Nuragus di Cagliari ove
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- Matteo Negri
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1 VINI DI SARDEGNA
2 Nuragus di Cagliari È il vitigno a bacca bianca simbolo della viticoltura del Campidano, dove ha la massima diffusione. Proviene infatti dal Cagliaritano la parte di gran lunga più rilevante della sua produzione, il 41 %; e non vi fosse stato il massiccio espianto dei vigneti, che non molti anni or sono ha operato a danno soprattutto di questo vitigno, la produzione sarebbe ancora più rilevante. Basti pensare che i volumi produttivi si attestavano negli anni Ottanta a poco meno di un milione di ettolitri, scesi ad appena trecentomila in questi ultimi anni. Nel Nuragus continua comunque a concentrarsi più di un terzo dell intera produzione enologica sarda attuale. Riconosciuto DOC nel 1975, il suo disciplinare di produzione prescrive che nasca per un minimo dell 85% da uve del vitigno omonimo, che possono essere integrate fino a un massimo del 15% con Trebbiano toscano, Trebbiano romagnolo, Vermentino, Clairette e Semidano, da soli o in combinazione. La gradazione alcolica minima del Nuragus odierno è di 10,5 gradi, contro i usuali nel passato; ma i produttori più accorti stanno recuperando la tendenza tradizionale a un grado alcolico elevato, con risultati di rilievo. Inoltre, laddove il Nuragus classico aveva tinta ambrata, consueta nei bianchi fortemente alcolici e tendenti alla maderizzazione, oggi ha veste di un paglierino tenue screziata da lievi riflessi verdolini. Il bouquet è leggero e delicato, vinoso, tendente al fruttato, mentre il gusto è tipicamente secco, armonico, leggermente acidulo, venato dal lieve retrogusto amarognolo caratteristico del vitigno. Dalla vinificazione del Nuragus si ottengono anche la tipologia amabile e frizzante, mentre l uva raccolta anticipatamente è utilizzata per la produzione di base di spumanti brut. Il vino comune ottenuto dai vigneti tradizionali, di facile maderizzazione, è usato come vino da taglio o come vino base per la preparazione di vermouth. La produzione si stende su una superficie di circa 5000 ettari di vigneto sparsi in tutto il territorio di Cagliari, nell Oristanese (soprattutto in zona di Arborea e Terralba) e in alcuni comuni della provincia di Nuoro, con risultati qualitativamente superiori ove i terreni abbiano natura calcarea e marnosa.
3 Torbato di Alghero Il Torbato è un vitigno a bacca bianca di origini antiche e in sostanza incerte, anche se gli esperti tendono a ricondurle a una varietà bianca naturale della Catalogna; è verosimile però che, trattandosi di un uva che rientra nella grande famiglia delle uve cosiddette malvatiche (Torbato è sinonimo di Malvoisie de Roussillon), le sue origini remote vadano cercate nelle terre che si affacciano sul mare Egeo, culla di tali vitignì in epoca molto antica; da lì sarebbe giunto nella penisola iberica, forse portato dai mercanti fenici. Conosciuto anche con i nomi di Caninu e Tourbat, il Torbato non è un presenza diffusa nella nostra isola, per quanto sia caratteristica: oggi si trova infatti nella sola zona di Alghero, dove è coltivato su una superficie complessiva di poco più di novanta ettari. Favorito dal clima caldo e asciutto, che asseconda la tendenza delle uve a maturare tardivamente, si è perfettamente adattato ai terreni un tempo paludosi e ricchi di calcare tipici di lì, frutto di antiche sedimentazioni marine, che sono poi quelli che danno alle uve le tonalità di gusto assai particolari che le distinguono. Un tempo veniva allevato ad alberello, ma ormai lo si coltiva anche a tendone. Il vitigno del Torbato viene vinificato da solo per ottenere l Alghero Torbato, un vino bianco secco che nell ultimo ventennio si è meritatamente conquistato un posto tra i bianchi di qualità. Esiste anche in una versione dal pregio ancor più particolare, con il nome di Terre Bianche, e ancora in versione spumante brut, tutte comprese nella DOC Alghero. L Alghero Torbato ha colore paglierino, con riflessi inizialmente verdognoli; l odore è leggermente aromatico, delicatamente vinoso, ed esalta il carattere del vitigno; il sapore è sapido, armonico, con retrogusto leggermente amarognolo. Il tenore alcolico è pari ad almeno 11 gradi. La tipologia spumante brut ha colore giallo paglierino scarico con spuma persistente, odore gradevole, fruttato, sapore fresco, vivace, fruttato, delicatamente aromatico, con iniziali toni secchi che lasciano il posto ad altri più equilibrati e carezzevoli. Il tenore alcolico è di 11,5% vol.
4 Semidano di Sardegna Il Semidano nasce da uve a bacca bianca del vitigno omonimo, uno dei più antichi della Sardegna. È vino che si distingue per il profumo fine e intenso, e una struttura robusta in virtù della tendenza delle uve a maturare tardivamente; questo conferisce loro un rilevante contenuto di zuccheri, e dà al Semidano la capacità di reggere l invecchiamento meglio di altri bianchi di Sardegna. Vitigno privo di particolari esigenze di clima e di terreno (anche se predilige i terreni pianeggianti a composizione mediamente calcarea, dove si produce in vini più profumati e di alcolicità sostenuta), il Semidano ha rese non elevate ed incostanti, e una scarsa resistenza alle malattie crittogame e agli attacchi dei parassiti. Fu per questo che, quando l invasione della fillossera ebbe compiuto il proprio ciclo di devastazione anche nelle regioni meridionali della Sardegna, il reimpianto del Semidano fu trascurato a favore di altri vitigni più resistenti e produttivi (tra i bianchi soprattutto il Nuragus, tra i rossi il Cannonau). Nel corso degli anni 80, però, un novero ristrettissimo di produttori sparsi tra la zona di Mogoro, nell Oristanese, e in alcuni comuni del Cagliahtano, ha avuto l accortezza di recuperare e reimpiantare questo vitigno antico e nobile, ormai considerato a rischio di estinzione. L elevato livello di qualità raggiunto è valso il riconoscimento della DOC, con la denominazione Sardegna Semidano. Il Semidano di oggi, piegato ad esigenze di gusto più moderne, è in parte differente da quello del passato. Lo si propone soprattutto come vino da pasto e come spumante brut, anche se si conserva una produzione ristretta di passito. Vino prezioso, sfoggia veste paglierina, screziata da tenui riflessi dorati; al naso offre un aroma intenso, in cui si awertono delicati sentori di cedro e frutti esotici; in bocca è morbido, asciutto, sapido, discretamente caldo d alcool, di fresca acidità. Il tenore alcolico minimo complessivo è pari all i 1% del volume, che sale all i 1,5% per il Semidano prodotto nella zona di Mogoro. Sempre nei territori di Mogoro e di altri comuni vicini nasce la varietà Superiore, con 13 gradi d alcol, che salgono a 15 per il Passito. Come detto, il Semidano è prodotto anche in varietà Spumante Brut.
5 Vermentino di Gallura È il vino bianco certamente più conosciuto dell enologia sarda. Col nome Vermentino si fa in realtà riferimento a due varietà di vino distinte, il Vermentino di Sardegna e di Gallura. La prima denominazione si riferisce al Vermentino DOC prodotto virtualmente in tutto il territorio sardo, con peculiarità che variano a seconda delle aree di produzione; la seconda è ristretta al Vermentino che nasce nei colli di Gallura, ed è uno dei pochissimi vini d italia a potersi fregiare della DOCG a motivo delle sue eccezionali qualità. Il Vermentino di Gallura nasce per almeno il 95% da uve del vitigno omonimo, con piccole aggiunte di altre uve da vitigni a frutto bianco. L allevamento tradizionale è ad alberello sardo, anche se di recente sono state adottate torme espanse che garantiscono una produzione più costante e abbondante. La resa massima non può comunque superare i cento quintali per ettaro, novanta nella versione Superiore, ma le quantità effettive sono in genere largamente inferiori, a tutto vantaggio della qualità. D aspetto si presenta di un giallo paglierino in cui guizzano tenui riflessi verdognoli; il profumo è intenso, fruttato e floreale ad un tempo, con note di pesca e mela matura, acacia e fiori di campo, e sentori di mandorla amara. Al palato è asciutto, di gradevole finezza non disgiunta da corpo, e venato da una fresca nota acida. Dal Vermentino di Sardegna si distingue per il maggior corpo, la struttura più salda, la personalità più complessa; ha inoltre fragranze più vivide e il lieve fondo amarognolo che è tipico dei vini che nascono in questo lembo di Sardegna. La varietà Superiore, di maggior grado alcolico, è forse più simile ai Vermentini di un tempo: pieno, awolgente, sensuale, pienamente aromatico. Dal Vermentino di Gallura si ottengono anche vini passiti di gran razza, ottimi con i dessert. La gradazione alcolica minima è pari a 12 gradi, 13 nella tipologia Superiore.
6 Nasco di Cagliari Prezioso vino da dessert, questo bianco, oggi piuttosto raro, era in realtà diffuso e apprezzato in tutta la Sardegna fino alla seconda metà dell Ottocento, tanto da essere eletto a rappresentare i vini tipici sardi all esposizione Universale di Vienna del certo che le sue origini sono molto antiche: le tracce della sua presenza risalgono al periodo in cui la Sardegna era divisa in giudicati, ma il Nasco si trova in realtà nella nostra isola almeno dall epoca romana. In sardo lo si chiama Nascu o Nuscu, parola che si usa ricondurre al latino muscus muschio ; ed è innegabile che al calice sprigioni un delicato intreccio tra il dolce odore dell uva appena appassita e aromi delicati di muschio e sottobosco. L eccellenza delle sue doti fu molto lodata dal Vodret, che nel 1928 lo descrisse come un vino inimitabile che produce il Campidano di Cagliari, di un giallo dorato carico, dolce, di un aroma tutto speciale, di grazia carezzevole, di un armoniosità perfetta, di un profumo e di una delicatezza incantevoli. Nessun vino in Italia ne può eguagliare la squisita dolcezza: pochi vini al mondo possono competere con esso. La composizione di questo vino non è molto dissimile da quella dello jerez, ma ciò che lo distingue è soprattutto quell aroma inimitabile, quel profumo delizioso, inebriante che mai potrà essere superato». Alla luce di un tale livello di eccellenza, tanto più deplorevole appare l avvento della fillossera, che ha riservato al Nasco una sorte affine a quella di un altro illustre vino sardo da dessert, il Girò: al momento del reimpianto, i produttori gli preferirono vitigni più resistenti e produttivi, e la sua coltivazione, più che decadere, precipitò; oggi si attesta su livelli che sfiorano l irrilevanza. Si attengono ancora a tecniche tradizionali, esercitate per lo più su annose vigne allevate ad alberello, i pochi vignaioli che ancora lo producono, concentrati in scarse decine di ettari di terreni calcarei sparsi quasi tutti nei colli tra Quartu, Maracalagonis, Dolianova, Selargius, Sinnai e Soleminis. Il Nasco sfoggia tipicamente una tinta che va dal giallo paglierino al giallo dorato con riflessi d ambra, brillante; il profumo è delicatissimo, con leggero aroma di uva; il sapore è dolce, caldo, pieno, molto morbido, con una punto di retrogusto amarognolo. Quattro le varietà previste dal disciplinare: dolce naturale, secco naturale, liquoroso dolce naturale e liquoroso secco o dry. Il periodo obbligatorio d invecchiamento è di nove mesi, ma le versioni liquorose assumono la qualificazione di riserva se invecchiate per almeno due anni, uno dei quali in botti di rovere o castagno. Il grado alcolico è in ogni caso sostenuto, oscillando tra un minimo di 15 gradi per la varietà secco naturale e i 18 della tipologia riserva.
7 Cannonau di Sardegna Il Cannonau è il vino certamente più conosciuto della Sardegna, quasi il vino sardo per antonomasia. Si è creduto finora che fosse stato importato dalla Spagna tra il XV e il XVI secolo; parte degli esperti concordava infatti nell affermare la sua sostanziale identità con la Garnacha Tinta spagnola e la Grenache francese; altri sostenevano che fosse una modificazione dell Alicante. Ma analisi effettuate recentemente a Madrid, e una ricerca commissionata dalla Cantina Sociale di Dorgali ad istituti universitari di Milano, mostrano la sostanziale diversità del vitigno sardo rispetto a quello iberico e francese, e suggeriscono che il Cannonau possa essere nato in Sardegna. Pur con un fondo certamente condiviso, le caratteristiche di questo vino straordinario presentano differenze organolettiche considerevoli a seconda del regime di coltivazione del vitigno (col tradizionale alberello a potatura corta, oppure in torme espanse, con potature meno radicali), delle caratteristiche dei terreni che lo ospitano (predilige terreni collinari a composizione calcarea o con sfascio di granito), delle tecniche di viniticazione. Questa varietà di caratteristiche trova in parte riflesso nelle sue tre sottodenominazioni: Cannonau di Oliena, o Nepente di Oliena, Cannonau di Jerzu e Cannonau di Capo Ferrato. Il Cannonau tipico sfoggia una veste di color rosso rubino con spiccata tendenza al granata. Il profumo è intenso, leggermente etereo, ampio, fragrante, floreale; ricorda le prugne mature, le more, i frutti di bosco e la rosa leggermente appassita; può evidenziare leggere sfumature di legno aromatico e spezie. Al gusto è secco, sapido, di buon corpo, caldo d alcol e giustamente tannico, equilibrato, intenso e persistente. Due anni di invecchiamento, di cui almeno sei mesi in botte, e un contenuto alcolico pari ad almeno 13 gradi, sono il contrassegno della tipologia riserva. È prodotto anche nelle tipologie rosato, con almeno 12,5 gradi d alcol; liquoroso secco, con una gradazione minima di 18 gradi, e liquoroso dolce ; quest ultimo ha 16 gradi d alcol, un contenuto zuccherino di almeno 50 g litro e invecchia per almeno un anno, di cui sei mesi in botte; se l invecchiamento supera i due anni può essere denominato liquoroso riserva.
8 Monica di Sardegna La materia prima di questo vino, uno dei classici dell enologia sarda, è l omonimo vitigno a bacca rossa, conosciuto anche come Nieddera Manna, Niedda de Ispagna e Monaca; nel Sassarese è noto spesso col nome di Pasca(e Sardu. Da esso si traggono due DOC, il Monica di Sardegna e il Monica di Cagliari. li primo è un generoso rosso di medio corpo, un ottimo vino da tutto pasto; la varietà di Cagliari è invece un vino passito o liquoroso, di più robusto contenuto alcolico grazie ad un leggero appassimento delle uve sulla pianta, destinato a essere consumato a fine pasto. Col Cannonau, il Monica è il vitigno rosso oggi più diffuso nelle diverse regioni viticole della Sardegna, anche se i suoi territori d elezione sono il Cagliaritano e l Oristanese, e con essi le propaggini orientali del Gennargentu. Da queste zone, dai loro fertili terreni calcarei di pianura e bassa collina ben esposti al sole e alle brezze, viene infatti il grosso e il meglio della produzione di questo vino morbido ed equilibrato. Ma vi sono produzioni di ottimo livello anche nel Sassarese, in particolare nel territorio della Romangia. Tradizionalmente l uva veniva vinificata anche da sola, sia per produrre il vino da pasto rosso che per la produzione dell omonimo vino liquoroso. Pur vinificato ancor oggi in purezza, con risultati di qualità spesso sorprendente, il disciplinare consente l associazione fino al 15% con altre varietà di uva sarda a bacca rossa principalmente Carignano (Axina de ispagna), Sovale di Spagna (Bova/ì mannu), Bovale sardo (Bovaleddu, Muristellu) e Pascale di Cagliari, che esaltano le sue caratterizzazioni di pregio. La resa massima consentita è di centocinquanta quintali per ettaro, anche se la produzione effettiva si attesta in genere su quantità largamente inferiori. Le produzioni di maggior pregio si ottengono da terreni di media collina ben esposti, profondi, a composizione mediamente calcarea. Il Monica di Sardegna ha colore rosso rubino limpido, brillante, che con l età inclina all amaranto. Al naso è intenso, vinoso, con bouquet gradevole ed elegante; in bocca è asciutto, sapido, molto caldo, di medio corpo, con un caratteristico retrogusto che soprattutto nel Monica prodotto da coltivazioni ad alberello propende quasi al dolce.
9 Cagnulari Le origini e la storia di questo vino, come quelle di tanti altri vini di Sardegna, sono incerte. Ed oltre che le incerte origini, il Cagnulari condivide con altri vini sardi un passato divino da taglio. Prima che l avvento devastante della fillossera riducesse quasi a zero il patrimonio viticolo del Sassarese (la fillossera comparve nel 1883 nelle vigne tra Sorso e Sassari) viticoltori di Usini, insieme a quelli di Sorso e di Alghero, ne esportavano buone quantità in Francia, ove lo si usava per irrobustire i vini locali, più deboli di corpo. Via via meno richiesto, il suo destino in Sardegna sembrava segnato a vantaggio di altre varietà più redditizie e ricercate. Torna perciò a maggior merito di alcuni intelligenti vinicoltori del Sassarese, in primis Billia Cherchi di Usini, l aver dato nuovo impulso alla sua produzione in questi ultimi decenni, con risultati di livello davvero alto. Dal 1995 è stata riconosciuta al Cagnulari la denominazione d origine controllata nell ambito della DOC Alghero. Pur essendo di buona vigoria, con una discreta resistenza alle malattie crittogamiche e produttività costante ed abbondante, il Cagnulari non è vitigno che si acclimati con facilità: gli sono ostili le temperature molto elevate e una eccessiva esposizione al sole. Le condizioni ambientali migliori le ha fin qui trovate nel Sassarese, dove lo si alleva tipicamente ad alberello latino. Il territorio di elezione è quello di Usini, ma vi sono realtà interessanti anche nei comuni di Ossi, Tissi, Un, Ittiri, Sorso ed Alghero. È invece poco presente nelle altre parti di Sardegna. Nel Sassarese è conosciuto come Cagnulari Sardo, Cagnolari Nero, Cagnovali, Cagnonale, mentre ad Alghero viene chiamato Cagliunari; in Gallura assume la denominazione di Ca/dareddhu o Ca/dare/io. Vinificato in rosso, senza il concorso di altre uve, il Cagnulari dà origine a un vino elegante, di buona struttura, con un colore che va dal rosso rubino carico con venature viola al rosso granato. Il profumo è caratteristico del vitigno, intenso, vinoso, con note caratteristiche di geranio e aromi speziati ; con gli anni sviluppa un bouquet di grande ampiezza. Al palato si svela asciutto e armonico, di corpo tendente al robusto, con buone doti di calore e morbidezza, abbastanza tannico ed amarognolo. Il tenore alcolico può andare dai 13 gradi ai 15 o 16.
10 Carignano del Sulcis Sebbene quantità modeste di Carignano siano coltivate anche in Toscana, nel Lazio e nelle Marche, ove lo si usa per ravvivare la tinta di alcuni dei rossi e dei rosé locali, è nella nostra isola che questo vitigno ha avuto il suo maggiore successo, trovando le condizioni ideali per il suo sviluppo nel Sulcis, l estremo lembo di Sud-Ovest. L incontro tra questa terra e il vitigno è stato ed è tanto felice che oggi il Carignano si colloca al terzo posto per volumi produttivi tra le uve rosse coltivate in Sardegna. Anche se offre rese più abbondanti e remunerative quando sia coltivato su terreni argillosi sciolti e ben esposti, tipici dell entroterra sulcitano, le piante più apprezzate sono quelle dei vecchi vigneti ad alberello impiantati lungo la fascia costiera, su sabbia: qui, dove le vigne non hanno mai conosciuto la fillossera, non è raro trovare esemplari di vite coltivate ancora ad alberello su piede franco. Nascono proprio da queste piante i Carignano forse più autentici e generosi, con un contenuto estrattivo esuberante ed una qualità di tannini particolare alta: vini rotondi e grassi, di sapidità tale da sconfinare a volte quasi nel salato, ma comunque di piacevolezza straordinaria. Riconosciuto nel 1977 come vino a Denominazione di Origine Controllata, il Carignano del Sulcis nasce per almeno 85% da uve del vitigno omonimo, che il disciplinare prevede possano essere integrate con quelle di altri vitigni a bacca rossa della zona (Monica e/o Pascale e/o Alicante Bouschet). D aspetto si presenta di un intenso rosso rubino tendente al granata. Il bouquet è intenso, fruttato, con more, lampone e ribes in maggior spicco. Al palato è secco e sapido, morbido, caldo d alcol, di buon corpo e giustamente tannico, di buona persistenza. La qualifica di superiore spetta al Carignano invecchiato per almeno ventiquattro mesi, almeno sei dei quali in affinamento, con contenuto d alcol minimo pari al 13%. La riserva segue la stessa procedura di invecchiamento del Superiore, ma si differenzia per il titolo alcolometrico minimo, che non può scendere sotto il12,5%. Il Passito nasce dalle uve lasciate sulla pianta ed ammostate nel periodo che va tra la metà di ottobre e la fine del marzo successivo. Sono previste infine le varietà rosato e novello.
11 Malvasia di Bosa Le uve della Malvasia nascono da un vitigno molto antico, il Malvasia di Sardegna, dal quale traggono origine due varietà di vino, la Malvasia di Bosa e la Malvasia di Cagliari. Entrambe molto diverse dalle tante Malvasie d Italia, le Malvasie sarde hanno differenze non trascurabili fra loro stesse, tanto da far capo a disciplinari diversi. Gli enologi di Sardegna concordano nel ritenere che tali differenze si debbano non soltanto alla diversa natura del clima e dei terreni e alle differenti tecniche di vinificazione, ma anche al fatto che le due Malvasie hanno origine in realtà da doni diversi di una stessa varietà originaria di vitigno. Diffuso in varie zone della Sardegna, come la Marmilla, il Parteolla e il Sulcis, il vitigno della Malvasia ha però il suo scrigno in una manciata di comuni, sparsi tra la piana dei Temo e i colli della Planargia: i bei paesi di Bosa, Suni, Tinnura, Flussio, Magomadas, Modolo e Tresnuraghes. È qui che questo vitigno si esprime con caratteristiche di particolare pregio e finezza. Ciò si deve alle caratteristiche particolari del territorio, e alla natura stessa dei suoli, in prevalenza calcarei, carichi di potassio e parchi di azoto, esposti a meraviglia al sole e bagnati dalle acque placide del Temo. Quattro le tipologie di questo vino: dolce naturale, secco naturale, liquoroso dolce naturale e liquoroso secco o dry, che possono essere immesse al consumo dopo un invecchiamento di almeno due anni. Per tutte il disciplinare prevede un colore che dal giallo paglierino vira al dorato, e un odore intenso, delicatissimo. Il sapore va dal dolce al secco, ed è alcolico con retrogusto amarognolo, di gran corpo. il grado di alcol minimo complessivo è di 15 gradi per il tipo dolce naturale e secco. Le due versioni liquorose si distinguono al gusto e all olfatto per una maggior finezza ed un aroma più spiccato. La loro gradazione alcolica minima è naturalmente più robusta: 17,5 gradi.
12 Moscato Le varietà sarde di Moscato nascono dal Moscatello, su Muscadeddu o Muscau, un vitigno che ha evoluto caratteristiche diverse nelle diverse zone dell isola; è così che nei terreni a substrato calcareo tipici del Campidano e della Romangia produce uve molto zuccherine ed aromatiche, con patrimonio acido misurato; nei terreni granitici della Gallura dà invece vita a uve meno zuccherine e più acidule, di aroma delicato, che si prestano ottimamente ad ottenere anche un pregevole spumante. Queste differenze si riflettono in tre DCC distinte: il Moscato di Sorso-Sennori, prodotto nel territorio della Romangia, il Moscato di Cagliari, che nasce in un area che dal Campidano discende al Basso Sulcìs (includendo l isola di Sant Antìoco), e il Moscato di Sardegna, diffuso in tutta l isola. Il primo nasce nella ristretta zona dei comuni di Sorso e Sennori, in un territorio, quello della Romangia, felicemente esposto al sole ed agli aromi del mare e della macchia; i terreni sono inoltre di natura sabbiosa, calcarea e in parte argillosa, con microclima asciutto e ben ventilato. Un insieme di condizioni che è ideale, insomma, per la coltivazione di uve di qualità particolare. A differenza del Moscato di Sorso e Sennori, che nasce da uve lasciate appassire leggermente sulla pianta, quello di Cagliari nasce da uve raccolte ben mature, ma non ancora passite. La tipologia dolce naturale si caratterizza per il colore dorato carico e le fragranze molto intense ed aromatiche. Al gusto è di squisita dolcezza, vellutato, di corpo pieno, caldo d alcol. La tipologia liquorosa dolce naturale ricorda l uva con maggiore finezza nell odore e nel sapore, e ha un più spiccato aroma rispetto al semplice Moscato dolce; ha inoltre una gradazione minima pari a 17,5 gradi, e se invecchiata un anno dà origine alla terza tipologia di questo Moscato, la riserva. Mentre il Moscato di Cagliari e quello di Sorso e Sennori sono vini fermi, il Moscato di Sardegna è spumantizzato, e di gusto decisamente dolce. Prodotto in tutto il territorio isolano, quest ultimo ha una brillante veste giallo paglierino tendente al dorato, con perlage fine, fitto e persistente. Quando è prodotto in Gallura, e in particolare nella zona di Tempio, ha la sottodenominazione Moscato di Tempio o Gallura, ed è un delicatissimo spumante dolce.
13 Vernaccia di Oristano Ritrovamenti archeologici nell area dell antica Tharros rendono ragionevolmente certi che la Vernaccia si producesse fin dall antichità nelle contrade del Sinis, delle quali potrebbe dunque essere originaria. Ed è sicuramente vero che da millenni il vitigno della Vernaccia ha trovato proprio nella bassa valle del Tirso le condizioni ideali per prosperare. È qui, dove le terre si distinguono in gregori, magre e sabbiose, e bennaxi, un tempo paludi ora terre fertilissime, che la Vernaccia acquista intatti la sua espressione più compiuta. Vino particolarissimo, la Vernaccia fa storia a sé non solo per la sua eccezionale finezza di gusto e l elevato grado alcolico (conta non meno di 15 gradi), ma per le stesse tecniche di vinificazione, che gli usi dell Oristanese volevano e ancora vogliono diverse da quelle riservate agli altri vini sardi (fa eccezione in parte la Malvasia di Bosa). Il suo segreto principe rimane, oggi come in passato, il lungo invecchiamento in botti parzialmente scolme. Dopo due anni di invecchiamento la Vernaccia sfoggia la sua tipica brillantezza d ambra ed emana un profumo intenso, delizioso: un bouquet in cui sentori di mandorlo e pesco in fiore si fondono con la fragranza della viola; al palato offre il suo sapore ammandorlato tiepido e carezzevole, lievemente acidulo. Le migliori produzioni possiedono su murruai una particolare sfumatura organolettica che le rende ancora più apprezzate e ricercate. Dopo quel primo paio d anni la Vernaccia può invecchiare quasi ad oltranza, affinando i propri pregi, vestendosi di una coloritura d ambra sempre più intensa e calda. Il disciplinare prevede quattro tipi di Vernaccia. Anzitutto il Vernaccia di Oristano, con gradazione minima di 15 gradi d alcol e due anni di invecchiamento. E superiore la Vernaccia invecchiata per almeno tre anni con 15,5 gradi d alcol. Un ulteriore anno di invecchiamento definisce la tipologia riserva, 16,5 gradi e un contenuto di zuccheri non inferiore ai 50 g per litro distingue il tipo liquoroso dolce, mentre il liquoroso secco deve avere 18 gradì e un contenuto di zuccheri non interiore ai 40 grammi per litro. La resa massima di uva per ettaro è pari a ottanta quintali, ma i produttori si attengono a valori assai più contenuti. È appena il caso di precisare che la Vernaccia sarda non ha nessun legame, se non nel nome, con le Vernacce diffuse nelle altre parti d Italia.
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