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- Achille Mantovani
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1 I LIMITI Cenni storici Il concetto di ite era già presente in modo intuitivo nell'antichità, per esempio da Archimede, ed è stato utilizzato, anche se non in modo rigoroso, a partire dalla fine del XVII secolo da Newton, Leibniz, Eulero e D'Alembert. Tuttavia, la prima definizione di ite abbastanza rigorosa risale al XIX secolo con Cauchy, seguita dalla miglior formalizzazione di Weierstrass. Una completa teoria del ite si ha solo grazie ad Heine, che nel 1872 pubblicò un lavoro che creò molto interesse all'epoca; Heine stilò, infatti, tutte le regole e proprietà riguardanti il ite. Molti altri studiosi si sono interessati al problema del ite, approfondendo l'argomento con lo studio dell'analisi infinitesimale, tra cui Bolzano, Dedekind e Cantor. Le tipologie di ite: di successione e di funzione In analisi il concetto di ite è largamente usato in quasi tutti i rami della disciplina: serve a definire l andamento di una funzione nelle zone remote del proprio dominio, è alla base del calcolo differenziale/integrale, è necessario per definire la continuità di una funzione In generale l operazione di studio del ite può fornire tre differenti risultati (quindi valori): Un numero finito; Un numero infinito; Un numero che non esiste! Classificando, invece, l operatore ite non per tipologia di risultato, ma per oggetto analitico a cui si applica, si possono definire due differenti tipologie di ite: Il ite di una successione 1 Il ite di una successione a numeri reali interi {a n} è un numero a, a cui la successione si avvicina sempre più e a cui tenderà per un n infinitamente grande. Formalmente tale concetto può essere espresso nella forma: ε > 0 NεN a n a < ε con n > N 1 In analisi matematica, una successione o sequenza infinita o stringa infinita può essere definita intuitivamente come un elenco ordinato costituito da una infinità numerabile di oggetti, detti termini della successione, tra i quali sia possibile distinguere un primo, un secondo, un terzo e in generale un n-esimo termine per ogni intero n. 1
2 Il ite di una funzione Il concetto di ite di funzione è strettamente correlato a quello di successione (in quanto l idea alla base è del tutto analoga) tuttavia, dovendo studiare una funzione, e quindi avendo a che fare con la proprietà di densità dei numeri reali, è necessario fornire ulteriori definizioni formali prima di procedere con una scrittura analitica del concetto di ite: una successione è infatti definita nel dominio dei numeri interi (o meglio naturali): {a n } con n N E quindi intuitivo che il dominio di una generica successione, nonostante sia composto da un numero infinito di elementi (in quanto l insieme dei numeri interi/naturali ha cardinalità infinita, analogamente a quanto avviene nel caso dei numeri reali) sia ilitato ma non infinito, in quanto composto da elementi discreti: D(a n ) = {1,2,3,4,5,, N, N + 1, N + 2, } Se si considera invece una funzione, il discorso è completamente diverso: una generica funzione scalare (quindi a una sola variabile), definita nel campo dei numeri reali è rappresentabile nella forma: f(x): R R Quindi se si considera il dominio di una funzione scalare reale, è intuitivo che questo sia ilitato e infinito: la proprietà di densità indica proprio il fatto che, nel dominio dei numeri reali, fissati due elementi distanti a piacere è sempre possibile determinarne un terzo collocato tra questi due. A causa di questa proprietà è necessario definire il concetto di punto di accumulazione : Dato un sottoinsieme A dei numeri reali e un punto x 0 (non necessariamente appartenente ad A), si dice che x 0 è un punto di accumulazione per l insieme A se in ogni intorno I(x 0) esiste almeno un elemento x diverso da x 0 e appartenente ad A. In formule: I(x 0 ) x A R: x 0 x I(x 0 ) Considerando quindi una generica funzione f(x) e un punto di accumulazione x 0 appartenente al dominio D della funzione, un numero reale l è il ite della funzione f(x) per x tendente a x 0, se la distanza tra f(x) e l è arbitrariamente piccola quando x si avvicina a x 0. In formula: ε > 0 δ ε > 0 f(x) l < ε x D, con 0 < x x 0 < δ ε Quindi, in questo caso, l operatore ite potrà essere formalmente scritto nella forma: f(x) = l x x 0 2
3 Il calcolo del ite di una funzione Risoluzione tramite sostituzione La procedura per calcolare il ite di una generica funzione non è, purtroppo, univoca: il metodo più intuitivo e diretto per il calcolo del ite è il Metodo della sostituzione : questo metodo prevede la sostituzione della variabile con il valore in cui è centrato il ite. Si consideri la funzione f(x) di cui si vuol studiare il ite per il valore x che tende a 0: f(x) = x + 2 2x x + 2 f(x) = 0 2x = = 2 Risoluzione tramite confronto asintotico Il principale ite del metodo in precedenza proposto risiede nel fatto che la definizione di ite non richiede necessariamente che il valore l calcolato venga effettivamente raggiunto dalla funzione, per cui non sempre il metodo della sostituzione può essere applicato. Tuttavia questo problema risulta particolarmente evidente su un piano puramente teorico, in quanto nella pratica, seppure impropriamente, è possibile sostituire un certo valore nella funzione per poi osservarne il comportamento; se si considera l operazione di ite su un piano prettamente operativo, invece, il principale problema è dato dalle così dette forme indeterminate. Si definiscono forme indeterminate in matematica le espressioni in cui (dopo aver operato l operazione di sostituzione) si ottengono i seguenti risultati: 0 0 ; ; 0 ; 1 ; 0 0 ; 0 ; + Per ovviare al problema delle forme indeterminate si può tramite modi differenti; il metodo più intuitivo (e probabilmente più rapido) per risolvere iti che portano a una forma indeterminata è lo studio degli ordini di infinito e di infinitesimo (quindi la velocità con cui la funzione diverge o converge a 0). E possibile scomporre questa metodologia di risoluzione in tre diversi passaggi: 1. Individuzione dei termini significativi nell andamento della funzione; 2. Determinazione dell ordine di infinito/infinitesimo dei termini significativi; 3. Calcolo del ite. Considerando gli ordini di infinito (quindi la velocità con cui la funzione diverge all infinito) e due parametri reali strettamente positivi a e b, con a>b, è possibile ordinare le più comuni funzioni in ordine di velocità crescente: log a (x) ; log b (x) ; x b ; x a ; b x ; a x ; x! 2 ; x x 2 Il fattoriale è una espressione propria esclusivamente delle successioni, in quanto è una operazione definita solo nel dominio dei numeri interi e non dei reali: è quindi da considerare come impropria questa espressione nel contesto dello studio dei iti di funzione. 3
4 Conoscendo quindi gli ordini di infinito di una funzione si possono risolvere iti anche apparentemente complessi: si consideri il seguente esempio: ) + 2x + x 5 [f(x)] = x x ln(x2 2 x + e x + 1 Passo 1: Individuzione dei termini significativi Per inidividuazione dei termini significativi si intende lo studio della funzione finalizzato a identificare quali siano in termini che definiscono il comportamento asintotico della funzione: semplificando, nel caso di iti che studiano il comportamento all infinito di una funzione, si devono identificare i termini più veloci della funzione. In questo caso è evidente come il termine di quinto grado al numeratore e l esponenziale al denominatore facciano da padroni. ) + 2x + x 5 x ln(x2 2 x + e x + 1 x x5 e x Passo 2: Determinazione dell ordine di infinito dei termini significativi Questo passaggio è molto immediato purchè si conosca il comportamento delle funzioni e il loro ordine di infinito! In questo caso è immediato determinare che il denominatore è sicuramente più veloce del numeratore in quanto una funzione esponenziale (con qualsiasi base) è sempre più veloce di una funzione polinomiale (con qualsiasi grado all esponente). Passo 3: Calcolo del ite In questo caso il calcolo è immediato: sapendo che il denominatore ha un ordine di infinito superiore rispetto al numeratore si può affermare che il ite sia nullo. Intuitivamente, ma non certo formalmente, si può ipotizzare che, essendo il denominatore più veloce del numeratore, questo arriverà a un valore infinito (che sappiamo bene non esistere, ma essere elusivamente una convenzione) quando il numeratore sarà ancora a un valore finito, seppur molto grande. Ovvero: Risoluzione tramite la regola di De L Hôpital x x5 e x = N = 0 con N > 0 Purtroppo esistono iti che, sia utilizzando il metodo della sostituzione sia quello del confronto asintotico, risultano ancora risolvibili. Fortunatamente un nobile francesce, un tale marchese De L Hôpital, nel XVII secolo scoprì un teorema molto utile nella risoluzione di iti particolarmente ostici. Si enuncia quindi il teorema: Siano f(x) e g(x) due funzioni scalari a variabile reale, continue nell intervallo [a;b] e derivabili nell intervallo (a;b), con g(x) e g (x) 0, eccetto al più per x=c con a < c < b. 4
5 Siano inoltre f(x) e g(x) tali che f(x)/g(x) tende a una forma indeterminata con x=c: quindi se esiste: f (x) x c g = L con < L < + (x) Allora per il teorema si ha che il ite del rapporto delle derivate è uguale al ite del rapporto delle funzioni: f(x) x c g(x) = x c f (x) g (x) = L Per dimostrare l utilità di questo teorema può essere utile fare un semplice esempio: in analisi sono noti alcuni iti, definiti appunto iti notevoli, il cui calcolo risulta tutt altro che intuitivo, almeno che non si usino degli artifici analitici, quale può essere il teorema di De L Hôpital. Si consideri quindi il seguente ite: sin(x) Procedendo tramite la semplice sostituzione si può osservare come il risultato sia la forma indeterminata 0/0 non è quindi il metodo adatto per risolvere questo ite! Tuttavia procedere con il metodo del confronto asintotico risulta decisamente impossibile: la funzione seno, infatti, è una funzione oscillante che non ha quindi alcun ordine di infinito: quindi come procedere? Si può facilmente verificare che la funzione soddisfa le ipotesi del teorema di De L Hôpital, per cui, applicandolo, si ottiene: x 0 f(x) = x 0 cos(x) f (x) = = 1 x 0 1 Nel caso scelto in esempio, una sola applicazione del teorema di De L Hôpital è sufficiente per risolvere il ite, tuttavia in altri casi può essere necessario applicare più volte, iterativamente, tale teorema. Come in precedenza anticipato, in analisi esistono dei iti definiti iti notevoli la cui memorizzazione potrebbe essere utile, in quanto la risoluzione non è così immediata. Si propone quindi un elenco di alcune forme indeterminate: 1 cos(x) = 0 1 cos(x) 2 = x x ± x = e x x x ± x + 1 = 1 e 5
6 Risoluzione tramite serie di Taylor (Accenni) ln(1 + x) = 1 e x 1 = 1 Il metodo di risoluzione dei iti per eccellenza è sicuramente quello che sfrutta la serie di Taylor. Questa serie prende il nome dal suo scopritore, una matematico inglese di nome Taylor, appunto, vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, il quale scoprì che era possibile approssimare qualsiasi funzione in un punto, tramite una serie il cui n-esimo termine deriva dalla derivata n-esima della funzione di partenza. In particolare la serie di Taylor, approssimante una generica funzione f(x) in un punto x=a, ha la forma: T(x) = f(n) (a) (x a) n! n=0 Tuttavia lo studio (ma anche solo il calcolo dei coefficienti) della serie può risultare più complesso dello studio del ite in questione, per questo motivo particolarmente interessante è la serie di Maclaurin (matematico scozzese vissuto nello stesso periodo di Taylor), ovvero la serie di Taylor calcolata in x=0. E possibile fornire gli sviluppi in serie di Mclaurin senza dover eseguire alcun conto, in quanto già noti in letteratura. Si consideri ad esempio la funzione cos(x): cos(x) = 1 x2 2 + o(x2 ) La serie di Maclaurin (o più correttamente il polinomio di Maclaurin) in questo caso ci dice che nell intorno di zero è possibile approssimare la funzione coseno come somma di funzioni polinomiali (in particolare come una funzione quadratica), a meno di errori dovuti a termini di grado superiore al secondo( questa informazione viene fornita dal termine o(x 2 ) che si legge o-piccolo di che rappresenta, quindi, un termine trascurabile in fase di calcolo del risultato). Volendo utilizzare i polinomi di Maclaurin per risolvere uno dei iti notevoli in precedenza proposti si ha: x 1 cos(x) o(x2 ) x 2 2 = 2 = 2 + o(x2 ) 2 = 1 2 6
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