Valutare correttamente i costi indiretti ed i costi fissi

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1 Valutare correttamente i costi indiretti ed i costi fissi In molte piccole imprese manifatturiere che lavorano conto terzi, ovvero producendo su commessa su specifiche del cliente, la determinazione del costo del prodotto, e quindi del prezzo da proporre in offerta, si imbatte in uno scoglio difficile da affrontare con la consapevolezza di fare la cosa giusta: la valutazione dei costi indiretti e dei costi fissi o di struttura da considerare in aggiunta ai costi variabili del prodotto, sicuramente meno ostici. La problematica del calcolò del costo del prodotto e della determinazione del prezzo da formulare in offerta è già stata trattata in precedenti articoli ( Come calcolare il prezzo del prodotto, Come calcolare il costo vero del prodotto ) ma in questo articolo vorrei approfondire la valutazione dei costi non variabili, ovvero quelli derivanti da attività indirette o di struttura. Riepilogando le tipologie dei costi che riguardano principalmente la nostra analisi sono le seguenti: costi variabili: variano in funzione del volume di lavoro svolto, ferma restando la capacità produttiva totale. La variabilità può essere percepita come evitabilità di un certo costo (se non sussiste la richiesta del cliente o interna) in un dato periodo di tempo; costi fissi: sono costi il cui ammontare è costante al variare del volume di lavoro svolto in un intervallo di tempo definito e non breve; costi diretti: compongono direttamente il prodotto finito o la commessa. Rientrano in questa categoria le materie prime, la manodopera diretta, gli acquisti di prodotti e servizi forniti da terzi; costi indiretti: sono tutti quelli non classificati come diretti, ad esempio, i costi di manutenzione, gli ammortamenti, l energia ed i costi generali; costi speciali o specifici: si riferiscono in maniera esclusiva all oggetto osservato; ad esempio, l ammortamento di una risorsa tecnica usato esclusivamente per un prodotto/servizio/commessa; costi comuni: sono costi non collegabili ad un unico oggetto di osservazione, come ad esempio il costo del personale del reparto IT o sistemi informativi. Queste tipologie sono a due a due complementari. I costi variabili si contrappongono ai costi fissi, i costi diretti agli indiretti, i costi speciali (o specifici) ai comuni. Ogni costo può dunque rientrare in ciascuno dei tre gruppi, facendo parte delle varie tipologie.

2 Concentriamoci sulla determinazione dei costi fissi, anche denominati a spese generali o di struttura, e dei costi indiretti. Generalmente questi costi vengono valutati in modo forfettario come una percentuale dei costi variabili senza una precisa motivazione, se non che sono troppo difficoltosi da calcolare in modo preciso. Tra i costi indiretti rientrano normalmente quelli relativi al lavoro del personale indiretto (ufficio commerciale, magazzinieri, addetti al controllo qualità, capi reparto e capi officina, ufficio pianificazione della produzione, addetti alle spedizioni) e relative attrezzature (strumenti di misura e controllo, materiale di consumo, ecc.). Determinare in modo preciso il tempo speso dalle suddette persone e l impegno delle attrezzature è spesso molto arduo. È quindi opportuno determinare un criterio di ripartizione di tali costi, attraverso un driver opportuno, che permetta di allocare i costi indiretti alla singola commessa e quindi al prodotto. I sopracitati driver non sono altro che indicatori quantitativi che ci permettono di stabilire quanto più una commessa ha assorbito le risorse indirette rispetto ad un altra. Se da un lato il volume di produzione, ovvero il numero di unità prodotte per la commessa o il lotto, è un facile driver che ci consente di ripartire tutti i costi indiretti, è altresì vero che non tutte le commesse assorbono risorse indirette allo stesso modo. Ad esempio il tempo impiegato da magazzinieri ed operatori di produzione dipende dal volume dei prodotti, il tempo per il controllo qualità dai piani di campionamento e dal numero di unità prodotte, i costi per l utilizzo delle apparecchiature di controllo dai tempi di controllo e dal valore delle stesse apparecchiature e dei relativi costi di taratura. Un buon ciclo di produzione gestito informaticamente permetterà di determinare in modo preciso anche i tempi di controllo/collaudo e, quindi, di rendere diretti tali costi. In generale se la produzione è molto variabile per tipologia di articoli e dimensione degli stessi potrebbero essere validi anche altri driver quali il peso del materiale impiegato per la commessa o il tempo totale di produzione del lotto. I costi di struttura, quali i costi degli uffici amministrativi e della direzione, i costi di affitto dei locali e le altre spese generali potrebbero essere ripartire mediante gli stessi driver identificati per ripartire i costi indiretti, ma non necessariamente i medesimi impiegati allo scopo. Mi spiego meglio: un azienda potrebbe decidere di ripartire i costi indiretti o parte di essi secondo il numero di unità prodotte ed i costi fissi o di struttura mediante il volume o il peso di materiale prodotto. Per quanto riguarda i costi commerciali (costi per la preparazione di offerte e gestione ordini, eventuali verifiche della progettazione e del disegno del cliente), essi dipendono per lo più dal numero di ordini ricevuti, piuttosto che dalle quantità prodotte.

3 Il sistema più corretto è quello di definire dei centri di costo (ufficio commerciale, amministrazione, ufficio produzione, magazzino, laboratorio, costi di affitto e manutenzione dei locali, sistemi informatici, ecc.) a cui imputare i costi sostenuti e poi ribaltare tali costi complessivi sulle commesse/prodotti in funzione di diversi criteri o driver stabiliti. Ripartire i costi indiretti e di struttura in base al valore del prodotto potrebbe mettere tutti d accordo e semplificare le cose: è quello che molti fanno come abbiamo detto all inizio ossia aggiungere ai costi variabili una percentuale determinata in base all incidenza generale dei costi fissi ed indiretti sul totale dei costi a bilancio. Purtroppo tale procedura potrebbe ingenerare errori in quanto l incidenza dei costi fissi nell anno n potrebbe essere molto diversa da quella dell anno n+1 in periodi di forti fluttuazioni del mercato come quello che stiamo passando. Alcuni imprenditori, poi, estremizzano il concetto di costi variabili e considerano i costi per il personale dipendente ed i costi per le macchine di produzione come costi fissi, seguendo il ragionamento seguente: «indipendentemente dai volumi di produzione i dipendenti li devo pagare e le macchine sono di proprietà dell azienda e dunque i relativi costi di ammortamento vengono sostenuti.» Tale visione non cambia la sostanza del calcolo del costo del prodotto: occorre ripartire i costi di personale e macchine/attrezzature sulle varie commesse. A questo punto bisogna fare attenzione a non trascurare parte dei costi sostenuti, infatti si può imputare alla commessa le ore di manodopera e le ore macchina effettivamente impiegate per realizzare i prodotti (parte variabile dei costi di personale ed attrezzature) e considerare come costi fissi le ore di manodopera e le ore macchina non allocate alle commesse produttive, nella fattispecie per il personale trattasi di ore impiegate per manutenzioni, organizzazione interna, formazione/addestramento, ecc.; per le macchine i fermi per rotture e manutenzioni programmate ed a guasto. Ma per entrambe le risorse rientrano le ore non lavorate dal personale e dalle macchine inoperosi per mancanza di lavoro! Una visione secondo il direct costing, anziché il full costing, eviterebbe di commettere errori nella ripartizione dei costi fissi sulle diverse commesse/prodotti, permettendo un confronto più reale fra di essi. In molte realtà, però, il problema resta il corretto calcolo di alcune voci di costo, soprattutto quelli relativi alle macchine di produzione e, comunque, in tutti i casi in cui la classificazione dei costi della contabilità generale è molto diversa da quelle che sono le esigenze della contabilità analitica e del controllo di gestione. Il predetto calcolo dei costi delle macchine, infatti, prevede il conteggio esatto dei costi di possesso e di manutenzione per ogni singola apparecchiatura. Se da un lato i costi di ammortamento (o i canoni di leasing) contabilizzati per ogni risorsa in contabilità generale non sono esattamente quello che serve ai nostri scopi, ma si avvicinano ad una valutazione reale, per i costi di manutenzione, invece, è

4 necessario imputare ogni singola spesa alla macchina di pertinenza. Ciò richiede che ogni intervento di riparazione o manutenzione esterna abbia una fattura con voci di costo chiaramente attribuibili ad una macchina piuttosto che ad un altra, idem per i canoni di manutenzione che il fornitore spesso potrebbe addebitare in forma indivisibile per tutte le apparecchiature da lui assistite. Tornando ai costi di ammortamento civilistico, oppure ai canoni di leasing per le macchine in locazione finanziaria, essi rappresentano spesso valori poco realistici rispetto al prezzo di mercato attuale della macchina ed alla sua vita utile (comunque difficilmente prevedibile). Infine vanno imputati alla macchina anche i costi per manutenzione interna (manodopera e materiale) ed i costi degli utensili e di altro materiale di consumo. Tali costi, tra l altro, generalmente dipendono dall obsolescenza dell apparecchiatura. Quando si sente un imprenditore dire che una determinata macchina (se non addirittura tutte) lavora, ad esempio, a 50 euro all ora, forse bisognerebbe riflettere e capire bene quali costi ha effettivamente considerato per arrivare a tale valore. In pratica occorrerebbe implementare un piccolo sistema informativo in grado di contabilizzare, per ogni risorsa fisica: il valore di acquisto della macchina; la vita stimata della stessa e gli eventuali costi di smaltimento al momento della sua dismissione; il tasso di deprezzamento della macchina (le quote di ammortamento reali non saranno probabilmente costanti); i costi di manutenzione/riparazione esterna; i costi di manutenzione/riparazione interna (ore di manodopera interna valorizzate e costo dei materiali e ricambi impiegati); i costi per materiali di consumo ed utensili; i costi di funzionamento (energia elettrica ed altri eventuali costi); le ore effettivamente lavorate dalla macchina per un determinato periodo. In tal modo ogni anno sapremo il costo orario di ogni risorsa da attribuire alle commesse/prodotti. In conclusione il problema non è solo come ripartire i costi indiretti ed i costi di struttura, ma anche come calcolarli in modo sufficientemente accurato quando le registrazioni della contabilità generale non è in grado di supportarci per tempistiche e criteri di imputazione.

5 Come calcolare il prezzo del prodotto Facciamo seguito a precedenti articoli sul calcolo del costo del prodotto per introdurre il tema del calcolo del giusto prezzo del prodotto da formulare nel preventivo al cliente. Qui esamineremo i principali aspetti da prendere in considerazione nella determinazione del prezzo del prodotto realizzato su commessa da un impresa manifatturiera da proporre al cliente nel preventivo. Successivamente vedremo il caso della determinazione del prezzo del servizio per un organizzazione di servizi che opera su commessa. In questo periodo le piccole imprese manifatturiere che lavorano su commessa conto terzi si trovano spesso a dover formulare un preventivo ad un cliente nuovo o conosciuto per un nuovo prodotto da realizzare su specifica del cliente. Questo avviene perché molte aziende ricercano continuamente offerte più concorrenziali per i propri prodotti allo scopo di ridurre i costi ed individuare un fornitore più affidabile. In queste situazioni la nostra piccola impresa prova a calcolare il costo del prodotto al fine di formulare un preventivo auspicabilmente vincente. Talvolta il calcolo del costo del prodotto è agevolato dalla richiesta di una campionatura da parte del cliente che permette al fornitore di provare a realizzare i pezzi richiesti in base ad un ciclo di produzione ipotetico. Come abbiamo già visto dal precedente articolo Come calcolare il costo vero del prodotto, gli elementi da considerare sono il costo del materiale, il costo delle lavorazioni, i costi indiretti, le spese generali o di struttura ed il margine o utile d impresa. Con il metodo del full costing (o costo pieno) occorre considerare accuratamente tutte queste voci per calcolare una stima veritiera del costo pieno del prodotto e da questo, aggiunto un po di utile, determinare il prezzo da proporre al cliente. Nella logica del full costing fermo restando che il costo del materiale ed il costo delle lavorazioni siano calcolati nel modo corretto un buon margine di incertezza viene attribuito aggiungendo, normalmente in percentuale sul costo diretto, una quota relativa ai costi indiretti e di struttura a cui poi si aggiungerà l utile, spesso in percentuali risicatissime. Proprio questi ultimi elementi possono far commettere notevoli errori all imprenditore che utilizza metodi

6 di calcolo concettualmente inesatti oppure, più probabilmente, che dispone di dati imprecisi relativi ai costi, dovuti ad una sommaria rilevazione dei costi per questi fini. Infatti i dati di bilancio, oltre che spesso troppo vecchi, specie in periodi di frequenti fluttuazioni, sono attribuiti a voci di costo utili alla contabilità generale, ma non pertinenti per il controllo di gestione. Beninteso alla fine i costi complessivi dell impresa sono quelli della contabilità, ma gli ammortamenti contabili delle macchine sono altra cosa rispetto a quelli reali e la ripartizione dei costi indiretti e delle spese generali sui vari prodotti o commesse non è spesso effettuata nel modo corretto. Di conseguenza si rischia di formulare preventivi troppo elevati o, peggio, troppo bassi. In questo caso il metodo del direct costing potrebbe essere più correttamente implementato, a patto di determinare i costi diretti (materiali e lavorazioni) in modo sufficientemente preciso. Inoltre prevedere la percentuale rispetto ai ricavi dei costi fissi, delle spese generali o costi di struttura, è abbastanza aleatorio in tempi di grandi fluttuazioni di fatturato, purtroppo spesso in negativo. Infatti, in periodi di capacità produttiva non saturata come quelli che stanno vivendo molte piccole imprese, spesso è opportuno acquisire più commesse con margini lordi comunque positivi ed in grado di portare ad un adeguata copertura dei costi fissi, se le quantità di prodotti e la continuità del lavoro sono favorevoli. In questa ottica però occorre attribuire nel modo corretto al prodotto tutti quei costi che sono realmente generati dalla produzione della commessa di cui il cliente ha richiesto il preventivo. Talvolta è addirittura il cliente che impone un prezzo al quale è disposto ad assegnare la commessa e questo atteggiamento è ancor più temibile per l imprenditore che non sa cosa fare, se accettare a costo di lavorare sottocosto, oppure cercare di forzare il prezzo proposto dal cliente col rischio di perdere il lavoro. In sintesi possiamo elencare alcuni aspetti da tenere in debita considerazione ed alcuni errori da evitare nel calcolo del preventivo: 1. Considerare tempi di lavorazione standard per la valutazione dei costi, non tempi ideali se tutto va bene. Occorre considerare nei tempi di lavorazione del ciclo di produzione anche una quota comprensiva di eventuali fermi macchina, rilavorazioni per prodotti non conformi (valutare il tasso di non conformità abituale), tempi di attrezzaggio mediamente più lunghi per inconvenienti vari, tempi di cambio utensili, ecc. Naturalmente sarebbe buona cosa possedere una valida mole di dati su produzioni analoghe per valutare correttamente suddetti elementi. 2. Considerare l obsolescenza del materiale eventualmente acquistato in più, oppure scartato, per realizzare la commessa. Inoltre per lotti futuri bisogna valutare l andamento dei prezzi della materia prima: salvo incrementi significativi ed accertati da tutti il cliente farà fatica a riconoscere un aumento di prezzo. 3. Imputate alla potenziale commessa tutti i costi indiretti che causerà oltre alla normale attività produttiva. Il maggior tempo assorbito a personale addetto ai

7 controlli e collaudi finali oppure al responsabile qualità, eventuali strumenti aggiuntivi da acquistare o da tarare con maggior frequenza o con un grado di precisione maggiore, richieste di assicurazione qualità del cliente (carte di controllo, indici Cp e Cpk, tracciabilità del lotto, dichiarazioni di conformità, ecc.) normalmente non assolte. 4. Calcolare con accuratezza i costi di immagazzinaggio e di trasporto: in certi casi il prodotto finito (o semilavorato o la materia prima per il nuovo prodotto) ha esigenze di immagazzinamento e conservazione più impegnative oppure il trasporto richiede accortezze maggiori o tempi di consegna più rapidi. 5. Valutare correttamente le fasi di lavorazione esterne: se alcune fasi di lavorazione devono essere svolte da fornitori esterni non considerate solo l offerta più bassa poiché in futuro potrebbe essere necessario cambiare il fornitore perché non soddisfacente, inoltre potrebbero emergere costi nascosti per controlli aggiuntivi, gestione di non conformità, ecc.. 6. Considerare le peculiarità del cliente: è un nuovo cliente importante oppure è un cliente abituale che aggiungerebbe un prodotto alla sua gamma? In quest ultimo caso i costi fissi amministrativi assorbiti dal nuovo prodotto sarebbero minimi in quanto esiste già l anagrafica, il listino, i termini di pagamento, ecc.. Viceversa un nuovo cliente importante potrebbe portare ad altri ordini. 7. Se il prodotto viene realizzato quasi completamente all esterno, presso un fornitore, non bisogna addebitare alla commessa costi indiretti e spese generali come per i prodotti realizzati internamente. Naturalmente ogni impresa ed ogni preventivo avrà altri aspetti specifici da valutare. Infine attenzione al calcolo dell incidenza delle spese generali e del margine o utile d impresa: nella teoria del controllo di gestione (e del calcolo degli indici di bilancio) un utile del 10% è calcolato sui ricavi (prezzo al cliente), mentre è abitudine nel calcolo del preventivo aggiungere una percentuale di utile al costo finale del prodotto. Un esempio per chiarire: se un prodotto ha un costo complessivo (costo pieno nell ottica del full costing) di 80 euro e vogliamo aggiungerci un utile del 15% (sugli 80 euro) otteniamo un utile di 12 euro, ovvero un prezzo di 92 euro, ma a fronte di un ricavo di 92 euro l utile reale sarà di (92-80)/90=13,3%!

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