MODULI INIETTIVI. Definizione: Un inclusione di A-moduli ι : M N si dice estensione essenziale di M se per ogni sottomodulo non nullo P N, P ι(m) 0.
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- Federigo Randazzo
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1 MODULI INIETTIVI Definizione: Un inclusione di A-moduli ι : M N si dice estensione essenziale di M se per ogni sottomodulo non nullo P N, P ι(m) 0. Esempio: Supponiamo che A sia un dominio e chiamiamo K il suo campo delle frazioni. Allora ι : A K è un estensione essenziale di A. Infatti, sia H un A-sottomodulo non nullo di K e sia h H un elemento non nullo. Scrivendoci h = f /g con f e g in A, chiaramente gh = f /1 ι(a) H. Proposizione: Data un inclusione di A-moduli α : M N, esiste un A-sottomodulo N 0 N tale che ι : M N 0 è massimale fra le estensioni essenziali di M contenute in N. Dim: Fare per esercizio usando il lemma di Zorn. L estensione M N 0 si dice estensione essenziale massimale di M dentro N. Un estensione essenziale M N è un estensione essenziale massimale di M (in senso assoluto) se ogni estensione essenziale N N è un isomorfismo.
2 Proposizione: (i) Un A-modulo è iniettivo se e solo se non ha estensioni essenziali proprie. (ii) Sia M E un inclusione di A-moduli con E iniettivo. Se M N è un estensione essenziale massimale di M dentro E, allora N è iniettivo. In particolare, N è un estensione essenziale massimale di M. (iii) Se M E e M E sono estensioni essenziali massimali di M, allora E = E (non canonicamente). Dim.: (i) Sia E un A-modulo iniettivo. Per ogni inclusione di A-moduli ι : E N, abbiamo che E è un addendo diretto di N. Cioè c è un A-sottomodulo N N tale che N = ι(e) N. Poiché N ι(e) = 0, se N fosse un estensione essenziale di E, allora N = 0, che sarebbe a dire E = N. Per il viceversa, immergiamo il nostro A-modulo M in un iniettivo E, diciamo ι : M E. Per il lemma di Zorn possiamo scegliere un A-sottomodulo N E che sia massimale rispetto alla proprietà che N ι(m) = 0. Allora ῑ : M E/N è un estensione essenziale. Siccome M non ha estensioni essenziali proprie, M = E/N, quindi E = ι(m) + N. Poiché N ι(m) = 0, in realtà E = ι(m) N, da cui segue che M è iniettivo.
3 (ii) Sia M E con E iniettivo e M N un estensione essenziale massimale dentro E. Dimostriamo che N non ha estensioni essenziali proprie in senso assoluto. Sia, per assurdo, β : N Q un estensione essenziale propria. Siccome E è iniettivo, l inclusione N E si può estendere ad una mappa α : Q E. Poiché N Q è essenziale, α è iniettiva (altrimenti Ker(α) β(n) 0), quindi α(q) sarebbe un estensione essenziale di M dentro E più grande di N, una contraddizione. Dunque N è iniettivo grazie a (i). (iii) Siano M E e ι : M E due estensioni essenziali massimali di M. Essendo E iniettivo, la mappa M E si estende a una mappa φ : E E. Poiché M E è essenziale, φ è iniettiva. Allora E = φ(e) E, e siccome ι(m) φ(e) e ι : M E è essenziale, allora E = 0. Definizione: Dato un A-modulo M denoteremo con E A (M), solo E(M) quando è chiaro chi è A, la sua estensione essenziale massimale (unica a meno d isomorfismo non canonico). Chiameremo E(M) l involucro iniettivo di M.
4 Teorema: Se E è un A-modulo initettivo, allora E è isomorfo a una somma diretta di moduli del tipo E A (A/ ) con Spec(A). Dim.: Prendiamo una famiglia {E λ } Λ di sottomoduli di E che sia massimale rispetto alle proprietà: (i) E λ = EA (A/ λ ) per qualche λ Spec(A). (ii) E λ E µ = 0 se λ µ. Che tale famiglia esista è assicurato dal lemma di Zorn. Sia E = L λ Λ E λ, e E E tale che E = E E. Per assurdo E 0: allora esiste 0 x E. Sia un primo associato di Ax. Allora A/ Ax E = E A (A/ ) E. Ma allora potremmo aggiungere E A (A/ ) a {E λ } Λ, contraddicendone la massimalità. Esercizio*: Un A-modulo si dice indecomponibile se non può essere scritto come somma diretta di due suoi sottomoduli non nulli. Dimostrare che un A-modulo iniettivo E è indecomponibile se e solo se E = E A (A/ ) per qualche Spec(A). Si può dimostrare che una decomposizione come quella del teorema è unica.
5 UN PÒ DI CULTURA SULLE RISOLUZIONI INIETTIVE Dato un A-modulo M = M 0, lo possiamo immergere nel suo involucro iniettivo ι 0 : M 0 E(M 0). La stessa cosa possiamo fare per M 1 = E(M 0)/ι 0(M 0), ottenendo ι 1 : M 1 E(M 1). In questo modo otteniamo una risoluzione iniettiva 0 M E dove, chiamando E i = E(M i ): E : E 0 d 0 E 1 d 1 E 2 d 2 E 3... Tale risoluzione iniettiva ha la proprietà che E i = E(Ker(d i )) i N. Una risoluzione di M con questa proprietà si chiama risoluzione iniettiva minimale di M. È facile vedere che due risoluzioni iniettive minimali di M sono isomorfe come complessi. In particolare i numeri µ i (, M) di copie di E(A/ ) che compaiono nella decomposizione di E i in indecomponibili sono invarianti di M, chiamati numeri di Bass. Si può provare che, se M è finitamente generato, µ i (, M) < i N, Spec(A). Si può dimostrare che A è di Gorenstein se e solo se ammette una risoluzione iniettiva finita se e solo se µ i (, A) = δ i,ht( ).
6 Proposizione: Sia Spec(A). Ogni elemento di E := E A (A/ ) è ucciso da una potenza di. Se x A \, allora la moltiplicazione φ x : E E per x è un isomorfismo. In particolare E ha una struttura naturale di A -modulo, data da a/x e := aφ 1 x (e). Dim.: Sia 0 m E e Am E. Basta provare che Ass(Am) = { }, siccome in tal caso 0 : A m =. Sia Ass(Am). Allora A/ Am E. Poiché E è essenziale per A/, abbiamo A/ A/ 0. Sia 0 x A/ A/. Allora = 0 : A x =, dunque Ass(Am) { }. L uguaglianza segue dal fatto che un modulo non nullo ha almeno un primo associato. Se x A \, abbiamo x : A/ A/ E. Possiamo estendere la moltiplicazione a tutto E, ottenendo φ x : E E. Poiché E è un estensione essenziale di R/, φ x deve essere iniettiva. Dunque φ x(e) è un sottomodulo di E, e quindi ne è un addendo diretto. Ma allora φ x(e) = E, perché E è indecomponibile.
7 CAMBI DI ANELLO Sia R un altro anello e φ : A R un omomorfismo di anelli. Definizione (restrizione degli scalari): Se N è un R-modulo, denotiamo con N φ l A-modulo ottenuto restringendo gli scalari: cioè N φ = N come gruppo abeliano e a n := φ(a)n a A, n N. Definizione (estensione degli scalari): Ad ogni A-modulo M possiamo associare il seguente R-modulo: R φ A M, dove r (r m) := rr m per ogni r, r R, m M. In realtà la restrizione degli scalari è un funtore covariante da Mod(R) in Mod(A), e l estensione degli scalari è un funtore covariante nella direzione opposta. Esercizio: Fare un esempio di due anelli A e R e di un R-modulo N tali che E R (N) φ E A (N φ ). Dimostrare che E A (A/ ) = E A (A / A ) φ per ogni primo, dove φ è la mappa di localizzazione A A.
8 Lemma: Sia x = x 1,..., x r A, I = (x 1,..., x r ) A e p {0,..., r}. Allora: 1. Per ogni A-modulo M, ogni elemento di H p (C(x; M) ) è ucciso da 0 : A M e da una potenza di I. 2. Se A φ R è un omomorfismo di anelli e N è un R-modulo, allora H p (C(x; N φ ) ) e H p (C(φ(x); N) ) sono R-moduli isomorfi. 3. Se {M λ } Λ è un sistema diretto di A-moduli su un insieme diretto Λ, allora H p (C(x; limm λ ) ) = lim(h p (C(x; M λ ) )). Dim.: 1. Prima di tutto conviene scriversi: C(x; M) p 1 d p 1 C(x; M) p d p C(x; M) p+1 e ricordarsi che H p (C(x; M) ) = Ker(d p )/ Im(d p 1 ). Ogni elemento di C(x; M) p = Mxi1 x ip è ucciso da 0 : A M, a maggior ragione lo è ogni elemento di H p (C(x; M) ). Per dimostrare che ogni elemento di H p (C(x; M) ) è ucciso da una potenza di I, consideriamo: m = X m i1...i p (x i1 x ip ) α Ker(d p ) i 1...ip Sia j = 1,..., r. Se j {i 1,..., i p}, allora x α i 1...ip j m i1...i p (x i1 x ip ) α i 1...ip Im(d p 1 ).
9 Se j / {i 1,..., i p}, siccome m deve essere 0 in (M xi1 x ip ) xj, esiste N N tale m k1...k p che xj N m = 0 C(x; M) p, dove m è la somma degli (x k1 x kp ) α con k 1...kp {k 1,..., k p} {i 1,..., i p, j}. Se N 0, l unico termine della sommatoria di xj N m che a priori non sta in Im(d p 1 ) è xj N m i1...i p (x i1 x ip ) α ; essendo i 1...ip xj N m = 0, a posteriori anche xj N m i1...i p (x i1 x ip ) α Im(d p 1 ). Ne segue che m i 1...ip moltiplicato per una potenza abbastanza grande di I sta in Im(d p 1 ). 2. Notiamo che, a priori, C(x; N φ ) è un complesso di A-moduli, e non di R-moduli. Però è evidente che ogni C(x; N φ ) i eredita la struttura di R-modulo da quella di N. Inoltre con questa struttura C(x; N φ ) e C(φ(x); N) sono complessi isomorfi di R-moduli, da cui la tesi. 3. Segue dal fatto che i limiti diretti commutano con il prodotto tensore, cosicché C(x; limm λ ) = lim C(x; M λ ), e con l omologia, cosicché H p (limc(x; M λ ) ) = Ker(lim d p λ ) Ker(d = p λ lim ) Im(limd p 1 λ ) Im(d p 1 λ ) = lim Hp (C(x; M λ ) ).
10 Lemma: Sia x = x 1,..., x r A e M un A-modulo di lunghezza finita. Allora H p (C(x; M) ) = 0 p > 0. Dim.: Sia 0 = M 0 M 1... M k = M una serie di composizione massimale. Quindi M i /M i 1 = A/m per ogni i = 1,..., k, dove m è un ideale massimale di A. Procediamo per induzione su i. i = 1. Abbiamo M 1 = A/m per qualche massimale. Sia k il campo A/m e A φ k l omomorfismo di anelli dato dalla proiezione. Chiaramente k φ = M1, dunque H p (C(x; M 1) ) = H p (C(φ(x); k) ) p = 0,..., r. Se l ideale I = (φ(x 1),..., φ(x r )) k non è zero, allora I = k. Ma poiché esiste N N tale che I N H p (C(φ(x); k) ) = 0, lo stesso H p (C(φ(x); k) ) deve essere 0. Se I = 0 addirittura C p (φ(x); k) = 0 per p > 0, poiché se si localizza un modulo a 0 si ottiene il modulo nullo. Se i > 1 consideriamo la sequenza esatta corta 0 M i 1 M i A/m 0, dove m è un massimale di A. Essa induce una sequenza esatta lunga in coomologia di Čech, di cui consideriamo i pezzi, al variare di p > 0: H p (C(x; M i 1 ) ) H p (C(x; M i ) ) H p (C(x; A/m) ). Per induzione H p (C(x; M i 1 ) ) = 0 e H p (C(x; A/m) ) = 0 come dimostrato nel caso i = 1. Quindi H p (C(x; M i ) ) = 0.
11 Teorema: Sia x = x 1,..., x r A e E un A-modulo iniettivo. Allora H p (C(x; E) ) = 0 p > 0. Dim.: Ricordiamo che E è isomorfo alla somma diretta di moduli del tipo E A (A/ ) con Spec(A). Diciamo E = L λ Λ E λ dove E λ = EA (A/ λ ). Esercizio: Dimostrare che H p (C(x; E) ) = L λ Λ Hp (C(x; E λ ) ). Quindi possiamo ridurci a pensare che E = E A (A/ ) per qualche primo. Siccome E A (A / A ) φ = EA (A/ ), dove A φ A è l omomorfismo di localizzazione, H p (C(φ(x); E A (A / A )) ) = H p (C(x; E A (A/ )) ). Quindi possiamo limitarci a dimostrare il teorema nel caso in cui (A, m) è locale e E = E A (A/m). Poiché ogni elemento di E è ucciso da una potenza di m, ogni sottomodulo finitamente generato di E ha come unico primo associato m, e quindi ha lunghezza finita. Abbiamo concluso, perché E è il limite diretto dei suoi sottomoduli finitamente generati, e H p (C(x; M) ) = 0 p > 0 e M di lunghezza finita grazie al lemma della slide precedente.
12 Corollario A: Siano I A e x = x 1,..., x r A tali che I = p (x 1,..., x r ). Allora {H i I } i N e {H i (C(x; ) } sono successioni connesse di funtori isomorfe. Corollario B: Sia I A e {M λ } un sistema diretto di A-moduli su un insieme diretto. Allora HI i (limm λ ) = limh i I (M λ ) i N. In particolare, per ogni sistema moltiplicativo S A e A-modulo M, HI i (S 1 M) = S 1 HI i (M). Corollario C: Sia I A e A φ R un omomorfismo di anelli e N un R-modulo. Allora H i I (N φ ) = H i φ(i )R(N). Esercizi: Sia I A, M un A-modulo e i N. (i) Se A φ R è un omomorfismo di anelli tale che R φ è un A-modulo piatto, dimostrare che H i φ(i )R(M A R φ ) = H i I (M) A R φ. (Usare Corollario A). (ii) Se M = L λ Λ M λ (Λ può essere infinito), usando il Corollario B dimostrare che H i I (M) = L λ Λ Hi I (M λ ). (iii) Usando il Corollario C e un osservazione della scorsa lezione, provare che cd(m, I ) dim M + 1 = dim(a/(0 : A M)) + 1.
13 DIMENSIONE COOMOLOGICA DI UN IDEALE Teorema: Supponiamo che dim A < e sia I A. Allora cd(m, I ) cd(a, I ) per ogni A-modulo M. Dim.: Poniamo c := cd(a, I ) e c := sup{cd(m, I ) : M è un A-modulo}. Sappiamo che c ara(i ) dim A + 1. Per assurdo, sia c > c e scegliamo un A-modulo M tale che HI c (M) 0. Presentiamo M come segue: 0 K L Λ A π M 0, dove K è semplicemente il nucleo di π. Consideriamo il pezzo della sequenza esatta lunga: HI c ( L Λ A) Hc I (M) H c +1 I (K). Ma HI c ( L Λ A) = L Λ Hc I (A) = 0 perché c > c e H c +1 I (K) = 0 per la massimalità di c. Quindi HI c (M) = 0, una contraddizione. L intero cd(a, I ) = sup{cd(m, I ) : M è un A-modulo} si dice la dimensione coomologica di I.
14 ALCUNI RISULTATI SU cd(a, I ) Chiudiamo la serie di lezioni con alcuni dei risultati più importanti sulla dimensione coomologica. Per semplicità ne enunciamo solo dei casi particolari. - (Grothendieck) ht(i ) cd(a, I ) dim A. Durante il corso abbiamo dimostrato che grado(i, A) cd(a, I ) dim A (Hartshorne, Lichtenbaum) Se S = k[x 0,..., x n], J S è un primo omogeneo e I A = S/J è omogeneo, allora cd(a, I ) < dim A se e solo se I non è massimale. In particolare, se J = 0, cd(s, I ) n se e solo se I (x 0,..., x n). - (Hartshorne, Speiser, Huneke, Lyubeznik) Usando le notazioni del punto precedente con J = 0, cd(s, I ) < n V +(I ) è connesso.
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