Il Teorema di Rappresentazione di Riesz

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1 Alma Mater Studiorum Università di Bologna SCUOLA DI SCIENZE Corso di Laurea in Matematica Il Teorema di Rappresentazione di Riesz Tesi di laurea in Analisi Matematica Relatore: Chiar.mo Prof. Alberto Parmeggiani Presentata da: Giulio Pasqualetti II Sessione Anno Accademico 2014/2015

2 Alla mia famiglia ed a Caterina

3 Indice Introduzione 6 1 Dimensione finita e Spazi di Hilbert Dimensione Finita Spazi di Hilbert Aggiunti Funzionali lineari positivi Definizioni Integrazione di Funzioni Positive Preliminari Topologici Funzionali Lineari Positivi Funzionali lineari limitati Definizioni Continuità Assoluta Preliminari Estensioni del Teorema Conseguenze del Teorema di Radon-Nikodym Funzionali Lineari Limitati Il Teorema di Rappresentazione di Riesz Applicazioni Il Teorema di Lax-Milgram Bibliografia 67 3

4 4 INDICE

5 Introduzione Lo spazio duale V di un K-spazio vettoriale V, dove in genere K = R, o C, è l insieme di quei funzionali che rispettano la struttura di V. Quando quest ultimo è uno spazio vettoriale topologico, V si definisce come l insieme dei funzionali lineari da V in K. Se invece V è dotato di una topologia, è interessante esaminare i funzionali che rispettano anche quest ultima: in tal caso V consta di tutti i funzionali lineari e continui da V in K. Definendo su di esso le operazioni di somma tra funzionali lineari e di prodotto per scalare, V acquisisce una struttura di K-spazio vettoriale che risulta molto utile in quanto la sua analisi permette di comprendere meglio le caratteristiche e la struttura dello spazio V. In ambito finito questo concetto permette di dare la nozione di tensore senza dover ricorrere a dei sistemi di riferimento, cioè delle basi, e di definire tramite questa un prodotto interno su V. Quando invece si applica tale concetto a spazi di dimensione infinita, esso permette di descrivere misure e distribuzioni su questi definite. Nello studio dello spazio duale interviene l argomento che è oggetto dell elaborato: il Teorema di Rappresentazione di Riesz. Diversi risultati sono raggruppati sotto questo nome, che deriva dal matematico ungherese Frigyes Riesz, e tutti permettono di caratterizzare chiaramente gli elementi del duale dello spazio a cui si riferiscono. Scopo della tesi è quello di presentare il teorema nelle sue varie forme a partire da una delle più elementari: quella relativa a spazi vettoriali finiti. Ripercorrendo via via le sue generalizzazioni si arriverà all enunciato inerente allo spazio C 0 () delle funzioni continue f : C che si annullano all infinito, cioè tali che per ogni ε > 0 esiste un insieme compatto K tale che f (x) < ε, x K, dove è uno spazio di Hausdorff localmente compatto. Si vedrà inoltre un esempio di applicazione del teorema. L elaborato è strutturato come segue. Nel primo capitolo si presenta il teorema nel caso di spazi vettoriali finiti e nel caso di spazi di Hilbert generici. Tramite quest ultimo si dimostra poi l esistenza dell aggiunto di un operatore lineare continuo. Nel secondo capitolo vi è una sezione dedicata a dei teoremi preliminari di 5

6 6 INDICE carattere topologico, tra i quali il Lemma di Urysohn. A seguire viene mostrato il caso dei funzionali lineari positivi su C c (), lo spazio delle funzioni continue a supporto compatto. Nel terzo capitolo si presenta il Teorema di Radon-Nikodym e lo si estende tramite la nozione di misura σ-finita. Si tratta poi il caso inerente agli spazi L p, con 1 p < +, e viene presentato il teorema per i funzionali lineari continui su C c (), con la relativa generalizzazione allo spazio C 0 (). Nel quarto ed ultimo capitolo viene infine proposto un esempio di applicazione: il Teorema di Lax-Milgram, un risultato che ha molte applicazioni nella teoria delle PDE e nel metodo degli elementi finiti in analisi numerica, la cui dimostrazione fa largo uso del teorema di Riesz.

7 Capitolo 1 Dimensione finita e Spazi di Hilbert 1.1 Dimensione Finita In questa sezione daremo enunciato e dimostrazione della versione del teorema che riguarda C-spazi vettoriali di dimensione finita. Supporremo quindi che gli spazi che andremo a considerare abbiano tutti dimensione finita. Iniziamo dando prima alcune definizioni e nozioni preliminari: Definizione Uno spazio vettoriale metrico reale o complesso di dimensione finita è uno spazio vettoriale V su R, o su C, provvisto di un prodotto scalare, o hermitiano nel caso complesso,, definito positivo, cioè tale che v, v 0 per ogni v V ed è = 0 v = 0, sia che si tratti di prodotto scalare che di prodotto hermitiano. La norma : V R + in questo spazio vettoriale metrico è definita da v = v, v. La norma v di un vettore v si dice anche lunghezza di v. Osservazione La condizione che abbiamo posto sul prodotto ci servirà poi per poter parlare di base ortonormale. Proposizione Sia T : V W un applicazione lineare tra due spazi vettoriali metrici V e W. Allora esiste un applicazione lineare T : W V tale che T (v), w W = v, T (w) V, v V, w W, (1.1) dove con, V abbiamo indicato il prodotto scalare (o hermitiano) di V, e con, W quello di W. Dimostrazione. Sia B = {v 1,..., v n } una base ortonormale (è qui che serve che il prodotto sia definito positivo) di V. Supponiamo che T esista e 7

8 8 1. Dimensione finita e Spazi di Hilbert proviamone l unicità: (Unicità): Per le proprietà delle basi ortonormali abbiamo che T (w) = T (w), v 1 V v T (w), v n V v n = w, T (v 1 ) W v w, T (v n ) W v n. Quindi se T esiste è necessariamente definita da T (w) = n w, T (v j ) W v j, w W ; j=1 questo prova l unicità. Mostriamo adesso che questa definizione soddisfa le condizioni del teorema: (Esistenza): Chiaramente T è lineare, bisogna vedere se soddisfa la (1.1). Ogni v V si scrive come v = n j=1 v, v j V v j, per cui, supponendo che, W sia hermitiano, abbiamo n n v, T (w) V = v, w, T (v j ) W v j = w, T (v j ) W v, v j V = = = j=1 V j=1 n n w, T (v j ) W v, v i V v i, v j i=1 j=1 n T (v j ), w W v, v i V v i, v j V i,j=1 n T (v j ), w W v, v j V = j=1 n = v, v j V T (v j ), w j=1 = T (v), w W. W V n v, vj V T (v j ), w W j=1 n = T v, v j V v j, w j=1 W Nel caso in cui, W sia reale i precedenti passaggi sono analoghi. Ciò conclude la dimostrazione. Definizione L applicazione T : W V così definita si dice aggiunta di T e la formula (1.1) si dice formula di aggiunzione. Possiamo adesso dare l enunciato del teorema di rappresentazione.

9 1.2 Spazi di Hilbert 9 Teorema Sia V uno spazio vettoriale metrico su C e ϕ : V C lineare. Allora esiste un unico v ϕ V tale che v V vale Dimostrazione. ϕ (v) = v, v ϕ. (Unicità): Supponiamo che esistano due vettori v ϕ e v ϕ tali che valga ϕ (v) = v, v ϕ = v, v ϕ, v V. Ciò vuol dire che v, v ϕ v ϕ = 0, v V e quindi vϕ v ϕ V che però è costituito dal solo vettore nullo perché, secondo la definizione di spazio vettoriale metrico,, è un prodotto scalare definito positivo e quindi è non degenere, cioè V = {0}. Allora v ϕ v ϕ = 0, cioè v ϕ = v ϕ, quindi esiste al più un vettore v ϕ che soddisfa la tesi. (Esistenza): Poniamo su C il prodotto hermitiano canonico dato da λ, µ C = λ µ, λ, µ C. Allora possiamo considerare l aggiunta ϕ di ϕ e porre v ϕ := ϕ (1). Sostituendo si ottiene v, v ϕ = v, ϕ (1) = ϕ (v), 1 C = ϕ (v) 1, 1 C = ϕ (v), cioè ϕ (v) = v, v ϕ. 1.2 Spazi di Hilbert Passiamo ora ad una versione un po più generale del teorema, che riguarda ancora spazi dotati di prodotto scalare, ma che non necessariamente hanno dimensione finita: gli spazi di Hilbert. Definizione Uno spazio di Hilbert è uno spazio vettoriale H su R, o su C, dotato di un prodotto scalare (o hermitiano), tale che sia completo rispetto alla norma indotta dal prodotto, ovvero quella definita da v = v, v, v H. Osservazione Uno spazio vettoriale metrico finito dimensionale è sempre uno spazio di Hilbert.

10 10 1. Dimensione finita e Spazi di Hilbert Definizione Data una trasformazione lineare T : H 1 H 2 tra spazi di Hilbert, muniti delle norme H1 e H2 rispettivamente, la sua norma è definita come T = T H1 H 2 := sup T f H2. f H 1 f 1 Osservazione Quando si parla di funzionale su uno spazio di Hilbert, si intende in genere una trasformazione L che va da uno spazio di Hilbert H ad R (o C), quindi in tal caso abbiamo L = sup L (f). f H f 1 Proposizione Siano V e W due spazi vettoriali metrici, con norme V e W rispettivamente, e T : V W un operatore lineare, allora le seguenti condizioni sono equivalenti: (1) T è continuo; (2) T è continuo in 0 V ; (3) T è limitato. Dimostrazione. (1) (2): Se T è continuo, allora per definizione lo è in tutti i punti, 0 compreso. (2) (3): T continuo in 0 V significa che per ogni ε > 0 fissato esiste un δ > 0 tale che se x V ha norma minore di δ allora T x W < ε. Fissiamo dunque ε 1 = 1 > 0, allora esiste un δ 1 > 0 che soddisfa la proprietà precedente. Sia ora x V, fissiamo r > 0 e consideriamo ỹ := δ 1x x V + r. Si ha che ỹ < δ V 1. Infatti Ma allora T ỹ W δ 1 x x V + r = δ x V V 1 x V + r < δ 1. < 1, ovvero T ( δ1 x x V + r ) W T x W < x V + r δ 1, x V. < 1, da cui Poiché ciò vale per ogni r > 0, passando all estremo inferiore, otteniamo T x W < 1 δ x V, x V.

11 1.2 Spazi di Hilbert 11 (3) (1): Per definizione esiste una costante L > 0 tale che T x W < L x V, x V. Siano x, y V generici, allora T x T y W = T (x y) W < L x y V. Questo vuol dire che T è lipschitziano e quindi continuo. Teorema Sia L un funzionale lineare continuo su uno spazio di Hilbert H. esiste un unica g H tale che: Allora L (f) = f, g, f H, ed inoltre L = g H. Dimostrazione. Consideriamo il sottospazio di H definito come S = {f H L (f) = 0} = KerL, che, essendo L continuo, è chiuso. Procederemo adesso in questo modo: se S = H allora L 0 e basta prendere g = 0, altrimenti S è non banale e quindi esiste una h S tale che h = 1 (perché sappiamo che esiste una v S \ {0}, perciò v v ha norma 1 e per linearità di L appartiene ad S ). A questo punto definiamo g := L (h)h e, preso un generico f H, considero u = L (f) h L (h) f H, e noto che L (u) = L (f) L (h) L (h) L (f) = 0. Quindi u S e, per come abbiamo scelto h, 0 = u, h = L (f) h L (h) f, h = L (f) h, h f, L (h)h = L (f) h 2 f, g, f H, cioè L (f) = f, g, f H. Rimane ancora da dimostrare la seconda parte della tesi, cioè l uguaglianza della norma di L con quella di g: Sappiamo già che g = 0 se e soltanto se L 0, nel qual caso il risultato è immediato. Supponiamo quindi che sia g 0:

12 12 1. Dimensione finita e Spazi di Hilbert ( ): Siccome L = sup L (f) = sup f, g, f H f H f H 1 f H 1 dalla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz abbiamo f, g f g e dunque f, g g per ogni f di norma 1. Ciò prova che L g H. ( ): Ora, avendo supposto g 0, posso considerare H g = g/ g H, che ha norma 1, per cui g H = g, g L. 1.3 Aggiunti La prima applicazione del teorema di rappresentazione di Riesz è la determinazione dell esistenza dell aggiunto di una trasformazione lineare di uno spazio di Hilbert in sé. Proposizione Sia T : H H una trasformazione lineare limitata dove H è uno spazio di Hilbert. Allora esiste un unica trasformazione lineare T su H tale che: 1. T f, g = f, T g, f, g H; 2. T = T ; 3. (T ) = T ; Definizione L operatore lineare T condizioni è chiamato aggiunto di T. : H H che soddisfa tali Per dimostrare la proposizione avremo bisogno di un lemma: Lemma Data una trasformazione lineare T : H 1 H 2 tra due spazi di Hilbert, si ha che: T = sup{ T f, g H2 f H1 1, g H2 1}. Dimostrazione. Chiamiamo G il secondo membro dell uguaglianza. ( ): Prendiamo f H 1, g H 2 di norma 1. Allora per la Cauchy- Schwarz T f, g T f g T f. Quindi abbiamo T f, g T, passando all estremo superiore sulle f e g di norma 1 otteniamo la ( ).

13 1.3 Aggiunti 13 ( ): Sia f H 1 di norma 1. Se f = 0 oppure T f = 0 abbiamo banalmente T f = 0 G. Altrimenti siano f = f f e g = T f T f. Allora T f = f T f 2 T f f T f = f f, T f T f ( ) f T f T, = T f, g T f, g, f T f che compare nell estremo superiore G perché f e g hanno norma unitaria. Ciò prova la ( ). Dimostriamo ora la proposizione. Dimostrazione. Per provare l esistenza di un operatore che soddisfi il punto (1) osserviamo che per ogni g H fissata il funzionale lineare L = L g definito da L (f) := T f, g è limitato, infatti: L (f) = T f, g T f, g T f g T f g, per la limitatezza di T. La mappa L è anche lineare perché composizione di funzioni lineari continue (T ed f f, g ). Quindi il teorema di rappresentazione di Riesz garantisce l esistenza di un unica h H, h = h g, tale che L g (f) = L (f) = f, h. Quindi definiamo T g := h g = h. Il fatto che T soddisfi (1) è immediato, mentre la linearità segue da f, h λg = L λg (f) = T f, λg = λ T f, g = λl g (f) = λ f, h g = f, λh g, f H, λ C. Quindi T (λg) = h λg = λh g = λt (g). Il fatto che T = T segue da (1) e dal Lemma Infatti T = sup{ T f, g f 1, g 1} = sup{ f, T g f 1, g 1} = T. Per provare la (3) notiamo che T f, g = f, T g, f, g, se e soltanto se T f, g = f, T g f, g, come si può vedere prendendo i complessi coniugati ed invertendo i ruoli di f e g. Osservazione Mentre in dimensione finita la dimostrazione del teorema che abbiamo dato sfrutta le proprietà dell aggiunto, quella relativa agli spazi di Hilbert generici fa l opposto: l esistenza dell aggiunto è provata grazie al teorema di rappresentazione.

14 14 1. Dimensione finita e Spazi di Hilbert

15 Capitolo 2 Funzionali lineari positivi 2.1 Definizioni In questo capitolo proseguiremo con un altra versione del teorema, quella riguardante i funzionali lineari positivi sullo spazio delle funzioni a supporto compatto su uno spazio misurabile (che supporremo essere di Hausdorff e localmente compatto). Ciò ci permetterà, nel capitolo successivo, di dimostrare altri due importanti casi del teorema. Avremo però bisogno di alcune definizioni e di alcuni concetti preliminari: daremo adesso quelli che incontreremo più frequentemente per poi introdurre i più specifici di volta in volta quando sarà necessario. Definizione Una misura positiva è una funzione µ : M [0, + ] dove M è una σ-algebra tale che µ è numerabilmente additiva, cioè se {A i } è una famiglia numerabile di elementi di M a due a due disgiunti (cioè i j A i A j = ), allora vale che µ ( A i ) = µ (A i ). Definizione Una misura complessa è una funzione µ : M C, dove M è una σ-algebra, che è numerabilmente additiva. Osservazione In genere si dice solo misura e si omette il positiva. Osservazione Il codominio di una misura positiva, a differenza di quello di una misura complessa, comprende il valore +, quindi le misure positive non sono una sottofamiglia di quelle complesse! Definizione Dato uno spazio topologico (, T ), si definisce l algebra di Borel B di rispetto a T come la più piccola σ-algebra contenente la topologia T, ossia contenente ogni sottoinsieme aperto di (, T ). Tutti gli insiemi E B si chiameranno insiemi di Borel. Definizione Una misura µ definita sulla σ-algebra di tutti gli insiemi di Borel in uno spazio di Hausdorff localmente compatto si chiama misura di Borel su. 15

16 16 2. Funzionali lineari positivi Definizione Data una misura di Borel µ e dato un insieme di Borel E, si dice che E è esternamente regolare se gode della proprietà: µ (E) = inf{µ (V ) E V, V aperto }. Si dice che E è internamente regolare se gode della proprietà : µ (E) = sup{µ (K) K E, K compatto }. Se ogni insieme di Borel in è sia esternamente che internamente regolare allora µ è detta regolare. 2.2 Integrazione di Funzioni Positive Siano M una σ-algebra in un insieme e µ una misura positiva su M. Definizione Se s è una funzione misurabile semplice su (a valori in C) della forma s = n i=1 α iχ Ai dove α 1,..., α n C sono valori distinti di s, gli A i, per i = 1,..., n, sono insiemi misurabili e le χ Ai le loro rispettive funzioni indicatrici, e se E M, poniamo: E sdµ := n α i µ (A i E). i=1 Usiamo qui la convenzione 0 = 0 perché può accadere che per qualche i valga α i = 0 e µ (A i E) = +. Se f : [0, + ] è misurabile ed E M, definiremo fdµ := sdµ, E sup 0 s f dove le s sono funzioni semplici positive. In tal caso E fdµ si chiama Integrale di Lebesgue di f su E rispetto alla misura µ. Osservazione Abbiamo definito l integrale di Lebesgue per funzioni positive, quindi in tal caso l integrale è compreso nell intervallo esteso [0, + ]. E Le seguenti proprietà sono conseguenze immediate delle definizioni; le funzioni e gli insiemi che vi compaiono sono supposte misurabili.

17 2.3 Preliminari Topologici 17 (a) Se 0 f g, risulta E fdµ E g dµ; (b) se A B ed f 0, risulta A fdµ B fdµ; (c) Se f 0 e c è una costante, 0 c +, risulta E cfdµ = c E fdµ; (d) Se f (x) = 0, x E, risulta E fdµ = 0 anche se µ (E) = + ; (e) se µ (E) = 0, risulta E fdµ = 0 anche se f (x) = + per ogni x E; (f) Se f 0, E fdµ = χ Efdµ. Osservazione Quest ultimo risultato mostra che avremmo potuto restringere ancora la nostra definizione d integrazione agli integrali su tutto senza perdere nulla in generalità. Se avessimo voluto integrare su sottoinsiemi, avremmo potuto usare la (f) come definizione. 2.3 Preliminari Topologici In questo paragrafo ci occuperemo dei teoremi preliminari che utilizzeremo durante la dimostrazione del nucleo centrale del capitolo: il Teorema Definizione Sia f una funzione reale (o a valori nella retta reale estesa) su uno spazio topologico. Se l insieme {x f (x) > α} è aperto per ogni α R, si dice che f è semicontinua inferiormente. Se invece è {x f (x) < α} ad essere aperto per ogni α R, diremo che f è semicontinua superiormente. Proposizione (a) Una funzione reale è continua se e soltanto se è sia semicontinua inferiormente che superiormente. (b) Funzioni caratteristiche di insiemi aperti sono semicontinue inferiormente, funzioni caratteristiche di insiemi chiusi sono semicontinue superiormente. (c) L estremo superiore di ogni famiglia di funzioni semicontinue inferiormente è semicontinuo inferiormente. L estremo inferiore di ogni famiglia di funzioni semicontinue superiormente è semicontinuo superiormente.

18 18 2. Funzionali lineari positivi Dimostrazione. (a) Ricordiamo che f : R è continua se e soltanto se f 1 (A) è aperto in per ogni insieme aperto A di R. Allora {x f (x) > α} = f 1 ((α, + )) è aperto perché (α, + ) è aperto per ogni α R ed f è continua e per la stessa ragione {x f (x) < α} = f 1 ((, α)) e (, α) è aperto per ogni α R. Ciò prova la ( ). Per provare la ( ) ricordiamo che per ogni funzione f vale: f 1 (E F ) = f 1 (E) f 1 (F ) ; f 1 (E F ) = f 1 (E) f 1 (F ) ; E, F sottoinsiemi del codominio. Grazie a queste proprietà possiamo anche dimostrare la tesi lavorando solo sugli elementi di una base della topologia euclidea di R. Sia D r (a) = (a r, a + r) con a R, r > 0 un generico elemento della base. Allora f 1 ((a r, a + r)) = f 1 ((a r, + ) (, a + r)) = f 1 ((a r, + )) f 1 ((, a + r)), che è un aperto perché intersezione finita di aperti (aperti per ipotesi). Allora, dato un qualunque insieme aperto A di R, f 1 (A) = f 1 ( a A D ra (a)) = a A f 1 (D ra (a)), che è aperto in quanto unione di aperti. (b) Sia ora dato U, aperto di. Mostriamo che χ U è semicontinua inferiormente. Infatti {x χ U (x) > α} coincide con, che è aperto, α 1; U, α [0, 1);, α < 0. Analogamente si dimostra che χ C è semicontinua superiormente per ogni insieme chiuso C. (c) Sia {f i } i una famiglia di funzioni semicontinue inferiormente e sia f = sup i f i (cioè f (x) = sup i f i (x)). Dato α R definiamo T f = {x f (x) > α} = {x sup f i (x) > α}. i Se riusciamo a provare che {x sup i f i (x) > α} = i {x f i (x) > α} allora avremo concluso perché quest ultima è, per ipotesi, un unione di insiemi aperti.

19 2.3 Preliminari Topologici 19 ( ) Sia x T f. Siccome vale il maggiore stretto >, allora per le proprietà dell estremo superiore sappiamo che esiste un j tale che f j (x) > α, ma allora x T fj i T fi. ( ) Sia x i T fi, ciò significa che esiste un j tale che x T fj, per cui f j (x) > α e quindi: f (x) = sup f i (x) f j (x) > α. i In definitiva x T f. Analogamente si dimostra l altra asserzione. Teorema Siano uno spazio di Hausdorff, K un insieme compatto e p K c = \ K. Allora esistono due insiemi aperti U, W tali che p U, K W ed U W =. Dimostrazione. Il caso K = è banale. Se invece q K, essendo di Hausdorff, esistono U q, V q aperti disgiunti tali che p U q e q V q. Andando a considerate tutti i punti q K possiamo così costruirci un ricoprimento aperto {V q } di K, che è compatto. Perciò posso estrarre un sottoricoprimento finito: esistono dei punti q 1,..., q n K tali che K V q1... V qn. Per ottenere la tesi basta porre U = U q1... U qn e W = V q1... V qn. Teorema Se {K α } è una famiglia di sottoinsiemi compatti di uno spazio di Hausdorff e se α K α =, allora esiste una sottofamiglia finita di {K α } con intersezione vuota. Dimostrazione. Posto V α := K c α e fissato un elemento K 1 di {K α }, poiché nessun punto di K 1 appartiene ad ogni K α, {V α } è un ricoprimento aperto di K 1, che è compatto. Quindi abbiamo K 1 V α1... V αn per una famiglia finita {V αi } i=1,...,n. Ciò implica che = K 1 (V α1... V αn ) c = K 1 ( n i=1v c α i ) = K1 K α1... K αn. Teorema Sia U un aperto in uno spazio di Hausdorff localmente compatto e sia K U un compatto. Allora esiste un insieme aperto V con chiusura compatta tale che: K V V U.

20 20 2. Funzionali lineari positivi Dimostrazione. x K, x, che è uno spazio localmente compatto, per cui x ha un intorno a chiusura compatta. Se facciamo variare x in K otteniamo un ricoprimento aperto di K. Dunque K è ricoperto da un unione finita di questi intorni. Allora K G aperto a chiusura compatta (l unione finita di tali intorni). Se U = la tesi è provata assumendo V = G, altrimenti poniamo C = U c. Per il Teorema ad ogni punto p C( K c ) corrisponde un insieme aperto W p tale che K W p e p W p. Ciò implica che {C G W p }, al variare di p in C, è una famiglia di insiemi compatti con intersezione vuota (perché p C, p W p ). Dunque per il Teorema esistono dei punti p 1,..., p n C tali che C G W p1... W pn =, e quindi l insieme V := G W p1 W pn ha le proprietà richieste perché V G W p1... W pn C c U. Definizione Data una funzione f : C con spazio topologico, si definisce supporto di f l insieme supp f := {x f (x) 0}. Indicheremo poi con C c () l insieme delle funzioni continue da in C il cui supporto è un insieme compatto. Notazione: K f significa che: - K è un sottoinsieme compatto di ; - f C c (); - 0 f (x) 1, x ed in particolare f (x) = 1, x K. f V significa che: - V è un aperto di ; - f C c (); - 0 f (x) 1, x e supp f V. K f V significa che valgono entrambe le cose. Teorema (Lemma di Uryson). Siano uno spazio di Hausdorff localmente compatto, V un aperto in e K V un compatto. Allora esiste una funzione f C c () tale che K f V. Equivalentemente, esiste f continua tale che χ K f χ V.

21 2.3 Preliminari Topologici 21 Osservazione È facile costruire funzioni semicontinue (superiormente o inferiormente) che soddisfano le condizioni, per esempio χ K e χ V. Dimostrazione del Teorema Poniamo r 1 = 0, r 2 = 1 e ordiniamo in una successione r 3, r 4, r 5,... i numeri razionali in (0, 1). Per il Teorema esistono due insiemi aperti V 0, V 1 tali che: K V 1 V 1 V 0 V 0 V. Supponiamo n 2 e V r1,..., V rn scelti in modo tale che r i < r j V rj V ri. Uno dei numeri r 1,..., r n, che chiamiamo r i, sarà il più grande dei numeri minori di r n+1, ed un altro, che chiamiamo r j, sarà il più piccolo dei maggiori di r n+1 (r i, r j sono ben definiti perché r 1 < r n+1 < r 2 ), quindi r i < r j. Applicando ancora il Teorema sarà possibile trovare un V rn+1 tale che V rj V rn+1 V rn+1 V rj. Continuando in questo modo si ottiene una collezione {V r } di insiemi aperti, uno per ogni razionale r [0, 1], dotata delle seguenti proprietà: K V 1, V 0 V, ogni V r è compatto e s > r V s V r. (2.1) Poniamo per definizione { r, se x V r f r (x) = 0, altrimenti e g s (x) = { 1, se x V s s, altrimenti, quindi f = sup r f r e g = inf s g s. Le osservazioni dopo la Definizione mostrano che f è semicontinua inferiormente e che g è semicontinua superiormente, ciò segue dal fatto che f r = rχ Vr, g s = χ Vs + sχ Vs c. È chiaro che 0 f 1, che f (x) = 1 se x K, e che supp f V 0. Completeremo la dimostrazione provando che f = g. (f g): La disuguaglianza f r (x) > g s (x) è possibile solo se r > s, x V r, ed x V s. Ma r > s V r V s V r V r V s V s che è una contraddizione. Quindi f r g s, r, s e dunque f g. (f g): Se f (x) < g (x) per qualche x, allora esistono dei numeri razionali r ed s tali che: f (x) < r < s < g (x) (semplicemente perché Q è denso in R). Ma da f (x) < r segue che x V r ed essendo g (x) > s si ha x V s. Poiché in base alla (2.1) si giunge ad una contraddizione, abbiamo che f (x) g (x), x.

22 22 2. Funzionali lineari positivi Teorema Siano V 1,..., V n sottoinsiemi aperti di uno spazio di Hausdorff localmente compatto. Sia K compatto e tale che K V 1... V n. Allora esistono delle funzioni h i V i, i = 1,..., n, tali che h 1 (x) h n (x) = 1, x K. Definizione La famiglia {h 1,..., h n } viene chiamata Partizione dell unità su K subordinata al ricoprimento {V 1,..., V n }. Dimostrazione. Per ogni x K, essendo K V 1... V n, x V i per un qualche i (che dipende da x). Siccome è localmente compatto esiste un intorno compatto K x di x tale che x K x V i. Allora per il Teorema esiste un intorno a chiusura compatta W x tale che K x W x W x V i. Quindi x K esiste un intorno a chiusura compatta W x tale che W x V i per un qualche i (dipendente da x). Il compatto K è ricoperto da questi W x e dunque esiste un numero finito di punti x 1,..., x m tali che W x1... W xm K. Sia H i, i = 1..., n, l unione di quei W xj (j {1,..., m}) che sono contenuti in V i. Per il Lemma di Urysohn (H i compatto V i aperto) esistono delle funzioni g i tali che H i g i V i, i. Poniamo per definizione: h 1 = g 1 h 2 = (1 g 1 ) g 2. h n = (1 g 1 ) (1 g 2 )... (1 g n 1 ) g n Risulta h i V i (perché 0 g i 1 e supp g i V i 0 h i 1 e supp h i V i ) e si verifica facilmente per induzione su n che: h h n = 1 (1 g 1 ) (1 g 2 )... (1 g n 1 ). Quindi, poiché K W x1... W xm = H 1... H n ed essendo H i g i per ogni x, allora dato x K si ha x H i per un certo i, quindi g i (x) = 1, da cui h h n = Funzionali Lineari Positivi A questo punto possiamo finalmente dedicarci all obiettivo del capitolo: enunciare e dimostrare il Teorema di rappresentazione di Riesz per i funzionali lineari positivi. Teorema Sia uno spazio di Hausdorff localmente compatto e sia Λ un funzionale

23 2.4 Funzionali Lineari Positivi 23 lineare e positivo, cioè tale che Λf 0 quando f è reale e 0, su C c (). Esiste allora una σ-algebra M in che contiene tutti gli insiemi di Borel in ed esiste un unica misura positiva µ su M che rappresenta Λ, nel senso che: (a) Λf = fdµ, f C c (). La misura µ è inoltre dotata delle seguenti proprietà: (b) µ (K) < +, K, K compatto; (c) E M si ha µ (E) = inf{µ (V ) E V, V aperto}; (d) Vale la relazione µ (E) = sup{µ (K) K E, K compatto}, (2.2) per ogni insieme aperto E e per ogni E M con µ (E) < + ; (e) Se E M, A E e µ (E) = 0, risulta A M. La proprietà (a) è naturalmente la più interessante. Definite M e µ, le proprietà da (b) a (d) verranno stabilite mentre dimostreremo che M è una σ-algebra e che µ è numerabilmente additiva. In tutta la dimostrazione le lettere K e V indicheranno rispettivamente un sottoinsieme compatto ed uno aperto di. Dimostrazione. Cominciamo col provare l unicità della misura µ: (Unicità): Se µ soddisfa (c) e (d) chiaramente è determinata, su M, dai valori che assume sugli insiemi compatti. Se quindi µ 1 e µ 2 sono due misure che soddisfano il teorema basta provare che: µ 1 (K) = µ 2 (K), K. Fissati K ed ε > 0, per (b) e (c) esiste un aperto V K tale che µ 1 (V ) < µ 2 (K) + ε, per il Lemma di Urysohn esiste una funzione f tale che k f V. Da ciò si ricava che µ 1 (K) = χ K dµ 1 fdµ 1 = Λf = fdµ 2 χ V dµ 2 = µ 2 (V ) < µ 2 (K) + ε. Dunque µ 1 (K) µ 2 (K) e scambiando i ruoli di µ 1 e µ 2 si ottiene µ 2 (K) µ 1 (K), cioè Perciò µ 1 = µ 2. µ 1 (K) = µ 2 (K), K.

24 24 2. Funzionali lineari positivi Osservazione Il calcolo precedente mostra che (a) (b) perché f C c () L 1 (µ) se f 1 su K, Λf = fdµ < + e Λf µ (K) µ (K) < +. Costruzione di µ e M: Per ogni insieme aperto V in definiamo: µ (V ) := sup{λf f V }. (2.3) Se V 1 V 2 la (2.3) implica chiaramente µ (V 1 ) µ (V 2 ). Ciò implica che se E è un aperto, allora: µ (E) = inf{µ (V ) E V, V aperto}. (2.4) Sia allora µ definita dalla (2.4). Come abbiamo appena visto questa definizione è compatibile con la (2.3). Si osservi inoltre che nonostante µ (E) sia stata definita E, l additività numerabile di µ sarà dimostrata soltanto su una certa σ-algebra M in. Sia M F la classe di quegli E tali che: - µ (E) < + ; - E soddisfa la (2.2). Sia M la classe di tutti gli E tali che E K M F compatto. Mostriamo che µ e M hanno le proprietà richieste. per ogni K Come primo passo ci concentriamo su M F. È evidente che µ è monotòna su M F, cioè che µ (A) µ (B), A, B M F tali che A B, ed anche che µ (E) = 0 implica E M F. Dimostrazione. Siano A, B tali che A B. Per ogni insieme aperto V contenente B abbiamo che V contiene anche A e dunque Quindi µ (V ) inf{µ ( V ) A V, V aperto } = µ (A). µ (A) inf{µ (V ) B V, V aperto } = µ (B). Dunque la monotonia vale per ogni E, in particolare su M. Sia ora µ (E) = 0, µ (E) = 0 < + ;

25 2.4 Funzionali Lineari Positivi 25 0 = µ (E) = inf{µ (V ) E V, V aperto}. Se proviamo che ciò è uguale a sup{µ (K) K E, K compatto} abbiamo finito: Poiché µ è monotòna, µ (K) µ (E) = 0, ogni K compatto E, e quindi K E. Allora µ (K) = 0 per sup{µ (K) K E, K compatto} = sup{0 K E, K compatto} = 0 = µ (E). C è di più: µ (E) = 0 implica anche E M. Dimostrazione. Sia K un compatto generico e consideriamo E K: E K E µ (E K) µ (E) = 0 < + ; Il punto precedente implica anche che µ (E K) = 0, quindi E K M F per quanto appena visto. Essendo soddisfatte entrambe le condizioni abbiamo che E M. Osservazione Con lo stesso procedimento si prova che vale la (e), mentre la (c) vale per definizione. La dimostrazione degli altri enunciati è piuttosto lunga, quindi la divideremo in passi successivi. Osservazione Se Λ è positiva allora è anche monotòna. Dimostrazione. Siano f e g due funzioni tali che f g, allora per linearità abbiamo che Λg = Λf + Λ (g f), dove Λ (g f) 0 perché g f 0, da cui la tesi. Se E 1, E 2,..., E n,... sono sottoinsiemi arbitrari di, risulta: µ ( i=1e i ) µ (E i ). (2.5) i=1 Dimostrazione della (2.5). Cominciamo col dimostrare che dati V 1, V 2 aperti allora vale: µ (V 1 V 2 ) µ (V 1 ) + µ (V 2 ). (2.6) Si scelga g V 1 V 2 (cioè g C c (), 0 g 1, supp g V 1 V 2 ) quindi supp g = K compatto V 1 V 2. Allora per il Teorema esistono h 1, h 2

26 26 2. Funzionali lineari positivi tali che h i V i, i = 1, 2 ed h 1 (x) + h 2 (x) = 1, x supp g. Ma allora h i g V i ed inoltre per ogni x supp g vale: cioè g = h 1 g + h 2 g, quindi: g (x) = (h 1 + h 2 ) (x) g (x) = (h 1 g + h 2 g) (x), Λg = Λ (h 1 g) + Λ (h 2 g) µ (V 1 ) + µ (V 2 ), (2.7) e ciò vale g V 1 V 2. Se ne deduce che anche la (2.6) è valida, perché µ (V 1 V 2 ) = sup{λg g V 1 V 2 } in quanto V 1 V 2 è aperto. Siamo ora in grado di provare la (2.5) nel caso generale. Se µ (E i ) = + per qualche i la tesi è banalmente vera (tutto è + ). Supponiamo quindi che µ (E i ) < + per ogni i e fissiamo ε > 0. Poiché per definizione µ (E i ) = inf{µ (V ) E i V, V aperto}, allora esistono degli insiemi aperti V i E i tali che: µ (V i ) < µ (E i ) + ε, i = 1, 2, i Poniamo V = i=1 V i e scegliamo f V. Poiché f ha supporto compatto, allora f V 1... V n per qualche n (perché K = supp f ricoperto da V 1, V 2..., quindi esiste un sottoricoprimento finito V i1,..., V im e quindi mi basta porre n := max j=1,...,m {i j }). Dunque, per induzione su n, usando la (2.6) e la (2.7), si ottiene che: Λf µ (V 1... V n ) µ (V 1 ) µ (V n ) µ (E i ) + ε. i=1 Poiché ciò vale per tutte le f tali che f V = i=1 V i i=1 E i, allora µ ( i=1e i ) µ (V ) = sup{λg g V } µ (E i ) + ε, i=1 e ciò lo riesco a fare per ogni ε > 0. Quindi µ ( i=1 E i) i=1 µ (E i) anche quando µ (E i ) < + per ogni i. Si ha che M F contiene ogni insieme compatto. (2.8) Osservazione Ciò implica l enunciato (b) del teorema. Dimostrazione della (2.8). Mostriamo che ogni compatto K soddisfa la (2.2), cioè che µ (K) = sup{µ ( K ) K K, K compatto}.

27 2.4 Funzionali Lineari Positivi 27 Siccome µ è monotona, se K è un sottoinsieme compatto di K, allora µ (K ) µ (K) e dunque vale la ( ). La ( ) segue dal fatto che K K perché questo fa sì che µ (K) compaia nell estremo superiore. Proviamo che per ogni insieme K compatto vale che µ (K) < +. Dato un insieme compatto K, allora esiste una funzione f tale che K f, per esempio, per il Lemma di Urysohn: preso un qualunque insieme aperto U di contenente K, allora esiste una funzione f tale che K f U (questa è una condizione molto più forte in realtà). Definiamo poi V = {x f (x) > 1 2 }, che è aperto perché f è continua. Ora, f K 1, quindi K V e se g V allora g < 2f, infatti ciò significa che su V vale 0 g 1, mentre 2f V > 1. Quindi µ (K) µ (V ) = sup{λg g V } Λ (2f). Proviamo ora che Λ (2f) < +. Λ è un funzionale su C c (), cioè Λ : C c () C, e dunque, data la nostra f reale positiva, C( R) Λ (2f) = Λ (2f), che è strettamente minore di + perché è il valore assoluto di un numero complesso. Questo conclude la dimostrazione. Abbiamo che Quindi, ogni insieme aperto soddisfa la (2.2). (2.9) M F contiene tutti gli aperti V con µ (V ) < +. (2.10) Dimostrazione della (2.9). Siano V un aperto ed α un numero reale tali che α < µ (V )(= sup{λf f V }). Allora esiste una funzione f V tale che α < Λf. Se W è un qualsiasi insieme aperto contenente K = supp f allora f W e quindi Λf µ (W ), dunque Λf µ (K) = inf{µ (W ) K W, W aperto}. Ciò mostra che esiste un compatto K V tale che α < µ (K) µ (V ). Abbiamo provato che per ogni α < µ (V ) esiste un insieme K compatto tale che α < µ (K) µ (V ), cioè che V soddisfa la (2.2). Questo conclude la dimostrazione. Se E = + i=1 E i dove gli E i sono elementi di M F disgiunti a due a due, risulta µ (E) = + i=1 µ (E i ) ; (2.11) se inoltre µ (E) < +, è anche E M F. (2.12) Dimostrazione. Mostriamo anzitutto che se K 1 e K 2 sono due insiemi compatti disgiunti, allora µ (K 1 K 2 ) = µ (K 1 ) + µ (K 2 ). (2.13)

28 28 2. Funzionali lineari positivi Fisso un ε > 0, per il Teorema (con K 1 = K e K2 c = U, cioè K U) esistono due insiemi aperti disgiunti V 1, V 2 tali che K i V i, i = 1, 2. Infatti il Teorema dice che esiste un aperto V 1 con chiusura compatta tale che K V 1 V 1 U, ovvero che K 1 V 1 V 1 K2 c. Quindi ponendo c V 2 := V 1 ( K2 ) le condizioni sono soddisfatte. Secondo la (2.4) esiste un insieme aperto W K 1 K 2 tale che µ (W ) < µ (K 1 K 2 ) + ε, mentre per la (2.3) esistono funzioni f i W V i (aperto perché intersezione di aperti) tali che Λf i > µ (W V i ) ε per i = 1, 2. Noto che f 1 + f 2 W in quanto supp (f 1 + f 2 ) supp f 1 supp f 2 W, ma i supporti delle due f i sono disgiunti, quindi 0 f 1 + f 2 1 in W. Poiché vale anche che K i W V i, risulta µ (K 1 ) + µ (K 2 ) µ (W V 1 ) + µ (W V 2 ) < Λf 1 + Λf 2 + 2ε = Λ (f 1 + f 2 ) + 2ε µ (W ) + 2ε < µ (K 1 K 2 ) + 3ε. Essendo ε arbitrario abbiamo provato che µ (K 1 ) + µ (K 2 ) µ (K 1 K 2 ). Dalla (2.5) segue invece la ( ), da cui la tesi. Torniamo ora alla parte centrale della dimostrazione, sia E = + i=1 E i dove gli E i sono elementi di M F disgiunti a due a due. Supponiamo che sia µ (E) = +. Grazie alla (2.5) abbiamo + = µ (E) = µ ( + i=1 E ) + i µ (E i ), e dunque + i=1 µ (E i) = + = µ (E). Supponiamo ora che sia µ (E) < + e fissiamo un ε > 0. Poiché ogni E i M F allora esistono degli insiemi compatti H i E i tali che i=1 µ (H i ) > µ (E i ) ε, i 1. 2i Ponendo K n := H 1... H n (unione disgiunta di compatti), dalla (2.13) otteniamo per induzione su n che µ (E) = µ ( + i=1 E i) µ (E1... E n ) µ (H 1... H n ) = µ (K n ) n n ( 1 = µ (H i ) > µ (E i ) ε ) 2 n i=1 i=1 n > µ (E i ) ε, i=1 e quindi, in particolare µ (K n ) > n µ (E i ) ε, n 1. (2.14) i=1

29 2.4 Funzionali Lineari Positivi 29 Poiché ciò vale per ogni ε > 0 allora µ (E) n i=1 µ (E i). La ( ) è un caso particolare della (2.5), da cui la (2.11). Inoltre, se µ (E) < + ed ε > 0, la (2.11) mostra che, per N opportuno, µ (E) N µ (E i ) + ε. i=1 La (2.14) invece implica che N µ (E i ) < µ (K N ) + ε, da cui µ (E) µ (K N ) + 2ε. i=1 Abbiamo provato che per ogni ε > 0 esiste un compatto K(:= K N ) tale che µ (E) 2ε µ (K) µ (E), quindi E soddisfa la (2.2), per cui E M F. Se E M F ed ε > 0 allora esistono un compatto K ed un aperto V tali che K E V e µ (V \ K) < ε. (2.15) Dimostrazione. Dalle due possibili scritture di µ (E) (la (2.2) e la (2.4)) sappiamo che esistono un compatto K E ed un aperto V E tali che µ (V ) ε 2 < µ (E) < µ (K) + ε 2. L insieme V \ K è aperto e µ (V \ K) µ (V ) < µ (E) + ε 2 < + perché E M F. Allora, per la (2.10), V \ K M F. Inoltre anche K M F per la (2.8). Quindi la (2.11) implica che µ (V \ K) + µ (K) = µ (V ) < µ (K) + ε, e dunque µ (V \ K) < ε, cioè la tesi. Se A M F e B M F allora anche A \ B, A B ed A B M F (2.16) Dimostrazione. Fissiamo ε > 0. Per il punto precedente esistono due insiemi K 1, K 2 compatti e due V 1, V 2 aperti tali che Poiché K 1 A V 1, K 2 B V 2 e µ (V i \ K i ) < ε, per i = 1, 2. A \ B V 1 \ B V 1 \ K 2 (V 1 \ K 1 ) (K 1 \ V 2 ) (V 2 \ K 2 ), per la (2.5) abbiamo µ (A \ B) µ (V 1 \ K 1 ) + µ (K 1 \ V 2 ) + µ (V 2 \ K 2 ) < 2ε + µ (K 1 \ V 2 ). A \ B = A B c e K 1 A, V c 2 Bc, per cui K 1 \ V 2 è un sottoinsieme compatto di A \ B. Da ciò segue che A \ B soddisfa la (2.2). Inoltre

30 30 2. Funzionali lineari positivi µ (A \ B) < + perché (A \ B) A e µ (A) < +. Quindi A \ B M F. Osserviamo che (A \ B) e B sono due elementi di M F che formano una partizione di A B e che per la (2.11) vale µ (A B) = µ (A \ B) + µ (B). Siccome µ (A \ B) e µ (B) sono entrambi < +, allora grazie alla (2.12) segue che A B M F. Infine, essendo A B = A \ (A \ B), entrambi in M F, anche A B M F. Mostriamo che M è una σ-algebra in contenente tutti gli insiemi di Borel. (2.17) Dimostrazione. Sia K un arbitrario compatto di. Sia A M, allora A c K = K \ (A K), entrambi appartenenti ad M F, quindi per la (2.16) vi appartiene e dunque A c M (cioè A M A c M). Sia A = + i=1 A i dove A i M, i 1. Pongo B 1 = A 1 K e B n = (A n K) \ (B 1... B n 1 ), n 2. Allora, in virtù della (2.16), {B n } è una successione di elementi di M F disgiunti a due a due ed A K = + i=1 B n, infatti A K = ( i 1 A i ) K = i 1 (A i K) = (A 1 K) (A 2 K)... = (A 1 K) [(A 2 K) \ (A 1 K)]... = B 1 B 2... = i 1 B i. Ne segue che, in base alla (2.12), A K M F in quanto unione di elementi a due a due disgiunti di M F e µ (A K) µ (K) < + perché K è compatto, quindi per la (2.8) appartiene a M F. Poiché K era generico ciò vuol dire che A M. Infine, se C è un chiuso, allora C K è compatto (ogni sottoinsieme chiuso di uno compatto è compatto), per cui dalla (2.8) segue che C K è un elemento di M F. Quindi C M. In particolare troviamo che M. Abbiamo così dimostrato che M è una σ-algebra in contenente tutti i sottoinsiemi chiusi di. Dunque M contiene tutti gli insiemi di Borel di. M F consiste esattamente di quegli insiemi E M tali che µ (E) < +. Equivalentemente M F = {E M µ (E) < + }. (2.18)

31 2.4 Funzionali Lineari Positivi 31 Osservazione Questo implica l asserto (d) del Teorema. Dimostrazione della (2.18). ( ): Sia E M F. Siccome la (2.8) dice che ogni compatto K sta in M F, allora, per la (2.16) abbiamo che E K M F perché entrambi vi appartengono. Quindi E M ed inoltre µ (E) < + per ipotesi perché E M F. ( ): Supponiamo che sia E M con µ (E) < + e fissiamo un ε > 0. Per la (2.4) esiste un aperto V tale che E V e µ (V ) < +. Quindi V, per la (2.10), appartiene a M F. La (2.8) e la (2.15) ci dicono che esiste un compatto K V con µ (V \ K) < ε. Infatti, siccome V è aperto, allora per la (2.9) soddisfa la (2.2) e poiché µ (V ) < +, per la (2.10) abbiamo che V M F. A questo punto la (2.15) ci dice che esistono un compatto K ed un aperto V tali che K V V e µ ( V \ K ) < ε, ma (V \ K) ( V \ K ) µ (V \ K) < ε. Poiché E K M F (E M) allora E K soddisfa la (2.2) e dunque esiste un compatto H E K tale che µ (E K) < µ (H) + ε. Notiamo che E (E K) (V \ K), infatti Per la (2.5) segue che E = E V = E [(V \ K) K] = (E K) [E (V \ K)] (E K) (V \ K). µ (E) µ ((E K) (V \ K)) µ (E K)+µ (V \ K) < µ (H)+2ε. Abbiamo così dimostrato che per ogni ε > 0 esiste un compatto H E (perché H E K) tale che µ (E) 2ε < µ (H) µ (E), cioè vale la (2.2) e siccome per ipotesi µ (E) < +, allora E M F. µ è una misura su M.

32 32 2. Funzionali lineari positivi Dimostrazione. Bisogna dimostrare l additività numerabile su M. Sia {A i } una famiglia numerabile di insiemi di M a due a due disgiunti, vogliamo provare che µ ( + i=1 A i ) + = µ (A i ). Innanzitutto la (2.17) implica che A = + i=1 A i M, mentre la (2.5) ci fornisce la ( ) perché ciò vale per tutti i sottoinsiemi di. Proviamo ora la ( ). Se fosse µ (A) = + allora la tesi sarebbe conseguenza della ( ). Supponiamo µ (A) < +. Siccome A i A per tutti gli i, allora µ (A i ) < +, i. Quindi gli A i sono insiemi di M tali che µ (A i ) < +. Allora per la (2.18) appartengono tutti a M F e dunque per la (2.11) µ (A) = + i=1 µ (A i). Inoltre, visto che µ (A) < +, la (2.12) garantisce anche che A M F. Per ogni funzione f C c () vale Λf = i=1 fdµ. (2.19) Questo prova (a) e completa la dimostrazione del Teorema. Per dimostrare la (2.19) abbiamo però bisogno di due definizioni. Definizione Data una misura positiva µ su uno spazio topologico definiamo L 1 (µ) := {f : C f è misurabile su e f dµ < + }. Osservazione All inizio del capitolo abbiamo definito l integrazione di funzioni positive (e f lo è). Definiremo l integrale di funzioni complesse rifacendoci a quello di funzioni positive. Definizione Se f = u + iv con u, v funzioni reali misurabili su e se f L 1 (µ), poniamo fdµ := u + dµ u dµ + i v + dµ i v dµ, dove con il + ed il abbiamo indicato, rispettivamente, la parte positiva e la parte negativa delle funzioni coinvolte. Osservazione La definizione è ben posta, infatti u +, u, v +, v sono tutte funzioni reali positve, inoltre u + u f che ha integrale finito su. Quindi tutti e quattro gli integrali sono finiti e dunque fdµ C.

33 2.4 Funzionali Lineari Positivi 33 Dimostrazione della (2.19). Per linearità basta provare l asserto solo per una funzione reale, infatti, data una funzione complessa f = u + iv, Λf = Λ (u + iv) = Λu + iλv = Λ ( u + u ) + iλ ( v + v ) = Λu + Λu + iλv + iλv = u + dµ u dµ + i v + dµ i v dµ = fdµ. Inoltre è sufficiente dimostrare che Λf fdµ perché una volta provato ciò l uguaglianza segue dalla linearità di Λ: Λf = Λ ( f) ( f) dµ = fdµ, da cui Λf fdµ e dunque l uguaglianza. Sia allora K = suppf, con f C c (), f reale. K è compatto ed f è continua, dunque f (K) è compatto e quindi limitato. Sia [a, b] un intervallo in R contenente f () (questo intervallo esiste perché f () = f (K) {0}). Scegliamo un ε > 0 e degli y i R, i = 0, 1,..., n, tali che valgano entrambe le condizioni y i y i 1 < ε, i > 0 ed y 0 < a < y 1 <... < y n = b. Per ogni i = 1,..., n, poniamo E i = {x y i 1 < f (x) y i } K. Poiché f è continua, essa è misurabile secondo Borel, perciò gli E i sono insiemi di Borel disgiunti la cui unione è K (perché f (K) f () [a, b] (y 0, b]). Siccome ogni E i è sottoinsieme di allora, per la (2.4), esistono degli insiemi aperti V i E i tali che µ (V i ) < µ (E i ) + ε, i = 1,..., n, (2.20) n ed f (x) < y i + ε, x V i, i = 1,..., n. (2.21) La (2.21) deriva dal fatto che f è continua e che su E i è y i. Questo vuol dire che se ci si allontana di poco da E i il valore di f potrà salire sopra y i, ma dovrà farlo con continuità. Quindi dopo aver scelto V i in modo che valga la (2.20), si può eventualmente rimpicciolirlo per far sì che valga anche la (2.21). Per il Teorema esistono dunque delle funzioni h i V i tali che n h i = 1 su K i=1 (perché n i=1 V i n i=1e i = K). Allora f = h i f (perché fuori da K si ha f = 0). Sia ora x E i. Si ha E i V i f (x) < y i + ε h i (x) f (x) < h i (x) (y i + ε),

34 34 2. Funzionali lineari positivi e { y i 1 < f (x) y i y i y i 1 < ε = y i ε < f (x). Dunque, su E i vale sia h i (x) f (x) < h i (x) (y i + ε) che y i ε < f (x). Allora risulta Λf = n Λ (h i f) i=1 n (y i + ε) Λh i i=1 n (y i + ε) µ (V i ) i=1 n (y i + ε) µ (E i ) + i=1 n (y i + ε) ε n. Aggiungendo e togliendo 2εµ (E i ) nella prima sommatoria ottengo dove, n (y i ε) µ (E i ) + i=1 i=1 n 2εµ (E i ) + i=1 n (y i + ε) ε n, i=1 n (y i + ε) ε n n (b + ε) ε = (b + ε) ε, n i=1 i=1 n 2εµ (E i ) = 2εµ ( n i=1e i ) = 2εµ (K). i=1 In definitiva abbiamo Λf n (y i ε) µ (E i ) + 2εµ (K) + (b + ε) ε. i=1 Siccome (y i ε) µ (E i ) rappresenta il calcolo dell integrale su E i della funzione (y i ε) χ Ei e siccome y i ε < f Ei, si ha (y i ε) µ (E i ) E i fdµ. Da ciò otteniamo n Λf fdµ + ε [2µ (K) + (b + ε)] = fdµ + ε [2µ (K) + (b + ε)]. E i i=1 Data l arbitrarietà di ε > 0 abbiamo quindi provato che Λf fdµ. Questo conclude la dimostrazione della (2.19). La dimostrazione del Teorema è terminata.

35 Capitolo 3 Funzionali lineari limitati 3.1 Definizioni In questo capitolo definiremo il concetto di integrazione rispetto ad una misura complessa, del quale avremo bisogno per dare l enunciato del Teorema di Rappresentazione di Riesz per i funzionali lineari limitati sullo spazio delle funzioni continue che si annullano all infinito. Iniziamo la trattazione introducendo alcune definizioni ed alcuni concetti. Sia M una σ-algebra in un insieme. Definizione Chiameremo partizione di E M una famiglia numerabile {E i } i 1 di elementi di M tali che E i E j =, i j; E = i 1 E i. Una misura complessa µ su M è una funzione complessa su M tale che µ (E) = per ogni partizione {E i } i 1 di E. + i=1 µ (E i ), (3.1) Osservazione µ : M C implica µ (E) < + per ogni E M. Quindi la serie (3.1) deve convergere (mentre per le misure positive ciò non accade). Osservazione Ogni riordinamento della (3.1) deve ancora convergere perché l unione di tutti gli E i non cambia permutando gli indici. Questo comporta che la serie converge assolutamente. Problema: Trovare una misura positiva λ che domini una misura complessa µ su M, nel senso che µ (E) λ (E), E M, cercando di mantenere λ 35

36 36 3. Funzionali lineari limitati la più piccola possibile. Ogni soluzione del nostro problema, ammettendo che ne esista una, dovrà perciò soddisfare la condizione λ (E) = + i=1 λ (E i ) + i=1 µ (E i ), per ogni partizione {E i } di qualsiasi insieme E M. Cosicché λ (E) + sup {E i } partizione di E i=1 µ (E i ). (3.2) Osservazione Si sa che per ogni partizione {E i } vale µ (E) = + i=1 µ (E i) e che quindi, date due partizioni {E i } ed {E j }, se µ è una misura complessa, il risultato è sempre lo stesso: + i=1 µ (E i ) = + j=1 µ ( E j). Grazie all Osservazione sappiamo anche che + i=1 µ (E i) < + per ogni partizione {E i }, ma stavolta non è detto che le serie dei valori assoluti convergano sempre allo stesso valore perché su queste non si hanno condizioni. È per questo motivo che usiamo il nella (3.2). Questo porta a definire una funzione di insieme µ su M Definizione Per ogni E M definiamo + µ (E) := sup {E i } partizione di E i=1 µ (E i ) la (misura) variazione totale di µ. A volte il termine variazione totale di µ viene utilizzato per indicare il numero µ (). Osservazione sup µ (E i ) = µ (E) µ (E) = µ (E i ). Proposizione La variazione totale µ di una misura complessa µ su M è una misura positiva su M. Questo significa che il nostro problema ha sempre soluzione. Chiaramente µ è la soluzione minimale, cioè ogni altra soluzione λ è tale che λ (E) µ (E), per ogni insieme E M. Dimostrazione. Dobbiamo provare che µ è numerabilmente additiva, cioè che per ogni insieme E M e per ogni sua partizione {E i } i 1 vale µ (E i ) = µ (E). i 1

37 3.1 Definizioni 37 ( ): Sia {t i } i 1 una famiglia di numeri reali tali che t i < µ (E i ), i 1. Per definizione di µ e quindi di estremo superiore, ogni E i ha una partizione {A ij } j 1 tale che µ (E i ) µ (A ij ) > t i. j 1 Poiché {A ij } i,j 1 è una partizione di E, ne segue che t i < µ (A ij ) µ (E). (3.3) i 1 i,j 1 Passando all estremo superiore su tutte le possibili scelte di {t i } i 1 nel primo membro della (3.3), ottengo che il secondo membro diventa esattamente µ (E i ). Quindi si vede che cioè vale la ( ). µ (E i ) µ (E), i 1 ( ): Per dimostrare la disuguaglianza opposta, sia {A j } j 1 un altra partizione di E. Per ogni j fissato {A j E i } i 1 è una partizione di A j e viceversa: per ogni i fissato {A j E i } j 1 è una partizione di E i. Quindi µ (A j ) = µ (A j E i ) j 1 j 1 i 1 µ (A j E i ) j 1 i 1 = µ (A j E i ) µ (E i ). i 1 j 1 i 1 Poiché ciò vale per ogni partizione {A j } j 1 di E otteniamo che cioè vale la ( ). µ (E i ) µ (E), (3.4) i 1 Osservazione Se µ è una misura positiva allora µ = µ. Un altra proprietà importante ed insospettata è la seguente:

38 38 3. Funzionali lineari limitati Proposizione Se µ è una misura complessa su, allora µ () < +. Ma allora per ogni insieme E M vale che µ (E) µ (E) µ () < +. Dunque ogni misura complessa µ su una qualsiasi σ-algebra è limitata: µ (M) C e di fatto µ (M) è contenuto in qualche disco di raggio finito. Questa proprietà viene talvolta espressa dicendo che µ è a variazione limitata. Per dimostrarla faremo uso di un lemma: Lemma Se z 1,..., z n sono numeri complessi allora esiste un sottoinsieme S di {1,..., n} tale che z j 1 n z j.. 6 j S Dimostrazione. Poniamo w = z z n. Il piano complesso è l unione di quattro quadranti chiusi e limitati dalle rette y = ±x. Almeno uno di questi quadranti ha la proprietà che la somma dei z j, fatta sugli z j che vi appartengono, è almeno w/4. Infatti, se per tutti e quattro fosse minore di w/4, si avrebbe j=1 w = z z n < 4 w 4 = w, che è assurdo. Equivalentemente, chiamando Q questo quadrante (ruotando e per passaggio all opposto si può fare l ipotesi non restrittiva che esso sia quello definito da y x), abbiamo che z j Q z j w 4. Per z Q, detto θ è l angolo compreso fra l asse delle ordinate e la semiretta passante per z ed uscente dall origine, si ha 1 2 cos θ 1. Questo perché z Q, cioè 0 θ π 4 e dunque 1 2 cos θ 1. Quindi per z Q abbiamo Re (z) = z cos θ z. 2 Se S è l insieme di tutti i j per i quali z j Q, ne segue che z j Rez j 1 z j w j S w 6. j S j S

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