informazione+automatica. Definizione Scienza che si occupa dell

Dettagli

1 Insiemi e terminologia

1 Insiemi e terminologia 1 Insiemi e terminologia Assumeremo come intuitiva la nozione di insieme e ne utilizzeremo il linguaggio come strumento per studiare collezioni di oggetti. Gli Insiemi sono generalmente indicati con le

Dettagli

ESEMPIO 1: eseguire il complemento a 10 di 765

ESEMPIO 1: eseguire il complemento a 10 di 765 COMPLEMENTO A 10 DI UN NUMERO DECIMALE Sia dato un numero N 10 in base 10 di n cifre. Il complemento a 10 di tale numero (N ) si ottiene sottraendo il numero stesso a 10 n. ESEMPIO 1: eseguire il complemento

Dettagli

Capitolo 4: Ottimizzazione non lineare non vincolata parte II. E. Amaldi DEIB, Politecnico di Milano

Capitolo 4: Ottimizzazione non lineare non vincolata parte II. E. Amaldi DEIB, Politecnico di Milano Capitolo 4: Ottimizzazione non lineare non vincolata parte II E. Amaldi DEIB, Politecnico di Milano 4.3 Algoritmi iterativi e convergenza Programma non lineare (PNL): min f(x) s.v. g i (x) 0 1 i m x S

Dettagli

Lezione 1. Gli Insiemi. La nozione di insieme viene spesso utilizzata nella vita di tutti i giorni; si parla dell insieme:

Lezione 1. Gli Insiemi. La nozione di insieme viene spesso utilizzata nella vita di tutti i giorni; si parla dell insieme: Lezione 1 Gli Insiemi La nozione di insieme viene spesso utilizzata nella vita di tutti i giorni; si parla dell insieme: degli iscritti ad un corso di laurea delle stelle in cielo dei punti di un piano

Dettagli

x u v(p(x, fx) q(u, v)), e poi

x u v(p(x, fx) q(u, v)), e poi 0.1. Skolemizzazione. Ogni enunciato F (o insieme di enunciati Γ) è equisoddisfacibile ad un enunciato universale (o insieme di enunciati universali) in un linguaggio estensione del linguaggio di F (di

Dettagli

Introduzione Ordini parziali e Reticoli Punti fissi

Introduzione Ordini parziali e Reticoli Punti fissi Introduzione Ordini parziali e Reticoli Punti fissi By Giulia Costantini (819048) & Giuseppe Maggiore (819050) Table of Contents ORDINE PARZIALE... 3 Insieme parzialmente ordinato... 3 Diagramma di Hasse...

Dettagli

Come visto precedentemente l equazione integro differenziale rappresentativa dell equilibrio elettrico di un circuito RLC è la seguente: 1 = (1)

Come visto precedentemente l equazione integro differenziale rappresentativa dell equilibrio elettrico di un circuito RLC è la seguente: 1 = (1) Transitori Analisi nel dominio del tempo Ricordiamo che si definisce transitorio il periodo di tempo che intercorre nel passaggio, di un sistema, da uno stato energetico ad un altro, non è comunque sempre

Dettagli

LEZIONE 16. Proposizione 16.1.2. Siano V e W spazi vettoriali su k = R, C. Se f: V W

LEZIONE 16. Proposizione 16.1.2. Siano V e W spazi vettoriali su k = R, C. Se f: V W LEZIONE 16 16.1. Applicazioni lineari iniettive e suriettive. Ricordo le seguenti due definizioni valide per applicazioni di qualsiasi tipo ϕ: X Y fra due insiemi. L applicazione ϕ si dice iniettiva se

Dettagli

Politecnico di Milano. Facoltà di Ingegneria Industriale. Corso di Analisi e Geometria 2. Sezione D-G. (Docente: Federico Lastaria).

Politecnico di Milano. Facoltà di Ingegneria Industriale. Corso di Analisi e Geometria 2. Sezione D-G. (Docente: Federico Lastaria). Politecnico di Milano. Facoltà di Ingegneria Industriale. Corso di Analisi e Geometria 2. Sezione D-G. (Docente: Federico Lastaria). Aprile 20 Indice Serie numeriche. Serie convergenti, divergenti, indeterminate.....................

Dettagli

L anello dei polinomi

L anello dei polinomi L anello dei polinomi Sia R un anello commutativo con identità. È possibile costruire un anello commutativo unitario, che si denota con R[x], che contiene R (come sottoanello) e un elemento x non appartenente

Dettagli

Anno 3. Funzioni: dominio, codominio e campo di esistenza

Anno 3. Funzioni: dominio, codominio e campo di esistenza Anno 3 Funzioni: dominio, codominio e campo di esistenza 1 Introduzione In questa lezione parleremo delle funzioni. Ne daremo una definizione e impareremo a studiarne il dominio in relazione alle diverse

Dettagli

~ Copyright Ripetizionando - All rights reserved ~ http://ripetizionando.wordpress.com STUDIO DI FUNZIONE

~ Copyright Ripetizionando - All rights reserved ~ http://ripetizionando.wordpress.com STUDIO DI FUNZIONE STUDIO DI FUNZIONE Passaggi fondamentali Per effettuare uno studio di funzione completo, che non lascia quindi margine a una quasi sicuramente errata inventiva, sono necessari i seguenti 7 passaggi: 1.

Dettagli

4 Dispense di Matematica per il biennio dell Istituto I.S.I.S. Gaetano Filangieri di Frattamaggiore EQUAZIONI FRATTE E SISTEMI DI EQUAZIONI

4 Dispense di Matematica per il biennio dell Istituto I.S.I.S. Gaetano Filangieri di Frattamaggiore EQUAZIONI FRATTE E SISTEMI DI EQUAZIONI 119 4 Dispense di Matematica per il biennio dell Istituto I.S.I.S. Gaetano Filangieri di Frattamaggiore EQUAZIONI FRATTE E SISTEMI DI EQUAZIONI Indice degli Argomenti: TEMA N. 1 : INSIEMI NUMERICI E CALCOLO

Dettagli

x 2 + y2 4 = 1 x = cos(t), y = 2 sin(t), t [0, 2π] Al crescere di t l ellisse viene percorsa in senso antiorario.

x 2 + y2 4 = 1 x = cos(t), y = 2 sin(t), t [0, 2π] Al crescere di t l ellisse viene percorsa in senso antiorario. Le soluzioni del foglio 2. Esercizio Calcolare il lavoro compiuto dal campo vettoriale F = (y + 3x, 2y x) per far compiere ad una particella un giro dell ellisse 4x 2 + y 2 = 4 in senso orario... Soluzione.

Dettagli

Esistenza di funzioni continue non differenziabili in alcun punto

Esistenza di funzioni continue non differenziabili in alcun punto UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA Esistenza di funzioni continue non differenziabili in alcun punto Relatore Prof. Andrea

Dettagli

Teoria delle code. Sistemi stazionari: M/M/1 M/M/1/K M/M/S

Teoria delle code. Sistemi stazionari: M/M/1 M/M/1/K M/M/S Teoria delle code Sistemi stazionari: M/M/1 M/M/1/K M/M/S Fabio Giammarinaro 04/03/2008 Sommario INTRODUZIONE... 3 Formule generali di e... 3 Leggi di Little... 3 Cosa cerchiamo... 3 Legame tra N e le

Dettagli

Teoria degli insiemi

Teoria degli insiemi Teoria degli insiemi pag 1 Easy Matematica di dolfo Scimone Teoria degli insiemi Il concetto di insieme si assume come primitivo, cioè non riconducibile a concetti precedentemente definiti. Sinonimi di

Dettagli