Stati fondamentali per le equazioni non lineari di Klein-Gordon-Maxwell

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1 Stati fondamentali per le equazioni non lineari di Klein-Gordon-Maxwell Alessio Pomponio Dipartimento di Matematica, Politecnico di Bari IperBA09 XIII Incontro Nazionale Problemi di Tipo Iperbolico Bari 2009

2 Per onde solitarie si intende una soluzione di un equazione di campo la cui energia viaggia come un pacchetto localizzato. Se l onda solitaria esibisce una stabilità orbitale viene chiamata solitone. I solitoni si comportano come particelle e sono presenti in diversi problemi della fisica matematica come la teoria di campo, l ottica non lineare, la meccanica fluida.

3 Per onde solitarie si intende una soluzione di un equazione di campo la cui energia viaggia come un pacchetto localizzato. Se l onda solitaria esibisce una stabilità orbitale viene chiamata solitone. I solitoni si comportano come particelle e sono presenti in diversi problemi della fisica matematica come la teoria di campo, l ottica non lineare, la meccanica fluida.

4 Per onde solitarie si intende una soluzione di un equazione di campo la cui energia viaggia come un pacchetto localizzato. Se l onda solitaria esibisce una stabilità orbitale viene chiamata solitone. I solitoni si comportano come particelle e sono presenti in diversi problemi della fisica matematica come la teoria di campo, l ottica non lineare, la meccanica fluida.

5 Un equazione che dà origine a soluzioni solitoniche è l equazione non lineare di Klein-Gordon: 2 ψ t 2 ψ + m2 0ψ ψ p 1 ψ = 0 (KG) dove ψ = ψ(x, t): R 3 R C è una funzione di campo, p > 1, e m 0 la massa. La densità lagrangiana relativa a (KG) è: L = 1 2 [ ψ t 2 ψ 2 m 2 0 ψ 2 ] + 1 p + 1 ψ p+1. Risultati di esistenza e di stabilità per l equazione (KG) sono stati ottenuti da vari autori: Bellazzini, Benci, Berestycki, Bonanno, Coleman, Fortunato, Glazer, Lions, Martin, Micheletti, Shatah, Sinibaldi, Strauss...

6 Un equazione che dà origine a soluzioni solitoniche è l equazione non lineare di Klein-Gordon: 2 ψ t 2 ψ + m2 0ψ ψ p 1 ψ = 0 (KG) dove ψ = ψ(x, t): R 3 R C è una funzione di campo, p > 1, e m 0 la massa. La densità lagrangiana relativa a (KG) è: L = 1 2 [ ψ t 2 ψ 2 m 2 0 ψ 2 ] + 1 p + 1 ψ p+1. Risultati di esistenza e di stabilità per l equazione (KG) sono stati ottenuti da vari autori: Bellazzini, Benci, Berestycki, Bonanno, Coleman, Fortunato, Glazer, Lions, Martin, Micheletti, Shatah, Sinibaldi, Strauss...

7 Un equazione che dà origine a soluzioni solitoniche è l equazione non lineare di Klein-Gordon: 2 ψ t 2 ψ + m2 0ψ ψ p 1 ψ = 0 (KG) dove ψ = ψ(x, t): R 3 R C è una funzione di campo, p > 1, e m 0 la massa. La densità lagrangiana relativa a (KG) è: L = 1 2 [ ψ t 2 ψ 2 m 2 0 ψ 2 ] + 1 p + 1 ψ p+1. Risultati di esistenza e di stabilità per l equazione (KG) sono stati ottenuti da vari autori: Bellazzini, Benci, Berestycki, Bonanno, Coleman, Fortunato, Glazer, Lions, Martin, Micheletti, Shatah, Sinibaldi, Strauss...

8 Sia adesso assegnato un campo elettromagnetico (E, H) descritto dai potenziali di guage φ: R 3 R R, A: R 3 R R 3, attraverso le seguenti equazioni ( E = φ + A ), t H = A.

9 L interazione tra il campo elettromagnetico (E, H) e il campo ψ viene descritta mediante la regola della minimal coupling : formalmente nella lagrangiana L le derivate t, vengono sostituite dalle derivate covarianti di Weyl, cioè t t + ieφ, iea, dove e rappresenta la carica elettrica.

10 L interazione tra il campo elettromagnetico (E, H) e il campo ψ viene descritta mediante la regola della minimal coupling : formalmente nella lagrangiana L le derivate t, vengono sostituite dalle derivate covarianti di Weyl, cioè t t + ieφ, iea, dove e rappresenta la carica elettrica.

11 L interazione tra il campo elettromagnetico (E, H) e il campo ψ viene descritta mediante la regola della minimal coupling : formalmente nella lagrangiana L le derivate t, vengono sostituite dalle derivate covarianti di Weyl, cioè t t + ieφ, iea, dove e rappresenta la carica elettrica.

12 Pertanto L diventa [ L 0 = 1 ψ 2 t + ieφψ Se poniamo 2 ψ ieaψ 2 m 2 0 ψ 2 ] + 1 p + 1 ψ p+1. ψ(x, t) = u(x, t)e is(x,t), u, S R allora la densità lagrangiana diventa L 0 = 1 2 {u2 t u 2 [ S ea 2 (S t +eφ) 2 +m 2 0]u 2 }+ 1 p + 1 u p+1.

13 Pertanto L diventa [ L 0 = 1 ψ 2 t + ieφψ Se poniamo 2 ψ ieaψ 2 m 2 0 ψ 2 ] + 1 p + 1 ψ p+1. ψ(x, t) = u(x, t)e is(x,t), u, S R allora la densità lagrangiana diventa L 0 = 1 2 {u2 t u 2 [ S ea 2 (S t +eφ) 2 +m 2 0]u 2 }+ 1 p + 1 u p+1.

14 Alla lagrangiana L 0 bisogna sommare la lagrangiana del campo elettromagnetico ( L 1 = 1 ( E 2 H 2) = 1 A 2 2 φ + t L azione totale è quindi: S tot (u, S, φ, A) = (L 0 + L 1 ) dx dt. 2 A 2 ).

15 Alla lagrangiana L 0 bisogna sommare la lagrangiana del campo elettromagnetico ( L 1 = 1 ( E 2 H 2) = 1 A 2 2 φ + t L azione totale è quindi: S tot (u, S, φ, A) = (L 0 + L 1 ) dx dt. 2 A 2 ).

16 Le equazioni di Eulero-Lagrange del funzionale S tot = S tot (u, S, φ, A) rispetto a u, S, φ e A sono: [ ( ) ] u + S ea 2 S 2 t + eφ + m 2 0 u u p 1 u = 0; (1) [( ) ] S t t + eφ u 2 [( S ea) u 2] = 0; (2) ( ) ( ) A S + φ = e t t + eφ u 2 ; (3) ( A) + ( ) A + φ = e ( S ea) u 2. (4) t t Risultati di esistenza e stabilità sono dovuti a Long (2006) per carica e sufficientemente piccola.

17 Le equazioni di Eulero-Lagrange del funzionale S tot = S tot (u, S, φ, A) rispetto a u, S, φ e A sono: [ ( ) ] u + S ea 2 S 2 t + eφ + m 2 0 u u p 1 u = 0; (1) [( ) ] S t t + eφ u 2 [( S ea) u 2] = 0; (2) ( ) ( ) A S + φ = e t t + eφ u 2 ; (3) ( A) + ( ) A + φ = e ( S ea) u 2. (4) t t Risultati di esistenza e stabilità sono dovuti a Long (2006) per carica e sufficientemente piccola.

18 Ponendo ( ) S ρ = e t + eφ u 2, j = e ( S ea) u 2, (2), (3) e (4) diventano ρ div j = 0, t (5) div E = ρ, (6) H E = j. t (7) Interpretando ρ come la densità di carica e j come la densità di corrente, allora (5) è l equazione di continuità, mentre (6) e (7) sono due delle equazioni di Maxwell, rispettivamente l equazione di Gauss e quella di Ampere.

19 Ponendo ( ) S ρ = e t + eφ u 2, j = e ( S ea) u 2, (2), (3) e (4) diventano ρ div j = 0, t (5) div E = ρ, (6) H E = j. t (7) Interpretando ρ come la densità di carica e j come la densità di corrente, allora (5) è l equazione di continuità, mentre (6) e (7) sono due delle equazioni di Maxwell, rispettivamente l equazione di Gauss e quella di Ampere.

20 Ponendo ( ) S ρ = e t + eφ u 2, j = e ( S ea) u 2, (2), (3) e (4) diventano ρ div j = 0, t (5) div E = ρ, (6) H E = j. t (7) Interpretando ρ come la densità di carica e j come la densità di corrente, allora (5) è l equazione di continuità, mentre (6) e (7) sono due delle equazioni di Maxwell, rispettivamente l equazione di Gauss e quella di Ampere.

21 Siamo interessati a cercare onde stazionarie nel caso elettrostatico, cioè u = u(x), S = ωt, φ = φ(x), A = 0, dove ω è una costante positiva. Allora (2) e (4) sono identicamente soddisfatte, mentre (1) e (3) diventano { u + [m 2 0 (ω + eφ) 2 ]u u p 1 u = 0 in R 3, φ + e 2 u 2 φ = eωu 2 in R 3. (KGM) L equazioni (KGM) vengono chiamate equazioni di Klein-Gordon-Maxwell. Problema affrontato da Benci, Cassani, D Aprile, d Avenia, Fortunato, Georgiev, Mugnai, Pisani, Siciliano, Visciglia...

22 Siamo interessati a cercare onde stazionarie nel caso elettrostatico, cioè u = u(x), S = ωt, φ = φ(x), A = 0, dove ω è una costante positiva. Allora (2) e (4) sono identicamente soddisfatte, mentre (1) e (3) diventano { u + [m 2 0 (ω + eφ) 2 ]u u p 1 u = 0 in R 3, φ + e 2 u 2 φ = eωu 2 in R 3. (KGM) L equazioni (KGM) vengono chiamate equazioni di Klein-Gordon-Maxwell. Problema affrontato da Benci, Cassani, D Aprile, d Avenia, Fortunato, Georgiev, Mugnai, Pisani, Siciliano, Visciglia...

23 Siamo interessati a cercare onde stazionarie nel caso elettrostatico, cioè u = u(x), S = ωt, φ = φ(x), A = 0, dove ω è una costante positiva. Allora (2) e (4) sono identicamente soddisfatte, mentre (1) e (3) diventano { u + [m 2 0 (ω + eφ) 2 ]u u p 1 u = 0 in R 3, φ + e 2 u 2 φ = eωu 2 in R 3. (KGM) L equazioni (KGM) vengono chiamate equazioni di Klein-Gordon-Maxwell. Problema affrontato da Benci, Cassani, D Aprile, d Avenia, Fortunato, Georgiev, Mugnai, Pisani, Siciliano, Visciglia...

24 Siamo interessati a cercare onde stazionarie nel caso elettrostatico, cioè u = u(x), S = ωt, φ = φ(x), A = 0, dove ω è una costante positiva. Allora (2) e (4) sono identicamente soddisfatte, mentre (1) e (3) diventano { u + [m 2 0 (ω + eφ) 2 ]u u p 1 u = 0 in R 3, φ + e 2 u 2 φ = eωu 2 in R 3. (KGM) L equazioni (KGM) vengono chiamate equazioni di Klein-Gordon-Maxwell. Problema affrontato da Benci, Cassani, D Aprile, d Avenia, Fortunato, Georgiev, Mugnai, Pisani, Siciliano, Visciglia...

25 Siamo interessati a cercare onde stazionarie nel caso elettrostatico, cioè u = u(x), S = ωt, φ = φ(x), A = 0, dove ω è una costante positiva. Allora (2) e (4) sono identicamente soddisfatte, mentre (1) e (3) diventano { u + [m 2 0 (ω + eφ) 2 ]u u p 1 u = 0 in R 3, φ + e 2 u 2 φ = eωu 2 in R 3. (KGM) L equazioni (KGM) vengono chiamate equazioni di Klein-Gordon-Maxwell. Problema affrontato da Benci, Cassani, D Aprile, d Avenia, Fortunato, Georgiev, Mugnai, Pisani, Siciliano, Visciglia...

26 Siamo interessati a cercare onde stazionarie nel caso elettrostatico, cioè u = u(x), S = ωt, φ = φ(x), A = 0, dove ω è una costante positiva. Allora (2) e (4) sono identicamente soddisfatte, mentre (1) e (3) diventano { u + [m 2 0 (ω + eφ) 2 ]u u p 1 u = 0 in R 3, φ + e 2 u 2 φ = eωu 2 in R 3. (KGM) L equazioni (KGM) vengono chiamate equazioni di Klein-Gordon-Maxwell. Problema affrontato da Benci, Cassani, D Aprile, d Avenia, Fortunato, Georgiev, Mugnai, Pisani, Siciliano, Visciglia...

27 Cerchiamo soluzioni per il problema (KGM) ad energia finita, ossia u H 1 (R 3 ) e φ D 1,2 (R 3 ), come punti critici del funzionale E : H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) R: E(u, φ) = 1 2 u 2 φ 2 + [m 2 0 (ω + eφ) 2 ]u 2 R 3 1 u p+1. p + 1 R 3

28 Cerchiamo soluzioni per il problema (KGM) ad energia finita, ossia u H 1 (R 3 ) e φ D 1,2 (R 3 ), come punti critici del funzionale E : H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) R: E(u, φ) = 1 2 u 2 φ 2 + [m 2 0 (ω + eφ) 2 ]u 2 R 3 1 u p+1. p + 1 R 3

29 Una prima difficoltà... Osserviamo che il funzionale E è fortemente indefinito, cioè illimitato superiormente e inferiormente, anche a meno di perturbazioni compatte. Questa indefinitezza viene usualmente superata attraverso il metodo di riduzione.

30 Una prima difficoltà... Osserviamo che il funzionale E è fortemente indefinito, cioè illimitato superiormente e inferiormente, anche a meno di perturbazioni compatte. Questa indefinitezza viene usualmente superata attraverso il metodo di riduzione.

31 Per ogni u H 1 (R 3 ), esiste un unica φ = φ u D 1,2 (R 3 ) che soddisfa φ + e 2 u 2 φ = eωu 2 in R 3. Inoltre φ u 0; φ u ω e, nell insieme {x R3 u(x) 0}.

32 Per ogni u H 1 (R 3 ), esiste un unica φ = φ u D 1,2 (R 3 ) che soddisfa φ + e 2 u 2 φ = eωu 2 in R 3. Inoltre φ u 0; φ u ω e, nell insieme {x R3 u(x) 0}.

33 La mappa Φ La mappa Φ : u H 1 (R 3 ) φ u D 1,2 (R 3 ) è differenziabile. La mappa Φ è continua per la topologia debole in questo senso: u n u 0 in H 1 (R 3 ) = φ un φ u0 in D 1,2 (R 3 ), a meno di sottosuccessioni.

34 La mappa Φ La mappa Φ : u H 1 (R 3 ) φ u D 1,2 (R 3 ) è differenziabile. La mappa Φ è continua per la topologia debole in questo senso: u n u 0 in H 1 (R 3 ) = φ un φ u0 in D 1,2 (R 3 ), a meno di sottosuccessioni.

35 La mappa Φ La mappa Φ : u H 1 (R 3 ) φ u D 1,2 (R 3 ) è differenziabile. La mappa Φ è continua per la topologia debole in questo senso: u n u 0 in H 1 (R 3 ) = φ un φ u0 in D 1,2 (R 3 ), a meno di sottosuccessioni.

36 (u, φ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) è soluzione di (KGM); u H 1 (R 3 ) è un punto critico del funzionale I : H 1 (R 3 ) R, dove I(u) = E(u, φ u ); φ = φ u. In particolare, ponendo Ω = m 2 0 ω2, si ha I(u) = 1 2 R 3 u 2 + Ωu 2 eωφ u u 2 1 p + 1 R 3 u p+1.

37 (u, φ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) è soluzione di (KGM); u H 1 (R 3 ) è un punto critico del funzionale I : H 1 (R 3 ) R, dove I(u) = E(u, φ u ); φ = φ u. In particolare, ponendo Ω = m 2 0 ω2, si ha I(u) = 1 2 R 3 u 2 + Ωu 2 eωφ u u 2 1 p + 1 R 3 u p+1.

38 (u, φ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) è soluzione di (KGM); u H 1 (R 3 ) è un punto critico del funzionale I : H 1 (R 3 ) R, dove I(u) = E(u, φ u ); φ = φ u. In particolare, ponendo Ω = m 2 0 ω2, si ha I(u) = 1 2 R 3 u 2 + Ωu 2 eωφ u u 2 1 p + 1 R 3 u p+1.

39 (u, φ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) è soluzione di (KGM); u H 1 (R 3 ) è un punto critico del funzionale I : H 1 (R 3 ) R, dove I(u) = E(u, φ u ); φ = φ u. In particolare, ponendo Ω = m 2 0 ω2, si ha I(u) = 1 2 R 3 u 2 + Ωu 2 eωφ u u 2 1 p + 1 R 3 u p+1.

40 (u, φ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) è soluzione di (KGM); u H 1 (R 3 ) è un punto critico del funzionale I : H 1 (R 3 ) R, dove I(u) = E(u, φ u ); φ = φ u. In particolare, ponendo Ω = m 2 0 ω2, si ha I(u) = 1 2 R 3 u 2 + Ωu 2 eωφ u u 2 1 p + 1 R 3 u p+1.

41 Se (u, φ u ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) è soluzione di (KGM), allora E(u, φ u ) = I(u) 0. Ci siamo interessati all esistenza di stati fondamentali (o soluzioni di ground state) per il problema (KGM), cioè cerchiamo (u 0, φ 0 ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) tali che (u 0, φ 0 ) è una soluzione non banale di (KGM); E(u 0, φ 0 ) E(u, φ), per ogni soluzione (u, φ) di (KGM).

42 Se (u, φ u ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) è soluzione di (KGM), allora E(u, φ u ) = I(u) 0. Ci siamo interessati all esistenza di stati fondamentali (o soluzioni di ground state) per il problema (KGM), cioè cerchiamo (u 0, φ 0 ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) tali che (u 0, φ 0 ) è una soluzione non banale di (KGM); E(u 0, φ 0 ) E(u, φ), per ogni soluzione (u, φ) di (KGM).

43 Se (u, φ u ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) è soluzione di (KGM), allora E(u, φ u ) = I(u) 0. Ci siamo interessati all esistenza di stati fondamentali (o soluzioni di ground state) per il problema (KGM), cioè cerchiamo (u 0, φ 0 ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) tali che (u 0, φ 0 ) è una soluzione non banale di (KGM); E(u 0, φ 0 ) E(u, φ), per ogni soluzione (u, φ) di (KGM).

44 Se (u, φ u ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) è soluzione di (KGM), allora E(u, φ u ) = I(u) 0. Ci siamo interessati all esistenza di stati fondamentali (o soluzioni di ground state) per il problema (KGM), cioè cerchiamo (u 0, φ 0 ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) tali che (u 0, φ 0 ) è una soluzione non banale di (KGM); E(u 0, φ 0 ) E(u, φ), per ogni soluzione (u, φ) di (KGM).

45 Se (u, φ u ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) è soluzione di (KGM), allora E(u, φ u ) = I(u) 0. Ci siamo interessati all esistenza di stati fondamentali (o soluzioni di ground state) per il problema (KGM), cioè cerchiamo (u 0, φ 0 ) H 1 (R 3 ) D 1,2 (R 3 ) tali che (u 0, φ 0 ) è una soluzione non banale di (KGM); E(u 0, φ 0 ) E(u, φ), per ogni soluzione (u, φ) di (KGM).

46 Il problema di trovare stati fondamentali è molto classico: per una grande classe di equazioni non lineari, tra cui quella di Schrödinger, è stato introdotto da Coleman, Glazer & Martin (1978) e riconsiderato da Berestycki & Lions (1983).

47 Risultato Il risultato principale è il seguente teorema: Teorema (A. Azzollini, A.P.) Il problema (KGM) ha uno stato fondamentale se 3 p < 5 e m 0 > ω; 1 < p < 3 e m 0 p 1 > ω 5 p.

48 Risultato Il risultato principale è il seguente teorema: Teorema (A. Azzollini, A.P.) Il problema (KGM) ha uno stato fondamentale se 3 p < 5 e m 0 > ω; 1 < p < 3 e m 0 p 1 > ω 5 p.

49 Dimostrazione Cerchiamo punti critici del funzionale I ristretto alla varietà di Nehari: N = { u H 1 (R 3 ) \ {0} G(u) := I (u), u = 0 }, dove G(u) = u 2 + Ωu 2 2eωφ u u 2 e 2 φ 2 uu 2 R 3 u p+1. R 3 N contiene tutti i punti critici non banali di I; N è un vincolo naturale, cioè ogni punto critico di I N è un punto critico di I.

50 Dimostrazione Cerchiamo punti critici del funzionale I ristretto alla varietà di Nehari: N = { u H 1 (R 3 ) \ {0} G(u) := I (u), u = 0 }, dove G(u) = u 2 + Ωu 2 2eωφ u u 2 e 2 φ 2 uu 2 R 3 u p+1. R 3 N contiene tutti i punti critici non banali di I; N è un vincolo naturale, cioè ogni punto critico di I N è un punto critico di I.

51 Dimostrazione Cerchiamo punti critici del funzionale I ristretto alla varietà di Nehari: N = { u H 1 (R 3 ) \ {0} G(u) := I (u), u = 0 }, dove G(u) = u 2 + Ωu 2 2eωφ u u 2 e 2 φ 2 uu 2 R 3 u p+1. R 3 N contiene tutti i punti critici non banali di I; N è un vincolo naturale, cioè ogni punto critico di I N è un punto critico di I.

52 Dimostrazione Cerchiamo punti critici del funzionale I ristretto alla varietà di Nehari: N = { u H 1 (R 3 ) \ {0} G(u) := I (u), u = 0 }, dove G(u) = u 2 + Ωu 2 2eωφ u u 2 e 2 φ 2 uu 2 R 3 u p+1. R 3 N contiene tutti i punti critici non banali di I; N è un vincolo naturale, cioè ogni punto critico di I N è un punto critico di I.

53 Dimostrazione Per ogni u N, si ha I(u) = p 1 u 2 + Ωu 2 p 3 eωφ u u 2 2(p + 1) R 3 2(p + 1) R e 2 φ 2 p + 1 uu 2. R 3 Esiste C > 0 tale che, per ogni u N, si ha I(u) C. Se σ := inf u N I(u); il nostro scopo è trovare ū N tale che I(ū) = σ, da cui seguirebbe che (ū, φū) è uno stato fondamentale di (KGM).

54 Dimostrazione Per ogni u N, si ha I(u) = p 1 u 2 + Ωu 2 p 3 eωφ u u 2 2(p + 1) R 3 2(p + 1) R e 2 φ 2 p + 1 uu 2. R 3 Esiste C > 0 tale che, per ogni u N, si ha I(u) C. Se σ := inf u N I(u); il nostro scopo è trovare ū N tale che I(ū) = σ, da cui seguirebbe che (ū, φū) è uno stato fondamentale di (KGM).

55 Dimostrazione Per ogni u N, si ha I(u) = p 1 u 2 + Ωu 2 p 3 eωφ u u 2 2(p + 1) R 3 2(p + 1) R e 2 φ 2 p + 1 uu 2. R 3 Esiste C > 0 tale che, per ogni u N, si ha I(u) C. Se σ := inf u N I(u); il nostro scopo è trovare ū N tale che I(ū) = σ, da cui seguirebbe che (ū, φū) è uno stato fondamentale di (KGM).

56 Dimostrazione Per ogni u N, si ha I(u) = p 1 u 2 + Ωu 2 p 3 eωφ u u 2 2(p + 1) R 3 2(p + 1) R e 2 φ 2 p + 1 uu 2. R 3 Esiste C > 0 tale che, per ogni u N, si ha I(u) C. Se σ := inf u N I(u); il nostro scopo è trovare ū N tale che I(ū) = σ, da cui seguirebbe che (ū, φū) è uno stato fondamentale di (KGM).

57 Dimostrazione Esiste (u n ) n N di Palais-Smale a livello σ, cioè tale che I(u n ) σ, I (u n ) 0. (u n ) n è limitata in H 1 (R 3 ); (u n ) n non fa vanishing, cioè esistono C > 0, r > 0 e una successione (ξ n ) n R 3 tale che u 2 n C, per ogni n; B r(ξ n) se v n := u n ( + ξ n ) N, allora (v n ) n è limitata in H 1 (R 3 ) e di (PS) e inoltre: B r v 2 n C, per ogni n.

58 Dimostrazione Esiste (u n ) n N di Palais-Smale a livello σ, cioè tale che I(u n ) σ, I (u n ) 0. (u n ) n è limitata in H 1 (R 3 ); (u n ) n non fa vanishing, cioè esistono C > 0, r > 0 e una successione (ξ n ) n R 3 tale che u 2 n C, per ogni n; B r(ξ n) se v n := u n ( + ξ n ) N, allora (v n ) n è limitata in H 1 (R 3 ) e di (PS) e inoltre: B r v 2 n C, per ogni n.

59 Dimostrazione Esiste (u n ) n N di Palais-Smale a livello σ, cioè tale che I(u n ) σ, I (u n ) 0. (u n ) n è limitata in H 1 (R 3 ); (u n ) n non fa vanishing, cioè esistono C > 0, r > 0 e una successione (ξ n ) n R 3 tale che u 2 n C, per ogni n; B r(ξ n) se v n := u n ( + ξ n ) N, allora (v n ) n è limitata in H 1 (R 3 ) e di (PS) e inoltre: B r v 2 n C, per ogni n.

60 Dimostrazione Esiste (u n ) n N di Palais-Smale a livello σ, cioè tale che I(u n ) σ, I (u n ) 0. (u n ) n è limitata in H 1 (R 3 ); (u n ) n non fa vanishing, cioè esistono C > 0, r > 0 e una successione (ξ n ) n R 3 tale che u 2 n C, per ogni n; B r(ξ n) se v n := u n ( + ξ n ) N, allora (v n ) n è limitata in H 1 (R 3 ) e di (PS) e inoltre: B r v 2 n C, per ogni n.

61 Dimostrazione Esiste (u n ) n N di Palais-Smale a livello σ, cioè tale che I(u n ) σ, I (u n ) 0. (u n ) n è limitata in H 1 (R 3 ); (u n ) n non fa vanishing, cioè esistono C > 0, r > 0 e una successione (ξ n ) n R 3 tale che u 2 n C, per ogni n; B r(ξ n) se v n := u n ( + ξ n ) N, allora (v n ) n è limitata in H 1 (R 3 ) e di (PS) e inoltre: B r v 2 n C, per ogni n.

62 Dimostrazione Esiste (u n ) n N di Palais-Smale a livello σ, cioè tale che I(u n ) σ, I (u n ) 0. (u n ) n è limitata in H 1 (R 3 ); (u n ) n non fa vanishing, cioè esistono C > 0, r > 0 e una successione (ξ n ) n R 3 tale che u 2 n C, per ogni n; B r(ξ n) se v n := u n ( + ξ n ) N, allora (v n ) n è limitata in H 1 (R 3 ) e di (PS) e inoltre: B r v 2 n C, per ogni n.

63 Dimostrazione Esiste v 0 H 1 (R 3 ) tale che v n v 0 in H 1 (R 3 ) e, per la continuità per la topologia debole di Φ, φ vn φ v0 in D 1,2 (R 3 ); per il non vanishing, v 0 0 e φ v0 0; I (v 0 ) = 0 e, quindi, v 0 N ; per la debole continuità inferiore della norma H 1, si ha I(v 0 ) = σ; (v 0, φ v0 ) è uno stato fondamentale per il problema (KGM).

64 Dimostrazione Esiste v 0 H 1 (R 3 ) tale che v n v 0 in H 1 (R 3 ) e, per la continuità per la topologia debole di Φ, φ vn φ v0 in D 1,2 (R 3 ); per il non vanishing, v 0 0 e φ v0 0; I (v 0 ) = 0 e, quindi, v 0 N ; per la debole continuità inferiore della norma H 1, si ha I(v 0 ) = σ; (v 0, φ v0 ) è uno stato fondamentale per il problema (KGM).

65 Dimostrazione Esiste v 0 H 1 (R 3 ) tale che v n v 0 in H 1 (R 3 ) e, per la continuità per la topologia debole di Φ, φ vn φ v0 in D 1,2 (R 3 ); per il non vanishing, v 0 0 e φ v0 0; I (v 0 ) = 0 e, quindi, v 0 N ; per la debole continuità inferiore della norma H 1, si ha I(v 0 ) = σ; (v 0, φ v0 ) è uno stato fondamentale per il problema (KGM).

66 Dimostrazione Esiste v 0 H 1 (R 3 ) tale che v n v 0 in H 1 (R 3 ) e, per la continuità per la topologia debole di Φ, φ vn φ v0 in D 1,2 (R 3 ); per il non vanishing, v 0 0 e φ v0 0; I (v 0 ) = 0 e, quindi, v 0 N ; per la debole continuità inferiore della norma H 1, si ha I(v 0 ) = σ; (v 0, φ v0 ) è uno stato fondamentale per il problema (KGM).

67 Dimostrazione Esiste v 0 H 1 (R 3 ) tale che v n v 0 in H 1 (R 3 ) e, per la continuità per la topologia debole di Φ, φ vn φ v0 in D 1,2 (R 3 ); per il non vanishing, v 0 0 e φ v0 0; I (v 0 ) = 0 e, quindi, v 0 N ; per la debole continuità inferiore della norma H 1, si ha I(v 0 ) = σ; (v 0, φ v0 ) è uno stato fondamentale per il problema (KGM).

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