5. Predisposizione genetica

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1 I QUADERNI DELLA BPCO 5. Predisposizione genetica alle BPCO LE BPCO COME SINDROMI A COMPONENTE GENETICA DI PESO VARIABILE Le malattie derivano da un interazione fra fattori esterni (ambientali) e fattori dell ospite: questo concetto, enunciato molti decenni orsono, è riapparso rafforzato dall avvento della medicina molecolare, le cui tecniche di biologia molecolare e di genetica hanno permesso una migliore comprensione dei meccanismi patogenetici che precedono e accompagnano le svariate manifestazioni patologiche. Una moderna visione di questo concetto considera che l interazione fra componente dell ospite (che equivale ai fattori costituzionali, cioè quelli condizionati dal corredo genetico) e componente ambientale si possa raffigurare come un continuum racchiuso fra due estremi: a uno di questi corrisponde un influenza genetica virtualmente assente, mentre nell altro la componente ambientale è virtualmente assente (figura 5.1). Esempi di disordini che si trovano al primo estremo sono i traumatismi o gli avvelenamenti, mentre paradigma di disordini che si trovano al secondo sono, per esempio, la fibrosi cistica, cioè quelle condizioni genetiche caratterizzate da un pattern di ereditarietà che segue le leggi di Mendel: poiché queste ultime sono dovute ad alterazioni che risiedono in un singolo gene, vengono anche definite come disordini monogenici. Tra questi due estremi si trova la maggioranza delle condizioni patologiche, nelle quali sia fattori ambientali sia fattori genetici contribuiscono alla loro patogenesi; la loro posizione nello spettro è in funzione del peso relativo giocato dai fattori ambientali e dai fattori genetici, rispettivamente. Questi disordini, che rappresentano la maggioranza delle condizioni patologiche e che sono di frequente riscontro, vengono definiti, sotto questo aspetto, come tratti complessi o disordini poligenici o multifattoriali 1. L interazione fra fattori ambientali e fattori genetici nell espressione fenotipica delle BPCO condiziona un importante fenomeno, definito tecnicamente come fenocopia. Ilquadro clinico di enfisema polmonare panacinare legato al deficit ereditario di 1-antitripsina (AAT) si rinviene in un discreto numero di soggetti nei quali il deficit di AAT non è presente. In altre parole, il medesimo fenotipo può essere legato a una condizione monogenica oauna situazione multifattoriale. Questa situazione, da una parte, rappresenta uno svantaggio, in quanto il fenotipo derivante dalla condizione monogenica si è confuso per molti anni con quello multifattoriale di più frequente riscontro, rendendo perciò ragione del relativo ritardo con cui il deficit di AAT è stato identificato. D altro canto, una chiara condizione genetica come il deficit di AAT rappresenta un indizio verso quali possibili geni coinvolti (geni candidati) è utile indirizzare la ricerca nello studio della componente genetica delle BPCO multifattoriali. Maurizio Luisetti, Sara Medaglia, Claudia Tamburnotti, Michele Zorzetto 69

2 IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA QUADERNO 1 Figura 5.1 Contributo relativo di fattori ambientali e genetici in alcuni disordini comuni 1. BPCO multifattoriale (?) BPCO con deficit genetico di AAT Ambiente Geni Infezioni Cardiopatie congenite Diabete Schizofrenia Traumi Difetti teratogenici Coronaropatie Disordini monogenici GENETICA E STRATEGIE DI STUDIO DEI DISORDINI MONOGENICI E DI QUELLI MULTIFATTORIALI I disordini monogenici rappresentano solo una piccola parte delle patologie umane, ma sono anche quelle meglio conosciute dal punto di vista genetico per la relativa semplicità delle modalità di trasmissione. Essi, infatti, seguono le leggi mendeliane di ereditarietà, secondo modalità dominanti, recessive,o legate al sesso. Il processo di identificazione del gene responsabile è grandemente facilitato dalla conoscenza della proteina carente o disfunzionale. Come vedremo in seguito, le BPCO correlate al deficit ereditario di AAT rappresentano un classico esempio di questa condizione (genetica tradizionale o dalla proteina difettiva al gene difettivo). L identificazione di geni responsabili di malattia senza che si avesse la cognizione della proteina difettiva (genetica inversa o dal gene difettivo alla proteina difettiva) 2 è stata facilitata da variazioni naturali nella sequenza del DNA, i cosiddetti marcatori: RFLP (polimorfismi di lunghezza dei frammenti di restrizione, segmenti variabili fra gli individui) o STR (microsatelliti, più corti, fino a una singola base). I marcatori vengono utilizzati per l analisi di linkage, cioè una tecnica che prevede lo studio della co-ereditarietà nel DNA genomico in membri di famiglie (in cui la malattia in questione segreghi) del marcatore insieme con l espressione della malattia. Condizioni ideali per l applicazione dell analisi di linkage sono: un numero rilevante di famiglie con multipli soggetti affetti; perfetta co-segregazione di un dato marcatore genetico con l ereditarietà del fenotipo in questione. Queste condizioni presuppongono che il rischio relativo (RR, cioè rischio di ammalare per un consanguineo di un soggetto affetto diviso per il rischio nella popolazione generale) sia relativamente alto.tra i vari fattori sfavorevoli per l analisi di linkage, l incompleta penetranza di un dato allele (cioè l assenza del fenotipo in questione pur in presenza dell allele patologico) è di grande importanza nel deficit di AAT: come vedremo in seguito, circa il 30% dei soggetti omozigoti per l allele Z dell AAT non presenta alterazione della funzione respiratoria. Una volta ottenuta la mappatura cromosomica della regione dove risiede il gene responsabile,occorre procedere alla sua identificazione, mediante clonaggio, cioè a dire la sua riproduzione in molte copie identiche. Il clonaggio genico può avvenire, a seconda delle modalità di approccio all identificazione del gene, mediante clonaggio funzionale o clonaggio posizionale 3. I disordini multifattoriali, rispetto a quelli monogenici, sono caratterizzati pur sempre da un aggregazione familiare, ma in questo caso l ereditarietà non avviene secondo le leggi mendeliane. Un effetto genetico modesto, rispetto a quello riscontrabile nei disordini monogenici, si traduce ovviamente in un rischio relativo basso. È perciò comprensibile che l analisi di linkage tradizionale, che prevede larghi pedigree di soggetti affetti, è difficilmente applicabile a fa- 70

3 5. PREDISPOSIZIONE GENETICA ALLE BPCO miglie in cui è difficile trovare più di due membri affetti. Altri fattori limitanti l analisi di linkage sono la già ricordata incompleta penetranza, le fenocopie ambientali (forme di malattia indotte esclusivamente da fattori ambientali), l eterogeneità genetica (mutazioni in geni diversi possono produrre lo stesso fenotipo), l interazione genotipo-ambiente (influenze non additive genetiche e ambientali sullo sviluppo della malattia) e l effetto multiloco (più geni contribuiscono allo sviluppo della malattia). Ciò nondimeno, uno screening genomico seguito da clonaggio posizionale può essere perseguito anche nelle malattie multifattoriali, utilizzando la condivisione allelica (allele-sharing). Studiando coppie di parenti di primo grado affetti e sapendo che la condivisione allelica attesa è del 50%, in caso di un aumento significativo della condivisione, il gene è associato al disordine. Poiché per patologie come le BPCO, che insorgono in età adulta, può essere problematico raccogliere coppie di genitori-figli, si preferisce utilizzare le friatrie, cioè coppie di fratelli o sorelle affetti (affected sib pair analysis). La strategia è meno sensibile dell analisi di linkage, ma non presuppone la postulazione a priori del modello di ereditarietà. La seconda classe di strategie che possono essere prese in considerazione per lo studio delle malattie multifattoriali è quella definita come studi di associazione caso-controllo mediante geni candidati. In linea di massima questo approccio prevede lo studio di polimorfismi genetici in una popolazione composta da soggetti affetti non imparentati in confronto a una popolazione di controllo composta da soggetti sani non imparentati. La suscettibilità a un dato disordine deriva dall evidenza di differenze significative nelle frequenze alleliche o genotipiche fra le due popolazioni. Benché questo tipo di strategia sia considerata di grande valore nello studio della componente genetica dei disordini multifattoriali, dove, come sopra enunciato, l analisi di linkage presenta grosse limitazioni, occorre comunque considerare molte variabili, perché uno studio di associazione possa essere considerato attendibile. Queste, insieme con le possibili soluzioni dei problemi correlati, sono ricordate nella tabella È importante sottolineare che è essenziale conoscere, almeno in parte, le basi biochimiche della malattia, al fine di impostare lo studio su un gene il cui prodotto alterato o assente possa avere un razionale nella fisiopatologia del disordine. La comprensibile limitazione di questo approccio risiede nel fatto che: solo geni noti possono essere studiati; dei geni noti, solo i polimorfismi conosciuti che abbiano un razionale legato alla patogenesi del- Tabella 5.1 Problemi legati agli studi di associazione caso-controllo mediante geni candidati e loro possibile soluzione 4 Problema Quesito Possibile soluzione Scelta del gene candidato Stratificazione delle popolazioni Equilibrio di Hardy-Weinberg (H-W) Il gene è biologicamente candidato? Il gene è posizionalmente candidato? Casi e controlli sono armonizzati? I controlli sono realmente sani (importante per patologie asintomatiche o a breve vita)? I controlli sono stati esposti agli stessi fattori ambientali dei casi? Il gruppo di controllo è in equilibrio di H-W (*)? Dimostrazione di un effetto biologico (presupposta la conoscenza, almeno in parte, delle basi biochimiche della malattia) Precedente dimostrazione di linkage nell uomo (o in un modello animale) Casi e controlli devono appartenere allo stesso gruppo etnico Per ottenere una popolazione di controllo etnicamente armonizzata con quella patologica, può essere utile generarne una artificialmente, mediante selezione basata sui familiari L armonizzazione può essere anche valutata mediante genotipizzazione di marker polimorfici non legati al locus del gene candidato Calcolo dell equilibrio di H-W mediante test per 2 alleli o per alleli multipli Comparazioni multiple Quanti alleli sono stati studiati? Correzione di Bonferroni Quanti loci sono stati studiati? Stima empirica della significatività mediante simulazione *L equilibrio di Hardy-Weinberg indica che le frequenze geniche possono essere determinate direttamente dalle frequenze alleliche. 71

4 IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA QUADERNO 1 la malattia andrebbero presi concretamente in considerazione. Ciò nondimeno, alcune osservazioni occasionali possono rivelarsi rilevanti per generare ipotesi patogenetiche innovative 6.Un punto importante (e come vedremo in seguito assume particolare rilevanza nello studio delle BPCO multifattoriali) è l esatta definizione del fenotipo in questione. Ciò è facilitato, per esempio, dalla possibilità della diagnosi istologica, come avviene in genere negli studi genetici sulla sarcoidosi 4. Sotto questo aspetto, l utilizzazione di un fenotipo clinico basato sui sintomi negli studi di epidemiologia genetica delle BPCO potrebbe rappresentare un fattore confondente. Secondo le linee guida più recenti, questo potrebbe essere sostituito vantaggiosamente dalla limitazione cronica del flusso aereo respiratorio. LE BPCO CORRELATE ALLA DEFICIENZA EREDITARIA DI AAT Il gene che codifica per l AAT è lungo 12,2 kb, composto da 7 esoni e localizzato sul cromosoma 14q32.1. Esso fa parte di un supergene, cioè di un gruppo di geni omologhi ( 1-antichimotripsina, globulina di legame per i corticosteroidi, inibitore della proteina C) 7. Il prodotto proteico del gene è una proteina di 52 kd, composta da 398 residui aminoacidici e 3 catene glucidiche, sintetizzata primariamente, ma non esclusivamente, dagli epatociti. La sua funzione primaria è quella di inibire le proteinasi seriniche e, tra queste, l elastasi neutrofila, verso la quale manifesta la K ass (costante di associazione) più alta. L AAT è una proteina estremamente pleiomorfa e almeno 49 varianti sono note 8, identificate in funzione delle loro caratteristiche di migrazione in focalizzazione isoelettrica (F = veloce, M = media, S = lenta, Z = molto lenta). La caratterizzazione delle varianti di AAT mediante questa metodica viene correntemente definita come fenotipizzazione; la genotipizzazione è invece la caratterizzazione a livello molecolare. Quest ultima è stata ottenuta praticamente in tutte le varianti note, con l identificazione delle rispettive mutazioni. La maggiore conseguenza funzionale delle mutazioni è che ogni allele mutato codifica per intrinseci livelli plasmatici di AAT (fenomeno della codominanza). Su questa base, gli alleli sono classificati in: normali (per esempio gli M normali): codificano per normali livelli plasmatici di AAT; deficitari (per esempio, Z o S) o disfunzionali (AAT Pittsburgh): codificano per ridotti livelli plasmatici di AAT o per una proteina con funzioni alterate 9. Da sottolineare che alcune varianti deficitarie migrano nell ambito delle AAT M e sono definite come Mlike; nulli:aat plasmatici indosabile. L aumentato rischio di ammalare di enfisema polmonare (e di altre patologie correlate al difetto ereditario di AAT, come le epatopatie) avviene per modalità mendeliane di tipo recessivo, cioè sono necessari due alleli nulli o deficitari ereditati dai genitori (25% di probabilità se entrambi i genitori sono eterozigoti). In pratica, i genotipi responsabili della malattia sono i seguenti: omozigosi ZZ (è il genotipo deficitario che si riscontra nel 95% dei soggetti portatori di deficit ereditario severo di AAT e si associa a livelli plasmatici di AAT che corrispondono al 15% di quelli normali) e Null Null o eterozigoti Z Null. Il genotipo SS codifica per livelli di AAT plasmatici che corrispondono al 40% dei valori normali e non si associa a rischio rilevante per lo sviluppo di enfisema; l allele S in eterozigosi con quello Z interagisce con l abitudine al fumo di sigaretta, aumentando considerevolmente il rischio di malattia 10. Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi nelle conoscenze sui meccanismi molecolari che sottendono il deficit di AAT 8. Sono stati identificati errori nell espressione,traduzione e nei meccanismi di maturazione intracellulare dell AAT. Molte mutazioni nulle sono dovute all assenza di buona parte della regione genomica codificante per la proteina o ad anomalie nella maturazione o nella stabilità dell mrna. La mutazione Z, che consiste in una singola sostituzione aminoacidica (Glu 342 Lis), sarebbe responsabile della mancata formazione di un ponte salino tra questo residuo e la Lis 290, con conseguente esaltata tendenza della proteina a spontanea polimerizzazione e precipitazione a livello intracellulare 11. Il deficit ereditario di AAT è una condizione rara che interessa prevalentemente i soggetti caucasoidi di origine nord-europea. La sua incidenza è massima nei paesi scandinavi (dove verosimilmente è originata la mutazione Z), interessando 1 soggetto/1.600 nati vivi (frequenza genica 0,02-0,03) e nei soggetti nord americani (frequenza genica 0,01-0,02) 12. Esiste un gradiente nord sud, in quanto la frequenza tende a decrescere dalle regioni nord 72

5 5. PREDISPOSIZIONE GENETICA ALLE BPCO Europee verso quelle sud Europee (frequenza genica 0,009). Lo stesso tipo di gradiente si riscontra fra le regioni settentrionali e quelle meridionali del nostro paese: la condizione è particolarmente frequente nelle regioni dell arco sub-alpino (1 caso/3.500 soggetti), per scendere a 1/ nelle regioni meridionali 13. Un caso particolare è rappresentato dalla Sardegna, dove la mutazione Z è molto rara e i casi di deficit severo di AAT sembrano essere ascrivibili pressoché totalmente a varianti Mlike 14. Per ciò che attiene il rapporto genotipo/fenotipo, quest ultimo è relativamente eterogeneo: benché la maggioranza di soggetti omogenei per un allele difettivo (per esempio ZZ) manifesti un enfisema polmonare di tipo panacinare a insorgenza giovanile (2 a -4 a decade di vita), alcuni soggetti sono invece caratterizzati da altre varianti di BPCO, come bronchite cronica, bronchiectasie o spiccata iperreattività bronchiale 15.Quasi tutti questi soggetti sono dediti al fumo di sigaretta (interazione genotipo/ambiente) e la loro probabilità di sopravvivenza è decisamente inferiore a quella dei soggetti ZZ che non fumano (figura 5.2). È interessante notare come da larghe casistiche pubblicate emerga chiaramente che circa il 30% dei soggetti deficitari non presenta alcuna limitazione della funzione respiratoria, in alcuni casi anche in presenza di prolungata abitudine al fumo di sigaretta 17. In altre parole, il deficit ereditario di AAT è caratterizzato da un incompleta penetranza del gene. L applicazione di modelli matematici al deficit di AAT sembra mostrare che, al di là di un prevedibile effetto di fattori ambientali (fumo di sigaretta, infezioni in età infantile) che possono modificare il fenotipo (concetto già noto nell ambito della genetica delle malattie monogeniche), un secondo fattore genetico possa influenzare la funzione respiratoria in questa popolazione 18. In accordo con questo concetto, è stato recentemente segnalato che alcuni polimorfismi del gene che codifica per la sintasi endoteliale dell ossido nitrico si associano in modo significativo alla severità del danno polmonare (stimato dalla riduzione di VEMS e di DL CO ) in soggetti con deficit ereditario di AAT, suggerendo così un ruolo modulatorio per questo secondo fattore genetico 19. EVIDENZA DI UNA COMPONENTE GENETICA NELLE BPCO NON CORRELATE ALLA DEFICIENZA EREDITARIA DI AAT (O BPCO MULTIFATTORIALI) In ogni manuale di pneumologia o monografia sulle BPCO, i fattori di rischio per quest ultime vengono suddivisi fra fattori ambientali (fumo di sigaretta, inquinamento atmosferico, infezioni in età in- 1,0 Probabilità di sopravvivenza 1,8 1,6 1,4 1, Età (anni) Figura 5.2 Probabilità cumulativa di sopravvivenza, dopo che si sono raggiunti i 20 anni di età, in soggetti PiZZ svedesi fumatori e non fumatori, confrontati con tutti gli svedesi uomini e donne. Fumatori PiZZ uomini e donne (), non fumatori PiZZ uomini e donne (), tutti gli uomini svedesi ( ), tutte le donne svedesi ( )

6 IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA QUADERNO 1 Tabella 5.2 Fattori dell ospite per lo sviluppo delle BPCO Razza / etnia Sesso Basso peso alla nascita Familiarità Deficienza congenita di AAT Atopia / iperreattività bronchiale Variabilità fenotipica Suscettibilità individuale al fumo di sigaretta (fumatori suscettibili vs fumatori resistenti) Suscettibilità individuale alle infezioni infantili fantile ecc.) e fattori dell ospite 20. Questi ultimi, identificabili come fattori individuali (condizionati, perciò, dall assetto genetico dell individuo) (tabella 5.2) rappresentano il razionale sul quale sono stati impostati gli studi di epidemiologia genetica e, in epoca più recente, quelli di genetica molecolare. La deficienza congenita di AAT, già discussa in dettaglio nel precedente paragrafo, è l unico fattore di rischio dell ospite per ammalare di BPCO accertato con sicurezza ed è quello più immediatamente percepibile come fattore genetico, per motivi ovvii. Ciò nondimeno, anche gli altri fattori elencati nella tabella 5.2 sottendono più o meno direttamente la compartecipazione rilevante di fattori genetici. Classicamente, l aggregazione familiare di un dato disordine viene interpretata come indizio di una componente genetica nella sua patogenesi. Esiste infatti una letteratura molto ricca sull aggregazione familiare delle BPCO, sulla maggiore incidenza di BPCO in parenti di soggetti affetti o, più semplicemente, sul controllo familiare dei livelli di funzione respiratoria. Per un analisi dettagliata di questo aspetto, si rimanda alla review di Sandford e collaboratori 21. Lo studio a lungo termine denominato Lung Health Study supporta l ipotesi che un accelerato declino dell FEV 1 possa essere messo in relazione alla presenza di iperreattività bronchiale 22. Secondo l ipotesi olandese sulla patogenesi delle BPCO, quest ultima, insieme con l atopia (elevati livelli di IgE), rappresenta il fattore costituzionale che indirizza l effetto del fumo verso lo sviluppo di BPCO o asma. Anche il sesso è stato dimostrato giocare un ruolo sullo sviluppo della malattia. A questo proposito, è interessante notare che studi datati mostravano concordemente una maggiore suscettibilità nei soggetti maschi che in quelli di sesso femminile 23 ;recenti osservazioni,che saranno discusse più avanti, sembrano invece ribaltare questo concetto. Infine, è noto come il termine BPCO sottenda una sorta di vaso di Pandora in cui viene alloggiata una serie di condizioni cliniche (o, per essere più ottimisti, uno spettro di condizioni cliniche) che in comune hanno la tosse, la produzione di espettorato, la dispnea, la limitazione del flusso aereo e l alterazione degli scambi gassosi 24,ma che si esprimono sul piano clinico con quadri fenotipici molto diversi. In considerazione dell evidenza che un unico fattore ambientale maggiore (cioè il fumo di sigaretta) sia sicuramente promotore di queste diverse espressioni cliniche, dobbiamo allora ritenere che sia il substrato individuale a indirizzare la risposta verso un dato fenotipo piuttosto che verso un altro. È altresì verosimile che anche i fattori ambientali esprimano il loro ruolo di danno su un tessuto costituzionale. È infatti noto da tempo che solo una minoranza di soggetti fumatori sviluppa una BPCO (fumatori suscettibili), mentre gli altri sviluppano al più una bronchite non ostruttiva (fumatori resistenti) 25 o altre affezioni. È verosimile che, a parità di esposizione al fumo, siano i fattori genetici a rendere il soggetto suscettibile (o resistente) agli effetti del fumo e a condizionare il tipo di effetto. Concetto analogo può essere applicato alla suscettibilità alle infezioni respiratorie contratte nell infanzia,ulteriore probabile fattore ambientale di rischio per le BPCO. Infine, anche differenze razziali sembrano giocare un ruolo nella suscettibilità ai danni del fumo: i soggetti americani di discendenza asiatica, per esempio, sono meno suscettibili di quelli caucasoidi 26.Differenze razziali o etniche nell epidemiologia di un disordine sono classicamente riportate come fattore probante di una componente genetica 5. STUDI GENETICI SULLE BPCO MULTIFATTORIALI Cronologia Possiamo datare l inizio degli studi sulla componente genetica delle BPCO multifattoriali verso la metà degli anni 70: a questo periodo risalgono infatti i primi studi, indirizzati verso: marcatori che possiamo definire genericamente come immunogenetici; studi sulla prevalenza dei fenotipi intermedi dell AAT (MZ e MS). Questi ultimi rappresentano i primi studi con un gene candidato. Fino a metà degli anni 80 vengono utilizzate metodi- 74

7 5. PREDISPOSIZIONE GENETICA ALLE BPCO che sierologiche, mentre a partire da questa data vengono introdotte le tecniche molecolari (il primo lavoro in questo senso viene pubblicato nel 1987) 27.È altresì interessante sottolineare che fino a oggi non sono stati riportati in letteratura studi familiari di linkage, ma esclusivamente studi di associazione caso-controllo. A studi familiari sono state finora applicate esclusivamente indagini di epidemiologia genetica, retrospettive 28,29 o prospettiche 30.La prima review sistematica sulla genetica delle BPCO viene pubblicata nel , seguita a breve intervallo da altre due 21,32.A queste si rimanda il lettore desideroso di approfondimenti. Marcatori immunogenetici Svariati studi hanno messo in relazione i gruppi sanguigni (geni del sistema AB0, secretore e di Lewis) con le BPCO. In uno studio longitudinale, il gruppo A era associato a declino significativo della funzione respiratoria 33, ma svariati altri studi (riassunti in 20) non sono stati in grado di confermare questo dato. Per esempio, Kaufmann e collaboratori hanno evidenziato in soggetti non fumatori con bassi livelli di FEV 1,rispetto a fumatori resistenti, un aumentata frequenza dello stato ABH non-secretore nell ambito del gruppo 0 (OR 15.6) 34.Nello stesso studio veniva riportata anche un associazione con l antigene HLA di classe I B7 (OR 3.8), ma nessuna associazione con varianti sierologiche della globulina di legame della vitamina D (Gc). Quest ultimo marcatore, che potrebbe avere una relazione con le proprietà chemotattiche dei neutrofili, è stato recentemente riesaminato a livello molecolare: l allele Gc2 sembra avere un ruolo protettivo verso le BPCO (OR 0.17) 35. Geni candidati Con questo termine facciamo riferimento a quei geni che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, hanno un razionale legato alle ipotesi patogenetiche delle BPCO. I principali geni investigati, suddivisi in funzione delle teorie accreditate sulla patogenesi delle BPCO, sono riassunti nella tabella 5.3. AAT Come premesso all inizio di questo paragrafo, svariati studi caso-controllo hanno esaminato la prevalenza dei fenotipi difettivi intermedi (MZ e MS) in popolazioni di soggetti BPCO. I risultati sono contrastanti, in quanto alcuni di questi studi hanno evidenziato un associazione per il fenotipo MZ (con OR variabili fra 1.5 e 5.0), mentre altri non hanno evidenziato un aumentato rischio. Questi la- Tabella 5.3 Teorie patogenetiche delle BPCO e relativi geni candidati significativamente associati Teoria - gene candidato Mutazione/polimorfismo Ref. Squilibrio proteinasi inibitori α1-antitripsina Glu 342 Lis (Z) G1237A (Taq I) (21,36,37) (27,38-40) α1-antichimotripsina diversi (41-44) Ossidazione / detossificazione Epossido idrolasi microsomiale Tyr113 His His139 Arg GlutationeS tranferasi P1 Ile105 Val (48) (45-47) (46,47) Glutatione S transferasi M1 delezione (null) (47,49) Eme ossigenasi 1 (GT) n 5 polimorfismo (50) Ipotesi immunologia Tumor necrosis factor Ipotesi inglese (ipersecrezione) CFTR TNF 308 LtαNcoI F508 diversi (51-54) (53) (55,58) (56,57) 75

8 IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA QUADERNO 1 vori sono stati esaminati in dettaglio da Sandford e collaboratori 21.Recentemente, in una casistica di 193 soggetti BPCO,Sandford e collaboratori 36 hanno rinvenuto un eccesso significativo di allele Z rispetto ai controlli. In un altro contributo, lo stesso allele è stato rinvenuto significativamente associato a un aumentato rischio di ricovero per BPCO (RR 3.4) solo in parenti di primo grado di soggetti ZZ 37. Notevole interesse ha destato negli ultimi anni una mutazione della regione fiancheggiante 3 del gene AAT. Questa mutazione (G1237A, denominata anche polimorfismo Taq I, dal nome dell enzima di restrizione che la evidenzia) è responsabile in vitro di una ridotta capacità delle cellule di incrementare la sintesi di AAT in risposta agli stimoli infiammatori acuti. Come conseguenza, i portatori della mutazione sarebbero meno protetti durante i processi infiammatori polmonari. I dati sulla frequenza della mutazione G1237A nelle popolazioni di BPCO sono contrastanti: aumenti significativi sono stati riportati fra soggetti britannici 27 e tedeschi 38, ma non fra canadesi 39 e italiani antichimotripsina Questa proteina è l inibitore preferenziale della catepsina G,e sue deficienze congenite potrebbero avere lo stesso ruolo di quelle dell AAT. Sono stati descritti svariati polimorfismi e mutazioni nel gene dell 1-antichimotripsina, ma a seguito di iniziali sporadiche descrizioni in popolazioni tedesche di BPCO 41,42,i risultati non sono stati replicati in canadesi 43 né in italiani 40.Al contrario, un recente lavoro giapponese riporta un aumentato rischio per i soggetti BPCO relativamente al polimorfismo del peptide segnale 15 (OR = 2.7) 44. Miscellanea Mutazioni sono state descritte sia in altri inibitori ( 2-macroglobulina, SLPI) e in proteinasi (catepsina G): queste non sono mai state messe in relazione con le BPCO 32. Epossido idrolasi microsomiale L epossido idrolasi microsomiale appartiene a una famiglia di enzimi disintossicanti che metabolizza gli intermedi epossidi che si formano con il fumo di sigaretta. Una variante di questo gene (Tyr113 His) conferisce all enzima un innata lenta attività detossificante. Questa variante è stata trovata significativamente associata alle BPCO (OR 4.1) e all enfisema polmonare (OR 5.0) in uno studio britannico 45.Il dato non è stato replicato però in giapponesi 46 e coreani 47 ; questi ultimi due studi hanno inoltre esaminato un ulteriore regione polimorfica delle stesso gene (Tyr139 Arg), con lo stesso risultato negativo. Glutatione S transferasi (GST) Con questo termine si identifica una famiglia di enzimi che catalizzano la coniugazione del glutatione ridotto con vari composti nucleofili. Anche in questo caso, il ruolo biologico viene svolto nella detossificazione del fumo di sigaretta. Un polimorfismo del GST P1 (Ile105 Val) è risultato significativamente associato a BPCO in giapponesi (OR 3.5) 48, così come una variante null del gene GST M1 è stata associata a enfisema in pazienti britannici 49. Quest ultimo dato non è stato però replicato in pazienti coreani, così come la delezione null del gene GST T1 47. Eme ossigenasi-1 In questo enzima ad attività antiossidante una ripetizione dinucleotidica nella regione fiancheggiante 5 [(GT) n ] appare polimorfa nella lunghezza e può modulare il trascritto del gene sotto condizioni di stress. In una popolazione di soggetti giapponesi con enfisema la variante più lunga è risultata significativamente associata alla malattia e può tradursi in una ridotta inducibilità del gene da parte degli ossidanti del fumo di sigaretta 50. Tumor necrosis factor (TNF) È noto come le BPCO siano caratterizzate da un notevole grado di infiammazione delle vie aeree e che la citochina pro-infiammatoria TNF possa giocare un ruolo sotto questo aspetto. I geni che codificano per il TNF- e per la linfotossina (precedentemente identificata con il TNF- ) sono caratterizzati da un polimorfismo [nella regione del promotore del gene per il TNF- (TNF 308) e nel primo introne del gene per la linfotossina (Lt NcoI)], nel quale uno dei due alleli (TNF-308*2 e Lt NcoI*1) è associato a una produzione più elevata della citochina.il primo studio disponibile in questo campo, condotto su 42 soggetti con bronchite cronica a Taiwan, ha mostrato un associazione significativa della malattia con 76

9 5. PREDISPOSIZIONE GENETICA ALLE BPCO l allele TNF 308 (OR 11.1) 51.Tale dato non è stato replicato in due popolazioni caucasoidi: in soggetti BPCO britannici 52 (dove non è stata identificata neppure una correlazione con il grado di severità della limitazione al flusso aereo né con la gravità dell enfisema) e in soggetti COPD italiani 53. In quest ultimo studio è stato anche esaminato l allele Lt NcoI*1, con risultato parimenti negativo. Un ulteriore studio britannico 54 ha confermato l assenza di associazione tra BPCO e polimorfismo TNF 308, ma i soggetti omozigoti per l allele TNF 308 mostravano un ostruzione meno reversibile e un aumentata mortalità, suggerendo che questo genotipo, all interno della popolazione BPCO, sia associato a una prognosi peggiore. Cystic fibrosis transmembrane conductance regulator (CFTR) Poiché le mutazioni del gene della fibrosi cistica, che si traducono in alterazioni quantitative del prodotto (la proteina CFTR), rappresentano il primum movens che porta all instaurazione del circolo vizioso responsabile delle alterazioni del muco tipiche della fibrosi cistica, lo studio di questo gene trova un razionale nell ipotesi inglese delle BPCO, cioè l ipersecrezione di muco bronchiale. In un primo lavoro, la mutazione F508 (cioè la mutazione più frequentemente associata alla fibrosi cistica) è stata riportata significativamente associata a un generico fenotipo di ipersecrezione bronchiale cronica 55. Studi successivi, però, condotti con fenotipi più dettagliati e con ampio spettro di mutazioni studiate, hanno ridimensionato il ruolo del gene CFTR nelle BPCO: le frequenze delle mutazioni non sono diverse dall atteso nelle BPCO 56,57.Questi lavori, se da una parte indicano che il gene CFTR rappresenta un rischio genetico per le bronchiectasie disseminate a causa sconosciuta, dall altra confermano la nostra ipotesi iniziale, cioè che il gene CFTR non è verosimilmente coinvolto nella patogenesi delle BPCO 58. CONCLUSIONI E FUTURE DIREZIONI DI RICERCA Una revisione critica di quanto riportato in questo capitolo ci permette di tracciare alcune conclusioni e considerazioni e di ipotizzare future linee di ricerca. È fuori di dubbio che i lavori riportati indichino evidenza di una componente genetica nelle BPCO multifattoriali. È altresì evidente che il livello maggiore di evidenza si ottiene dagli studi di epidemiologia genetica che, mediante l applicazione di modelli matematico-statistici, indicano, accanto all azione di fattori ambientali, la presenza di una componente genetica. Il livello di evidenza scende quando ci trasferiamo dall epidemiologia genetica alla genetica molecolare: nessuno studio di associazione caso-controllo mediante geni candidati che dimostra una associazione fra un dato allele e le BPCO è stato replicato, in gruppi etnici diversi o addirittura all interno ella stessa etnia. È possibile che alla base di questo fenomeno esista un eterogeneità genetica, cioè che uno stesso fenotipo sia provocato da più geni: ciò potrebbe rendere ragione dei risultati contrastanti, tenendo conto del fatto che i geni studiati hanno basi teoriche sufficientemente solide per essere considerati come candidati per le BPCO. In altre parole, è possibile che il background genetico abbia selezionato, per esempio, il TNF in una popolazione asiatica, ma che ciò non sia vero per quelle caucasoidi. Occorre però fare alcune considerazioni: 1) pochi studi hanno tenuto in conto, nella scelta della numerosità delle popolazioni, della frequenza di una data mutazione nella popolazione generale.è cioè possibile che questi studi non abbiano una potenza tale da verificare una deviazione dalla norma nella popolazione di affetti; 2) buona parte degli studi non hanno prestato particolare attenzione alla stratificazione delle popolazioni, con l eccezione dell armonizzazione etnica (e questa non è specificata in tutti gli studi). Pochi studi hanno verificato potenziali fattori confondenti, quale un eguale esposizione al fattore ambientale fra le due popolazioni e la presenza di fenotipi intermedi 4.A questo proposito, è importante sottolineare che un ulteriore possibile fattore confondente qualora si prenda in considerazione la suscettibilità genetica al fumo di sigaretta (interazione genotipo/ambiente) è il ruolo di quest ultimo nell inducibilità dell espressione di alcuni geni. È stato infatti dimostrato in frammenti di polmone che il fumo attivo altera l espressione di alcuni geni sopra menzionati, come l epossido idrolasi o 77

10 IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA QUADERNO 1 il GST e che tale effetto tende a ridursi man mano che si allunga il periodo di sospensione del fumo prima del prelievo 59. In altre parole, l effetto di un dato gene biologicamente candidato può essere legato non solo ad alterazioni strutturali delle sua sequenza, ma anche alla regolazione della sua espressione da parte dei fattori ambientali. Questa possibilità avvalora ulteriormente la necessità di un accurata stratificazione delle popolazioni; 3) un punto dolente, che però viene giustificato dall intrinseca definizione delle BPCO, è l insufficiente definizione del fenotipo. In altre parole, la definizione della popolazione sotto studio è vaga e ciò limita grandemente uno studio genetico. Come esempio negli studi familiari, il fenotipo familiare bronchite cronica nei confronti del fenotipo tosse espettorazione dà un RR di 1,42 nei soggetti fumatori e di 1,69 nei non fumatori 29.Quando il fenotipo definito è quello di soggetti probandi di sesso femminile, con ostruzione severa ed esordio giovanile della malattia, il rischio familiare di manifestare bassi livelli di FEV 1 o segni di bronchite cronica sale a Ovvia è la domanda che scaturisce da queste considerazioni: è possibile prevedere in un futuro, più o meno prossimo, una migliore definizione della componente genetica delle BPCO multifattoriali? Forse. Alcune tappe per giungere a questo obiettivo ci sembrano importanti: 1) sviluppo di modelli nell animale di BPCO, con applicazione di microarrays per lo studio di pattern di geni espressi durante lo sviluppo dell enfisema. Questa strategia potrà migliorare le nostre conoscenze sui geni candidati; 2) definizione il più possibile precisa dei fenotipi da investigare. In questo senso lo studio di Silverman è illuminante 30 : il fenotipo femmina non era sicuramente atteso, sulla scorta dei precedenti dati epidemiologici (vedi sopra) e suggerisce una particolare suscettibilità genetica legata al sesso. Altri fenotipi andranno studiati, per esempio enfisema panacinare verso enfisema centroacinare verso enfisema misto ecc.; 3) una volta identificato un fenotipo con rilevanza familiare, sarà possibile applicare studi di linkage, con qualche probabilità di successo; 4) negli studi di associazione caso-controllo con geni candidati, grande attenzione dovrà essere riposta nella stratificazione delle popolazioni sotto esame. Lo sforzo richiesto è sicuramente notevole, ma comunque necessario per uscire da una fase pionieristica. Solo un approccio integrato fra epidemiologici, statistici, biologici molecolari, genetisti e clinici permetterà di raggiungere questo ambizioso obiettivo. BIBLIOGRAFIA 1. Kingston HM: Genetics of common disorders. Br Med J 1989; 298: Levitt RC: Molecular genetic method for mapping disease genes. Am J Respir Crit Care Med 1994; 150:S94-S Pignatti PF: Glossario delle strategie per lo studio di geni responsabili di malattie. In Balbi B, Luisetti M (Ed.): Genetica delle malattie respiratorie. Edi AIPO Scientifica, Pisa 2000; Silverman EK e Palmer LJ: Case-control association studies for the genetics of complex respiratory diseases. Am J Respir Cell Mol Biol 2000; 22: Besag J e Clifford P: Sequential Monte Carlo p-values. Biometrika 1991; 78: Luisetti M, Beretta A, Casali L: Genetic aspects in sarcoidosis. Eur Respir J 2000; 16: Hay JG, Suzuki M, Crystal RG: Alpha1-antitrypsin gene and promoter. In: Crystal RG (Ed.): Alpha1- antitrypsin Deficiency. Marcel Dekker, New York 1996; Brantly M: Alpha1-antitrypsin genotypes and phenotypes. In Crystal RG (Ed): Alpha1-antitrypsin Deficiency. Marcel Dekker, New York 1996; Owen MC, Brennan SO, Lewis JH et al: Mutation of antitrypsin to antithrombin in alpha1-antitrypsin Pittsburgh (358 Met to Arg) leads to a fatal bleeding disorder. N Engl J Med 1983; 309: Turino GM, Baker AF, Brantly ML et al: Clinical features of individuals with PI SZ phenotype of alpha1-antitrypsin deficiency.am J Respir Crit Care Med 1996; 154: Lomas DA e Carrell RW: A protein structural approach to the solution of biological problems: 1- antitrypsin as a recent example. Am J Physiol 1993; 265:L211-L Mc Elvaney NG e Crystal RG: Clinical manifestations of 1-AT deficiency. In Crystal RG (Ed): Alpha1-antitrypsin Deficiency. Marcel Dekker, New York: 1996;

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