Appunti del corso di Geometria del prof. Landi

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1 Appunti del corso di Geometria del prof. Landi (tratti dal programma svolto) Anno Accademico 2009/2010 A cura di Piccoli Tobia PARTE TEORICA 1

2 DEFINIZIONI a) Spazio vettoriale Sia K un campo e V un insieme non vuoto. V si dice spazio vettoriale su K o K-spazio vettoriale se: 1) in V è denita un'operazione di somma s : V V V denotata con s(v, v ) = v + v e, rispetto a s, V è un gruppo abeliano 2) è denita un'operazione di prodotto esterno p : K V V denotata con p(k, v) = kv, k K, v V 3) sono vericate le seguenti proprietà: 1) (V, +) è un gruppo commutativo 2) k, k K, v, v V si ha: (k + k )v = kv + k v k(v + v ) = kv + kv k(k v) = (kk )v 1v = v con 1 = 1 K b) Sottospazio vettoriale Sia V un K-spazio vettoriale rispetto alle operazioni di somma e prodotto esterno, e W V un suo sottoinsieme. W è un sottospazio vettoriale di V se rispetto alle operazioni di somma e prodotto esterno W ha una struttura di K-spazio vettoriale. c) Base e dimensione di uno spazio vettoriale Sia V un K-spazio vettoriale. Un insieme ordinato B = {v 1,..., v n } di vettori di V si dice base di V se B è un sistema libero di generatori di V, cioè se V = L {v 1,..., v n } e v 1,..., v n sono linearmente indipendenti. Se esiste un intero positivo n tale che il K-spazio vettoriale ammetta una base di n elementi diremo che V ha dimensione n e scriveremo dim K (V ) = n o dim(v ) = n qualora il campo K sia chiaro dal contesto. d) Rango di una matrice Sia una matrice A K m,n. Si dice rango di A e si indica ρ(a) il massimo numero di colonne (o di righe) linearmente indipendenti della matrice. Si ha sempre che ρ(a) N e ρ(a) min {m, n}. e) Matrice ridotta per righe Una matrice A K m,n si dice ridotta (o riducibile) per righe se: 1) eliminate le righe nulle e 2) permutate opportunamente le colonne, si ottiene una matrice di tipo Triangolare Superiore Completa (matrice stella). 2

3 f) Soluzione e spazio delle soluzioni di un sistema lineare Una soluzione di un sistema lineare Σ è una n-upla (α 1,..., α n ) di K n che è soluzione di ogni equazione del sistema. L'insieme di tutte le soluzioni del sistema Σ prende il nome di spazio delle soluzioni, è un sottoinsieme di K n, e si indica con S(Σ). g) Applicazione lineare Siano V e W due K-spazi vettoriali. Un'applicazione f : V W si dice lineare se gode delle seguenti 2 proprietà: 1) f(v 1 + v 2 ) = f(v 1 ) + f(v 2 ), v 1, v 2 V 2) f(av) = af(v) v V, a K Ove con v si intende il vettore colonna t (x 1,..., x n ) h) Nucleo e immagine di un'applicazione lineare Data un'applicazione lineare f : V W, si dice nucleo di f, e si denota con ker(f), il sottoinsieme di V denito da: ker(f) = {v V : f(v) = 0 W } ossia l'insieme dei vettori mandati da f in 0 W. Si dice immagine di f, e si denota con Im(f), il sottoinsieme di W denito da: Im(f) = {w W : v V : w = f(v)} i) Matrice di cambiamento base Sia V un K-spazio vettoriale e siano B e C due basi di V. La matrice del cambiamento di base da B a C è la matrice M BC associata alla funzione identità da V in sè rispetto alle basi B (in partenza) e C (in arrivo). j) Somma diretta di sottospazi vettoriali Siano W 1,..., W n sottospazi di un K-spazio vettoriale V. La somma: W = W W n si dice diretta se ogni suo elemento v si scrive in modo unico nella forma: v = w w n con w i W i, i = 1,..., n e in tal caso si scrive W = W 1,..., W n. k) Matrici simili Due matrici A, B K n,n si dicono simili se sono associate ad uno stesso endomorsmo di K n e si indica ciò con: A B l) Endomorsmi semplici Un endomorsmo φ End(V ) si dice semplice se verica una delle seguenti condizioni (dati V, un K-spazio vettoriale, e φ End(V ) ) : 1) esiste una base B di V tale che M BB φ è diagonalizzabile 2) per ogni base D di V la matrice Mφ DD è diagonalizzabile 3

4 3) esiste una base C di V tale che Mφ CC è diagonale 1), 2), 3) sono equivalenti m) Autovettori e autovalori Sia V un K-spazio vettoriale e sia φ End(V ); se v V è un vettore non nullo e se esiste λ K tale che φ(v) = λv allora λ si dice autovalore di φ e v si dice autovettore di φ associato a λ. n) Autospazi Sia V un K-spazio vettoriale e sia φ End(V ); se λ è un autovalore di φ allora l'insieme: V λ = {v V : φ(v) = λv} è un sottospazio vettoriale di V e viene detto autospazio associato all'autovalore di λ. o) Polinomio caratteristico di una matrice Sia A K n,n una matrice quadrata; allora l'espressione det(a T I n ) è un polinomio p A (T ) di grado n in T a coecienti in K che viene chiamato polinomio caratteristico della matrice A. p) Prodotto scalare euclideo in R n L'applicazione : R n R n R denita da: (x 1,..., x n ) (y 1,..., y n ) = x 1 y x n y n si dice prodotto scalare canonico (euclideo) e (R n, ) si chiama spazio euclideo E n (è un R-spazio vettoriale). Posti v = (x 1,..., x n ), w = (y 1,..., y n ) le proprietà del prodotto euclideo sono: 1) v w = (x 1,..., x n ) (y 1,..., y n ) = (y 1,..., y n ) (x 1,..., x n ) = w v = x 1 y x n y n 2) v (λ 1 w 1 + λ 2 w 2 ) = λ 1 (v w 1 ) + λ 2 (v w 2 ) w 1, w 2 R n, λ 1, λ 2 R 3) v v = (x 1,..., x n ) (x 1,..., x n ) = x x 2 n 0 4) v v = 0 v = 0 q) Base ortonormale Sia (v 1,..., v n ) una base di R n. Se: v i v j = 1 se i = j 0 se i j la base è detta ortonormale r) Sottospazio ortogonale di un sottospazio di E n Sia (E n, ) uno spazio euclideo e sia W E n un sottospazio vettoriale. Si dice ortogonale di W l'insieme: 4

5 W = {v E n : v w = 0, w W } s) Giacitura di una retta e di un piano Data una retta r in A 2 (R) o A 3 (R) si dice giacitura di r e si indica con S r la corrispondente retta passante per l'origine. Dato un piano π A 3 (R) si dice giacitura di π e si indica con S π il corrispondente piano passante per l'origine. t) Rette parallele in A n In A n (R) due rette r, r si dicono parallele se e solo se hanno la stessa giacitura: r r S r = S r u) Piani paralleli in A n In A n (R) due piani π, π sono paralleli se e solo se hanno la stessa giacitura: π π S π = S π v) Retta e piano paralleli in A 3 In A 3 (R) una retta r e un piano π sono paralleli se la giacitura della retta è contenuta nella giacitura del piano: r π S r S π w) Rette ortogonali Due rette r, r sono ortogonali (in qualunque dimensione) se le loro giaciture sono ortogonali, ovvero: S r S r = 0 v w = 0, v S r, w S r x) Piani ortogonali In E 3 il piano π è ortogonale al piano π se un qualunque vettore ortogonale a π ed un qualunque vettore ortogonale a π sono fra loro ortogonali. y) Matrice ortogonale Una matrice P si dice ortogonale se le sue colonne formano una base ortonormale di R n. z) Endomorsmo autoaggiunto Un endomorsmo φ End(R n ) si dice autoaggiunto se: φ(v) w = φ(w) v v, w R n 5

6 ENUNCIATI 1) Criterio di sottospazio vettoriale Sia V un K-spazio vettoriale e W un suo sottoinsieme non vuoto. Le seguenti aermazioni sono equivalenti: 1) W è un sottospazio vettoriale di V 2) W è chiuso rispetto alla somma s ed al prodotto esterno p 3) λw 1 + µw 2 W w 1, w 2 W λ, µ K 2) Metodo per il calcolo del nucleo di un'applicazione lineare Siano V e W due K-spazi vettoriali di basi B e C rispettivamente e f : V W un'applicazione lineare con A = Mf BC. Per determinare ker(f) si procede così: 1) si risolve il sistema omogeneo Σ : AX = 0 e si determina una base ((a 1 1,..., a 1 n),..., (a p 1,..., ap n)) per lo spazio delle soluzioni S Σ. 2) ne segue che ker(f) = L((a 1 1,..., a 1 n) B,..., (a p 1,..., ap n) B ). In particolare se V = K n e B è la base canonica allora ker(f) coincide con S Σ. 3) Metodo per il calcolo dell'immagine di un'applicazione lineare Siano V e W due K-spazi vettoriali di basi B e C rispettivamente e f : V W un'applicazione lineare con A = Mf BC. Per determinare l'immagine di f che si denota con Im(f) si procede come segue: 1) si riduce A per colonne ottenendo una base per lo spazio delle colonne C(A): b 11 b p1...,...,... b 1m b pm 2) allora Im(f) = L((b 11,..., b 1m ) C,..., (b p1,..., b pm ) C ). In particolare se W = K n e C è la base canonica, allora Im(f) coincide con C(A). 4) Metodo degli scarti successivi Sia I = {v 1,..., v n } un insieme di generatori di un K-spazio vettoriale V. Si costruisce una catena di sottoinsiemi di I: 1) I 1 = I {v i I v i = 0 V } ; insieme dei vettori non nulli di I, ad esempio I 1 = {v 1, v 2, v 3,..., v k } 2) v 2 L(v 1 )? se sì I 2 = I 1 {v 2 } se no I 2 = I 1 ; quindi I 2 I 1 3) v 3 L(v 1, v 2 )? se sì I 3 = I 2 {v 3 } se no I 3 = I 2 ; quindi I 3 I 2... k) v k L(v 1, v 2,...v k 1 )? se sì I k = I k 1 {v k } se no I k = I k 1 ; quindi I k I k 1 6

7 Si è quindi costruita una catena di sottoinsiemi I I 1 I 2 I 3... I k tali che L(I) = L(I 1 ) =... = L(I k ), quindi I k è un insieme libero (i suoi vettori sono linearmente indipendenti) di generatori di V ed I k è una base di L(I) V 5) Criterio di iniettività di un'applicazione lineare Sia f : V W un'applicazione lineare. Le seguenti aermazioni sono equivalenti: 1) f è iniettiva 2) ker(f) = {0 V } 3) dim(v ) = ρ(a) per ogni matrice A associata ad f 6) Criterio di suriettività di un'applicazione lineare Sia f : V W un'applicazione lineare. Le seguenti aermazioni sono equivalenti: 1) f è suriettiva 2) dim(w ) = ρ(a) per ogni matrice A associata ad f 7) Criterio di isomorsmo di un'applicazione lineare Sia f : V W un'applicazione lineare tra K-spazi vettoriali della stessa dimensione. Le seguenti aermazioni sono equivalenti: 1) f è iniettiva 2) f è suriettiva 3) f è un isomorsmo 8) Metodo di risoluzione dei sistemi lineari Dato il sistema lineare AX = B lo si risolve in 2 passi: 1) si riduce per righe la matrice (A, B) ottenendo una matrice (A, B ) con A ridotta per righe; i due sistemi AX = B e A X = B sono equivalenti. 2) si determina lo spazio delle soluzioni di A X = B (usando il metodo di risoluzione dei sistemi ridotti) che coincide con lo spazio delle soluzioni AX = B. 9) Teorema di Rouché - Capelli Dato il sistema lineare in n incognite Σ : AX = B si ha: 1) Σ ha soluzioni ρ(a) = ρ(ab) 2) se ciò accade ci sono n ρ variabili libere (o anche il sistema ammette n ρ soluzioni). 3) come incognite libere si può scegliere un particolare sottoinsieme di n ρ variabili le rimanenti variabili corrispondono a colonne linearmente indipendenti. 7

8 10) Teorema su matrici associate ad un'applicazione lineare e cambi di base (con diagramma) Siano V e W due K-spazi vettoriali, B e B due basi di V, C e C due basi di W. Sia f : V W un'applicazione lineare, allora M B C f = M CC Mf BC M B B. Ciò si può riassumere con un diagramma commutativo (cioè il percorso fatto in verso equivale a quello fatto nell'altro): f V B W C id V id W V B W C f 11) Sviluppo del determinante secondo Laplace Sia A = (a ij ) K n,n e sia α ij = ( 1) i+j A ij (complemento algebrico di a ij ); allora deta = a 11 α 11 + a 12 α a 1n α 1n (per la riga 1). In generale si ha deta = a i1 α i1 + a i2 α i a in α in per la riga i-esima. Per la colonna j-esima si ha invece l'espressione generale: deta = a 1j α 1j + a 2j α 2j a ij α ij. 12) Relazione tra molteplicità algebrica e geometrica di un autovettore Sia V un K-spazio vettoriale e sia φ End(V ). Siano λ un autovalore di φ di molteplicità m(λ) e V λ il relativo autospazio; allora 1 dim(v λ ) m(λ), dove dim(v λ ) è detta molteplicità geometrica, che è sempre minore o uguale alla molteplicità algebrica m(λ). 13) Metodo per determinare se una matrice è diagonalizzabile Sia A K n,n e sia φ = K n K n l'endomorsmo associato ad A rispetto alla base canonica. La matrice A è diagonalizzabile se e solo se φ è semplice. Si procede nel seguente modo: 1) si calcola il polinomio caratteristico P φ (λ) = P A (λ) = det(a λi n ) di φ e si trovano le sue radici ossia gli autovalori λ 1,..., λ s ; 2) se j λ j / K si può subito dire che A non è diagonalizzabile 3) se λ j K allora: 1) se m(λ j ) dim(v λj ) allora A non è diagonalizzabile 2) se m(λ j ) = dim(v λj ) allora A è diagonalizzabile 4) se A è diagonalizzabile è simile ad una matrice diagonale lungo la cui diagonale ci sono λ 1,..., λ s ripetuti secondo la loro molteplicità. Inoltre = P 1 AP con P = M Bε la matrice del cambio base B di autovettori alla base canonica ε. 14) Teorema di caratterizzazione degli endomorsmi semplici Sia V un K-spazio vettoriale e φ End(V ). Se λ 1,..., λ s sono le radici di P φ (λ) di molteplicità m(λ 1 ),..., m(λ s ), rispettivamente sono equivalenti: 8

9 1) φ è semplice 2) esiste una base B di V fatta da autovettori 3) V è somma diretta degli autospazi: V = V λ1... V λs 4) λ j K e m(λ j ) = dim(v λj ) j = 1,..., s 15) Equazione della retta per due punti di E n Dati 2 punti distinti A e B in A n (R) esiste una ed una sola retta passante per A e B ed una sua possibile equazione vettoriale è data da: r : P = A + λ(b A). 16) Equazione del piano per tre punti di E n Dati 3 punti A, B, C in A 3 (R) distinti e non allineati esiste ed è unico il piano che li contiene ed una sua possibile equazione vettoriale è data da: π : P = A + λ(b A) + µ(c A). 17) Metodo di ortonormalizzazione di Gram - Schimdt Sia B = (v 1,...,, v n ) una base di R n. Posti: e 1 = e 2 = e 3 =... e n = v1 v 1 v2 (v2 e1)e1 v 2 (v 2 e 1)e 1 v3 [(v3 e1)e1+(v3 e2)e2] v 3 [(v 3 e 1)e 1+(v 3 e 2)e 2] vn n 1 j=1 (vn ei)ei v n n 1 j=1 (vn ei)ei si ha che e 1,..., e n costituiscono una base ortonormale. 18) Equazione normale della retta in E 2 Data un retta r di E 2 di equazione vettoriale P = A + λv e u un vettore ortogonale a r, cioè Sr = L(u) si dice equazione normale della retta r la: (P A) u = 0 e si ha che P r (P A) u = 0 19) Formula della distanza punto piano in E 3 Sia A = (α, β, γ) un punto di E 3 e sia π : ax + by + cz + d = 0 un piano di E 3. Allora la distanza tra il punto ed il piano è data dalla formula: d(a, π) : aα+bβ+cγ (a2 +b 2 +c 2 ) 20) Distanza tra retta e piano paralleli in E 3 9

10 Siano r e π una retta ed un piano paralleli in E 3. Allora: d(r, π) = d(p, π) dove P è un punto qualunque di r. 21) Caratterizzazione delle matrici ortogonali Una matrice A R n,n si dice ortogonale se e solo se t AA = I n, cioè se t A = A 1. Se A è ortogonale allora det(a) = ±1. 22) Caratterizzazione degli endomorsmi autoaggiunti in termini di autospazi Sia φ End(V ) un endomorsmo semplice e siano V λ1,..., V λs i suoi autospazi. Allora φ è autoaggiunto se e solo se i suoi autospazi sono a due a due ortogonali, cioè V λi V λj i j. 10

11 DIMOSTRAZIONI A) Sia V un K-spazio vettoriale e W V. Allora W è un sottospazio vettoriale di V se e solo se W è chiuso rispetto alla somma ed al prodotto per scalare. Innanzitutto W è chiuso rispetto a somma e prodotto per ipotesi. Poichè le proprietà associativa e commutativa valgono in V allora valgono anche in W. Basta mostrare che W ha elemento neutro (zero) e opposto di ogni suo elemento. Se 0 V W allora 0 V è zero di W, infatti w W si ha: 0 V + w = w + 0 V = w poichè w V. Dall'ipotesi di chiusura del prodotto si ha che 0 K w W w W, ma contemporaneamente si ha che 0 K w = 0 V, quindi 0 V W. Inne se w W allora w = ( 1)w W. B) Siano W 1 e W 2 due sottospazi di un K-spazio vettoriale V e sia W 1 + W 2 = {v V v = w 1 + w 2 ; w 1 W 1, w 2 W 2 }. Allora W 1 + W 2 è il più piccolo sottospazio vettoriale di V contenente W 1 W 2. 1) presi λ, λ K v, v W 1 + W 2, si deniscono: v = w 1 + w 2 v = w 1 + w 2 dove w 1, w 1 W 1 w 2, w 2 W 2. Si ha: ) λv + λ v = λ (w 1 + w 2 ) + λ (w 1 + w 2 = ( ) ( ) λw 1 + λ w 1 + λw 2 + λ w 2 e visto che W 1 e W 2 sono sottospazi si ha che λw 1 +λ w 1 W 1 e λw 2 +λw 2 W 2 da cui segue che W 1 + W 2 è un S.S.V. di V. 2) si dimostra poi che W 1 W 2 W 1 + W 2. Infatti se: w 1 W 1 w 1 = w V W 1 + W 2 w 2 W 2 w 2 = w V W 1 + W 2 3) per provare che è il più piccolo sottospazio si prova che è contenuto in un qualunque sottospazio Z che contenga W 1 W 2. Allora w 1 W 1, w 2 W 2 si ha w 1 + w 2 Z quindi Z W 1 + W 2. C) Sia V un K-spazio vettoriale e v 1,..., v n V, allora L(v 1,..., v n ) è un S.S.V. di V. Basta dimostrare che L(v 1,..., v n ) è chiuso rispetto somma e prodotto per scalare: 1) per somma: siano v, v due elementi di L(v 1,..., v n ). Allora esistono scalari λ 1,..., λ n e µ 1,..., µ n tali che v = λ 1 v 1,..., λ n v n e v = µ 1 v 1,..., µ n v n. Quindi la loro somma è: 11

12 v + v = (λ 1 v 1,..., λ n v n ) + (µ 1 v 1,..., µ n v n ) = (λ 1 + µ 1 ) v 1 + (λ 2 + µ 2 ) v (λ n + µ n ) v n quindi v + v L(v 1,..., v n ). 2) per prodotto: siano λ K e v = λ 1 v λ n v n L(v 1,..., v n ). Allora: λv = λλ 1 v λ n v n = (λλ 1 )v (λλ n )v n quindi λv L(v 1,..., v n ). D) L'insieme K [x] con le sue usuali operazioni tra polinomi è un K- spazio vettoriale di dimensione innita. Siano i polinomi p(x) = a 0 + a 1 x a n x n + 0x n x m e q(x) = b 0 + b 1 x b n x n b m x m e uno scalare λ K ; date le operazioni: 1) p(x) + q(x) = (a 0 + b 0 ) + (a 1 + b 1 )x (a n + b n )x n b m x m 2) λp(x) = λa 0 + λa 1 x λa n x n rispetto a tali operazioni K(x) è un K-spazio vettoriale, infatti l'opposto di p(x) è il polinomio p(x) = a 0 a 1 x... a n x n, l'elemento neutro è il polinomio nullo p(x) = 0 e così via. E) Un insieme di vettori I = {v 1,..., v n } è libero se e solo se ogni elemento di L(v 1,..., v n ) si scrive in modo unico come combinazione lineare dei v i. Si assume che I sia libero e che esista un vettore v L(v 1,..., v n ) che si scrive con 2 diverse combinazioni lineari, ovvero esistono scalari λ 1,..., λ n e µ 1,..., µ n tali che λ 1 v λ n v n = µ 1 v µ n v n. Allora: (λ 1 µ 1 )v (λ n µ n )v n = 0 V perchè v 1,..., v n sono linearmente indipendenti. Quindi i coecienti si annullano: λ 1 µ 1 = λ 2 µ 2 =... = λ n µ n = 0 cioè λ i = µ i i = 1,..., n quindi non esiste alcun elemento di L(v 1,..., v n ) che si scrive in 2 modi distinti, ossia ogni vettore si scrive in maniera unica. Viceversa si assuma che ogni v L(v 1,..., v n ) si scriva in modo unico come combinazione lineare di v 1,..., v n. In particolare 0 V si scrive in maniera unica: 0 K v K v n = 0 V Si prenda ora una generica combinazione lineare λ 1 v λ n v n = 0 V ; per l'unicità della scrittura di 0 V deve essere λ i = 0 i = 1,..., n. Dunque v 1,..., v n sono linearmente indipendenti F) Data un'applicazione lineare f : V W, allora f(0 V ) = 0 W e f( v) = f(v) per ogni v V. Si ricorda una proprietà importante delle applicazioni lineari: 12

13 f(ax) = af(x) Da questa si ha che: 1) f(0 V ) = f(0 K v) = 0 K f(v) = 0 W 2) f( v) = f(( 1) v) = ( 1)f(v) = f(v) G) Data un'applicazione lineare f : V W, ker(f) e Im(f) sono S.S.V. di V. 1) siano v, v ker(f) e λ, λ K. Si vuole provare che λv + λ v ker(f), cioè che f(λv + λ v ) 0 W. Per ipotesi f(v) = 0 W = f(v ), allora per le proprietà delle applicazioni lineari: f(λv + λ v ) = λf(v) + λ f(v ) = 0 W quindi ker(f) è un S.S.V. di V. 2) si dimostra che è chiuso rispetto a somma e prodotto per scalare. Siano w, w Im(f) ovvero esistono v, v V tali che f(v) = w e f(v ) = w ; allora per le proprietà delle applicazioni lineari: λw + λ w = λf(v) + λ f(v ) = f(λv) + f(λ v ) = f(λv + λ v ) λw + λ w Im(f) H) Siano V e W due K-spazi vettoriali della stessa dimensione. Allora V e W sono isomor. Si costruisce un semplice isomorsmo: siano B = (b 1,..., b n ) e C = (c 1,..., c n ) basi di V e W rispettivamente. Si costruisce una funzione f denita come: f(v i ) = w i i = 1,..., n, estesa per linearità: se v = (λ 1 b λ n b n ) V allora f(v) = λ 1 f(b 1 ) λ n f(b n ) = λ 1 c λ n c n. Poiché M B,C f = I n e ρ(i n ) = n allora f è un isomorsmo. I) Dato un sistema lineare omogeneo in n incognite, il suo spazio delle soluzioni è un sottospazio di R n. Si usa il criterio di S.S.V. : 1) siano X 1, X 2 due soluzioni di Σ, cioè AX 1 = 0 e AX 2 = 0. Allora: A(X 1 + X 2 ) = AX 1 + AX 2 = 0 ossia anche la somma di soluzioni è una soluzione, cioè X 1 + X 2 S(Σ) 2) siano X una soluzione del sistema e λ R. Allora: A(λX) = 0 = λax = 0 che è ancora una soluzione, ossia λx S(Σ). Quindi S(Σ) è un S.S.V. di R n. L) Due matrici A, B K n,n sono simili se e solo se esiste P GL(n) tale che P 1 AP = B Sia A B, allora esistono un endomorsmo φ : K n K n e due basi B e C di K n tali che A = Mφ BB e B = Mφ CC. Pertanto: 13

14 B = M BC AM CB dove M CB è invertibile e (M CB ) 1 = M BC, quindi P = M CB. Viceversa sia P una matrice invertibile tale che B = P 1 AP ; le colonne di P sono una base C di K n, allora P = M Cε quindi P 1 = M εc. Sia φ = fa εε l'endomorsmo di K n associato alla matrice A rispetto alla base canonica, da cui A = Mφ εε. Pertanto: B = P 1 AP = M εc Mφ εεm Cε = Mφ CC Si conclude che anche B è associata allo stesso endomorsmo φ e A e B sono simili. M) Se φ End(V ) e λ è un suo autovalore, allora V λ (insieme dei relativi autovettori) è un S.S.V. di V. Si ricorda la denizione di autospazio: V λ = {v V : φ(v) = λv}. Siano v 1, v 2 V λ e µ 1, µ 2 R. Si vuole dimostrare che µ 1 v 1 + µ 2 v 2 V λ : φ(µ 1 v 1 + µ 2 v 2 ) = µ 1 φ(v 1 ) + µ 2 φ(v 2 ) = µ 1 λv 1 + µ 2 λv 2 = λ(µ 1 v 1 + µ 2 v 2 ) N) In uno spazio vettoriale euclideo un insieme nito di vettori non nulli a due a due ortogonali è un insieme libero. Si consideri una combinazione lineare nulla dei vettori v 1,..., v n V {0 V } : λ 1 v λ s v s = 0 V. Allora: 0 = v i (λ 1 v λ s v s ) = λ 1 (v i v 1 ) λ s (v i v s ) = λ i v i 2 e poichè v i 0 V allora λ i = 0. Ripetendo il procedimento per ogni i deve essere λ 1 =... = λ s = 0. O) Se W è un sottospazio di uno spazio vettoriale euclideo V, allora W è un sottospazio di V. Siano v 1, v 2 W cioè v 1 w = 0, v 2 w = 0 w W. Dunque per qualsiasi λ 1, λ 2 R si ha: (λ 1 v 1 +λ 2 v 2 ) w = λ 1 v 1 w+λ 2 v 2 w = λ 1 (v 1 w)+λ 2 (v 2 w) = 0, w W, pertanto λ 1 v 1 + λ 2 v 2 W. P) Dati due punti esiste ed è unica la retta passante per i due punti stessi. Dati due punti A e B in A 2 (R) o A 3 (R) si ha che l'equazione vettoriale della retta è: r : P = A + λ(b A) r passa per A quando λ = 0 e per B quando λ = 1. Una retta passante per A ha equazione vettoriale P = A + µv con v R 2 o R 3. Inoltre r passa per B se e solo se vale B = A + µ 0 v per un opportuno µ 0 quindi se e solo se B A = µ 0 v. Allora: P = A + µ µ 0 (B A) = A + λ(b A) Dunque L(v) = L(B A). 14

15 Q) Formula della distanza punto - retta (nel piano) Siano una retta r : ax + by + c = 0 di E 2 e A = (α, β) un punto di E 2. Allora l'equazione della distanza della retta dal punto è: d(a, r) = aα+bβ+c (a2 +b 2 ) Sia û = ± (a,b) (a2 +b 2 ) il versore ortogonale. Allora: d(a, r) = (α x,β y) (a,b) (a 2 +b 2 ) ponendo nell'ultimo passaggio xa yb = c. 1 aα+bβ+c = aα + bβ xa yb = (a 2 +b 2 ) (a 2 +b 2 ) R) Intersezione di due rette nello spazio (casi possibili). Siano due rette r ed r di equazioni: { a1 x + b r : 1 y + c 1 z + d 1 = 0 a 2 x + b 2 y + c 2 z + d 2 = 0 r : { a 1x + b 1y + c 1z + d 1 = 0 a 2x + b 2y + c 2z + d 2 = 0 L'intersezione r r è data dalle soluzioni del sistema a cui sono associate le matrici A e (A, B): a 1 b 1 c 1 a 1 b 1 c 1 d 1 A = a 2 b 2 c 2 a 1 b 1 c (A, B) = a 2 b 2 c 2 d 2 1 a 1 b 1 c 1 d 1 a 2 b 2 c 2 a 2 b 2 c 2 d 2 sono possibili 4 casi: 1) ρ(a) = ρ(a, B) = 2 : il sistema ha soluzioni, quindi r = r 2) ρ(a) = ρ(a, B) = 3 : il sistema ha una sola soluzione, e quindi l'intersezione è il punto P 3) ρ(a) = 2 ; ρ(a, B) = 3 : non ci sono soluzioni, le due rette sono parallele: r r 4) ρ(a) = 3 ; ρ(a, B) = 4 : non ci sono soluzioni le due rette sono sghembe S) Intersezione di due piani nello spazio (casi possibili) Siano π e π due piani di equazioni cartesiane: π : ax + by + cz + d = 0 π : a x + b y + c z + d = 0 La loro intersezione π π è data dalle soluzioni del sistema a cui sono associate le matrici A e (A, B): ( ) ( ) a b c a b c d A = a b c (A, B) = a b c d sono possibili 3 casi: 15

16 1) ρ(a) = ρ(a, B) = 1 : il sistema ha 2 soluzioni, quindi π = π 2) ρ(a) = ρ(a, B) = 2 : il sistema ha soluzioni, l'intersezione dei due piani è una retta 3) ρ(a) = 1 ρ(a, B) = 2 : il sistema non ha soluzioni, l'intersezione è l'insieme vuoto e quindi π π T) Sia V un K-spazio vettoriale e φ End(V ) ; se λ 1, λ 2 K sono autovalori distinti e 0 V v i V λi, i = 1, 2 allora v 1 e v 2 sono linearmente indipendenti. Si ha v 1 0 per ipotesi, e si suppone che v i non è combinazione lineare di v 1,..., v i 1 per ogni i 2. Sia, per assurdo, i 0 il primo indice per il quale la proprietà non vale. Dunque {v 1,..., v i0 1} è libero, e v i0 è combinazione lineare dei precedenti, cioè: v i0 = α 1 v α i0 1v i0 1 ( ) Applicando φ ad entrambi i membri, e tenendo conto che i v i sono autovettori di autovalore λ i, si ha: φ(v i0 ) = λ i0 v i0 = α 1 λ 1 v α i0 1λ i0 1v i0 1 Dalla ( ) segue che: λ i0 (α 1 v α i0 1v i0 1) = α 1 λ 1 v α i0 1λ i0 1v i0 1 e quindi: α 1 (λ 1 λ i0 )v α i0 1(λ i0 1 λ i0 )v i0 1 = 0 V Poiché {v 1,..., v i0 1} è libero i coecienti di tale combinazione lineare sono nulli, e visto che gli autovalori sono distinti per ipotesi si ha α 1 =... = α i0 1 = 0 e quindi v i0 = 0 V contro l'ipotesi. U) In E 3 (cioè R 3 con il prodotto scalare euclideo) provare le 4 proprietà del prodotto scalare Posti v = (x 1,..., x n ) e w = (y 1,..., y n ) si ha: 1) v w = w v = (x 1,..., x n ) (y 1,..., y n ) = x 1 y x n y n = y 1 x y n x n = (y 1,..., y n ) (x 1,..., x n ) 2) (a 1 w 1 + a 2 w 2 ) (x 1,..., x n ) = a 1 w 1 x a 1 w 1 x n + a 2 w 2 x a 2 w 2 x n = a 1 (w 1 x w 1 x n ) + a 2 (w 2 x w 2 x n ) = a 1 (w 1 (x 1,..., x n )) + a 2 (w 2 (x 1,..., x n )) ossia anche: = (a 1 w 1 + a 2 w 2 ) v = a 1 (w 1 v) + a 2 (w 2 v) 3) e 4) v v = (x 1,..., x n ) (x 1,..., x n ) = x x 2 n = n i = 1 x 2 i 0 V) In E 3 (cioè R 3 con il prodotto scalare euclideo) provare le 3 proprietà caratterizzanti la norma Posto v = (x 1,..., x n ) le proprietà sono: 16

17 1) e 2) v = (x 1,..., x n ) = (x x2 n) = n Σ i = 1 x 2 i 0 3) a v = a (x 1,..., x n ) = ax ax n = a (x 1,..., x n ) = a v Z) Siano φ End(V ), B base ortonormale di V e A = Mφ BB è autoaggiunto se e solo se A è simmetrica.. Allora φ Sia A una matrice simmetrica. Si vuole provare che φ(v) w = v φ(w) v, w V. Denotando con X e Y le colonne delle componenti rispetto a B di v e w rispettivamente, si ha: φ(x) Y = t (AX)Y = ( t A t X) Y = t X ( t AY ) = t X (AY ) = X φ(y ) e poichè A simmetrica allora A = t A. Viceversa sia φ autoaggiunto; se B = (e 1,..., e n ) e: a a 1n.. A =.... a n1... a nn allora : φ(e 1 ) = a 11 e a n1 e n... φ(e n ) = a 1n e a nn e n Poichè φ è autoaggiunto i, j si ha: φ(e i ) e j = e i φ(e j ) da cui: a ji = (a 1i e a ni e n ) e j = e i (a 1j e a nj e n ) = a ij 17

18 NOTE AGGIUNTIVE Gruppo abeliano Sia G un insieme e una sua operazione binaria; G si dice gruppo commutativo o abeliano se valgono le seguenti proprietà: 1) è associativa 2) esiste in G un elemento neutro e rispetto a 3) ogni elemento di G ammette inverso (opposto) 4) vale la proprietà commutativa: a b = b a a, b G inoltre, se valgono solo le prime 3 proprietà allora (G,, e) si dice gruppo. Anello commutativo Un insieme (A, +, 0,, 1) si dice anello commutativo se: 1) (A, +, 0) è un gruppo commutativo 2) il prodotto è associativo 3) 1 è l'elemento neutro rispetto al prodotto 4) a (b + c) = a b + a c a, b, c A 5) il prodotto è commutativo inoltre, se valgono solo le prime 4 proprietà A si dice anello. Campo L'anello commutativo K si dice campo se ogni suo elemento non nullo ammette inverso moltiplicativo. Endomorsmo Sia V un K-spazio vettoriale; un'applicazione lineare φ : V V si dice endomorsmo di V. Lo spazio vettoriale degli endomorsmi di V, L(V, V )si indica con End(V ). Vettori linearmente indipendenti Dato un insieme I = {v 1,..., v n } di vettori di un K-spazio vettoriale V, tali vettori si dicono linearmente indipendenti su K se il vettore nullo si ottiene come loro combinazione lineare soltanto con coecienti nulli cioè λ 1 v λ n v n λ 1 =... = λ n = 0 K In tal caso l'insieme I si dice libero. 18

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