Osvaldo Maria Grasselli Sergio Galeani Controllo di sistemi a più ingressi e più uscite. Volume 1

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3 Osvaldo Maria Grasselli Sergio Galeani Controllo di sistemi a più ingressi e più uscite Volume 1

4 Copyright MMXII ARACNE editrice S.r.l. via Raffaele Garofalo, 133/A B Roma (06) ISBN I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: marzo 2012

5 Signore, Ti ringrazio per la gioia nell armonia che ci mostri. (cfr. Sir 1, 7; 42, 22-24; Sap 13, 5; 7, 24-26) Un sentitissimo ringraziamento al Prof. Antonio Tornambè per il suo aiuto fattivo nelle fasi iniziali della stesura di questo testo. Un ringraziamento speciale all Ing. Attilio Funel per l originaria sua spontanea e paziente trascrizione di una versione ancora molto imperfetta di queste pagine.

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7 Indice Prefazione ix 1 Introduzione Premessa Sull estensione ad impianti a più ingressi e più uscite delle tecniche di controllo relative a sistemi a un ingresso e un uscita Ulteriori peculiarità del controllo dei sistemi a più ingressi e più uscite Gli ingredienti di un problema di controllo di un impianto o processo a più ingressi e più uscite Descrizione dell impianto o processo da controllare, e un problema di controllo abbastanza tipico Quali sono o possono essere gli obiettivi del controllo? Richiami (e piccoli approfondimenti) sulle proprietà dei sistemi lineari Richiami di alcune nozioni di base e qualche notazione Raggiungibilità, controllabilità, stabilizzabilità e assegnazione degli autovalori mediante retroazione dallo stato Osservabilità, determinabilità, rilevabilità e osservatori dello stato (di ordine pieno) Decomposizione completa di Kalman e stabilizzazione mediante retroazione dinamica dall uscita Forma di Jordan di A e verifica nella base di Jordan delle sei proprietà strutturali del sistema (raggiungibilità, controllabilità, stabilizzabilità e proprietà duali) Osservatori dello stato di ordine ridotto e loro uso vii

8 viii INDICE 3 Dal modello al sistema Descrizione del problema in termini generali Approccio proposto per la soluzione del problema Matrici polinomiali: primi elementi, forma di Hermite e forma di Smith Analisi del modello e risultati preliminari Soluzione del problema Proprietà strutturali, zeri invarianti e considerazioni conclusive Sistemi interconnessi Descrizione dei sistemi interconnessi Proprietà strutturali dei sistemi interconnessi: il caso generale Estensione dei Teoremi 2.4.1, e Proprietà strutturali di un sistema con retroazione istantanea Proprietà strutturali della connessione in retroazione di due sistemi Proprietà strutturali della connessione in cascata di due sistemi Proprietà strutturali della connessione in parallelo di due sistemi Regolazione e inseguimento asintotici e principio del modello interno Introduzione al problema Condizioni di astatismo nel dominio delle trasformate Risposta (pseudo)permanente e risposta (pseudo)transitoria Condizioni di astatismo Il principio del modello interno Il principio del modello interno in forma algebrica Forma esplicita del principio del modello interno Il principio del modello interno è veramente di aiuto nelle situazioni reali? Regolazione e inseguimento asintotici robusti rispetto a incertezze (o variazioni) indipendenti Necessità che tutte le uscite controllate siano misurate Soluzione dei Problemi 5.4.1, e Predisposizione di regolatori a più ingressi e più uscite con metodi sperimentali Bibliografia 445 Indice analitico 449

9 Prefazione Questo testo è nato originariamente sotto forma di dispense didattiche fornite a supporto prima del corso di Teoria del Controllo di vecchio ordinamento e poi dei corsi di Sistemi di Controllo a più Variabili e di Controllo Robusto e, ora, di Controllo Robusto di Sistemi a più Variabili, tutti di nuovo ordinamento, tenuti presso la Facoltà di Ingegneria dell Università di Roma Tor Vergata. Si richiede che il lettore disponga di una sufficiente conoscenza dei concetti e degli strumenti di base della teoria dei sistemi e della teoria del controllo normalmente acquisiti con i corsi di Sistemi Dinamici (o di Teoria dei Sistemi), di Controlli Automatici e di Controllo Digitale, e, ovviamente, di nozioni e tecniche elementari di algebra lineare e di analisi matematica. Si è cercato comunque di rendere il testo il più possibile autocontenuto, inserendo richiami dettagliati a strumenti matematici, anche di base, nei casi in cui si è ritenuto fossero indispensabili a una comprensione completa di quanto esposto. ix

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11 Capitolo 1 Introduzione 1.1 Premessa Lo scopo di questa trattazione è quello di introdurre il lettore al progetto (dal punto di vista funzionale 1 ) di sistemi di controllo per un impianto o processo da controllare più generale sia del processo o impianto che è normalmente oggetto dei corsi di base di Controlli Automatici e di Controllo Digitale - in cui l impianto oggetto del controllo è in genere caratterizzato da un solo ingresso controllante scalare e da una sola uscita controllata scalare (il termine inglese corrispondente è Single Input - Single Output, spesso abbreviato nell acronimo SISO) - sia dei processi che sono l oggetto di specifici corsi specialistici (come ad esempio quelli di Robotica Industriale), dedicati al controllo di particolari impianti o processi per il loro particolare interesse (ciascuno caratterizzato in generale da peculiari obiettivi di controllo). Lo scopo ora menzionato, perciò, implica che il campo di interesse di questo testo verterà da una parte su una classe più ampia di impianti o processi da controllare, e in particolare su quelli a più variabili d ingresso e di uscita, ovvero a più ingressi e più uscite scalari (detti in inglese Multi Input - Multi Output, abbreviato nell acronimo MIMO); dall altra su una molteplicità di obiettivi del controllo, ovvero su una varietà di essi maggiore sia di quella degli obiettivi elementari considerati normalmente nei testi di base di controlli automatici (o di controllo digitale), sia di quella degli obiettivi specifici peculiari di singoli ambiti applicativi. Sin dall inizio sorge allora spontanea la domanda: gli strumenti normalmente acquisiti con i corsi di base di Teoria dei Sistemi (o Sistemi Dinamici), Controlli Automatici, ecc., non saranno già, come dire, sufficienti? Cioè, non potrebbe essere che essi mettano già in grado di affrontare tale allargamento di orizzonte a classi più ampie di processi e di problemi di controllo, senza che sia necessario nessuno studio supplementare? I prossimi due paragrafi di questa introduzione saranno dedicati in buona parte a rispondere a tale (ragionevole) 1 Cioè prescindendo dalla natura fisica degli apparati (costituiti ad esempio da reti di correzione elettriche RC nel caso di apparati analogici; o da calcolatori nel caso di apparati digitali) utilizzati per realizzare tali legami. 1

12 2 Capitolo 1. Introduzione domanda preliminare; come si vedrà (e come è facile intuire), la risposta è in generale negativa. 1.2 Sull estensione ad impianti a più ingressi e più uscite delle tecniche di controllo relative a sistemi a un ingresso e un uscita Come menzionato, tale domanda è la prima che è necessario porsi se, conoscendo le tecniche di base di controllo per sistemi SISO (con un solo ingresso e una sola uscita scalare), si debba affrontare il controllo di un impianto o processo MIMO (cioè con più ingressi e più uscite scalari). Il modo con cui spesso si affronta il controllo di un impianto MIMO fa pensare però che la risposta non sia del tutto ovvia. Si cominci a considerare il seguente esempio. Esempio Di un impianto P a due ingressi scalari e due uscite scalari sono già noti la linearità, il fatto che i parametri che ne caratterizzano la descrizione sono indipendenti dal tempo, nonché la stabilità asintotica che caratterizza il sistema lineare che lo descrive. Con il controllo di esso si vogliono ottenere: a) risposte permanenti 2 nulle in uscita per disturbi a gradino sull uscita (vettoriale), qualunque siano le ampiezze di essi; b) una convergenza a zero della risposta transitoria con rapidità maggiore di quella che caratterizza l impianto non controllato, qualunque siano lo stato iniziale e le ampiezze dei disturbi: oltre, ovviamente, al mantenimento della stabilità asintotica. Si vorrebbe evitare di dover identificare l impianto, cioè di dover ricavare una descrizione di esso, ricorrendo invece a regolatori standard (per esempio di tipo PI 3 o PID) e a metodi sperimentali per la predisposizione di essi. Si constata tuttavia che tali metodi sono noti (e di uso comune) soltanto nel caso di impianti a un ingresso e a un uscita. Perciò si decide di procedere per tentativi e in maniera euristica, dopo aver connesso come riportato in Figura 1.1 due regolatori standard (ivi indicati come K 1 e K 2). Dopo moltissimi tentativi però si constata l impossibilità di ottenere che la risposta transitoria in y 2(t) abbia la rapidità desiderata, qualunque sia il tipo dei regolatori usati e qualunque sia la scelta dei parametri di essi. 2 Si rammenta che per un sistema S (lineare e stazionario) asintoticamente stabile eicui ingressi siano tutti costanti dall istante iniziale in poi, la risposta permanente in una sua variable (scalare o vettoriale) v(t) a tali ingressi è semplicemente la quantità lim v(t) (limite t la cui esistenza e finitezza sono garantite dalle ipotesi già precisate). 3 Cioè regolatori caratterizzati da un azione proporzionale-integrale: ovvero, ad esempio, nel caso di retroazioni da ogni componente scalare y i(t) dell uscita y(t) dell impianto (supposto a tempo continuo) sulla corrispondente componente i-esima u i(t) dell ingresso u(t) t all istante t, tali che per ogni iu i(t) sia espresso da u i(t) =K Piy i(t) +K Ii t 0 y i(τ)dτ, ove t 0 indica l istante iniziale e K Pi e K Ii indicano le costanti o parametri che caratterizzano il singolo regolatore, da fissare opportunamente.

13 1.2. Sull estensione delle tecniche SISO al caso MIMO 3 K 1 u 1 (t) y 1 (t) K 2 u 2 (t) P y 2 (t) Figura 1.1: Impianto P dell Esempio retroazionato tramite due regolatori K 1 e K 2. Due sono le conclusioni possibili della vicenda relativa al precedente esempio. La prima di esse è che si fa il tentativo di scambiare tra loro gli accoppiamenti tra ingressi e uscite scalari, come mostrato in Figura 1.2, e il tentativo ha successo, rendendo possibile soddisfare entrambe le specifiche tramite una K 1 u 1 (t) y 2 (t) K 2 u 2 (t) P y 1 (t) Figura 1.2: Impianto P dell Esempio retroazionato tramite K 1 e K 2 ma con accoppiamenti tra ingressi e uscite scambiati. sequenza di qualche scelta dei parametri dei regolatori. Si pone in rilievo che la possibilità di effettuare lo scambio menzionato deriva dalla circostanza che la scelta iniziale di accoppiare u 1 (t) a y 1 (t) e u 2 (t) a y 2 (t) fosse in effetti arbitraria, non essendo stata motivata da alcun vincolo esterno né da alcuna conoscenza a priori di qualche tipo. La seconda conclusione, diversa dalla prima, interviene nel caso in cui la scelta di accoppiare proprio u 1 (t) a y 1 (t) e u 2 (t) a y 2 (t) fosse in realtà motivata da un ulteriore specifica (che è in effetti un vincolo sulla struttura del sistema di controllo) prima non menzionata esplicitamente nell Esempio 1.2.1, e cioè

14 4 Capitolo 1. Introduzione quella di realizzare un controllo decentralizzato (cfr ad esempio [15]), come esso viene detto. Tale specifica, anzi tale vincolo, poteva derivare dal fatto che nelle coppie (y 1 (t),u 1 (t)) e (y 2 (t),u 2 (t)) il sensore e l attuatore corrispondenti fossero fisicamente vicini tra loro, mentre quelli di una coppia fossero molto distanti da quelli dell altra coppia e non fosse possibile (o non si desiderasse spendere ulteriore danaro per) portare i segnali y 1 (t) e y 2 (t) da una coppia all altra. Quindi lo schema di Figura 1.2 non è utilizzabile o non è conveniente economicamente, e si deve perciò ripiegare sullo schema di Figura 1.1, in cui però K 1 e K 2 possano essere anche costituiti, anziché da regolatori standard, da controllori o compensatori progettati ad hoc nel tentativo di superare l impossibilità di soddisfare la specifica prima indicata come b) mediante regolatori standard. Tale seconda conclusione è descritta come il seguente esempio. Esempio Tenendo conto dell impossibilità di soddisfare, per l impianto dell Esempio 1.2.1, la specifica prima indicata come b) mediante regolatori standard e in assenza di una descrizione precisa dell impianto, si decide di individuarne una rappresentazione ingressostato-uscita che possa servire come dato per il progetto di K 1 e K 2. Si riesce cosí a ottenerne la seguente rappresentazione: ẋ(t) =Ax(t)+Bu(t) =Ax(t)+B 1u 1(t)+B 2u 2(t), [ ] [ ] y1(t) C1 y(t) = Cx(t) = x(t), y 2(t) C A = ,B= [ ] B 1 B 2 = , [ ] [ ] C C = =, C 2 ove si sono usati i simboli u(t) [ u 1(t) u ] 2(t) e y(t) per indicare, rispettivamente, il vettore d ingresso e il vettore d uscita, e i simboli B i e C i, i =1, 2, per indicare, rispettivamente, le colonne della matrice B e le righe della matrice C. Il sistema è raggiungibile e osservabile, come è immediato verificare. Pertanto se si potesse rinunziare a controllarlo in modo decentralizzato si potrebbero (come è ben noto) assegnare gli autovalori del sistema complessivo a ciclo chiuso ottenuto con una retroazione dall uscita attraverso un opportuno controllore dinamico, e perciò accelerare a piacere la rapidità di risposta. E ciò resta vero, come è facile verificare, anche dopo aver aggiunto un integratore su ogni ingresso scalare dell impianto per ottenere che la specifica a) sia soddisfatta. Ma nell ottica in cui ci si è posti di considerare il controllo decentralizzato come un vincolo che è necessario rispettare, ciò non risulta possibile, ed è chiaro l interesse a giovarsi di quanto emerge sul controllo decentralizzato dalla teoria del controllo: e in particolare a tenere conto che nel controllo decentralizzato possono esistere, ovvero esistono in generale, dei modi fissi, corrispondenti ad autovalori che restano tali per il sistema a ciclo chiuso, qualunque siano i controllori decentralizzati usati. Si cerca di determinarli nel caso in esame:

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