C. Boccaccio Appunti di Analisi Matematica CAP. II. Cap. 2 NUMERI REALI

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1 Cap. NUMERI REALI In questo capitolo si richiamano le proprietà principali dei numeri reali. I numeri più semplici sono gli interi naturali: 0,,,. Essi formano un insieme che si denota con il simolo N L insieme degli interi naturali diversi da 0 lo denotiamo con N*, cioè poniamo N* = N - {0}. Addizionare o moltiplicare due interi naturali è sempre possiile, mentre non si può sempre eseguire la sottrazione o la divisione fra interi. Se poi m, n N si dice che m è minore o uguale ad n (oppure n è maggiore o uguale ad m ) e si scrive m n (oppure n m ), se esiste h N tale che n = m+h. Se h 0 si dice m è strettamente minore di n e si scrive m < n. La relazione ora definita su è una relazione d ordine, cioè gode delle seguenti proprietà: ) n N : n n (proprietà riflessiva), ) mn, :( m nn, m m= n) m, n, p N : (m n, n p m p), (proprietà transitiva) 3) m, n N : (m n, n m m = n) (proprietà antisimmetrica). La relazione permette di confrontare due qualsiasi numeri interi naturali m ed n, in quanto risulta o m n oppure n m. In particolare 0 è minore o uguale di qualsiasi intero; inoltre ogni intero n è strettamente minore del suo successivo n+ e, quindi, non esiste un intero maggiore o uguale di ogni altro intero. Una proprietà fondamentale di N è il cosiddetto "PRINCIPIO DI INDUZIONE COMPLETA" che si enuncia come segue: "Per ogni n N sia P n una proprietà attriuiile ad n. Se risulta i. P 0 vera ii. n N : (P n P n+ ) (ipotesi d induzione) allora P n è vera per ogni n N." Questa proprietà si può generalizzare nel modo seguente: "Sia p N e, per ogni n p, sia P n una proprietà attriuiile ad n. Se risulta iii. P p vera iv. n p:( Pn P n + ) allora P n è vera per ogni intero n p." Il principio di induzione completa si adopera per dimostrare molte proprietà degli interi, ad esempio le seguenti uguaglianze: * nn ( + ) 4) n : n = ; * 5) n : (n ) = n ; 3 * n n n n n = + + 6) :... ; 3 6 * ) n : n = ( n) nn+ ( ) Per dimostrare la 4) poniamo P n = n = per ogni n. Risulta P vera. Inoltre se è vera P n, cioè se n( n +) n =, aggiungendo n + ad amo i memri si ottiene n( n +) ( n + )( n + ) n + (n + ) = + (n + ) =,

2 cioè è vera anche P n+. A questo punto si può affermare, in virtù del principio di induzione completa, che P n è vera per ogni n, ossia è vera la 4). Un altra proprietà importante di N è contenuta nella seguente PROP. Se X è un sottoinsieme non vuoto di N, allora esiste m X tale che n X : m n (cioè esiste il più piccolo elemento di X). Dim. Supponiamo per assurdo che non esista il più piccolo elemento di X. Dunque si ha: m X n X t.c. n < m. Allora, fissato m X, è infinito l insieme degli elementi di X (e quindi di N) minori di m: ciò è assurdo in quanto gli elementi di N minori strettamente di m sono 0,,, m-, dunque sono in numero finito. L impossiilità di eseguire sempre la sottrazione fra interi naturali ha condotto ad ampliare con l aggiunta degli interi negativi -, -,, -n, ottenendo così l insieme degli interi relativi. Si ha, dunque, Z = { 0,, -,, -,, n, -n, }. Anche in Z non è sempre possiile la divisione, mentre è sempre possiile, oltre alla sottrazione, anche il confronto. Infatti, come per N, anche in Z si assume che m n se esiste h tale che n = m + h. Da ciò segue, ad esempio, che - < - perché - = (-) +. È del tutto ovvio che. Un ampliamento di Z, reso necessario dall esigenza di poter effettuare sempre la divisione, si ottiene aggiungendo a Z i numeri frazionari o razionali, cioè le frazioni del tipo m con m ed n n elementi di Z ed n 0. L insieme così ottenuto si denota con e si chiama insieme dei numeri razionali. Se n, n si identifica con la frazione n. Grazie a tale identificazione si ha che e, quindi,. Due frazioni m n e m si considerano uguali se e solo se n mn = mn. Su Q le operazioni di addizione e moltiplicazione si definiscono nel seguente modo: m m m n + m n + = ; n n n n m m m m = n n n n Si pone, poi, m 0 n se e solo se 0 m n; si pone, inoltre, m m n n m m m n m n se e solo se 0 -, cioè se e solo se 0. n n n n 5 5 Ad esempio si ha < perché - = > n 0 Si noti che non hanno alcun significato le frazioni del tipo e quindi. Inoltre dalla 0 0 definizione di prodotto consegue che è sempre possiile dividere una frazione per un altra non

3 m m nulla: se Q ed {} 0 n n, il risultato della divisione di m n per m n è mn, infatti si ha nm m m n m =. In altri termini si ha n n m n m n m n = m n m n Notiamo, infine, che l insieme Q, munito delle due operazioni di addizione e moltiplicazione sopra definite, ha una struttura algerica di corpo. Ciò nonostante in Q non è sempre possiile l operazione di estrazione della radice di un numero positivo. Ciò è messo in luce nella seguente PROP. - Non esiste alcun numero razionale q tale che q =. ( * ) Dim. - Supponiamo per assurdo che esista un numero razionale q tale che q =. Possiamo supporre che q = m n con m ed n interi positivi e primi fra loro. Dunque m = n ; ciò implica che m è pari, dunque m è pari. Pertanto esiste k tale che m = k, ovvero m = 4k e, quindi, n = k. Perciò n, e quindi n, è pari. Allora m ed n hanno come divisore comune, e ciò è assurdo per l ipotesi fatta su m ed n. Quanto detto sopra giustifica l ampliamento dell insieme Q dei numeri razionali nell insieme cosiddetto dei numeri reali, insieme nel quale, come vedremo, è sempre possiile l operazione di estrazione della radice. Qui ci limitiamo a dare una presentazione assiomatica di questo nuovo insieme. L insieme dei numeri reali è un insieme, munito di due operazioni + (addizione) e (moltiplicazione), e di una relazione d ordine, che soddisfano le seguenti proprietà (assiomi) algeriche e dell ordine. Proprietà algeriche di R ) + = + ; = ) ( + ) + z = + ( + z); ( ) z = ( z) 3) ( + z) = + z 4) 0 tc.. :0+ = (0 è detto lo zero di R) 5) { 0 } tc.. : = ( è detta l unità di R) 6) tc.. + ( ) = 0(- è detto l opposto di ) 7) { 0 } tc.. = ( - è detto l inverso di ) Proprietà dell ordine di R ) ) (, z) ( z) 3) (, ) ( = ) 4) ( ) ( + z + z) per ogni z 5) (,0 z) ( z z) 6), :( < ) ( < ) ( = ) (cioè è di totale ordine) 7) (assioma di completezza) - Se A e B sono sottoinsiemi non vuoti di R tali che ogni elemento di A sia minore o uguale di ogni elemento di B, allora esiste almeno un elemento l di R tale ( * ) Ciò significa, da un punto di vista geometrico, che la misura della diagonale di un quadrato di lato unitario non è un numero razionale. 3

4 che per ogni e B) A e per ogni B risulti l. (l si dice elemento di separazione di A Conseguenze delle proprietà algeriche ) ( + z = + z) ( = ) ) ( z = z, z 0) ( = ) 3) ( ) = ; 0 = 0= 0; ( z) = z 4) { 0 }:( ) = 5) ( = 0) ( = 0) ( = 0) 6) (Possiilità della sottrazione) - a, tca.. + =. Tale è + (-a) e si denota con - a. a 0, tc.. a =. Tale è a e si 7) (Possiilità della divisione) - { } denota con a (quoziente di ed a). (*) 8) ( ) = ( ) = ( ); ( ) ( ) = 9) ( ) = ovvero = se 0e 0 0) = = se 0 ) + + = se 0 e 0 = se 0 e 0 ) 3) = = se 0, 0, 0 Conseguenze delle proprietà dell ordine ) (, z t) ( + z + t) ) ( ) (0 ) ( ) ( 0) 3) (, z 0) ( z z) 4) (Regola dei segni) - (0, 0 ) (0 ); ( 0, 0) (0 ); (0, 0) ( 0) (**) 5) :0. (dunque 0 < ) 6) (0, 0 ) ( ) 7) (0 ) ( ) 8) (0 < ) 0 < (*) Se a 0, risulta a - = a. (**) Un numero reale si dice positivo (risp. negativo) se 0 (risp. 0). 4

5 9) (0 < ) 0) ( < 0) Uno dei molteplici modi per definire i numeri reali è quello di ricorrere alla loro rappresentazione decimale. In tal modo si possono facilmente distinguere i numeri razionali da quelli irrazionali, in quanto i primi hanno una rappresentazione decimale finita oppure non finita ma periodica, mentre gli altri hanno una rappresentazione decimale non finita e non periodica. Ad esempio si ha 3 = 0,4; = 0, ( = 0, 3) 5 9 mentre il numero 0,0000 è irrazionale, come anche il famoso numero p-greco π = 3, È di grande utilità la rappresentazione geometrica dei numeri reali dovuta a Cartesio (637), perciò detta rappresentazione cartesiana dei reali. Essa consiste nello stailire una corrispondenza tra punti di una retta e numeri reali, più precisamente una applicazione igettiva tra una retta ed R. Vediamo come si ottiene una siffatta applicazione. Su una retta r si fissi un verso e lo si chiami positivo; l altro verso sarà detto negativo. Poi su r si fissino due punti distinti O ed U di guisa che il segmento OU sia orientato nel verso positivo. Chiameremo semiretta positiva di r la semiretta di r di origine O alla quale appartiene U, negativa l altra. Denotiamo con r + (risp. r - ) la semiretta positiva (risp. negativa) di r. Dopo ciò, per ogni punto P r poniamo OP se P r+ P = OP se P r dove OP è la misura del segmento di estremi O e P rispetto al segmento di estremi O e U, assunto come unità di misura. Si dice, allora, che si è fissato su r un riferimento cartesiano di origine O e punto unità U. La retta r si chiama retta cartesiana o asse cartesiano. Le semirette r + ed r - si chiamano rispettivamente semiasse positivo e semiasse negativo. Inoltre per ogni punto P r il numero reale P si chiama ascissa di P (rispetto al riferimento cartesiano assegnato). Evidentemente l ascissa dell origine O è lo zero mentre l ascissa del punto unità U è. È anche ovvio che P r + se e solo se 0 P (e dunque P r se e solo se P 0 ). Si dimostra che l applicazione (di r in R) P P è igettiva, dunque ad ogni punto P della retta r si associa un solo numero reale P (ascissa di P), viceversa ad ogni numero reale si associa un solo punto P di r (l unico punto P tale che P = ). Per questo motivo si conviene di identificare ogni punto della retta cartesiana con la sua ascissa: ad esempio si parlerà del punto -3 per indicare il punto di ascissa -3. Per lo stesso motivo la retta cartesiana si chiama anche retta reale. In figura sono rappresentati i punti di ascissa -,, 3 7,

6 Vogliamo ora far vedere come, utilizzando l assioma di completezza, si può definire la radice quadrata aritmetica di un numero reale positivo; per semplicità costruiamo la radice quadrata di. A tal fine si osservi che il più grande intero il cui quadrato è minore di è, cioè si ha < < Si osservi che le disuguaglianze sono strette perché, a causa della PROP., non esiste alcun numero razionale il cui quadrato sia uguale a. Ora si divida il segmento che unisce e sulla retta cartesiana in 0 parti uguali; i punti di suddivisione hanno le seguenti ascisse,,,8,9 Tra questi numeri si cerchi il più grande il cui quadrato sia minore di ; tale numero è,4, pertanto risulta (,4) < < (,5). Si cerca, poi, in modo analogo il più grande numero razionale con due cifre decimali il cui quadrato risulti minore di ; tale numero è,4, pertanto si ha (,4) < < (,4). Operando allo stesso modo si ottengono le seguenti disuguaglianze: (,44) < < (,45) e (,44) < < (,443). Tale procedimento non ha mai fine perché non si può mai ottenere un numero razionale il cui quadrato sia uguale a. Si vengono così a definire due successioni ( an) n e ( n) n di razionali che soddisfano le condizioni: ) n : an < < n ) n : n an =. n 0 Per quanto trovato innanzi si ha a 0 = ; a =,4; a =,4; a 3 =,44; a 4 =,44 mentre 0 = ; =,5; =,4; 3 =,45; 4 =,443. Si ha anche 3) n : a 0 in quanto n an = ( n an) ( n + an) e i numeri a n e n sono minori di. Considerati gli insiemi A = { an : n } eb = { n : n } essi sono separati a causa di ), dunque per lassioma di completezza A e B ammettono un elemento di separazione: sia α tale elemento. Risulta pertanto n : an α n e, quindi 4) n : an α n. Da ) e 4) consegue per ogni n N an n α n an Dimostriamo che α =. Infatti se per assurdo fosse < α, si avree 4 0< α n an n 0 e, quindi, per ogni n N n 4 n < 0 α 4 ossia tutti gli interi naturali risultereero minori o uguali del numero ; ciò evidentemente è α falso. Pertanto non può essere < α. In modo analogo si prova che non può essere nemmeno α <, dunque essendo la relazione dordine di R di totale ordine si ha 4 n n n 6

7 α =, ossia α è la radice quadrata aritmetica (cioè positiva) di. Si noti che α è lunica radice quadrata aritmetica di, infatti se β è un altro numero reale positivo tale che β = si ha α = β e, quindi, α = β. Si noti, ancora, che α non può essere un numero razionale a causa della PROP., dunque la radice quadrata di è un numero irrazionale (ovvero ha una rappresentazione decimale illimitata e non periodica) le cui prime quattro cifre decimali sono quelle trovate innanzi, ossia =,44 Da quanto dimostrato sopra consegue, evidentemente, che Q gode di tutte le proprietà di R ad eccezione della completezza; infatti se così non fosse, saree un numero razionale. Con procedimento analogo al precedente si può dimostrare la seguente proposizione * PROP. 3 - Se 0edn, esiste uno ed un solo numero reale positivo tale che n =. Tale numero si chiama radice n-sima aritmetica di e si denota con n. OSS. - Aiamo visto che è un numero irrazionale, rappresentato sulla retta cartesiana dal punto P ottenuto facendo ruotare la diagonale OP del P quadrato di lato intorno allorigine O. Ciò vuol dire che, dopo aver rappresentato sulla retta cartesiana tutti i numeri razionali, su di essa restano infiniti "vuoti". Questi ultimi vengono colmati dai numeri irrazionali, e ciò grazie alla corrispondenza iunivoca tra punti della P retta e numeri reali. O Si pone la seguente DEF. - Se R, si definisce valore assoluto di il numero reale se 0 = se < 0 Dalla definizione conseguono le seguenti proprietà :0 e = 0 ( = 0) ) ( ) ) : = 3) : = 4) : (cioè e ) 5) : = 6) *, : = a 0: = a = a = a 7) ( ) (( ) ( )) 8) a 0: ( a) ( a a) 9) a 0: ( a) ( ( a) ( a ) ) 0), : + + (disuguaglianza triangolare) ), : 7

8 Dim. - La 3) consegue dalluguaglianza = e dalla definizione di radice quadrata. Per dimostrare la 0) asta osservare che e e, quindi, sommando memro a memro donde, a causa della 8), ( + ) Esercizi - Si risolvano le seguenti equazioni e disequazioni: ) 3 - ; ) + 4 > ; 3) 3 - = ; 4) La ) equivale a - 3 -, cioè 3 3, ovvero 3. La ) equivale a ( + 4 > ) ( + 4 < -), ovvero ( > -) ( < -6). Quanto alla 3) si noti che essa equivale a (3 - = 5 + 4) (3 - = -(5 + 4)) cioè ( = -3) = 4 La 4) non ha soluzione perché il valore assoluto è sempre positivo. Si pone la seguente DEF. - Se a, R ed a, i seguenti sottoinsiemi di R [ a, ] = { R : a } ] a, [ = { R : a < < } [ a, [ = { R : a < } ] a, ] = { R : a < } si chiamano rispettivamente intervallo chiuso, aperto, semiaperto a destra, semiaperto a sinistra, di estremi a e. La differenza - a dicesi ampiezza dellintervallo. Il numero a + dicesi centro dellintervallo. Se poi a R, i sottoinsiemi di R [ a,+ [ = { R : a } ] a,+ [ = { R : a < } si chiamano rispettivamente intervallo illimitato superiormente chiuso, aperto, di estremo a. Mentre i sottoinsiemi ],a] = { R : a} ],a[ = { R : < a} si chiamano rispettivamente intervallo illimitato inferiormente chiuso, aperto, di estremo a. OSS. - È evidente che se a, allora a, a, a, a, a, a, ] [ ] ] [ ], ] [ [ [ [ ] e che se a =, allora ] a, [ = ] a, ] = [ a, [ =, [ a, ] = {a} Su una retta cartesiana gli intervalli sono rappresentati da segmenti privati, oppure no, di qualche estremo, e da semirette private, oppure no, dellorigine. a [ a, ] ] c,+ [ 8

9 c CONVENZIONE - Si pone,+ R + = [ 0 [, R = ],0], R * + = ] 0,+ [, R * = ],0[ e si chiamano positivi (risp. strettamente positivi) gli elementi di R + (risp. R * + ), negativi (risp. strettamente negativi) gli elementi di R 0 - r 0 0 +r (risp. R * ). In seguito considereremo alcuni tipi particolari di intervalli, a detti intorni. A tal fine si pone la seguente DEF. 3 - Se 0 R ed r R * +, si chiama intorno di 0 di raggio r lintervallo aperto di estremi 0 - r e 0 + r, cioè ] 0 r, 0 + r [. Linsieme degli intorni di 0 si denota con I( 0 ). Si chiama, invece, intorno di + (risp. - ) ogni intervallo del tipo ] a,+ [ (risp. ],a [) con a R. Linsieme degli intorni di + (risp. - ) si denota con I(+ ) (risp. I(- )). OSS. 3 - Ogni intervallo aperto di dati estremi è intorno del suo centro. Infatti se ] a, [ è un siffatto a + a intervallo, denotato con 0 il suo centro, cioè posto 0 =, e posto r =, risulta a = 0 - r, = 0 + r e, quindi, ] a, [ = ] 0 r, 0 + r [. Dalla definizione di intorno e dalle proprietà del valore assoluto conseguono le seguenti proprietà ) 0 R, r R * + : ( ] 0 r, 0 + r [ - 0 < r) ) 0 R, r R * + : ( ] 0 r, 0 + r [- { 0 } 0 < - 0 < r) r + r r, + ) 3) 0 R, r, r R * + : (r < r ] 0, 0 [ ] 0 0 r [ 4) 0 R, r, r R * + : (r < r ] 0 r, 0 + r [ ] 0 r, 0 + r [ = ] r 0 + r [ 0, ) CONVENZIONE - Si pone per ogni R - <, < +. Si pone, inoltre - < +. Dopo ciò, denotato con Rˆ = R {- } {+ } si prova facilmente che la relazione di totale ordine su R, estesa ad Rˆ come sopra, è una relazione di totale ordine su Rˆ. Rˆ si chiama insieme ampliato dei numeri reali. Si noti che si può rappresentare Rˆ mettendo in relazione i punti di una semicirconferenza e quelli di Rˆ. (v. figura) A O B P P P P 9

10 A - B + Richiami sulle equazioni e disequazioni di grado Si consideri lequazione di grado (*) a + + c = 0 (a 0) e si ponga Δ = - 4ac (Δ si chiama discriminante di (*)) Si prova che ) se Δ > 0, allora lequazione (*) ha due soluzioni reali e distinte date da ± Δ, = (formula risolutiva di (*)) a oppure se = k (k R), allora k ± k ac, = (formula risolutiva ridotta di (*)) a ) se Δ = 0, allora lequazione (*) ha una sola soluzione reale o, come si suol dire, due soluzioni reali e coincidenti date da = = a 3) se Δ < 0, allora lequazione (*) non ammette soluzioni reali o, come si suol dire, è impossiile. Si noti che se Δ 0 allora c 4) + = e = a a da cui consegue a + + c = a( - )( - ). Si noti che le uguaglianze 4) sono utili, a volte, per il calcolo diretto (cioè senza luso della formula risolutiva) delle soluzioni di (*). Per quanto riguarda, invece, la risoluzione di una disequazione di grado, cioè di una disequazione del tipo a + + c > 0 oppure a + + c < 0 si ha quanto segue: a + + c > 0 ], [ ], + [ a > 0 a + + c < 0 ], [ 5) Δ > 0 ( < ) a + + c > 0 ], [ a < 0 a + + c < 0 ], [ ], + [ a + + c > 0 a > 0 a a + + c < 0 per nessun valore di 6) Δ = 0 = = a a + + c > 0 per nessun valore di a < 0 a + + c < 0 a 0

11 a + + c > 0 per tutti i valori di a > 0 a + + c < 0 per nessun valore di 7) Δ < 0 a + + c > 0 per nessun valore di a < 0 a + + c < 0 per tutti i valori di Le 5), 6) e 7) si riassumono nella seguente regola. Il trinomio di grado a + + c 5) se Δ > 0, assume valori di segno concorde col segno di a (cioè del suo primo coefficiente) per tutti i valori di esterni allintervallo che ha per estremi le radici dellequazione a + + c = 0, mentre assume valori di segno discorde col segno di a per tutti i valori di interni allintervallo che ha per estremi le suddette radici; 6) se Δ = 0, assume valori di segno concorde col segno di a per tutti i valori di diversi da, mentre non assume mai valori di segno discorde col segno di a; a 7) se Δ < 0, assume valori di segno concorde col segno di a per tutti i valori di. Esercizi - Si risolvano le seguenti disequazioni: < 0; + > 4; ( + )( - 5) < 0; - 5 0; > 0; > 0; > 0; < 0; Si risolvano le seguenti disequazioni razionali fratte: ) 5 + ) 3 Risolviamo la ). 5 5 ( + ) 5( ) ( )( + ) ( )( + ) Si ha dunque ( )( + ) > 0 ], [ ], + [ ovvero riportando le soluzioni su un grafico (con tratto continuo si tracciano gli intervalli in cui una disequazione è soddisfatta, con tratto discontinuo gli intervalli in cui la stessa disequazione non è soddisfatta) ( )( + ) > 0 Pertanto la ) è soddisfatta per tutti gli ], [ ],3] Risolviamo la ). ( ) (3 )( ) (3 )( ) (3 )( ) Si ha

12 ,, + (3 )( ) > 0 ( 3)( ) < 0,3 dunque graficamente (3 )( ) > Pertanto la ) è soddisfatta per tutti gli 3 3+,, 3, + ] [ Estremi di un insieme numerico Chiameremo insieme numerico ogni sottoinsieme non vuoto di R. Si pone la seguente DEF. 4 - Se X è un insieme numerico e se esiste m X tale che X : m allora si dice che m è il minimo (o più piccolo elemento) di X e questo si denota con min X. Se poi esiste M X tale che X : M allora si dice che M è il massimo (o il più grande elemento) di X e questo si denota con ma X. OSS. 4 - Pertanto si ha m = min X ) m X ) X : m e M = ma X ) M X ) X : M OSS. 5 - Non è detto che il minimo o il massimo di un insieme numerico X esista sempre; se esiste, però, esso è unico. Ad esempio si ha min [a, ] = a, ma [a, ] =. Ma se a < non esistono il min ] a, [ e il ma ] a, [; invece esiste il minimo di [ a, [ ed è a, ma non esiste il ma [ a, [. OSS. 6 - Se esistono il minimo ed il massimo di X si ha sempre min X ma X. Ricordiamo che un insieme numerico X si dice finito se esiste n N* ed esiste una applicazione igettiva f : {,,, n} X. Tale intero n è unico e prende il nome di numero cardinale (o numero degli elementi) di X, e si denota con card (X). Ad esempio sono finiti gli insiemi del tipo {,,, n} o {p+, p+,, p+n} con p, n N*, mentre sono infiniti gli insiemi N, Z, Q, R ed ogni intervallo non vuoto e non ridotto ad un solo elemento. Si dimostra la seguente PROP.4 - Ogni insieme numerico finito ha minimo e massimo. Inoltre ogni sottoinsieme non vuoto di N ha minimo (ma non sempre il massimo).

13 Si pone, poi, la seguente DEF. 5 - Se X è un insieme numerico e se esiste a R tale che X : a (risp. a ) si dice che X è limitato superiormente (risp. inferiormente) ed a dicesi maggiorante (risp. minorante) di X. Si dice, poi, che X è limitato se è limitato inferiormente e superiormente, ossia se esistono a e numeri reali tali che X : a. OSS.7 - Se a è un minorante (risp. maggiorante) di X, allora ogni numero minore (risp. maggiore) di a è un minorante (risp. maggiorante) di X. Pertanto se X è limitato inferiormente (risp. superiormente), allora linsieme dei suoi minoranti (risp. maggioranti) è infinito. Esempi - Se a <, allora gli intervalli [ a, ], ] a, [, [ a, [, ] a, ] sono limitati ma infiniti, mentre gli intervalli [ a,+ [ e ] a,+ [ sono illimitati superiormente ed infiniti; infine gli intervalli ],a] e ],a [ sono illimitati inferiormente ed infiniti. OSS.8 - Se X ha minimo (risp. massimo), allora X è limitato inferiormente (risp. superiormente). Il viceversa non è vero; se, però, un minorante (risp. maggiorante) a di X appartiene ad X, allora a = min X (risp. a = ma X). Dalla OSS.8 e dalla PROP.4 consegue la PROP.5 - Ogni insieme finito è limitato (e, quindi, ogni insieme illimitato è infinito). OSS.9 - In generale non è vero che un insieme limitato sia finito, oppure che un insieme infinito sia illimitato: ad esempio un intervallo [a,], con a <, è infinito ma limitato. Dalla definizione di insieme limitato superiormente (risp. inferiormente) e, conseguentemente, di insieme illimitato (cioè non limitato) superiormente (risp. inferiormente) consegue la PROP.6 - Un insieme numerico X è illimitato superiormente se e solo se α R X t.c. α < Analogamente X è illimitato inferiormente se e solo se α R X t.c. < α. Si noti che un insieme numerico può essere limitato inferiormente (risp. superiormente) senza avere minimo (risp. massimo), come accade per un intervallo non vuoto e aperto ] a, [. Perciò si introduce un concetto sostitutivo di quello di minimo e di massimo, cioè il concetto di estremo superiore ed estremo inferiore. Per far ciò premettiamo la seguente PROP.7 - Se X è limitato inferiormente, allora linsieme dei suoi minoranti è dotato di massimo. Se X è limitato superiormente, allora linsieme dei suoi maggioranti è dotato di minimo. Dim. - Sia X limitato inferiormente. Dunque è non vuoto linsieme dei minoranti di X. Denotato con M tale insieme, cioè posto M = {α R : X : α } risulta α M, X : α. Allora, a causa dell assioma di completezza (cfr. pag. 3), esiste un elemento di separazione degli insiemi M ed X, cioè esiste l R tale che α Μ, Χ : α l. 3

14 Da ciò consegue che l è un minorante di X (quindi l Μ) e che l è il più grande elemento di M. Analogamente si dimostra la seconda parte della proposizione. Ciò giustifica la seguente DEF. 6 Se X è limitato inferiormente, si chiama estremo inferiore di X, e si denota con infx, il più grande elemento dell insieme dei minoranti di X. Se X, invece, è limitato superiormente, si chiama estremo superiore di X, e si denota con supx, il più piccolo elemento dell insieme dei maggioranti di X. OSS. 0 Se X è limitato inferiormente (risp. superiormente) ed M è l insieme dei suoi minoranti (risp. maggioranti), si ha: infx = mam (risp. supx = minm) Sussistono le seguenti due proposizioni. PROP. 8 Se X è limitato, allora infx supx PROP. 9 Se X è dotato di massimo (risp. di minimo), allora supx = max (risp. infx = minx) OSS. Non è sempre vero che se X è limitato superiormente (risp. inferiormente) X è dotato di massimo (risp. di minimo). Se, però, supx X (risp. infx X), allora X ha massimo (risp. minimo) e risulta max = supx (risp. minx = infx) Molto utili sono le seguenti caratterizzazioni dell estremo inferiore ed estremo superiore. PROP. 0 (Proprietà caratteristiche dell estremo superiore) Se X è limitato superiormente e se l R, allora sono equivalenti le seguenti proposizioni: a) l = supx ) X : ) ) ε > 0 X t. c. ε < Dim. a) ). Per ipotesi l è il più piccolo dell insieme dei maggioranti di X. Dunque l è un maggiorante di X, cioè è vera la ) della ). Se poi, si considera ε > 0, essendo l ε < l, non può essere l ε un maggiorante di X in quanto l è più piccolo dei maggioranti di X. Pertanto esiste Χ t.c. l ε < e, quindi, è vera la ) della ). ) a) Supponiamo vera la ). La ) della ) esprime che l è un maggiorante di X. Proviamo, ora, che l è il più piccolo dei maggioranti di X e cioè, che l è minore o uguale di ogni maggiorante di X. Infatti se, per assurdo, ciò non fosse vero, allora esisteree un maggiorante l di X tale che l < l. 4

15 Posto ε = l l si ha l = l ε e, per la ) della ), esiste Χ tale che l ε <, ovvero l <. Ma ciò contraddice l ipotesi che l è maggiorante di X. Pertanto è vero che l è il più piccolo dei maggioranti di X, cioè è vera la a). In modo analogo si dimostra la PROP (Proprietà caratteristiche dell estremo inferiore) Se X è limitato inferiormente e se l R, allora sono equivalenti le seguenti proposizioni: a) l = infx ) X : ) ) ε > 0 X t.c. < + ε Si adotta poi la seguente CONVENZIONE 3 Se X non è limitato inferiormente (risp. superiormente) si pone infx = - (risp. supx = + ) Dalla PROP. 5 consegue, dunque, la seguente PROP. Se X è un insieme numerico, allora sono equivalenti le seguenti proposizioni: a) infx = (risp. supx = + ) ) α R Χ t.c. < α (risp. α R Χ t.c. α < ). Dimostriamo la seguente PROP. 3 L insieme N degli interi naturali è illimitato superiormente. Dim. Supponiamo per assurdo che N sia limitato superiormente. Allora, posto l = sup N, si ha che l R e, per la PROP. 0, esiste n N tale che l < n, cioè l < n +. Ciò è assurdo in quanto, essendo l un maggiorante di N, risulta n + l. COR. (Proprietà Archimedea) Per ogni a R * + na >. Dim. Se a R * + e per ogni R esiste n N tale che e R, poiché N è illimitato superiormente allora esiste n N tale che /a < n (cfr. PROP. ), ovvero na >. COR. (Densità di Q in R) Per ogni a, R tale che a <, esiste q Q tale che a < q <. Dim. Se a, R ed a <, per il COR. esiste n N tale che n( a) >. Fissato un tale n, sia m il più piccolo intero > na. Dunque si ha m - na < m e quindi na < m na + < n 5

16 da cui, posto q = n m, consegue a < q < COR. 3 Per ogni a, R tali che a < esiste α R Q tale che a < α <. a Dim. Se a, R ed a <, si ha anche < e quindi, per il COR. esiste q Q tale che a < q < e da ciò consegue a< q< Posto α = q si ha che α R Q ed a < α <. ) Se a <, allora ESERCIZI inf ] a, [ = inf ] a, ] = inf [ a, [ = inf [ a, ] = a e sup ] a, [ = sup ] a, ] = sup [ a, [ = sup [ a, ] = Dim. Proviamo ad esempio che inf ] a, [ = a. A tal fine dimostriamo che a soddisfa le proprietà caratteristiche dell estremo inferiore di ] a, [ (cfr. PROP. ). Infatti si ha: ] a, [ : a < e quindi è soddisfatta la prima della ) della PROP.. Sia, ora, ε > 0 e sia c = min {a + ε, }. Poiché a < ed a < a + ε, si ha anche a < c. Allora considerato ] a, c [ si ha che ] a, [ ed < a + ε; dunque è soddisfatta anche la seconda della ) della PROP., pertanto a = inf ] a, [. Si noti che inf [ a, [ = inf [ a, ] = a in quanto min [ a, [ = min [ a, ] = a. ) Se a R risulta inf ] a, + [ = inf [ a, + [ = a; sup ] a, + [ = sup [ a, + [ = + e sup ], a [ = sup ], a ] = a; inf ], a [ = inf ], a ] = 3) Risulta inf R = inf R = inf R * = ; sup R = sup R * = 0 e sup R = sup R + = sup R * + = + ; inf R + = inf R * + = 0 6

17 4) Se A e B sono insiemi numerici limitati, allora Sup (A B) = ma { supa, supb} ed inf (A B) = min {infa, infb} 5) Se A e B sono insiemi numerici limitati e se A B, allora supa supb, infb infa. Se poi A e B sono dotati di massimo (risp. di minimo), allora maa mab, minb mina Estremi di una funzione reale Sia X un insieme numerico e sia ƒ : X R una funzione reale definita in X. Si pone la seguente DEF. 7 Si chiama immagine di ƒ l insieme numerico ƒ(x) = { R : X t.c. = ƒ()} ossia l insieme dei valori di ƒ. Più in generale, se A X, si chiama immagine per ƒ di A l insieme ƒ(a) = { R : A t.c. = ƒ()}. Ciò premesso, in quel che segue riferiremo tutti i concetti relativi ad un insieme numerico (minimo, massimo, maggiorante, minorante, estremo superiore, estremo inferiore) all insieme ƒ(x) immagine di ƒ. Si pone, dunque, la seguente DEF.8 Se esiste il minimo (risp. il massimo) di f(x), si dice che esiste il minimo (risp. il massimo) di f e si denota con OSS. Pertanto se m R si ha m = min X e analogamente m = ma X min X ƒ(x) (risp. ma X ƒ(x)) ) 0 X t.c. m =ƒ( 0) (cioè m ƒ( X)) ƒ() ) X : m ƒ ( ) (cioè ƒ ( X): m ) ) 0 X t.c. m =ƒ( 0) (cioè m ƒ( X)) ƒ() ) X : ƒ ( ) m (cioè ƒ ( X): m) Dunque dire che ƒ è dotata di minimo (risp. di massimo) significa che 0 Χ t.c X : ƒ( 0 ) ƒ() (risp. ƒ() ƒ( 0 )) 7

18 Si pone anche la seguente DEF.9 Si chiama minorante (risp. maggiorante) di ƒ ogni minorante (risp. maggiorante) di ƒ(x). Si dice che ƒ è limitata inferiormente (risp. superiormente) se esiste almeno un minorante (risp. maggiorante) di ƒ. Si dice che ƒ è limitata se è limitata inferiormente e superiormente. OSS.3 Pertanto ƒ è limitata inferiormente (risp. superiormente) se Infine si dà la seguente a R t.c. X : a ƒ() (risp. ƒ() a) DEF.0 Si chiama estremo inferiore (risp. superiore) di ƒ l estremo inferiore (risp. superiore) di ƒ(x) e si denota con inf f ( ) X ( risp.sup X f ( )) OSS.4 Pertanto se f è limitata inferiormente (risp. superiormente) l estremo inferiore (risp. superiore) di f è il più grande (risp. il più piccolo) elemento dell insieme dei minoranti (risp. maggioranti) di f. Se invece f non è limitata inferiormente (risp. superiormente) allora si ha: inf f( ) = ( risp.sup f ( ) = + ) X Dalle PROP.9 e PROP.0 conseguono le seguenti altre due. PROP.4 Se f è limitata inferiormente ed R, allora sono equivalenti le seguenti proposizioni: a) inf f( ) = X ) X : f ( ) ) ) ε > 0 X t.c. f ( ) < + ε PROP.5 Se f è limitata superiormente ed R, allora sono equivalenti le seguenti proposizioni: a) sup f( ) = ) X ) X : f( ) ) ε > 0 X t.c. ε < f( ) Evidentemente sussiste anche la seguente PROP.6 Sono equivalenti le seguenti proposizioni: X a) inf f( ) = ( risp.sup f ( ) =+ ) X X ) α R X t.c. f ( ) < α ( risp. α < f ( )) Esempi ) Data la funzione f: ] 0,[ R definita ponendo ] 0,[ : f ( ) = + 8

19 si ha Infatti si ha per ogni ] 0,[ f ( ] 0, [) = 0,. = f ( ) = + + e quindi ] 0,[ 0 < < < + < < < < < 0 < < da ciò consegue che f (] 0, [) 0,. D altra parte se 0,, posto =,si ha che ] 0,[ ed f ( ) =, ossia 0, f (] 0,[). Dall uguaglianza f (] 0, [) = 0, segue che f è limitata e risulta inf f ( ) = inf 0, 0, sup ( ) sup 0, =. ] 0,[ = f = ] 0,[ ) Si consideri la funzione f: R R definita ponendo Poiché risulta f (R) = R, si ha allora Rappresentazione geometrica di R P U O P U R : f ( ) =. inf f( ) =, sup f( ) = + X P P P X ; In un piano α assegniamo due rette ortogonali ed ed indichiamo con O il loro punto d intersezione. Fissiamo anche su ciascuna di esse un riferimento cartesiano di origine O (in particolare i punti unità U ed U dell asse e dell asse rispettivamente, si possono fissare di guisa che Ο U = OU ). Quando ciò si sia fatto, si dice allora che si è fissato sul piano α un riferimento cartesiano ortogonale (,) e le rette ed si chiamano assi cartesiani ortogonali del riferimento. Se P α, indichiamo con P (risp. P ) la proiezione ortogonale di P su (risp. su ) e con P (risp. P ) l ascissa di P (risp. P ) rispetto al riferimento cartesiano su (risp. su ). Il numero reale P si chiama ascissa (o prima coordinata) di P; il numero reale P si chiama ordinata (o seconda coordinata) di P. 9

20 In tal modo resta definita una applicazione di α in R (= R R) P ( P, P ) Si prova che tale applicazione è igettiva, cioè risulta e ) P P P P P P ( ) ( ) ) (, ) R P α t.c. ( = ) ( = ) P P Gli assi ed si chiamano rispettivamente asse delle ascisse (o asse delle ) e asse delle ordinate (o asse delle ). Noi supporremo sempre che i punti unità U ed U siano equidistanti da O e che gli assi siano disposti come in figura. Da ) e ), poi, consegue che se (, ) R, ad (, ) resta associato un unico punto P del piano α, quello per cui P = e P = ; tale punto prende il nome di immagine di (, ) su α (oppure rappresentazione geometrica di (,) su α ). Ciò consente di rappresentare geometricamente, sul piano α, un qualsiasi sottoinsieme di R. Ad esempio se a e c d, l insieme [ a, ] [ cd, ] è rappresentato sul piano α da un rettangolo di dimensioni insiemi [ a, ] R ed R [ c, d] a e d c (vedi fig.) mentre gli sono rappresentati da due strisce (vedi fig. ) d d c a O a c fig. fig. Sul piano α si può rappresentare anche il grafico di una funzione reale definita in un insieme numerico. 0

21 Ricordiamo, intanto, che se X ed Y sono insiemi qualsiasi e se f : X Y è una funzione di X in Y, denotato con f () il valore di f nell elemento di X, il grafico di f è, per definizione, il sottoinsieme di X Y dato da G f = {(, ) X Y : = f ( ) }. In particolare, se X è un insieme numerico ed f : X R, allora G f X R R, dunque G f si può rappresentare sul piano α. Ad esempio se f :[,5] R è la funzione costante di costante valore definita nell intervallo [,5], il grafico di f è rappresentato su α dal segmento (parallelo all asse delle ) di estremi (,) e (5,). Mentre la funzione identica di R, cioè la funzione i R : R R definita ponendo, per ogni R, G i (,) (5,) G f 5 ha come grafico l insieme i ( ) = R {(, ) R } G i = : = R dunque è rappresentato su α alla isettrice del I e III quadrante. Più in generale se a 0 e se f : R R è la funzione definita ponendo, per ogni R, a, a, ( ) = a + f a, R con allora il grafico di f a, è rappresentato dalla retta del piano passante per i punti,0 e (0, ). In a particolare f, ha come grafico la retta passante per i punti,0 e (0,), come in figura. G f, Si noti che il grafico di f a, è una retta in quanto per ogni, R con risulta costante il rapporto f ) a, ( 3 a, ( f ) f ) a, ( A C B E D f a, ( ) f a, ( ) ( = a) 3

22 Dunque se, e 3 sono numeri reali distinti allora f a, ( ) f a, ( ) f a, ( 3 ) f a, ( ) = 3 pertanto i triangoli ABC e CDE sono simili e, quindi, gli angoli BAC ˆ e DCˆ E sono uguali: da ciò consegue che: A CB ˆ + DCE ˆ = ACB ˆ + BAˆ C = 90 e quindi, essendo B C ˆD = 90, si ha che l angolo A CE ˆ = 80, ossia A, C ed E sono allineati. Il grafico della funzione f a, risulta, pertanto, una retta. L uguaglianza = fa, ( ) (cioè = a+ ) prende il nome di equazione della retta ed a prende il nome di pendenza (o coefficiente angolare) della retta.

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