9. Atomo di idrogeno

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1 9. Atomo di idrogeno 9. Autoaggiuntezza e limitatezza dal basso. 9.2 Spettro essenziale. 9.3 Assenza di autovalori positivi. 9.4 Esistenza degli autovalori negativi. 9.5 Stima dell autovalore minimo. 9.6 Hamiltoniana in coordinate sferiche. 9.7 Autovalori e autovettori del momento angolare. 9.8 Riduzione al problema radiale. 9.9 Livelli energetici e stati stazionari. 9.0 Appendice: Completezza delle armoniche sferiche. 9. Autoaggiuntezza e limitatezza dal basso L atomo di idrogeno è un sistema costituito da un protone e un elettrone soggetti alla mutua attrazione coulombiana. Supponendo che protone ed elettrone siano puntiformi e tenuto conto che la massa del protone è molto maggiore della massa dell elettrone, il sistema di riferimento con origine nella posizione del protone si può considerare inerziale con buona approssimazione. Il problema si riduce quindi a studiare la dinamica dell elettrone soggetto ad una forza centrale attrattiva, di tipo coulombiano, con centro nel punto occupato dal protone. L hamiltoniana che descrive il moto dell elettrone si scrive quindi H e = H 0 + V e, H 0 = 2 2µ, V ex = e2 x 9. dove e denota il valore assoluto della carica dell elettrone e µ la sua massa. Il primo passo è, come al solito, dare un significato all hamiltoniana 9. come operatore autoaggiunto nello spazio di Hilbert del sistema L 2 R 3. Lo facciamo mediante il teorema di Kato-Rellich e dunque dobbiamo fare vedere che il potenziale coulombiano, visto come operatore di moltiplicazione, è una piccola perturbazione rispetto all hamiltoniana libera H 0. Proposizione 9... Esistono due numeri a < e b > 0 tali che per ogni φ DH 0. V e φ a H 0 φ + b φ 9.2 Dimostrazione Denotata con χ R la funzione caratteristica della sfera B R = {x R 3 x R}, scriviamo V x = V e xχ R x, V 2 x = V e x χ R x 9.3

2 e quindi V e = V + V 2. Allora per ogni φ DH 0 si ha dove V e φ V φ + V 2 φ V sup x R 3 φx + sup x R 3 V 2 x φ 9.4 V = e 2 4πR /2, sup V 2 x = e 2 R 9.5 x R 3 Resta ora da stimare sup x R 3 φx per φ DH 0. La stima si può ottenere sfruttando la definizione di DH 0 in termini della trasformata di Fourier e utilizzando poi la diseguaglianza di Schwarz. Infatti, fissato un arbitrario η > 0, si ha φx = 2π 3/2 dk 2π φk = dk 3/2 2π 3/2 /2 /2 dk dk k 2 + η 2 2 k 2 + η 2 φk 2 2 y 2 /2 2µ dy y H 0φ + η 2 φ 2 2π 3/2 4π/2 η /2 2π /2 µ 2 η /2 H 0 φ + Sostituendo 9.6 in 9.4 si ottiene la stima V e φ µ V 2π /2 2 η /2 H 0 φ + Prendendo ora η sufficientemente grande si dimostra la tesi. 0 k 2 + η 2 k2 + η 2 φk 22π /2 η3/2 φ 9.6 V 22π /2 η3/2 + sup V 2 x φ 9.7 x R 3 Applicando il teorema di Kato-Rellich possiamo allora affermare che l operatore H e, DH e = DH 0 è autoaggiunto in L 2 R 3. Osservazione Il fatto che l hamiltoniana H e sia autoaggiunta consente naturalmente di definire il corrispondente gruppo unitario e i t He e quindi la soluzione dell equazione di Schrödinger per un qualunque dato iniziale e per ogni istante di tempo. La situazione nel caso classico è invece diversa. Come è noto, infatti, se il momento angolare è nullo ci sono dati iniziali per cui la soluzione dell equazione di Newton esiste solo per un intervallo di tempo finito caduta nel centro. In questo caso quindi si può affermare che la dinamica quantistica risulta più regolare di quella classica. 2

3 Utilizzando lo stesso tipo di argomenti del teorema di Kato-Rellich, si può anche provare che lo spettro della hamiltoniana H e è limitato dal basso. Proposizione Esiste λ 0 > 0 tale che inf σh e λ 0. Dimostrazione Sia R 0 λ = H 0 + λ, con λ > 0 e ψ L 2 R 3. Siccome R 0 λψ DH 0, allora V e R 0 λψ a H 0 R 0 λψ + b R 0 λψ a + b ψ 9.8 λ Quindi esiste λ 0 > 0 tale che per λ > λ 0 l operatore V e R 0 λ ha norma minore di uno. Allora per λ > λ 0 la corrispondente serie di Neumann n [V e R 0 λ] n 9.9 n=0 converge in norma all operatore limitato I + V e R 0 λ. Fissato allora λ > λ 0, l operatore limitato in L 2 R 3 R 0 λ I + V e R 0 λ 9.0 definisce il risolvente H e + λ. Questo implica che λ appartiene all insieme risolvente per ogni λ > λ 0 e dunque la dimostrazione è conclusa. Osservazione Si verifica subito che le proposizioni 9.. e 9..3 continuano a valere se al posto del potenziale coulombiano V e consideriamo un generico potenziale V che si scrive come la somma V = V + V 2, con V L 2 R 3 e V 2 L R 3. Di conseguenza possiamo allora concludere che la generica hamiltoniana H 0 + V, con V = V + V 2, dove V L 2 R 3 e V 2 L R 3, è autoaggiunta su DH 0 e il suo spettro è limitato dal basso. Osservazione Lo stesso risultato vale in particolare per l hamiltoniana H = H 0 k x α 9. se α 0, 3/2 e k R. In realtà, con un analisi più accurata si può dimostrare che il risultato vale anche per α [3/2, 2 [RSI]. 3

4 9.2 Spettro essenziale In questo paragrafo caratterizziamo lo spettro essenziale dell hamiltoniana H e facendo uso del teorema di Weyl. A questo scopo consideriamo i risolventi di H e e di H 0 valutati per z = λ, λ < inf σh e, R e λ = H e + λ, R 0 λ = H 0 + λ 9.2 e cerchiamo una rappresentazione di R e λ in termini di R 0 λ. Per f L 2 R 3, poniamo R e λf = R 0 λf + R 0 λρ 9.3 e determiniamo la funzione ρ in modo che H e + λr e λf = f. Si ottiene I + V e R 0 λρ = V e R 0 λf 9.4 Ricordiamo che nella proposizione 9..3 abbiamo già provato che l operatore V e R 0 λ ha norma minore di uno cosicchè I + V e R 0 λ ha inverso limitato. Da 9.4 si ha allora ρ = I + V e R 0 λ V e R 0 λf 9.5 Sostituendo 9.5 in 9.3, otteniamo la rappresentazione richesta R e λ = R 0 λ R 0 λi + V e R 0 λ V e R 0 λ 9.6 La 9.6 è particolarmente utile per provare che la differenza dei risolventi è compatta. Basta infatti far vedere che V e R 0 λ è compatto e osservare che il prodotto di un operatore compatto e di un operatore limitato è compatto. Proposizione La differenza R e λ R 0 λ è un operatore compatto e quindi σ ess H e = [0, 9.7 Dimostrazione Analogamente a quanto fatto nella proposizione 9.., decomponiamo il potenziale coulombiano nella forma seguente V e = V n + W n, V n = V e χ n, W n = V e χ n 9.8 dove χ n è la funzione caratteristica della sfera di centro l origine e raggio n. Si ha così V e R 0 λ = V n R 0 λ + W n R 0 λ 9.9 4

5 Osserviamo che V n L 2 R 3, W n L R 3 e lim n W n L R 3 = 0. Consideriamo l operatore V n R 0 λ. Si tratta di un operatore integrale il cui nucleo è V n x 2µ 2 e λ 2µ x y 4π x y 9.20 dove abbiamo usato la forma esplicita del nucleo del risolvente libero trovata nel capitolo 6. Un calcolo diretto mostra che λ 2µ dxdy V n x 2 e 2 x y λ 2µ = dx V x y 2 n x 2 dy e 2 x y x y 2 = 4π dx V n x 2 dr e 2 λ 2µ r < cosicchè V n R 0 λ è un operatore di Hilbert-Schmidt e quindi, in particolare, compatto. Osserviamo inoltre che V e R 0 λ V n R 0 λ = W n R 0 λ W n L R 3 R 0 λ 9.22 Risulta così che l operatore V e R 0 λ è il limite in norma della successione di operatori compatti V n R 0 λ e quindi è compatto. Usando la rappresentazione 9.6, possiamo dunque affermare che la differenza R e λ R 0 λ è un operatore compatto e, per il teorema di Weyl, σ ess H e = σ ess H 0 = [0,. Osservazione Dalla precedente dimostrazione si vede subito che se al posto del potenziale coulombiano V e consideriamo un generico potenziale V che si scrive come V = V n + W n, con V n L 2 R 3, W n L R 3 e lim n W n L R 3 = 0, allora risulta che lo spettro essenziale di H 0 + V coincide con [0,. Osservazione In particolare il risultato vale per l hamiltoniana 9. con α 0, 3/2 e, con altri metodi, si estende anche al caso α [3/2, 2 [RSIV]. 5

6 9.3 Assenza di autovalori positivi In questo paragrafo vogliamo provare che gli autovalori dell hamiltoniana H e sono necessariamente negativi. Questo naturalmente implica che lo spettro essenziale [0, di H e è costituito dal solo spettro continuo di H e. La dimostrazione sfrutta le proprietà della famiglia di operatori in L 2 R 3 definita da D s fx = e 3s/2 fe s x, s R 9.23 Si verifica facilmente che 9.23 definisce un gruppo a un parametro di operatori unitari fortemente continuo gruppo delle dilatazioni. Inoltre se f DH 0 allora D s f DH 0 e risulta quindi e inoltre H 0 D s fx = 2 2m x e 3s/2 fe s x = e 3s/2 e 2s H 0 fe s x 9.24 D s H 0 D s fx = e 2s H 0 fx 9.25 D s V e D s fx = e s V e fx 9.26 Utilizzando l azione del gruppo delle dilatazioni, possiamo ora dimostrare la seguente proposizione, nota sotto il nome di teorema del viriale. Proposizione Sia E un autovalore di H e,dh 0 e sia ψ DH 0 un corrispondente autovettore. Allora E = ψ, H 0 ψ = 2 ψ, V e ψ 9.27 e quindi in particolare l autovalore E deve essere negativo. Dimostrazione Sia ψ DH 0 tale che H e Eψ = 0. Sfruttando 9.25 e 9.26, si ha 0 = D s ψ, H e Eψ = ψ, D s H e Eψ = ψ, D s H e D s ED s ψ = ψ, e 2s H 0 + e s V e E D s ψ = e 2s H 0 + e s V e E ψ, D s ψ 9.28 D altra parte risulta anche He Eψ, D s ψ =

7 Sottraendo 9.28 da 9.29, dividendo per s e passando al limite per s 0, si ottiene e 2s 0 = lim H 0 ψ + e s V e ψ, D s ψ = 2H 0 ψ + V e ψ, ψ s 0 s s = 2ψ, H 0 ψ + ψ, V e ψ 9.30 La 9.30 implica ψ, H 0 ψ = ψ, H 0 ψ + ψ, V e ψ = ψ, H e ψ = E 9.3 Inoltre, sostituendo 9.3 in 9.30 risulta anche ψ, V e ψ = 2E e quindi la dimostrazione è conclusa. Osservazione Notiamo che se si considera il caso della hamiltoniana con il potenziale coulombiano repulsivo V e x allora dal teorema del viriale discende che non esistono autovalori. Esercizio Studiare l esistenza di autovalori positivi per H = H 0 k, α 0, x α Osservazione L assenza di autovalori positivi si può provare anche nel caso di una generica hamiltoniana H 0 + V, con V sufficientemente regolare e tale che lim x V x = 0. La dimostrazione però non è banale e richiede un certo lavoro tecnico si veda per esempio [RSIV], cap. XIII Esistenza degli autovalori negativi Da quanto visto nei paragrafi precedenti risulta che gli autovalori di H e, se esistono, sono contenuti in [γ σ, 0, dove γ σ inf σh e, e sono isolati e di molteplicità finita. In questo paragrafo dimostriamo che effettivamente esistono infiniti autovalori negativi che si accumulano a zero. Cominciamo osservando che se ψ DH 0 allora per s > 0 sufficientemente grande si ha D s ψ, H e D s ψ = e 2s ψ, H 0 ψ + e s ψ, V e ψ <

8 Questo implica che γ σ < 0 e dunque esiste almeno un autovalore negativo. Fissiamo ora f C 0 R 3 con f =, supp f {x R 3 x 2} e definiamo f n x = D sn fx = n f3 n x, s n = n log Siccome supp f n {x R 3 3 n x 2 3 n }, risulta supp f n supp f m =, n m 9.35 e quindi la successione {f n } è ortonormale. Inoltre, esiste un intero n 0 tale che per n, m > n 0 si ha f n, H e f m = 0 se n m, f n, H e f m < 0 se n = m 9.36 Facendo uso della successione {f n }, n > n 0, mostriamo che Ran E He, 0 = Ran E He [γ σ, 0 ha dimensione infinita. A questo scopo, fissiamo un arbitrario numero intero k e denotiamo con X k il sottospazio generato da f n0 +,..., f n0 +k. Per ogni g X k consideriamo g = E He [0, g = k c j f n0 +j 9.37 j= Per la 9.36 risulta k g, H e g = c j c l f j, H e f l = j,l= k c j 2 f j, H e f j j= D altra parte per il teorema spettrale g, H e g = λ de He λg, g = [0, λ de He λg, g Deve allora risultare g = 0 e g = E He [γ σ, 0g Ran E He [γ σ, 0. Dunque si ha X k Ran E He [γ σ, 0 e quindi Ran E He [γ σ, 0 ha dimensione maggiore o uguale a k. Per l arbitrarietà di k resta dimostrato che Ran E He [γ σ, 0 ha dimensione infinita. A questo punto basta ricordare che l intervallo limitato [γ σ, 0 può contenere solo autovalori isolati di molteplicità finita per concludere che devono esistere infiniti autovalori negativi il cui unico punto di accumulazione è lo zero. Inoltre l autovalore minimo, corrispondente all energia dello stato fondamentale, coincide con l estremo inferiore dello spettro di H e. 8

9 Esercizio Studiare l esistenza di autovalori negativi per H = H 0 k, α 0, 2, k > x α Riassumendo, l analisi qualitativa dello spettro di H e svolta finora ci consente di affermare che con σ c H e = [0,, σ p H e = σ d H e = {E n } 9.4 E n < E n+ < 0, E = inf σh e, lim n E n = Osservazione In realtà è possibile approfondire l analisi e provare anche che σ sc H e =. Quindi lo spettro continuo coincide con lo spettro assolutamente continuo. Per la dimostrazione si veda per esempio [TH]. 9.5 Stima dell autovalore minimo In questo paragrafo facciamo vedere come si può trovare una stima dal basso e dall alto per l energia dello stato fondamentale. Per la stima dal basso è molto utile la seguente disuguaglianza. Proposizione Disuguaglianza di Hardy Per ogni ψ H R 3 risulta dx ψx 2 dx ψx x 2 Dimostrazione Per ogni a R risulta 0 dx ψx + a x x ψx 2 2 = dx ψx 2 + a 2 dx ψx 2 + 2a R dx ψx x x 2 x ψx Tenendo conto che ψx 2 = 2 Rψx ψx e integrando per parti nell ultimo integrale si ha 0 dx ψx 2 + a 2 dx ψx 2 a dx div x ψx x 2 x 2 9

10 Essendo div x x 2 = x 2, si ottiene 0 dx ψx 2 + a 2 a Minimizzando ora al variare di a in R si ottiene la tesi. dx ψx 2 x La disuguaglianza di Hardy fornisce una stima dal basso del valore medio dell energia cinetica in termini del valore medio del potenziale 4 x 2. Questo consente di ottenere la stima dal basso dell autovalore minimo. Infatti, per ogni ψ DH 0, ψ =, si ha ψ, H e ψ = 2 dx ψx 2 e 2 dx ψx 2 Quindi 2µ 2 dx 8µ x 2 e2 x E = ψx 2 inf r 0 x 2 8µr e2 2 r = 2µe inf ψ, H eψ 2µe ψ DH 0, ψ = 2 Una stima dall alto dell autovalore minimo si può ottenere in modo semplice con il metodo delle funzioni di prova. Scelta infatti una funzione φ α,β,... DH 0, φ α,β,... =, dipendente da uno o più parametri, risulta E inf φ α,β,..., H e φ α,β, α,β,... Esercizio Scelta la funzione di prova verificare che risulta φ α x = A e α x 9.50 E µe Come vedremo più avanti, tale stima è ottimale, nel senso che il termine a destra in 9.5 coincide con il valore esatto dell autovalore minimo. Esercizio Dare una stima dal basso e dall alto dell autovalore minimo per l hamiltoniana

11 9.6 Hamiltoniana in coordinate sferiche Vogliamo affrontare il problema del calcolo esplicito degli autovalori negativi e delle corrispondenti autofunzioni per l hamiltoniana H e. Più precisamente, si tratta di risolvere il problema agli autovalori H e u = E u, u DH 0, u =, E < Osserviamo anzitutto che se u è soluzione del problema 9.52 allora u C R 3 \ {0}. Infatti, scritta l equazione nella forma u = 2m 2 E V e u, si vede che il secondo membro appartiene a H 2 R 3 \ {0}. Allora risulta anche u H 2 R 3 \ {0} e quindi u H 4 R 3 \ {0}. Iterando si ottiene u H k R 3 \ {0} per ogni k N e dunque u C R 3 \ {0}. Notiamo anche che l invarianza per rotazione del potenziale coulombiano suggerisce di studiare il problema utilizzando le coordinate sferiche e di sfruttare la conservazione del momento angolare, in completa analogia con quanto si fa per lo studio delle orbite kepleriane in meccanica classica. Il procedimento verrà sviluppato in vari passi che affronteremo in questo paragrafo e nei successivi. In questo paragrafo troveremo l espressione esplicita dell hamiltoniana e del momento angolare in coordinate sferiche e riformuleremo quindi il problema 9.52 in tali coordinate. Posto x = x, x 2, x 3, definiamo le coordinate sferiche r, θ, φ e inversamente r = x = r sin θ cos φ, x 2 = r sin θ sin φ, x 3 = r cos θ 9.53 x 2 + x x 2 3, θ = cos x 3, φ = tan x x 2 + x x 2 x 3 Definiamo inoltre lo spazio di Hilbert delle funzioni di r, θ, φ che risultano a quadrato integrabile H S = L 2 0,, r 2 dr L 2 S dove S 2 denota la sfera unitaria in R 3 con la misura dω = sin θdθdφ. La norma è data da f 2 H S = Consideriamo ora l operatore unitario 0 dr r 2 S 2 dω fr, θ, φ U S : L 2 R 3 H S 9.57 ux, x 2, x 3 U S ur, θ, φ = ur sin θ cos φ, r sin θ sin φ, r cos θ 9.58

12 L hamiltoniana in coordinate sferiche è allora l operatore Ĥe in H S dato da Ĥ e = U S H e U S 9.59 Per trovare l espressione esplicita di Ĥ e, osserviamo che se f = fr, θ, φ allora U S fx, x 2, x 3 = f x 2 + x x 2 3, cos x 3, tan x 2 x 2 + x x 2 x quindi e U S x f = f j r r + f x j θ 2 U x 2 S f = f r + f θ + f φ j x j r x j θ x j φ x j f r = + f 2 r f θ + + f x j r x j r x 2 j x j θ x j θ 2 f r = + 2 f θ + 2 f φ r + f 2 r r 2 x j θ r x j φ r x j x j r x 2 j 2 f r f θ + 2 f φ θ + f 2 θ r θ x j θ 2 x j φ θ x j x j θ x 2 j 2 f r f θ + 2 f φ r φ x j θ φ x j φ 2 x j θ + f x j φ 2 θ x 2 j φ + f 2 φ x j φ x 2 j + φ 9.6 x j f φ + f 2 φ x j φ x j φ x 2 j 9.62 Facendo uso di 9.54 si possono calcolare esplicitamente le derivate di r, θ, φ rispetto a x j che compaiono in Sommando poi sull indice j si ottiene l hamiltoniana libera in coordinate sferiche verificare Ĥ 0 f U S H 0 U S f = 2 r 2 f [ 2 2µr 2 r r 2µr 2 sin θ sin θ f + θ θ sin 2 θ ] 2 f φ Aggiungendo infine il potenziale coulombiano si trova Ĥ e f = 2 r 2 f [ 2 2µr 2 r r 2µr 2 sin θ θ 2 sin θ f + θ sin 2 θ ] 2 f e2 φ 2 r f 9.64

13 Possiamo allora concludere che il problema agli autovalori 9.52 si riscrive equivalentemente in coordinate sferiche nella maniera seguente Ĥ e ψ = E ψ, ψ H S, ψ = U S u, u DH 0, ψ HS =, E < Come già osservato, per trovare autovalori e autovettori di 9.64 è conveniente sfruttare la conservazione del momento angolare, così come si fa per il corrispondente problema classico. A questo scopo scriviamo l espressione delle componenti del momento angolare in coordinate sferiche L f = U S i L 2 f = U S i L 3 f = U S i x 2 x 3 x x 3 x 3 x 2 x x x 3 x 2 x 2 x U S f = i sin φ f θ + cos φ tan θ U S f = i cos φ f θ + sin φ tan θ U S f = f i φ f φ f φ Dalle formule precedenti si ricava pure l espressione del quadrato del momento angolare L 2 f = L 2 f + L 2 2f + L 2 3f = 2 sin θ f + sin θ θ θ sin 2 θ L2 3f 9.69 Come si vede, gli operatori L, L 2, L 3, L 2 agiscono solo sulle variabili angolari. Dunque, come operatori in L 2 S 2 sono ben definiti sul dominio di funzioni regolari { D L = f f C [0, π] [0, 2π], fθ, 0=fθ, 2π, f } f θ, 0= θ, 2π θ [0, π] 9.70 φ φ e sono operatori simmetrici in L 2 S 2 verificare. In particolare L 2 risulta anche positivo e coincide con l operatore di Laplace-Beltrami sulla sfera unitaria di R 3. Osservazione Si noti che le tre componenti del momento angolare L, L 2, L 3 commutano fra loro, infatti per f D L risulta non [L, L 2 ]f = i L 3 f, [L 2, L 3 ]f = i L f, [L 3, L ]f = i L 2 f 9.7 Tuttavia si verifica facilmente che ciascuna componente commuta con L 2. Questo consente di determinare un sistema comune di autovettori di L 2 e di una delle componenti. Convenzionalmente, si sceglie di determinare autovettori comuni di L 2 e L 3. 3

14 Confrontando l espressione di L 2 con la formula 9.64 per Ĥe si può scrivere Ĥ e f = 2 r 2 f + 2µr 2 r r 2µr 2 L2 f e2 r f 9.72 Dalle espressioni trovate 9.68, 9.69, 9.72 si verifica subito che i tre operatori L 3, L 2, Ĥ e commutano fra loro. Dunque L 3 e L 2 sono costanti del moto e, come mostreremo in seguito, è possibile trovare un sistema di autovettori di Ĥ e che siano anche autovettori di L 3 e L 2. Più precisamente, nel prossimo paragrafo determineremo gli autovalori di L 3 e L 2 e quindi il corrispondente sistema di autovettori comuni. Tali autovettori risulteranno naturalmente funzioni solo delle variabili angolari e prendono il nome di armoniche sferiche. Nel paragrafo 9.8 faremo vedere che il problema agli autovalori per Ĥe si riduce alla soluzione di un problema nella sola variabile radiale r. Infine nel paragrafo 9.9 risolveremo il problema radiale e troveremo quindi gli autovalori di Ĥ e e un corrispondente sistema di autovettori di Ĥ e che siano allo stesso tempo autovettori anche di L 3 e L Autovalori e autovettori del momento angolare In questo paragrafo determineremo un sistema di autovettori comuni per i due operatori L 3 e L 2 nello spazio di Hilbert L 2 S 2 ; tale sistema risulta essere ortonormale e completo in L 2 S 2. Limitatamente a questo paragrafo, useremo la notazione,, per indicare norma e prodotto scalare in L 2 S 2. Si tratta allora di trovare F λν soluzione del problema L 3 F λν = ν F λν 9.73 L 2 F λν = 2 λ F λν 9.74 F λν D L, F λν = 9.75 per opportuni valori dei parametri λ, ν si noti che, essendo L 2 positivo, deve essere λ 0. Tenuto conto che L 3 agisce solo sulla variabile φ, conviene prima risolvere l equazione Si verifica facilmente che F λν è soluzione di 9.73, 9.75 se e solo se ν = m, m Z, e la soluzione si scrive F λm θ, φ = Θ λm θ Φ m φ, Φ m φ = eimφ 2π

15 con Θ λm funzione arbitraria della variabile θ che soddisfa la condizione di normalizzazione π 0 dθ sin θ Θ λm θ 2 = 9.77 Il problema è cosi ridotto a determinare Θ λm in modo che F λm sia anche soluzione di Per risolvere questo problema seguiremo un metodo algebrico simile a quello usato nel caso dell oscillatore armonico e che sfrutta il fatto che l operatore L 2 può essere fattorizzato. A questo scopo definiamo i due operatori seguenti L ± = L ± il 2 = e ±iφ ± θ + i cot θ 9.78 φ Elenchiamo alcune proprietà utili dei due operatori L ±, che si verificano facilmente con un calcolo diretto. Se f, g D L si ha g, L ± f = L g, f 9.79 [L +, L ]f = 2 L 3 f, [L 3, L ± ]f = ± L ± f, [L 2, L ± ]f = L 2 f = L + L f + L 2 3f L 3 f 9.8 L 2 f = L L + f + L 2 3f + L 3 f 9.82 Dato un autovettore di L 2 con autovalore 2 λ e di L 3 con autovalore m, l azione di L ± produce un autovettore di L 2 con lo stesso autovalore e di L 3 con autovalore m±. Più precisamente si ha Proposizione Sia F λm soluzione del problema 9.74, Se λ > mm + allora L + F λm λ mm + è autovettore di L 3 con autovalore m + e di L 2 con autovalore 2 λ; 2 se λ > mm allora L F λm λ mm è autovettore di L 3 con autovalore m e di L 2 con autovalore 2 λ Dimostrazione Consideriamo il vettore L + F λm. Usando la relazione [L 3, L + ] = L + si ha L 3 L + F λm = L + L 3 F λm + L + F λm = ml + F λm + L + F λm = m + L + F λm

16 Inoltre, usando 9.82 si ha L + F λm 2 = 2 λ mm + > cosicchè F λ,m+ L +F λm L + F λm 9.87 è autovettore di L 3 con autovalore m+. D altra parte risulta [L 2, L ± ] = 0 e dunque F λ,m+ è anche autovettore di L 2 con autovalore 2 λ. In modo analogo si dimostra il punto 2. Facendo uso delle proprietà di L ± si possono caratterizzare i possibili autovalori di L 2 e L 3. Proposizione Sia F λm soluzione del problema 9.74, Allora λ = ll + e l m l, con l intero non negativo. Dimostrazione Facendo uso di 9.82, 9.8 e 9.79, risulta Quindi deve essere 2 λ = F λm, L L ± + L 2 3 ± L 3 F λm = L ± F λm mm ± 9.88 mm ± λ 9.89 Osserviamo che le due diseguaglianze 9.89, risolte rispetto a m, sono equivalenti alla condizione l m l 9.90 con l = + + 4λ Vogliamo ora provare che l deve essere un intero e lo facciamo procedendo per assurdo. Supponiamo che l non sia un intero e sia F λm soluzione del problema con m che soddisfa 9.89 o, equivalentemente, Allora esiste k, intero non negativo, tale che Per la proposizione precedente sappiamo che il vettore m + k < l < m + k F λ,m+ L +F λm L + F λm

17 è autovettore di L 3 con autovalore m + e di L 2 con autovalore 2 λ. Iterando k volte il procedimento, troviamo allora che F λ,m+k L +F λ,m+k L + F λ,m+k 9.94 è autovettore di L 3 con autovalore m + k. Se applichiamo di nuovo L + troviamo che L + F λ,m+k è, a meno di una costante, autovettore di L 3 con autovalore m + k + > l, che è assurdo per la Dunque resta provato che l è un intero non negativo. Risolvendo la 9.9 rispetto a λ, si trova λ = ll + e quindi la proposizione è provata. Sulla base della proposizione precedente, sappiamo che il problema 9.73, 9.74, 9.75 posto all inizio del paragrafo può essere risolubile solo se λ = ll +, con l intero non negativo, ν = m Z e l m l. Nella prossima proposizione facciamo vedere che se tali condizioni sono verificate allora effettivamente il problema ammette una soluzione unica. Tale soluzione si denota con Y lm, si dice armonica sferica di ordine l, m e si calcola esplicitamente. Proposizione Si consideri il problema 9.73, 9.74, 9.75 con λ = ll +, l intero non negativo, ν = m Z e l m l. Allora il problema ammette una soluzione unica, esplicitamente data da Y lm = l m! l+m l + m!2l! Ll+m + Y l, l 9.95 Y l, l θ, φ = 2 l l! 2l +! 2 sin l θ e ilφ 2π La degenerazione dell autovalore 2 ll + di L 2 è 2l +. 3 Il sistema 9.95, 9.96 di autovettori comuni di L 2 e L 3 è ortonormale e completo in L 2 S 2 e quindi i due operatori L 2 e L 3 sono essenzialmente autoaggiunti. Dimostrazione Proveremo il punto per passi successivi. Come primo passo fissiamo l intero l e consideriamo per m il minimo valore ammissibile m = l. Tenuto conto di 9.8 e 9.76, risulta che Y l, l è soluzione del problema se e solo se L Y l, l =

18 Tenendo conto dell espressione esplicita di L trovata in 9.78 e del fatto che Y l, l θ, φ = Θ l, l θ e ilφ 2π 9.98 la 9.97 si riduce all equazione per Θ l, l Risolvendo si ha dθ l, l Θ l, l dθ = l cot θ 9.99 Θ l, l θ = c l sin l θ 9.00 dove la costante c l è determinata imponendo la condizione di normalizzazione π dω Y l, l θ, φ 2 = c 2 l dθ sin θ sin 2l θ = 9.0 S 2 0 Per il calcolo dell integrale in 9.0, introducendo la variabile di integrazione x = cos θ, si ha I l = π 0 = I l + 2l dθ sin θ sin 2l θ = dx x 2 l = I l dx x d dx x2 l = I l 2l Da 9.02 si ottiene dunque la formula ricorsiva I l = I l = = 2l 2l 2l + 2l I l 2 = dx x 2 x 2 l dx x 2 l = I l 2l I l l I 2l+ l, cosicchè 2l 2l 2l 2 2 2l + 2l 2l 3 3 I 0 2 l l! 2l+ 2l 2l 3 3 I 0 = 2l l! 2l 2l 2l 2 2 I 0 = 22l+ l! 2 2l+! 2l+! 9.03 dove si è tenuto conto che I 0 = 2. Usando 9.03 in 9.0, si determina così c l e quindi Θ l, l θ = 2l +! sin l θ l l! 2 Sostituendo l espressione trovata in 9.97, concludiamo che la soluzione unica Y l, l del problema per m = l coincide con il membro di destra della Come secondo passo consideriamo il caso m = l +. Dalla proposizione 9.7. sappiamo che Y l, l+ = 2l L +Y l, l

19 è soluzione del problema con m = l +. Mostriamo ora che tale soluzione è unica. Sia dunque Z l, l+ una soluzione per m = l +. Allora, per la proposizione 9.7. si ha che L 2l Z l, l+ è soluzione per m = l e quindi deve necessiamente essere Applicando L + e usando 9.8 si ha 2l L Z l, l+ = Y l, l l L +L Z l, l+ = 2l L2 L L 3 Z l, l+ = 2l Z l, l+ = L + Y l, l 9.07 Quindi, per la 9.05, troviamo che Z l, l+ deve coincidere con Y l, l+ e questo prova l unicità nel caso m = l +. In maniera analoga si prova che Y l, l+2 = 22l L +Y l, l+ = è la soluzione unica del problema per m = l + 2, Y l, l+3 = 2 2 2l2l L2 +Y l, l l2l 2l 2 L3 +Y l, l 9.09 è la soluzione unica del problema per m = l + 3 e cosi via. Dopo l + m passi si trova dunque che Y lm = l+m l+m! 2l2l 2l 2 2l l+m+ Ll+m + Y l, l 9.0 è la soluzione unica del problema per un generico m, l m l, ed è immediato verificare che coincide con il membro di destra di Il punto è così provato. La prova del punto 2 è immediata conseguenza del punto. Per quanto riguarda il punto 3 osserviamo che i vettori trovati Y lm formano un sistema ortonormale di L 2 S 2 in quanto sono autovettori degli operatori simmetrici L 2 e L 3. Per la dimostrazione della completezza del sistema rimandiamo in appendice. Infine i due operatori simmetrici L 2 e L 3 in L 2 S 2 sono essenzialmente autoaggiunti perchè hanno un sistema ortonormale e completo di autovettori. 9

20 L armonica sferica Y lm si puo scrivere in termini delle cosiddette funzioni associate di Legendre. Ricordiamo anzitutto che il polinomio di Legendre di ordine l è definito da P l x = l 2 l l! d l dx l x2 l x [, ] 9. Si noti che risulta P l x = l P l x. La funzione associata di Legendre di ordine l, m, con 0 m l, è invece definita da P m l x = l x 2 m 2 l 2 l! e si ha P 0 l x = P lx. Risulta allora Proposizione Y lm θ, φ = m+ m 2 d l+m dx l+m x2 l = x 2 m 2 2l + l m! 2l + m! d m dx m P lx x [, ] 9.2 P m l cos θ eimφ 9.3 2π Dimostrazione Fissiamo m 0 e calcoliamo esplicitamente l azione di L + su Y l, l L + Y l, l θ, φ = e il φ 2l +! d 2π 2 l l! 2 dθ + l cot θ sin l θ = e il φ 2l +! 2l sin l θ cos θ 2π 2 l l! 2 Analogamente = e il φ 2π 2 l l! L 2 +Y l, l θ, φ = 2 e il 2φ 2π 2 l l! 2l +! 2 2l +! d sin l θ dx x2 l x=cos 9.4 θ 2 sin l 2 θ Iterando il calcolo, dopo l + m passi si trova L l+m l+m eimφ 2l +! + Y l, l θ, φ = x 2 m 2π 2 l 2 l! 2 d 2 dx 2 x2 l x=cos θ 9.5 d l+m dx l+m x2 l x=cos θ 9.6 Basta ora sostituire l espressione trovata in 9.95 e si ottiene 9.3 per m 0. Il calcolo per m < 0 è analogo. 20

21 Notiamo che la condizione di ortonormalità delle armoniche sferiche in L 2 S 2 implica l ortogonalità dei polinomi e delle funzioni associate di Legendre in L 2 [, ]. Infatti da Y l0, Y l 0 = δ ll discende dx P l xp l x = 2 2l + δ ll 9.7 e Y lm, Y l m = δ ll, m 0, implica dx Pl m xpl m x = 2l + m! 2l + l m! δ ll 9.8 Osserviamo infine che la conoscenza della base comune {Y lm } di L 2 e di L 3 consente in particolare di trovare la soluzione dell equazione di Laplace in coordinate sferiche. Esercizio Verificare che la soluzione dell equazione di Laplace in coordinate sferiche si scrive l ur, θ, φ = a lm r l + b lm r l Y lm θ, φ 9.9 l=0 m= l con a lm, b lm costanti arbitrarie. Suggerimento: se u è soluzione dell equazione di Laplace allora si può scrivere con f lm soluzione di Posto g lm r = rf lm r, si ha ur, θ, φ = d dr l l=0 m= l d2 g lm + dr 2 Quest ultima equazione si può scrivere in forma fattorizzata d dr + l d r dr + l r f lm r Y lm θ, φ 9.20 r df lm + ll + f lm = dr ll + r 2 g lm 9.22 g lm = Posto h lm = d/dr + l r g lm, si trova h lm r = c lm r l, con c lm costante. Da h lm si ricava poi g lm e dunque f lm = a lm r l + b lm r l. 2

22 La soluzione 9.9 permette di provare la seguente utile rappresentazione x x = r< l P r> l+ l cos γ 9.24 l=0 dove r < = min{ x, x }, r > = max{ x, x } e γ è l angolo compreso tra x e x. Infatti, fissato x lungo l asse z, la funzione x x è armonica per x > x, è invariante per rotazione intorno all asse z e tende a zero per x. Quindi x x = b l x Y l0θ, x > x 9.25 l+ l=0 Per calcolare b l basta ora valutare l equazione per θ = 0. Analogamente si procede per x < x. Esercizio Si consideri una sfera di raggio R costituita di materiale dielettrico di costante dielettrica ε in presenza di una carica puntiforme e posta a distanza R > R dal centro della sfera. Determinare il potenziale elettrostatico. 9.8 Riduzione al problema radiale Nel paragrafo precedente abbiamo trovato le autofunzioni comuni Y lm di L 3 e L 2, che costituiscono una base ortonormale nello spazio di Hilbert L 2 S 2. Quindi un generico elemento ψ di H S = L 2 R +, r 2 dr L 2 S 2 si può scrivere ψr, θ, φ = l l=0 m= l f lm ry lm θ, φ 9.26 dove f lm L 2 R +, r 2 dr. Vogliamo ora far vedere che il problema di determinare gli autovettori di Ĥe che siano anche autovettori di L 3 e L 2 si riduce alla soluzione di una equazione differenziale ordinaria nella sola variabile radiale r. Definiamo il dominio di funzioni D hl = Risulta allora { f f L 2 R +, r 2 dr, 0 dr r 2 2 2µr 2 d dr r 2 dfr dr ll+ } fr 2µr 2 < 9.27 Proposizione Condizione necessaria e sufficiente affinchè ψ sia soluzione del problema 9.65 corrispondente all autovalore E < 0 e, inoltre, autovettore di L 3 e L 2 con autovalori rispettivamente m, 2 ll + con l = 0,,... ; m = l,..., l è che ψr, θ, φ = R El ry lm θ, φ

23 dove la funzione R El è soluzione del problema h l R El 2 d r 2 dr El + 2 ll+ R 2µr 2 dr dr 2µr 2 El e2 r R El = E R El, r 0, 9.29 R El D hl, 0 dr r 2 R El r 2 =, E < Inoltre, ogni soluzione R El soddisfa R El C 0, C 0 [0,. Dimostrazione Proviamo la condizione necessaria. Se ψ è autovettore di L 3 e L 2 allora deve avere necessariamente la forma Inoltre la condizione ψ HS = implica che 0 dr r 2 R El r 2 = 9.3 La condizione u U S ψ DH 0 equivale a Ĥ0ψ U S H 0 U S ψ H S e dunque, tenuto conto dell espressione esplicita 9.63 di Ĥ 0, si ottiene dr r 2 2 d r 2 dr Elr ll + R 2µr 2 dr dr 2µr 2 El r < Infine, è immediato verificare che se Ĥeψ = Eψ e ψ = R El Y lm allora h l R El = ER El. La condizione sufficiente è altrettanto evidente. Se ψ ha la forma 9.28 allora è autovettore di L 2 e L 3. Inoltre se R El è soluzione del problema 9.30 allora ψ ha norma uno, U S ψ DH 0 e Ĥeψ = E ψ. Con la proposizione precedente ci siamo dunque ridotti alla risoluzione del problema 9.29, Una ulteriore semplificazione si ottiene ridefinendo la funzione incognita e riscrivendo il problema nella variabile adimensionale x = r a, a = 2 µe dove la lunghezza a coincide con il raggio di Bohr. Infatti, definito il dominio di funzioni { Dĥl = f f L 2 R +, f0 = 0, dx d 2 2 fx ll + } + fx 2 dx 2 2 x 2 <

24 si ha che se R El è soluzione del problema 9.29, 9.30 allora, la funzione è soluzione del problema G ηl x = a 3/2 2 x R µe 4 2 µ,lax, η = me E ĥ l G ηl d 2 G ηl + 2 dx 2 G ηl Dĥl, 0 ll + 2 x 2 G ηl x G ηl = η G ηl, x 0, 9.36 dx G ηl x 2 =, η < Viceversa se G ηl è soluzione del problema 9.36, 9.37 allora la funzione è soluzione del problema 9.29, R El r = a r G 2 µe 4 E,la r 9.38 La dimostrazione richiede un semplice calcolo ed è lasciata come esercizio. Esercizio Si consideri l hamiltoniana di una particella in una buca di potenziale sferica H = 2 + V r µ con V r = V 0 < 0 per r < a e V r = 0 altrimenti. Trovare il minimo valore di V 0 per cui si ha uno stato legato nel sottospazio di momento angolare nullo. 9.9 Livelli energetici e stati stazionari In questo paragrafo determineremo la soluzione del problema 9.36, 9.37 e da questa poi risaliremo agli autovalori e autovettori di Ĥ e. Sfrutteremo ancora un metodo algebrico basato sul fatto che l operatore ĥl si può fattorizzare. Limitatamente a questo paragrafo, useremo la notazione,, per indicare norma e prodotto scalare in L 2 R +. Introduciamo i due seguenti operatori definiti sul dominio Dĥl A ± l = d 2 dx + l + x l

25 Con un calcolo diretto si verifica che valgono le seguenti proprietà g, A + l f = A l g, f, f, g D ĥ l C [0,, f0=g0=0 9.4 ĥ l = A l A+ l 2l ĥ l+ = A + l A l 2l Una conseguenza immediata di tali proprietà è che se G ηl è soluzione del problema 9.36, 9.37 allora η + 2l Infatti, facendo uso di 9.4 e 9.42, si ha η = G ηl, ĥlg ηl = G ηl, A l A+ l G 2l+ 2 ηl = A + l G ηl 2 2l Inoltre, gli operatori A ± l quantico l. agiscono come operatori di creazione e distruzione rispetto al numero Proposizione Sia G ηl soluzione del problema 9.36, Se η + 2 l + 2 > 0 allora A + l G ηl 9.46 η + 2l+ 2 è autovettore di ĥl+ con autovalore η; 2 se l > 0 e η + 2 l 2 > 0 allora è autovettore di ĥl con autovalore η. A l G ηl η + 2l Dimostrazione Per il punto si ha ĥ l+ A + l G ηl = A + l A l A + 2l + 2 l G ηl = A + l A l A+ l G 2l + 2 ηl = A + l ĥlg ηl = ηa + l G ηl

26 Inoltre A + l G ηl 2 = G ηl, A l A+ l G ηl = Il punto 2 si prova analogamente. G ηl, ĥ l + G 2l + 2 ηl = η + 2l Possiamo ora caratterizzare i possibili autovalori di ĥl. Proposizione Sia G ηl soluzione del problema 9.36, Allora esiste un intero positivo n tale che η = 2n 2, e 0 l n ; 9.50 Dimostrazione Sappiamo che se G ηl è soluzione di 9.36, 9.37 allora deve risultare η 9.5 2l + 2 Se in 9.5 vale il segno di uguaglianza allora l asserto è provato con n = l. Consideriamo ora il caso η > l + 2 Posto η = 2γ 2, γ > 0, γ > l il problema è ridotto a provare che γ è un intero positivo. Supponiamo allora per assurdo che γ non sia un intero positivo e sia G ηl soluzione di 9.36, 9.37 con η > 2 l + 2. Per 9.53 risulta quindi γ > l +. Dunque esiste k, intero positivo, tale che Per la proposizione 9.9. sappiamo che l + k < γ < l + k G η,l+ A+ l G ηl A + l G ηl

27 è soluzione del problema con l = l +. Iterando k volte il procedimento, si trova che G η,l+k A+ l+k G η,l+k A + l+k G ηl+k 9.56 è soluzione del problema con l = l + k. Osserviamo ora che, per la 9.45, risulta A + l+k G η,l+k 2 = η + 2l + k + 2 = 2γ 2 + 2l + k cosicchè γ l + k +. Ma questo è assurdo per la 9.54 e quindi η = 2 n 2, con n intero. La condizione l n discende infine da 9.5. Con la proposizione precedente abbiamo provato che il problema 9.36, 9.37 può essere risolubile solo se η = 2 n 2 e l n, con n intero positivo. Facciamo ora vedere che se tali condizioni sono verificate allora effettivamente il problema ammette una soluzione unica. Tale soluzione, che denotiamo con G nl, si calcola esplicitamente. Proposizione Si consideri il problema 9.36, 9.37 con η = 2 n 2 e l n. Allora il problema ammette una soluzione unica, esplicitamente data da G nl = 2 n n l n! n+l! l! n l! A l A n 3A n 2 G n,n n! n+/2 2 G n,n x = x n e x n 9.59 n 2n! Inoltre, se n n, i vettori G nl e G n l sono ortogonali in L 2 R +. Dimostrazione Fissato l intero positivo n, consideriamo per l il massimo valore ammissibile l = n. Allora, tenuto conto di 9.42, si ha che G n,n è soluzione del problema se e solo se Usando l espressione esplicita di A + n, tale equazione si scrive A + n G n,n = dg n,n G n,n dx = n x n

28 Risolvendo si ha G n,n x = c n x n e x n 9.62 dove c n è una costante. Imponendo la condizione di normalizzazione risulta c n 2 = dx x 2n e 2x n 2n+ n 2n+ n = dy y 2n e y 2n d2n = dy y e y dy2n n 2n+ = dy d2n n 2n+ 2 dy 2n y2n e y = 2n! Dunque, sostituendo in 9.62, si trova che la soluzione unica del problema per l = n è data dalla Consideriamo ora il caso l = n 2. Per la proposizione 9.9., punto 2, sappiamo che G n,n 2 = 2 nn 2n A n 2G n,n 9.64 è soluzione del problema per l = n 2. Mostriamo ora che tale soluzione è unica. Sia dunque W n,n 2 una soluzione per l = n 2. Allora, per la proposizione 9.9., punto, sappiamo che 2nn 2n A + n 2W n,n 2 è soluzione per l = n e quindi deve necessariamente essere 2nn 2n A + n 2W n,n 2 = G n,n 9.65 Applicando A n 2 e usando 9.42 si ha 2nn 2n A n 2A + n 2W n,n 2 = A n 2G n,n = 2nn = 2n 2n + W 2 2n 2 n,n 2 = 2nn 2n ĥ n 2 + W 2n 2 n,n 2 2n 2 nn W n,n Quindi, per la 9.64, risulta che W n,n 2 deve coincidere con G n,n 2 e questo prova l unicità nel caso l = n 2. In maniera analoga si prova che G n,n 3 = 2 nn 2n 2 nn 2 22n 2 A n 3A n 2G n,n

29 è la soluzione unica del problema per l = n 3. Iterando il procedimento, dopo k = n l passi si trova che G nl = 2 n n l n n 2 n n l 2 n l 2n 2n 2 2n n l A l A n 3A n 2G n,n = 2 n n l n! n+l! l! n l! 2n! A l A n 3A n 2G n,n 9.68 è la soluzione unica del problema per un generico l, 0 l n, e coincide con il membro di destra di Infine l ortogonalità di G nl e G n l per n n discende dalla simmetria dell operatore ĥl e questo conclude la dimostrazione. Osservazione Le funzioni G nl si possono scrivere in termini dei cosiddetti polinomi generalizzati di Laguerre. Ricordiamo anzitutto che il polinomio di Laguerre di ordine k è definito da L k x = e x dk dx k e x x k x [0, 9.69 mentre il polinomio generalizzato di Laguerre di ordine k, j, 0 j k, è definito da L j k x = k! j k j! ex j dk j x dx k j e x x k x [0, 9.70 e si ha L 0 k x = L kx. Risulta allora G nl x = n l! n [n + l!] 3 e x n 2x n l+ L 2l+ n+l 2x n 9.7 La verifica è lasciata come esercizio. La precedente proposizione risolve completamente il problema 9.36, 9.37 formulato nella variabile adimensionale x. Quindi è risolto anche il problema 9.29, 9.30 formulato nella variabile radiale r e, infine, per la proposizione 9.8. è risolto anche il problema agli autovalori per Ĥe. L importante risultato così ottenuto è riassunto nella seguente proposizione, la cui dimostrazione è immediata. 29

30 Proposizione Gli autovalori negativi di Ĥ e sono dati da E n = µ e4, n =, 2, n2 2 L autovalore minimo detto livello fondamentale E è non degenere e la relativa autofunzione detto stato fondamentale è r ψ E r ψ 00 r = G 0 = r 4πar a πa 3/2 e a L 2r = r a πa 3/2 e a L autovalore E n, n >, è degenere con molteplicità n l l=0 m= l n = 2l + = n l=0 e la relativa generica autofunzione detta stato eccitato si scrive come combinazione lineare ψ En r, θ, φ = n l l=0 m= l c lm R nl r Y lm θ, φ 9.75 dove c lm sono costanti arbitrarie tali che n l l=0 m= l c lm 2 = e R nl r è dato da R nl r = r G nl = 2 l n l! r 2r 2r ar a n 2 [n + l!] 3 a 3 e na L 2l+ n+l na na Se si richiede che una autofunzione di Ĥ e sia anche autofunzione di L 2 e L 3 allora la degenerazione viene rimossa. Più precisamente, si ha che l unica autofunzione comune di Ĥ e, L 2, L 3, corrispondente rispettivamente agli autovalori E n, 2 ll +, m, è ψ nlm r, θ, φ = R nl r Y lm θ, φ, n =, 2,..., l = 0,..., n, m = l,..., l 9.77 Facciamo alcuni commenti sul risultato ottenuto. i Gli autovalori negativi di Ĥ e coincidono con i livelli energetici trovati da Bohr nel suo primo modello di atomo. 30

31 ii Lo stato fondamentale è a simmetria sferica. La probabilità di trovare l elettrone a distanza dal nucleo compresa tra r e r 2 è r2 r2 dr r 2 dω ψ 00 r 2 = dr Dr, Dr 4r2 2r r S 2 r a 3 e a 9.78 Si verifica facilmente che la densità di probabilità radiale Dr ha un massimo per r = a. Quindi il raggio dell orbita nel modello di Bohr si ritrova in meccanica quantistica come punto di massimo della densità di probabilità radiale. Il valor medio della distanza dal nucleo risulta invece <r >= 3/2a. iii Si noti che i livelli energetici dipendono solo dal numero quantico n e non dipendono invece da l e m. Questa degenerazione è tipica del potenziale coulombiano e dipende da speciali proprietà di simmetria dell hamiltoniana. Nel caso di un generico potenziale centrale, invece, i livelli energetici dipendono da n e l, come è naturale aspettarsi dall equazione 9.29 che dipende esplicitamente dal numero quantico l. iv Infine, per comodità del lettore, scriviamo esplicitamente le prime autofunzioni comuni di Ĥ e, L 2 e L 3 ψ 00 r, θ, φ = R 0 ry 00 θ, φ = π a 3/2 e r a ψ 200 r, θ, φ = R 20 ry 00 θ, φ = 2 4 r 2π a 3/2 a r ψ 2 r, θ, φ = R 2 ry θ, φ = 8 π a 3/2 a r ψ 20 r, θ, φ = R ry 0 θ, φ = 4 2π a 3/2 a r ψ 2 r, θ, φ = R 2 ry θ, φ = 8 π a 3/2 a e r 2a e r 2a sin θ e iφ e r 2a cos θ e r 2a sin θ e iφ 9.79 Osservazione I livelli energetici dell atomo di idrogeno possono essere ottenuti anche seguendo un metodo di tipo variazionale, sfruttando solo la proprietà di fattorizzazione 9.42 e la proposizione Più precisamente, per la completezza delle armoniche sferiche si ha H S = l 0 H l, H l = [Y l, l,..., Y ll ] 9.80 Quindi se u l H l, si può scrivere u l r, θ, φ = l m= l G lm r r Y lm θ, φ, 0 dr G lm r 2 < 9.8 3

32 L idea è trovare gli autovalori di Ĥe minimizzando il valore medio di Ĥe su ciascun sottospazio H l. Il procedimento è illustrato nei passi seguenti. i Fissato per semplicità = µ = e =, per ogni u l DH 0 H l, u l HS =, con un calcolo esplicito si trova u l, Ĥeu l l = 2l + + A + 2 l G lm 2, m= l l m= l G lm 2 = 9.82 Posto G lm = δ m0 G l e risolvendo A + l G l = 0 si trova l+3/2 2 G l r = r l+ e r l l + 2l + 2! Quindi l autovalore minimo di Ĥe Hl è η l+ = 2 l + 2 e una autofunzione corrispondente è ur, θ = r G l ry l0 θ. ii Dal punto i discende allora che η n =, n =, 2, n2 sono autovalori di Ĥ e. In particolare l autovalore minimo di Ĥ e è η e risulta non degenere. La relativa autofunzione è ur = r G 0 ry 00. iii Resta da verificare che un η η n, con η > η, non può essere autovalore di Ĥe. Supponiamo per assurdo che η η, η 2 sia un autovalore. Posto per la 9.44 deve essere necessariamente η = 2γ 2, < γ < l γ 9.86 e quindi l unico valore ammissibile di l è l = 0. Questo implica che esiste un autovettore g η0 di ĥ 0 con autovalore η. Allora, per la proposizione 9.9., la funzione 2 γ γ2 A+ 0 g η è autovettore di ĥ con autovalore η. Ma questo è assurdo perché risulta violata la In maniera analoga si mostra che un η η n, η n+, n >, non può essere autovalore di Ĥ e. Resta dunque dimostrato che gli autovalori di Ĥ e sono dati da

33 Esercizio Calcolare la distribuzione di probabilità per il momento dell elettrone nello stato ψ 00 e nello stato ψ 20. Esercizio Determinare il potenziale elettrostatico prodotto dall atomo di idrogeno cioè dal nucleo e dalla nuvola elettronica quando l elettrone si trova nello stato ψ 00 e nello stato ψ 200. Esercizio Si consideri un atomo di idrogeno in un campo magnetico costante. Scelto l asse z lungo la direzione del campo, si verifichi che la hamiltoniana per campo debole si può scrivere H = H e + eb 2µc L dove B è l intensità del campo magnetico. degenerazione effetto Zeeman Esercizio Si consideri la seguente hamiltoniana in L 2 R 6 Determinare gli autovalori di H e studiarne la H = x x2 2 x 2 x 2 + x x hamiltoniana per l atomo di elio scritta in unità naturali e trascurando la proprietà di antisimmetria della funzione d onda. Verificare che H è autoaggiunta e limitata dal basso sul dominio H 2 R 6. Determinare una stima dall alto per l estremo inferiore dello spettro facendo uso della funzione di prova φ α x φ α x 2, φ α x = α3/2 8π e α 2 x Appendice: Completezza delle armoniche sferiche 33

34 Bibliografia [RSI] Reed M., Simon B., Methods of Modern Mathematical Physics, I: Functional Analysis, Academic Press, 980. [RSI] Reed M., Simon B., Methods of Modern Mathematical Physics, II: Fourier Analysis, Self-Adjointness, Academic Press, 975. [RSIV] Reed M., Simon B., Methods of Modern Mathematical Physics, IV: Analysis of Operators, Academic Press, 978. [TS] Tichonov A.N., Samarskij A.A., Equazioni della fisica matematica, Edizioni Mir, 98. [TE] Teschl G., Mathematical Methods in Quantum Mechanics, American Mathematical Society, [TH] Thirring W., Quantum Mechanics of Atoms and Molecules, Springer- Verlag,

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