Oncologica. di Ematologia. Linfomi aggressivi NEL PROSSIMO NUMERO

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1 ISSN Editor in chief Giorgio Lambertenghi Deliliers Anno 8 Numero Seminari di Ematologia Oncologica NEL PROSSIMO NUMERO CELLULE STAMINALI Biologia e medicina rigenerativa Plasticità delle staminali neurali Staminali e rigenerazione cardiaca Staminali e malattie autoimmuni Terapie cellulari nei tumori solidi Linfomi aggressivi EDIZIONI INTERNAZIONALI srl Edizioni Medico Scientifiche - Pavia

2 Linfomi aggressivi Meccanismi patogenetici 5 MARCO FANGAZIO, SILVIA RASI, ALESSIO BRUSCAGGIN, DAVIDE ROSSI, GIANLUCA GAIDANO Linfomi non Hodgkin a grandi cellule 17 ANNALISA CHIAPPELLA, DAVIDE ROSSI, UMBERTO VITOLO Linfoma mantellare 29 MARCO LADETTO, SIMONE FERRERO, SARA BARBIERO Linfoma linfoblastico dell adulto 47 STEFANO LUMINARI, ALESSANDRA DONDI, GINO SANTINI Vol. 8 - n Editor in Chief Giorgio Lambertenghi Deliliers Fondazione IRCCS Ca Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano Editorial Board Sergio Amadori Università degli Studi Tor Vergata, Roma Mario Boccadoro Università degli Studi, Torino Alberto Bosi Università degli Studi, Firenze Federico Caligaris Cappio Università Vita e Salute, Istituto San Raffaele, Milano Antonio Cuneo Università degli Studi, Ferrara Marco Gobbi Università degli Studi, Genova Fabrizio Pane Università degli Studi, Napoli Mario Petrini Università degli Studi, Pisa Giovanni Pizzolo Università degli Studi, Verona Giorgina Specchia Università degli Studi, Bari Direttore Responsabile Paolo E. Zoncada Registrazione Trib. di Milano n. 532 del 6 settembre 2007 Linfomi non Hodgkin T/NK 61 ANNALISA PELI, GIUSEPPE ROSSI Edizioni Internazionali srl Divisione EDIMES Edizioni Medico-Scientifiche - Pavia Via Riviera, Pavia Tel r.a. - Fax edint.edimes@tin.it

3 2 Periodicità Quadrimestrale Scopi Seminari di Ematologia Oncologica è un periodico di aggiornamento che nasce come servizio per i medici con l intenzione di rendere più facilmente e rapidamente disponibili in formazioni su argomenti pertinenti l ematologia oncologica. Lo scopo della rivista è quello di as sistere il lettore fornendogli in maniera esaustiva: a) opinioni di esperti qualificati sui più recenti progressi in forma chiara, aggiornata e concisa; b) revisioni critiche di argomenti di grande rilevanza pertinenti gli interessi culturali degli specialisti interessati; NORME REDAZIONALI 1) Il testo dell articolo deve essere editato utilizzando il programma Microsoft Word per Windows o Macintosh. Agli AA. è riservata la correzione ed il rinvio (entro e non oltre 5 gg. dal ricevimento) delle sole prime bozze del lavoro. 2) L Autore è tenuto ad ottenere l autorizzazione di «Copyright» qualora riproduca nel testo tabelle, figure, microfotografie od altro materiale iconografico già pubblicato altrove. Tale materiale illustrativo dovrà essere riprodotto con la dicitura «per concessione di» seguito dalla citazione della fonte di provenienza. 3) Il manoscritto dovrebbe seguire nelle linee generali la seguente traccia: Titolo Conciso, ma informativo ed esauriente. Nome, Cognome degli AA., Istituzione di appartenenza senza abbreviazioni. Nome, Cognome, Foto a colori, Indirizzo, Telefono, Fax, del 1 Autore cui andrà indirizzata la corrispondenza. Introduzione Concisa ed essenziale, comunque tale da rendere in maniera chiara ed esaustiva lo scopo dell articolo. Parole chiave Si richiedono 3/5 parole. Corpo dell articolo Il contenuto non deve essere inferiore alle 30 cartelle dattiloscritte (2.000 battute cad.) compresa la bibliografia e dovrà rendere lo stato dell arte aggiornato dell argomento trattato. L articolo deve essere corredato di illustrazioni/fotografie, possibilmente a colori, in file ad alta risoluzione (salvati in formato.tif,.eps,.jpg). Le citazioni bibliografiche nel testo devono essere essenziali, ma aggiornate (non con i nomi degli AA. ma con la numerazione corrispondente alle voci della bibliografia), dovranno essere numerate con il numero arabo (1) secondo l ordine di comparsa nel testo e comunque in numero non superiore a Seminari di Ematologia Oncologica Periodico di aggiornamento sulla clinica e terapia delle emopatie neoplastiche Bibliografia Per lo stile nella stesura seguire le seguenti indicazioni o consultare il sito International Committee of Medical Journal Editors Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Journals: Sample References. Es. 1 - Articolo standard 1. Bianchi AG, Rossi EV. Immunologic effect of donor lymphocytes in bone marrow transplantation. N Engl J Med. 2004; 232: Es. 2 - Articolo con più di 6 autori (dopo il 6 autore et al.) 1. Bianchi AG, Rossi EV, Rose ME, Huerbin MB, Melick J, Marion DW, et al. Immunologic effect of donor lymphocytes in bone marrow transplantation. N Engl J Med. 2004; 232: Es. 3 - Letter 1. Bianchi AG, Rossi AV. Immunologic effect of donor lymphocytes [Letter]. N Engl J Med. 2004; 232: Es. 4 - Capitoli di libri 1. Bianchi AG, Rossi AV. Immunologic effect of donor lymphocytes. In: Caplan RS, Vigna AB, editors. Immunology. Milano: MacGraw-Hill; 2002; p Es. 5 - Abstract congressi (non più di 6 autori) 1. Bianchi AG, Rossi AV. Immunologic effect of donor lymphocytes in bone marrow transplantation [Abstract]. Haematologica. 2002; 19: (Suppl. 1): S178. Ringraziamenti Riguarda persone e/o gruppi che, pur non avendo dignità di AA., meritano comunque di essere citati per il loro apporto alla realizzazione dell articolo. Edizioni Internazionali Srl Divisione EDIMES EDIZIONI MEDICO SCIENTIFICHE - PAVIA Via Riviera, Pavia Tel r.a. Fax edint.edimes@tin.it

4 3 Editoriale GIORGIO LAMBERTENGHI DELILIERS Fondazione IRCCS Ca Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano Le neoplasie del tessuto linfatico comprendono un largo spettro di forme che, anche se simili sul piano morfologico, presentano aspetti clinici differenti. Pertanto, sul piano pratico, è utile distinguere linfomi maligni indolenti e aggressivi sulla base della sintomatologia alla diagnosi e dell aspettativa di vita, se il paziente non viene trattato. Seminari di Ematologia Oncologica dedica questo primo numero del 2011 ai linfomi aggressivi la cui classificazione si basa attualmente su criteri multidisciplinari, integrati dalla identificazione di specifiche lesioni molecolari che hanno consentito di chiarire il processo di linfomagenesi. Quest ultimo è riconducibile ad un processo multifasico che nasce da lesioni ai proto-oncogeni ed ai geni onco-soppressori, e viene, poi, ulteriormente sostenuto dalla formazione di proteine di fusione. Un ruolo fondamentale sembra avere anche il microambiente che, attraverso meccanismi ancora in gran parte sconosciuti, favorisce lo sviluppo del processo neoplastico. Queste ricerche stanno avendo un significativo impatto clinico per la valutazione della malattia minima residua e la formulazione di nuovi modelli prognostici, rivolti alla ottimizzazione delle strategie terapeutiche. Un esempio significativo di integrazione tra biologia e clinica sono i linfomi a grandi cellule dove gli studi di espressione genica hanno permesso di riconoscere due sottogruppi di pazienti a prognosi differente. Grazie a questa ricerca traslazionale sono stati chiariti anche alcuni aspetti della patogenesi del linfoma mantellare, dove è stata identificata una signature propria, indipendentemente dalla iperespressione di ciclina D1. Viceversa nei linfomi T sistemici e nel linfoma linfoblastico, sia per la loro eterogeneità biologica, sia per la relativa rarità delle casistiche, gli studi sono attualmente in corso e i risultati preliminari.

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6 5 Meccanismi patogenetici MARCO FANGAZIO, SILVIA RASI, ALESSIO BRUSCAGGIN, DAVIDE ROSSI, GIANLUCA GAIDANO Divisione di Ematologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro e Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità, Novara Gianluca Gaidano n INTRODUZIONE La classificazione dei linfomi aggressivi si è evoluta nel corso degli anni e da un approccio esclusivamente morfologico si è passati alla odierna classificazione WHO (World Health Organization), che identifica entità cliniche definite in base a criteri multidisciplinari, in grado di combinare dati clinici, morfologici, istologici, immunofenotipici e genetici. Tuttavia, anche nell ambito delle categorie nosologiche dei linfomi non-hodgkin aggressivi identificate dalla classificazione WHO, vi è la presenza di un estrema eterogeneità sia per quanto riguarda la risposta al trattamento somministrato sia per quanto riguarda la sopravvivenza dei pazienti. Deriva quindi la necessità di perseguire la ricerca di nuovi marcatori molecolari che consentano l identificazione di sottogruppi di pazienti che possano beneficiare di approcci terapeutici differenziati. Ad oggi sono state identificate numerose alterazioni genetiche, che hanno permesso di chiarire la patogenesi della malattia. Parole chiave: linfomi aggressivi, patogenesi molecolare, marcatori biologici. Indirizzo per la corrispondenza Prof. Gianluca Gaidano Divisione di Ematologia Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro Via Solaroli, Novara gaidano@med.unipmn.it Classicamente, la patogenesi dei linfomi non- Hodgkin aggressivi è riconducibile ad un processo multifasico in cui l insorgenza in una cellula di una particolare alterazione genetica predispone la cellula stessa all insorgenza di altre alterazioni genetiche. Queste alterazioni sono per lo più rappresentate da lesioni molecolari che apportano danni a proto-oncogeni e geni onco-soppressori. Nell ambito delle lesioni molecolari dei protooncogeni, il principale meccanismo di deregolazione è rappresentato dalla traslocazione cromosomica. Mediante questo meccanismo, il protooncogene può essere allontanato dalle proprie strutture regolatorie ed essere posto sotto nuovi elementi di controllo, che ne determinano la deregolazione della espressione. Alternativamente, la traslocazione cromosomica può determinare la formazione di un trascritto di fusione, derivante dalla fusione dei due geni coinvolti nella rottura cromosomica. I proto-oncogeni attivati dalla formazione di proteine di fusione generano proteine chimeriche che mostrano nuove proprietà biologiche in grado di sostenere il processo di linfomagenesi. Solitamente, l inattivazione bi-allelica di geni onco-soppressori avviene per mutazione inattivante di un allele e delezione dell altro allele, secondo un processo multifasico. In una minoranza di casi, invece, l inattivazione bi-allelica è causata da una doppia mutazione su entrambi gli alleli o è sostenuta da una delezione in omozigosi del gene. Un meccanismo di acquisizione di mutazioni tipico dei linfomi è caratterizzato dalla ipermutazione somatica, che fisiologicamente riguarda i geni

7 6 Seminari di Ematologia Oncologica delle immunoglobuline, ma può estendersi in maniera aberrante (ipermutazione somatica aberrante) anche ad altri geni. Inoltre, l inattivazione dei geni onco-soppressori può avvenire anche mediante il meccanismo di metilazione delle regioni regolatorie del gene, che ne determinano una ridotta espressione. In questa rassegna, saranno considerati dal punto di vista patogenetico i seguenti linfomi aggressivi: 1. linfoma diffuso a grandi cellule B (Diffuse Large B Cell Lymphoma, DLBCL); 2. linfoma mantellare (Mantle Cell Lymphoma, MCL); 3. linfoma a cellule T periferiche (Peripheral T-cell Lymphoma, PTCL); 4. linfomi aggressivi dell ospite immunodeficiente. Ampio spazio nella trattazione sarà dedicato al DLBCL, data la rilevanza epidemiologica di questo tipo di linfoma. n PATOGENESI MOLECOLARE DEL LINFOMA DIFFUSO A GRANDI CELLULE B A livello mondiale, i linfomi rappresentano la quinta neoplasia più diffusa: in particolare, il DLBCL è la variante più frequente e rappresenta il più comune linfoma aggressivo (1). I dati del Registro della Fondazione Italiana Linfomi (FIL) dimostrano che il DLBCL rappresenta in Italia circa il 40% delle nuove diagnosi di linfoma. La prevalenza del DLBCL è maggiore nel sesso maschile, e l età mediana alla diagnosi è intorno alla sesta decade di vita (1, 2). Il DLBCL si presenta morfologicamente in modo eterogeneo, e la classificazione nel corso degli anni è stata progressivamente affinata. Secondo la classificazione della WHO, il DLBCL è definito come una neoplasia delle cellule B mature, caratterizzate da un profilo di proliferazione diffusa e da una dimensione nucleare maggiore o uguale a quella dei normali macrofagi o più di due volte quella di un normale linfocita (1). Ad oggi, si riconoscono tre varianti morfologiche più comuni: centroblastico, immunoblastico e anaplastico. Il DLBCL può insorgere de novo o rappresentare la progressione/trasformazione di un precedente linfoma indolente. Nella metà dei casi di evoluzione da linfoma indolente, i DLBCL trasformati evolvono da un precedente linfoma follicolare; in altri casi, originano da una precedente leucemia linfatica cronica/linfoma a piccoli linfociti, prendendo così l eponimo di sindrome di Richter. Nonostante questa evidenza, ad oggi non è possibile definire con certezza se esista un comune percorso molecolare alla base della trasformazione in DLBCL a partire da tutte queste differenti condizioni cliniche, oppure se la trasformazione da un disordine linfoproliferativo B indolente ad uno aggressivo segua strade diverse a seconda del tipo iniziale di malattia. Tra i fattori di rischio noti per lo sviluppo di un DLBCL, vi sono le condizioni di immunodeficienza, tra cui l infezione da virus dell immunodeficienza umana (HIV), il trapianto d organo solido e le terapie immunosoppressive prolungate. La caratterizzazione immunofenotipica del DLBCL mostra l'espressione di marcatori della linea B, quali CD19, CD20, CD22 e CD79a, mentre l espressione del CD30 è tipica delle varianti anaplastiche (1, 3). Nel 50-75% dei casi, si può riscontrare l'espressione delle immunoglobuline di superficie e/o citoplasmatiche, e nel 10% dei casi dell antigene CD5 (1). L espressione di bcl-2 è eterogenea nelle diverse casistiche (25-80%). L espressione di bcl-6 si riscontra nel 70% dei casi circa, ed è consistente con l origine dal centro germinativo del linfonodo (1, 3, 4). Dal punto di vista clinico, il DLBCL è una malattia a decorso aggressivo, con possibilità di interessamento di sedi linfonodali e/o extranodali. Le sedi nodali interessate con maggiore frequenza sono le sedi laterocervicali e sovraclaveari. I linfonodi sedi di malattia hanno diametro variabile e possono raggiungere dimensioni superiori ai dieci centimetri; qualora questa soglia venga superata, l adenopatia viene definita bulky (5). Eterogeneità molecolare Dal punto di vista puramente istologico, non è possibile rendere conto della eterogeneità del DLBCL. Il processo di trasformazione maligna è differente a seconda del sottotipo molecolare considerato, e ad anomalie genetiche differenti corrispondono differenze nella presentazione clinica,

8 Meccanismi patogenetici 7 nei tassi di guarigione dopo chemioterapia, e nella potenziale responsività a target therapies. Per definire l eterogeneità istogenetica del DLBCL, è stato utilizzato lo studio del profilo di espressione genica (GEP). Tale approccio ha permesso di suddividere i DLBCL in due sottogruppi principali: germinal center B-like (GCB-like), a indicare un origine dal centro germinativo, e activated B cell-like (ABC-like) a indicare un origine da linfociti post-centro germinativo (7, 8). Il sottogruppo GCB-like si caratterizza per elevati livelli di espressione di LMO2, BCL6, CD10, CD38 e A- myb, tutti marcatori tipici delle cellule del centro germinativo (4, 7). Nel sottogruppo ABC-like, si ritrova invece principalmente l espressione di XBP1 (regolatore della secrezione immunoglobulinica) (9, 10) FLIP, e BCL2. L attivazione costitutiva della via di NF-κB induce i linfomi ABC-like ad esprimere il fattore di trascrizione IRF4 (MUM1/LSIRF), e questo potrebbe indurne, almeno parzialmente, la differenziazione immunoblastica (11, 12). È importante osservare, comunque, che i linfomi ABC-like frequentemente acquisiscono lesioni genetiche che inattivano BLIMP-1, bloccando così la differenziazione del clone neoplastico a plasmacellula (7, 14-18). Altri studi di gene expression profiling hanno suddiviso i DLBCL secondo altri profili di espressione genica delineando tre gruppi distinti: 1. Oxidative phosphorylation (Ox Phos); 2. B-cell receptor/proliferation (BCR); 3. Host Response (HR) (19). Il primo gruppo presenta aumentati livelli di espressione di geni associati alla fosforilazione ossidativa, alla funzione mitocondriale, ed al trasporto degli elettroni (19). Si tratta principalmente di DLBCL caratterizzati da lesioni genetiche coinvolgenti i membri della famiglia di BCL2. Il secondo gruppo, presenta invece un aumentata espressione di geni coinvolti nel signaling del recettore delle cellule B, nella proliferazione e replicazione cellulare, nel riparo del DNA e coinvolge anche fattori di trascrizione specifici della cellula B, tra cui BCL-6 (19). In ultimo, il sottogruppo HR presenta un elevata espressione di geni associati ai pathways delle cellule T e geni correlati alla risposta immune/infiammatoria (19). Meccanismi di lesione molecolare Durante la normale maturazione dei linfociti B, due distinte modificazioni del DNA alterano il recettore delle cellule B: l ipermutazione somatica e la class switch recombination. Entrambi questi meccanismi richiedono l intervento dell enzima activation-induced cytidine deaminase (AID) (20). La class switch recombination cambia la classe della catena pesante delle immunoglobuline da IgM a IgG, IgA o IgE, mentre l ipermutazione somatica agisce modificando la regione variabile delle immunoglobuline, creando una popolazione di cellule B con affinità aumentata (o ridotta) per un particolare antigene. Queste modificazioni genetiche sono essenziali per una risposta immune normale, ma sono anche una fonte di danno al DNA che può diventare patologico, o meglio patogenetico, nei linfomi. L enzima AID gioca numerosi ruoli nella linfomagenesi. È stato ben dimostrato in modelli murini che lo sviluppo del DLBCL richiede AID (21), e d altra parte la sovraespressione di AID è all origine dello sviluppo di linfomi a cellule B in modelli transgenici (22-25). I DLBCL accumulano mutazioni AID-dipendenti in molti geni, inclusi gli oncogeni c-myc, RhoH/TTF, PAX5, e PIM1 (26). Queste mutazioni possono accumularsi per un difetto nel meccanismo di riparazione del danno al DNA e/o per selezione di cellule che portano mutazioni oncogenetiche (24). La class switch recombination, che è mediata da AID, introduce rotture della doppia elica del DNA nelle regioni di ricombinazione dei geni che codificano per le catene pesanti delle immunoglobuline. Queste, quindi, possono determinare traslocazioni con il gene c-myc e rotture all interno del locus c-myc (27-32). Il sottotipo ABC-like di DLBCL non solo ha livelli estremamente elevati di AID, ma subisce anche una class switch recombination aberrante in cui le regioni di ricombinazione dei geni codificanti per le catene pesanti delle immunoglobuline sostengono delezioni, inserzioni, e mutazioni senza partecipare ad un evento di class switch fisiologico (31). I normali meccanismi della ricombinazione VDJ delle catene immunoglobuliniche, della ipermutazione somatica, e della class switch recombination possono alterare il genoma dei linfomi, cre-

9 8 Seminari di Ematologia Oncologica ando in questo modo il potenziale per traslocazioni in cui, conseguentemente alle rotture del DNA, i loci genici delle immunoglobuline, o di altri geni costitutivamente espressi nelle cellule B del centro germinativo, forniscono sequenze regolatorie che causano la deregolazione trascrizionale dei proto-oncogeni ad esse giustapposti a seguito della traslocazione cromosomica (33). Nel contesto del DLBCL, le traslocazioni di BCL6 sono un valido esempio di quanto appena affermato. Queste traslocazioni avvengono in una significativa proporzione di DLBCL (prevalentemente nel sottotipo ABC-like, e in minor proporzione nel sottotipo GCB-like) e pongono il gene BCL6 sotto il controllo del promotore dei geni immunoglobulinici o di altri geni normalmente espressi nelle cellule B del centro germinativo. Altri meccanismi di lesione molecolare nel DLBCL sono rappresentati da mutazioni puntiformi che attivano proto-oncogeni o inattivano geni oncosoppressori. Molteplici geni sono colpiti da questo meccanismo mutazionale. Del tutto recentemente, una nuova classe di geni, rappresentata da acetiltransferasi, si è rivelata essere frequentemente inattivata tramite mutazioni puntiformi (34). DLBCL GCB-like e ABC-like: aspetti fenotipici e vie oncogenetiche Oltre che per eterogeneità morfologica, il DLBCL si caratterizza anche per eterogeneità fenotipica e, come già riportato per gli studi di espressione genica, l espressione di specifici marcatori rivela una diversa istogenesi delle cellule linfomatose. È stato delineato un modello fenotipico basato sull analisi di tre marcatori immunoistochimici: CD10 e BCL6, che fisiologicamente identificano le cellule B appartenenti al centro germinativo, e IRF4 che invece è comunemente espresso nelle cellule maturate oltre il centro germinativo (35, 36). Utilizzando un algoritmo basato sulla diversa espressione di tali marcatori, è possibile identificare i due sottogruppi di DLBCL riconosciuti dal GEP: 1. fenotipo tipico delle cellule del centro germinativo (CD10 + /BCL-6 +/- /IRF4 +/- o CD10 - /BCL- 6 + /IRF4 - ), corrispondenti alla categoria GCBlike identificata dagli studi di gene expression profiling; 2. fenotipo non-centro germinativo (CD10 - /BCL-6 - /IRF4 +/- o CD10 - /Bcl-6 + /IRF4 + ), corrispondenti alla categoria ABC-like identificata dagli studi di gene expression profiling (35, 36) (Figura 1). Dal punto di vista patogenetico, i due sottogruppi istogenetici di DLBCL identificati in base a GEP e immunofenotipo sono caratterizzati da lesioni molecolari differenti. Nel sottogruppo GCB-like, si riscontrano traslocazioni coinvolgenti BCL2, delezioni a carico del gene oncosoppressore PTEN, amplificazioni di microrna (mir che reprimono l espressione di PTEN), e mutazioni puntiformi del gene EZH2, che codifica per un enzima coinvolto nella metilazione istonica (18, 37, 38). Del tutto recentemente, è stato dimostrato come l inattivazione di CREBBP/EP300 sia associata allo sviluppo di DLBCL GCB-like e, inoltre, di una frazione di linfomi follicolari (34). Dall osservazione che le lesioni riscontrate a livello di CREBBP/EP300 avvengono nella maggior parte dei casi in condizione di eterozigosi, si deduce l aploinsufficienza nell attività oncosoppressiva di queste proteine (34). Le mutazioni inattivanti di CREBBP/EP300 producono un deficit dell attività acetilante su BCL6 e TP53, che si traduce in un attivazione costitutiva dell oncoproteina BCL6 e in una riduzione dell attività oncosoppressiva di p53, determinando un incremento della tolleranza cellulare al danno del DNA contestualmente ad una diminuzione della via apoptotica e dell arresto del ciclo cellulare (34). Le lesioni molecolari di acetiltransferasi, quali CREBBP e EP300, sono di particolare rilievo come bersagli terapeutici per farmaci con attività di inibitori delle istondeacetilasi (HIDAC inhibitors). Nel sottogruppo di DLBCL ABC-like, le alterazioni molecolari più significative dal punto di vista patogenetico sono le traslocazioni del protoncogene BCL6, le mutazioni e/o delezioni del gene oncosoppressore BLIMP1, l amplificazione del locus di BCL2, che porta ad una iperespressione del gene, e le delezioni del locus IRF4A-ARF, che codifica per gli oncosopressori p16 e p14 ARF (18, 39). Caratteristica del sottogruppo ABC-like è l attivazione costituzionale della via di segnalazione di NF-κB, un evento patogenetico in grado di pro-

10 Meccanismi patogenetici 9 FIGURA 1 - Algoritmo di definizione istogenetica e prognostica mediante immunoistochimica sul tessuto bioptico, secondo Hans (35), che permette di suddividere i DLBCL in centro germinativo-like (GC) e non-centro germinativo-like (non-gc). muovere la proliferazione cellulare e inibire l apoptosi. L interferenza con il segnale di NF-κB uccide le cellule ABC-like ma non quelle GCB-like, e ciò dimostra che il sottotipo ABC-like dipende dall attività costitutiva di questa via di trasduzione del segnale (11, 12). L iperattivazione della via di segnalazione di NFκB può essere secondaria a diverse lesioni genetiche, più frequentemente a carico del gene oncosoppressore A20, ma anche degli attivatori della via di signaling, come CARD11 e TRAF2, e alla attivazione cronica del B-cell receptor secondaria a mutazioni dei domini ITAM di CD79A e CD79B (40, 41). Le aberrazioni di A20 non avvengono comunemente nel DLBCL GCB-like, ma sono presenti in altri linfomi con attività NF-κB (41, 42, 44-46). Marcatori biologici come fattori prognostici La prognosi del DLBCL è estremamente eterogenea e, nonostante sia sensibilmente migliorata negli ultimi anni, i fattori predittivi della risposta alla terapia non sono ancora del tutto noti. Il principale modello prognostico applicato al DLBCL è l International Prognostic Index (IPI) che, in base alla valutazione di cinque variabili cliniche (LDH elevata, età maggiore di 60 anni, stadio secondo Ann Arbor maggiore o uguale a III, coinvolgimento di due o più sedi extranodali, e performance status secondo ECOG maggiore o uguale a 2) consente di assegnare i pazienti a quattro categorie di rischio di recidiva (basso rischio, intermedio-basso, intermedio-alto, alto) (47). Tali categorie di rischio correlano con una diversa probabilità di sopravvivenza globale a quattro anni, variabile oltre l 80% per il DLBCL a basso rischio a meno del 60% per il DLBCL ad alto rischio, e con una diversa sopravvivenza libera da progressione a quattro anni, variabile tra l 85% e il 50% (48). Un ulteriore indice prognostico è l International Prognostic Index assessed at time of Relapse (IPI- R), utile nell indicare la sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da progressione in pazienti in prima recidiva. IPI-R identifica due categorie di rischio di fallimento della terapia di seconda linea contenente derivati del platino, seguita da trapianto di cellule staminali emopoietiche autologhe (49). Lo stato attuale degli indicatori clinici di prognosi nel DLBCL induce la necessità di generare nuovi marcatori prognostici, in particolare volti a identificare i pazienti ad alto rischio di fallimento della terapia di prima linea. I nuovi fattori prognostici proposti negli ultimi anni derivano dall analisi delle caratteristiche immunoistochimiche e molecolari della malattia. Inoltre, è stato suggerito che anche il profilo genetico dell ospite possa rivestire rilevanza prognostica per il DLBCL. Uno dei nuovi e più semplici modelli prognostici da applicare nella pratica clinica è l algoritmo di Hans, che dimostra come la suddivisione dei DLBCL in centro germinativo-like e non-centro germinativo-like si traduca in una sensibile diffe-

11 10 Seminari di Ematologia Oncologica renza di sopravvivenza globale a cinque anni, variabile tra il 76% per i casi centro germinativo e il 34% per i casi non-centro germinativo-like (36). In maniera analoga, la caratterizzazione del profilo di espressione genica distingue due sottogruppi di DLBCL, GCB-like e ABC-like, con una sopravvivenza globale a cinque anni del 76% per il primo e del 16% per il secondo sottogruppo (7). Tra i marcatori molecolari, la presenza di riarrangiamento di BCL2 e BCL6 non ha rilevanza prognostica (50, 51). Al contrario, alcuni studi suggeriscono che le mutazioni di BCL6 e la metilazione del promotore di MGMT siano correlate con un decorso clinico favorevole (52, 53). In particolare, la metilazione del promotore di MGMT sembrerebbe essere un indicatore di potenziale risposta alla terapia (52). Altri marcatori prognostici favorevoli sono rappresentati dall espressione di LMO2 e di HIF1 (54, 55), mentre le mutazioni di TP53 (56) e i riarrangiamenti del protoncogene c-myc (57) correlano con una riduzione della sopravvivenza globale. I riarrangiamenti di c-myc hanno rilevanza nell identificare pazienti con una prognosi particolarmente severa, e spesso sono presenti nei casi di DLBCL cosiddetti double hit, che portano la traslocazione di BCL6 o BCL2 contemporaneamente alla traslocazione di c-myc. Le mutazioni di TP53, come anche in altre neoplasie linfoidi, sono un classico marcatore di refrattarietà ai farmaci contenuti nel programma terapeutico Rituximab- FIGURA 2 - MLH1 codifica per una proteina coinvolta nei meccanismi di riparazione del DNA. Il genotipo MLH1 rs AA si associa a normali livelli cellulari della proteina MLH1. Questa, in caso di danno al DNA, è in grado di promuovere l apoptosi mediata da p53 (pannello A). I genotipi di MLH1 rs AG/GG si associano a riduzione dell espressione di MLH1 con conseguente riduzione della capacità di attivare la via apoptotica e determinando così farmacoresistenza (pannello B). Sulla base di questo modello biologico, nel DLBCL trattato con R- CHOP21 i genotipi di MLH1 rs AG/GG hanno una probabilità cumulativa di sopravvivenza globale a quattro anni significativamente inferiore rispetto al genotipo AA.

12 Meccanismi patogenetici 11 CHOP, e impongono la necessità per il futuro di disegnare schemi terapeutici in grado di vincere la chemiorefrattarietà (R-CHOP) indotta dalle mutazioni di TP53. Marcatori molecolari dell ospite come predittori di farmacoresistenza Per quanto riguarda l impatto del profilo genetico dell ospite sulla sopravvivenza e sulla risposta al trattamento chemioterapico, osservazioni interessanti stanno emergendo dall analisi dei polimorfismi che coinvolgono singoli nucleotidi (single nucleotide polymorphism, SNP). In particolare, alcuni studi hanno evidenziato come SNP dei geni GSTA1 e CYBA, coinvolti nella farmacocinetica e nella farmacodinamica dei chemioterapici utilizzati nello schema R-CHOP comunemente impiegato nella terapia dei DLBCL, siano fattori prognostici indipendenti di sopravvivenza libera da eventi (58). Altri studi hanno evidenziato che SNP del gene dell interleuchina 10 sono correlati alla prognosi dei DLBCL (59, 60). Un recente studio condotto su due coorti di pazienti (una di training e una di validazione) ha analizzato 35 polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) di geni coinvolti nella riparazione del danno del DNA, in base alla possibile influenza di tale meccanismo sull attività citotossica dei farmaci utilizzati nella terapia del DLBCL (61). Sia nella coorte di training, sia nella coorte di validazione, il genotipo MLH1 rs AG/GG è stato selezionato come predittore indipendente di sopravvivenza globale (61). La ridotta sopravvivenza globale associata al genotipo MLH1 rs AG/GG è espressione di un aumentato rischio di fallimento del trattamento di prima linea (R-CHOP) e di seconda linea (schemi contenenti composti del platino). È stato dimostrato che il polimorfismo di MLH1 rs mantiene un valore prognostico indipendente anche rispetto ai fattori prognostici standard presenti alla diagnosi, ed è in grado di definire due sottogruppi di rischio, sia tra i pazienti con IPI score basso o intermedio-basso, sia tra quelli con IPI score intermedio-alto o alto (61). MLH1 rs codifica per una proteina coinvolta nei meccanismi di riparazione del DNA (Figura 2), e, se validato da studi prospettici, potrebbe rappresentare un fattore prognostico indipendente di sopravvivenza globale e di rischio di fallimento della terapia con schemi contenenti antracicline e derivati del platino, entrambi ampiamente utilizzati nella terapia dei DLBCL. n PATOGENESI MOLECOLARE DEL LINFOMA MANTELLARE Il linfoma mantellare (MCL) rappresenta approssimativamente il 3-10% dei linfomi non-hodgkin. È caratterizzato dalla traslocazione t(11;14) coinvolgente il locus BCL-1 (ciclina D1), un fattore di controllo del ciclo cellulare, ed il locus delle immunoglobuline (1). La traslocazione provoca una sovraespressione del proto-oncogene BCL-1 che determina un alterazione del ciclo cellulare e il conseguente sviluppo tumorale. Mediante analisi GEP è stato possibile identificare una signature propria dei pazienti con MCL, indipendentemente dalla iperespressione di ciclina D1. Tra questi vi sono geni che hanno un ruolo nella regolazione dell apoptosi, nel controllo del ciclo cellulare e nella trasduzione del segnale. In particolare, sono stati riscontrati deregolati geni coinvolti nei pathways di TNF, NF-κB, TGFβ, WNT e PI3K/AKT, mentre è stata osservata una correlazione tra la presenza del recettore di IL10 (IL10R) e una più lunga sopravvivenza dei pazienti (62). Infine, l analisi GEP ha permesso il riconoscimento molecolare della variante blastoide di MCL, caratterizzata da iperespressione di cyclin-dependent kinase (CDK) 4 e di CDC28 protein kinase 1. CDK4 si associa con ciclina D1 e favorisce la progressione del ciclo cellulare attraverso il checkpoint G1/S. L iperespressione di CDC28 protein kinase 1 blocca l inibizione del complesso ciclina D1/CDK4 da parte dell inibitore CDK p27/kip1 (63). n PATOGENESI MOLECOLARE DEI LINFOMI A CELLULE T PERIFERICHE I linfomi a cellule T periferiche (PTCL) costituiscono circa il 10-15% di tutti i linfomi non-hodgkin. In cir-

13 12 Seminari di Ematologia Oncologica ca il 50% dei casi si parla di PTCL non specificato (unspecified PTCL, PTCL-U), mentre gli altri casi sono suddivisi in linfoma T a grandi cellule anaplastiche (Anaplastic Large Cell Lymphoma, ALCL), linfoma T angio-immunoblastico (Angioimmunoblastic T-cell Lymphoma, AILT), linfoma e leucemia T dell adulto (Adult T-Cell Leukemia and Lymphoma, ATLL) (1). Nei pazienti ALCL è tipica la traslocazione t(2;5) che determina la formazione di una proteina di fusione codificata dai geni NPM e ALK (64). NPM codifica per una proteina nucleolare, mentre ALK codifica per una tirosino kinasi normalmente espressa nelle cellule T. Vi sono poi altre anomalie citogenetiche ricorrenti, quali la trisomia del cromosoma 3, 5, 8 e X, le delezioni del 6q, i riarrangiamenti del 7q, la monosomia 13 o la delezione di 13q14. Mediant e analisi GEP sono stati identificati due sottogruppi di PTCL: un gruppo a prognosi favorevole, associato alla espressione dei geni della via di NF-κB, e un secondo gruppo a prognosi sfavorevole, associato ad una alta espressione di geni coinvolti in pathways correlati alla proliferazione cellulare (65). Da analisi di GEP è stato anche identificato PDGFRA come gene potenzialmente coinvolto nella patogenesi dei PTCL (66). Inoltre sono stati caratterizzati tre sottogruppi prognostici di PTCL in base al profilo di espressione citochinica: prognosi sfavorevole in associazione all espressione di CCR4, intermedia per l espressione di CXCR3, e favorevole in associazione ad espressione di CCR3 (67). Mediante analisi GEP è stato osservato che AILT si associa tipicamente ad un fenotipo Th1 caratterizzato dalla espressione di citochine quali CXCR3, TNF receptor OX40, e CXCL13. In particolare, quest ultimo marcatore è uno tra i geni maggiormente espressi da parte delle cellule T regolatorie del centro germinativo; da qui l ipotesi che l istogenesi del AILT sia riconducibile a questo tipo cellulare. Gli ALCL sono invece associati ad un fenotipo Th2 caratterizzato dall espressione delle citochine CCR3 e CCR4, e dei geni IL13R, FOS e JUNB (65). Ad oggi però, l analisi GEP nei linfomi T ha fornito solo risultati preliminari poiché effettuata su casistiche ridotte, e si tratta quindi di modelli che necessitano di ulteriore validazione. n PATOGENESI DEI LINFOMI AGGRESSIVI DELL OSPITE IMMUNODEFICIENTE In base alla classificazione WHO, i linfomi associati a infezione da HIV sono entità clinico-patologiche distinte rispetto alle malattie linfoproliferative dell ospite immunocompetente (1). I linfomi HIV-correlati sono generalmente linfomi non-hodgkin (HIV-NHL) di origine B e presentano istologia ad alto grado di malignità, disseminazione extranodale e comportamento clinico aggressivo (1). In termini patologici, i linfomi HIVcorrelati sono distinti in: DLBCL, linfoma di Burkitt/Burkitt-like (BL/BLL), linfoma primitivo del sistema nervoso centrale (PCNSL), linfoma plasmablastico del cavo orale (PBL), linfoma primitivo delle cavità sierose (PEL) e linfoma di Hodgkin (HL) (1). Nell ambito dei HIV-NHL a cellule B, le informazioni riguardanti l istogenesi derivano dall applicazione di un modello basato su marcatori genetici e immunofenotipici in grado di distinguere i linfociti B maturi in: 1. cellule B vergini, 2. cellule B del centro germinativo (CG), 3. cellule B post-cg. Le mutazioni dei geni variabili delle immunoglobuline (IGV) si accumulano fisiologicamente durante il transito dei linfociti B attraverso il CG (mutazioni ongoing), per quindi rimanere stabili nelle fasi di differenziazione post-cg (68). Pertanto, le mutazioni dei geni IGV rappresentano il più affidabile marcatore genotipico di istogenesi: la positività per mutazioni dei geni IGV ongoing identifica l origine del clone neoplastico dai linfociti B del CG, mentre la positività per mutazioni stabili identifica l origine del clone neoplastico dai linfociti B post-cg (68). L applicazione di tale modello istogenetico ai HIV- NHL ha rivelato che, a differenza di quanto avviene nei soggetti immunocompetenti, solo una frazione di HIV-BL e HIV-DLBCL riflettono i linfociti B del CG in base alla presenza di mutazioni ongoing dei geni IGV e al fenotipo BCL6+/MUM1-/CD138. La maggior parte di HIV-NHL originano invece dai linfociti B post-cg, portano mutazioni stabili dei geni IGV ed esprimono il fenotipo BCL6- /MUM1+/CD38+ (69). Infine, una parte di HIV-PBL,

14 Meccanismi patogenetici 13 pur in assenza di mutazioni dei geni IGV, esprime i marcatori fenotipici delle cellule B post-cg e, dunque, verosimilmente origina da cellule B differenziatesi senza transitare attraverso il CG. Le differenze istogenetiche dei HIV-NHL possono avere rilevanza clinica. L espressione di CD138 e di altri marcatori del fenotipo post-gc è risultata associata a sopravvivenza libera da malattia e sopravvivenza globale, mentre l espressione di marcatori del CG (ad esempio, BCL6) è risultata associata a sopravvivenza libera da malattia e sopravvivenza globale inferiori più favorevoli. Il valore prognostico sfavorevole del profilo postcentro germinativo è stato confermato come marcatore indipendente da fattori prognostici convenzionali. La prognosi sfavorevole associata al profilo post-cg osservata nei HIV-NHL è per altro coerente con quanto osservato nei linfomi diffusi a grandi cellule B della popolazione immunocompetente (7). Una peculiarità dei linfomi aggressivi associati a immunodeficienza è rappresentato dal caso dell infezione virale. I virus oncogeni possono agire tramite meccanismi diretti, come EBV e HHV8, e indiretti, come HIV. I virus oncogeni che agiscono con meccanismo diretto sono in grado di infettare i linfociti B e indurne la trasformazione tramite la produzione di proteine virali. Ne sono esempio le proteine virali di EBV: 1. EBNA2, un co-fattore trascrizionale che interagisce nelle cellule umane con la via di NOTCH1, regolando la trascrizione di numerosi geni umani fra cui c-myc; 2. LMP1, una proteina di membrana in grado di mimare l azione del CD40 umano, garantendo un segnale di sopravvivenza e proliferazione tramite la via di NF-κB; 3. LMP2A, una proteina di membrana in grado di attivare la trasduzione del segnale delle tirosin-kinasi associate al recettore per l antigene delle cellule B e fornire un importante segnale di sopravvivenza; 4. EBERs, RNA non tradotti in grado di indurre stimolazione autocrina da IL10. Esempi di proteine virali di HHV8 coinvolte nella trasformazione includono: 1. LANA1, in grado di inibire la via di p53 e interferire con la via di Rb, favorendo la progressione del ciclo cellulare; 2. ciclina virale, in grado di mimare l azione della ciclina D2 umana e tuttavia insensibile ai meccanismi regolatori della ciclina D2 umana; 3. IL6 virale, in grado di mimare l azione antiapoptotica e proliferativa della IL6 umana. n CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE Numerosi esempi dimostrano come le alterazioni genetiche individuate nei linfomi maligni rappresentino importanti marcatori molecolari sia di diagnosi che di prognosi e siano strumenti validati e indispensabili nella pratica diagnostica. I marcatori molecolari hanno anche un ruolo fondamentale nella costruzione di modelli prognostici che possano consentire di adattare la terapia a ciascun paziente. Per una più completa caratterizzazione delle diverse classi di linfomi, risulta quindi indispensabile ampliare le conoscenze riguardo le lesioni genetiche, anche mediante l utilizzo di nuove tecnologie in particolare la metodica di sequenziamento dell intero genoma. Sebbene il meccanismo mediante il quale il microambiente possa favorire la crescita dei linfomi non sia stato ancora del tutto chiarito, è certo che anche questo meccanismo, oltre alla presenza di lesioni genetiche, riveste un ruolo fondamentale nella linfomagenesi. È necessario quindi comprendere meglio l interazione tra linfoma e microambiente per una migliore comprensione dello sviluppo del linfoma stesso. Identificare il ruolo e le interazioni fra le diverse componenti cellulari presenti nei linfomi potrebbe permettere l individuazione di nuovi target terapeutici per questo tipo di malattia. n BIBLIOGRAFIA 1. Swerdlow SH, Campo E, Harris NL, Jaffe ES, Pileri SA, Stein H, et al. World Health Organization Classification of Tumours, Pathology and Genetics of Tumours of Haematopoietic and Lymphoid Tissues. IARC Press: Lyon; Evans LS, Hancock BW. Non-Hodgkin Lymphoma. Lancet. 2003; 362:

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17 16 Seminari di Ematologia Oncologica vival in patients with diffuse large B-cell lymphoma treated with anthracycline-based chemotherapy with and without rituximab. J Clin Oncol. 2008; 26: Evens Am, Sehn LH, Farinha P, Nelson BP, Raji A, Lu Y et al. Hypoxia-inducible factor-1 {alpha} expression predicts superior survival in patients with diffuse large B-cell lymphoma treated with R-CHOP. J Clin Oncol. 2010; 28: Young KH, Leroy K, Møller MB, Colleoni GW, Sánchez- Beato M, Kerbauy FR, et al. Structural profiles of TP53 gene mutations predict clinical outcome in diffuse large B-cell lymphoma: an international collaborative study. Blood. 2008; 112: Savage KJ, Johnson NA, Ben-Neriah S, Connors JM, Sehn LH, Farinha P, et al. MYC gene rearrangements are associated with a poor prognosis in diffuse large B-cell lymphoma patients treated with R-CHOP chemotherapy. Blood. 2009; 114: Rossi D, Rasi S, Franceschetti S, Capello D, Castelli A, De Paoli L, et al. Analysis of the host pharmacogenetic background for prediction of outcome and toxicity in diffuse large B-cell lymphoma treated with R- CHOP21. Leukemia. 2009; 23: Lech-Maranda E, Baseggio L, Bienvenu J, Charlot C, Berger F, Rigal D, et al. Interleukin-10 gene promoter polymorphisms influence the clinical outcome of diffuse large B-cell lymphoma. Blood. 2004; 103: Kube D, Hua TD, Von Bonin F, Schoof N, Zeynalova S, Klöss M, et al. Effect of interleukin-10 gene polymorphisms on clinical outcome of patients with aggressive non-hodgkin s lymphoma: an exploratory study. Clin Cancer Res. 2008; 14: Rossi D, Rasi S, Di Rocco A, Fabbri A, Forconi F, Gloghini A, et al. The host genetic background of DNA repair mechanisms is an independent predictor of survival in diffuse large B-cell lymphoma. Blood. 2010; 117: Hofmann WK, de Vos S, Tsukasaki K, Wachsman W, Pinkus GS, Said JW, et al. Altered apoptosis pathways in mantle cell lymphoma detected by oligonucleotide microarray. Blood. 2001; 98: De Vos S, Krug U, Hofmann WK, Pinkus GS, Swerdlow SH, Wachsman W, et al. Cell cycle alterations in the blastoid variant of mantle cell lymphoma (MCL-BV) as detected by gene expression profiling of mantle cell lymphoma (MCL) and MCL-BV. Diagn Mol Pathol. 2003; 12: Morris SW, Kirstein MN, Valentine MB, Dittmer KG, Shapiro DN, Saltman DL, et al. Fusion of a kinase gene, ALK, to a nucleolar protein gene, NPM, in non- Hodgkin s lymphoma. Science. 1994; 263: Martinez-Delgado B. Peripheral T-cell lymphoma gene expression profiles. Hematol Oncol. 2006; 24: Piccaluga PP, Agostinelli C, Zinzani PL, Baccarani M, Dalla-Favera R, Pileri SA. Expression of platelet-derived growth factor receptor alpha in peripheral T-cell lymphoma not otherwise specified. Lancet Oncol. 2005; 6: Asano N, Suzuki R, Ohshima K, Kagami Y, Ishida F, Yoshino T, et al. Linkage of expression of chemokine receptors (CXCR3 and CCR4) and cytotoxic molecules in peripheral T cell lymphoma, not otherwise specified and ALK-negative anaplastic large cell lymphoma. Int J Hematol. 2010; 91: Capello D, Martini M, Gloghini A, Cerri M, Rasi S, Deambrogi C, et al. Molecular analysis of immunoglobulin variable genes in human immunodeficiency virusrelated non-hodgkin s lymphoma reveals implications for disease pathogenesis and histogenesis. Haematologica. 2008; 93: Carbone A, Gloghini A, Larocca LM, Capello D, Pierconti F, Canzonieri V, et al. Expression profile of MUM1/IRF4, BCL-6, and CD138/syndecan-1 defines novel histogenetic subsets of human immunodeficiency virus-related lymphomas. Blood. 2001; 97:

18 17 Linfomi non Hodgkin a grandi cellule ANNALISA CHIAPPELLA 1, DAVIDE ROSSI 2, UMBERTO VITOLO 1 1 S.C. Ematologia 2, Dipartimento di Oncologia, Azienda Ospedaliera ed Universitaria San Giovanni Battista, Torino, Italia; 2 Divisione di Ematologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, Novara, Italia Umberto Vitolo n INTRODUZIONE I linfomi diffusi a grandi cellule B (DLBCL) rappresentano il 30% di tutti i linfomi non-hodgkin nell adulto e il tasso di incidenza è in costante incremento (Figura 1); l età mediana di insorgenza è anni (1, 2). Lo schema CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone) ha rappresentato per molti decenni il cardine della terapia dei linfomi. L introduzione dell anticorpo monoclonale anti-cd20 rituximab in associazione alla chemioterapia standard ha permesso di migliorare l outcome dei pazienti affetti da DLBCL. Lo studio randomizzato condotto dal Groupe d Etude des Lymphomes de l Adulte (GELA) ha dimostrato un vantaggio significativo per i pazienti anziani affetti da DLBCL trattati alla diagnosi con R-CHOP21 rispetto a CHOP21, con un tasso di remissione completa (RC) del 75% vs 63% (3). Ad un follow-up di dieci anni, l overall survival (OS) è del 43.5% vs 27.6% e la progression-free survival (PFS) è del 36.5% vs 20.1% per R-CHOP21 vs CHOP21 rispettivamente (4). Parole chiave: linfoma diffuso a grandi cellule B, R- CHOP, fattori prognostici, trattamento di prima linea, trattamento recidivati/refrattari Indirizzo per la corrispondenza Umberto Vitolo, MD S.C. Ematologia 2 Azienda Ospedaliera e Universitaria S. Giovanni Battista Corso Bramante Torino, Italy uvitolo@molinette.piemonte.it 6% 30% 16% Linfomi follicolari Linfomi indolenti non follicolari Linfomi diffusi a grandi cellule B Linfomi a cellule T Altri tipi di linfoma 28% 20% FIGURA 1 - Incidenza dei vari sottotipi istologici di linfoma non Hodgkin. Il tentativo di migliorare l outcome dei pazienti affetti da DLBCL e l'impiego dei fattori di crescita granulocitari, ha favorito l introduzione dei regimi di chemioterapia dose-dense, quali R-CHOP14 (ogni due settimane), con risultati superiori al solo CHOP14 nei pazienti anziani (5). Nel tentativo di migliorare ulteriormente la prognosi, sono stati utilizzati regimi di chemioterapia ad alte dosi con reinfusione di cellule staminali autologhe periferiche, ma i risultati sono stati contrastanti nell era pre-rituximab (6). Nonostante i vari schemi utilizzati il 40% circa dei pazienti tende a recidivare o è refrattario alla terapia di prima linea. È quindi indispensabile una caratterizzazione accurata del rischio prognosti-

19 18 Seminari di Ematologia Oncologica co alla diagnosi, al fine di identificare i pazienti a prognosi veramente sfavorevole, per poter attuare strategie terapeutiche mirate. n FATTORI PROGNOSTICI Alla diagnosi, l identificazione di fattori clinici, radiologici e molecolari è necessaria per discriminare pazienti a diversa prognosi. L International Prognostic Index (IPI), basato su cinque fattori prognostici negativi (età>60, stadio III-IV, LDH elevata, PS >1 e interessamento di più di una sede extralinfonodale) permette di identificare quattro diversi gruppi di rischio, con una OS a 5 anni compresa tra 26% e 73% (7). L IPI, disegnato per pazienti trattati secondo schemi CHOP/CHOP-like, risulta valido anche nel contesto dei moderni regimi di immunochemioterapia che includono rituximab (7). La tomografia ad emissione di positroni (18F-FDG PET) si è dimostrata un ottimo strumento nel valutare la risposta al trattamento dei DLBCL, in considerazione dell avidità di tale linfoma. La valutazione della risposta finale con PET è altamente predittiva della PFS e OS nei linfomi aggressivi con o senza masse residue alla TAC. Sulla base dell International Workshop Criteria (IWC) e dell International Harmonization Project per la PET, sono state formulate le raccomandazioni riguardo i criteri di risposta per i linfomi aggressivi. La PET negatività diventa quindi indispensabile per definire la risposta completa alla terapia (9). Il valore della valutazione intermedia precoce con PET come predittore della risposta finale è invece controverso e argomento di dibattito (10-12). Un limite dei fattori clinici prognostici è però determinato dal non prendere in considerazione l eterogeneità biologica dei DLBCL e i meccanismi patogenetici che ne regolano la proliferazione. La classificazione WHO del 2008 riconosce tale eterogeneità e in primo luogo sottolinea la necessità di determinare l indice di proliferazione MIB1 (13). I DLBCL con MIB1 >80-90% pongono un problema di diagnosi differenziale con il linfoma di Burkitt e le nuove entità clinico-patologiche individuate nella classificazione WHO come unclassified aggressive lymphomas, double hit lymphomas, con caratteristiche intermedie tra linfoma di Burkitt classico e DLBCL. In questi casi, sono indispensabili una revisione istopatologica accurata e uno studio mediante FISH al fine di individuare la presenza della traslocazione di c-myc. Tali pazienti, infatti, hanno una prognosi infausta se trattati con la chemioimmunoterapia standard R-CHOP. Tuttavia la miglior opzione terapeutica per questo sottotipo di linfomi aggressivi non è ancora stata identificata e al momento non esiste una linea guida riconosciuta di trattamento (Tabella 1). DLBCL, not otherwise specified (NOS) Common morphologic variants - Centroblastic - Immunoblastic - Anaplastic Rare morphologic variants Molecular subgroups - Germinal center B cell-like (GCB) - Activated B cell-like (ABC) Immunohistochemical subgroups - CD5-positive DLBCL - Germinal center B cell-like (GCB) - Nongerminal center B cell-like (non-gcb) Diffuse large B-cell lymphoma subtypes T-cell/histiocyte-rich large B-cell lymphoma Primary DLBCL of the CNS Primry cutaneous DLBCL, leg type EBV-positive DLBCL of the elderly Other lymphomas of large B cells Primary mediastinal (thymic) large B-cell lymphoma Intravascular large B-cell lymphoma DLBCL associated with chronic inflammation Lymphomatoid granulomatosis ALK-positive LBCL Plasmablastic lymphoma Large B-cell lymphoma arising in HHV8-associate multicentric Castelman disease Primary effusion lymphoma Borderline cases B-cell lymphoma, unclassifiable, with features intermediate between diffuse large B-cell lymphoma and Burkitt lymphoma B-cell lymphoma, unclassifiable, with features intermediate between diffuse large B-cell lymphoma and classical Hodgkin lymphoma ALK indicates anaplastic lymphoma receptor tyrosine kinase; and HHV8, human herpesvirus 8. TABELLA 1 - Classificazione WHO 2008 dei DLBCL.

20 Linfomi non Hodgkin a grandi cellule 19 L analisi tramite gene expression profiling (GEP) ha permesso di risolvere a livello massimo di sensibilità la eterogeneità biologica del DLBCL, identificando due categorie maggiori sulla base di patterns di espressione genica: - una categoria di DLBCL caratterizzata da profilo di espressione genica delle cellule B del centro germinativo (Germinal Center B Cell); - una categoria di DLBCL con profilo di espressione genica simile a quello delle cellule B periferiche attivate (Activated B Cell) (14) (Figura 2). Al fine di trasferire i risultati degli studi di espressione genica nella pratica clinica, il gruppo di Hans (15) ha studiato mediante immunoistochimica su tissue microarray il pattern di espressione delle proteine CD10, Bcl-6, IRF4/MUM1, Bcl-2, ciclina D2, e FOXP1, la cui espressione a livello di mrna era fortemente associata con i gruppi GCB o ABC. I risultati sono stati usati per sottoclassificare i casi di DLBCL in due sottogruppi, GCB e non-gcb (reminiscente della categoria ABC), in CD GCB (42 cases) + BCL-6 - MUM1 - Non-GCB (61 cases) Non-GC (27 cases) GCB (22 cases) FIGURA 3 - Albero decisionale di Hans per la classificazione dei DLBCL sulla base dell immunoperossidasi/tissue microarray (15). base alla espressione dei tre marcatori CD10, BCL6 e IRF/MUM1 (Figura 3). La rilevanza clinica della distinzione tra GCB e ABC deriva dalla osservazione che, se identificato mediante GEP, il gruppo di linfomi ABC ha una prognosi più sfavorevole. Il gruppo ABC presenta un attivazione costitutiva del pathway di NF-kB sostenuta da lesioni genetiche che colpiscono diversi geni apparteneti a questo pathway tra cui TNFAIP3/A20, CARD11, CD79A, CD79B, MYD88. Su tale base, Dunleavy (16) ha testato l associazione di bortezomib, inibitore di NF-kB, alla chemioterapia di prima linea (DA- EPOCH) e ha dimostrato un possibile vantaggio dell associazione nel gruppo ABC rispetto al gruppo GCB. Oltre alla biologia della cellula tumorale, rivestono un ruolo determinante anche le caratteristiche genetiche dell ospite che sono alla base dello studio della farmacogenetica. Studi di farmacogenetica hanno documentato che i polimorfismi dell ospite sono coinvolti nel metabolismo, nella detossificazione dei farmaci e sono responsabili, almeno in parte, della variabilità in termini di efficacia e tossicità dello stesso trattamento in soggetti diversi (17, 18). + n TERAPIA DI PRIMA LINEA FIGURA 2 - Tecnologia del gene array. Due patterns caratteristici dei DLBCL: Germinal Center B cell e Activated B Cell. L aggiunta del rituximab alla chemioterapia standard CHOP21 o alla chemioterapia dose-dense CHOP14 ha migliorato significativamente la prognosi dei DLBCL rispetto all era pre-rituximab.

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