Polinomi di Taylor e convessità

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1 CAPITOLO 1 Polinomi di Taylor e convessità In questo capitolo completiamo lo studio del grafico di una funzione aggiungendo le informazioni su convessità e concavità. Rimandiamo al corso di Analisi 1 per la definizione di limite, di derivata, le derivate delle funzioni fondamentali e i teoremi fondamentali sui limiti (ad es. limitatezza locale, permanenza del segno, confronto) e sulle funzioni derivabili (ad es. Rolle, Lagrange, Hôpital). 1. Confronto locale di funzioni Siano f e g due funzioni definite sullo stesso intervallo I e sia x 0 un punto di tale intervallo, oppure un estremo, eventualmente anche ±. Definizione 1.1. Si dice che f = O(g) x x 0 (e si legge f è O-grande di g per x tendente a x 0 ) se per un opportuna costante M > 0 e un intorno V di x 0 f(x) M g(x) x V, x x 0. In termini più semplici, la condizione vuol dire che vicino al punto x 0 la funzione f si può controllare con la funzione g. Osserviamo che se lim x x0 f(x)/g(x) esiste finito, allora f = O(g) per x x 0, per il teorema di limitatezza locale. ZEsempio 1.1. Utilizzando l osservazione è immediato verificare che Invece x non è O(x ) per x 0. x = O(x ) x = O(x) sin x = O(x) x = O(sin x) 1 x + x 0 x 0 x 0.

2 Capitolo 1 Un esempio più difficile si ottiene confrontando le funzioni 1 e sin x per x + : siccome sin x 1 per ogni x, si ha sin x = O(1), x +, (anche se non esiste lim x + sin x/1). Invece 1 non è O(sinx), x +, perché in ogni intervallo del tipo (a, + ) ci sono (infiniti) punti in cui il seno si annulla. Definizione 1.. Si dice che f = o(g) x x 0 (e si legge f è o-piccolo di g per x tendente a x 0 o anche f è trascurabile rispetto a g per x tendente a x 0 ) se esiste una funzione h, definita su I tale che f(x) = g(x) h(x) x I, e lim x x0 h(x) = 0. In termini più semplici, la condizione vuol dire che vicino al punto x 0 la funzione f è molto più piccola della funzione g. Osserviamo che se g(x) 0 almeno in un intorno di x 0, la condizione diventa equivalente a richiedere che lim x x0 f(x)/g(x) = 0. Ovviamente, se f = o(g) per x x 0, allora f = O(g) per x x 0. ZEsempio 1.. È immediato verificare che x = o(x ) x = o(x) sin x = o(1) log x = o(x) x + x 0 x π x +. Invece x non è o(x ) per x 0. Se f e g sono entrambi infinitesimi per x x 0, dire che f = o(g) per x x 0 significa che g ha ordine di infinitesimo maggiore di quello di f; f = O(g) per x x 0 significa che g ha ordine di infinitesimo maggiore o uguale a quello di f. L utilizzo del simbolo o-piccolo è comodo ad esempio quando si vogliono calcolare limiti. Infatti, si può facilmente controllare che i termini trascurabili si possono eliminare, come prescritto dal Teorema 1.3 (Principio di eliminazione dei termini trascurabili). Se h = o(f) e k = o(g) per x x 0, allora f(x) + h(x) lim x x 0 g(x) + k(x) = lim f(x) + o(f) x x 0 g(x) + o(g) = lim f(x) x x 0 g(x).

3 1. Derivate di ordine successivo 3 ZEsempio 1.4. Calcolare lim x + x +sin(log x) x 1. La funzione è sicuramente definita per x > 1, quindi ha senso calcolarne il limite a +. Inoltre, per x +, 1 = o(x ) e sin(log x) = o(x ). Quindi x + sin(log x) lim x + x 1 = lim x + x + o(x ) x + o(x ) = lim x + x x = 1.. Derivate di ordine successivo Sia f una funzione derivabile in tutti i punti di un intervallo aperto I. Allora, per ogni punto x in I sappiamo cosa significa f (x). Possiamo quindi pensare alla derivata f come a una nuova funzione definita sull intervallo I e chiederci se questa nuova funzione sia ancora derivabile in qualche punto di questo intervallo. Se f risulta derivabile in x 0, la derivata di f in x 0 si chiama derivata seconda (o di ordine due) di f in x 0 e si denota con f (x 0 ). In questo caso, si dice che f è derivabile due volte in x 0. L usuale derivata f talvolta si chiama anche derivata prima. Ovviamente il procedimento si può iterare: se f è una funzione derivabile in tutti i punti di un intervallo aperto I, allora è definita in I la funzione f e possiamo chiederci se questa funzione risulta a sua volta derivabile in qualche punto dell intervallo I. La derivata della derivata seconda di f si chiama derivata terza di f e si indica con f. E così via, si parla (qualora esistano) di derivata quarta f IV, quinta f V,.... Una derivata di ordine n (generico) si indica col simbolo f (n). Definizione 1.3. Si dice che f è una funzione di classe C n su un intervallo I (in simboli f C n (I)) se f è derivabile n volte in tutti i punti dell intervallo I e la derivata di ordine n è continua in I. Si dice che f è una funzione di classe C su un intervallo I se f ha derivate di ogni ordine in tutti i punti dell intervallo I. (Quando l intervallo è chiuso, negli estremi sinistri si considerano le derivate sinistre e negli estremi destri si considerano le dervate destre) Siccome una funzione derivabile è anche continua, valgono le inclusioni C 0 (I) C 1 (I) C (I)... C (I). ZEsempio 1.5. La funzione f(x) = sin x è derivabile in tutti i punti del suo dominio R e f (x) = cosx. Anche f è derivabile in tutti i punti del suo dominio R; quindi f è derivabile ovunque due volte e f (x) = (cos x) = sin x. Ripetendo lo stesso ragionamento,

4 4 Capitolo 1 f (x) = cosx e f IV (x) = sin x = f(x). Quindi f è derivabile di ogni ordine in ogni punto e le sue derivate sono ciclicamente quelle scritte. La funzione sin x è in C (R). Una conseguenza della regola di Hôpital ci permette di stabilire abbastanza facilmente se una funzione definita congiungendo tratti di funzioni derivabili è derivabile nei punti di giunzione. Inoltre ci mostra che la derivata di una funzione non può avere discontinuità a salto. Proposizione 1.6 (corollario della regola di Hôpital). Sia x 0 un punto dell intervallo aperto I e sia f continua in I e derivabile in I \ {x 0 }. Se esiste lim f (x) = l x x 0 e è finito, allora f è derivabile in x 0 e f (x 0 ) = l. Viceversa, se f è derivabile in I, allora f non può avere discontinuità a salto in I. Dimostrazione. Siccome f è continua in x 0, il limite del rapporto incrementale in x 0 si presenta in forma indeterminata 0/0 ; la derivata della funzione a denominatore è 1 e per ipotesi esiste lim x x0 f (x). Quindi per la regola di Hôpital cioè f è derivabile in x 0 e f (x 0 ) = l. lim f(x) f(x 0 )x x 0 = lim f (x) = l, x x 0 x x0 Viceversa, sia f derivabile in tutti i punti di I, in particolare x 0 e supponiamo che esistano lim f (x) = l 1 x x + 0 lim f (x) = l. x x 0 Vogliamo mostrare che l 1 e l sono finiti e uguali a f (x 0 ). Per ipotesi f (x 0 ) = lim f(x) f(x 0 )x x 0. x x + 0 D altra parte il limite della riga precedente, utilizzando la regola di Hôpital come prima, deve anche essere uguale a lim f (x) = l 1. x x + 0 Quindi f (x 0 ) = l 1 e l 1 è finito. Analogamente ragionando su x x 0 l è finito e uguale a f (x 0 ). ZEsempio 1.7. Utilizzando il corollario, mostriamo che la funzione { x x 0 g(x) = x x < 0 è derivabile una sola volta in x = 0. si ottiene che anche

5 1.3 Formula di Taylor con resto di Peano 5 La funzione g, continua su R, è anche derivabile una volta in tutti i punti x 0 e la sua derivata è { g x x > 0 (x) = x x < 0. Siccome g è prolungabile per continuità anche in x = 0, allora g è derivabile anche in 0 e g (0) = 0. La funzione { g x x 0 (x) = x x < 0 è continua, derivabile se x 0 e quindi g è senz altro derivabile due volte se x 0 e { g x > 0 (x) = x < 0. Siccome g ha una discontinuità a salto in x = 0, g non è derivabile in x = 0, quindi g non è derivabile due volte se x = 0. Quindi g C 1 (R) e g C (R). Consideriamo ora h(x) = La funzione h è derivabile in x = 0, perché D altra parte, se x 0, h(x) h(0) lim x 0 x 0 { x sin 1 x x 0 0 x = 0 = lim x 0 x sin 1 x = 0 quindi h (0) = 0. e quindi non esiste lim x 0 h (x). h (x) = x sin 1 x cos 1 x L esempio della funzione (derivabile ovunque ma con derivata discontinua in x = 0) h mostra che una derivata può avere punti di discontinuità di seconda specie. 3. Formula di Taylor con resto di Peano Sinora abbiamo visto due livelli di approssimazione per una funzione f in un intorno del punto x 0 interno al dominio di f: Livello 0 f continua f(x) = f(x 0 ) + o(1) con x x 0 Livello 1 f derivabile f(x) = f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 ) + o(x x 0 ) con x x 0. Ci si chiede se è possibile migliorare il livello di approssimazione quando la funzione è più regolare. L idea che si può seguire è la seguente: al livello 0 si è approssimata la funzione con il miglior polinomio di grado 0 possibile, e cioè con la costante f(x 0 ); al livello 1 si è scelta come funzione approssimante il miglior polinomio di grado 1, cioè f(x 0 )+f (x 0 )(x x 0 ), dove

6 6 Capitolo 1 il termine migliore significa che, usando un qualsiasi altro polinomio di grado 1, passante per (x 0, f(x 0 )), il resto sarebbe andato a 0 come (x x 0 ) e non più velocemente. Tuttavia approssimare con un polinomio di primo grado, che graficamente corrisponde a una retta, ci permette di avere informazioni sul crescere e decrescere (locale) della funzione, ma non sul fatto che il suo grafico sia concavo verso l alto o verso il basso (le rette infatti non presentano concavità ). Si possono estendere questi risultati usando come funzione approssimante un polinomio di grado superiore al primo, in modo di avere più informazioni? La risposta a questa domanda è, come vedremo adesso, affermativa. Definizione 1.4. Sia f una funzione definita su un intervallo I e sia x 0 un punto di I in cui f è derivabile almeno n volte. Il polinomio T n,x0 (x) = f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 ) + f (x 0 ) (x x 0 ) + + f(n) (x 0 ) (x x 0 ) n! n! n f (k) (x 0 ) = (x x 0 ) k k! k=0 si chiama polinomio di Taylor di grado n della funzione f centrato nel punto x 0. Osserviamo che il polinomio di Taylor è caratterizzato dall avere in comune con la funzione f il valore di tutte le derivate fino all ordine n nel punto x 0, ovvero: f(x 0 ) = T n,x0 (x 0 ), f (x 0 ) = T n,x 0 (x 0 ), f (x 0 ) = T n,x 0 (x 0 ),..., f (n) (x 0 ) = T (n) n,x 0 (x 0 ). Nei prossimi esempi ricaviamo i polinomi di Taylor delle funzioni esponenziale, seno, coseno centrati in x 0 = 0. Quando un polinomio di Taylor è centrato in 0 si chiama anche polinomio di McLaurin e si indica più brevemente con T n. ZEsempio 1.8. a) Iniziamo dalla funzione esponenziale f T 1 T T 3 T 4 T 5 f(x) = e x e x 0 = 0. Tutte le derivate sono uguali: f (n) (x) = e x e f (n) (0) = 1 per ogni n. Quindi T n (x) = 1 + x + x + + xn n!

7 1.3 Formula di Taylor con resto di Peano f T 1 T 3 T b) f(x) = sin x e x 0 = 0. Le derivate sono: f (x) = cosx, f (x) = sin x, f (x) = cosx, f (iv) (x) = sin x, f (v) (x) = cosx, f (vi) (x) = sin x, f (vii) (x) = cosx, f (viii) (x) = sin x, e così via. Ne segue che f (n) (0) = 0 se n è pari, mentre vale alternativamente +1 o 1 se n è dispari e quindi T n+1 (x) = x x3 + + ( 1) n xn+1. 3! (n+1)! Si osservi che gli unici termini che sono diversi da 0 sono quelli relativi alle potenze dispari (e infatti la funzione seno è una funzione dispari) f T T 4 T c) f(x) = cosx e x 0 = 0. Le derivate: f (x) = sin x, f (x) = cosx, f (x) = sin x, f (iv) (x) = cosx, e così via. Ne segue che f (n) (0) = 0 se n è dispari, mentre vale alternativamente +1 o 1 se n è pari. Infine T n (x) = 1 x + + ( 1) n xn.! (n)! Si osservi che gli unici termini che sono diversi da 0 sono adesso quelli relativi alle potenze pari (e infatti la funzione coseno è una funzione pari). Il significato del prossimo teorema è il fatto che il polinomio di Taylor è quell unico polinomio di grado n che meglio approssima la funzione f vicino al punto x 0. Ricordiamo che la notazione o(x x 0 ) n indica una funzione che, per x x 0 è un infinitesimo di ordine maggiore di n. Teorema 1.9 (Formula di Taylor con resto di Peano). Sia f una funzione definita su un intervallo I e sia x 0 un punto di I in cui f è derivabile almeno n volte. Allora f(x) T n,x0 (x) = o(x x 0 ) n x x 0. Viceversa, se p è un polinomio di grado n tale che f(x) p(x) = o(x x 0 ) n per x x 0, allora p = T n,x0. Dimostrazione. Occupiamoci solo del caso n =. Il ragionamento nel caso generale è analogo. In questo caso la funzione f è derivabile in un intorno di x 0 e la funzione derivata è ulteriormente derivabile nel punto x 0.

8 8 Capitolo 1 Verifichiamo inizialmente che f(x) T,x0 (x) è un infinitesimo di ordine maggiore di per x x 0. Questo equivale a verificare che o, equivalentemente, che f(x) T,x0 (x) lim = 0, x x 0 (x x 0 ) f(x) f(x 0 ) f (x 0 )(x x 0 ) (1.1) lim = f (x 0 ). x x0 (x x 0 ) D altra parte, il limite da calcolare si presenta in forma indeterminata 0 0. Infatti lim f(x) f(x 0 ) f (x 0 )(x x 0 ) = 0 x x 0 lim (x x 0 ) = 0 x x 0 e la derivata del denominatore è (x x 0 ) 0 se x x 0. Quindi per la regola dell Hôpital il limite che desideriamo calcolare è uguale a f (x) f (x 0 ) lim x x 0 (x x 0 ) = 1 lim x x 0 f (x) f (x 0 ) x x 0 = 1 f (x 0 ), perché quest ultimo limite è il limite del rapporto incrementale di f e f è derivabile in x 0. Quindi anche il limite di partenza vale 1 f (x 0 ), ovvero vale (1.1). Verifichiamo ora che la scelta di T,x0 è ottimale, ovvero che se p(x) è un polinomio di grado tale che f(x) p(x) = o(x x 0 ) per x x 0, allora necessariamente p = T,x0. Per comodità, ordiniamo il polinomio p secondo potenze di (x x 0 ), ossia p(x) = a(x x 0 ) +b(x x 0 )+c. Si ha quindi 0 = lim x x0 f(x) p(x) (x x 0 ) = lim x x0 f(x) a(x x 0 ) b(x x 0 ) c (x x 0 ) = lim x x0 f(x) b(x x 0 ) c (x x 0 ) a, (1.) lim x x0 f(x) b(x x 0 ) c (x x 0 ) = a Siccome il denominatore tende a 0 per x x 0, affinché valga (1.), l unica speranza è che anche il numeratore tenda a 0 per x x 0. Questo accade solo se c = f(x 0 ). A questo punto, come prima possiamo applicare la regola dell Hôpital e concludere che, se esiste, deve valere a anche il f (x) b lim x x 0 (x x 0 ).

9 1.3 Formula di Taylor con resto di Peano 9 Di nuovo, siccome il denominatore tende a 0, deve tendere a 0 anche il numeratore, ossia b = f (x 0 ). A questo punto, siccome f è derivabile in x 0, a = lim x x0 f (x) f (x 0 ) (x x 0 ) = 1 f (x 0 ). Abbiamo quindi determinato i coefficienti a, b, c univocamente e ottenuto che p = T,x0. Quindi ad esempio con le derivate seconde si può arrivare ad un secondo livello di approssimazione. Infatti se la funzione f è derivabile due volte nel punto x 0 si ha che f(x) = f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 ) + 1 f (x 0 )(x x 0 ) + o(x x 0 ), dove, al solito, o(x x 0 ) indica un errore che, per x x 0 è un infinitesimo di ordine maggiore di. A questo punto il polinomio approssimante di secondo grado rappresenta la parabola che più si avvicina al comportamento del grafico della funzione f nei pressi del punto (x 0, f(x 0 )), e è caratterizzato dall avere, nel punto x 0, lo stesso valore, la stessa derivata prima e la stessa derivata seconda della funzione f. È quindi naturale che le proprietà di convessità di tale parabola si riflettano sulle analoghe proprietà della funzione f. Questo è proprio quello che succede. Vediamo una spiegazione teorica di quanto appena affermato nel caso particolare in cui la funzione ha derivata prima nulla in x 0 e derivata seconda positiva. Il polinomio approssimante diviene f(x 0 ) + 1 f (x 0 )(x x 0 ), il cui grafico è una parabola con il minimo proprio in x 0 ; è naturale ritenere che anche f presenti un punto di minimo relativo in x 0 e infatti, raccogliendo (x x 0 ) f(x) f(x 0 ) = 1 f (x 0 )(x x 0 ) + o(x x 0 ) = (x x 0 ) ( 1 f (x 0 ) + o(x x 0) (x x 0 ) Siccome (x x 0 ) 0 e, per x x 0 il termine in parentesi tonda tende a 1 f (x 0 ) > 0, allora per il teorema di permanenza del segno possiamo affermare che esisterà un intorno di x 0 in cui il termine in parentesi tonda è non negativo. Questo vuol dire quindi che in tale intorno di x 0 si ha f(x) f(x 0 ) 0, cioè f(x) f(x 0 ), ossia il punto x 0 è di minimo relativo per f. ZEsempio Sia f la funzione f(x) = 1 1+x cos x. Dire se 0 è un punto di estremo relativo per f e specificarne il tipo. Scriviamo il polinomio di Taylor di f centrato in x 0 = 0 di ordine. Esso è ). 1 x 1 + x = x. Il grafico di f in un intorno dell origine assomiglia a quello della parabola x in 0 un massimo relativo. che presenta Pertanto 0 è un punto di massimo relativo.

10 10 Capitolo 1 ZEsempio Sia f la funzione f(x) = 1 1+x cosx + 1. Si desidera determinare il segno di f in un intorno di 0. Il primo polinomio non nullo di f è quello di ordine 4 e è dato da ) (1 x + x 4 ) (1 x + x4 + 1 = x4. Quindi il grafico di f assomiglia vicino a 0 a quello di 11 1 x4, che presenta un minimo in 0 e altrove è positiva. Possiamo quindi concludere che esiste un intorno di 0 in cui f(x) 0. Un altra applicazione importante dei polinomi di Taylor è l essere un criterio utilissimo per poter calcolare limiti. ZEsempio 1.1. Calcolare cosx 1 x lim. x 0 x 4 Scriviamo il polinomio di McLaurin del numeratore di grado più piccolo possibile, ma in modo che il polinomio non sia nullo. In questo caso si vede facilmente che occorre scegliere grado 4 e Pertanto il limite da calcolare è cosx 1 x = 1 6 x4 + o(x 4 ). 1 6 lim + o(x 4 ) x 0 x 4 = 1 6. ZEsempio Calcolare, al variare di a R l ordine di infinitesimo di Scriviamo i primi due termini di McLaurin f(x) = e x cosx a log(1 + x). f(x) = (1 a)x + (1 + 1 a ) x + o(x ). Se 1 a 0, cioè se a 1, la funzione f si comporta come il polinomio di primo grado (1 a)x, quindi è un infinitesimo di ordine uno. Se 1 a = 0, cioè se a = 1, la funzione f si comporta come il polinomio di secondo grado 3 x, quindi è un infinitesimo di ordine. In tutti gli esempi considerati si è presa l origine come punto iniziale. Nulla vieta, ovviamente, di utilizzare, a seconda delle esigenze, punti diversi dall origine come centro del polinomio. sin x+x π ZEsempio Calcolare lim x π. Occorre conoscere il polinomio di Taylor di sin x (x π) 3 centrato in π e scriviamo quello di grado 3. Calcolando qualche derivata, otteniamo T 3,π (x) = x + π (x π)3.

11 1.4 Formula di Taylor con resto di Lagrange 11 Quindi sin x + x π x + π + 1 lim = lim (x 6 π)3 + x π + o(x π) 3 x π (x π) 3 x π (x π) 3 = lim x π 1 (x π)3 6 (x π) = Al polinomio di Taylor si poteva anche arrivare conoscendo quello centrato in x = 0. Infatti, utilizzando le formule di trigonometria sin x = sin(x π + π) = sin(x π); inoltre se x π, allora y = x π 0. D altra parte, se y 0, sin y = y y 3 /6 + o(y 3 ). Quindi sostituendo ( sin x = sin(x π) = sin y = y 1 ) 6 y3 + o(y 3 ) = (x π) (x π)3 + o(x π) 3. Per l unicità del polinomio di Taylor, T 3,π (x) = (x π) (x π)3. Con Maple si ottiene lo sviluppo (=polinomio+resto) di Taylor di f centrato in x 0 di grado n 1 con il comando taylor(f(x), x = x 0, n). Qualora si desideri convertirlo a un polinomio (per esempio, per poterlo disegnare) immettere il comando convert(sviluppo di f(x),polynom). Ad esempio lo sviluppo di Taylor della funzione esponenziale centrato in x = 0 di grado 3 e il rispettivo polinomio si ottengono coi comandi > sviluppo:= taylor(exp(x),x=0,4); sviluppo := 1 + x + 1 x x3 + O(x 4 ) > polinomio:= convert(sviluppo,polynom); polinomio := 1 + x + 1 x x3 Si noti che Maple adopera il resto in forma O-grande. 4. Formula di Taylor con resto di Lagrange Quando si desidera avere stime su un intervallo prefissato, non un intervallo misterioso intorno a x 0, è più utile utilizzare la seguente forma del resto, più quantitativa. Questo è utile, ad esempio, quando si vuole fornire una stima numerica dell errore. Più precisamente, (anche se non nelle ipotesi migliori possibili)

12 1 Capitolo 1 Teorema 1.15 (Formula di Taylor con resto di Lagrange). Sia f una funzione di classe C n+1 su un intervallo I e siano x e x 0 due punti di I. Allora esiste un punto ξ, compreso tra x e x 0 tale che f(x) T n,x0 (x) = f(n+1) (ξ) (n + 1)! (x x 0) n+1. Ne segue facilmente che l errore soddisfa la seguente stima f(x) T n,x0 (x) x x 0 n+1 (n + 1)! max f (n+1) (t). t (x 0,x) ZEsempio Approssimare il numero e con un numero razionale a meno di Possiamo pensare che e = e 1, ovvero e = f(1) dove f è la funzione esponenziale f(x) = e x. Quindi approssimiamo f(1) con un polinomio di McLaurin di grado opportuno T n calcolato in 1. L errore commesso sarà f(1) T n (1) e, per il Teorema 1.15 sul resto di Lagrange, con x 0 = 0, x = 1, f(1) T n (1) 1 (n + 1)! max t (0,1) et 3 (n + 1)!. Nell ultimo passaggio abbiamo usato il fatto che < e < 3. Occorre quindi trovare n in 3 modo che < 10 4 e non è difficile pensare che basta scegliere n = 7. Quindi, a meno (n+1)! di 10 4, e T 7 (1) = ! + 1 4! + 1 5! + 1 6! + 1 7! = Dimostrazione. Diamo un idea della dimostrazione nel caso n = 1. Sia f di classe C siano fissati due punti distinti x 0 e x in I (il caso in cui x = x 0 è banalmente vero per qualsiasi punto ξ I). Scriviamo la funzione g, differenza tra f e la funzione il cui grafico è la parabola passante per i punti (x, f(x)), (x 0, f(x 0 )) e avente come tangente in quest ultimo punto una retta di coefficiente angolare f (x 0 ). In formule g(t) = f(t) ( a (t x 0 ) + b (t x 0 ) + c ) t I dove, come è facile calcolare, c = f(x 0 ) b = f (x 0 ) a = f(x) f(x 0) f (x 0 )(x x 0 ) (x x 0 ).

13 1.5 Concavità e convessità 13 Siccome f è di classe C e un polinomio anche, anche g è di classe C. Inoltre, per la scelta fatta, g(x 0 ) = 0 g(x) = 0 g (x 0 ) = 0; per il teorema di Rolle (o quello di Lagrange) possiamo dire che esiste un punto z tra x 0 e x tale che g (z) = 0. Applicando di nuovo il teorema di Rolle (o di Lagrange) a g, possiamo dire che esiste un punto ξ compreso tra x 0 e z (quindi tra x 0 e x) tale che g (ξ) = 0. Calcoliamo g : g (t) = f (t) ( a (t x 0 ) + b ) quindi g (t) = f (t) a. Dire che g (ξ) = 0 significa quindi che f (ξ) = a = f(x) f(x 0) f (x 0 )(x x 0 ) (x x 0. Riordinando i ) termini si ottiene la tesi f(x) = f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 ) + 1 f (ξ) (x x 0 ). Un altra importante applicazione della formula di Taylor con resto di Lagrange è allo studio degli intervalli di convessità e concavità di una funzione. 5. Concavità e convessità Una funzione f si dice convessa (concava) su un intervallo I se il suo grafico presenta la concavità verso l alto (risp. verso il basso), cioè se comunque scelti due punti x 1 e x in I, nell intervallo di estremi x 1 e x il grafico di f sta sotto (risp. sopra) la retta congiungente i due punti (x 1, f(x 1 )), (x, f(x )). Nella figura è illustrata la situazione nel caso di una funzione convessa. f(x) secante1 secante Si può dimostrare che una funzione convessa o concava in I è necessariamente continua nei punti interni all intervallo I. Ma se f è derivabile la definizione di convessità (risp. concavità) è equivalente a richiedere che comunque scelti un punto x 0 in I, il grafico di f stia, nell intervallo I, sopra (risp. sotto) la retta tangente al grafico nel punto (x 0, f(x 0 )).

14 14 Capitolo 1 f(x) tangente f(x) tangente f convessa f concava Osserviamo ora che data una generica parabola di equazione y = ax + bx + c, il suo grafico presenta la concavità verso l alto o il basso a seconda che il segno di a sia positivo oppure negativo. Inoltre la derivata seconda di f(x) = ax + bx + c è f (x) = a. Possiamo quindi affermare che per le parabole la concavità è rivolta verso l alto o il basso a seconda che la derivata seconda sia positiva o negativa. Questo fatto ha validità generale, non solo per le parabole. Teorema Sia f è derivabile due volte in I. Sono equivalenti: a) f (x) 0 per ogni x in I b) f è convessa in I. E analogamente la concavità è quivalente a f (x) 0 per ogni x in I. Dimostrazione. Da a) segue b) : questo fatto è conseguenza della formula di Taylor con n = 1 e resto in forma di Lagrange, ossia del Teorema Sia x 0 un punti arbitrario dell intervallo e mostriamo che il grafico della funzione f sta al di sopra di quello della retta tangente a f in x 0. Infatti la differenza tra f e il polinomio di Taylor del primo ordine, che altro non è che la retta tangente, è del tipo f(x) (f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 )) = 1 f (ξ)(x x 0 ), dove ξ è un punto nell intervallo di estremi x 0 e x. Per ipotesi f (ξ) 0. Allora, poiché anche (x x 0 ) 0, si ha Quindi f è convessa. f(x) (f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 )) 0. Da b) segue a) Supponiamo che f sia convessa in I. Allora per ogni x 0 in I si ha (1.3) f(x) f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 ).

15 1.5 Concavità e convessità 15 D altra parte per la formula di Taylor con n = e resto in forma di Peano, ossia per il teorema 1.9, f(x) = f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 ) + 1 f (x 0 )(x x 0 ) + o(x x 0 ). Per assurdo, se fosse f (x 0 ) < 0, allora esisterebbe un intorno di x 0 in cui il grafico di f assomiglia a quello della parabola f(x 0 )+f (x 0 )(x x 0 )+ 1f (x 0 )(x x 0 ), che ha concavità rivolta verso il basso. Ma allora non potrebbe valere la (1.3). I punti in cui cambia la convessità sono detti punti di flesso e, più precisamente: si dice che x 0 è punto di flesso ascendente se il grafico della funzione sta sotto a quello della retta tangente prima di x 0 e invece sta sopra a quello della retta tangente dopo x 0. Si dice che x 0 è punto di flesso discendente se il grafico della funzione sta sopra a quello della retta tangente prima di x 0 e invece sta sotto a quello della retta tangente dopo x 0. f(x) tangente f(x) tangente flesso ascendente flesso discendente Una conseguenza di quanto visto è che Corollario Sia f è derivabile due volte in x 0. Se x 0 è un punto di flesso allora f (x 0 ) = 0. ZEsempio Se f (x 0 ) = 0, non è detto che x 0 sia un punto di flesso, come mostra l esempio di f(x) = x 4 con x 0 = 0. Quello che rimane vero è che il grafico assomiglia a quello del polinomio di Taylor centrato in x 0. Quindi se f è derivabile tre volte e f (x 0 ) = 0, f(x) f(x 0 ) + f (x 0 )(x x 0 ) f (x 0 )(x x 0 ) 3 Il grafico della cubica a secondo membro ha un flesso ascendente in x 0 se f (x 0 ) > 0; discendente se f (x 0 ) < 0. (Indecidibile se f (x 0 ) = 0, dovremmo scrivere un altro termine del polinomio di Taylor).

16 16 Capitolo 1 ZEsempio 1.0. Studiare il grafico di f(x) = 5x + x log x. Innanzi tutto, la funzione è definita per x > 0. Calcoliamo i limiti agli estremi del dominio: lim f(x) = lim x + x + x ( 5 + log x) = +, lim f(x) = 0, x 0 + perché il logaritmo ha ordine di infinito minore di 1/x per x 0 +. Allora f è prolungabile in 0 a una funzione g continua: basta porre { f(x) x > 0 g(x) = 0 x = 0. La funzione f è composta di funzioni infinitamente derivabili e quindi infinitamente derivabile per x > 0. La derivata prima, per x > 0 è f (x) = 8x + 4x log x = 4x( + log x). Allora f (x) = 0 se e solo se log x =, cioè x = e. Inoltre f (x) < 0 se x (0, e ), f (x) > 0 se x (e, + ). Notiamo anche che lim x 0 + f (x) = 0, quindi g è anche derivabile in 0 e la sua derivata in 0 è 0. Pertanto f è decrescente su (0, e ] e crescente su [e, + ) e presenta un minimo (assoluto) in x = e ; f(e ) = e 4. Siccome f è continua, per il Teorema dei Valori Intermedi l immagine di f contiene tutti i valori in [ e 4, + ). Infine, per determinare intervalli di concavità e convessità, studiamo il segno della derivata seconda: f (x) = log x = 4(log x 1). Quindi f (x) = 0 per log x = 1, cioè per x = e; f (x) > 0 per x > e; f (x) < 0 per 0 < x < e. Possiamo concludere che f è convessa sull intervallo [e, + ) e concava su (0, e]. Il punto e è un punto di flesso ascendente Nella figura in rosso abbiamo disegnato la retta tangente al grafico di f nel punto e.

17 1.6 Il metodo delle secanti e il metodo di Newton o delle tangenti Il metodo delle secanti e il metodo di Newton o delle tangenti Molto spesso non è possibile determinare in modo esatto le ascisse dei punti in cui una funzione si annulla: ad esempio nel caso della funzione f(x) = x+e x è immediato che i limiti al tendere di x a e + sono rispettivamente e + e che la funzione è strettamente crescente (f (x) = 1 + e x > 0), quindi esiste un unico punto in cui la funzione si annulla. Ma quanto a determinarlo esplicitamente, è tutta un altra questione; possiamo, localizzarlo un po meglio, tra 1 e 0, ad esempio, osservando che f( 1) = 1 + e 1 = e f(0) = 1; possiamo giungere a stabilire quali sono le prime cifre decimali del punto in cui la funzione si annulla, con il metodo di dicotomia introdotto nel teorema degli zeri, ma è un metodo molto lento: necessita, in questo caso, di 11 passaggi per arrivare a 3 cifre decimali esatte! Il nostro scopo in questa sezione sarà di introdurre metodi assai più efficienti per la determinazione numerica (approssimata) degli zeri di una funzione. Entrambi i metodi richiedono che la funzione mantenga lo stesso tipo di convessità nell intervallo preso in considerazione e permettono in genere di approssimare con molta velocità il punto in cui la funzione si annulla. Illustreremo per primo il metodo delle secanti. Supponiamo, ad esempio, che la funzione sia continua, convessa e tale che f(a) < 0 e f(b) > 0. L equazione della retta che passa per gli estremi (a, f(a)) e (b, f(b)) del grafico è y = f(b) + f(b) f(a) (x b). b a Tale retta taglia l asse delle x in un punto in cui la funzione assume ancora valore negativo, la cui ascissa x 1 si può facilmente trovare, ponendo y = 0 nella precedente equazione, e cioè x 1 = b a b f(a) f(b) 3 A questo punto si ripete l operazione con la nuova coppia di punti (x 1, f(x 1 )) e (b, f(b)) e si ottiene il nuovo punto x = b x 1 b f(x 1 f(b). Si procede ) f(b) in tal modo, ottenendo la successione di punti x n 1 b x n = b f(x n 1 ) f(b) f(b) che tende assai rapidamente al punto in cui f x 1 x x si annulla: nella figura sottostante si vedono i a b primi tre punti della successione approssimante. Possiamo pensare x 0 = a. Nello stesso modo si opera nel caso di f continua, concava e tale che f(a) > 0 e f(b) < 0.

18 18 Capitolo 1 Negli altri due casi (cioè funzione f convessa e tale che f(a) > 0 e f(b) < 0 oppure f concava e tale che f(a) < 0 e f(b) > 0) si lascia fisso il primo estremo e la successione che si ottiene adoperando lo stesso metodo è definita induttivamente da x n 1 a x 3 x x 1 x n = a f(x n 1 ) f(a) f(a) a b con x 0 = b. Consideriamo ora il caso delle soluzioni dell equazione f(x) = x + e x = 0. Tale funzione ha derivata seconda e x > 0 e f( 1) = 1 + e 1 < 0 e f(0) = 1 > 0: è dunque convessa e dobbiamo applicare la prima delle due formule date, tenendo come punto fisso il secondo estremo. Si notino le prime due assegnazioni: scriviamo 1. e 0. (il punto dopo la cifra!) perché intendiamo avere come output cifre decimali. Provate a vedere cosa succede senza il punto. > a:=-1.: b:=0.: f:=x->x+exp(x): > x[0]:=a: for n from 1 to 10 do x[n]:=b-f(b)*(x[n-1]-b)/(f(x[n-1])-f(b)); end do; x 1 := x := x 3 := x 4 := x 5 := x 6 := x 7 := x 8 := x 9 := x 10 := Come si vede dalla risposta di Maple i valori si stabilizzano assai rapidamente: al terzo passo le prime tre cifre decimali sono esatte, al settimo sono già sei (con il metodo di dicotomia servirebbero rispettivamente 11 e 1 passi per ottenere la stessa precisione). Chi frequenterà il corso di Calcolo Numerico, quantificherà l ordine di convergenza di questa successione.

19 1.6 Il metodo delle secanti e il metodo di Newton o delle tangenti 19 Logicamente molto simile è il metodo delle tangenti (o di Newton) che, come dice il nome, sfrutta la tangente invece della secante. Analogamente al caso precedente, si parte dalla retta tangente al grafico nel primo estremo se f è continua, convessa e tale che f(a) > 0 e f(b) < 0, oppure continua, concava e tale che f(a) < 0 e f(b) > 0. L equazione della retta tangente è y = f(a) + f (a)(x a) che taglia l asse delle x in un punto in cui la funzione assume valore positivo, la cui ascissa si può facilmente trovare, ponendo y = 0 nella precedente equazione, e cioè x 1 = a f(a). A f (a) questo punto si ripete l operazione partendo dal punto (x 1, f(x 1 )) e si ottiene il nuovo punto x = x 1 f(x 1) f (x 1 e così via, ottenendo la successione di punti ) x n = x n 1 f(x n 1) f (x n 1 ) che, come si può osservare nella figura a sinistra, converge in modo estremamente veloce. Negli altri due casi (cioè f concava e tale che f(a) > 0 e f(b) < 0 oppure convessa e tale che f(a) < 0 e f(b) > 0) si parte dal secondo estremo x 1 = b f(b) ma poi la formula coincide: f (b) x n = x n 1 f(x n 1) f (x n 1 ). Guardate la figura a destra. a = x 0 x 1 x b a x x 1 b = x 0 Torniamo all equazione f(x) = x + e x = 0. La figura è tipo quella a destra, quindi come già detto dovremo partire dal secondo estremo. > a:=-1.: b:=0.: f:=x->x+exp(x): > g:=d(f): Digits := 30; > x[0]:=b:

20 0 Capitolo 1 for n from 1 to 10 do x[n]:=x[n-1]-f(x[n-1])/g(x[n-1]); end do; x 1 := x := x 3 := x 4 := x 5 := x 6 := x 7 := x 8 := x 9 := x 10 := Al quarto passo si ottiene praticamente il valore esatto, se ci limitiamo a guardare 10 cifre come prima; per vedere qualche differenza tra le varie approssimazioni ne richiedo 30, ma siamo al limite della precisione di Maple (si noti che le ultime tre approssimazioni sono da considerarsi errate, perché per costruzione la successione (x n ) deve essere decrescente, mentre x 8 < x 7 ). In generale (a meno che f non si annulli nello zero cercato) il metodo di Newton converge più rapidamente. Tuttavia il metodo di Newton richiede che a ogni passo si valutino sia f sia la sua derivata, mentre il metodo delle secanti richiede solo valutazioni della funzione f. Questo comporta che in pratica il metodo delle secanti possa essere più veloce. 7. Polinomi di interpolazione Se, come spesso accade, la funzione f ha derivate di qualsiasi ordine in tutti i punti dell intervallo I, si possono scrivere i polinomi di Taylor di ogni grado. Ci aspettiamo che all aumentare del grado migliori il livello dell approssimazione; ma, in genere e come vedremo negli esempi, questo accade solo vicino al punto x 0. In altre parole, osservando i grafici dell esempio 1.8, al crescere di n non solo migliora il grado di approssimazione, ma anche si estende la regione in cui tale approssimazione è buona. Nel prossimo esempio vediamo come l approssimazione dei polinomi di Taylor per alcune funzioni è un fatto semplicemente locale. ZEsempio 1.1. Sia f(x) = 1/(1 x) e x 0 = 0.

21 1.7 Polinomi di interpolazione 1 Le derivate sono: f (x) = 1 (1 x), f (x) = (1 x) 3, f (x) = 3 (1 x) 3, f (iv) (x) = 4! (1 x) 4, e così via f (n) (x) = n! (1 x) n+1. Ne segue che f(0) = 1, f (0) = 1, f (0) =, f (0) = 3!, f (n) (0) = n! e T n (x) = 1 + x + x + x x n. Un altro esempio è dato dalla funzione g(x) = log(1 + x), che ha polinomio di Mclaurin T n (x) = x x + x ( 1)nxn n!. Nelle figure che seguono, a sinistra vedete la situazione per f a destra per g f T 1 T T 3 T g T 1 T T 3 T Come si può vedere dalle figure precedenti, il grado di approssimazione peggiora sensibilmente al crescere di n quando x è al di fuori dell intervallo [ 1, 1]. Si potrebbe essere indotti a pensare che questo comportamento dipende dal fatto che le funzioni f e g tendono a infinito per x h T T 4 T 6 Non è una buona spiegazione! Guardate questo esempio: ora sostituiamo x nella funzione f al posto della variabile x, otteniamo che il polinomio di Taylor di h(x) = 1/(1 + x ) è 0.5 T n (x) = 1 x + x 4 x ( 1) n x n Anche questi polinomi funzionano bene solo se 1 < x < 1, anche se la funzione h è infinite volte derivabile.

22 Capitolo 1 Una spiegazione spero esauriente seguirà quando parleremo di serie e serie di Taylor. Per ora accontentiamoci di pensare che se vogliamo approssimare tramite polinomi la funzione h(x) = 1/(1+x ) su tutto l intervallo [, ], il polinomio di Taylor non è la migliore soluzione, perché tale polinomio cessa di fornire buone approssimazioni al di fuori dell intervallo [ 1, 1]. Una soluzione può essere quella dei polinomi interpolanti che vedremo in questa sezione. Sia f : [a, b] R una funzione e siano assegnati n + 1 punti distinti, che indichiamo con x 0,...,x n, dell intervallo chiuso e limitato [a, b]. Per capire meglio come può essere fatto il grafico di f, cerchiamo di approssimare la funzione f con un polinomio P passante per i medesimi punti, ossia tale che P(x i ) = f(x i ) i = 0, 1,..., n. Siccome le funzioni polinomiali sono molto più facili da trattare, questo procedimento dovrebbe, in qualche caso, semplificarci la vita. Per comodità, supponiamo che x 0 < x 1 < < x n. Teorema 1.. Esiste un unico polinomio P di grado n tale che Questo polinomio è dato da P(x i ) = f(x i ) i = 0, 1,..., n. P(x) = dove gli n + 1 polinomi L i sono definiti da L i (x) = n f(x i ) L i (x) i=0 n k=0 k i e costituiscono una base dei polinomi di grado n. x x k x i x k Dimostrazione. I polinomi L i sono di grado n e verificano { 1 se i = j, L i (x j ) = 0 se i j. Quindi i polinomi L i sono n + 1 e inoltre sono linearmente indipendenti. Siccome i polinomi di grado n sono uno spazio vettoriale di dimensione n + 1, allora i polinomi L i costituiscono una base dei polinomi di grado n. Cerchiamo allora un polinomio di grado n tale che P(x i ) = f(x i ) per ogni i = 0, 1,..., n. Necessariamente n P(x) = c i L i (x) per certi coefficienti reali c i e inoltre P(x i ) = f(x i ) accade se e solo se c i = f(x i ). i=0

23 1.7 Polinomi di interpolazione 3 Oppure, più semplicemente, un polinomio P di grado n ha la forma n P(x) = a i x n per certi coefficienti reali a i. Richiedere che P(x i ) = f(x i ) è equivalente a richiedere che gli a i siano soluzioni del sistema lineare n i=0 a i x n 0 = f(x 0 ). n i=0 a i x n n = f(x n ) che in forma matriciale si scrive 1 x 1... x n 0 Ma = Y dove M =... a = 1 x n... x n n i=0 a 0. a n f(x 0 ) Y =. f(x n ) Non è difficile provare che il determinante di M vale i<j (x j x i ) e quindi è diverso da zero se i punti x i sono distinti. Ma allora il sistema ha un unica soluzione, che è il polinomio interpolante cercato. ZEsempio 1.3. Consideriamo sull intervallo [ 1, ] la funzione f(x) = e x. a) Scelti i punti 1, 0 scriviamone il polinomio interpolante di grado 1; b) scelti i punti 1, 0, 1 scriviamone il polinomio interpolante di grado ; c) scelti i punti 1, 0, 1, scriviamone il polinomio interpolante di grado 3. a) Cerchiamo il polinomio P 1 di grado 1 della forma a 0 + a 1 x in modo che { f( 1) = e 1 = P 1 ( 1) = a 0 a 1 f(0) = 1 = P 1 (0) = a 0 quindi a 0 = 1 a 1 = 1 e 1 e P 1 (x) = 1 + (1 e 1 )x. b) Cerchiamo il polinomio P di grado della forma a 0 + a 1 x + a x in modo che f( 1) = e 1 = P ( 1) = a 0 a 1 + a a 0 = 1 f(0) = 1 = P (0) = a 0 quindi a 1 = e 1/e f(1) = e = P (1) = a 0 + a 1 + a a = 1 + e+1/e e P (x) = 1 + e 1/e x + ( 1 + e+1/e )x. c) Cerchiamo il polinomio P 3 di grado 3 della forma a 0 + a 1 x + a x + a 3 x 3 in modo che f( 1) = e 1 = P 3 ( 1) = a 0 a 1 + a a 3 a 0 = 1 f(0) = 1 = P 3 (0) = a 0 a 1 = e 1 quindi 6 e 1 3 e 1 1 f(1) = e = P 3 (1) = a 0 + a 1 + a + a 3 a = 1e e f() = e = P 3 () = a 0 + a 1 + 4a + 8a 3 a 3 = 1 6 e 1e e.

24 4 Capitolo 1 e P 3 (x) ha l (orribile) espressione 1 + ( e 1 6 e 1 3 e 1 1 ) x + ( 1 e e) x + ( 1 6 e 1 e e) x 3. I grafici della funzione e dei tre polinomi trovati sono: f(x)=e x P 1 (x) P (x) P 3 (x) Dall esempio fatto, l approssimazione sembra migliorare al crescere del numero di punti scelti. Ma quanto buona è l approssimazione ottenuta? Iniziamo a ragionare dal caso più semplice: quello in cui scegliamo due punti x 0 e x 1 e approssimiamo la funzione con il suo polinomio P interpolante di grado uno, che è la retta passante per i punti (x 0, f(x 0 )) e (x 1, f(x 1 )). Sappiamo che la differenza f(x) P(x) è nulla per x = x 0, x 1 e desideriamo ora valutare la differenza f(x) P(x) per un altro x in [a, b], che pensiamo fissato. Approssimiamo la funzione (ignota) della variabile t f(t) P(t) considerando il suo polinomio interpolante P di grado due per i punti x, x 1, x, ossia il polinomio P(t) = (t x 0)(t x 1 ) (f(x) P(x)). (x x 0 )(x x 1 ) Imitando la dimostrazione del Teorema di Lagrange, introduciamo una nuova funzione ausiliaria g x della variabile t, che coincida con la differenza tra la funzione f(t) P(t) e il suo

25 1.7 Polinomi di interpolazione 5 polinomio interpolante P(t), ossia g x (t) = f(t) P(t) (t x 0)(t x 1 ) (f(x) P(x)). (x x 0 )(x x 1 ) La funzione g x ha la stessa regolarità di f e è nulla nei punti x, x 1, x 0. Se supponiamo che f sia di classe C, applicando due volte il teorema di Rolle, possiamo concludere che esiste un punto c in (a, b) tale che g x (c) = 0. Siccome la derivata seconda di un polinomio di grado uno è zero, si ha g x (t) = f (t) P (t) P (t) = f (t) (f(x) P(x)). (x x 0 )(x x 1 ) Allora dire che esiste un punto c in (a, b) tale che g x(c) = 0 vuol dire che esiste un punto c in (a, b) tale che f (c) = (f(x) P(x)), (x x 0 )(x x 1 ) o anche f(x) P(x) = (x x 0)(x x 1 ) f (c). L ultima equazione scritta vale anche nei casi x = x 0, x 1 (si riduce all identità 0 = 0). Riassumendo, abbiamo verificato che: Teorema 1.4. Dati due punti distinti x 0 e x 1 dell intervallo [a, b] e una funzione f di classe C sull intervallo [a, b], possiamo formare il polinomio P interpolante di grado uno e per ogni x in [a, b] esiste un punto c in (a, b) tale che f(x) P(x) = (x x 0)(x x 1 ) f (c). In particolare quindi possiamo stimare l errore commesso con f(x) P(x) (x x 0)(x x 1 ) max f (c). c [a,b] In generale valgono: Teorema 1.5. Supponiamo che f sia di classe C n+1 sull intervallo [a, b]. Allora per ogni x in [a, b] esiste ξ in [min(x, x 0 ), max(x, x n )] tale che f(x) P(x) = (x x 0) (x x n ) (n + 1)! f (n+1) (ξ). Corollario 1.6. Sia f una funzione di classe C n+1 sull intervallo [a, b]. Allora f(x) P(x) (x x 0) (x x n ) (n + 1)! max x [a,b] f(n+1) (x).

26 6 Capitolo 1 Ma la dimostrazione di questi risultati non aggiunge alcun ingrediente interessante. Riprendiamo l esempio 1.3: notiamo che le derivate della funzione esponenziale sono limitate sull intervallo [, ] e inoltre la distanza tra x e ciascuno dei punti prescelti x j è al più 4. Allora la differenza tra e x e un suo polinomio interpolante P n di grado n si controlla in questo modo: e x P n (x) 4n+1 (n + 1)! max e x M 4n+1 x [a,b] (n + 1)!. Siccome il fattoriale ha ordine di infinito superiore a 4 n ne concludiamo che P n (x) e x quando n. ZEsempio 1.7. In generale non è detto che l approssimazione migliori in tutti i punti! Consideriamo la funzione f(x) = x su [, ] e interpoliamola considerando punti equispaziati di unità, 1 unità, 1/ e quindi polinomi di gradi, 4, 8 rispettivamente. Con Maple with(curvefitting): > a:=polynomialinterpolation([-,0,],[1/5,1,1/5],x): > p:=collect(a,x); > b:=polynomialinterpolation([-,-1,0,1,],[1/5,1/,1,1/,1/5],x): > p4:=collect(b,x); > c:=polynomialinterpolation([-, -3/, -1, -1/, 0, 1/, 1, 3/, ], [1/5, 4/13, 1/, 4/5, 1, 4/5, 1/, 4/13, 1/5],x): > p8:=collect(c,x); > plot([1/(1+x^),a,b,c],x=-..); In questo modo otteniamo e, dulcis in fundo, P (x) = 1 5 x + 1 P 4 (x) = 1 10 x4 3 5 x + 1 P 8 (x) = x x x x + 1

27 1.8 Esercizi 7 Nel disegno, il grafico della funzione f è 1 quello in nero e il polinomio di grado due è in blu Ci accorgiamo che il polinomio P 8 (quello in rosso), in vicinanza degli estremi e, approssima la funzione peggio del polinomio di grado 4 (quello in verde). Questo strano comportamento prende il nome di fenomeno di Runge. Questo fatto negativo può essere superato con una scelta opportuna dei punti per cui far passare il polinomio interpolante, ma questo esula dagli scopi che ci siamo prefissi. In sintesi, il metodo ora descritto permette di descrivere il grafico di una funzione in un certo intervallo fissato, purché la funzione sia sufficientemente regolare. Adopereremo i polinomi interpolanti nel calcolo di integrali definiti. 8. Esercizi 1. Studiare il segno di f(x) = e x + log 1 x e in un intorno di 0.. Calcolare l ordine di infinitesimo di cos(x) + log(1 + 4x ) per x Sia h(x) = sin(x ) + a log( e x ), con a R. Calcolare lim x 0 h(x) x 4 al variare di a R. 4. Sia f(x) = log(cosx) + 3 sin (αx). Per quali valori di α la funzione f(x) è un infinitesimo di ordine 3 per x 0? Per quali valori di α la funzione f(x) ha un minimo oppure un massimo in 0? 5. Sia f(x) = e x tg x. a) Determinare il dominio di f e i limiti agli estremi del dominio. b) Determinare massimi e minimi (assoluti e relativi) di f su tutto il dominio. c) Determinare l immagine di f. d) Disegnare uno (o più) grafici qualitativi di f con Maple. e) Dire quante soluzioni ha l equazione f(x) = 0 e approssimare quella nell intervallo ( π, π )

28 8 Capitolo 1 a meno di f) Dire se esiste ed eventualmente calcolare lim x ± f(x). 6. Sia f(x) = x e x x + 6. a) Determinare il dominio di f e i limiti agli estremi del dominio. b) Determinare massimi e minimi (assoluti e relativi) di f. c) Determinare l immagine di f. d) Disegnare uno (o più) grafici qualitativi di f con Excel o MatLab. e) Approssimare a meno di 1/1000 la radice dell equazione f(x) = 1 con x [1, ]. 7. Siano a R e f(x) = e x 1 a x. a) Determinare il dominio di f e i limiti agli estremi del dominio, al variare di a R. b) Approssimare a meno di 10 4 gli zeri di f con a =. c) Determinare il dominio di g(x) = log(e x 1 x). d) Determinare il numero di zeri di f al variare di a R. 8. Sia b R e f(x) = 1 + bx sin x cosx. Studiare il segno di f in un intorno di 0, al variare di b R. 9. Sia f(x) = log x + 1 log x 1. a) Determinare il dominio di f e i limiti agli estremi del dominio. b) Determinare gli intervalli di monotonia di f. c) Determinare gli intervalli di concavità e di convessità di f.

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