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1 1. Spazi di Fréchet Riportiamo brevemente nozioni e risultati principali sugli spazi di Fréchet. Per le dimostrazioni ed eventuali approfondimenti si può consultare il libro di W. Rudin Functional Analysis. Su uno spazio vettoriale V (che supporremo complesso, salvo avviso contrario) si consideri una famiglia numerabile P = {p n } n N di seminorme. Indichiamo con τ P la meno fine tra tutte le topologie τ su V che rendano continua l applicazione identica i : (V, τ) (V, p n ) per ogni n. Si dice che P è una famiglia separante di seminorme se per ogni x V esiste n tale che p n (x) > 0. Supporremo sempre che P sia separante. Proposizione 1.1. La topologia τ P gode delle seguenti proprietà: (1) (V, τ P ) è separato e localmente convesso; (2) le intersezioni finite degli insiemi B n,m = { x : p n (x) < 1 } m formano un sistema findamentale di intorni di 0; (3) τ P è una topologia metrica, nel senso che è la topologia indotta dalla distanza (1.1) d P (x, y) = n 2 n p n (x y) 1 + p n (x y) ; (4) una successione {x j } di punti di V converge a x nella topologia τ P se e solo se converge a x rispetto a ciascuna delle seminorme p n, ossia se lim p n(x x j ) = 0 n ; j (5) una successione {x j } di punti di V è di Cauchy nella topologia τ P se e solo se è di Cauchy rispetto a ciascuna delle seminorme p n. La distanza d P nella (1.1) è invariante, nel senso che per ogni x, y, z V. d P (x + z, y + z) = d P (x, y) Proposizione 1.2. Sia V uno spazio vettoriale topologico. Le seguenti proprietà sono equivalenti: (1) la topologia di V è definita da una famiglia numerabile e separante di seminorme; (2) V è localmente convesso e la sua topologia è indotta da una distanza invariante. Uno spazio vettoriale topologico si dice di Fréchet se la sua topologia soddisfa le proprietà della Proposizione 1.2 ed è completo. 1

2 2 Esempio. Dato un compatto K in R n, sia D(K) lo spazio delle funzioni di classe C su R n con supporto contenuto in K. Si ponga p k (f) = α f. α k Chiaramente la famiglia P = {p k } è separante, per il semplice fatto che ciascuna di esse è una norma. Verifichiamo che D(K) è completo per la distanza d P. Sia {f j } una successione di Cauchy in D(K). Segue dalla Proposizione 1.1(5) che lim i,j p k(f i f j ) = 0 per ogni k. Di conseguenza per ogni α la successione { α f j } è di Cauchy rispetto alla norma uniforme. In particolare le f j convergono uniformemente a una funzione f, ed è un risultato ben noto che allora le derivare α f j convergono a α f uniformemente per ogni α. Dunque f è C e ha supporto in K, ossia è in D(K). Le f j convergono a f rispetto a ognuna delle norme p k. Per la Proposizione 1.1(4), esse convergono a f nella topologia τ P. Applicazioni lineari. Sia T : V W un applicazione lineare tra due spazi di Fréchet. Siano P = {p n } e Q = {q n } due famiglie di seminorme che definiscono le topologie di V e W rispettivamente. Proposizione 1.3. T è continua se e solo se per ogni intero n esistono un intero m e una costante C n tali che m (1.2) q n (T x) C n p k (x) per ogni x V. Da questo enunciato discendono le seguenti conseguenze: Corollario 1.4. (1) Sia T un applicazione lineare di uno spazio di Fréchet V (dotato di seminorme P = {p n }) in uno spazio di Banach W. Allora T è continua se e solo se esistono un intero m e una costante C tali che m T (x) W C p k (x). (2) Due famiglie separanti di seminorme P = {p n } e P = {p n} su V definiscono la stessa topologia se e solo se per ogni intero n esistono un intero m e una costante C n tali che per ogni x V. p n (x) C n p n(x) C n m m p k(x), p k (x)

3 3 Data una famiglia di seminorme P = {p n }, si ponga p n(x) = n p k (x). Poiché p n (x) p n(x) n p k(x), le due famiglie di seminorme sono equivalenti, nel senso che definiscono la stessa topologia. La famiglia {p n} ha il vantaggio di essere crescente. Si noti che se una famiglia di seminorme {p n } su uno spazio V è crescente, la (1.2) si può scrivere più semplicemente nella forma e analogamente nel Corollario 1.4(1). q n (T x) C n p m (x), Teoremi su operatori lineari e forme bilineari. Teorema di Hahn-Banach. Sia W un sottospazio vettoriale di uno spazio di Fréchet V, dotato di una famiglia crescente di seminorme {p n }. Sia T un funzionale lineare su W, tale che T (x) Cp n (x) per ogni x W. Esiste allora un prolungamento lineare T di T a tutto V tale che T (x) Cp n (x) per ogni x V. Un sottoinsieme E di uno spazio di Fréchet V si dice limitato se per ogni seminorma p n si ha sup { p n (x) : x E } <. Una famiglia T di operatori lineari tra due spazi vettoriali topologici V e W si dice equicontinua se per ogni intorno U di 0 in W esiste un intorno U di 0 in V tale che T (U ) U per ogni T T. Quando V e W sono spazi di Fréchet, dotati di famiglie crescenti di seminorme {p n } e {q n } rispettivamente, una famiglia T di operatori lineari è equicontinua se e solo se per ogni intero n esistono un intero m e una costante C n tali che q n (T x) C n p m (x) per ogni x V e T T. Teorema di limitatezza uniforme, o di Banach-Steinhaus. Sia T una famiglia di operatori lineari continui tra due spazi di Fréchet V e W. Se per ogni x V l insieme E x = {T x : T T } è limitato in W, allora T è equicontinua. Teorema dell applicazione aperta. Sia T un operatore lineare continuo tra due spazi di Fréchet V e W. Se T è suriettivo, allora T è aperto. In particolare, se T è iniettivo, allora anche T 1 è continuo. Teorema del grafico chiuso. Sia T un operatore lineare tra due spazi di Fréchet V e W. Si supponga che il suo grafico Γ T = {(x, T x) : x V } sia chiuso in V W, ossia che le ipotesi: (1) lim j x j = x in V, (2) lim j T (x j ) = y in V implichino che y = T x. Allora T è continuo. Una forma bilineare B : V W C, dove V e W sono spazi vettoriali topologici, si dice separatamente continua se (1) B(x 0, ) è continua su W per ogni x 0 V ; (2) B(, y 0 ) è continua su V per ogni y 0 W.

4 4 Teorema di Bourbaki. Sia B una forma bilineare separatamente continua sul prodotto di due spazi di Fréchet V e W. Allora B è continua. 2. Lo spazio delle funzioni test Cominciamo con alcuni preliminari sulla duttilità delle funzioni C. Si consideri su R la funzione f(t) = { e 1 t 2 se t > 0 0 se t 0. È noto che f è C. Quindi g(t) = f(t)f(1 t) è pure C e ha supporto in [0, 1]. Sia c > 0 tale che 1 0 g(t) dt = c 1 e si ponga t G(t) = c g(u) du. Allora G è C, crescente, G(t) = 0 per t 0 e G(t) = 1 per t 1. Se si pone, per δ > 0, ( ) t G δ (t) = G, δ allora G δ (t) = 1 per t δ, e per il resto gode delle stesse proprietà di G. Se b > 2δ, la funzione H b,δ (t) = G δ (t)g δ (b t) è C, ha supporto in [0, b], è uguale a 1 su [δ, b δ], è crescente su [0, δ] e decrescente su [b δ, b]. È importante a questo punto valutare la grandezza delle derivate delle funzioni che abbiamo costruito. Si osservi che ( ) G (n) t δ (t) = δ n G (n) δ, per cui G (n) δ (t) C n δ n. Di conseguenza, applicando la regola di Leibniz, (2.1) H (n) b,δ (t) C nδ n. Per mezzo di una opportuna traslazione, la funzione H b,δ può essere riportata su un generico intervallo [a, b], in modo da avere il seguente enunciato.

5 Proposizione 2.1. Dati un intervallo [a, b] e un sottointervallo [a, b ] (a, b), esiste una funzione f di classe C su R con supporto in [a, b], tale che 0 f(t) 1, identicamente uguale a 1 su [a, b ] e tale che, posto δ = min{a a, b b }, f (n) (t) C n δ n, dove le C n sono costanti assolute. Passiamo ora a più dimensioni. Si prenda una funzione g di classe C su R, pari, tale che 0 g(t) 1, con supporto in [ 1, 1] e uguale a 1 su [ 1/2, 1/2]. Su R n si ponga ϕ ( x) = g( x ). Poiché x è una funzione C fuori dall origine, ϕ è pure C fuori dall origine. D altra parte ϕ è anche C sulla palla di centro 0 e raggio 1/2, essendo ivi costante. Dato δ > 0, la funzione ( x ) ϕ δ (x) = ϕ δ ha supporto nella palla chiusa di centro 0 e raggio δ, ed è identicamente uguale a 1 sulla palla di raggio δ/2. Inoltre, se b α = α ϕ, si ha (2.2) α ϕ δ (x) b α δ α. Teorema 2.2. Dati un aperto A R n e un compatto K A, sia d (0, + ] la distanza di K dal complementare di A. Dato δ < d, esiste una funzione ψ 0, di classe C su R n, con supporto compatto in A, identicamente uguale a 1 su un intorno di K, e tale che α ψ(x) C α,n δ α, dove le costanti C α,n dipendono solo da α e dalla dimensione n. Dimostrazione. Siano K = {x : d(x, K) δ/4}, K = {x : d(x, K) δ/2}, K = {x : d(x, K) 3δ/4}. Allora K, K e K sono compatti e K K K K A. Si definisca Derivando sotto integrale, si ha u(x) = χ K ϕ δ/4 (x) = χ K (y)ϕ δ/4 (x y) dy R n = ϕ δ/4 (x y) dy. K α u(x) = α ϕ δ/4 (x y) dy. K Poiché la funzione integranda è diversa da 0 solo quando x y < δ/4, l integrale è esteso a K B(x, δ/4), che ha misura minore o uguale a ω n δ n /4 n (dove ω n è la misura della palla unitaria). Di conseguenza, per la (2.2), α u(x) C α,n δ n α. Se x K, allora K B(x, δ/4) =, per cui u(x) = 0. Quindi supp u K. 5

6 6 Se x K, B(x, δ/4) K, per cui u(x) = ϕ δ/4 (x y) dy R n = ϕ δ/4 (y) dy R n = 4 n δ n R n ϕ(x) dx = c n δ n. Si verifica allora facilmente che ψ(x) = c 1 n δ n u(x) ha le proprietà richieste. Topologia di D(A). Sia A R n un aperto non vuoto. Ricordiamo che, dato un compatto K A, si indica con D(K) lo spazio de Fréchet delle funzioni C su A con supporto in K, dotato delle norme p k (f) = α f. α k La convergenza di una successione {f k } nella topologia di D(K) è la convergenza uniforme di tutte le successioni { α f k }, per ogni multiindice α. Poniamo D(A) = D(K), K compatto,k A e indichiamo con i K : D(K) D(A) l inclusione. Su D(A) introduciamo la topologia più fine che renda continue le varie inclusioni i K. Proposizione 2.3. Valgono le seguenti proprietà: (1) un sottoinsieme U D(A) è aperto se e solo se per ogni K U D(K) è aperto nella topologia di D(K); (2) la topologia indotta da D(A) su D(K) coincide con la topologia propria di D(K); (3) un applicazione lineare T da D(A) in uno spazio vettoriale topologico V è continua se e solo se per ogni K A compatto, l applicazione T i K : D(K) V è continua. Dimostrazione. La (1) è una riformulazione della condizione che definisce la topologia di D(A). La (2) e la (3) sono conseguenze immediate della (1). Dobbiamo ora premettere un lemma di carattere topologico, di facile verifica. Lemma 2.4. Sia A un aperto di R n. Posto K j = { x A : x j, d(x, c A) 1 } j se A R n, e K j = {x : x j} se A = R n, allora j=1 K j = A e ogni compatto K A è contenuto in uno dei K j.

7 Teorema 2.5. Una successione {f n } converge a f in D(A) se e solo se i supporti delle f n e di f sono contenuti in un unico compatto K A, e tutte le derivate α f n convergono a α f uniformemente. Dimostrazione. Se i supporti delle f n sono contenuti in un unico compatto K ed esse convergono a f in D(K), allora esse convergono a f anche in D(A) per la Proposizione 2.3(2). Supponiamo viceversa che le f n convergano a f in D(A). Sostituendo f n con f n f, possiamo supporre che f = 0. Per assurdo, ammettiamo che i supporti delle f n non siano contenuti in un unico compatto. Esisterebbe allora una sottosuccessione f nj con la seguente proprietà: considerati i compatti K j del Lemma 2.4, per ogni j esiste un punto x j K j tale che f nj (x j ) 0. Posto ε j = f nj (x j ), si consideri l insieme U = {g D(A) : g(x j ) < ε j j}. Verifichiamo che U è aperto in D(A). Dato un compatto K A, sia j tale che K K j. Allora solo i punti x 1,..., x j 1 possono essere contenuti in K. Pertanto U D(K) = {g D(K) : g(x j ) < ε j j = 1,..., j 1}. Per j = 1,..., j si consideri il funzionale lineare Φ j (g) = g(x j ) su D(K). Esso è continuo perché Φ(g) p 0 (g). Dunque l insieme U j = {g : g(x j ) < ε j } è aperto in D(K). Ma U D(K) = j j=1 U j, da cui l asserto. Quindi U è un intorno di 0 in D(A). Tuttavia nessuna delle f nj è in U, da cui l assurdo. Una volta stabilito che i supporti delle f n sono contenuti in un unico compatto, il resto segue dalla Proposizione 2.3(2). Corollario 2.6. Sia T un applicazione lineare di D(A) in D(A ). Allora T è continua se e solo se per ogni compatto K A esiste un compatto K A tale che T ( D(K) ) D(K ) e T i K : D(K) D(K ) è continua. Dimostrazione. Supponiamo che la condizione nell enunciato sia soddisfatta. Allora T i K è continua per ogni K come funzione da D(K) in D(A ), per la continuità dell inclusione i K. Per la Proposizione 2.3(3), T è continua. Viceversa, si supponga T continua e sia K A compatto. Allora T i K è continua. Presa una successione {K j } di compatti di A come nel Lemma 2.4, ammettiamo per assurdo che T ( D(K) ) non sia contenuto in D(K j ) per nessun j. Per ogni j esisterebbe allora f j D(K) tale che supp T f j K j. Possiamo supporre che lim j f j = 0. Infatti, se d è la distanza (1.1) su D(K), si può sostituire f j con un opportuno multiplo scalare λ j f j in modo che d(λ j f j, 0) < 1/j. Ma essendo T continua, dovremmo allora avere lim j T f j = 0, in particolare i supporti delle T f j dovrebbero essere contenuti in un unico compatto K. Ma ciò è assurdo perché ogni compatto di A è contenuto in uno dei K j. Corollario 2.7. Le seguenti applicazioni lineari di D(A) in sé sono continue: (1) T α f = α f per ogni multi-indice α; (2) T Φ f = fφ per ogni Φ C (A). 7

8 8 Inoltre, se A = R n, l applicazione T g f = f g(x) = f(x y)g(y) dy R n è continua per ogni g L 1 (R n ) con supporto compatto. Dimostrazione. Osserviamo che se f D(K), con K A, allora anche T α f D(K). Inoltre p k (T α f) p k+ α (f). Dunque T α i K è continua da D(K) in sé. Per il Corollario 2.6, T α è continua. Per f D(K) si ha poi, per la regola di Leibniz, p k (fφ) = α (fφ) α k α k β α c α,β β f α β Φ) α k, β k C K β k = C K p k (f). c α,β β f α β Φ),K β f Dunque anche T Φ è continua. Infine sia f D(K), e si consideri la convoluzione f g. Derivando sotto integrale, si vede che f g è C. Inoltre, sia K 0 il supporto compatto di g. Allora la somma K = K + K 0 = {y + z : y K, z K 0 } è pure compatta. Ma f g(x) = 0 se x K. Infatti l integrale di convoluzione è esteso agli y che soddisfano entrambe le condizioni y K 0 e x y K. Se esistesse almeno un y con queste proprietà, si avrebbe x K + K 0, contro l ipotesi. Dunque T g applica D(K) in D(K ). A questo punto si ha f g(x) f(x y) g(y) dy K 0 g 1 f, per cui p 0 (f g) g 1 p 0 (f). 3. Distribuzioni Si chiama distribuzione su A un funzionale lineare continuo T : D(A) C. Useremo la notazione T, f in luogo di T (f). In base alla Proposizione 2.3(3), un funzionale lineare T su D(A) è continuo (cioè definisce una distribuzione) se e solo se per ogni compatto K A esistono un intero n = n(k) e una costante C = C(K) tali che per ogni f D(K) T, f Cpn (f),

9 9 dove p n (f) = α n D α f. Esempi. Sia ϕ(x) una funzione localmente integrabile su A. Il funzionale T ϕ, f = f(x)ϕ(x) dx definisce una distribuzione su A. Se infatti f D(K) con K A, si ha T ϕ, f f(x) ϕ(x) dx f ϕ(x) dx. K A Si ha quindi in questo caso n(k) = 0 per ogni K e C(K) = ϕ(x) dx. K Scriveremo nel seguito ϕ, f in luogo di T ϕ, f quando la distribuzione e definita dall integrazione con la funzione ϕ localmente integrabile. Diremo anche che la distribuzione coincide con la funzione ϕ. Più in generale, si ponga T, f = A α f(x)ϕ(x) dx, sempre con ϕ localmente integrabile su A. Si ha allora T, f ϕ(x) dx p n (f) con n = α. La delta di Dirac nel punto x 0 A è definita da K δ x0, f = f(x 0 ). Si verifica facilmente che n(k) = 0 e C(K) = 1 per ogni K. Operazioni su distribuzioni. Ovviamente le distribuzioni su A si possono sommare e moltiplicare per scalari. Esse formano dunque uno spazio vettoriale, che si indica con D (A). Vediamo ora come si definiscono le derivate di una distribuzione. Per motivare la definizione, supponiamo inizialmente di avere una distribuzione coincidente con una funzione ϕ di classe C 1. In questo caso vogliamo che la derivata j ϕ di ϕ come distribuzione nella variabile x j coincida con la derivata di ϕ come funzione nella variabile x j. Si osservi allora che integrando per parti j ϕ, f = f(x) j ϕ(x) dx A = j f(x)ϕ(x) dx A = ϕ, j f (l integrazione per parti non produce termini al bordo in quanto f si annulla sulla frontiera di A). Per estensione definiamo allora per una generica T D (A) (3.1) j T, f = T, j f. K

10 10 Proposizione 3.1. La (3.1) definisce una distribuzione j T. Dimostrazione. In base al Corollario 2.7(1), l applicazione j : D(A) D(A) è continua. Di conseguenza la composizione T j : D(A) C è continua. Per definizione, j T = T j, da cui la tesi. Iterando l operazione di derivazione, si pone (3.2) α T, f = ( 1) α T, α f. Siano T D (A) e Φ C (A). Si definisce T Φ D (A) ponendo (3.3) T Φ, f = T, Φf. La continuità di T Φ segue dal Corollario 2.7(2). Vogliamo ora definire la convoluzione T g di T D (R n ) con g D(R n ). Per motivare la definizione, supponiamo che T coincida con la funzione ϕ localmente integrabile su R n. In tal caso vogliamo ottenere la normale convoluzione ϕ g(x) = ϕ(y)g(x y) dy. R n Si ha allora ϕ g, f = ϕ(y)g(x y) dy f(x) dx ( ) = ϕ(y) g(x y)f(x) dx dy = ϕ, ǧ f, dove si è posto ǧ(x) = g( x). Per estensione, sostituendo ϕ con una generica distribuzione T D (R n ), si pone (3.4) T g, f = T, ǧ f. Esempi. Abbiamo detto che se T coincide con una funzione ϕ di classe C 1 le sua derivate prime distribuzionali coincidono con le derivate ordinarie. Se ϕ non è C 1, ma solo localmente integrabile, le sue derivate possono differire notevolmente dalla nozione ordinaria di derivata puntuale. Si prenda ad esempio su R una funzione a gradino { a se x < x0 ϕ(x) = b se x > x 0,

11 con a b. La derivata puntuale esiste per x x 0 ed è nulla. La derivata distribuzionale di ϕ, che indichiamo qui con Dϕ, si ottiene invece come segue (considerando una funzione test f D(R)): Dϕ, f = ϕ, f = x0 = af(x) af (x) dx x 0 = (b a)f(x 0 ). bf(x) x 0 x 0 bf (x) dx 11 Si ha quindi Dϕ = (b a)δ x0. Un altro esempio interessante è il seguente. Si consideri la funzione localmente integrabile ϕ(x) = log x su R. Per calcolarne la derivata distribuzionale Dϕ procediamo come prima, ponendo, per f D(R), Dϕ, f = ϕ, f = f (x) log x dx. L integrazione per parti non può essere fatta direttamente, per la singolarità del logaritmo in 0. Conviene invece eliminare dal dominio di integrazione un intorno simmetrico ( ε, ε) di 0, osservando che Si ha allora Dϕ, f = lim ε 0 ( = lim ε 0 f (x) log x dx = lim f ε 0 x >ε (x) log x dx. + = lim ε 0 ( ε f (x) log x dx + f(x) log x ε ε ε f(x) log x ) f (x) log x dx ε f(x) 1 ) x dx + f(x) 1 x dx ( (f(ε) f( ε) ) log ε + ε x >ε Poiché f è derivabile in 0, f(ε) f( ε) Cε, per cui ( ) lim f(ε) f( ε) log ε = 0. ε 0 f(x) 1 x dx ). Si ha quindi Dϕ, f = lim f(x) ε 0 x >ε 1 x dx.

12 12 L espressione a secondo membro prende il nome di integrale con valore principale e si indica con il simbolo p.v. f(x) 1 x dx. Occorre tener presente che non si tratta di un normale integrale. Per esempio, non è assolutamente convergente; inoltre la sua convergenza presuppone che f sia derivabile in 0. Si verifica facilmente che le derivate della delta di Dirac in x 0 sono date da α δ x0, f = ( 1) α α f(x 0 ). Vediamo ora un esempio di convoluzione. Se g D(R n ), calcoliamo δ x0 g. Per la (3.4) si ha δ x0 g, f = δ x0, ǧ f = ǧ f(x 0 ) = ǧ(x 0 x)f(x) dx = g(x x 0 )f(x) dx. da cui si deduce che δ x0 g coincide con una funzione, precisamente δ x0 g(x) = g(x x 0 ). L effetto su g della convoluzione con δ x0 di un incremento x 0. è dunque la traslazione del suo grafico Supporto di una distribuzione. Si dice che una distribuzione T è nulla su un aperto A A se T, f = 0 per ogni funzione test f con supporto contenuto in A. Lemma 3.2. Se una distribuzione T è nulla su due aperti A 1 e A 2, allora è nulla anche su A 1 A 2. Dimostrazione. Sia f D(A) con supporto K contenuto in A 1 A 2. L insieme K 1 = K \ A 2 è compatto e contenuto in A 1. Sia ϕ una funzione C con supporto compatto in A 1 e uguale a 1 in un intorno V di K 1. Si decomponga f come f = fϕ + (f fϕ). Allora T, f = T, fϕ + T, f fϕ. Poiché T è nulla su A 1, T, fϕ = 0. Inoltre il supporto di f fϕ è contenuto in K \ V, che è un compatto contenuto in A 2. Di conseguenza anche T, f fϕ = 0. Si conclude allora che T, f = 0.

13 Corollario 3.3. Data T D (A), esiste un massimo aperto A A su cui T è nulla. Dimostrazione. Si consideri la famiglia A degli aperti A A su cui T è nulla, parzialmente ordinata per inclusione. A questa famiglia si può applicare il Lemma di Zorn. Sia infatti {A j } j J una sottofamiglia di A totalmente ordinata e si prenda A = j J A j. Se f ha supporto compatto K A, per la proprietà di ricoprimento finito esiste j J tale che K A j. Ma allora T, f = 0 perché T è nulla su A j. In conclusione T è nulla su A. Esistono dunque, per il Lemma di Zorn, elementi massimali in A. Se A 1 e A 2 sono due di tali aperti massimali, T è nulla su entrambi. Per il Lemma 3.2, T è nulla anche sull unione, e dunque A 1 = A 2 per la loro massimalità. Si chiama supporto di T il complementare del massimo aperto su cui T è nulla. Esso viene indicato con supp T. Per definizione, il supporto di una distribuzione è un chiuso. Esso è vuoto se e solo se T si annulla su tutto A, ossia se e solo se T = 0. Proposizione 3.4. Valgono le seguenti proprietà: (1) se f D(A) e supp f supp T =, allora T, f = 0; (2) se Φ C (A) e supp Φ supp T =, allora T Φ = 0; (3) se Ψ C (A) e Ψ(x) = 1 su un intorno di supp T, allora T Ψ = T. Dimostrazione. La (1) è ovvia, in quanto T è nulla sul complementare del suo supporto. Per la (2), si prenda f D(A). Allora T Φ, f = T, Φf, dove fφ D(A) e supp (fφ) supp Φ. Per la (1), T, Φf = 0, da cui la conclusione. Per la (3), si osservi che il supporto di Ψ 1 è disgiunto dal supporto di T. Per la (2), T (Ψ 1) = T Ψ T = 0, da cui la tesi. Si osservi che, nella (2), l ipotesi che supp Φ supp T = è più forte che richiedere semplicemente che Φ si annulli sul supporto di T : si richiede infatti che Φ si annulli in un intorno di supp T. La conclusione della (2) non è vera nella sola ipotesi che Φ sia nulla su supp T. Si prenda ad esempio T = δ 0, Φ(x) = x su R. Osserviamo innanzitutto che suppδ 0 = {0}. Infatti se f D(R) ha supporto in R \ {0}, allora δ 0, f = f (0) = 0. Quindi Φ si annulla sul supporto di T. Ma, se ora f D(R), xδ 0, f = δ 0, xf = δ 0, f + xf = f(0). Quindi xδ 0 = δ 0. Considerazioni analoghe valgono per la (1) e la (3). Si dice che due distribuzioni T e U coincidono su un aperto A A se T U è nulla su A. Segue facilmente dalla Proposizione 3.4 che date T D (A) e Φ C (A) con Φ(x) = 1 su A, allora T Φ coincide con T su A. Sia T una distribuzione su A con supporto compatto. In tal caso il funzionale lineare T : D(A) C si può estendere a C (A). Per fare ciò si prenda una 13

14 14 funzione F D(A) che sia identicamente uguale a 1 in un intorno si supp T. Si ponga allora T, Φ def = T, F Φ. Questa è una buona definizione in quanto (1) F Φ D(A), in quanto F ha supporto compatto; (2) la definizione non dipende dalla scelta di F ; infatti se G è un altra funzione in D(A) uguale a 1 in un intorno di supp T, allora T, F Φ T, GΦ = T, (F G)Φ = 0, in quanto (F G)Φ si annulla in intorno di supp T. Ordine di una distribuzione. Nella definizione di distribuzione data all inizio di questo paragrafo compare un intero n(k), dipendente dal compatto K A, che indica quale norma p n (f) su D(K) controlla il valore di T, f. Si dice che T D (A) ha ordine finito n se questi interi n(k) si possono prendere tutti uguali a n (o minori), ossia se per ogni compatto K esiste una costante C = C(K) tale che T, f Cpn (f). Le distribuzioni che abbiamo incontrato finora hanno tutte ordine finito. In particolare quelle definite da integrali con funzioni localmente integrabili hanno ordine 0. Inoltre è abbastanza evidente che se T ha ordine finito n, allora α T ha ordine n + α. Si verifichi che la distribuzione p.v.1/x ha ordine 1 (in quanto derivata di log x che ha ordine 0), ma non ha ordine zero! Esistono distribuzioni che non hanno ordine finito. Per costruirne una, si prenda una successione di punti {x k } che tendano verso un punto in A { }, e si ponga Se f D(A), T, f = T = δ (k) x k. ( 1) k f (k) (x k ). Poiché f ha supporto compatto, solo un numero finito dei termini della serie è diverso da 0, per cui T, f è ben definito. Dato un compatto K A, esso contiene solo un numero finito di punti, compresi nell insieme {x 1,..., x m }, con m dipendente da K. Se f D(K), m T, f f (k) (x k ) m f (k) = p m (f). Poiché al variare di K intervengono tutte le derivate di f, è ovvio che non si può controllare il valore di T, f con una stessa norma p m (f).

15 Proposizione 3.5. Una distribuzione con supporto compatto ha ordine finito. Dimostrazione. Sia K = supp T il supporto compatto della distribuzione T. Si prenda ϕ D(A) uguale a 1 su un intorno di K e sia K il supporto di ϕ. Esiste allora un intero n tale che per ogni g D(K ) T, g Cp n (g). Sia ora f D(A). Per la Proposizone 3.4(3), T, f = T ϕ, f = T, fϕ. 15 Poiché fϕ D(K ), T, f Cpn (fϕ) C p n (f), come si verifica facilmente applicando la regola di Leibniz. Se K è un comptto contenuto in A, indichiamo con D m (K) lo spazio di Banach delle funzioni di classe C m in R n e con supporto in K, dotato della norma p m. In dichiamo poi con D m (A) lo spazio delle funzioni di classe C m con supporto compatto in A, dotato della topologia più fine che rende continue le inclusioni i K : D m (K) D m (A) per ogni K compatto. Si verifica facilmente che l inclusione i m : D(A) D m (A) è continua e ha immagine densa per ogni m. Proposizione 3.6. Una distribuzione T ha ordine finito m se e solo se si estende con continuità a D m (A). Dimostrazione. Un funzionale lineare T su D m (A) è continuo se e solo se per ogni K esiste una costante C(K) tale che per ogni f D m (K) (3.5) T, f C(K)pm (f). Se T è una distribuzione di ordine m, vale la (3.5) per ogni f D(K). Essendo D(K) denso in D m (K), T si estende in modo unico a D m (K) e si conserva la disuguaglianza (3.5). Poiché ciò vale per ogni K, T si estende a tutto D m (A) rimanendo continuo. Viceversa se T ha un estensione continua a D m (A), allora vale la (3.5) per ogni K compatto e per ogni f D m (K). A maggior ragione la (3.5) vale per f D(K), per cui T è una distribuzione di ordine m.

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