Note di Topologia Differenziale

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1 Note di Topologia Differenziale Roberto Paoletti Richiami di topologia Aperti e chiusi Definizione Sia X un insieme Una topologia su X è una collezione τ X di sottoinsiemi di X, sodddisfacence le seguenti condizioni: τ X ; X τ X ; se U i τ X, i I, allora i I U i τ X (cioè τ X è chiuso rispetto a unioni arbitrarie); se U,, U r τ X per qualche intero r, allora r i= U i τ X (cioè τ X è chiuso rispetto a intersezioni finite) Uno spazio topologico è una coppia (X, τ X ), ove X è un insieme e τ X è una topologia su X Se (X, τ X ) è uno spazio topologico, gli elementi di τ X si dicono gli aperti di (X, τ X ) Esercizio Se (X, τ X ) è uno spazio topologico, un sottoinsieme S X si dice chiuso in X se il ( suo complementare S c in X è aperto, cioè se S c τ X c Usando le relazioni i i) S ( c = i Sc i e i i) S = i Sc i, si formulino e dimostrino le proprietà della collezione dei chiusi di (X, τ X ) partendo dalle proprietà di τ X Definizione 2 Sia (X, τ X ) uno spazio topologico, A X un sottoinsieme La topologia indotta su A dalla topologia di X, denotata τ X (A), è l insieme delle intersezioni di A con gli aperti di τ X Esplicitamente: τ X (A) =: { A U : U τ X } Esercizio 2 Si dimostri che τ X (A) è effettivamente una topologia, cioè che (A, τ X (A)) è uno spazio topologico

2 Il caso di interesse per noi è quello in cui X = R n per qualche n, dotato della topologia Euclidea, e A R n un sottoinsieme arbitrario Converremo che R = {} Definizione 3 La topologia Euclidea di R n, denotata τ n, è la collezione dei sottoinsiemi U R n che godono della seguente proprietà: per ogni u U esiste ɛ > tale che se u R n, u u < ɛ allora u U In altre parole, U τ n se e solo se U è unione di palle aperte Esercizio 3 Dimostrare che τ n è effettivamente una topologia su R n Dato un sottoinsieme A R n, denoteremo la topologia indotta su A da quella Euclidea su R n con τ n (A) Più esplicitamente, un sottoinsieme S A è aperto in A per τ n (A) se ha la forma S = A U, essendo U R n un sottoinsieme aperto di R n Quindi τ n (A) =: {A U : U τ n } Ovviamente un sottoinsieme aperto di A non è, in generale, un sottoinsieme aperto di R m ; ció accade in generale solo se A è a sua volta un aperto di R m In altri termini, τ m (A) τ m, a meno che A sia un aperto di R m, nel qual caso τ m (A) = {U τ m : U A} Esempio Supponiamo m < n e identifichiamo R m con il sottospazio lineare {(x,, x m,, ) t : x i R} R n Allora A R m è aperto per la topologia indotta se e solo se è aperto per la topologia Euclidea intrinseca di R m : τ n (R m ) = τ m Esempio 2 [, ) = [, 2] (, ) é un aperto in [, 2] pur non essendo aperto in R Definizione 4 Se (A, τ A ) e (B, τ B ) sono spazi topologici (a noi interessano qui essenzialmente solo le topologie indotte da quella Euclidea su sottoinsiemi di R k ), una mappa f : A B si dice continua se l immagine inversa di un aperto in B è sempre un aperto in A, ovvero se S τ B f (S) τ A 2

3 È noto che un applicazione C f : U V essendo U R m e V R n aperti è continua In questa situazione, abbiamo il seguente: Lemma Sia f : U V una mappa continua Siano A U e B V con f(a) B Allora la mappa indotta f A : A B è continua Abbiamo la seguente ovvia osservazione: Lemma 2 Sia f : U R n una mappa C definita su un aperto U R m Sia R R n un sottoinsieme tale che f(u) R Allora f (S) è un aperto (di R n ) per ogni aperto S di R 2 Connessione Dalla definizione di topologia segue immediatamente che se (X, τ X ) è uno spazio topologico, allora X e sono sottoinsiemi di X aperti e chiusi In generale, non saranno gli unici sottoinsiemi di A con questa proprietà: ad esempio, se X = {, } R con la topologia indotta, {}, {} X sono sottoinsiemi sia aperti che chiusi Si noti che, X non possono essere collegati da un cammino continuo γ : [, ] X Definizione 5 Sia (A, τ A ) uno spazio topologico; diremo che: A è connesso se A non ha sottoinsiemi non banali (cioè diversi da A stesso e dal vuoto) che sono simultaneamente aperti e chiusi; A è connesso per archi se per ogni a, b A esiste una funzione continua γ : [, ] A tale che γ() = a, γ() = b Esercizio 4 Dimostrare il seguente asserto: dato che [, ] è connesso, se A è connesso per archi, allora A è connesso Il viceversa è vero? Esempio 3 Per ogni intero n, sia x S n =: R n+ : j x n+ x 2 j = la sfera unitaria di centro l origine Allora S n (con la topologia indotta da quella Euclidea) è uno spazio topologico connesso per archi, e quindi connesso, per ogni n 3

4 Innanzitutto, per n = abbiamo che S R 2 è l immagine di R mediante la funzione continua f : R R 2 data da ( ) cos(ϑ) f(ϑ) = sin(ϑ) Se p, q S, possiamo trovare ϑ, ϑ R tali che p = f(ϑ ), q = f(ϑ ) Quindi la mappa γ : [, ] S data da γ(t) =: f ( ϑ + t(ϑ ϑ ) ) è un cammino contnuo in S da p a q Ne segue che S è connesso per archi, quindi connesso Possiamo ora dimostrare che S n è connesso per archi per ogni n Siano p, q S n, p q Sia V R n+ il sottospazio vettoriale bidimensionale generato p e q Scegliendo una base ortonormale di V, otteniamo un isomorfismo unitario di V con R 2 Ora S n V consiste dei vettori in V = R 2 di norma, quindi S n V è (omeomorfo a) S Ma S è connesso per archi, e dato che p, q S n V, esiste un cammino continuo in S n V S n da p a q Esercizio 5 Siano A, B spazi topologici Dimostrare quanto segue: A non è connesso se e solo se esistono aperti B, C A, entrambi non vuoti, disgiunti e tali che A = B C; supponiamo che f : A B sia una funzione continua suriettiva; se A è connesso, tale è anche B; supponiamo che f : A B sia una funzione continua suriettiva; se A è connesso per archi, tale è anche B Vorremmo invertire la conclusione dell ultimo esercizio: se f : A B è continua, la connessione di B implica quella di A? Ovviamente no, anche se f è suriettiva: basta prendere ad esempio f : {, } {} (visti come sottoinsiemi di R, e con l unica funzione possibile - quella costante) Ci potremmo chiedere se la connessione di B e di ogni fibra f (b) = {a A : f(a) = b} sono sufficienti a garantire che A è connesso, almeno se f è suriettiva Anche questo è falso: Esercizio 6 Sia A = {(t, ) : t } {(, )} R 2, B = R, e sia f : A B la proiezione sull asse x Dimostrare che f è suriettiva, ogni fibra di f è connessa, B è connesso, ma A non è connesso 4

5 La vita appare grama, ma non tutto è perduto Definizione 6 Siano (X, τ X ) e (Y, τ Y ) spazi topologici, f : X Y una funzione continua Diremo che f è aperta se f(u) è un aperto di Y ogni volta che U è un aperto di X, cioè se vale l implicazione: U τ X f(u) τ Y Proposizione Siano (X, τ X ), (Y, τ Y ) spazi topologici Sia f : X Y una funzione continua Supponiamo che valgano le seguenti condizioni: Y è connesso; f è aperta; f è suriettiva; per ogni y Y, il sottoinsieme immagine inversa f (y) =: {x X : f(x) = y} X è un sottoinsieme connesso di X per la topologia indotta Allora anche X è connesso Dim Supponiamo, per assurdo, che X non sia connesso Allora esistono aperti A, B X disgiunti ed entrambi non vuoti tali che X = A B Dal momento che f è suriettiva, abbiamo Y = f(x) = f(a B) = f(a) f(b) Dal momento che A e B sono aperti in X e che f è una funzione aperta, f(a) e f(b) sono aperti in Y E dal momento che A e B non sono vuoti, tali non sono nemmeno f(a) e f(b) Ora sappiamo che Y è connesso; deve pertanto essere f(a) f(b) Fissiamo y f(a) f(b) Per costruzione, dato che y f(a), esiste a A tale che f(a) = y; analogamente, dato che y f(b), esiste b B tale che f(b) = y Quindi, a A f (y), b B f (y) Ora A f (y) e B f (y) sono sottoinsiemi aperti di f (y) per la topologia indotta e non vuoti Inoltre, abbiamo f (y) = f (y) X () = f (y) ( A B) = ( f (y) A ) ( f (y) B ), 5

6 e anche ( f (y) A ) ( f (y) B ) = f (y) ( A B ) (2) = f (y) = La relazioni () e (2) esprimono f (y) come unione disgiunta di due sottoinsiemi aperti non vuoti Questo è assurdo, dato che per ipotesi f (y) è uno spazio connesso Esercizio 7 Si ridimostri la connessione di S n, per ogni n, come segue: si assuma data la connessione di S dimostrata sopra usando la mappa suriettiva R S, ϑ e iϑ ; 2 per n 2, si faccia l ipotesi di induzione che S n sia connesso; 3 si consideri la mappa f : S n [, ] data dalla restrizione a S n della proiezione sulla prima coordinata, R n+ R; si dimostri che f è aperta e suriettiva; 4 si dimostri poi che f (y) è omeomorfo a S n se < y <, mentre f (y) è un punto se y = ±; 5 si applichi la proposizione Esercizio 8 Si determini per quali valori del parametro a R è connesso il luogo x T a = y R 3 : z 2 = x 2 + y 2 + a z (Suggerimento: si consideri la restrizione a T a della proiezione dulla terza componente) Definizione 7 Sia (X, τ X ) uno spazio topologico non vuoto Un sottoinsieme Y X si dice una componente connessa di X se: Y ; Y è aperto e chiuso in X; Y è connesso per la topologia indotta 6

7 Lemma 3 Siano A, B X sottoinsiemi aperti connessi tali che A B Allora l unione A B è un aperto connesso di X Lo stesso vale sostituendo connesso con connesso per archi Dim Supponiamo che A B non sia connesso Allora esistono sottoinsiemi aperti disgiunti ed entrambi non vuoti R, S A B (aperti in A B, e quindi anche in X) tali che A B = R S In particolare, otteniamo A R S e pertanto A = ( A R ) ( A S ) Dal momento che A è connesso e che ( A R ) ( A S ) =, deve essere A R = oppure A S = Nel primo caso, A S Proposizione 2 Ogni spazio topologico localmente connesso è unione disgiunta delle proprie componenti connesse Dim Dimostriamo innanzitutto che X è unione disgiunta delle proprie componenti connesse Per x X sia C x τ X la collezione di tutti i sottoinsiemi aperti di X connessi e contenenti x Siccome X è localmente connesso, C x è non vuoto Per ogni x X poniamo S x = U C x U In quanto unione di aperti, S x è un sottoinsieme aperto di X Lemma 4 2 Mappe C e diffeomorfismi È noto cosa significa che un applicazione f : U V con U R m e V R n è C Definizione 2 Siano U R m, V R n sottoinsiemi aperti Diremo che una funzione f : U V è un diffeomorfismo (tra U e V ) se: f è C ; f è biunivoca; l inversa f : V U è anch essa C Osservazione 2 Vedremo tra poco che se U e V sono diffeomorfi allora m = n 7

8 Nella discussione delle varietá differenziabili, sará utile avere anche una nozione molto piú generale di mappa C e di diffeomorfismo Definizione 22 Siano m, n interi Sia S R m un sottoinsieme arbitrario Una mappa f : S R n si dice C se esistono: un aperto U R m con S U; una funzione C (nel senso ordinario) f : U R n tale che f = f, S cioè f(s) = f(s), per ogni s S In altre parole, f : S R n è C se e solo se si puó estendere a una mappa C nel senso usuale su un intorno aperto di S in R m Si puó vedere che la condizione espressa nella Definizione 22 é locale; in altri termini, f : S R n è C se e solo se è tale nell intorno di ogni s S o, piú precisamente, se e solo se per ogni s S esistono un aperto U R m con s U e f : U R n C tale che f S U = f S U Possiamo ora definire mappe C tra sottoinsiemi arbitrari di spazi Euclidei: Definizione 23 Siano S R m e T R n sottoinsiemi arbitrari Una mappa f : S T si dice C se é tale come applicazione S R n Lemma 2 Siano S R m, T R n, W R p e siano f : S T, g : T W mappe C Allora la composizione g f : S W è anch essa C Dim Per ipotesi, esistono: un aperto S R m con S S, un aperto T R n con T T, una funzione f : S R n che è C nel senso ordinario ed estende f, cioè f(s) = f(s), s S, 8

9 una funzione g : T R p che è C nel senso ordinario ed estende g, cioè g(t) = g(t), t T Inoltre, siccome f(s) T T si ha S f ( T ) Pertanto possiamo sostituire se necessario S con S f ( T ), così da poter supporre senza perdita di generalità che S f ( T ) Quindi è ben definita e C la composizione g f : S R p Chiaramente, per ogni s S abbiamo g f(s) = g ( ) f(s) = g ( f(s) ) (s S) = g ( f(s) ) (f(s) T ) = g f(s) A questo punto, possiamo anche definire i diffeomorfismi tra sottoinsiemi arbitrari di spazi Euclidei Definizione 24 Siano m, n interi Siano S R m e T R n sottoinsiemi arbitrari Una funzione f : S T si dice un diffeomorfismo se f è C, biiettiva e con inversa C In altre parole, f è C come applicazione S R n e l inversa f : T S è anch essa C come applicazione T R n Esempio 2 La funzione f : R R data da f(x) = x 3 è C e biiettiva, ma non è un diffeomorfismo Infatti la funzione inversa, che è unica ed è data da f (x) = 3 x, non è differenziabile in x = Esempio 22 La funzione f : [, + ) [, + ) data da f(x) = x 2 è C e biiettiva, ma non è un diffeomorfismo Infatti la funzione inversa, che è unica ed è data da f (x) = 2 x, non può essere estesa a una funzione differenziabile su ( ɛ, + ), per alcun ɛ > Esempio 23 Siano S = (, 2π) {} R 2, T = S \ {} R 2 Sia f : S T l applicazione f(ϑ, ) = ( cos(ϑ), sin(ϑ) ) t Allora f è un diffeomorfismo, con inversa g(e iθ ) = (ϑ, ) (ϑ (, 2π)) Infatti f è chiaramente C, essendo - per esempio - la restrizione a S di f : R 2 R 2 data da f(x, y) = ( cos(x), sin(x) ) Inoltre è chiaro che f é biettiva, con inversa data da g D altra parte, g è a sua volta la restrizione a T della funzione C g : R 2 \ {(x, ) : x > } (, 2π) ottenuta prendendo l angolo ϑ nelle ordinarie coordinate polari (r, ϑ) di un punto di R 2 \ {(x, ) : x > } (esplicitamente, g(x, y) = tan (y/x)) 9

10 Esempio 24 Siano e sia f : S T data S = {(x, y) : x 2 + y 2 < } R 2, T = {(x, y, z) R 3 : x 2 + y 2 + z 2 =, z > } R 3 f(x, y) = (x, y, x 2 y 2 ) t Allora f è ovviamente C (nel senso ordinario!), biettiva e l inversa è la restrizione a T della proiezione (x, y, z) (x, y) Pertanto f è un diffeomorfismo Esempio 25 Siano S S R m, T T R n e f : S T un diffeomorfismo Se f(s ) = T è facile verificare che l applicazione indotta S T è anch essa un diffeomorfismo Per esempio, se nel caso precedente S è un otto contenuto nel disco unitario S e vertice nell origine (, ), T sará un otto contenuto nell emisfero superiore e vertice nel polo nord (,, ) Le seguenti affermazioni sono ovvie: Lemma 22 i):un diffeomorfismo è un applicazione continua, ed è quindi un omeomorfismo ii): La composizione di diffeomorfismi è un diffeomorfismo: se S, T, W sono sottoinsiemi arbitrari di spazi Euclidei, e se f : S T e g : T W sono diffeomorfismi, tale è g f : S W 3 Il differenziale e il Teorema della Funzione Inversa Definizione 3 Siano U R m e V R n aperti Una funzione C f : U V è una n-upla (f,, f n ) t di funzioni reali C tali che (f (x),, f n (x)) t V per ogni x U Il differenziale di f in a U è l operatore lineare d a f : R m R n definito da f(a + tv) f(a) d a f(v) = lim t t In termini delle basi canoniche, d a f è rappresentato dalla matrice Jacobiana: f f x (a) x m (a) J a (f) = f n f x (a) n x m (a)

11 Osservazione 3 Ovviamente, se f : R m R n è lineare, allora (f(a + tv) f(a)) /t = f(v) per ogni a, v R m e t R \ {} Pertanto d a f = f per ogni a R m Esempio 3 Il differenziale di una funzione C γ = (γ,, γ k ) t : (a, b) R R k in x (a, b) è l applicazione lineare d x γ : R R k rappresentata dalla matrice Jacobiana γ (x) J x (γ) = γ k (x) Quindi d x γ(t) = t γ (x) γ k (x) = t γ (x) (t R) Pertanto, il differenziale d x γ Hom(R, R k ) e la derivata γ (x) R k sono legati dalla γ (x) = d x γ() Esempio 32 Sia U R k aperto Il differenziale di una mappa C f : U R in a U è l applicazione lineare d a f : R k R rappresentata dalla matrice Jacobiana [ ] J a (f) = f f x (a) x k (a) Quindi, si ha d a f x x k = k i= x k f x k (a) x x k R k In particolare, le derivate parziali si ottengono da d a f mediante la relazione f x i (a) = d a f(e i ), ove e,, e k è la base standard di R k

12 Teorema 3 Siano U i R n i, i =, 2, 3 aperti Siano f : U U 2 e g : U 2 U 3 funzioni C Allora g f : U U 3 è C e per ogni x U abbiamo d x (g f) = d f(x) g d x f : R n R n 3 Corollario 3 Siano U R m e V R n aperti Supponiamo che f : U V sia C e invertibile con inversa f : V U anch essa C Allora m = n e d f(x) (f ) = (d x f) Osservazione 32 Il differenziale ha la seguente intepretazione geometrica: se a U e γ : ( ɛ, ɛ) U è una qualsiasi curva C tale che γ() = a, sia v = dγ dt il vettore velocitá al tempo t = La composizione γ =: f γ : ( ɛ, ɛ) V è una curva C tale che γ() = f(a) Otteniamo γ () = d (f γ)() = d a f d γ() = d a f (γ ()) = d a f(v) In particolare, in virtú del Corollario 3, un diffeomorfismo ha differenziale invertibile in ogni punto del proprio dominio Il viceversa è falso: consideriamo ad esempio l applicazione f : R 2 \ {} R 2 \ {} data da f (( x y )) ( x = 2 y 2 2xy ) La matrice Jacobiana in a = (x, y) t è [ 2x 2y J a (f) = 2y 2x ], con determinante 4(x 2 +y 2 ), ovunque su R 2 \{}; quindi d a f è invertibile in ogni a R 2 \{} Tuttavia, f( x, y) = f(x, y) per ogni (x, y) t : pertanto f non è iniettiva Tuttavia almeno localmente nel dominio una mappa con differenziale invertibile puó essere effettivamente invertita Teorema 32 (DELLA FUNZIONE INVERSA)Sia U R n aperto Sia f : U R n una funzione C Sia x U Supponiamo che d x f : R n R n sia un isomorfismo Allora esistono aperti U U, V R n con x U, f(x) V tali che f(u ) = V, f =: f U : U V è una biiezione e f : V U è C 2

13 Definizione 32 Nelle ipotesi del Teorema 32, l applicazione liscia f : U V si dice un diffeomorfismo locale in x U Definizione 33 Un applicazione liscia f : U V (con U, V R k aperti si dice un diffeomorfismo locale se è un diffeomorfismo locale in ogni x U, cioé se il differenziale d x f : R n R n é un isomorfismo per ogni x U I diffeomorfismi locali godono di un importante proprietá topologica Definizione 34 Siano (A, τ A ) e (B, τ B ) spazi topologici Un applicazione continua f : A B si dice aperta se per ogni sottoinsieme aperto A A l immagine f(a ) B é un sottoinsieme aperto di B Esempio 33 La funzione f : R R data da f(x) = x 2 non é aperta: f((, )) = [, ) Si noti che f non é un diffeomorfismo locale in Tuttavia dal teorema della Funzione Inversa deduciamo il seguente: Corollario 32 Un diffeomorfismo locale é una funzione aperta Dim Sia f : U V un diffeomorfismo locale tra aperti U, V R n Dimostriamo innanzitutto che f(u) V é aperto (in V, quindi in R n ) Sia q f(u) Esiste per definizione p U tale che f(p) = q Poiché f é un diffeomorfismo locale, é tale in particolare in p Quindi per il Teorema della Funzione Inversa esistono aperti U U e V V tali che p U, q V e f induce un diffeomorfismo U V Perció V = f(u ) f(u) é un aperto contenente q e contenuto in f(u) Quindi f(u) contiene un intorno aperto di ogni suo punto ed é, pertanto, aperto Se ora U U é un aperto arbitrario, la restrizione di f a U é ancora un diffeomorfismo locale; applicando le considerazioni precedenti con U in luogo di U, deduciamo che f(u ) é aperto Esempio 34 La funzione f : R R data da f(x) = x 3 é aperta, ma f non é un diffeomorfismo locale in Corollario 33 Un diffeomorfismo locale biiettivo è necessariamente un diffeomorfismo Dim f ammette un inversa globale, che deve essere uguale (per l unicitá dell inversa) alle funzioni inverse locali la cui esistenza é stabilita dal teorema della funzione inversa Siccome queste sono C, f é essa stessa C Esempio 35 Sia f : R 2 R 2 l applicazione f ( (r, ϑ) t) = ( r cos(ϑ), r sin(ϑ) ) t 3

14 La matrice Jacobiana di f in (r, ϑ) t è data da [ cos(ϑ) r sin(ϑ) J (r,ϑ) t(f) = sin(ϑ) r cos(ϑ) ] Il determinante è r, e quindi f è un diffeomorfismo locale in ogni (r, ϑ) t con r Se ad esempio ci restringiamo al semipiano r >, essendo una biiezione con la sua immagine f induce per ogni ϑ fissato un diffeomorfismo tra (, + ) (ϑ π, ϑ +π) e il complementare S ϑ R 2 \{} della semiretta per l origine con coordinata angolare ϑ + π Denoteremo arg(z) la seconda componente del diffeomorfismo inverso: ( ) z f (z) = (z S arg(z) ϑ ) Esempio 36 (Punti critici non degeneri) Sia U R n un aperto e sia f : U R una funzione C In ogni a U, il differenziale di f é un applicazione lineare d a f : R n R, ossia un elemento dello spazio duale (R n ) Poniamo R n = (R n ) Il differenziale di f induce un applicazione D f : U R n, a U D f (a) =: d a f Se C = {e,, e n } é la base standard di R n e C = {e,, e n} la base duale di R n, abbiamo n f D f (a) = d a f = (a) e i x i Pertanto, identificando R n con R n mediante la base C, scriveremo f x (a) D f (a) = f x n (a) i= (a U) La matrice Jacobiana di D f in a U é allora J a (D f ) = H a (f), ove denotiamo H a (f) la matrice simmetrica n n 2 f (a) 2 f x 2 x x n (a) H a (f) = (3) 2 f x n x (a) 2 f (a) x 2 n Scriveremo H a (f) per tale matrice e la chiameremo la matrice Hessiana di f in a Quindi se H a (f) é non singolare allora D f é un diffeomorfismo locale 4

15 Supponiamo in particolare che a U sia un punto critico di f, cioé D f (a) = d a f = Diremo che a é un punto critico non degenere di f se H a (f) é non singolare Altrimenti, diremo che a é un punto critico degenere di f Se a é un punto critico non degenere, per il teorema della funzione inversa esistono aperti U U e V R n con a U e V tali che D f induce un diffeomorfismo U V Quindi a é l unico punto di U nell immagine inversa di per D f In altri termini, ogni punto critico non degenere ha un intorno aperto non contenente altri punti critici di f: i punti critici non degeneri sono punti critici isolati I punti critici degeneri possono essere isolati o meno Per esempio, i): R 2 é un punto critico non degenere di f(x, y) = x 2 + y 2 ; ii) R 2 é un punto critico non degenere di h(x, y) = x 2 y 2 ; iii): R 2 é un punto critico degenere di g(x, y) = x 2, e non é un punto critico isolato di g ; iv): R 2 é un punto critico degenere di κ(x, y) = x 2 + y 3, ma é un punto critico isolato di κ Consideriamo ora la matrice Hessiana di una composizione f ϕ, essendo ϕ : V U una mappa C con V R m aperto Sia quindi p U un punto critico di f e sia a V tale che ϕ(a) = p Siano y,, y m coordinate lineari su V R m e x,, x n coordinate lineari su U R n Abbiamo, per la regola della catena, (f ϕ) y i (a) = n k= f x k (p) ϕ k y i (a) ( i m) Naturalmente, questa relazione si puó scrivere in forma matriciale J a (f ϕ) = J p (f) J a (ϕ), ovvero d a (f ϕ) = d p (f) d a ϕ In particolare, a é un punto critico di f ϕ se p é un punto critico di f Supponiamo allora che p sia un punto critico di f e confrontiamo le matrici Hessiane di f in p e di f ϕ in a Passando alle derivate seconde abbiamo per i, j m: 2 (f ϕ) y i y j (a) = y i ( ) (f ϕ) (a) y j [ n = ( ) f ϕ y i x k k= n = y i k= ϕ k y j ] (a) ( (( k f) ϕ ) ϕ k y j (a) 5 ) (a),

16 ove si é posto k f = f x k Iterando e usando la regola di Leibnitz, 2 (f ϕ) n [ ] 2 ϕ k (a) = ( k f) ϕ(a) (a) y i y j y j y i k= + n k,l= k= 2 f x k x l (ϕ(a)) ϕ l y i (a) ϕ k y j (a) Ricordando che p = ϕ(a), abbiamo quindi 2 (f ϕ) n [ ] 2 ϕ k (a) = ( k f)(p) (a) y i y j y j y i + n k,l= 2 f x k x l (p) ϕ l y i (a) ϕ k y j (a) Supponiamo ora che p = ϕ(a) sia un punto critico di f, cioé d p f = Allora k f(p) = per ogni k =,, n e quindi rimane solo il secondo termine In forma matriciale, scriviamo H a (f ϕ) ij = 2 (f ϕ) y i y j (a), H p (f) kl = 2 f x k x l (p), J p (ϕ) ki = ϕ k y j (a) Otteniamo ovvero H a (f ϕ) ji = = n H p (f) kl J a (ϕ) li J a (ϕ) kj k,l= n J a (ϕ) t jk H p (f) kl J a (ϕ) li, k,l= H a (f ϕ) = J a (ϕ) t H p (f) J a (ϕ) (4) In particolare, se m = n e ϕ é un diffeomorfismo locale, la matrice J a (ϕ) é invertibile e quindi H a (f ϕ) é invertibile se e solo se tale é H p (f) In altri termini, se ϕ é un diffeomorfismo locale allora a é un punto critico non degenere di f ϕ se e solo se p é un punto critico non degenere di f Inoltre, le due matrici Hessiane H a (f ϕ) e H p (f) sono cogradienti e quindi hanno gli stessi indici di positivitá (ossia lo stesso numero di autovalori positivi, contati con le appropriate molteplicitá) Il differenziale in un dato punto, in un certo senso (piú precisamente: a meno di diffeomorfismi locali) determina completamente il comportamento di una funzione C nell intorno del punto stesso Illustreremo ora questo principio nel caso di punti di sommersivitá (differenziale suriettivo) e punti di immersivitá (differenziale iniettivo) 6

17 3 La formula di Taylor Proposizione 3 Sia U R n aperto Sia ϕ : U R una funzione C Supponiamo a, a + x U e che l intero segmento [a, a + x] =: {a + tx : t } sia contenuto in U Allora ϕ(a + x) = ϕ(a) + d a ϕ(x) + ( t) 2 ϕ(a + tx) dt t2 Dim Integriamo per parti Otteniamo ( t) 2 t ϕ(a + tx) dt = ( t) ϕ(a + tx) 2 t + = d a ϕ(x) + ϕ(a + tx) dt t = ϕ(a + x) ϕ(a) d a ϕ(x), ϕ(tx) dt t usando nel penultimo passaggio la definizione di differenziale e nell ultimo il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale 4 Sommersioni locali; valori regolari Ritorniamo ora al caso piú familiare di funzioni definite su aperti di uno spazio euclideo Definizione 4 (Punti di Sommersivitá) Sia f : U R n un applicazione C su un aperto U R m Un punto u U si dice un punto di sommersivitá di f se d u f : R m R n è suriettivo Diremo che f è una sommersione se d u f è suriettivo per ogni u U Lemma 4 Nelle ipotesi della Definizione 4, l insieme è aperto (in U, quindi in R m ) Somm(f) = {u U : f è sommersiva in u} Dim Se m < n, Somm(f) è vuoto e non c è nulla da dimostrare Altrimenti, Somm(f) = {u U : J u (f) ha rango n} 7

18 è l insieme degli u U tali che la matrice Jacobiana J u (f) (che è n m) contiene un minore n n invertibile Quindi se u Somm(f), esistono i < < i m m tali che i f (u) in f (u) i f 2 (u) in f 2 (u) det, (5) i f n (u) in f n (u) essendo k = x k La funzione (5) è C (esercizio!) Pertanto, se essa è non nulla in u, è non nulla in ogni u U per un opportuno aperto U U con u U Quindi Somm(f) contiene un intorno aperto di ogni suo punto, ed è pertanto un aperto Esempio 4 La piú ovvia delle sommersioni è la proiezione ( ) π : R m x = R n R m n R n, x y sul primo fattore (si ricordi l Osservazione 3) Definizione 42 Sia U R m un aperto e sia f : U R n un applicazione C Diremo che y R n è un valore regolare di f se d x f : R m R n è suriettivo per ogni x f (y) Diremo che y R n è un valore singolare se non è un valore regolare Esempio 42 Sia f : R 2 R la mappa data da (( )) x f = x 2 y 2 y La matrice Jacobiana di f in p = (x, y, z) t é data da J p (f) = [ 2x 2y ] Quindi d p f : R 2 R é suriettivo, ossia f è sommersiva in p, se e solo se p = (x, y) (, ) Abbiamo (( )) f =, 8

19 Figure : z = x 2 y 2 e quindi R è l unico valore singolare di f La figura mostra il grafo di f L immagine inversa f ( 5) è la proiezione in R 2 dell intersezione del grafo di f con il piano orizzontale z = 5, ossia l iperbole non degenere x 2 y 2 = 5 (Fig 2) L immagine inversa f () è la proiezione in R 2 dell intersezione del grafo di f con il piano orizzontale z =, ossia l iperbole degenere x 2 y 2 =, data dall unione delle due rette x = y e x = y (Fig 3) L immagine inversa f (5) è la proiezione in R 2 dell intersezione del il grafo di f con il piano orizzontale z = 5, ossia l iperbole non degenere x 2 y 2 = 5 (Fig 4) Notiamo che le immagini inverse dei valori regolari sono curve non degeneri (liscie) nel piano, mentre l immagine inversa dell unico valore singolare è una curva singolare Esempio 43 Sia f : R 3 R 3 data da x f y = z x 2 xy y 2 + z 2 9

20 Figure 2: f ( 5) 2

21 Figure 3: f () 2

22 Figure 4: f (5) 22

23 La matrice Jacobiana di f in p = (x, y, z) t é data da 2x J p (f) = y x 2y 2z Quindi d p f : R 3 R 3 é suriettivo se e solo se xz Abbiamo f y = z y 2 + z 2, e quindi l immagine del piano yz é il semiasse A =: : z z Abbiamo inoltre f x y = e quindi l immagine del piano xy é l insieme dei punti sulla superficie x B =: y : y 2 = xz, x, y, z z I valori singolari di f sono quelli in A B x 2 xy y 2 Esempio 44 Sia f : R 4 R 2 data da x ( f y xy z = zt t Se p = (x, y, z, t) t si ha J p (f) = [ y x t z Quindi il rango é < 2 se e solo se (x, y) = (, ) (sul piano zt) ovvero se (z, t) = (, ) (sul piano xy) Si ha ( ) f z =, zt t 23, ) ]

24 f x y ( xy = Quindi il luogo dei valori singolari di f é l unione degli assi coordinati Esercizio 4 Si classifichino i punti di sommersivitá e i valori regolari delle seguenti funzioni: i): f(x,, x n ) = i x2 i ; ii): f(x, y, z) = x 2 y 2 z 2 ; iii): f(x, y, z) = (exp(x + y 2 z 3 ), y + z 6 ) Quali di queste sono sommersioni? Teorema 4 (Sard) L insieme dei valori singolari di f ha misura nulla in R n Chiaramente, se n > m i valori regolari sono quelli per i quali f (y) =, e quindi abbiamo il seguente Corollario 4 Se m < n, l immagine di f ha misura nulla in R n Corollario 42 Se f(u) non ha misura nulla in R n, esiste un aperto non vuoto U U tale che f è sommersiva in ogni m U Dim Supponiamo Somm(f) = Allora y R n è un valore regolare di f se e solo se y f(u), cioè f (y) = Quindi f(u), essendo l insieme dei valori singolari, ha misura nulla per il teorema di Sard, contro le ipotesi Pertanto, Somm(f) Dato che Somm(f) è aperto, l asserto è dimostrato Mostreremo ora che, dopo un opportuno cambiamento di coordinate (localmente definito), ogni sommersione locale prende la forma di una proiezione Più precisamente, vale la seguente affermazione, nota anche come teorema della sommersione locale: Teorema 42 Sia U R m un aperto, f : U R n un applicazione C Supponiamo che f sia sommersiva in un dato u U Allora esistono un aperto U U di R m con u U, un aperto V R m, un diffeomorfismo g : V U, ) 24

25 tali che la composizione f g : V R n è la proiezione sulle prime n componenti, ristretta a V Prima di vedere la dimostrazione, consideriamo il seguente esempio algebrolineare: Esempio 45 Sia F : R m R n lineare e suriettiva (quindi m n) Poichè d x F = F per ogni x R m, F è una sommersione Sia C = {e,, e n } la base canonica di R n Esplicitamente, e =,, e n = Sia {v,, v m n } una base per ker(f ) e siano w,, w n R m tali che F (w i ) = e i per ogni i =,, n (tali w i esistono perchè F è suriettiva, e ogni w i è determinato a meno di un elemento nel nucleo) Allora B =: {w,, w n, v,, v m n } è una base di R n Pertanto l applicazione lineare G : R m R m definita da x n m n G =: x i w i + x i+n v i x i= i= m è un automorfismo lineare La composizione F G : R m R n è data da x ( n ) m n F G = F x i w i + x i+n v i x i= i= m n m n = x i F (w i ) + x i+n F (v i ) = = i= n x i F (w i ) i= n x i e i = i= x x n i= Quindi, componendo a destra una sommersione lineare (applicazione lineare suriettiva) per un opportuno diffeomorfismo lineare (applicazione lineare invertibile) si ottiene la proiezione dell esempio 4 25

26 Dimostrazione del Teorema 42 Per ipotesi, la matrice Jacobiana J u (f) ha rango massimo: f (u) m f (u) f 2 (u) m f 2 (u) rango = n, f n (u) m f n (u) essendo j f i =: f i x j Possiamo pertanto estrarre un minore n n invertibile dalla matrice Jacobiana; in altre parole, esistono indici i < < i n {,, m} tali che la matrice n n i f (u) in f (u) i f 2 (u) in f 2 (u) (6) i f n (u) in f n (u) ha rango massimo, ovvero é invertibile Senza perdita di generalitá, eventualmente dopo avere riordinato gli indici delle variabili, possiamo supporre i j = j per ogni j =,, n Quindi, la matrice f (u) n f (u) f 2 (u) n f 2 (u) (7) f n (u) n f n (u) è invertibile Scriviamo il generico punto x R m come ( ) x x = con x R n, x R m n Lemma 42 Consideriamo l applicazione h : U R m definita da ( ) f(x) h(x) = x (x U) Allora h è un diffeomorfismo locale in u x 26

27 Dim La matrice Jacobiana di f in u è f (u) n f (u) n+ f (u) m f (u) J u (f) = f n (u) n f n (u) n+ f n (u) m f n (u), (8) chiaramente invertibile Quindi h è un diffeomorfismo locale in u Pertanto, applicando il teorema dell immagine inversa, otteniamo: Corollario 43 Esistono aperti U U e V R m con u U e h(u) V, tali che h induce un diffeomorfismo (che denotiamo ancora con h) h : U V Sia g : V U il diffeomorfismo inverso Per ogni ( ) y y = V, x = g(y) è l unico elemento di U tale che h(x) = y Quindi, y y = f(x), y = x Pertanto la composizione soddisfa f g : V R n f g(y) = f(x) = y Il teorema 42 è dimostrato Corollario 44 Una sommersione é una mappa aperta Dim Innanzitutto, per n m sia π : R m R n la proiezione sulle prime n componenti Allora π é una mappa aperta Scriviamo infatti il generico x R m come x = (x, x ) con x R n e x R m n Allora dato U R m aperto e p U, abbiamo π(p) = p D altra parte, essendo U aperto esiste ɛ > tale che p q < ɛ implica q U In particolare, se p = (p, p ) allora 27

28 U contiene tutti i punti della forma (q, p ) con q p < ɛ (in quest ultima stima, si usa la norma in R n ) Quindi π(u) contiene tutti i punti q R n con q p < ɛ Questo dimostra che per ogni p U l immagine π(u) contiene un intorno aperto di π(p) = p ed é pertanto un aperto di R n Sia ora f : U V una sommersione, con U R m e V R n aperti Dimostriamo che f(u) V é aperto (in V, quindi in R n ) Sia q f(u) Esiste allora p U con q = f(p) Esistono per il teorema aperti U, U R m con p U U e un diffeomorfismo g : U U tali che la composizione f g : U V é la restrizione a U della proiezione π sulle prime n componenti Ma allora, per quanto detto sopra, f(u ) = f(g(u )) = f g(u ) = π(u ) é un aperto di V contenente q e contenuto in f(u) Quindi f(u) contiene un intorno aperto di ogni suo punto ed é, pertanto, aperto Infine, per dimostrare che f(s) é aperto in R n per ogni aperto S U basta osservare che la restrizione di f a S é una sommersione f S : S V e applicare le osservazioni precedenti CVD Consideriamo ora l informazione che il teorema della sommersione locale fornisce riguardo alla struttura locale degli spazi immagine inversa (o fibre) f (b), b R n, nell intorno di un dato punto di sommersività Corollario 45 Sia U R m un aperto, e sia f : U R n una funzione C Sia u U un punto di sommersività di f Sia b = f(u) Allora esistono: un aperto U U con u U, un aperto A R n m e un diffeomorfismo φ : A f (b) U Dim Siano U, V e g : V U come nell asserto del Teorema della sommersione locale Sia h = g : U V il diffeomorfismo inverso Allora per ogni x U il punto v = h(x) è l unico punto di V che soddisfa g(v) = x, e si ha v = f(x) Quindi, x f (b) v = b e pertanto ({( ) }) v f (b) U = g V : v = b v = g(v R n m b ), essendo R n m b = {b} R n m uno spazio affine (n m)-dimensionale Se identifichiamo nel modo ovvio R n m b con R n m, l intersezione A =: V R n m b è un aperto di V R n m b, e le restrizioni di g e h a A e f (b) U forniscono 28

29 applicazioni C A f (b) U e f (b) U A che sono una l inversa dell altra, e pertanto sono diffeomorfismi CVD Ovviamente, S =: f (b) U è un aperto di f (b) contenente u Pertanto, il Corollario 46 si può riformulare come segue: Corollario 46 Sia U R m un aperto, e sia f : U R n una funzione C Sia u U un punto di sommersività di f Sia b = f(u) Allora esistono: un aperto S f (b) con u U, un aperto A R n m e un diffeomorfismo φ : A S In particolare, supponiamo che b V sia un valore regolare di f Applicando quanto precede a ogni a U con f(a) = b, otteniamo Corollario 47 Sia b V un valore regolare di f Allora f (b) U ha un ricoprimento aperto {S i } i I con la seguente proprietá: Per ogni i I esistono aperti A i R m n e diffeomorfismi φ i : A i S i Chiameremo ogni diffeomorfismo φ i : A i S i una parametrizzazione locale, o una carta locale Supponiamo S i S j Allora S i S j è un aperto non vuoto di f (b), sul quale sono definite due parametrizzazioni: e φ i : φ i (S i S j ) A i S i S j φ j : φ j (S i S j ) A j S i S j φ i e φ j si ottengono ovviamente per restrizione di φ i e φ j, rispettivamente, e sono anch essi dei diffeomorfismi tra gli aperti φ i (S i S j ), φ j (S i S j ) R m n e S i S j La relazione tra le due parametrizzazioni è espressa dalla composizione (φ j) φ i : φ i (S i S j ) φ j (S i S j ), che essendo una composizione di diffeomorfismi è essa stessa un diffeomorfismo 29

30 Esempio 46 Consideriamo l applicazione g : R 2 R data da f ( (x, y) t) = x 2 + y 2 I valori regolari sono tutti i reali, è il solo valore singolare Sia (x, y ) t e poniamo ϑ = tan (y /x ) Allora l applicazione f ( (r, ϑ) ) = ( r cos(ϑ), r sin(ϑ)) definisce un diffeomorfismo tra (, + ) (ϑ π, ϑ + π) e il complementare della semiretta (chiusa) di coordinata angolare ϑ + π La composizione g f è la mappa (r, ϑ) t r Esercizio 42 Si ripeta l analisi precedente per le applicazioni g : R 3 R data da g ( (x, y, z) t) = x 2 + y 2 e κ : R 3 R 2 data da κ ( ( ) (x, y, z) t) = x 2 + y 2, facendo uso delle coordinate cilindriche, e per l applicazione z h : R 3 R data da h ( (x, y, z) t) = x 2 + y 2 + z 2, facendo uso delle coordinate sferiche Esempio 47 Consideriamo l applicazione f : R 2 R data da f ( (x, y) t) = x y 2 La matrice Jacobiana in p = (a, b) t é J p (f) = [ 2b ], che ha sempre rango Quindi f é una sommersione Sia g : R 2 R 2 data da (( )) ( ) (( ) ) x x + y 2 x g = R 2 y y y La matrice Jacobiana di g in p = (a, b) t é [ 2b J p (g) = che é invertibile in ogni (a, b) t Quindi g é un diffeomorfismo locale ed essendo chiaramente biunivoca (dimostrare) é un diffeomorfismo (trovare la funzione inversa e verificare che é C ) Si ha f g (( x y )) = x la proiezione sulla prima componente ], (( x y ) R 2 ), Definizione 43 Sia f : A B una mappa tra due insiemi Una sezione di f è una mappa σ : B A tale che f σ = id B Supponiamo ore che B sia uno spazio topologico (per esempio, B R k con la topologia indotta) Una sezione locale di f nell intorno di un dato b B è una sezione della mappa indotta f (B ) B, ove B B è un intorno aperto di b In altre parole, una sezione locale di f nell intorno di b B è una mappa σ : B A tale che f σ = id B, essendo B B un aperto di B contenente b 3

31 Una sommersione locale ammette sempre una sezione locale: Corollario 48 Sia U R m un aperto Sia f : U R n una mappa C Sia u U un punto di sommersivitá per f Sia b = f(u) Allora esistono: un aperto B R n con b B e una mappa C σ : B U tali che σ(b) = u e f σ = id B Dim Sia g : V U come nel teorema della sommersione locale Sia B =: f g(v ) = f(u ) Siccome una sommersione locale è aperta, B è un aperto di R n Per il Teorema della sommersione locale, esistono aperti U R n e U U con a U e un diffeomorfismo g : U U tale che la composizione f g : U R n é la restrizione a U della proiezione sulle prime n componenti Sia v U l unico punto di U tale che g(v) = a Quindi v = (b, c), con c R m n Possiamo allora scegliere V f(u ) intorno aperto abbastanza piccolo di b e porre σ(b ) = g(b, c) Diamo ora un applicazione del Teorema della Sommersione Locale allo studio del comportamento locale di una funzione reale C nell intorno di un punto critico non degenere Porremo per δ > e v R n B n (v, δ) = {x R n : x v < δ} Proposizione 4 (Lemma di Morse) Sia U R n un aperto e sia f : U R una funzione C Sia a U un punto critico non degenere di f Allora esistono un intero k n, dipendente solo da f e x, un aperto U U con a U e un diffeomorfismo ψ : B n (, δ) U per qualche δ >, tali che ψ() = a e f ψ(x) = f(a) + x x 2 k x 2 k+ x 2 n (x B n (, δ)) Dim Supponiamo innanzitutto che esista qualche diffeomorfismo ψ come nell asserto e dimostriamo che k dipende solo da f e a, e non da una particolare scelta di ψ Sia ψ : B n (, δ) U, per qualche δ >, un diffeomorfismo tale che ψ() = a e f ψ(x) = f(a) + x x 2 k x 2 k+ x 2 n (x B n (, δ)) Allora R n é un punto critico di f ψ e la matrice Hessiana H (f ψ) di f ψ in é la matrice diagonale n n con le prime k entrate diagonali uguali 3

32 a 2 e le ultime n k entrate uguali a 2 Quindi l indice di positivitá di H (f ψ) é k D altra parte, data (4) le matrici Hessiane H a (f) e H (f ψ) sono cogradienti e hanno pertanto lo stesso indice di positivitá Quindi k é l indice di positivitá di H a (f) e dipende solo da f e a (e non dalla particolare scleta di ψ) Dimostriamo ora che esistono effettivamente diffeomorfismi ψ come asserito Sia δ > tale che B n (a, δ) U Applicando la formula di Taylor descritta nella Proposizione 3 e considerando che d a f =, otteniamo per ogni h B n (, δ): f(a + h) = f(a) + ( t) 2 f(a + th) dt t2 D altra parte, usando la regola della catena per la derivazione di funzioni composte si ricava 2 t 2 f(a + th) = ij 2 f x i x j (a + th)h i h j Otteniamo cosí f(a + h) = f(a) + i,j q ij (h)h i h j = f(a) + h t Q(h)h, essendo h = (h,, h n ) t B n (, δ) e Q(h) = [q ij (h)], con q ij (h) = 2 f ( t) (a + th) dt x i x j Chiaramente, Q() = 2 H a(f) Dato che H a (f) é simmetrica, per il teorema spettrale esiste una matrice ortogonale R M n (R) tale che R t H a (f)r é diagonale, con le prime k entrate diagonali positive e le ultime n k entrate negative Esiste poi una matrice diagonale S con entrate diagonali tutte positive tale che S t (R t H a (f)r t )S t = (RS) t H a (F )(RS) é diagonale con le prime k entrate uguali a e le ultime n k uguali a : basta prendere la j-ma entrata diagonale di S uguale a / k j, ove k j é la j-ma entrata diagonale di R t H a (f)r Diciamo diag(,,,,, ) la matrice diagonale con le prime k entrate diagonali uguali a uno e le restanti uguali a Per ɛ abbastanza piccolo, consideriamo allora la mappa ψ : B n (, ɛ ) B n (a, δ) 32

33 data da ψ (x) = a + RSx (basta scegliere ɛ tale che x < ɛ implica RSx < δ) La mappa f ψ : B n (, ɛ ) R soddisfa allora f ψ (x) = f(a) + x t Q (x)x (x B n (, ɛ ), e Q () = diag(,,,,, ) Lemma 43 Per < ɛ 2 < ɛ opportunamente piccolo esiste una mappa C A : B n (, ɛ ) M n (R) soddifacente A() = I n (la matrice identica), det (A(y)) e per ogni y B n (, ɛ ) Q (y) = A(y) t diag(,,,,, )A(y) (9) Si noti che per continuitá le matrici Q (y) per y abbastanza piccolo hanno tutte lo stesso indice di positivitá, e pertanto sono cogradienti a diag(,,,,, ) Quindi che per ogni y abbastanza piccolo esista una matrice invertibile A(y) soddisfacente (9) segue semplicemente da considerazioni di algebra lineare Il vero contenuto del Lemma é che A(y) si puó supporre una funzione C di y Dim Sia S n lo spazio vettoriale delle matrici simmetriche n n e si consideri l applicazione C γ : M n (R) S n, A A t diag(,,,,, )A Ragionando come negli esempi?? e?? qui sotto si vede facilmente che γ é sommersiva in I e quindi per il Corollario 48 esiste un applicazione C G : V W da un intorno aperto V di diag(,,,,, ) in S n in un intorno aperto W di I n in M n (R) tale che γ G = id V Basta allora prendere A(y) =: G ( Q (y) ) Infine, per completare la dimostrazione del lemma di Morse basta comporre ψ con ψ 2 (y) =: A(y)y Esempio 48 Consideriamo il luogo T ɛ R 4 definito dall equazione xy + zt + z 3 t 4 cos(xe y ) = ɛ, () 33

34 per ɛ La funzione f(x, y, z, t) = xy +zt+z 3 t 4 cos(xe y ) ha nell origine un punto critico non degenere, con matrice Hessiana H (f) = La matrice H (f) ha due autovalori negativi e due positivi Pertanto esiste un diffeomorfismo ψ : B 4 (, δ) U con U R 4 aperto, tale che ψ() = e f ψ(x, y, z, t) = x 2 + y 2 z 2 t 2 Nell intorno dell origine, pertanto, il luogo () é dato nelle nuove coordinate dalla conica di equazione x 2 + y 2 z 2 t 2 = ɛ 5 Punti di immersivitá; immersioni Definizione 5 Siano U R m e V R n aperti, f : U V una mappa C Diremo che f è immersiva in a U, o un immersione locale in a, o anche che a è un punto di immersivitá per f se d a f : R m R n è iniettivo Diremo che f è un immersione se è immersiva in ogni a U Osservazione 5 La piú ovvia delle immersioni è l inclusione come primo fattore ι : R m R n = R m R n m, x (x, ) Esempio 5 Sia f : R R 2 data da ( t f(t) = t 2 Si ha J p (t) = [ 2t Quindi f é immersiva in ogni t R, ossia un immersione (iniettiva) ) ] Esempio 52 Sia f : R R 2 data da ( t 2 f(t) = t 3 ) 34

35 Si ha J p (t) = [ 2t 3t 2 Quindi f é immersiva in ogni t R, ma non é immersiva in Quindi f non é un immersione, pur essendo iniettiva Esempio 53 Sia f : R 2 R 3 data da (( )) x f = y ] x 2 xy y 2 Se p = (x, y) t si ha 2x J p (f) = y x 2y Quindi f é immersiva in ogni p R 2 Esempio 54 Sia f : R 3 R 4 data da f x y z = x 3 x 2 y yz 2 z 3 Se p = (x, y, z) t si ha J p (f) = 3x 2 2xy x 2 z 2 2yz 3z 2 Quindi f é immersiva in ogni p R 3 con x e z, non lo é altrimenti Teorema 5 Sia U R m un aperto e sia f : U R n una mappa C Sia u U un punto di immersività per f Allora esistono: un aperto U U, con u U ; un aperto V R n con f(u ) V ; un aperto V R n, un diffeomorfismo g : V V 35

36 tali che è la mappa g f U : U V R n x dell osservazione 5, ristretta a U ( x Prima di passare alla dimostrazione, consideriamo il seguente esempio algebro-lineare: Esempio 55 Sia F : R m R n lineare e iniettiva (quindi m n) Poichè d x F = F per ogni x R m, F è un immersione Sia C = {e,, e m } la base canonica di R m Esplicitamente, e = ),, e m = Poniamo v i =: F (e i ), i m; essendo F iniettiva, questi m vettori sono linearmente indipendenti Pertanto, per il teorema della base incompleta, esistono v m+,, v n tali che B =: {v,, v m,, v n } è una base di R n Sia G : R n R n l isomorfismo lineare che a ogni v R n associa la colonna delle sue coordinate nella base B: G(v) =: a a n se v = n i= a iv i La composizione G F : R m R n è data da x ( m ) G F = G F x i e i x m i= = G ( m ) x i v i = 36 i= x x m

37 Quindi, componendo a sinistra un immersione lineare (applicazione lineare iniettiva) per un opportuno diffeomorfismo lineare (applicazione lineare invertibile) si ottiene l immersione dell osservazione 5 Dimostrazione del Teorema 5 Poniamo b = f(a) Per ipotesi, la matrice Jacobiana J a (f) ha rango massimo m; pertanto possiamo estrarre m righe linearmente indipendenti Senza perdita di generalitá, dopo avere eventualmente riordinato le coordinate lineari y i su R n, possiamo supporre che le prime m righe di J a (f) siano linearmente indipendenti Quindi, la matrice quadrata m m f (a) m f (a) f 2 (a) m f 2 (a) A =: () f m (a) m f m (a) é invertibile Identifichiamo R n con R m R n m e scriviamo il generico y R n come ( ) y y =, con y R m, y R n m Scriveremo anche ( ) f f =, ove y f f : U R m, f : U R n m Esplicitamente, f : U R m é data da f (x) f (x) = f m (x) (x U) Abbiamo f (a) = b e J a (f ) = A, e quindi f è un diffeomorfismo locale in a Esistono perció aperti U U, U 2 R m tali che a U, b U 2 e f induce un diffeomorfismo U U 2 Sia g : U 2 U il diffeomorfismo inverso Si ha g(f (x)) = x per ogni x U Consideriamo ora l applicazione α : U 2 R n m R n data da ( ) α(y, y g(y ) = ) y f g(y ) 37

38 Lemma 5 α è un diffeomorfismo locale in b Dim Segue dall uguaglianza J b (α) = A I n m (2) Torniamo alla dimostrazione del Teorema 5 Dato il Lemma, sia V un intorno aperto di b sul quale α si restringe a un diffeomorfismo α : V V =: α(v ), e sia U = f (V ) È chiaro dalla definizione di α che la composizione α f : U V è la mappa x (x, ) Infatti, per x U abbiamo α f(x) = α(f(x)) (( )) f = α (x) f (x) ( g f = (x) f (x) f ( g f (x) ) ( ) x = ) Il Teorema 5 è dimostrato Esempio 56 Sia f : R R 2 la mappa ϑ (cos(ϑ), sin(ϑ)) t La matrice Jacobiana in ϑ è la derivata prima, cioè ( sin(ϑ), cos(ϑ)) t, e pertanto f è un immersione (non iniettiva) Fissiamo ϑ R e sia S = {(r cos(ϑ + π), r sin(ϑ + π)) : r } Consideriamo il diffeomorfismo ψ : (, + ) (ϑ π, ϑ + π) R 2 \ S dato da (r, ϑ) ((r + ) cos(ϑ), (r + ) sin(ϑ)) Allora ψ f(ϑ) = (, ϑ) Esempio 57 Consideriamo la mappa f : R R 3 data da f(x) = (x, x 2, x 3 ) t f è un immersione iniettiva e l immagine di f è il luogo definito dalla equazioni y x 2 = z x 3 = Consideriamo la mappa ψ : R 3 R 3 data da ψ x y z = x y x 2 z x 3 È facile verificare che ψ è un diffeomorfismo Si ha ψ f(x) = (x,, ) t per ogni x R 38

39 Esempio 58 Sia D = {(x, y) t R 2 : x 2 + y 2 < } e consideriamo la mappa ( f : D R 3 data da f(x, y) = x, y, ) t x 2 y 2 Allora f è chiaramente iniettiva ed é un immersione, in quanto per ogni p = (x, y) t D la matrice Jacobiana J p (f) = x y x 2 y 2 x 2 y 2 ha rango 2 L immagine di f è la calotta sferica x S+ 2 = y R 3 : x 2 + y 2 + z 2 =, z > z x Sia V = y R 3 : z > e consideriamo la mappa g : V R3 data z da x x g y = z y x 2 + y 2 + z 2 Allora g é chiaramente iniettiva e per ogni p V la matrice Jacobiana J p (g) = 2x 2y 2z ha rango 3 Quindi g é un diffeomorfismo locale iniettivo e pertanto un diffeomorfismo g : V g(v ) (si noti che V =: g(v ) é aperto perché g, essendo un diffeomorfismo locale, é una mappa aperta) In effetti si vede x facilmente che V = y R 3 : z > x 2 + y 2 Si ha g f(x, y) = z (x, y, ) t per ogni (x, y) t D 6 Varietá differenziabili Definizione 6 Una varietá differenziale d-dimensionale (con d intero) è un sottoinsieme = M R k, per qualche intero k, che soddisfa la seguente condizione: per ogni m M, esistono: un sottoinsieme aperto B di M con m B; 39

40 un sottoinsieme aperto A R d ; un diffeomorfismo φ : A B Osservazione 6 Equivalentemente, M R k è una varietá differenziale d- dimensionale se esiste un ricoprimento aperto {B i } i I di M (cioé ogni B i è aperto in M e M = i B i), tale che per ogni i I esiste un diffeomorfismo φ i : A i B i, essendo A i R d un aperto Esempio 6 Un sottoinsieme aperto M R k è una varietà differenziale di dimensione k Basta prendere, per ogni m M, A = M = B, φ = id M Esempio 62 Se V R k è un sottospazio vettoriale d-dimensionale, una base di V induce un diffeomorfismo φ : R d V (dimostrare!) e quindi V è una varietá differenziabile d-dimensionale in Proposizione 6 Sia M R k una varietà differenziale d-dimensionale Allora d k, e d = k se e solo se M è un sottoinsieme aperto di R k Dim Sia m M, e siano A, B, φ come nella definizione 6 (quindi m B) Sia ψ = φ : B A il diffeomorfismo inverso Essendo una mappa C, ψ si estende a un aperto di R k Più precisamente, esistono un aperto B R k con B B e una mappa C nel senso ordinario, ψ : B R k, tale che ψ(b) = ψ(b) per ogni b B (per fissare le idee, possiamo supporre anche che B = B M) Pertanto, per ogni a A abbiamo Quindi, ψ φ = id A, e pertanto ψ φ(a) = ψ ( ) φ(a) ( ) = ψ φ(a) = ψ φ(a) = a d a ( ψ φ ) = id R d : R d R d Usando la regola della catena per applicazioni C tra aperti in spazi Euclidei, ricaviamo id R d = d φ(a) ψ da φ, e quindi in particolare deve essere ker(d a φ) = {} (3) 4

41 Siccome d a φ Hom(R d, R k ), discende che d k Supponiamo ora che d = k Consideriamo un ricoprimento aperto {B i } i I di M come in Osservazione 6 Vediamo le mappe φ i : A i B i R d come applicazioni a valori in R d Poichè d a φ i è un applicazione lineare iniettiva R d R d, d a φ i è un isomorfismo lineare Pertanto, viste come mappe a valori in R d, i ϕ i sono diffeomorfismi locali, quindi mappe aperte Ne segue che B i = ϕ i (A i ) è un aperto di R d, e pertanto M = i B i è un aperto di R d CVD Definizione 62 Sia M R k una varietà differenziale d-dimensionale Siano B M un aperto di M, A R d un aperto di R d e φ : A B un diffeomorfismo Diremo allora che: φ è una parametrizzazione locale di M, il diffeomorfismo inverso φ : B A è una carta locale di M le funzioni (x φ,, x d φ ) sono funzioni coordinate per M su B, essendo qui x,, x d le coordinate lineari standard su R d Se m B, A e φ() = a, diremo inoltre che la carta locale φ è centrata in a, e che le coordinate locali x i φ sono centrate in a Definizione 63 Un atlante per la varietà differenziale d-dimensionale M consiste di una collezione {(A i, B i, φ i )} i I di carte locali, tale che {B i } i I è un ricoprimento aperto di M (cioè, ogni B i è un sottoinsieme di M aperto in M, e M = i I B i: Esempio 63 Consideriamo il cerchio unitario {( ) } x S = R 2 : x 2 + y 2 = y Abbiamo ove B = B 3 = {( x y {( x y ) ) S = B B 2 B 3 B 4, } {( x S : y >, B 2 = y } {( x S : x >, B 4 = y ) ) } S : y <, } S : x < 4

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